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Un discorso epistemologico sulla complessità nelle Scienze della

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acqua, mentre non lo sono i composti di ferro trivalente, che<br />

si possono produrre solo in ambiente altamente ossidante.<br />

Per tale motivo, oggi il ferro liberato dalle rocce sottoposte<br />

ad idrolisi nei continenti precipita in gran prevalenza sotto<br />

forma di ossidi insolubili come l’ematite, misti eventualmente<br />

ad idrossidi. Nei climi temperati si originano in tal<br />

modo la “limonite’’ e le “terre rosse’’, mentre sono del tutto<br />

marginali, perché tipici di ambienti riducenti, i depositi sotto<br />

forma di solfuri o di carbonati. Nei climi intertropicali il<br />

prodotto più caratteristico dell’attacco alle rocce silicatiche<br />

è invece la “laterite’’, dal caratteristico colore rosso cupo, talora<br />

presente su aree estesissime sotto forma di veri crostoni<br />

di sali ferrici <strong>della</strong> potenza di decine di metri, in cui spesso si<br />

concentra anche l’alluminio (quando è prevalente, precipitato<br />

sotto forma di idrossido insolubile, si hanno le “bauxiti’’).<br />

Il poco ferro che sfugge a questo destino fi nisce, pare<br />

soprattutto sotto forma di complessi colloidali, negli oceani,<br />

dove a contatto con l’acqua salata avverrebbero fenomeni di<br />

fl occulazione, comuni anche ai minerali argillosi. Lo stato<br />

di ossidazione sotto cui si conserverà il ferro nei sedimenti<br />

dipenderà, in parte dall’ambiente chimico-fi sico che caratterizza<br />

l’interfaccia acqua-sedimento, in parte da quello che<br />

domina nel corso <strong>della</strong> diagenesi precoce, nei pochi centimetri<br />

o decimetri al disotto dell’interfaccia deposizionale.<br />

Oggi in questo ambiente, che prelude all’infossamento<br />

defi nitivo dei depositi, dominano situazioni caratterizzate da<br />

scarsità di ossigeno (anossiche): tutto l’ossigeno disponibile<br />

viene consumato nell’ambito dei pochi centimetri o decimetri<br />

di sedimento fresco superfi ciale ad opera del mondo<br />

microscopico aerobio, nel corso <strong>della</strong> demolizione <strong>della</strong> sostanza<br />

organica.<br />

Al disotto è il campo di azione degli anaerobi, per cui<br />

vi dominano soprattutto ammoniaca e acido solfi drico. Se<br />

poi i fondali sono già anossici, questa situazione è già presente<br />

all’interfaccia deposizionale. In entrambi i casi, il ferro<br />

proveniente dai continenti ha molte probabilità di essere<br />

conservato nei sedimenti marini sotto forma di fi ni pigmenti<br />

di solfuri dal colore bluastro-nerastro (e questo spiega ad<br />

esempio il colore grigiastro o plumbeo di moltissimi depositi<br />

argillosi e argilloso-arenacei, ben noti agli stratigrafi di<br />

tutto il mondo).<br />

Contrasta in modo stridente con questa situazione il record<br />

geologico, che non registra depositi continentali arrossati<br />

dalle rocce più antiche fi no al Precambriano medio,<br />

diciamo fi no ad un paio di miliardi di anni fa, e riscontra invece<br />

fi no ad allora una presenza massiccia di ferro rosso (in<br />

genere sotto forma di sottili alternanze di ematite e di silice,<br />

note come banded ironstone), nei più antichi depositi marini<br />

conservati fossili un po’ in tutti continenti. Formazioni di<br />

“ferro a strisce” di questo tipo non si ritrovano più da allora.<br />

C’è quindi un momento nella storia <strong>della</strong> Terra in cui il<br />

ferro ha iniziato a venire bloccato sui continenti sotto forma<br />

di ossido e idrossido ferrico, e questo non poteva avvenire<br />

che in presenza di una atmosfera ossidante.<br />

La storia che si ricostruisce dei primordi <strong>della</strong> Terra vede<br />

