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47 - Medicina e Chirurgia

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implichi la soluzione di problemi tecnici di speciale<br />

difficoltà, in quanto in quest’ultimo caso egli è tenuto<br />

al risarcimento dei danni unicamente per dolo o per<br />

colpa grave (art. 2236 cod. civile); ancora più concretamente<br />

ed esemplificativamente concludevamo affermando<br />

che l’onere della prova si ripartisce tra attore e<br />

convenuto a seconda della natura dell’intervento effettuato,<br />

e precisamente: a) nel caso di intervento di difficile<br />

esecuzione, il medico ha l’onere di provare soltanto<br />

la natura complessa dell’operazione, mentre il<br />

paziente ha l’onere di provare quali siano state le<br />

modalità di esecuzione ritenute inidonee; b) nel caso<br />

di intervento di facile o routinaria esecuzione, invece,<br />

il paziente ha il solo onere di provare la natura routinaria<br />

dell’intervento, mentre sarà il medico, se vuole<br />

andare esente da responsabilità, a dover dimostrare<br />

che l’esito negativo non è ascrivibile alla propria negligenza<br />

o imperizia.<br />

Questo stato di fatto cui si era giunti è stato contraddetto<br />

dalla recente giurisprudenza secondo cui il regime<br />

della prova in caso di inadempimento non presenta<br />

differenze determinate dalla complessità dell’intervento;<br />

nel caso della responsabilità professionale, si<br />

pone in capo al paziente esclusivamente l’onere di allegare<br />

l’inadempimento e non di provarlo, con la conseguenza<br />

che spetterà al medico l’onere di provare di<br />

avere esattamente realizzato la prestazione: viene<br />

meno, dunque, ogni differenziazione probatoria tra<br />

intervento di semplice realizzazione e intervento complesso.<br />

Secondo questa giurisprudenza (C. Cass., SSUU,<br />

11.01.08, n. 577), dunque, nel vigente ordinamento<br />

esisterebbe una presunzione di colpa e di causalità che<br />

comporta che sia il medico–debitore che debba provare<br />

che non ha commesso l’errore per mancanza di<br />

colpa o di causalità; anche nelle obbligazioni di mezzi<br />

(quale è sempre stata considerata quella medica), pertanto,<br />

non può dirsi che il debitore assume solo un<br />

obbligo di diligenza ma vi è sempre anche una componente<br />

di risultato. Alla luce di queste considerazioni si<br />

può affermare che è sempre minore la differenza tra le<br />

obbligazioni di mezzi e le obbligazioni di risultato in<br />

quanto anche nelle prime il non adempimento non va<br />

provato dal creditore ma va provato, a discolpa, dal<br />

debitore 2 : si inverte, cioè, l’onere della prova.<br />

2) Rispetto al precedente testo, completamente da<br />

rivedere è l’aspetto inerente il punto 2, relativo alle<br />

possibili conseguenze della condotta lesiva; ciò a<br />

seguito di alcune rilevanti prese di posizione della giurisprudenza.<br />

Fino a pochi anni fa, si riteneva 3 , che<br />

nella astratta previsione dell’art. 2059 del codice civile<br />

dovesse essere compreso:<br />

2 C. Cass., SSUU, 11.01.08, n. 577: “… in ogni obbligazione si richiede la<br />

compresenza sia del comportamento del debitore che del risultato, anche<br />

se in proporzione variabile … il meccanismo di ripartizione dell’onere<br />

della prova … è identico, sia che il creditore agisca per l’adempimento<br />

dell’obbligazione ex art. 1453 c.c., sia che domandi il risarcimento per l’inadempimento<br />

contrattuale, ex art. 1218 c.c. … senza richiamarsi in<br />

alcun modo alla distinzione tra obbligazioni di mezzo e di risultato …”.<br />

3 C. Cost., 11.07.03, n. 223; Cass., SSUU, 12.05.03, nn. 7281, 7283; Cass.,<br />

SSUU, 31.05.03, nn. 8827, 8828; Cass., SSUU, 24.03.06, n. 6572; Cass,.<br />

SSUU, 12.06.06, n. 13546.4<br />

La responsabilità medica<br />

- il danno morale soggettivo, inteso come turbamento<br />

dello stato d’animo;<br />

- il danno biologico, inteso come lesione dell’interesse<br />

all’integrità psico – fisica;<br />

- il danno esistenziale, inteso come danno derivante<br />

dalla lesione di qualunque interesse costituzionalmente<br />

riconosciuto.<br />

Quanto al danno morale, esso era riconoscibile sia<br />

alla vittima primaria che alle vittime secondarie e<br />

aveva natura meramente emotiva e interiore. La sua<br />

liquidazione era ancorata a una percentuale della<br />

liquidazione del danno biologico nel caso di vittima<br />

primaria; nel caso di vittima secondaria era fatta equitativamente.<br />

Quanto al danno biologico, con questo termine si<br />

intendono le lesioni cagionate all’integrità psico –<br />

somatica del soggetto indipendentemente da qualsiasi<br />

ripercussione di carattere patrimoniale.<br />

Quanto al danno esistenziale (figura di recente elaborazione<br />

giuridica), esso si distingueva:<br />

- dal danno patrimoniale perché non comporta una<br />

espressa deminutio patrimoni, ma anzi agisce sulla<br />

sfera areddituale;<br />

- dal danno morale perché non ha natura meramente<br />

emotiva ed interiore ma anzi è obiettivamente accertabile;<br />

- dal danno biologico perché non comporta una<br />

lesione psico – fisica medicalmente accertabile, ma<br />

anzi non è proprio oggettivabile dal punto di vista<br />

medico.<br />

Questa tesi, nonostante gli autorevoli interventi giurisprudenziali<br />

e dottrinali volti a sostenerla, ha subito,<br />

però, recenti critiche a opera di altre pronunce giurisprudenziali.<br />

A fronte dell’indirizzo esistenzialista,<br />

cioè, si sono posti alcuni interventi che, sia pur minoritari,<br />

hanno tenuto acceso il dibattito: la tesi anti-esistenzialista<br />

sostiene che la norma contenuta nell’art.<br />

2059 c.c., a differenza di quella parallela in tema di<br />

illecito patrimoniale (art. 2043 c.c.), non può essere<br />

interpretata quale norma atipica all’interno della quale<br />

far confluire fattispecie diverse di danno non espressamente<br />

riconducibili ai “casi previsti dalla legge”. Questo<br />

contrasto ha indotto la Sezione terza civile della Corte<br />

di Cassazione (ord. 25.02.08, n. <strong>47</strong>12) a proporre un<br />

intervento delle Sezioni Unite volto a fornire definitiva<br />

risposta a una molteplicità di quesiti, così riassumibili<br />

per la parte di interesse del presente intervento:<br />

- se sia identificabile in via generale una autonoma<br />

figura di danno esistenziale che racchiuda in sé tutti i<br />

danni derivanti dalla lesioni di interessi costituzionalmente<br />

garantiti e consistente in qualunque lesione non<br />

patrimoniale diversa dal danno biologico e dal danno<br />

morale, oppure se di questa figura sia rinvenibile l’esistenza<br />

solo in ambito contrattuale.<br />

La risposta non si è fatta attendere e con sentenza del<br />

novembre del 2008 le Sezioni Unite (C. Cass., SSUU,<br />

11.11.08, n. 26972) hanno compiuto una completa<br />

panoramica sulla configurabilità del danno non<br />

patrimoniale e sui requisiti affinché possa essere<br />

riconosciuto:<br />

Med. Chir. <strong>47</strong>, 2064-2067, 2009<br />

2065

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