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2006B021RapportoFinale - IReR

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Individuazione dei benefici<br />

diretti ed indiretti dell’attuazione del<br />

Progetto regionale ‘10.000 ettari<br />

di nuovi sistemi verdi’<br />

Codice <strong>IReR</strong>: 2006B021<br />

Project leader: Alessandro Colombo<br />

Assistente al coordinamento: Marina Riva<br />

Rapporto finale<br />

Milano, aprile 2008


La ricerca è stata affidata all’<strong>IReR</strong> nell’ambito del Piano ricerche strategiche 2006<br />

Responsabile di progetto: Alessandro Colombo, responsabile di progetto <strong>IReR</strong><br />

Assistente al coordinamento: Marina Riva, referente di ricerca <strong>IReR</strong><br />

Gruppo di lavoro tecnico: Paolo Lassini, responsabile regionale del progetto di<br />

ricerca; Roberto Carovigno, Francesco Monzani, D.G. Agricoltura, U.O. Sviluppo<br />

e Tutela del Territorio Rurale e Montano; Roberto Cerretti, D.G. Reti Servizi di<br />

Pubblica Utilità e Sviluppo Sostenibile, U.O. Regolazione Mercato e<br />

Programmazione<br />

Gruppo di ricerca: Roberto Zoboli, responsabile scientifico, dirigente di ricerca<br />

CERIS-CNR, Istituto di ricerca sull’impresa e lo sviluppo, sede di Milano; Davide<br />

Pettenella, Daria Maso, Massimiliano Mazzanti, Anna Montini e Stefania<br />

Scipioni, collaboratori CERIS-CNR; Paolo Pileri, Marta Maggi, Dipartimento di<br />

Architettura e Pianificazione, Politecnico di Milano


Indice<br />

Premessa 7<br />

Capitolo 1<br />

Risultati principali e stime dei benefici dei 10.000 ha di ‘sistemi verdi’ 11<br />

