slancio <strong>di</strong> un’anima verso la luce” 124 ed è proprio la musica a liberare quell’anima dall’assoluta oscurità, non solo fisica ma anche e soprattutto spirituale, che lo opprime. La composizione pianistica <strong>di</strong> Franco Margola non mira dunque a <strong>de</strong>scrivere alcun “passo grave e stanco”, ma semmai la graduale e faticosa liberazione dal mondo <strong>de</strong>lle tenebre, per raggiungere zone più luminose <strong>de</strong>ll’esistenza: tutta la composizione è dunque incentrata sul conflitto tra luci ed ombre, ovvero tra piani contrastanti che musicalmente sono espressi in senso timbrico, per mezzo <strong>di</strong> quel contrappunto <strong>di</strong> atmosfere sonore che era tipico, lo si è già ricordato, <strong>de</strong>l linguaggio impressionista 125 . Il racconto stesso suggeriva il richiamo alle forti impressioni suscitate dal contrasto tra piani sonori <strong>di</strong>fferenti, come <strong>di</strong>mostra il passo seguente: “...Le sue <strong>di</strong>ta cad<strong>de</strong>ro sui tasti e un suono grave e tremolante ne uscì. Il fanciullo, immobile, lo ascoltò a lungo con una visibile emozione e il suo u<strong>di</strong>to seguiva ancora nell’aria le ultime vibrazioni, quando già la madre non le <strong>di</strong>stingueva più. Toccò ancora lo stesso tasto, ma più forte, poi strisciando la mano su tutta la tastiera, appoggiò su una nota acuta. Egli lasciava ad ogni suono il tempo <strong>di</strong> espan<strong>de</strong>rsi, <strong>di</strong> tremare e <strong>di</strong> morire nell’aria, e la sua fisionomia svelava la tensione <strong>de</strong>l suo spirito e insieme un senso <strong>di</strong> completa sod<strong>di</strong>sfazione. [...] Se la sua mano ca<strong>de</strong>va sopra una nota chiara e gaja, egli alzava il volto animatosi all’improvviso, come se con uno sguardo interno avesse accompagnata l’ascensione <strong>de</strong>lle on<strong>de</strong> sonore verso gli strati superiori <strong>de</strong>ll’atmosfera. Se svegliava il confuso borbottio <strong>di</strong> una nota grave e cupa, aveva l’aria <strong>di</strong> cercare in qual punto <strong>de</strong>l pavimento era affondata quella nota spargendo i suoi ultimi palpiti ai quattro angoli <strong>de</strong>lla camera” 126 . Questa sensibilità per i suoni <strong>di</strong>versi si affina via via nel giovane cieco fino a che, nel capitolo VI, il vecchio zio è in grado <strong>di</strong> <strong>de</strong>scrivergli, attraverso le sensazioni prodotte dai timbri musicali, tutti i colori e le loro sfumature, dal bianco al rosso, al ver<strong>de</strong>, all’azzurro, al nero. È evi<strong>de</strong>nte come tutto questo potesse trovare piena corrispon<strong>de</strong>nza in una concezione impressionistica <strong>de</strong>lla musica, alla quale perfettamente soggiace il pezzo <strong>di</strong> Margola. Disposta per alcune battute anche su tre righi, la composizione risente visibilmente <strong>de</strong>llo stile <strong>de</strong>bussyano, in particolare <strong>di</strong> quella scrittura accordale tipica ad esempio <strong>de</strong> La Cathédrale engloutie, dove il contrappunto <strong>di</strong> linee ce<strong>de</strong> il posto a quello <strong>di</strong> fasce sonore timbricamente caratterizzate e chiaramente <strong>di</strong>fferenziate anche là dove melo<strong>di</strong>camente si sovrappongono; senza <strong>di</strong>re, a completamento <strong>de</strong>l paragone tra i due brani, <strong>de</strong>i ripetuti rintocchi che in Margola evocano come in Debussy lontane atmosfere u<strong>di</strong>te attraverso un orecchio più interiore che realmente fisico (cfr. es. 9). Composto nel gennaio 1930 su ispirazione, sembra, <strong>di</strong> un quadro visto in un’esposizione a <strong>Parma</strong>, il brano fruttò poi all’autore, nel