Monografia Capitolo II - Gli anni di studio a Parma - Ottavio de Carli
Monografia Capitolo II - Gli anni di studio a Parma - Ottavio de Carli
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poco a suscitare questi i<strong>de</strong>ali <strong>di</strong> classicità, tanto che essi vennero poi alimentati e sfruttati a scopo politico e <strong>de</strong>magogico<br />
dallo stesso fascismo.<br />
Non è questa naturalmente la se<strong>de</strong> per affrontare un così ampio argomento, che conobbe aspetti molteplici e complessi:<br />
si potrebbe ad esempio affermare che il ritorno ai miti <strong>de</strong>lla ‘grecità’ e <strong>de</strong>lla ‘romanità’, non conoscendo nella cultura<br />
musicale precisi mo<strong>de</strong>lli originali a cui fare riferimento, trovò riscontro in un più generico ‘neo-classicismo’ che<br />
naturalmente ebbe anche altre ragioni d’essere, non da ultimo <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne strettamente musicale. Comunque sia, questi<br />
semplici accenni sono sufficienti per meglio inserire la figura <strong>de</strong>l compositore bresciano nel contesto culturale <strong>de</strong>l suo<br />
tempo e valutarne le scelte artistiche in base non solo a personali inclinazioni, ma anche a sollecitazioni e con<strong>di</strong>zionamenti<br />
esterni. Qualunque fosse infatti il grado <strong>di</strong> aggiornamento culturale raggiunto dal giovane Margola al termine <strong>de</strong>gli stu<strong>di</strong><br />
compiuti a Brescia, certo durante il periodo trascorso a <strong>Parma</strong> egli ebbe modo <strong>di</strong> mettersi al passo con i tempi e conoscere<br />
più a fondo le mo<strong>de</strong>rne ten<strong>de</strong>nze <strong>de</strong>lla cultura musicale italiana, tra le quali anche quella appunto predominante <strong>de</strong>l ‘neoclassicismo’,<br />
alla quale il giovane musicista a<strong>de</strong>rì prontamente.<br />
Pur non spingendoci ad abbracciare un’ampia panoramica <strong>de</strong>lla situazione musicale italiana <strong>de</strong>l momento - la vastità<br />
<strong>de</strong>l tema porterebbe il <strong>di</strong>scorso ben oltre i limiti che qui si intendono rispettare -, è necessario allontanare<br />
momentaneamente lo sguardo dalla singola figura <strong>di</strong> Franco Margola per offrire riguardo all’argomento nella maniera più<br />
sintetica possibile almeno qualche breve spunto.<br />
Il neoclassicismo<br />
Il fenomeno <strong>de</strong>l cosid<strong>de</strong>tto ‘neo-classicismo’ non fu esclusivamente italiano: basti consi<strong>de</strong>rare che uno <strong>de</strong>i principali<br />
apostoli <strong>di</strong> questa ten<strong>de</strong>nza non solo musicale, ma culturale in senso più ampio, qualunque sia la <strong>de</strong>finizione che <strong>di</strong> essa si<br />
vuole dare, fu quel campione <strong>di</strong> internazionalismo che rispon<strong>de</strong>va al nome <strong>di</strong> Igor Stravinsky 141 . Ciò premesso e senza<br />
dunque voler abbracciare orizzonti così vasti, converrà ricordare che in Italia, ten<strong>de</strong>ndo ad i<strong>de</strong>ntificarsi con alcuni aspetti<br />
<strong>di</strong> un nascente e consapevole nazionalismo nonché <strong>di</strong> un volontario recupero <strong>di</strong> una tra<strong>di</strong>zione strumentale caduta in oblio,<br />
esso giunse ad assumere caratteristiche abbastanza proprie, sintetizzabili in un comune riferimento alla tra<strong>di</strong>zione<br />
strumentale italiana <strong>de</strong>i ‘secoli d’oro’.<br />
Per la cultura musicale italiana, neo-classicismo non era soltanto “reagire all’esasperazione cromatica post-wagneriana<br />
[...], purificare, semplificare la forma [...], sfuggire al soggettivismo ottocentesco e romantico e creare <strong>de</strong>lle musiche niti<strong>de</strong><br />
e chiare, in<strong>di</strong>pen<strong>de</strong>nti da influssi pittorici e letterari” 142 , ma ricostruire una vera e propria tra<strong>di</strong>zione strumentale che<br />
permettesse alla nazione italiana <strong>di</strong> ritrovare un’i<strong>de</strong>ntità culturale capace <strong>di</strong> riscattarla <strong>de</strong>gnamente da quello stato <strong>di</strong><br />
stagnante provincialismo in cui il melodramma l’aveva sprofondata. Scrivere Sonate e Sinfonie, Quartetti e Quintetti,<br />
Toccate e Partite significava per gli italiani non solo tentare <strong>di</strong> risolvere problemi <strong>di</strong> rinnovamento <strong>di</strong> linguaggio, cioè<br />
compiere <strong>de</strong>lle scelte <strong>di</strong> carattere esclusivamente stilistico, ma anche e soprattutto sottolineare che la tra<strong>di</strong>zione ‘italiana’,<br />