1.1. Introduzione 11<br />

1.2. Una selezione dei dati e valori monetari emergenti dalle analisi 13<br />

1.2.1. Funzione di assorbimento di CO2 13<br />

1.2.2. Funzione turistico-ricreativa 14<br />

1.2.3. Funzione di produzione di biomassa legnosa per il mercato 15<br />

1.2.4. Prodotti non legnosi, funzione idraulica 15<br />

1.2.5. Effetti foreste urbane sul valori degli immobili 16<br />

1.2.6. Assorbimento di lavoro 16<br />

1.2.7. Reddito per gli agricoltori 17<br />

1.2.8. Stime di valore economico totale (VET) e funzioni multiple<br />

combinate<br />

17<br />

1.3. Uno schema di analisi delle compatibilità funzionali 18<br />

1.4. Stime dei benefici attraverso gli scenari di cambiamento delle<br />

coperture e aumento degli indicatori ecologici<br />

22<br />

1.4.1. Gli scenari di cambiamento delle coperture e gli indicatori<br />

ecologici<br />

22<br />

1.4.2. Dai cambiamenti di copertura e valore ecologico ai benefici<br />

economici<br />

23<br />

1.4.3. Una stima dei benefici economici nei due scenari 26<br />

Capitolo 2<br />

Indicatori ecologici per la valutazione dei benefici connessi alla<br />

realizzazione di 10000 ha di sistemi verdi 31<br />

2.1. Introduzione 31<br />

2.2. Metodologia 32<br />

2.2.1. Individuazione dei sistemi verdi 32<br />

2.2.2. Individuazione dei sistemi territoriali di riferimento 32<br />

2.2.3. Declinazione dei sistemi verdi in funzione dei diversi sistemi<br />

territoriali<br />

34<br />

2.2.4. Definizione dei principali obiettivi ecologici raggiungibili<br />

mediante i sistemi verdi<br />

35<br />

2.2.5. Scelta di alcuni indicatori per descrivere gli obiettivi ecologici<br />

specifici dei diversi sistemi territoriali<br />

36<br />

2.3. La valutazione ecologica degli scenari ambientali 41<br />

2.3.1. Coperture del suolo e realizzazione di sistemi verdi 42<br />

2.3.2. Lo scenario ecologico 1: fasce boscate riparali, fasce a prato e<br />

boscate attorno alle cave di pianura, realizzazione di siepi e filari in<br />

aree periurbane<br />

44


2.3.3. Lo scenario ecologico 2: aumento della densità agroforestale 49<br />

nelle aree agricole<br />

2.3.4. La valutazione delle prestazioni ecologiche nei diversi scenari: 51<br />

analisi relativa all’ambito territoriale pianura agricola<br />

2.3.5. La valutazione delle prestazioni ecologiche nei diversi scenari: 54<br />

analisi per valli fluviali<br />

2.3.6. La valutazione delle prestazioni ecologiche nei diversi scenari: 57<br />

analisi per aree periurbane<br />

2.3.7. La Valutazione delle prestazioni ecologiche nei diversi scenari:<br />

analisi per provincia 60<br />

2.4. Note conclusive 64<br />

Capitolo 3<br />

Stime del valore economico di alcune funzioni delle foreste: aspetti<br />

metodologici 65<br />

3.1. Valutare la foresta e le diverse funzioni forestali 65<br />

3.2. Metodi di stima del valore economico delle risorse naturali con 67<br />

particolare riferimento a quelli utilizzati in contesti forestali<br />

3.2.1. Tecniche di valutazione secondo il metodo dei legami fisici 69<br />

3.2.2. Tecniche di valutazione secondo il metodo dei legami<br />

comportamentali 70<br />

3.3. Alcune considerazioni sul “trasferimento del beneficio” 81<br />

3.3.1. Potenziali errori e validità dei trasferimenti del beneficio 84<br />

3.3.2. Database di studi/lavori di ricerca disponibili per il<br />

trasferimento del beneficio 86<br />

3.4. Le procedure di sconto dei costi e benefici futuri nelle analisi di<br />

valutazione: una disamina critica della teoria economica e linee<br />

guida per le applicazioni 86<br />

3.4.1. Il tasso di sconto sociale: teoria economica e prassi empirica 89<br />

3.4.2. La dinamica del tasso di sconto: del breve al lungo periodo 94<br />

3.4.3. Cenni conclusivi 98<br />

Capitolo 4<br />

Risultati delle valutazioni empiriche su ‘valore economico totale’<br />

funzioni ricreative, prodotti non legnosi,‘amenity values’, valori di<br />

“non uso” 101<br />

4.1. Stime del valore economico totale (VET) e funzioni multiple<br />

combinate<br />

4.2. Funzione turistico-ricreativa 107<br />

4.3. Prodotti non legnosi del sottobosco, altri prodotti/servizi (pascolo,<br />

caccia, fauna selvatica) e servizi eco-sistemici 112<br />

4.4. Effetti delle foreste sul valore degli immobili (“amenity value” delle<br />

foreste urbane) 115<br />

4.5. Valori di non uso: conservazione, biodiversità ed opzione 119<br />

4<br />

101


Capitolo 5<br />

Benefici economici derivanti dalla funzione di assorbimento della CO2 125<br />

5.1. Inquadramento teorico 125<br />

5.2. Il mercato delle quote 126<br />

5.2.1. I Prezzi delle quote 127<br />

5.3. Quantificazione del carbonio sequestrato 132<br />

5.3.1. Linee guida 132<br />

5.3.2. Software per la stima del carbonio assorbito<br />

5.4. Andamento generale dell’assorbimento di carbonio nei diversi sink e<br />

139<br />

pool 144<br />

5.5. Analisi della letteratura 147<br />

5.5.1. Italia 147<br />

5.5.2. Francia 149<br />

5.5.3. Germania 150<br />

5.5.4. Inghilterra 150<br />

5.5.5. Irlanda del Nord 151<br />

5.5.6. Stati Uniti 151<br />

5.6. Considerazioni finali 152<br />

Caspitolo 6<br />

Benefici economici derivanti da opportunità occupazionali 155<br />

6.1. Introduzione: caratteristiche del servizio e metodologie di stima 155<br />

6.2. Metodologie di stima 157<br />

6.2.1. Metodologia basata sul calcolo dei Full Time Equivalent 158<br />

6.2.2. Metodologia basata sulle informazioni reperibili in letteratura 170<br />

6.2.3. Metodologia basata su criteri e indicatori<br />

relativiall’occupazione<br />

175<br />

6.3. Considerazioni finali 177<br />

Capitolo 7<br />

Nuove opportunità di reddito per gli agricoltori 179<br />

7.1. Introduzione 179<br />

7.2. Variazione del reddito dell’agricoltura a seguito della realizzazione<br />

dei ‘sistemi verdi’ 181<br />

7.2.1. Variazioni del reddito degli agricoltori nei terreni su cui<br />

saranno realizzati i sistemi verdi 181<br />

7.2.2 Efetti indotti sul reddito degli agricoltori nei terreni limitrofi 190<br />

7.3. Considerazioni finali 196<br />

Capitolo 8<br />

Benefici per l’energia e l’industria 197<br />

8.1. Introduzione 197<br />

8.1.1. La filiera legno-mobile 198<br />

8.1.2. La filiera legno-energia 199<br />

8.2. Biomassa energia 200<br />

8.2.1. Tipi di biomassa 200<br />

5


8.2.2. Sistemi di produzione di energia da biomassa legnosa 205<br />

8.2.3. Tipi di filiera legno-energia per le imprese agro-forestali 207<br />

8.3. Biomassa: disponibilità, consumo, produzione 207<br />

8.3.1. Aspetti economici relativi al mercato delle biomasse 210<br />

8.4. Casi di studio dalla letteratura 214<br />

8.4.1. Caso di studio relativo a un’azienda della Pianura Padana 215<br />

8.4.2. Caso di studio relativo alla produzione di biomassea legnosa<br />

a fini energetici in aziende agricole della provincia di Padova 216<br />

8.4.3. Calcolo teorico della superficie forestale necessaria per<br />

riscaldare un edificio 220<br />

8.5. Conclusioni 221<br />

Bibliografia 223<br />

Appendice 237<br />

6


Premessa<br />

La Regione Lombardia, D.G. Agricoltura, ha avviato la realizzazione del Progetto<br />

regionale ‘10.000 ettari di nuovi sistemi verdi’ che dovrebbe compiersi, nelle sue<br />

componenti fondamentali, nel corso della VIII° legislatura. Il progetto mira alla<br />

realizzazione di una ‘infrastruttura forestale’ fortemente caratterizzata in senso<br />

multifunzionale, in linea con le più avanzate concezioni degli investimenti e<br />

gestioni forestali nelle realtà di sviluppo socio-economico avanzato, e con<br />

obiettivi generali di riqualificazione ambientale, ecologica, faunistica, ricreativa,<br />

economica, sociale del territorio lombardo, anche in relazione alle dinamiche<br />

attuali ed attese dell’agricoltura e degli assetti urbanistici.<br />

Il compito che la D.G. Agricoltura ha chiesto ad <strong>IReR</strong> di svolgere si caratterizza<br />

come specifico e parallelo al processo progettuale complessivo, in quanto ha lo<br />

scopo di fornire elementi valutativi, essenzialmente di tipo socio-economico, sui<br />

benefici attesi dal ‘Progetto 10.000 ha’<br />

La ricerca <strong>IReR</strong> ha l’obiettivo specifico di fornire valutazioni ex ante dei possibili<br />

benefici di tipo economico e sociale associati ad un sotto-insieme della diverse<br />

funzioni svolte dagli investimenti forestali di cui si prefigura la realizzazione nel<br />

‘Progetto 10.000 ha’. In particolare, la valutazione si indirizza, sulla base di<br />

un’analisi preliminare della letteratura sulla valutazione socio-economica delle<br />

foreste, ad alcune delle tipologie funzionali e di beneficio definite nei documenti<br />

progettuali disponibili:<br />

(a) variazione degli indicatori di valore ecologico in base a diverse ipotesi e<br />

scenari di intervento;<br />

(b) assorbimento di inquinanti, in particolare gas serra anche in relazione alle<br />

politiche dei Carbon Sink e crediti di carbonio collegate all’attuazione del<br />

Protocollo di Kyoto;<br />

(c) effetti occupazionali del progetto e delle successiva gestione<br />

dell’infrastruttura forestale;<br />

(d) miglioramento della qualità della vita, della fruizione degli ambienti<br />

naturali per il tempo libero e qualità del paesaggio rurale ed urbano;<br />

(e) riqualificazione dei sistemi insediativi periurbani, e miglioramento della<br />

loro fruibilità, riqualificazione del patrimonio di edilizia rurale;


(f) creazione di nuove opportunità di reddito agricolo, per agricolture<br />

multifunzionali;<br />

(g) produzione di materie prime per l’energia e l’industria nel medio e lungo<br />

periodo con una gestione forestale sostenibile.<br />

La ricerca <strong>IReR</strong> si indirizza soltanto alla valutazione dei benefici di tali funzioni.<br />

Non entra invece nella determinazione o nell’esame dei costi di realizzazione del<br />

‘Progetto 10.000 ha’. Di conseguenza, la ricerca non ha l’obiettivo di realizzare<br />

un’analisi costi-benefici degli investimenti previsti, né comprende indagini<br />

valutative dirette su foreste esistenti ‘assimilabili’ a quelle previste dal ‘Progetto<br />

10.000 ha’.<br />

Poiché allo stato progettuale attuale non sono disponibili le indicazioni operative<br />

sul dove effettivamente gli investimenti del ‘Progetto 10.000 ha’ avranno luogo e<br />

quali caratteristiche essi avranno sotto il profilo ecologico e funzionale, non è<br />

possibile svolgere una valutazione socio-economica ‘integrata’ dei diversi<br />

benefici a livello di singola ‘unità forestale’. Vengono invece sviluppate<br />

valutazioni sulle singole tipologie di benefici indicati, ipotizzando che poi le unità<br />

forestali effettive, a seconda delle loro localizzazioni e caratteristiche tecnicoecologiche,<br />

potranno possedere una o più capacità funzionali, e quindi una o più<br />

tipologie di benefici, che si combinano in diverso modo e grado di<br />

specializzazione o despecializzazione.<br />

Per le indicazioni disponibili sembra ipotizzabile che si tratti di:<br />

(h) foreste di pianura, con localizzazione prevalente in fasce fluviali oppure in<br />

aree perturbane, collocate di preferenza su terreni agrari;<br />

(i) foreste funzionalmente complesse, preferibilmente autoctone, con una<br />

prevalenza di funzioni territoriali ed ecologiche, ma con possibilità di<br />

funzioni economiche per l’azienda agraria o per gli enti proprietari/gestori<br />

che vanno dallo sviluppo agri-turistico fino all’utilizzazione legnosa in<br />

turni lunghi con prelevamenti di legname di valore, e con utilizzazione<br />

ottimizzata degli scarti per uso energetico.<br />

Sono pertanto sviluppate, nel Capitolo 2, due simulazioni georeferenziate sulla<br />

possibile configurazione tipologica, territoriale, ecologica dei nuovi sistemi verdi<br />

in Lombardia. Oltre che fornire delle stime sulle variazioni dei valori ecologici<br />

tramite indicatori, tali simulazioni forniscono anche la base per una serie di prime<br />

stime ex ante dei possibili benefici economici associabili ai 10.000 ha di nuovi<br />

sistemi verdi, basate sui risultati dei Capitoli 3-8, che vengono presentate nel<br />

Capitolo 1.<br />

8


La realizzazione della ricerca è stata effettuata con la collaborazione del CERIS-<br />

CNR, Istituto di ricerca sull’impresa e lo sviluppo – sede di Milano e del<br />

Politecnico di Milano, DIAP sotto il coordinamento scientifico del Prof. Roberto<br />

Zoboli. In particolare la predisposizione del Capitolo 1 è stata curata dallo stesso<br />

Roberto Zoboli, dirigente di ricerca del CERIS, quella del Capitolo 2 da Paolo<br />

Pileri e Marta Maggi, Politecnico di Milano – DIAP, quella dei Capitoli 3 e 4 da<br />

Massimiliano Mazzanti e Anna Montini, collaboratori CERIS, quella dei capitoli 5,<br />

6, 7, 8 da Davide Pettenella e Daria Maso, collaboratori CERIS.<br />

9


Capitolo 1<br />

Risultati principali e stime dei benefici<br />

dei 10.000 ha di “sistemi verdi”<br />

1.1. Introduzione<br />

La valutazione monetaria dei benefici ambientali, pur essendo un’area di ricerca<br />

ancora piuttosto aperta, consente di definire delle dimensioni di valore dei progetti<br />

ambientali che dovrebbero contribuire a migliori processi decisionali pubblici.<br />

