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Monografia Capitolo II - Gli anni di studio a Parma - Ottavio de Carli

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Si trattava <strong>di</strong> un fermento che, lo ripetiamo, creò il terreno nel quale affondò le proprie ra<strong>di</strong>ci quel rinascimento <strong>de</strong>lla<br />

musica strumentale italiana che segnò la storia culturale <strong>de</strong>lla nazione nel primo Novecento e che sempre più vistosamente<br />

imboccò la strada <strong>di</strong> un neoclassicismo consapevole e ricercato. Alfredo Casella così <strong>de</strong>finiva nel 1917 le “caratteristiche<br />

secolari <strong>de</strong>llo spirito italiano”:<br />

“[...] gran<strong>di</strong>osità, severità, robustezza, concisione, sobrietà, semplicità <strong>di</strong> linee, pienezza plastica ed equilibrio architettonico,<br />

vivacità, audacia ed instancabile ricerca <strong>di</strong> novità [...] una specie <strong>di</strong> classicismo, il quale compren<strong>de</strong>rà in una armoniosa euritmia tutte le<br />

ultime innovazioni italiane e straniere e <strong>di</strong>fferirà tanto dall’impressionismo francese, quanto dalla <strong>de</strong>ca<strong>de</strong>nza straussiana, dalla<br />

primitività stravinskiana, dal freddo scientismo <strong>di</strong> Schönberg, dalla sensualità iberica, dall’audace fantasia <strong>de</strong>gli ultimi ungheresi” 168 .<br />

Manifestazione particolarmente evi<strong>de</strong>nte <strong>di</strong> questa temperie fu il fiorire <strong>di</strong> lavori <strong>di</strong>chiaratamente in omaggio ai<br />

Maestri <strong>de</strong>l passato, ovvero <strong>de</strong>lla cosid<strong>de</strong>tta ‘musica al quadrato’: dall’orchestrazione <strong>di</strong> alcune Sonate <strong>di</strong> Domenico<br />

Scarlatti per il balletto Le donne <strong>di</strong> buon umore (1916), opera <strong>di</strong> Vincenzo Tommasini 169 , alle più conosciute composizioni<br />

<strong>di</strong> Ottorino Respighi -citiamo solo La boutique fantasque (1919) 170 e Rossiniana (1925)-, <strong>di</strong> Gian Francesco Malipiero (La<br />

Cimarosiana, 1921) e <strong>di</strong> Alfredo Casella, che scrisse “due <strong>de</strong>i lavori più riusciti <strong>de</strong>l genere” 171 , ossia Scarlattiana op. 44<br />

(1926), “certamente la più ricca ed elegante <strong>de</strong>lle ‘elaborazioni sinfoniche’ composte da maestri <strong>de</strong>l Novecento su i<strong>de</strong>e<br />

tematiche <strong>de</strong>l Barocco strumentale” 172 e la più tarda Paganiniana op. 65 (1942) 173 , <strong>de</strong>lla quale Franco Margola ebbe poi in<br />

regalo parte <strong>de</strong>l manoscritto.<br />

Il genere, che non si esaurì comunque con la seconda guerra mon<strong>di</strong>ale ma conobbe in seguito altre composizioni simili<br />

- citiamo ad esempio Vival<strong>di</strong>ana (1952) e Gabrieliana (1971) <strong>di</strong> Gian Francesco Malipiero -, rappresentò, lo ripetiamo,<br />

soltanto l’aspetto più vistoso <strong>di</strong> un recupero <strong>di</strong> una tra<strong>di</strong>zione strumentale italiana che negli <strong>anni</strong> in cui Margola si<br />

affacciava al mondo come compositore aveva già assunto proporzioni notevoli (“più in se<strong>de</strong> esecutiva, per la verità, che<br />

critica”, specifica la Nicolo<strong>di</strong> 174 ), soprattutto attraverso una gran<strong>de</strong> <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> quelle forme musicali che essa aveva<br />

elaborato.<br />

Si può <strong>di</strong>re in altre parole che in questi <strong>anni</strong>, nonostante le <strong>di</strong>versità e le polemiche, tutti i principali musicisti italiani<br />

fossero orientati più che su un forzato sperimentalismo linguistico, su un recupero <strong>de</strong>lle gran<strong>di</strong> forme tra<strong>di</strong>zionali,<br />

espressione <strong>di</strong> un neoclassicismo che trovava ragion d’essere soprattutto nella rivalutazione <strong>di</strong> quella gloriosa cultura<br />

italiana <strong>de</strong>l passato che meglio <strong>di</strong> ogni altra manifestazione poteva nobilitare l’arte nazionale <strong>de</strong>l presente.<br />

Questo i<strong>de</strong>ale <strong>di</strong> una presunta ‘classicità’ italiana, che Casella aveva elaborato dalla cultura fiorentino-dannunziana nel<br />

cui segno era avvenuto l’impatto con l’Italia tra il ‘13 e il ‘15, trovò pieno riscontro nei miti ‘me<strong>di</strong>terranei’ e ‘solari’ che il<br />

fascismo aveva fatto propri, così che si può parlare <strong>di</strong> un fermento culturale generalizzato, non limitato al solo mondo <strong>de</strong>lle<br />

arti. Così scriveva nel 1925 Alfredo Casella:<br />

“È arduo l’affermare che la politica e l’arte possano essere in<strong>di</strong>pen<strong>de</strong>nti. Però, sta <strong>di</strong> fatto che nella novella storia italiana, la<br />

conquista <strong>di</strong> un nostro stile ha coinciso precisamente colla liberazione ultima <strong>de</strong>l suolo italico e coll’esaltazione <strong>de</strong>llo spirito nazionale.<br />

