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mi disse di prepararmi, perché sarebbero potuti venire a prendermi da un momento<br />

all’altro: Fidel e i suoi uomini non avvisavano mai, piombavano all’improvviso. Così rimasi<br />

ben tre giorni chiuso in casa, senza mai uscire, aspettando il loro arrivo. Avevo preparato<br />

macchine fotografiche e pellicole. Pensavo che a Santiago, Fidel – visto che c’era anche<br />

García Márquez – volesse farci vedere i sentieri dove era nata la Rivoluzione. Così preparai<br />

anche gli scarponi e indumenti adatti per andare sulla Sierra. Ero vestito da guerrigliero.<br />

Dopo tre giorni mi vennero a prendere con un’Alfa Romeo. Andammo all’aeroporto, dove le<br />

macchine fotografiche furono controllate e prese in consegna. Salii sulla scaletta di un<br />

enorme aereo e mi fermai nella p<strong>art</strong>e anteriore, una sorta di first class, dove c’era già il<br />

vicepresidente, accanto al quale presi posto, visto che era quello con cui avevo maggiore<br />

confidenza. Arrivarono altre persone, tra cui lo scrittore colombiano e, per ultimo, Fidel.<br />

Ancora non avevo capito la destinazione, solo quando il Comandante chiese ad un’hostess<br />

di informarsi dal pilota sull’orario dell’arrivo, intuii che non saremo scesi a Santiago.<br />

Questo lo racconta anche García Márquez nel testo di Cuba Mi Amor, quando parla di me,<br />

ovvero del “fotografo con la faccia da rumbero” e dello scherzo che gli fece Fidel. Altro che<br />

scherzo! Era un viaggio segreto in Nicaragua anche piuttosto pericoloso, perché<br />

attraversavamo lo spazio aereo americano.<br />

M. De L.) Tra le tue passioni c’è anche la cucina. Racconta l’<strong>art</strong>ista americano<br />

Jack Sal, che alla fine degli anni ’80 insieme a Bruno Corà ha visitato il tuo studio<br />

(allora era a Chelsea, sulla 23th Street e la 10th Avenue), di essere rimasto<br />

colpito dal grande tavolo di legno su cui era poggiata un’affettatrice. Sembra che<br />

il leitmotiv della conversazione fosse il cibo: la difficoltà di trovare il prosciutto<br />

crudo, essendone all’epoca proibita l’importazione.<br />

G. G.) Un’affettatrice Berkel per l’esattezza. Quel tavolone ce l’ho ancora, anche se adesso<br />

vivo ad Harlem. Facciamo sempre cene e molte cose le porto dall’Abruzzo, anche se ora si<br />

trovano molti prodotti italiani. Ho cominciato a cucinare per necessità, perché il cibo era<br />

così schifoso che dovevo cucinarlo da me. E poi è divertente cucinare. Mi ricordo le ricette<br />

che preparava mia nonna o mia zia. Adesso è mia figlia che le cucina. A me piace<br />

soprattutto fare i sughi e le minestre di verdura.<br />

Immagini:<br />

Gianfranco Gorgoni – Basquiat- Courtesy The Artist<br />

Gianfranco Gorgoni – Robert Smithson, Spiral Jetty- Courtesy The Artist e Photology<br />

Gianfranco Gorgoni – Robert Smithson, Spiral Jetty – Courtesy The Artist e<br />

Photology<br />

Gianfranco Gorgoni – Robert Smithson, Spiral Jetty- Courtesy The Artist e Photology<br />

Gianfranco Gorgoni – Christo a Miami- Courtesy The Artist<br />

Gianfranco Gorgoni, Bruce Neuman- Courtesy The Artist<br />

Gianfranco Gorgoni, Roma (foto Manuela De Leonardis)<br />

Commenti a: "Gianfranco Gorgoni: fotografie di<br />

una storia (dell’<strong>art</strong>e): Intervista | di Manuela De<br />

Leonardis"<br />

#1 Commento: di paolo buggiani il 7 giugno 2010<br />

grazie manuela per la tua fotografica intervista . mentre la leggevo ,<br />

scorrevano davanti a i miei occhi immagini e ricordi degli anni ’80, vissute in<br />

soho ( allora centro dell’<strong>art</strong>e) e a due passi dal l<strong>of</strong>t di gianfranco.<br />

#2 Commento: di Pr<strong>of</strong>. Richard Ingersoll il 20 febbraio 2012

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