<strong>di</strong> questi <strong>anni</strong>: quello lirico cameristico, che appunto in questo periodo suscitò nel giovane compositore un interesse per nulla saltuario, mentre verrà poi gradualmente sempre più trascurato negli <strong>anni</strong> seguenti. Pienamente inserito nella temperie culturale <strong>de</strong>l tempo, Margola affrontò <strong>di</strong>rettamente il problema <strong>de</strong>lla musica vocale, per la quale in Italia allora si cercavano vie alternative all’ormai consunto genere <strong>de</strong>lla romanza lirica ottocentesca. Si può <strong>di</strong>re che se la musica strumentale trovava nei recuperi <strong>de</strong>l neoclassicismo nuove energie rivitalizzanti, la musica vocale, ben più carica <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zionamenti ottocenteschi, attraversava un momento <strong>di</strong> crisi profonda, tanto che proprio in quel 1933 in cui Margola si affacciava al mondo come compositore <strong>di</strong>plomato il critico Luigi Colacicchi 233 giungeva a scrivere che “la lirica è morta. Essa vagola nella via lattea <strong>de</strong>lla imprecisione ritmica e <strong>de</strong>ll’in<strong>de</strong>cisione armonica, il <strong>di</strong>scorso sonoro seguendo per lo più una struttura verbale, <strong>di</strong> cui la musica, se vuole concretarsi come musica, non può necessariamente tener conto. È fatale che a un certo punto la parola va in un certo senso e i suoni in un altro. La conciliazione è pressoché impossibile, all’infuori <strong>de</strong>l <strong>de</strong>clamato. Ma la <strong>de</strong>clamazione non realizza quasi mai un’interpretazione musicale sintetica <strong>de</strong>lla lirica posta in musica. La lirica insomma, sembra che sia ancora un problema da risolvere nella musica mo<strong>de</strong>rna: l’unico, forse, ma tutt’altro che secondario, se si pensa a quella proiezione <strong>de</strong>l canto sul palcoscenico che è l’opera” 234 . Es. 16: Franco Margola, Malinconia per canto e pianoforte (dC 2). Batt. 20-22. Il problema riguardava tutti i musicisti in qualche modo impegnati, e ognuno lo affrontava naturalmente a proprio modo: citiamo, a solo titolo esemplificativo, le Chansons <strong>de</strong>s me<strong>di</strong>ants per voce e pianoforte <strong>di</strong> Luigi Rognoni, canzoni che secondo le esplicite in<strong>di</strong>cazioni <strong>de</strong>l compositore dovevano essere “eseguite con voce quasi afona, monotona: le note <strong>de</strong>bbono risaltare dure e il testo chiaro e ben parlato” 235 . Di fatto Margola non risolse la questione e fu per questo probabilmente che abbandonò poi il genere. Tuttavia egli si mise su posizioni relativamente avanzate per l’Italia <strong>di</strong> quegli <strong>anni</strong>, offrendo esempi quasi più spregiu<strong>di</strong>cati rispetto alle proprie coeve opere strumentali. Un breve sguardo <strong>di</strong> massima a questo gruppo <strong>di</strong> composizioni è sufficiente per ren<strong>de</strong>rsene conto, come d’altra parte è sufficiente anche per verificare quanto affermato dal Colacicchi, soprattutto per quanto riguarda la prevalente ten<strong>de</strong>nza ad una <strong>de</strong>clamazione <strong>de</strong>l testo: non 233 Luigi Colacicchi, nato ad Anagni nel 1900, fu critico musicale <strong>de</strong> Il Popolo <strong>di</strong> Roma e <strong>de</strong>l Messaggero oltre che collaboratore <strong>di</strong> numerose riviste specializzate. Compositore e <strong>di</strong>rettore <strong>di</strong> coro, fondò e <strong>di</strong>resse il coro <strong>de</strong>ll’Acca<strong>de</strong>mia Filarmonica Romana, e curò la raccolta <strong>de</strong>i Canti popolari <strong>di</strong> Ciociaria. Tra le sue opere ricor<strong>di</strong>amo il balletto La belle au bois dormant. Cfr. ALLORTO-FERRARI, Dizionario, pp. 101-102. 234 COLACICCHI, Luigi. ‘La Mostra Nazionale <strong>de</strong>l Sindacato Fascista <strong>de</strong>i Musicisti’, in: La rassegna musicale, n. 6, 1933, pp. 104-109. 235 Le tre canzoni - Voici la douce nuit <strong>de</strong> mai, Laissez jouer jeunes gens, e Mon mari m’a <strong>di</strong>ffamée - su testi <strong>di</strong> un anonimo francese <strong>de</strong>l sec. XV, vennero pubblicate dalla Carisch a Milano nel 1937. Rognoni donò a Margola la prima <strong>di</strong> queste a Milano il 23 febbraio 1938, <strong>de</strong><strong>di</strong>candogliela “con affetto e <strong>di</strong>sperazione”. 80
a caso, l’interesse principale <strong>di</strong> queste liriche sta nella parte <strong>de</strong>ll’accompagnamento strumentale, più che sulla linea vocale in sé, generalmente strutturata appunto su un <strong>de</strong>clamato pienamente sottomesso all’andamento sillabico <strong>de</strong>l testo. Es. 17: Achille Longo, Vocca addurosa, per canto e pianoforte, batt. 1-15. Tali caratteristiche sono pienamente evi<strong>de</strong>nti fin dai primi lavori a noi pervenuti, già ad esempio nelle Tre liriche per canto e pianoforte redatte con cura minuziosa in un fascicolo che risale agli <strong>anni</strong> 1928-29. Basta un rapido sguardo alla prima <strong>di</strong> esse, intitolata Malinconia (dC 2) per notare l’andamento rigorosamente sillabico e <strong>de</strong>clamatorio <strong>de</strong>lla linea 81
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