Monografia Capitolo II - Gli anni di studio a Parma - Ottavio de Carli
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avrebbero <strong>de</strong>clinato le loro preferenze padri e figli nell’arco <strong>di</strong> almeno due generazioni: da Malipiero a Respighi, da Casella a Giorgio<br />
Fe<strong>de</strong>rico Ghe<strong>di</strong>ni, da Virgilio Mortari a Mario Castelnuovo-Te<strong>de</strong>sco, da Vittorio Rieti a Mario Labroca, da Antonio Veretti a Mario<br />
Pilati, da Petrassi a Dallapiccola (la campionatura vuol essere meramente in<strong>di</strong>cativa).<br />
Quest’ultimo in<strong>di</strong>rizzo cui si è soliti assegnare il nome <strong>di</strong> neoclassicismo registrò in Italia verso la metà <strong>de</strong>gli <strong>anni</strong> Venti una vasta<br />
eco <strong>di</strong> consensi, più in se<strong>de</strong> esecutiva, in verità, che critica. [...]<br />
Ed ecco una cospicua pattuglia <strong>di</strong> compositori virare verso la ricerca <strong>di</strong> stile, la purezza <strong>di</strong> forme, il costruttivismo <strong>di</strong>namico,<br />
l’oggettività. Si invoca la spericolata frenesia <strong>de</strong>i moduli jazzistici, da poco convertiti in area colta (‘Il jazz’, scriveva nel ‘28 Émile<br />
Vuillermoz, ‘è al suo posto nel nostro secolo in cui l’in<strong>di</strong>vidualismo è combattuto come una tara’ 208 ), e si assimila l’artista all’artigiano<br />
(Stravinsky proponeva per sé la qualifica <strong>di</strong> notaio, Honegger quella <strong>di</strong> operaio). Scrivere ‘neoclassico’ o finto antico o falso povero,<br />
strizzare l’occhio nei casi estremi al Bach contrappuntisticamente semplificato <strong>de</strong>lle fughette e <strong>de</strong>lle Invenzioni a due voci, <strong>di</strong>venne il<br />
gran<strong>de</strong> avvenimento <strong>de</strong>l giorno. Compositori per naturale propensione rivolti all’occultamento <strong>de</strong>ll’io o inclini per mancanza <strong>di</strong> più<br />
soli<strong>di</strong> mezzi al mero calco scolastico, a ogni <strong>de</strong>roga linguistica, ne fecero il loro banco <strong>di</strong> prova. Sul palco <strong>de</strong>lla critica e <strong>de</strong>ll’estetica<br />
musicale, crociani e sostenitori <strong>de</strong>lla soggettività intonavano invece il ‘Crucifige’. A questa musica neutra, astratta, antiemotiva,<br />
inabilitata all’uso <strong>de</strong>lla prima persona e all’esplorazione <strong>de</strong>i massimi sistemi (metafisici e affettivi) non si voleva riconoscere altro che la<br />
funzione <strong>de</strong>l mero <strong>di</strong>vertissement e <strong>de</strong>ll’effimero gioco acca<strong>de</strong>mico. ‘Divertimenti, passatempi, giochi sonori, <strong>de</strong>i quali si può ben <strong>di</strong>re<br />
che quando non potrà più esserci l’illusione <strong>de</strong>l neo non ci potrà più essere neanche quello <strong>de</strong>l classico, perché si vedrà che non c’era<br />
neanche la musica’, sentenziava Pizzetti 209 , mentre Castelnuovo-Te<strong>de</strong>sco, ironizzando sul ‘cielo rasserenato <strong>de</strong>l <strong>di</strong>atonismo [in cui]<br />
torna a splen<strong>de</strong>re a guisa <strong>di</strong> aurora boreale il più perfetto tono <strong>di</strong> Do maggiore’ 210 , riven<strong>di</strong>cava al musicista una piena libertà creativa,<br />
svincolata dalle imposizioni <strong>de</strong>lla forma (‘La vera opera d’arte nasce in regime <strong>di</strong> libertà, non <strong>di</strong> costrizione’). E se Guido M. Gatti con<br />
