Repubblica… Articolo pubblicato su <strong>art</strong> a p<strong>art</strong> <strong>of</strong> <strong>cult</strong>(<strong>ure</strong>): http://www.<strong>art</strong>ap<strong>art</strong><strong>of</strong><strong>cult</strong><strong>ure</strong>.net Copyright © 2012 <strong>art</strong> a p<strong>art</strong> <strong>of</strong> <strong>cult</strong>(<strong>ure</strong>).
Steven Heller. Design Intervention / Design <strong>of</strong> Dissent | di Emmanuele Pilia di Emmanuele Pilia 13 giugno 2010 In appr<strong>of</strong>ondimenti,architettura design grafica,convegni & workshop | 1.507 lettori | 4 Comments Ernst Gombrich, nel suo Art as illusion, pone un impegno titanico per tentare di rispondere all’ambigua domanda: perché esiste quello che chiamiamo stile? Una domanda semplice, ma che implica un’ermeneutica tra storia dell’<strong>art</strong>e, percezione e psicologia della rappresentazione condotta con lo scopo di indagare i problemi dell’interpretazione e della rappresentazione, senza indugiare nell’applicazione rigorosa di allora contemporanee scoperte scientifiche. Quindi anni dopo, nel 1972, Robert Venturi, con la collaborazione di Denise Scott Brown e di Steven Izenour, portano alla stampa Learning from Las Vegas. In questo testo, tra la trascrizione di un’esperienza e l’altra, viene elaborata una nozione allora considerata come eretica: ogni elemento architettonico, dai grandi Casinò alle insegne luminose dei Motel, è un segno e quindi porta con sé un’infinità di significati che ognuno è più o meno in grado di leggere, aprendo così all’idea che gli stimoli che ognuno di noi coglie da un contesto urbano sono ben più di quelli di cui siamo coscienti. Più recentemente, David Freedberg pubblicherà Il potere delle immagini, un accurato testo critico teso ad indagare quelle “reazioni emotive suscitate da un certo tipo di immagini, spesso trascurate dagli storici dell’<strong>art</strong>e poiché ritenute troppo popolari, e quindi prive di valore estetico”. Immagini come quelle esposte nei c<strong>art</strong>elloni pubblicitari, nei fotogrammi delle trasmissioni televisive, ma anche negli ex-voto opp<strong>ure</strong> nei luoghi di pellegrinaggio, proprio per la loro capacità di colpire l’immaginario di chi le guarda, assumono un proprio autonomo rilievo <strong>cult</strong>urale, in maniera non dissimile, ed anzi forse con maggiore energie, rispetto alle immagini delle <strong>art</strong>i maggiori. In tutti questi testi emerge una sensibilità critica del tutto rinnovata nei confronti delle immagini, delle quali, ormai studiate per quel che sono e non per la propria genealogia, è finalmente possibile riconoscere l’impatto su chi sbadatamente le fruisce. La conferenza di Steven Heller, Design Intervention / Design <strong>of</strong> Dissent, tenutasi al Palazzo delle Esposizioni di Roma il 9 Giugno, si presenta come un’interessante chiosa ai tre (ma si potrebbe continuare per parecchie pagine) contributi elencati. «Una conferenza – come suggerisce il comunicato stampa – sui linguaggi e le forme della propaganda e sul ruolo ricoperto, nel corso della storia, da designer e <strong>art</strong>isti. Un’indagine sugli stili e i metodi usati per convincere e manipolare l’opinione pubblica, sul potere persuasivo di manifesti, loghi, icone e brani musicali, tra propaganda, parodia e reportage». Dopotutto questo è un tema con cui i designer si scontrano nella quotidianità pr<strong>of</strong>essionale, ed aver la possibilità di ascoltare uno dei più affermati critici del settore non può che suscitare alte aspettative. Steven Heller è infatti co-titolare del programma Designer as Author del Master <strong>of</strong> Fine
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