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Monografia Capitolo II - Gli anni di studio a Parma - Ottavio de Carli

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itenesse superati 111 .<br />

È sintomatico il fatto che il compositore, in questo che fu il suo primo o comunque uno <strong>de</strong>i suoi primi lavori, abbia a<br />

nostro giu<strong>di</strong>zio per certi versi preso a mo<strong>de</strong>llo un’opera ai suoi occhi certamente mo<strong>de</strong>rna quale la citata Burlesca <strong>di</strong><br />

Riccardo Pick-Mangiagalli 112 , <strong>de</strong>lla quale posse<strong>de</strong>va una copia, guarda caso datata proprio marzo 1928. Sebbene le due<br />

composizioni risultino <strong>di</strong> fatto sostanzialmente <strong>di</strong>verse, si noti come il tema <strong>de</strong>lla Burlesca <strong>di</strong> Pick-Mangiagalli, con il suo<br />

motivo basato su pungenti accor<strong>di</strong> staccati, in contrattempo rispetto al saltellante accompagnamento <strong>de</strong>lle quinte vuote<br />

(tonica-dominante) alla mano sinistra, e arricchiti dalla caratteristica fioritura <strong>de</strong>ll’acciaccatura sul sesto grado, trovi<br />

puntuale riscontro nel tema <strong>de</strong>ll’omonimo brano <strong>di</strong> Margola (cfr. ess. 4 e 5).<br />

Es. 4: Franco Margola, Burlesca per pianoforte (dC 1), batt. 1-8.<br />

ad esempio la Burla tratta dagli Albumblätter op. 124 <strong>di</strong> Robert Schumann) e non a caso il genere iniziò a fiorire timidamente con l’inizio <strong>de</strong>l nuovo<br />

secolo, quel Novecento che appunto <strong>de</strong>ll’ironia fece uno <strong>de</strong>i propri temi predominanti. Citiamo la Burlesque op. 14 n. 4 <strong>di</strong> Ignaz Pa<strong>de</strong>rewski (1888), le<br />

Három burleszk op. 8c (1908-1911) <strong>di</strong> Béla Bartók, la Burlesca <strong>di</strong> Riccardo Pick-Mangiagalli (1917), le Burlesken op. 31 <strong>di</strong> Ernst Toch (1923), le 6<br />

Burlesken op. 58 per pianoforte a quattro mani <strong>di</strong> Max Reger (1901); e, per altro organico strumentale, la Burleske per piano e orchestra <strong>di</strong> Richard<br />

Strauss (1885), la Burlesque op. 2 per pianoforte e orchestra (1904) <strong>di</strong> Béla Bartók e <strong>di</strong> Alfredo Casella la Siciliana e Burlesca per flauto e pianoforte<br />

(1914, poi arrangiata per clarinetto, violino e violoncello nel 1917) nonché la Burlesca dalla Partita op. 42 per pianoforte e orchestra (cfr. SCHWANDT,<br />

Erich. Voce Burlesque, in: New Grove, <strong>II</strong>I, pp. 472-473; DEUMM, Il Lessico, I, p. 421). È <strong>di</strong>fficile stabilire se Franco Margola conoscesse queste<br />

composizioni: certamente conosceva la Burlesca <strong>di</strong> Riccardo Pick-Mangiagalli, <strong>de</strong>lla quale posse<strong>de</strong>va lo spartito, come si <strong>di</strong>ce qui poco più avanti.<br />

111<br />

Così ebbe a scrivere Hermann Abert: “Uno <strong>de</strong>i fatti più in<strong>di</strong>cativi per riconoscere una gran<strong>de</strong> personalità d’artista è offerto dal modo con cui egli fin<br />

dalle sue prime opere si pone <strong>di</strong> fronte alla tra<strong>di</strong>zione, e ciò non tanto per le innovazioni che in tali opere sarebbero contenute (ché nella maggior parte<br />