l’habitat marino occupato, a partire da almeno 3,2 miliardi<br />

di anni fa, da organismi a metabolismo fotosintetico che<br />

prosperavano in un ambiente acqueo gradualmente arricchito<br />

di sali vari trasportati in soluzione da torrenti e fi umi.<br />

L’ossigeno prodotto nel corso <strong>della</strong> fotosintesi costituiva<br />

molto probabilmente un sottoprodotto velenoso, ma il<br />

ferro trasportato al mare sotto forma bivalente lo asportava<br />

dall’acqua, trasformandosi in ossidi trivalenti che precipitavano<br />

sul fondo. Se da un lato questo processo chimico provvedeva<br />

effi cacemente a rimuovere dall’ambiente acqueo<br />

l’ossigeno e quindi ad abbassarne il livello di tossicità per<br />

gli organismi viventi, ne impediva dall’altra la diffusione<br />

verso l’atmosfera. Nell’effi cace sintesi di Vittori (1980) “il<br />

meccanismo che produceva ossigeno (la fotosintesi) e quello<br />

che lo rimuoveva (precipitazione di ossido di ferro) davano<br />

luogo ad una specie di cortocircuito, nel senso che agivano<br />

nello stesso luogo e l’uno contemporaneamente all’altro.<br />

Le strisce alternate ricche e povere di ferro che si osservano<br />

nei depositi sono considerate indicative di periodi in cui<br />

variava la domanda (da più pressante a meno pressante) di<br />

rimozione da parte dell’habitat vitale. In defi nitiva l’ossigeno<br />

che la vita produceva liberandolo nell’ambiente non<br />

cambiava apprezzabilmente 1’atmosfera del pianeta. Se si fa<br />

risalire l’inizio <strong>della</strong> fotosintesi a 3,2 miliardi di anni fa, si<br />

può dedurre che l’ossigeno non apparve al di fuori dell’habitat<br />

marino per altri 1,2 miliardi di anni. Veniva infatti rimosso<br />

dal ferro solubile per precipitazione là dove esso si<br />

formava. Quando gli organismi furono in grado di adattarsi<br />

all’ambiente con l’acquisizione di mezzi autonomi per disintossicarsi<br />

dall’ossigeno ambientale (fu necessario più di<br />

un quarto <strong>della</strong> vita attuale del pianeta) allora l’ossigeno non<br />

rappresentò più un pericolo per la loro sopravvivenza. Si<br />

moltiplicarono e la quantità di ossigeno che veniva immessa<br />

nell’ambiente aumentò in crescendo con il loro sviluppo.<br />

L’ossigeno cominciò così a sfuggire dal ristretto ambiente<br />

che lo produceva per entrare nell’atmosfera. Ed è in questa<br />

fase dell’evoluzione del pianeta che il “ferro a strisce’’<br />

scompare dai ricordi per far posto al “ferro rosso’’ dei depositi<br />

continentali”.<br />

Ricordiamo che quando l’ossigeno accumulatosi nell’atmosfera<br />

raggiunse appena 1’1 % <strong>della</strong> concentrazione attuale,<br />

iniziò a formarsi lo scudo di ozono con i suoi effetti<br />

di difesa, già esaminati, dal letale ultravioletto. Con un<br />

tale scudo embrionale a disposizione, lo spessore di acqua<br />

necessario per difendersi dalle radiazioni si ridusse ad un<br />

centimetro: nulla impediva a questo punto agli organismi<br />

di occupare la distesa dagli oceani e di crescere ed evolvere<br />

all’interno di questo immenso orizzonte. E lo sviluppo stesso<br />

liberò ancor più ossigeno. Quando la concentrazione di<br />

Geoitalia 36, 2011 17

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