maggio 1934, un premio al Concorso <strong>de</strong>lla Camerata musicale <strong>di</strong> Napoli. Del quadro in questione non sappiamo purtroppo nulla, se non che doveva rappresentare, appunto, la riunione <strong>di</strong> un gruppo <strong>di</strong> streghe in un campiello, con la conseguente danza e baccanale: ma ciò non costituisce un particolare ostacolo alla valutazione <strong>de</strong>l pezzo che, come ogni composizione a programma qualitativamente riuscita, risulta in <strong>de</strong>finitiva musicalmente autonoma. Per <strong>di</strong>rla con le parole <strong>di</strong> Alfredo Gatta, che non ve<strong>de</strong>va <strong>di</strong> buon grado composizioni <strong>di</strong> questo genere, “il Margola non fa, d’accordo, [...] musica pura; ma il ‘pretesto’ è buono per provarci la bontà <strong>de</strong>lla sua tavolozza orchestrale” 127 . Oltre a notare “com’egli aduni il quintetto <strong>de</strong>gli archi e come impieghi gli ottoni e i legni e come si valga con essi <strong>de</strong>gli strumenti a percussione per ottenere combinazioni, impasti timbrici, vaporosità armoniche” 128 , è importante sottolineare anche “la sal<strong>de</strong>zza ed il senso costruttivo, i quali sono palesi in tutta la musica <strong>de</strong>l Nostro” 129 . È proprio il gioco <strong>de</strong>lle ambientazioni espressive a creare in questa composizione il senso <strong>de</strong>lla forma, così che ci sembra azzeccato il commento che un critico ebbe a scrivere in proposito: “Margola afferma in questa ‘macchia’ sinfonica <strong>di</strong> bella architettura, a tavolozza sagacemente mutevole, un temperamento musicale che ha spiccato il senso <strong>de</strong>ll’atmosfera, sagace la scelta <strong>de</strong>l colore nel rappresentarci gli esorcismi <strong>de</strong>lle maliar<strong>de</strong>, provvida la trasformazione <strong>de</strong>lla scena dal pittoresco al drammatico” 130 . Altrettanto legata all’i<strong>de</strong>a <strong>di</strong> ricreare suggestive atmosfere sonore è la prima composizione orchestrale <strong>di</strong> Margola, quel poemetto sinfonico intitolato Il campiello <strong>de</strong>lle streghe la cui partitura, consi<strong>de</strong>rata perduta 131 , è stata ritrovata dallo scrivente tra le carte <strong>de</strong>l Maestro. 124 Il racconto implicava in questo senso anche un significato simbolico, fondato sulla filosofia sociale <strong>di</strong> Korolenko: la necessità cioè per la Russia <strong>di</strong> una ‘luce’, raggiunta attraverso la pietà che libera il pensiero. 125 L’aspetto impressionistico <strong>de</strong>l pezzo si manifesta anche in uno scioglimento <strong>de</strong>lla quadratura ritmica <strong>de</strong>ll’andamento musicale, che permette al tempo or<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> 4/4, segnato in testa alla composizione, <strong>di</strong> <strong>di</strong>latarsi al 6/4 (batt. 11 e 15) e al più irregolare 5/4 (batt. 12-14, 29 e 33), e <strong>di</strong> contrarsi al 2/4 (batt. 25, 27 e 35) senza che tali mutamenti vengano neppure in<strong>di</strong>cati (complice l’andamento estremamente lento <strong>de</strong>l brano che li ren<strong>de</strong> effettivamente poco percepibili). 126 Ivi, pp. 28-29. 127 GATTA, Margola, p. 39. 128 Ivi, p. 42. 129 Ibid. 130 La critica, a firma <strong>di</strong> un certo “S.P.”, è tratta da un articolo ritagliato da un quoti<strong>di</strong>ano purtroppo non i<strong>de</strong>ntificato, datato 30 maggio 1934. 131 Cfr. UGOLINI, Giov<strong>anni</strong>. ‘Franco Margola’ in: Il Bruttanome, <strong>II</strong>/3, Brescia, autunno 1963, p. 467. Fu probabilmente lo stesso Margola a consi<strong>de</strong>rare l’opera perduta. 60
Es. 9: Franco Margola, Il cieco <strong>di</strong> Korolenko (dC 7), batt. 8-25. 61
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