<strong>de</strong>i casi o non ci sono affatto o si mantengono in limiti assai mo<strong>de</strong>sti), bensì per la critica che l’artista, coscientemente o no, esercita sulla tra<strong>di</strong>zione<br />

stessa. Il termine ‘critica’ va inteso nel senso originario <strong>di</strong> ‘scelta’: nella moltitu<strong>di</strong>ne <strong>de</strong>i fenomeni che gli appaiono, fin dall’inizio ogni artista sceglie<br />

un ambito circoscritto che corrispon<strong>de</strong> più strettamente alle sue inclinazioni. Certo, anche le circostanze esterne possono esercitare il loro influsso, che<br />

però non <strong>de</strong>ve essere sopravvalutato o ad<strong>di</strong>rittura consi<strong>de</strong>rato come <strong>de</strong>terminante, giacché ogni artista accetta solo ciò <strong>di</strong> cui porta <strong>de</strong>ntro <strong>di</strong> sé il germe<br />

e finisce, più o meno in breve, per esclu<strong>de</strong>re ogni elemento estraneo alla sua natura.<br />

Le modalità e la misura in cui questa critica si esercita variano molto da un artista all’altro. In alcuni, come per esempio Haydn, Schubert e Schumann,<br />

essa viene guidata quasi esclusivamente dalla giovanile irruenza <strong>de</strong>l temperamento; è un prodotto <strong>de</strong>l sentimento e <strong>de</strong>lla fantasia e si esprime quin<strong>di</strong> in<br />

modo particolarmente ra<strong>di</strong>cale. Sono i veri spiriti alla Sturm und Drang, che coscientemente ripu<strong>di</strong>ano la tra<strong>di</strong>zione, esor<strong>di</strong>scono come innovatori e,<br />

fatto ancora più sintomatico, intendono il nuovo che essi annunciano come un’intemperante avventura in un terreno ancora sconosciuto. Un’altra<br />

categoria <strong>di</strong> artisti, rappresentata specialmente da Bach e Beethoven, è estranea a questa specie <strong>di</strong> Sturm und Drang. Essa cerca, non <strong>di</strong> opporsi per<br />

puro impulso alla tra<strong>di</strong>zione, bensì <strong>di</strong> appropriarsene con tutte le energie per poi superarla. È in<strong>di</strong>cativo il fatto che sono proprio le gran<strong>di</strong> nature<br />

volitive <strong>de</strong>lla storia musicale a svilupparsi programmaticamente secondo tale orientamento, mettendo la propria fantasia e la propria coscienza artistica<br />

al servizio <strong>di</strong> un i<strong>de</strong>ale estetico chiaramente concepito. Non si tratta per loro <strong>di</strong> esprimere il nuovo a tutti i costi; si tratta <strong>di</strong> esprimerlo con la più<br />

persuasiva chiarezza possibile, sia per quanto riguarda la forma che per il contenuto. La <strong>di</strong>fferenza tra le due categorie <strong>di</strong> artisti si rivela soprattutto in<br />

rapporto con le forme storicamente già acquisite; i primi vogliono infrangerle e <strong>di</strong>struggerle, i secon<strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficarle e farle progre<strong>di</strong>re dall’interno<br />

cosicché la frattura con la tra<strong>di</strong>zione si manifesta solo molto più tar<strong>di</strong>” (ABERT, Hermann. W. A. Mozart. Erster Teil 1756-1782, Leipzig, Musikverlag,<br />

1955, trad. italiana Mozart. La giovinezza 1756-1782, Milano, Il Saggiatore, 1984, pp. 97-98). Sotto questo punto <strong>di</strong> vista, e a giu<strong>di</strong>care da questa<br />

prima burlesca, si sarebbe tentati <strong>di</strong> consi<strong>de</strong>rare Margola nel primo gruppo <strong>di</strong> artisti: in realtà però la ricerca <strong>di</strong> forme nuove non sarà uno <strong>de</strong>i temi<br />

predominanti <strong>de</strong>ll’opera <strong>de</strong>l musicista bresciano.<br />

112<br />

E<strong>di</strong>ta da Ricor<strong>di</strong>, Milano 1917.<br />

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