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Un discorso epistemologico sulla complessità nelle Scienze della

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Orologi chimici<br />

Il <strong>discorso</strong> va gradatamente più in là quando si osserva il<br />

comportamento di certe reazioni chimiche. Anche qui, sempre<br />

in condizioni lontane dall’equilibrio, oltre certe soglie<br />

critiche di instabilità chimica si osservano comportamenti<br />

totalmente inaspettati, che vanno oltre la semplice autoorganizzazione.<br />

Si pensi ad esempio ai cosiddetti “orologi<br />

chimici’’: semplici reazioni spesso auto catalizzate (nel senso<br />

che il prodotto di una reazione chimica è coinvolto nella<br />

sua propria sintesi), che evolvono verso uno stato stazionario<br />

stabile fi nché non venga superato un certo valore-soglia<br />

<strong>della</strong> concentrazione di uno dei componenti, nel qual caso lo<br />

stato stazionario diviene un fuoco instabile ed il sistema lo<br />

abbandona per dirigersi verso un ciclo-limite. Invece di rimanere<br />

stazionarie in un nuovo equilibrio, le concentrazioni<br />

dei componenti principali cominciano ad oscillare con un<br />

periodo di oscillazione ben defi nito.<br />

Il comportamento periodico adottato dal sistema è stabile,<br />

è un vero orologio chimico.<br />

Supponiamo, come esemplifi cano Prigogine e Stengers<br />

(1981), di avere due tipi di molecole coinvolte in un recipiente<br />

nella reazione, “rosse” e “blu’’.A causa del moto caotico<br />

delle molecole, ci aspetteremmo che in un dato momento<br />

ci possano essere più molecole rosse in una parte del<br />

recipiente, per esempio quella di sinistra. Ma poco dopo<br />

compariranno più molecole blu, e così via. Il recipiente dovrebbe<br />

sembrarci “violetto’’ con lampi irregolari di rosso o<br />

di blu. Ma questo non succede con un orologio chimico; il<br />

sistema è tutto blu, poi improvvisamente il suo colore diventa<br />

rosso, poi ancora blu. E tutti questi cambiamenti avvengono<br />

ad intervalli di tempo regolari: siamo di fronte ad un<br />

processo coerente.<br />

Questo sembra incredibile ed infatti, se gli orologi chimici<br />

non fossero stati effettivamente osservati, nessuno ci<br />

crederebbe. Per cambiare colore tutte in una volta le molecole<br />

hanno bisogno di comunicare. Il sistema deve agire<br />

come un tutto. Siamo qui in presenza di uno dei più semplici<br />

meccanismi chimici di comunicazione.<br />

Ad un livello un po’ più elevato possiamo collocare la<br />

recente realizzazione da parte dei chimici di sequenze relazionali<br />

“spontanee’’, che conducono da sistemi semplici a<br />

sistemi complessi attraverso la catalisi di coordinazione e<br />

soprattutto attraverso l’autoassemblaggio, che presuppone<br />

un elevato grado di riconoscimento molecolare, e la trasmissione<br />

di informazioni estremamente dettagliate e specifi<br />

che per costruire e poi replicare le molecole organiche (si<br />

veda ad esempio Chiusoli, 1995).<br />

Innumerevoli meccanismi chimici di questo tipo, sempre<br />

più complicati, caratterizzano infi ne i processi di comunicazione<br />

chimica ben noti ai biologi e ai neurofi siologi, e fanno<br />

già parte in modo essenziale dell’insieme di proprietà che<br />

defi niscono la vita.<br />

Processi irreversibili<br />

Ma torniamo al <strong>discorso</strong> di fondo. Sembra evidente che,<br />

indipendentemente dal campo in cui un sistema sta operando,<br />

e ben prima di giungere ai livelli biologici, non appena<br />

ci si sposta dallo stato di equilibrio a condizioni lontane da<br />

esso, entrano in gioco in modo sempre più decisivo i processi<br />

irreversibili, che sembrano costituire la base di molti<br />

processi di organizzazione spontanea e di comunicazione.<br />

Quanto più il sistema si sposta dallo stato di equilibrio, tanto<br />

più si sposta dal ripetitivo e dall’universale verso lo specifi<br />

co e l’unico.<br />

In termini antropomorfi ci, in condizioni di lontananza<br />

dall’equilibrio la materia comincia ad essere capace di percepire<br />

differenze nel mondo esterno, scambia messaggi, si<br />

auto-organizza, può reagire con grandi effetti a piccole cause,<br />

può trovarsi di fronte a biforcazioni: una piccola fl uttuazione<br />

potrà allora dare inizio ad una nuova evoluzione che<br />

cambierà drasticamente l’intero comportamento del sistema<br />

macroscopico.<br />

Possiamo resistere alla tentazione di estendere il <strong>discorso</strong><br />

a tutto il cosmo, ben lontano dall’equilibrio nel suo complesso,<br />

o addirittura ai sistemi sociali, alla storia umana?<br />

Noi ci dovremmo invece chiedere, a questo punto, se non<br />

esistano gradi diversi di <strong>complessità</strong>, e quali siano i parametri-base<br />

per defi nirli. Senza addentrarci troppo in disquisizioni<br />

fi losofi che o nominalistiche, il comportamento del<br />

Sistema Terra, tanto per entrare nel vivo <strong>della</strong> nostra discussione,<br />

ha degli aspetti tali da richiamare i concetti-base <strong>della</strong><br />

<strong>complessità</strong>, così come sono emersi fi nora?<br />

Informazione mancante o proprietà intrinseca<br />

Nel dibattito tra chi sosteneva che la <strong>complessità</strong> di un<br />

sistema fosse solo l’informazione mancante sul suo funzionamento,<br />

e chi invece la riteneva un elemento essenziale,<br />

una proprietà intrinseca che non scompare anche quando il<br />

funzionamento del sistema può essere ricostruito completamente<br />

a partire dai suoi elementi semplici, i geologi non<br />

presero posizione. Erano semplicemente assenti.<br />

Nel 1996 si è tenuto a Santa Fe (New Mexico) il primo<br />

congresso internazionale sui sistemi complessi <strong>nelle</strong> <strong>Scienze</strong><br />

<strong>della</strong> Terra, ma fi no a quindici-venti anni prima la cosa<br />

sarebbe apparsa incomprensibile. Era come se il problema<br />

non interessasse più di tanto, che riguardasse altri, mentre<br />

l’approccio riduzionista continuava a dominare sia nella formazione<br />

del geologo che <strong>nelle</strong> metodologie di studio, un po’<br />

in tutto il mondo.<br />

E così lo stesso dibattito su Gaia, che in qualche modo<br />

appassionò una gran parte del mondo scientifi co, non trovò<br />

grande eco proprio tra i più diretti interessati, gli studiosi<br />

<strong>della</strong> Terra. Né il nascente dibattito sul costruttivismo attirò<br />

più di una occhiata distratta.<br />

Era invece giunto il momento in cui, svanite le antiche<br />

Geoitalia 36, 2011 9

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