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47 - Medicina e Chirurgia

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Paolo De Angelis<br />

1. Innanzitutto, la Corte precisa che il danno non<br />

patrimoniale costituisce voce piena e non suddivisibile<br />

in sottocategorie che, ove utilizzate (danno biologico,<br />

danno morale, danno esistenziale, danno estetico,<br />

danno da relazione) non possono che acquisire una<br />

valenza meramente descrittiva.<br />

2. Poi, analizza la figura del danno non patrimoniale<br />

e ribadisce che l’art. 2059 c.c. è strutturato quale<br />

norma di rinvio, che consente, cioè, la riparazione dei<br />

pregiudizi subiti solo in casi predeterminati e sempreché<br />

sussistano gli elementi dell’illecito (condotta lesiva,<br />

pregiudizio, nesso causale tra condotta e pregiudizio,<br />

ingiustizia del danno). Quanto all’identificazione<br />

delle disposizioni cui l’art. 2059 compie rinvio, la Corte<br />

fornisce un elenco non tassativo 4 , premettendo che lo<br />

stesso è sempre integrabile dal Legislatore (mediante<br />

emanazione di disposizioni normative) o dal Giudice<br />

(in considerazione del principio evolutivo espresso dall’art.<br />

2 della Carta Costituzionale che consente di considerare<br />

quali valori costituzionalmente rilevanti gli<br />

interessi come tali identificabili a seconda del momento<br />

storico e sociale concreto in cui si trovi ad adottare<br />

la decisione).<br />

3. Quindi, circa la configurabilità di una autonoma<br />

figura di danno non patrimoniale identificabile come<br />

danno esistenziale, la Corte ha precisato che la sua<br />

genesi era derivata dalla necessità di colmare dei vuoti<br />

di tutela che si sarebbero altrimenti potuti verificare;<br />

vuoti di tutela oramai colmati dalla successiva elaborazione<br />

giurisprudenziale che identifica il danno non<br />

patrimoniale quale figura di danno di pari valore e<br />

dignità rispetto al danno patrimoniale.<br />

Pertanto, alla luce dell’evoluzione giurisprudenziale<br />

sopra riportata, deve concludersi che, allo stato attuale,<br />

il danno non patrimoniale costituisca categoria<br />

unica e onnicomprensiva, risarcibile solo laddove<br />

siano stati lesi interessi costituzionalmente garantiti.<br />

Infine, un brevissimo cenno merita la problematica<br />

inerente alla cd. responsabilità medica in équipe.<br />

Rispetto a questo tipo di responsabilità, la giurisprudenza<br />

era uniforme nel ritenere che ciascuno dei medici<br />

oltre a essere responsabile per la propria condotta (attiva<br />

o omissiva) potesse anche essere ritenuto responsabile<br />

per la condotta degli altri componenti l’équipe, solo<br />

nel caso in cui uno dei medici assuma neo confronti<br />

degli altri un ruolo di direzione o coordinamento<br />

(capo équipe). Solo in questo caso, cioè, taluno identificato<br />

come capo équipe poteva essere ritenuto responsabile<br />

anche per condotte poste in essere o omesse da<br />

parte degli altri medici; laddove non si versi in questa<br />

condizione, in base al principio dell’affidamento, cia-<br />

4 Elencazione comprendente: 1. le ipotesi di reato ex art. 185 c.p.; 2. altre<br />

leggi che espressamente prevedono la risarcibilità del danno non patrimoniale,<br />

quali, ad esempio, le seguenti: art. 2 L. 117/98 (privazione della<br />

libertà personale derivante da funzioni giudiziarie), art. 29 c. 9 L. 675/96<br />