Le analisi sviluppate nei capitoli di questo rapporto mettono in evidenza una<br />

grande ricchezza di stime di beneficio economico per alcune funzioni dei sistemi<br />

verdi. Evidenziano anche la notevole asimmetria con cui l’analisi economica ha<br />

dato attenzione valutativa ai diversi attributi funzionali. Alcuni di questi sono stati<br />

oggetto di numerosissimi esercizi di stima in vari paesi, tra cui l’Italia, e altri,<br />

invece, sono ancora soggetti a limitati tentativi di valutazione, in particolare in<br />

Italia. Ciò pone, per alcune singole funzioni, un problema di range di valori molto<br />

(o troppo) ampi, e, per altre singole funzioni, una scelta molto ristretta. Nell’uno e<br />

nell’altro caso, rimane il problema della ‘trasferibilità’ delle stime economiche in<br />

contesti, nazionali o regionali o locali, diversi da quelli in cui sono state<br />

originariamente formulate (vedi Cap. 3).<br />

Un secondo aspetto, legato alla multifunzionalità dei ‘sistemi verdi’ in generale e<br />

forestali ecosistemici in particolare, è che le diverse funzioni possono, a seconda<br />

delle caratteristiche dei sistemi considerati e delle scelte gestionali, coesistere, o<br />

essere solo parzialmente compatibili, o essere incompatibili. Si generano in tal<br />

modo dei costi opportunità di una funzione in termini delle altre funzioni a cui si<br />

deve rinunciare. Si tratta di problemi ben noti nell’economia (ma anche<br />

nell’ecologia) di risorse a valori e funzioni multiple. Essi possono essere risolti, a<br />

livello teorico o decisionale, attraverso modelli matematico-simulativi di gestione<br />

in uso multiplo e, nella pratica, attraverso scelte di ‘prioritarizzazione’ da parte dei<br />

decisori pubblici o privati, che impongono specifici obiettivi alla creazione e<br />

gestione dei sistemi verdi.


Un terzo aspetto è che le stime monetarie dei valori ambientali sono generalmente<br />

definite per unità territoriali quantitative (ettari, accrescimenti di massa, numero di<br />

visite, ecc.) mentre i sistemi verdi presentano dimensioni di valore ecologico che<br />

possono essere misurate da indicatori qualitativi non direttamente collegabili alle<br />

unità di misura dei valori economici. Esistono quindi ancora signficative difficoltà<br />

di perfetta conciliazione tra misure ecologiche e misure economiche.<br />

Alla luce di questi problemi, nel seguito vengono sviluppati tre elementi<br />

Il primo è una sintesi di alcuni risultati numerici di valore economico per le<br />

singole tipologie funzionali esaminate in questa ricerca (Capp. 3-8). La sintesi è<br />

particolarmente spinta perché sceglie, soprattutto per le tipologie funzionali dove<br />

c’è maggiore abbondanza di risultati empirici in letteratura, solo alcuni dati<br />

ritenuti ragionevoli. Essi possono dare un’idea di massima dei valori e benefici<br />

economici associabili ex ante a ad una specifica funzione del sistema verde,<br />

indipendentemente dalle altre funzioni potenzialmente erogabili dallo stesso<br />

sistema. In pratica, i valori presentati nel seguito sono quelli che potrebbero<br />

prevalere se tutti i 10.000 ha fossero specializzati nella sola funzione considerata.<br />

Vengono tuttavia riassunte anche alcune stime del cosiddetto ‘valore totale’,<br />

che comprende, generalmente per somma, più funzioni dello stesso sistema verde<br />

(Capp 3 e 4).<br />

Il secondo elemento è uno schema che dovrebbe consentire di ‘ordinare’ le<br />

possibili compatibilità e incompatibilità funzionali, ad esempio la cessazione della<br />

funzione di carbon sink quando si scelga di dar luogo a taglio forestale, connesse<br />

alle tipologie di sistemi verdi che vengono classificate come ‘finanziabili’ dalla<br />

Delibera della Regione Lombardia del novembre 2006 sull’attuazione del progetto<br />

dei ’10.000 ha di nuovi sistemi verdi in Lombardia’. Tale schema, essendo, come<br />

chiariremo, necessariamente soggetto ad una valutazione di tipo ecologico e<br />

gestionale, viene solo presentato nella sua logica essenziale, in attesa che<br />

emergano indicazioni più precise sulle effettive tipologie forestali e di sistemi<br />

verdi che si andranno ad insediare sul territorio. Una volta acquisiti tali elementi,<br />

lo schema potrà essere utilizzato per tenere conto delle compatibilità e<br />

incompatibilità funzionali concretamente emergenti nella realtà.<br />

Il terzo elemento è l’utilizzazione degli scenari di intervento sviluppati nel<br />

Capitolo 2 per tentare una stima dei possibili benefici economici complessivi dei<br />

10.000 ha di nuovi sistemi verdi. In particolare, i due scenari del Capitolo 2<br />

quantificano sia le possibili dimensioni e localizzazioni delle nuove coperture, per<br />

tipologie, che potrebbero derivare dal progetto ’10.000 ha’, sia il possibile<br />

cambiamento di valori ecologici, tramite alcuni indicatori, che potrebbe derivare<br />

da tali nuove coperture. Tali risultati vengono qui collegati alle stime quantitative<br />

(range) delle diverse categorie di benefici economici per arrivare ad una stima<br />

‘realistica’ dei valori complessivi associati i 10.000 ha, che è tuttavia relativa ai<br />

due soli scenari considerati,. L’esercizio ha carattere sperimentale, anche sotto il<br />

12


profilo metodologico, ma può servire per testare l’approccio di analisi adottato<br />

nella ricerca e fornire indicazioni numeriche.<br />

1.2. Una selezione dei dati e valori monetari emergenti dalle analisi<br />

1.2.1. Funzione di assorbimento di CO2<br />

Tale funzione viene esaminata in dettaglio nel Cap. 5. Si ritiene, in generale che<br />

non sia addizionabile al valore delle utilizzazioni legnose nello stesso tempo e<br />

luogo, anche in funzione dei metodi di contabilizzazione adottati a livello<br />

internazionale per i carbon sink che prevedono la permanenza dello stock<br />

forestale ai fini di riconoscimento dei carbon sink stessi.<br />

Le stime esaminate indicano un range tra 4 e 6 tonCO2/ha/anno per 30 anni, con<br />

punte di 7,6 tonCO2/ha/anno nei pioppeti.<br />

È opportuno considerare il valore centrale del range: le formazioni di pianura<br />

ipotizzabili per il progetto ‘10.000 ha’ saranno a bassa densità, con radure, strade,<br />

zone d'acqua, ecc. (si veda Cap. 2). Inoltre, c’è un limite temporale nella funzione<br />

di assorbimento netto positivo, che si raggiunge più o meno con il raggiungimento<br />

della maturità delle piantagioni (orientativamente 20-40 anni), e in funzione anche<br />

dell'età delle piante all'impianto.<br />

Quindi, assumendo 5 ton/ha/anno di media fino ad una di maturità di 30 anni si<br />

avrebbero 5 tonCO2 x 10.000 ha x 30 anni = 1.500.000 ton CO2 (oppure 50.000<br />

ton/anno). Ovviamente la stima è molto sensibile al valore unitario medio di<br />

assorbimento che viene adottato.<br />

Per la stima del valore economico di questa funzione, è difficile trovare un<br />

riferimento affidabile. Le stime di valore disponibili a livello internazionale vanno<br />

da quasi zero a 100€/ton di CO2, generalmente corrispondenti ai costi marginali di<br />

assorbimento di CO2 con strumenti alternativi rispetto all’assorbimento forestale.<br />

Lo sviluppo dei mercati del carbonio, in generale associati allo sviluppo<br />

dell’Emission Trading in Europa, può fornire una guida incerta alla valutazione. I<br />

prezzi della tonnellata di CO2 in Europa hanno avuto oscillazioni forti negli ultimi<br />

anni, data la giovane età del mercato e la sua dipendenza delle scelte dei Piani<br />

Nazionali di Allocazione in termini di abbondanza di quote, mentre gli<br />

investimenti ‘interni’ in carbon sink non sono (ancora) creditabili come quote a<br />

differenza dei crediti da Joint Implementation o Clean Development Mechanism,<br />

creditabili nell’ambito della Direttiva Linking.<br />

Assumendo che gli assorbimenti generati dai sink dei 10.000 ha siano creditabili e<br />

vendibili sul mercato europeo, e cioè che gli assorbimenti siano tutti ‘permanenti’<br />

13


e possano essere ‘venduti’ al prezzo delle quote nel mercato dell’ETS europeo,<br />

oppure ad un valore di mercato equiparabile a quello dei crediti da progetto JI o<br />