maggior indulgenza riconduceva queste pre<strong>di</strong>lezioni ‘alla misura un poco ridotta <strong>de</strong>gli uomini <strong>di</strong> oggi’, Guido Pannain, per il quale il<br />
neoclassicismo si configurava come ‘una <strong>de</strong>lle più amene burlette <strong>de</strong>l secolo, facile trovata verbale con cui gli sportivi <strong>de</strong>ll’estetica<br />
musicale possono giocare a piacere’ 211 , smascherava il presunto storicismo <strong>de</strong>i ‘ritorni’ (pura mistificazione <strong>de</strong>lla storia nei suoi aspetti<br />
più apparenti), mirando a conciliare sotto l’appellativo <strong>di</strong> arte, forma e contenuto, classicità e romanticismo (rispettivamente la terra<br />
promessa e l’ombra <strong>di</strong> Banquo <strong>de</strong>i neoclassici).<br />
Che non tutti gli esiti fossero me<strong>di</strong>ocri e <strong>di</strong> bassa lega non è ciò che qui preme <strong>di</strong>re. Merita piuttosto segnalare come la fioritura <strong>di</strong><br />
musiche al quadrato (Les femmes <strong>de</strong> bonne humeur <strong>di</strong> Tommasini-Scarlatti, La boutique fantasque e Rossiniana <strong>di</strong> Respighi,<br />
Scarlattiana <strong>di</strong> Casella, ecc.), <strong>di</strong> Sinfonie e Concerti in cui si rievocavano gli albori <strong>de</strong>llo strumentalismo italiano, <strong>de</strong>tenesse a <strong>de</strong>tta<br />
<strong>de</strong>gli autori che vi si esercitavano e <strong>de</strong>gli esegeti coevi - né si ve<strong>de</strong> perché la loro testimonianza <strong>de</strong>bba essere revocata in dubbio - una<br />
benefica influenza, consentendo <strong>di</strong> eliminare le scorie <strong>de</strong>l romanticismo, <strong>de</strong>llo psicologismo, <strong>de</strong>lla letteratura e restituendo alla musica i<br />
suoi più autentici strumenti e la propria auto sufficienza. (Il cilicio <strong>de</strong>ll’’arte pura’ e <strong>de</strong>i ‘ritorni’ costituiva anche secondo Koechlin il<br />
miglior <strong>de</strong>terrente contro le seduzioni <strong>de</strong>l <strong>de</strong>ca<strong>de</strong>ntismo). Non solo la musica italiana imparò nuovamente il ‘rire rossinien’, come<br />
scrivevano sod<strong>di</strong>sfatti gli stranieri <strong>di</strong> fronte alle lepi<strong>de</strong> ironie <strong>de</strong>i pastiche nostrani, ma riflessione e cultura si trasferirono all’interno <strong>de</strong>l<br />
processo compositivo, condotto fino a quel momento senza incrinature, con la franca imme<strong>di</strong>atezza <strong>de</strong>ll’espressione <strong>di</strong>retta.<br />
Così fu per i ‘padri’, per i quali il recupero <strong>de</strong>ll’antico poté tingersi in più <strong>di</strong> un’occasione <strong>di</strong> arrière-pensées i<strong>de</strong>ologiche, portando<br />
allo scoperto quel <strong>de</strong>bole per l’archeologia che sostanziava contemporaneamente le loro esumazioni, rivisitazioni, trascrizioni, restauri<br />
<strong>di</strong> opere <strong>di</strong>menticate. (Prima che <strong>de</strong>i musicologi, questo lavoro, si sa, era all’epoca appannaggio <strong>de</strong>i compositori; fra i più attivi nel<br />
settore: Malipiero, Respighi, Casella). Diverso il caso <strong>de</strong>i ‘figli’. Essi non avevano bisogno <strong>di</strong> far tabula rasa <strong>di</strong> alcun passato prossimo<br />
inviso, <strong>di</strong> accantonare una parte <strong>di</strong> sé non più accettata o ritenuta <strong>de</strong>funta. Nella terza <strong>de</strong>ca<strong>de</strong> <strong>de</strong>l Novecento, il romanticismo, moneta<br />