– ora art. 15 D.Lgs. 196/03 (modalità illecite nella raccolta dei dati personali),<br />

art. 44 c. 7 D.Lgs. 286/98 (adozione di atti discriminatori), art. 2 L.<br />

89/01 (mancato rispetto del termine ragionevole di durata del processo);<br />

3. gli interessi costituzionalmente rilevanti espressi nella Carta<br />

Costituzionale, quali: art. 32 (tutela della salute), artt. 2, 29 e 30 (tutela<br />

della famiglia), artt. 2 e 3 (tutela della persona).<br />

2066 Med. Chir. <strong>47</strong>, 2064-2067, 2009<br />

scuno sarebbe responsabile per le azioni o omissioni<br />

compiute non potendosi ritenere incombente su ciascuno<br />

dei medici un più ampio obbligo di diligenza<br />

volto a verificare e sorvegliare l’operato altrui.<br />

Al riguardo, recente giurisprudenza ha precisato che<br />

nell’ambito di un’operazione chirurgica, i ruoli ed i<br />

compiti di ciascun elemento della équipe, possono essere<br />

svolti singolarmente o in équipe; nel primo caso “…<br />

dell’errore o della omissione ne risponde il singolo operatore<br />

che abbia in quel momento la direzione dell’intervento<br />

o l’errore sia riferibile ad una specifica competenza<br />

medica: l’anestesista non potrà certo rispondere<br />

dell’errore del chirurgo, come questi non risponderà di<br />

una inidonea somministrazione di anestetico da parte<br />

del primo. Nel caso, invece, in cui l’attività dell’equipe<br />

è corale, cioè riguarda quelle fasi dell’intervento chirurgico<br />

in cui ognuno esercita il controllo del buon<br />

andamento di esso, non si può addebitare all’uno l’errore<br />

dell’altro e viceversa …”: pertanto, in questo caso,<br />

tutta l’équipe medica è chiamata a rispondere integralmente<br />

dell’attività svolta collegialmente (C. Cass., sez.<br />

IV pen., 21.09.09, n. 36580).<br />

La responsabilità medica penale<br />

Quanto alla responsabilità medica di natura penalistica,<br />

essa può concernere sia la condotta omissiva che<br />

l’erronea diagnosi.<br />

È noto che affinchè possa addebitarsi a taluno una<br />

responsabilità penale, è necessario che ricorrano<br />

determinati presupposti; per sintetizzare al massimo,<br />

può dirsi che taluno ponga in essere una condotta che<br />

si verifichi un evento che il codice penale o altra legge<br />

speciale penale prevedono come reato, che tra la condotta<br />

e l’evento vi sia un nesso causale (ossia, che l’evento<br />

sia conseguenza effettiva di quella specifica condotta).<br />

Molto controverso, nel caso oggetto del presente<br />

scritto, è il tema relativo al nesso di causalità, specificamente<br />

in relazione alla cd. condotta omissiva.<br />

Inizialmente di era ritenuto che affinchè si potesse<br />

individuare un nesso causale fossero sufficienti anche<br />

solo poche possibilità di successo (Cass., IV, 02.05.83,<br />

n. 4320). Successivamente, al fine di non rendere praticamente<br />

impossibile la difesa del medico, si elaborò<br />

un diverso concetto, ritenendosi necessario che l’esistenza<br />

del nesso causale sia riscontrata con un grado<br />

tale di certezza da fondare su basi solide un’affermazione<br />

di responsabilità (Cass., IV, 16.11.93, n. 10437).<br />

Poi, si ancorò il giudizio a criteri scientifici e si distinse<br />

la probabilità statistica (astratta) da quella logica<br />

(concreta) ritenuta, quest’ultima, maggiormente<br />

rispondente a identificare il grado di probabilità del<br />

verificarsi di un determinato evento quale conseguenza<br />

di una specifica condotta (Cass., IV, 09.03.01, n.<br />

9780). Infine, con sentenza a Sezioni Unite, sono stati<br />

individuati specifici criteri affinchè possa dirsi sussistente<br />

il nesso causale tra condotta ed evento: 1) deve<br />

accertarsi che ipotizzandosi compiuta dal medico la<br />

doverosa condotta l’evento non si sarebbe realizzato;<br />

2) questo accertamento va compiuto non sulla base di

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