CDM, si arriva alle seguenti stime (i valori futuri non sono scontati al presente, o<br />

tasso di sconto zero, vedi Cap. 2):<br />

- Prezzo PointCarbon per EUA ottobre 2006: 12,6 €/ton/CO2; media seconda<br />

parte 2005: 22 €/ton/CO2;<br />

- Media dei prezzi CER (CDM) nel 2005: 6,7 €/ton; media dei prezzi ERU (JI)<br />

nel 2005: 5,1 €/ton<br />

- Ai prezzi EUA (range: prezzo 2006 – media 2005) per 1.500.000<br />

tonnellate: 18.900.000 € - 33.000.000 € sul totale 30 anni (non scontati),<br />

oppure 630.000 € - 1.100.000 € per anno x 30 anni (non scontati)<br />

- Ai prezzi CER/ERU per 1.500.000 tonnellate: 7.650.000 € - 10.050.000 €<br />

totale 30 anni (non scontati), oppure 255.000 € - 335.000 € per anno x 30<br />

anni.<br />

Quindi, il range dei valori stimabili assumendo che i crediti siano vendibili sul<br />

mercato, va da un minimo di 7,6 milioni/€ ad un massimo di 33 milioni/€<br />

nell’arco dei 30 anni, o in media da 255.000 €/anno a 1.100.000 €/anno. E’<br />

interessante osservare che, se i crediti fossero valutati, ad esempio nell’ambito di<br />

una politica pubblica, al prezzo imputato di sostituzione di metodi alternativi di<br />

assorbimento nell’ambito delle strategia italiana per Kyoto, un valore che<br />

potrebbe collocarsi intorno ai 100 €/ton CO2, gli assorbimenti dei 10.000 ha<br />

potrebbero valere 150 milioni di €. Il riconoscimento di tali valori come ricavi<br />

effettivi per qualche soggetto è essenzialmente una questione politicoistituzionale.<br />

1.2.2. Funzione turistico-ricreativa<br />

Il valore economico di tale funzione è esaminato in dettaglio nel Cap. 4 e può<br />

essere addizionabile a numerose altre funzioni, con limitazioni per quelle di<br />

utilizzazione legnosa nello stesso luogo e tempo e di attività agricole intensive.<br />

Anche queste ultime possono essere compatibili in tempi diversi.<br />

In base agli studi di CV (contingent valuation) e TCM (Travel Cost Method)<br />

realizzati in Italia, la WTP (wilingness to pay, disponibilità a pagare) per singola<br />

visita è nel range di 3-10 €/visita. Il numero di visite/ha/anno è una variabile<br />

molto poco standardizzabile essendo legata alle dimensioni, alla lontananza dalle<br />

aree residenziali, alla distribuzione di altre aree.<br />

Un’ipotesi per una stima esemplificativa di massima potrebbe essere la seguente.<br />

Assumiamo che, con una popolazione della Lombardia (fine 2005) di 9.475.202 e<br />

una popolazione ‘di pianura’ di 7.554.937 (escluse province dei laghi e di<br />

montagna), il 20% della popolazione di pianura (1.510.987) visiti i nuovi 10.000<br />

ha di sistemi verdi almeno una volta l'anno. In termini di valori, assumendo il<br />

14


ange indicato di valori unitari per visita, si avrebbero 1.510.987 visite per 3-<br />

10€/visita = 4.532.961 € - 15.109.870 € per anno.<br />

Si deve notare che alcune stime internazionali considerate nel Cap. 4 indicano un<br />

valore ricreativo di circa 70€ per ha per anno: quindi su 10.000 ha si avrebbero<br />

700.000 € per anno, molto più basso di quello stimabile a partire dal valore<br />

unitario delle visite con le ipotesi fatte. Un tale valore potrebbe derivare da un<br />

forte ‘insuccesso’ (rispetto alle ipotesi precedenti) della attivazione di reddito da<br />

funzione ricreativa. Si noti inoltre che altre stime considerate nel Cap. 4 indicano<br />

un valore ricreativo di 350 €/ha/anno, che sui 10.000 ha determina un valore di<br />

3,5 milioni di €, inferiore ma non non lontano dal valore inferiore della stima<br />

basata sulle ipotesi precedenti, e associabili, come prima, ad un limitato successo<br />

ricreativo delle nuove formazioni verdi.<br />

1.2.3. Funzione di produzione di biomassa legnosa per il mercato<br />

Per alcune delle aree è ipotizzabile la commercializzazione del legname, che<br />

tuttavia esclude, salvo particolari tecniche gestionali, generalmente adatte a<br />

formazioni forestali mature e ricche, la possibilità di contabilizzare la CO2 come<br />

assorbimento netto (ai criteri attuali basati sulla variazione dello stock forestale<br />

permanente).<br />

In base alle analisi del Cap. 8, una formazione forestale può avere un<br />

accrescimento di biomassa di 3-6 mc/ha/anno (pioppeti fino a 12-15). Il valore per<br />

mc in piedi alla vendita (biomasse per energia, assortimenti ‘poveri’) può essere<br />

assunto pari a 30 €/mc.<br />

Assumendo un ciclo di 30 anni, gli accrescimenti asportabili a fine turno si<br />

aggirano su 90-180 mc/ha. Al prezzo di 30 €/mc, il ricavo totale potrebbe essere<br />

di 2.700 €/ha. Ipotizzando che solo 1.000 ha su 10.000 ha siano utilizzati, porta ad<br />

un totale di 2.700.000 € (ogni 30 anni, valori non scontati al presente). Altre scelte<br />

allocative di porzioni dei 10.000 ha alla funzione di produzione legnosa (per<br />

industria ed energia) possono dare valori proporzionali.<br />

1.2.4. Prodotti non legnosi, funzione idraulica<br />

Si tratta di valori non completamente addizionabili ad altri, ma comunque<br />

associabili a tutto il tempo di permanenza delle foresta in condizioni di limitata<br />

utilizzazione o comunque di buone condizioni ecosistemiche. In base alle stime<br />

del Cap. 4, i valori complessivi di prodotti ‘non-timber’ possono essere compresi<br />

fra 17,2 e 14,4 € per ha per anno (Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia. Per<br />

10.000 ha si avrebbe un complesso di benefici economici pari a 172.000 € –<br />

144.000 € per anno.<br />

15


La funzione idraulica (captazione/depurazione acque, regolarizzazione falda, aree<br />

di espansione per piene), non esplicitamente esaminata in dettaglio da questa<br />

ricerca, può assumere, in base alle informazioni disponibili, valori da zero ad<br />

alcune decine di €/ha/anno. Assumendo un range 0-20 €/ha/anno, sui 10.000 ha si<br />

potrebbero avere valori per un totale tra 0 € - 200.000 € per anno.<br />

1.2.5. Effetti foreste urbane sul valori degli immobili<br />

Tale categoria di benefici, esaminata in dettaglio nel Cap. 4, è realistica solo per<br />

foreste vicine ai centri abitati, è compatibile con alcune funzioni, ad esempio<br />

ricreative, ma poco compatibile, se non con tecniche gestionali specifiche, con<br />

altre funzioni, ad esempio l’estrazione di legname. Alcune stime, difficilmente<br />

non scalabili su parametri ben definiti, indicano effetti significativi.<br />

Ad esempio, uno studio su Salo, Finlandia, indica che le abitazioni con vista sulla<br />

foresta urbana costano il 44,9% in più delle abitazioni equivalenti senza vista.<br />

Nello stesso caso, il valore delle proprietà decresce del 5,9% allontanandosi di un<br />

km dalla foresta (Tyrvainen and Miettinen, 2000). In un caso di studio inglese<br />

(New Forest), una piantagione di 1 ha cresce il valore dell’abitazione di £ UK 540<br />

entro 100 metri dalla foresta (Powe et al., 1997). Altre evidenze esaminate nel<br />

Cap. 4 indicano che il valore degli immobili vicino ad aree protette è più elevato<br />

del 19%-35% rispetto a quello di abitazione analoghe con altra localizzazione<br />

1.2.6. Assorbimento di lavoro<br />

E’ una dimensione di valore, esaminata nel Cap. 6, che risulta addizionabile a tutti<br />

gli altri benefici economici. In fase di realizzazione e gestione degli impianti,<br />

ipotizzando un buon livello di meccanizzazione (normali condizioni di efficienza<br />

operativa) si può ipotizzare un assorbimento di 10 giornate/ha per la piantagione,<br />

