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New York e Dubai. Tra il 2000 e il 2007, la casa d’aste Saffron, la più importante in India,<br />

ha aumentato del 15% il suo giro d’affari. Il record di stima per un’opera moderna è stato<br />

raggiunto nel 2007, con l’acrilico su tela La Terre (1985) di Syed Haider Raza[2], battuto<br />

da Christie’s a Londra, per 914.375 euro.<br />

Anche se Syde Haider Raza è tra i fondatori, nel 1948, del manifesto del Bombay<br />

Progressive Artist’s Group[3], dal 1950 opera in Francia, dove si è trasferito per<br />

frequentare l’Ecole Nationale des Beaux-Arts. Le sue opere, saldamente legate alla pittura,<br />

si muovono tra espressionismo, tantrismo e <strong>cult</strong>ura vedica, che rielabora in chiave<br />

concettuale.<br />

A questo proposito, dice Syde Haider Raza:<br />

Pensavo, sono nato in India, ho una visione diversa da quella occidentale; dovrei<br />

amalgamare ciò che ho appreso in Francia a concetti indiani. In questo periodo mi recai in<br />

India ogni anno per studiarne la filos<strong>of</strong>ia, l’iconografia, i diagrammi magici (yantras), e<br />

l’antica <strong>art</strong>e, in p<strong>art</strong>icolare quella hindu, buddhista e giainista. Fui colpito dai dipinti di<br />

Basholi, Mlwa e Mewar, e iniziai a combinare i colori in modo che evocassero le miniat<strong>ure</strong><br />

indiane.[4]<br />

Lo stesso anno, è stato acquistato a 476.795 euro, Mass Marriage (2003), acrilico su tela<br />

del contemporaneo N.S. Harsha[5], un’opera seriale e cross disciplinare, che nasce da<br />

un’analisi della ibridazioni tra il ricchissimo patrimonio <strong>cult</strong>urale autoctono e i simboli<br />

<strong>cult</strong>urali del melting pot postmoderno della <strong>cult</strong>ura globalizzata. Il quadro riprende abitanti<br />

dei villaggi che posano per una fotografia davanti ad un fondale dipinto che rappresenta la<br />

Torre di Pisa.<br />

Negli ultimi due anni, i siti e le pagine dedicate in rete all’<strong>art</strong>e moderna e contemporanea<br />

indiana si sono centuplicati. Anche il numero delle gallerie specializzate in <strong>art</strong>e<br />

contemporanea indiana è sempre più in espansione e fa riflettere su come si sta<br />

organizzando il mercato oggi.<br />

A New York, nel qu<strong>art</strong>iere bohémien chic di Chelsea, sita all’11° piano del 508 West, 26°<br />

Strada, la Bose Pacia è stata inaugurata nel 1994 con la mostra Beyond India. Ancora<br />

oggi, la galleria si dedica esclusivamente e con successo all’<strong>art</strong>e contemporanea indiana.<br />

Sono un riferimento per il contemporaneo indiano, la Queens Mansions Gallery in Prescott<br />

Road (G.Talwatkar Marg Fort, Bombay) e il Cima (Centre <strong>of</strong> International Modern Art, di<br />

New Delhi), creata e diretta da Rakhi Sarkar,[6]<br />

A Bombay, la Sakshi Gallery rappresenta, tra gli altri, Nalini Malani e Ranbir Kaleka; la<br />

Chemould Gallery, aperta nel 1963 da Kekoo e Khorsed Gandy, ma diretta dal 1988 da<br />

Shireen Gandy, ha il merito di aver scoperto Subodh Gupta.<br />

Oltre la pittura e la s<strong>cult</strong>ura, dagli anni ’90, alcune gallerie specializzate in <strong>art</strong>e<br />

contemporanea indiana, decidono di espandere la propria area d’interesse accogliere<br />

opere di <strong>art</strong>e transmediale. Si tratta, ad esempio, di Nat<strong>ure</strong> Morte di New Delhi (fondata<br />

nel 1992 da Peter Nagy) e delle sue p<strong>art</strong>ner Bose Pacia Gallery di Kolkata e New York. Ciò<br />

coincide con la decisione di <strong>art</strong>isti come Shilpa Gupta e Navjot Altaf di utilizzare i nuovi<br />

media, video e internet, ibridandoli tra loro e introducendo tecniche interattive. Che il<br />

mercato sia pronto anche per altre tecniche, oltre quelle tradizionali, si vede dal fatto che,<br />

ad esempio, le installazioni di Anita Dude sono quotate dai 25.000 ai 100.000 euro e<br />

quelle di Shilpa Gupta, tra i 20.000 e gli 80.000 euro. Cifre molto alte, soprattutto se si<br />

considera il fatto che le opere interattive si completano solo attraverso la p<strong>art</strong>ecipazione<br />

del pubblico, che collabora attivamente al processo di creazione di significato. Sono perciò<br />

opere “incomplete” e, per questo, almeno apparentemente, difficilmente collocabili. A<br />

quanto pare, in India si è formato un vero e proprio sistema <strong>art</strong>istico, con un collezionismo<br />

autoctono che ha la competenza e/o l’arroganza per fidarsi di gallerie private.<br />

Nonostante il crollo delle borse, il libero mercato continuerà ad esistere anche nell’ambito<br />

dell’<strong>art</strong>e ed i Paesi più predisposti all’espansione e con maggiori capacità di far conoscere

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