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Un discorso epistemologico sulla complessità nelle Scienze della

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si presta a testare la validità dell’utilizzo delle deformazioni<br />

interne ai corpi di slump come indicatori cinematici, in<br />

particolare quando questi sono gli unici dati a disposizione<br />

per le ricostruzioni paleogeografi che (Moretti & Morsilli, in<br />

preparazione). Infi ne, nel caso degli slumps garganici, oltre<br />

al puro valore “geoestetico” e come test dei modelli esistenti,<br />

un altro possibile utilizzo è quello di verifi care se la<br />

relativa frequenza di fenomeni di instabilità sia da mettere<br />

in relazione alla tettonica sinsedimentaria (terremoti o sollevamenti<br />

tettonici del bacino) o a variazioni eustatiche e/o<br />

relative del livello marino.<br />

Geometrie deposizionali e processi di formazione<br />

In Sedimentologia con il termine slump viene indicata<br />

comunemente una successione sedimentaria stratifi cata<br />

deformata internamente durante un movimento gravitativo<br />

verso il basso. Infatti, secondo Stow (1986), uno slump può<br />

essere defi nito come: “a laterally displaced sediment masses<br />

bounded by a basal shear plane and with evident contortion<br />

and rotation of contained strata”. In pratica si tratta di una<br />

frana sottomarina, con una superfi cie di scivolamento basale<br />

concava verso l’alto, che si muove con un movimento rotazionale<br />

e con deformazione duttile dei materiali coinvolti,<br />

La marcata deformazione interna al corpo di frana è il<br />

carattere distintivo che lo differenzia rispetto alle semplici<br />

frane da scivolamento (slide). Le dimensioni degli slumps<br />

sono estremamente variabili con spessori da pochi decimetri<br />

a decine o centinaia di metri ed estensione areale in alcuni<br />

casi di decine o centinaia di chilometri quadrati (Lucente &<br />

Pini, 2003; Micallef et al., 2008).<br />

<strong>Un</strong>a caratteristica che permette di distinguere gli slump<br />

da deformazioni post-deposizionali di tipo tettonico sono<br />

la presenza alla base e al tetto di successioni non deformate.<br />

In questo modo l’intervallo deformato, imballato nella<br />

successione normalmente stratifi cata, può essere paragonato<br />

ad un classico sandwich. <strong>Un</strong>o slump mostra tipicamente<br />

una serie di pieghe legate alla deformazione degli strati di<br />

sedimento non ancora del tutto litifi cati. Queste strutture<br />

deformative comprendono piegamenti sinformi e antiformi<br />

simmetrici e asimmetrici, pieghe coricate e anche pieghe/<br />

faglie da sovrascorrimento. Le pieghe simmetriche e asimmetriche<br />

presentano un ispessimento <strong>della</strong> zona di cerniera<br />

e un assottigliamento dei fi anchi. Generalmente, l’asse delle<br />

pieghe è orientato parallelamente alla direzione (strike) <strong>della</strong><br />

scarpata e la direzione del trasporto è perpendicolare. In<br />

questo modo misurando le direzioni degli assi delle pieghe è<br />

possibile ricostruire la direzione di movimento dello slump<br />

e di conseguenza riconoscere la presenza di paleoscarpate<br />

(Woodcock, 1979).<br />

Gli slumping sottomarini si formano attraverso un complesso<br />

processo di deformazione duttile eterogenea durante<br />

tutte le fasi di sviluppo dello slump, inclusa la fase di inizio,<br />

traslazione e arresto. In particolare, come sostengono<br />

Strachan & Alsop (2006), durante la fase iniziale si possono<br />

formare pieghe con asse parallelo, obliquo o anche normale<br />

rispetto all’orientazione <strong>della</strong> scarpata. Durante la traslazione<br />

lo sforzo di taglio applicato produce la progressiva deformazione<br />

delle pieghe formate nella fase iniziale e può creare<br />

ulteriori pieghe.<br />

Variazioni nello sforzo di taglio sono il risultato di cambi<br />

di velocità, proprietà reologiche dei materiali coinvolti<br />

nella deformazione, pressioni interstiziali e variazioni <strong>nelle</strong><br />

caratteristiche morfologiche <strong>della</strong> scarpata e del substrato.<br />

La complessa interazione tra queste variabili spiega perché<br />

ogni singolo orizzonte di slump sia unico nel suo stile e solo<br />

simile ad altri, a parità di materiali coinvolti e di dimensioni.<br />

Per analogia con le opere d’arte gli slumps non sono delle<br />

“litografi e” ma pezzi unici fi rmati dallo stesso “autore”.<br />

Gli slumping sottomarini sono ritenuti una parte del continuo<br />

dei processi di trasporto indotti dalla gravità, lungo le<br />

scarpate e <strong>nelle</strong> aree di transizione al bacino, in cui un tipo di<br />

trasporto può evolvere e trasformarsi in numerosi altri tipi di<br />

fl ussi gravitativi (es. Hampton, 1972; Nemec, 1990; Mulder<br />

& Alexander, 2001; Dasgupta, 2003).<br />

Infatti, molti autori ritengono che numerose torbiditi<br />

possano originarsi da degli slump precursori che si trasformano<br />

in debris fl ows e successivamente in correnti di torbida<br />

(Hampton, 1972; Piper et al., 1999; Strachan, 2008 e<br />

numerosi altri).<br />

Meccanismi d’innesco<br />

Le deformazioni nei sedimenti inconsolidati e saturi<br />

come gli slumps avvengono in seguito a due processi fondamentali<br />

(Owen, 1987): un sistema di forze agenti che “guida”<br />

e rende visibile la deformazione nel record geologico<br />

(driving force system) ed un meccanismo di innesco (trigger<br />

mechanism). Negli slump il driving force system è univoco<br />

ed è connesso alla presenza di un pendio e quindi alla componente<br />

<strong>della</strong> forza peso lungo lo stesso (gravitational body<br />

force di Owen, 1987).<br />

I meccanismi di innesco delle deformazioni nei sedimenti<br />

inconsolidati sono rappresentati da quei processi che sono<br />

in grado di diminuire o annullare la resistenza al taglio dei<br />

sedimenti coinvolti (tipicamente rappresentati da processi<br />

di liquefazione e/o fl uidifi cazione). I meccanismi di innesco<br />

degli slump sono stati analizzati in letteratura da molti autori,<br />

ma la natura del processo di slumping implica episodi<br />

più o meno estesi di “risedimentazione” e stabilire la causa<br />

di innesco in questi casi può risultare quantomai complesso.<br />

In generale, l’instabilità di un pendio sottomarino è connessa<br />

sia a processi “interni” all’ambiente sedimentario (autogenic<br />

triggers di Owen & Moretti, 2011) che a processi<br />

“esterni” (allogenic triggers di Owen & Moretti, 2011).<br />

I meccanismi interni di innesco sono legati essenzialmente<br />

ai processi sedimentari ed al superamento dell’angolo di<br />

attrito interno del materiale; tale evenienza sarà connessa<br />

alla natura del pendio (gradiente ed estensione areale dello<br />

stesso) e ai caratteri dei processi sedimentari ed erosivi attivi<br />

nell’ambiente di sedimentazione (tasso di sedimentazione,<br />

caratteri strutturali e tessiturali dei depositi, eventuale pre-<br />

Geoitalia 36, 2011 49

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