3 giornate/ha/anno per la manutenzione da distribuire lungo i primi 5 anni. In fase<br />

di messa a regime, per la manutenzione ordinaria degli impianti, l'assorbimento si<br />

riduce al 0,5-1 giornata/ha/anno.<br />

Ipotizzando che la foresta sia a regime in 30 anni, per 10.000 ha, si possono<br />

quindi ipotizzare 100.000 giornate lavoro nella fase piantagione, 30.000 giornate<br />

per anno per 5 anni per 10.000 ha (manutenzione), pari a 150.000 giornate, 1<br />

giornata ha/anno per i restanti 25 anni, per un totale di 250.000 giornate. In<br />

complesso si avrebbero quindi sui 10.000 ha 500.000 giornate di lavoro, di cui<br />

250.000 nei primi 5 anni.<br />

Queste stime ovviamente non tengono conto degli impatti occupazionali collegati<br />

alla presenza di aree verdi (educazione ambientale, centri estivi, gestione attività<br />

sportive, animazione anziani, ristorazione, parcheggi, ecc.). Tali effetti dipendono<br />

criticamente dalle caratteristiche ambientali e funzionali di quelle aree.<br />

16


1.2.7. Reddito per gli agricoltori<br />

Le analisi del Cap. 7, comprendono i redditi o le variazioni di reddito associate a<br />

numerose ipotesi alternative su come gli agricoltori possono catturare benefici<br />

economici dalla realizzazione dei 10.000 ha di sistemi verdi. Data questa varietà<br />

di ipotesi, non appare possibile una facile scelta dei valori di riferimento.<br />

Va tuttavia notato, che gran parte dei benefici derivanti dagli agricoltori sono<br />

parte dei benefici stimati sotto altre categorie funzionali, ad esempio le presenze<br />

ricreative attraverso attività agrituristiche. Si può ritenere, quindi, che tali valori di<br />

reddito siano forme di distribuzione e attribuzione privata, attraverso il mercato,<br />

dei benefici di varia natura derivanti dai ’10.000 ha’ 1 .<br />

1.2.8. Stime di valore economico totale (VET) e funzioni multiple combinate<br />

In base ai risultati del Cap. 4, le stime del ‘valore economico totale’ (VET) sono<br />

molto variabili. Non sono addizionabili con altri valori poiché li ricomprendono,<br />

in linea di principio, tutti. Nel caso italiano, in una stima per tutti i valori, inclusi<br />

quelli di ‘esistenza’, ma esclusi i benefici diretti dati da legno e prodotti forestali<br />

non legnosi (Marangon e Tempesta, 2004) indicano un valore di 665,8 € per ha<br />

per anno. Estese ai 10.000 ha, tali stime comporterebbero un valore di 6.658.000 €<br />

per anno.<br />

A questa stima, aggiungendo il valore d’uso diretto dall’estrazione di legno e<br />

prodotti non legnosi, pari a 61,9€ per ha per anno, si ottiene un VET (17 tipi di<br />

benefici, Contingent Valuation Method) di 722,6 per ha per anno. Per 10.000 ha si<br />

avrebbero valori pari a 7.226.000 € per anno.<br />

Si noti che il range 712 € - 934 € per ha per anno è il range di valori ottenuti per la<br />

stima del ‘valore economico totale’ ottenuta in caso di incendio boschivo in<br />

Sicilia (Asciuto, Fiandaca, Schimmenti 2004).<br />

Altre stime, invece, danno indicazioni di VET molto inferiori:<br />

- Gios e Goio (2003) indicano un VET di 166 €/ha/anno per le foreste del<br />

Trentino Alto Adige; esteso a 10.000 ha il valore sarebbe di 1.660.000<br />

€ per anno;<br />

- Marangon e Gottardo (2001) indicano 373,7 € ha anno per le foreste<br />

del Friuli Venezia Giulia (metodo con addizione dei singoli valori,<br />

diverso da CVM usato sopra); esteso a 10.000 ha il valore sarebbe<br />

3.737.000 € per anno.<br />

Tali stime più basse sarebbero più coerenti con il VET di 254 €/ha/anno indicato da<br />

Merlo e Croitoru (2005) per l’Italia, e così composto: Valori d’uso diretto:<br />

Prodotti legnosi: 81 €/ha; Pascolo: 7 €/ha; Prodotti non legnosi: 23 €/ha;<br />

1 Si ricorda inoltre, come chiarito in premessa, che non è oggetto di questa ricerca la stima dei<br />

possibili costi che gli agricoltori e altri attori territoriali possono sopportare dalla riallocazione dei<br />

loro terreni ai nuovi sistemi verdi. Si assume, a tale riguardo, che gli agricoltori siano pienamente<br />

compensati per tali eventuali costi attraverso misure di politica regionale che accompagnano<br />

l’insediamento dei sistemi verdi.<br />

17


Ricreazione: 20 €/ha; Caccia: 8 €/ha; Totale: 139 €/ha; Valori indiretti: Protezione<br />

dei versanti: 104 €/ha; Sequestro di carbonio: 8 €/ha; Totale: 112 €/ha; Valori di<br />

opzione, lascito, esistenza: 3 €/ha; Valore Economico Totale (somma): 254 €/ha.<br />

Per 10.000 ha si avrebbe un valore complessivo di 2.540.000 €/anno.<br />

1.3. Uno schema di analisi delle compatibilità funzionali<br />

Come illustrato nella introduzione, viene qui delineato uno schema che ha lo<br />

scopo di preparare, attraverso l’esame delle compatibilità funzionali, l’analisi<br />

applicata dei valori funzionali complessivi dei 10.000 ha di sistemi verdi in<br />

Lombardia. È chiaro che non tutti i singoli valori funzionali esaminati in questo<br />

lavoro possono coesistere sempre, nel lungo periodo di vita dei sistemi verdi, e su<br />

tutta l’area di insediamento. È chiaro inoltre che le scelte di finanziabilità operate<br />

nella Delibera del novembre 2006 caratterizzano un insieme specifico, anche se<br />

molto ampio, di possibili formazioni verdi fattibili, che definiscono, di fatto,<br />

priorità funzionali. Queste ultime, di fatto, eliminano altre possibilità funzionali,<br />

oppure le riducono ad un ruolo ancillare oppure emergente come oggettivo nella<br />

vita ed evoluzione del sistema verde.<br />

Appare quindi utile sviluppare uno schema relativamente semplice per ordinare le<br />

combinazioni e le compatibilità funzionali. Ciò appare del resto necessario per<br />

evitare ‘doppi conteggi’, cioè assegnare valori multipli che di fatto, per ragioni<br />

ecologiche o scelte gestionali dettate dalle priorità funzionali, non possono<br />

realizzarsi nello stesso tempo e nello stesso luogo sulla stessa tipologia di sistema<br />

verde tra quelle finanziabili. Questo appare l’unico modo corretto per una stima<br />

ex ante dei valori e benefici funzionali complessivi dei 10.000 ha.<br />

Lo schema è sintetizzato nelle Tabelle 1.1 e 1.2. Nella prima tabella, vengono<br />

elencate alcune delle tipologie di sistema verde che, tra quelle ‘finanziabili’, sono<br />

ritenute più realistiche o probabili in base alle indicazioni emerse negli incontri<br />

con la Regione Lombardia. Per ciascuna di queste tipologie viene definita la<br />

possibile capacità di erogazione (sì = X) delle tipologie e valori funzionali<br />

(benefici) studiate in questo lavoro, dall’offerta turistico-ricreativa alla fissazione<br />

di carbonio, dalla variazione dei valori immobiliari all’occupazione. Come<br />

emerge immediatamente, la localizzazione, ad esempio terreni ex agricoli, o la<br />

tipologia, ad esempio filari e fasce arborate, tendono ad escludere a priori la<br />

presenza di certi benefici funzionali, che pertanto vanno esclusi quando si ipotizzi,<br />

ex ante, o si realizzi, ex post, quella specifica scelta di sistema verde. Per<br />

converso, varie tipologie di insediamenti verdi, possono erogare, ex ante,<br />

numerosi valori funzionali presi uno ad uno, con una intensità (e combinazione,<br />

vedi oltre) che solo l’analisi ecologica e gestionale può precisare ed<br />

eventualmente quantificare.<br />

18


19<br />

19<br />

Tabella 1.1 - Matrice dei singoli attributi funzionali e valori economici assegnabili alle tipologie di sistemi verdi di più probabile realizzazione in Lombardia<br />