Abbiamo così veduto affermarsi nel mondo intero intelligenze autenticamente italiche quali Luigi Piran<strong>de</strong>llo, scopritore <strong>di</strong> una<br />

mo<strong>de</strong>rnissima arte teatrale. Abbiamo visto sorgere pittori genuinamente nostri, quali un Felice Casorati ad es., nei quali sembra rivivere<br />

a traverso l’ultima tecnica plastica lo spirito <strong>de</strong>i nostri gran<strong>di</strong> maestri. Abbiamo visto infine un forte gruppo <strong>di</strong> compositori risuscitare<br />

una musica <strong>di</strong> stile in<strong>di</strong>scutibilmente italiano, cioè forte, ben costruita, chiara, e tutta impregnata <strong>di</strong> quella luce solare che plasma la<br />

nostra vita, e nella quale si intravedono, anziché le influenze <strong>di</strong> questo o quell’altro maestro straniero, le vecchie ombre ancestrali <strong>di</strong><br />

cinquecentesca <strong>di</strong> cui fu tra i più amorevoli conoscitori, ma altresì <strong>de</strong>l primo melodramma italiano culminante nel Montever<strong>di</strong>, che chiamò ‘padre<br />

<strong>de</strong>ll’armonia mo<strong>de</strong>rna e <strong>de</strong>ll’arte <strong>di</strong> orchestrare’ [...] Ma sul Montever<strong>di</strong>, come pure su altri autori <strong>di</strong> quel passato italiano <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>cevamo, aveva fatto<br />

consi<strong>de</strong>razioni più concrete e profon<strong>de</strong> fin dall’inizio <strong>de</strong>l secolo, da un periodo cioè in cui altri che poi si attribuirono il vanto <strong>di</strong> aver rivelato il sei e<br />

settecento italiano erano ancor lontani dall’avervi posto attenzione” (FANO, Fabio. ‘La figura <strong>di</strong> Guido Alberto Fano’, in: Rassegna Musicale Curci,<br />

XXV<strong>II</strong>I/2-3, <strong>di</strong>cembre 1975, p. 43; cfr. inoltre ZANETTI, Novecento, p.142; MARTINOTTI, Ottocento strumentale, pp. 481, 513; FANO, Fabio. Voce<br />

Fano, Guido Alberto, in: New Grove, VI, pp. 377-378; DEUMM, Le Biografie, <strong>II</strong>, p. 700).<br />

168 CASELLA, Alfredo. ‘La nuova musicalità italiana’, in: La riforma musicale, n. 1-2, novembre-<strong>di</strong>cembre 1917, pp. 2-3 (poi ripubblicato in: Ars nova,<br />

<strong>II</strong>/2, gennaio 1918, pp. 2-4); cfr. ZANETTI, Novecento, pp. 546-547; SALVETTI, Guido. ‘La generazione <strong>de</strong>ll’80 tra critica e mito’, cit.<br />

169 Il balletto fu commissionato a Tommasini da Dyaghilev, il quale, dopo aver assoldato un pianista che gli eseguisse l’intero corpus <strong>de</strong>lle Sonate <strong>di</strong><br />

Scarlatti (nella revisione <strong>di</strong> Longo), ne scelse assieme a Massine quelle che riteneva più adatte al carattere e alla trama <strong>de</strong>ll’opera, tratta dall’omonima<br />

comme<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Goldoni. Rappresentato a Roma nel 1917, Le donne <strong>di</strong> buon umore venne poi ridotto a suite orchestrale nel 1920. Su questo pastiche,<br />

cfr. TOMMASINI, Vincenzo. ‘Scarlattiana’, in: La Rassegna musicale, X<strong>II</strong>/12, <strong>di</strong>cembre 1939, pp. 485-490; VINAY, Gianfranco. ‘Ricognizione <strong>de</strong>l<br />

neoclassicismo musicale’ cit., pp. 77-79. Ricor<strong>di</strong>amo inoltre che Vincenzo Tommasini compose poi un altro lavoro <strong>di</strong> questo genere, il balletto Le<br />

<strong>di</strong>able s’amuse (1936), questa volta su motivi <strong>di</strong> Paganini, rappresentato a New York nel 1939.<br />

170 Anche La boutique fantasque, rappresentata dapprima a Londra, poi nel 1920 al Teatro Costanzi <strong>di</strong> Roma, venne commissionata a Respighi da<br />

Dyaghilev. In questo caso fu però Respighi a proporre le musiche da rielaborare (cfr. ivi, pp. 79-80).<br />

171 VLAD, Roman. ‘Rive<strong>di</strong>amo il neoclassicismo’ cit., p. 127.<br />

172 BUSCAROLI, Piero. ‘E rinacque la musica colta’, in: Il Giornale nuovo, 18 settembre 1986. Cfr. anche GENTILUCCI, Armando. Guida all’ascolto <strong>de</strong>lla<br />

musica contemporanea, Milano, Feltrinelli, 1969 (Universale Economica, 595), p. 112. Un’altra composizione che faceva riferimento al gran<strong>de</strong><br />

clavicembalista settecentesco fu il Divertimento scarlattiano per pianoforte <strong>di</strong> Goffredo Petrassi, composto nel 1942 ma rimasto ine<strong>di</strong>to (cfr. Petrassi,<br />

p. 335).<br />

173 Cfr. GENTILUCCI, Armando. Guida all’ascolto <strong>de</strong>lla musica contemporanea cit., pp. 112-113.<br />

174 NICOLODI, Fiamma. ‘Inizi prestigiosi’ cit., pp. 65-66.<br />

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