ormai fuori uso, non era una realtà conflittuale vissuta in prima persona, ma un’entità da esperire in forma me<strong>di</strong>ata, sui banchi <strong>de</strong>l<br />
Conservatorio, nella lettura o nelle private esercitazioni domestiche. La lingua appresa a quella data da Petrassi, ma anche da<br />
Dallapiccola [e noi aggiungiamo quin<strong>di</strong> anche da Margola, n.d.r.], quale risulta dai primi cimenti, oscillava infatti fra impressionismo<br />
francese e mo<strong>de</strong>rato mo<strong>de</strong>rnismo <strong>di</strong> casa nostra. [...] La riappropriazione <strong>di</strong> un orizzonte sconosciuto potrà avvenire in un successivo<br />
momento: per intime esigenze espressive o per consanguinee affinità. Come <strong>di</strong>menticare il valore emozionante <strong>de</strong>lla ‘scoperta’ quando<br />
l’istriano, giunto nel 1930 a Vienna e Berlino, si trovò faccia a faccia con i ‘colpi d’ala’ <strong>di</strong> Elektra e Salome <strong>di</strong> Strauss o con i panici<br />
Naturlaute <strong>de</strong>lla Prima <strong>di</strong> Mahler? Un’esperienza che, sommata ai profon<strong>di</strong> turbamenti provocatigli dallo ‘Schoenbergkreis’, orienterà<br />
d’ora in avanti il suo stile.<br />
Per Petrassi [così come per Margola, n.d.r.], che non professerà invece mai resipiscenze o nostalgie verso la ‘Romantik’, la stagione<br />
neoclassica non costituisce un impe<strong>di</strong>mento, ma è anzi il miglior reagente in virtù <strong>de</strong>lla sua neutrale obiettività, <strong>de</strong>lla sua lineare<br />
trasparenza, per esaltare gli aspetti più schietti <strong>de</strong>lla propria personalità. Il giovane musicista infatti come non ama giocare ai quattro<br />
cantoni con le note alla maniera <strong>de</strong>i ‘Six’ o <strong>de</strong>i ‘pasticheurs’ italiani, neppure si compiace <strong>de</strong>i sotterfugi compositivi, <strong>de</strong>i luoghi oscuri<br />
<strong>de</strong>lla coscienza, <strong>di</strong> fumosità o rapimenti nell’in<strong>di</strong>cibile.<br />
Scrivere non rappresenta un volo pindarico verso i li<strong>di</strong> <strong>de</strong>lla trascen<strong>de</strong>nza, né una <strong>di</strong>scesa agli inferi <strong>de</strong>l nihilismo, ma una messa a<br />
fuoco lucida e <strong>di</strong>sincantata <strong>de</strong>lle stesse proprietà <strong>de</strong>lla musica, <strong>de</strong>l suo vivere calata, al pari <strong>di</strong> chi crea, nel nudo orizzonte <strong>de</strong>lla<br />
contemporaneità. [...]” 212<br />
Come s’è <strong>de</strong>tto, queste affermazioni ci sembrano adatte ad introdurre anche le prime opere, <strong>di</strong> impostazione<br />
chiaramente neoclassica, composte da Franco Margola negli ultimi <strong>anni</strong> <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o a <strong>Parma</strong>: nei limiti, naturalmente, <strong>di</strong><br />
quanto è a nostra conoscenza, dal momento che non tutti i lavori ci sono pervenuti. A quanto risulta allo stato attuale <strong>de</strong>lle<br />
nostre ricerche, il Trio n. 1 in si (dC 10), il Concerto per orchestra da camera per 25 elementi e violino obbligato (dC 11)<br />
208<br />
VUILLERMOZ, Émile. ‘Tempo <strong>di</strong> jazz’, in: La rassegna musicale, maggio 1928.<br />
209<br />
PIZZETTI, Il<strong>de</strong>brando. ‘Interpretare la musica’ cit., p. 712.<br />
210<br />
CASTELNUOVO-TEDESCO, Mario. ‘Neoclassicismo musicale’ cit., p. 202.<br />
211<br />
PANNAIN, Guido. ‘L’i<strong>de</strong>a <strong>di</strong> classicismo nella musica contemporanea’ cit., 195.<br />
212<br />
NICOLODI, Fiamma. ‘Inizi prestigiosi’ cit., pp. 66-69.<br />
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