Tipologie di sistemi verdi Effetti economici<br />

Impianti polispecifici su ex<br />

terreni agricoli di pianura<br />

Impianti polispecifici su<br />

terreni periurbani di<br />

pianura<br />

Impianti polispecifici su ex<br />

terreni agricoli di collinamontagna<br />

Impianti polispecifici su<br />

terreni periurbani di<br />

collina-montagna<br />

Impianti monospecifici con<br />

specie a media e rapida<br />

crescita<br />

Filari e fasce erborate<br />

Nuclei forestali in aree<br />

prative<br />

Offerta turisticoricreativa<br />

e<br />

formativa-educativa<br />

Tutela della<br />

biodiversità<br />

Fissazione di<br />

carbonio<br />

(permanente)<br />

Produzione di<br />

legname da industria<br />

ed energia<br />

Variazione<br />

valori<br />

immobiliari<br />

* Fitodepurazione, regolazione ciclo dell’acqua, schermo visivo, riduzione rumori, ecc.<br />

Produzioni<br />

agricole<br />

Occupazione<br />

diretta e indiretta<br />

X X X X X X<br />

X X X X X X X<br />

X X X X X X<br />

X X X X X X<br />

Altri*<br />

X X X X<br />

X X X X X X X<br />

X X X X X X X


20<br />

Tabella 1.2 - Matrice per la valutazione delle compatibilità tra funzioni/benefici economici nello stesso sistema verde, nello stesso tempo<br />

Offerta turisticoricreativa<br />

e<br />

formativa-<br />

Tutela<br />

biodiversità<br />

Fissazione di<br />

Carbonio<br />

(permanente)<br />

Funzione<br />

assente<br />

Funzione<br />

assente<br />

Funzione<br />

assente<br />

*Fitodepurazione, regolazione ciclo dell’acqua, schermo visivo, riduzione rumori, …<br />

20<br />

Effetti economici<br />

Produzione di<br />

legname da<br />

industria ed<br />

Variazione<br />

valori<br />

immobiliari<br />

Effetti economici educativa<br />

energia<br />

Offerta turistico-<br />

- si si Trade off? Funzione<br />

ricreativa e<br />

formativa-educativa<br />

assente<br />

Tutela biodiversità - si Trade off? Funzione<br />

assente<br />

Fissazione di<br />

- Trade off? Funzione<br />

Carbonio<br />

assente<br />

Produzione di<br />

legname da industria<br />

ed energia<br />

Variazione valori<br />

immobiliari<br />

Produzioni agricole<br />

Occupazione diretta<br />

e indiretta<br />

Altri 1<br />

Funzione assente Funzione<br />

assente<br />

Tipologia forestale: ‘Impianti polispecifici su ex terreni agricoli di pianura’<br />

Funzione<br />

assente<br />

- Funzione<br />

assente<br />

Funzione assente Funzione<br />

assente<br />

Produzioni<br />

agricole<br />

Occupazione<br />

diretta e indiretta<br />

Altri +<br />

Trade off? si si<br />

Trade off? Trade off? si<br />

Trade off? Trade off? si<br />

Trade off? si Trade off?<br />

Funzione<br />

assente<br />

Funzione<br />

assente<br />

Funzione<br />

assente<br />

- si Trade off?<br />

- Trade off?<br />

-


Tuttavia, i valori funzionali singoli individuati nella Tabella 1.1, possono, per le<br />

loro caratteristiche, essere pienamente compatibili, o solo parzialmente<br />

compatibili, o incompatibili tra di loro per quella specifica tipologia di sistema<br />

verde, anche in funzione di caratteristiche ecologiche specifiche introdotte negli<br />

insediamenti e/o di scelte gestionali che si intendono realizzare. Pertanto, nella<br />

Tabella 1.2, vengono schematizzate, in forma matriciale, le possibili compatibilità<br />

(= sì) e incompatibilità (= trade off) tra valori funzionali, elencati sia sulle righe<br />

che sulle colonne, che sono attese prevalere con riferimento allo stesso tempo e<br />

stesso luogo sullo stesso sistema verde.<br />

La Tabella 1.2, essendo esemplificativa, è relativa solo alla tipologia di sistema<br />

verde definita ‘impianti polispecifici su ex terreni agricoli di pianura’ (prima<br />

riga/tipologia della Tabella 1.1). Per questa tipologia, si può ritenere ex ante, che,<br />

ad esempio, la funzione turistico-ricreativa (prima riga) sia compatibile ( = sì) con<br />

la protezione delle biodiversità, con la fissazione permanente di carbonio, con<br />

l’occupazione diretta e indiretta, e con ‘altre’ funzioni/benefici come la<br />

fitodepurazione. Si ritiene, invece, che sia potenzialmente incompatibile (= trade<br />

off) con la produzione di legno per industria ed energia e con le produzioni<br />

agricole. Tuttavia, su tali incompatibilità funzionali viene mantenuto un punto<br />

interrogativo. Infatti, anche se si può ritenere che, nello stesso tempo e stesso<br />

luogo, i valori turistico ricreativi non possano essere colti se nello stesso sistema<br />

verde si dà luogo ad utilizzazioni forestali per legno ed energia o coltivazioni<br />

agricole intensive (ad esempio nelle aree a bassa copertura forestale o nelle aree di<br />

interconnessione), non si può escludere che specifiche forme gestionali<br />

multifunzionali, ad esempio forme di selvicoltura naturalistica, possano rendere,<br />

almeno parzialmente compatibili tali funzioni tra di loro. La misura in cui i valori<br />

per la ricreazione e per il legno sono sommabili, nello stesso tempo e stesso luogo,<br />

può quindi dipendere in parte dalle scelte gestionali, ma queste ultime sono, a<br />

priori, moltissime, ed è quindi necessaria, per un’analisi ex ante, la<br />

semplificazione adottata nella tabella.<br />

Si noti inoltre che siamo interessati ai valori economici. Potrebbe verificarsi<br />

che coesistono diverse funzioni ma qualcuna di esse potrebbe essere totalmente<br />

trascurabile in termini economici perché, essendo non prioritaria nelle scelte<br />

gestionali, non raggiunge la scala minima di significatività, giustificando così<br />

l’idea di un trade off di tipo economico.<br />

Per alcune funzioni, la compatibilità o meno può dipendere anche da aspetti<br />

istituzionali. Ad esempio, l’incompatibilità tra produzione legnosa e fissazione<br />

permanente di carbonio dipende, in certa misura, dall’attuale approccio IPCC alla<br />

contabilizzazione di carbonio (vedi Cap 5) e diversi criteri potrebbero portare ad<br />

un risultato diverso. La stessa osservazione si applica alla presenza di forme di<br />

protezione e vincoli che limitano le scelte insediative e gestionali, o le forzano<br />

almeno in parte.<br />

Va inoltre notato che abbiamo assunto, per ragioni localizzative delle specifica<br />

tipologia considerata (‘terreni ex agricoli di pianura’), che la funzione di<br />

‘variazione dei valori immobiliari’ sia assente, ma, anche in questo caso, non si<br />

può escludere sempre a priori che la presenza di formazioni a verde incentivi<br />

21


insediamenti residenziali prima non esistenti, che possono avere valori ‘premianti’<br />

rispetto a quanto sarebbe stato in assenza del sistema verde.<br />

Infine, va ribadito che, sempre in via semplificativa, abbiamo guardato alle<br />

compatibilità funzionali nello tesso tempo e stesso luogo, ma è chiaro che, nella<br />

lunga vita del sistema verde, potrebbero esserci fasi in cui, nello steso<br />

insediamento ma in tempi diversi, si dà luogo a sfruttamento del legno, si<br />

valorizzano le funzioni ricreative, ecc. Ciò è semplicemente quanto avviene in<br />

situazioni realistiche in cui l’ecosistema e la gestione ‘coevolvono’ nel tempo.<br />

Tale possibilità di compatibilità nel tempo, e quindi di cattura di valori multipli in<br />

tempi diversi, ma anche di cambiamento nel tempo delle compatibilità e<br />

incompatibilità, può semplicemente essere rappresentata replicando lo schema di<br />