dominatrice incontrastata fino all’avvento <strong>de</strong>l sinfonismo te<strong>de</strong>sco e <strong>de</strong>l romanticismo d’oltralpe, non aveva per nulla<br />
esaurito la propria funzione storica e poteva svolgere ancora nel panorama europeo un ruolo per lo meno paritetico a quello<br />
tenuto dalla musica te<strong>de</strong>sca e francese 143 . Tra i pala<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> questo rinascimento musicale vi fu, come si sa, Alfredo Casella,<br />
che con toni appassionati <strong>de</strong>cretava:<br />
“Alla piccola Italia borghese <strong>de</strong>ll’epoca umbertina, rappresentata a perfezione dal melodramma verista, dalla pittura <strong>di</strong> Sartorio,<br />
dalla scoltura <strong>di</strong> Bistolfi e dalla poesia <strong>di</strong> Guido Mazzoni, la gioventù italica sorta dal fronte e dalla marcia su Roma inten<strong>de</strong> opporre un<br />
nuovo pensiero italiano, ed una nuova arte che non sia più l’espressione <strong>di</strong> un povero provincialismo cafone e municipale, ma che sia<br />
veramente arte italiana nel senso <strong>de</strong>lla più gran<strong>de</strong> tra<strong>di</strong>zione, e perciò anche europea. Si tratta insomma <strong>di</strong> creare una musica, una<br />
pittura, una poesia nelle quali il cosmico <strong>de</strong>ll’arte sia veduto italianamente. E la gran<strong>de</strong>zza e la forza <strong>di</strong> quell’arte saranno allora sicure<br />
garanti <strong>de</strong>l suo ‘europeismo’” 144 .<br />
141<br />
Cfr. VINAY, Gianfranco. Stravinsky neoclassico, Venezia, Marsilio, 1987.<br />
142<br />
CASTELNUOVO-TEDESCO, Mario. ‘Neoclassicismo musicale’, in: Pegaso, I/2, 1929, p. 202.<br />
143<br />
Si trattava, naturalmente, <strong>di</strong> un’interpretazione storica <strong>di</strong> situazioni e <strong>di</strong> sviluppi compiuta da chi se ne trovava <strong>di</strong>retto protagonista, o da chi<br />
comunque si trovava ad operare nello stesso clima culturale, e che la storiografia seguente ha fatto propria dandola per scontata; in realtà oggi, potendo<br />
valutare secondo una più <strong>di</strong>stante e quin<strong>di</strong> più obiettiva prospettiva storica, la lettura <strong>de</strong>i fatti appare meno scontata e univoca, ben più complessa e<br />
anzi perfino ricca <strong>di</strong> paradossali contrad<strong>di</strong>zioni. Grazie soprattutto all’arte <strong>di</strong> Puccini, anche il melodramma italiano seppe rinnovarsi e aggiornarsi<br />
facendo proprie le soluzioni più mo<strong>de</strong>rne (ve<strong>di</strong> in proposito l’articolo <strong>di</strong> WATERHOUSE, John C. G.. ‘Ciò che Puccini <strong>de</strong>ve a Casella’, in: Rassegna<br />
Musicale Curci, XIX/4, <strong>di</strong>cembre 1965, pp. 8-13), e basti <strong>di</strong>re che più <strong>di</strong> una voce si è ad<strong>di</strong>rittura levata a riven<strong>di</strong>care la maggiore mo<strong>de</strong>rnità <strong>de</strong>l<br />
linguaggio pucciniano rispetto a quello <strong>de</strong>i musicisti <strong>de</strong>lla generazione <strong>de</strong>ll’Ottanta. Mario Bortolotto è giunto perfino a sostenere che fu proprio<br />
Puccini ad introdurre la mo<strong>de</strong>rnità in Italia mentre Casella si affrettava a “virare verso la Borbonìa <strong>de</strong>lle tarantelle” (cfr. VLAD, Roman. ‘Situazione<br />
storica <strong>de</strong>lla generazione <strong>de</strong>ll’80’, in: Generazione <strong>de</strong>ll’80, p. 7). E sembra apparentemente contrad<strong>di</strong>torio anche il fatto che <strong>de</strong>i musicisti <strong>de</strong>lla<br />
‘generazione <strong>de</strong>ll’80’, il più apprezzato all’estero fosse il più tra<strong>di</strong>zionalista <strong>di</strong> essi e cioè Ottorino Respighi, l’unico ad esser <strong>di</strong>venuto popolare in tutto<br />
il mondo. Sull’emergente nazionalismo musicale <strong>di</strong> questo periodo cfr. anche DEGRADA, Francesco. ‘La generazione <strong>de</strong>ll’80 e il mito <strong>de</strong>lla musica<br />
italiana’, in: Generazione <strong>de</strong>ll’80, pp. 83-96; inoltre SANTI, Piero ‘Passato prossimo e remoto nel rinnovamento musicale italiano <strong>de</strong>l Novecento’ in:<br />
Stu<strong>di</strong> musicali, I, 1972, pp. 161-186.<br />
144<br />
CASELLA, Alfredo. ‘Della nostra attuale «posizione» musicale e <strong>de</strong>lla funzione essenziale <strong>de</strong>llo spirito italiano nel prossimo avvenire <strong>de</strong>lla musica<br />
europea’, in: 21 + 26, Roma - Milano, Augustea, 1931, pp. 44-45; lo scritto porta la data <strong>de</strong>l febbraio 1930. Si tenga presente che la frase non era<br />
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