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Un discorso epistemologico sulla complessità nelle Scienze della

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ossigeno raggiunse il 10% di quella attuale, la protezione<br />

divenne simile a quella di oggi e anche i (continenti con la<br />

loro varietà di situazioni ambientali furono aperti all’invasione<br />

degli organismi viventi.<br />

Facciamo presente che l’attività fotosintetica unita all’accumulo<br />

nei sedimenti dei primi carbonati marini, derivanti<br />

dall’idrolisi continentale dei silicati calcici, avrebbe in breve<br />

tempo ridotto drasticamente il tenore di anidride carbonica<br />

presente <strong>sulla</strong> Terra (tra l’altro con conseguenze nefaste<br />

sull’effetto serra, indispensabile per mantenersi al di sopra<br />

<strong>della</strong> temperatura di congelamento dell’acqua) se non fossero<br />

intervenuti i meccanismi già esaminati di autoregolazione<br />

del tenore in CO 2 a breve e lungo termine. Anidride carbonica,<br />

acqua liquida, ossigeno, ozono, vita, geodinamica <strong>della</strong><br />

litosfera appaiono in questo quadro strettamente allacciati<br />

ed interdipendenti.<br />

Equilibrare la temperatura sul pianeta<br />

La Terra ha altri due problemi: come ridistribuire su tutta<br />

la superfi cie, in modo relativamente uniforme, l’energia che<br />

riceve dal Sole; come liberarsi gradualmente, senza crisi catastrofi<br />

che, dell’energia in eccesso nel sottosuolo.<br />

L’energia che proviene in media dal Sole corrisponde a<br />

circa 340 watt/metro quadro, di cui i1 30% circa viene subito<br />

rifl esso nello spazio. I 240 watt/metro quadro che rimangono<br />

non sono distribuiti in modo uniforme sul pianeta:<br />

all’equatore la radiazione è molto più intensa che ai poli. Da<br />

qui un eccesso di energia <strong>nelle</strong> regioni tropicali e un defi -<br />

cit <strong>nelle</strong> regioni artiche. Ovviamente ce ne accorgiamo, ma<br />

l’effetto è fortemente limitato da una serie di meccanismi<br />

di autoregolazione che fanno sì che ai poli il freddo non sia<br />

così intenso come potrebbe in realtà essere, e ai tropici non<br />

si raggiungano temperature inaccettabili per la vita.<br />

Il più noto di tali meccanismi è il movimento delle grandi<br />

masse d’aria, organizzato in sistemi a grandi celle di circolazione<br />

ben defi nite che agiscono come un colossale sistema<br />

di aerazione, trasferendo il calore da un punto all’altro <strong>della</strong><br />

Terra. Fiumi d’aria scorrono senza interruzione nell’atmosfera<br />

fi no a 50 km di altezza, muovendosi secondo direzioni<br />

praticamente costanti.<br />

È stato tuttavia calcolato che il movimento dell’aria, anche<br />

se andasse a velocità molto più elevate di quelle raggiunte<br />

oggi, non sarebbe suffi ciente per ridistribuire l’energia del<br />

Sole <strong>sulla</strong> Terra. In realtà c’è all’opera un condizionatore ad<br />

acqua più lento ma molto più effi ciente, solo in parte attivato<br />

dalla circolazione atmosferica stessa, che agisce <strong>sulla</strong> superfi<br />

cie delle acque creando importanti correnti superfi ciali e<br />

alimentando il ciclo delle piogge.<br />

Gli oceani sono infatti attraversati da enormi fi umi d’acqua<br />

di portata venti volte superiore a quella di tutti i fi umi<br />

<strong>della</strong> Terra messi assieme, la cui funzione è quella di riequilibrare<br />

temperatura e salinità attraverso un circuito la<br />

cui durata complessiva è di circa 500 anni. Così la descrive<br />

un grande esperto di circolazione oceanica, W.S. Broecker<br />

(1996):<br />

“Celle convettive giganti, simili a immani nastri trasportatori,<br />

si estendono per l’intera lunghezza degli oceani.<br />

Nell’Atlantico le acque calde superfi ciali fl uiscono verso<br />

Nord fi no alle vicinanze <strong>della</strong> Groenlandia, dove l’aria artica<br />

le raffredda permettendo loro di affondare e di fl uire<br />

lungo tutto l’Atlantico fi no all’Oceano australe, <strong>nelle</strong> immediate<br />

adiacenze dell’Antartide. Qui queste acque risultano<br />

relativamente più calde, e quindi meno dense, delle gelide<br />

acque superfi ciali, cosicché la corrente risale di nuovo,<br />

viene raffreddata fi no al punto di congelamento e riaffonda<br />

verso gli abissi. Lingue di acque antartiche di fondo, le più<br />

dense che esistano, fi niscono verso nord negli oceani Atlantico,<br />

Pacifi co e Indiano, e alla fi ne risalgono di nuovo per<br />

chiudere il ciclo.<br />

Queste cosiddette acque profonde si formano nell’Atlantico<br />

settentrionale, ma non nel Pacifi co perché le acque superfi<br />

ciali dell’Atlantico hanno un contenuto percentuale di sali<br />

disciolti molto più elevato di quelle del Pacifi co. La posizione<br />

delle grandi catene montuose <strong>nelle</strong> Americhe, in Europa e in<br />

Asia porta a confi gurazioni meteorologiche tali che l’aria che<br />

lascia il bacino dell’Atlantico è più umida di quella che vi<br />

entra; la perdita netta di acqua superfi ciale che ne risulta conduce<br />

ad un eccesso di salinità. Il sale rende più densi gli strati<br />

superiori dell’oceano; questi allora affondano nell’Atlantico<br />

settentrionale e danno inizio a un andamento <strong>della</strong> circolazione<br />

globale che tende a ridistribuire il sale in tutti gli oceani<br />

del pianeta.<br />

La circolazione dell’Atlantico, che ha una portata pari<br />

a circa 100 volte quella del Rio delle Amazzoni, provoca il<br />

trasporto verso Nord di un’enorme quantità di calore (calcolato<br />

in 30 miliardi di kilowatt di energia, N.d.A.). L’acqua<br />

che scorre in superfi cie verso Nord è, in media, di otto gradi<br />

centigradi più calda di quella che fl uisce in profondità verso<br />

sud. Il clima relativamente caldo di cui gode l’Europa è<br />

dovuto al trasferimento di questo calore alle masse d’aria<br />

artica che sovrastano l’Atlantico settentrionale.<br />

<strong>Un</strong> qualunque intoppo del sistema di trasporto tenderebbe<br />

a perpetuarsi e, se mai il nastro trasportatore dovesse<br />

arrestarsi, le temperature invernali nell’Atlantico settentrionale<br />

e <strong>nelle</strong> zone circostanti scenderebbero bruscamente di<br />

almeno cinque gradi centigradi. A Dublino si instaurerebbe<br />

così il clima delle Isole Svalbard, che si trovano 1.000 km a<br />

nord del circolo polare artico. Inoltre questo mutamento climatico<br />

avverrebbe probabilmente in meno di un decennio”.<br />

Broecker sottolinea che a causare tale intoppo basterebbe<br />

un eccessivo affl usso di acqua dolce nell’Atlantico settentrionale.<br />

<strong>Un</strong> aumento sensibile delle precipitazioni, lo svuotamento<br />

improvviso di grandi bacini lacustri o la fusione di grandi<br />

Geoitalia 36, 2011 19

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