Tabella 1.2 per fasi diverse della vita del sistema verde, ovviamente nel caso che<br />

tali fasi siano ragionevolmente identificabili.<br />

È chiaro che la rappresentabilità ex ante di tutte le situazioni ecologiche e<br />

gestionali possibili per tutte le tipologie di sistemi verdi ritenute ‘finanziabili’ è<br />

estremamente complessa ed estesa. Tuttavia, le analisi ecologiche e ulteriori<br />

indicazioni sulle possibili forme specifiche e localizzazioni dei sistemi verdi<br />

possono restringere il campo di analisi e rendere operazionabile lo schema qui<br />

delineato. Quest’ultimo, combinato con le stime di valori economici emergenti<br />

dalla ricerca, può fornire la base per una valutazione complessiva ex ante dei<br />

valori economici, sociali e privati, attesi dal progetto dei 10.000 ha di sistemi<br />

verdi. Può inoltre, ancora più agevolmente, fornire la base per la valutazione dei<br />

valori e benefici economici ex post, cioè quelli di specifiche realizzazioni di<br />

sistemi verdi.<br />

1.4. Stime dei benefici attraverso gli scenari di cambiamento delle<br />

coperture e aumento degli indicatori ecologici<br />

1.4.1. Gli scenari di cambiamento delle coperture e gli indicatori ecologici<br />

Nel Cap. 2, sono state sviluppate delle simulazioni su due possibili scenari<br />

ipotetici di cambiamento delle coperture del suolo risultanti dalla realizzazione dei<br />

10.000 ha di sistemi verdi e i conseguenti cambiamenti degli indicatori ecologici.<br />

I cambiamenti simulati di utilizzo (copertura) del suolo, a partire da una<br />

matrice di copertura attuale di tipo ‘pianura agricola’, riguardano solo alcune delle<br />

tipologie di interventi finanziabili nell’ambito del progetto ‘10.000 ha’. I criteri di<br />

selezione sono esplicitati in dettaglio nel Cap. 2.<br />

In particolare, lo Scenario 1 comprende tre tipi di azioni:<br />

(a) fasce boscate lungo gli assi fluviali;<br />

(b) fasce boscate e a prato intorno alle cave;<br />

(c) siepi e filari in aree periurbane.<br />

22


Per ciascuna azione sono state computate le variazioni di copertura vegetale con<br />

riferimento al territorio lombardo rilevante per il ‘Progetto 10.000 ha’, e quindi<br />

con indicazioni realistiche, ancorché simulate, sulla localizzazione possibile degli<br />

interventi. Lo scenario comporta che circa 7.449 ha passano da coperture di<br />

seminativo semplice, filari arborei radi, risaie, ecc. ad una copertura composta da<br />

vegetazione arbustiva e arborea di ambiente ripariale (azione 1), 319 ha dalle<br />

attuali coperture passano a prati permanenti, altri 185 ha passano a vegetazione<br />

arbustiva e arborea di ambiente ripariale (azione 2), e 1.424 ha passano da<br />

seminativo semplice a seminativo con presenza di filari (azione 3).<br />

Lo Scenario 2 prevede un solo tipo di azione, quello dell’insediamento di siepi e<br />

filari in tutta la pianura agricola lombarda, prevalentemente a bordo campo, al<br />

posto di seminativi e risaie, per circa 9.381 ha. Anche tale simulazione di<br />

cambiamento delle coperture viene georeferenziata.<br />

Il passo successivo, consiste nella misurazione delle variazioni di ‘indicatori<br />

ecologici’ determinate da tali scenari di cambiamento delle coperture vegetali<br />

come ipotetico esito della realizzazione dei 10.000 ha di nuovi sistemi verdi.<br />

Gli indicatori considerati sono di tre tipi:<br />

(a) ‘naturalità’, e cioè presenza, estensione, e densità di elementi naturali;<br />

(b) ‘biodiversità’ del paesaggio;<br />

(c) ‘continuità’ ecologica, e cioè riduzione della frammentazione.<br />

Ciascun indicatore viene misurato, nelle aree di riferimento della pianura<br />

lombarda, allo stato attuale, e quindi dopo l’insediamento dei sistemi verdi in base<br />

agli scenari di cambiamento di copertura descritti. Si ottiene in tal modo il<br />

cambiamento dei valori ecologici nei due diversi scenari, articolato per specifici<br />

aspetti ecologici rappresentati dagli indicatori stessi.<br />

Questo procedimento, descritto in dettaglio nel Cap. 2, consente di avere due tipi<br />

di informazioni:<br />

(1) cambiamento ipotetico simulato delle coperture in ettari nei due scenari;<br />

(2) cambiamento di valori ecologici nei due scenari.<br />

Il procedimento è chiaramente applicabile ad altri scenari di interventi ed azioni<br />

del progetto 10.000 ha, ma è stato sviluppato numericamente solo per i due<br />

scenari descritti.<br />

1.4.2. Dai cambiamenti di copertura e valore ecologico ai benefici economici<br />

Il perseguimento dell’obbiettivo di valutare ex ante un insieme di benefici<br />

economici della realizzazione di 10.000 ha di sistemi verdi richiede che le<br />

23


variazioni simulate di copertura e valore ecologico (indicatori), come descritte<br />

sopra, siano tradotte in termini di variazioni di valore economico, e cioè in<br />

termini di possibile attivazione delle diverse forme di beneficio qui studiate<br />

(assorbimento di CO2, benefici turistico-ricreativi, estrazione di legno per<br />

industria ed energia, prodotti non legnosi del bosco, opportunità di reddito<br />

agricolo, cambiamento dei valori immobiliari, attivazione di lavoro per la<br />

realizzazione dei sistemi verdi, oppure ‘valore economico totale’).<br />

Ciò richiede un sistema di ‘transcodifica’ tra, da un lato, cambiamenti di<br />

copertura e cambiamenti degli indicatori ecologici, e, dall’altro, categorie di<br />

benefici economici considerati. Tale sistema non trova, per quanto noto, supporti<br />

in letteratura. Viene pertanto proposto nel seguito uno schema di riferimento per<br />

tale traduzione basato su considerazioni del Gruppo di ricerca. La Tabella 1.3<br />

sintetizza il sistema proposto. Sulla base di tale sistema, sarà possibile associare<br />

valori monetari ai due scenari di intervento sui 10.000 ha simulati nel Cap. 2.<br />

Il sistema prefigurato è molto semplificato e soggetto ad alcune assunzioni<br />

forti, che sono necessarie per la stima.<br />

L’assorbimento di CO2 viene assunto dipendere dal cambiamento di copertura<br />

verso formazioni arboree invece di coperture agricole e quindi essenzialmente<br />

dagli ettari convertiti in tali modalità nei due scenari.<br />

L’assorbimento di lavoro del progetto 10.000 ha di sistemi verdi viene fatto<br />

dipendere dalla variazione di copertura complessiva, che richiede interventi<br />

lavorativi, qualunque sia la tipologia di nuova copertura.<br />

I benefici turistico-ricreativi, vengono invece assunti dipendere essenzialmente<br />

dalla variazione degli indicatori ecologici delle nuove coperture ipotizzate nei due<br />

scenari, ritenendo che il miglioramento paesaggistico e di fruibilità ricreativa<br />

indotto da migliori indici ecologici sia essenziale per l’attrattività. Si ritiene<br />

inoltre che tali benefici siano più direttamente associabili ai miglioramenti in aree<br />

fluviali.<br />

Si assume inoltre che una maggiore estensione di formazioni boscate e<br />

maggiori densità e continuità delle stesse possano innalzare le potenzialità di<br />

estrazione di legname, così come di produzione di prodotti non legnosi. Anche in<br />

questo caso le aree fluviali sembrano quelle capaci di generare meglio tali<br />

miglioramenti potenziali.<br />

Anche per i possibili aumenti dei valori immobiliari si assume che il fattore<br />

decisivo nei due scenari sia la combinazione di maggiori estensioni di coperture<br />

arboree e di migliori indicatori ecologici.<br />

Gli incrementi di ‘valore economico totale’ rappresentano la somma di atri<br />

benefici e quindi dipendono dalla combinazione tra estensioni delle nuove<br />

coperture e migliori indici ecologici.<br />

Naturalmente molte specificazioni potrebbero arricchire lo schema. Ad<br />

esempio, la considerazione delle localizzazione degli interventi contemplati nei<br />

due scenari del Capitolo 2 potrebbe avere notevole rilievo per le modalità di<br />

assegnazione di valori economici. Ciò comporta tuttavia un dettaglio di analisi che<br />

va la di là degli obiettivi del presente studio.<br />

24


Tabella 1.3 - Sistema di relazioni tra benefici economici e variazioni di copertura e indicatori<br />

ecologici del Capitolo 2<br />

Tipi di benefici<br />

economici<br />

valutabili*<br />

Assorbimento di<br />

CO2<br />

Assorbimento di<br />

lavoro per i<br />

sistemi verdi<br />

Benefici turistico<br />

ricreativi<br />

Estrazione di<br />

legname per<br />

energia e<br />

industria<br />

Prodotti non<br />

legnosi<br />

Valore degli<br />

immobili<br />

‘Valore<br />

economico<br />

totale’<br />

Tipo di Δ copertura e<br />

indicatore ecologico<br />

rilevante (Scenari<br />

del Cap 2):<br />

Δ copertura arborea Beneficio dipende<br />

da cambiamento<br />

copertura da<br />

seminativo verso<br />

formazioni boschive<br />

Δ totale cambiamento<br />

copertura, circa<br />

10.000 ha<br />

Δ copertura arborea<br />

Δ indicatori ecologici<br />

Δ copertura arborea,<br />

aree fluviali;<br />

Δ indicatori ecologici,<br />

in particolare densità<br />

e continuità, aree<br />

fluviali<br />

Δ copertura e Δ<br />

indicatori ecologici, in<br />

particolare densità e<br />

varietà, in aree fluviali<br />

Δ copertura e Δ<br />

indicatori ecologici in<br />

fasce periurbane<br />

Δ copertura e Δ<br />

indicatori ecologici<br />

Giustificazione: Beneficio<br />

‘proporzionale’ a:<br />

Beneficio dipende<br />

da lavori di<br />

realizzazione dei<br />

sistemi verdi, tutte<br />

tipologie di nuova<br />

copertura<br />

Beneficio legato ad<br />

aumento qualità del<br />

paesaggio e<br />

ricchezza ecologica<br />

dei luoghi<br />

Potenziale di<br />

utilizzazione<br />

(biomassa per<br />

energia) può<br />

aumentare con Δ<br />

copertura arborea<br />

Potenziale di<br />

utilizzazione può<br />

aumentare con Δ di<br />

continuità e densità<br />

formazioni arboree<br />

La probabilità del<br />

beneficio aumenta<br />

con passaggio da<br />

seminativi a<br />

coperture arboree,<br />

e con ricchezza<br />

ecologica<br />

Beneficio connesso<br />

a Δ estensione e Δ<br />

indicatori ecologici<br />

per i sistemi<br />

collocati nelle aree<br />

periurbane<br />

Rappresenta una<br />

combinazione degli<br />

altri benefici<br />

specifici<br />

25<br />

Δ ettari copertura<br />

arborea<br />

Ettari di intervento<br />

(circa 10.000 ha)<br />

Δ copertura<br />

arborea<br />

Δ indicatori di<br />

densità, varietà,<br />

continuità, aree<br />

fluviali<br />

Δ ettari di copertura<br />

arborea, aree<br />

fluviali<br />

Δ indicatori di<br />

continuità e<br />

densità, aree<br />

fluviali<br />

Δ ettari di copertura<br />

arborea in aree<br />

fluviali<br />

Δ indicatori di<br />

densità e varietà in<br />

aree fluviali<br />

Δ ettari di copertura<br />

arborea in area<br />

periurbana<br />

Δ indicatori di<br />

densità e varietà in<br />

aree periurbane<br />

Δ ettari di copertura<br />

e Δ indicatori di<br />

densità, varietà,<br />

continuità su tutti i<br />

sistemi verdi<br />

Compatibilità con<br />

altri tipi di<br />

benefici/funzioni:<br />

Tutte le funzioni,<br />

escluso taglio del<br />

legno<br />

Tutte le funzioni<br />

Tutte le funzioni,<br />

escluso taglio del<br />

legno<br />

Escluse altre<br />

funzioni (ma si per<br />

assorbimento di<br />

lavoro)<br />

Tutte le funzioni,<br />

escluso taglio del<br />

legno<br />

Tutte le funzioni,<br />

escluso taglio del<br />

legno<br />

Alternativo al<br />

calcolo dei singoli<br />

benefici che lo<br />

compongono<br />

* Il ‘beneficio’ di ‘reddito per gli agricoltori’ non viene esplicitamente considerato poichè si ritiene sia parte<br />

delle distribuzione degli altri tipi di benefici considerati, in particolare quelli di assorbimento di lavoro,<br />

benefici turistico-ricreativi, estrazione di biomassa, prodotti non legnosi (vedi testo). Non viene inoltre<br />

considerata la potenziale perdita di redditi derivante dal cambiamento di copertura, che riguarda in gran parte<br />

una diminuzione di seminativi (vedi Cap. 2), poiché si assume che sia interamente compensata dalle politiche<br />

di realizzazione dei nuovi sistemi verdi.


1.4.3. Una stima dei benefici economici nei due scenari<br />

Lo sviluppo di una stima dei valori di benefici economici associati agli interventi<br />

descritti negli scenari del Capitolo 2, secondo lo schema della Tabella 1.3, sconta<br />

le difficoltà di correlare in termini numerici i valori di beneficio unitario<br />

selezionati nei altri capitoli di questo lavoro, generalmente valutati per ettaro o<br />

altre unità, agli indicatori ecologici, espressi in varie unità di misura. Infatti, nello<br />

schema delle Tabella 1.3, mentre alcuni benefici possono essere proporzionati alle<br />

variazioni di copertura in ettari, altri dipendono dalla variazione degli indicatori<br />

ecologici determinati da quelle stesse variazioni di copertura, che tuttavia non<br />

sono riconducibili ad ettari.<br />

La soluzione preliminare proposta è molto semplificata ed è la seguente: i valori<br />

economico-monetari stimati per alcuni benefici sono assunti essere i massimi<br />

raggiungibili in quello scenario dei Capitolo 2 che presenta la massima<br />

variazione positiva degli indicatori ecologici rilevanti. Tale scenario<br />

‘ecologicamente migliore’, per gli indicatori rilevanti, diviene quindi benchmark<br />

dell’altro. Di conseguenza, i valori dei benefici associati allo scenario peggiore<br />

sono proporzionali a quelli dello scenario migliore in relazione alla differenza<br />

degli indicatori ecologici tra i due scenari. Ad esempio, il beneficio economico<br />

ricreativo selezionato dalle stime esaminate nel relativo capitolo (e sintetizzato qui<br />

in precedenza) viene assunto come il massimo raggiungibile in quello scenario del<br />

Capitolo 2 che presenta i maggiori cambiamenti positivi degli indicatori ecologici,<br />

ad esempio lo scenario 1. Se la variazione degli indicatori ecologici dello scenario<br />

2, quello peggiore, è l’80% di quella dello scenario 1, il beneficio ricreativo<br />

(valore monetario) dello scenario 2 è l’80% di quello dello scenario 1. In tal<br />

modo, gli indicatori ecologici divengono dei ‘fattori correttivi’ di valori calcolati<br />

su ettari di intervento o altri parametri, che quindi controllano la piena<br />

realizzabilità o meno dei benefici economici potenziali.<br />

Un’altra assunzione semplificatrice adottata nella stima è che i benefici delle<br />

diverse categorie da noi considerate nella situazione di partenza, cioè per le<br />

coperture attuali del suolo, siano zero. Ciò è ovviamente irrealistico ma dipende<br />

dal fatto che sono scarsamente stimabili i benefici associati alle effettive coperture<br />

attuali, che sono per lo più di tipo agricolo (seminativi, risaie) o di vegetazione<br />

rada in aree golenali. Un affinamento futuro delle stime dovrà comunque tenere<br />

conto di tale aspetto, e rimuovere tale assunzione.<br />

Le stime sono presentate e riassunte nella Tabella 1.4. Tutti i valori sono su un<br />

trentennio, adottando valori non scontati (tasso di sconto zero).<br />

Per l’assorbimento di CO2, si assume che il valore sia proporzionale al numero<br />

di ettari di variazione delle copertura arborea nei due scenari. Dato il suo valore<br />

unitario di mercato stimato (€/ton), considerato l’assorbimento per ettaro (ton/ha),<br />

si stima quindi il valore nel trentennio.<br />

Per le giornate di lavoro, si considera semplicemente la stima già presentata di<br />

500.000 giorni di lavoro per la ‘costruzione’ e manutenzione dei sistemi verdi in<br />

un trentennio (250.000 gg nei primi 5 anni).<br />

26


Per i benefici turistico ricreativi, si adotta il numero di viste/anno ipotizzato in<br />

precedenza, ad un valore unitario di 3-10 €/visita, e lo si considera raggiungibile<br />

nello scenario del Cap. 2 in cui si ottengono i massimi miglioramenti degli<br />

indicatori ecologici; il valore associato all’altro scenario è considerato<br />

proporzionale a tale benchmark in base alla sua variazione degli indicatori<br />

ecologici. Si considerano rilevanti solo gli interventi in aree fluviali in entrambi<br />

gli scenari.<br />

Per i benefici derivanti dall’estrazione di biomassa, data la sua parziale<br />

compatibilità con altre funzioni (vedi testo), si assume che il valore ottenibile per<br />

ettaro in 30 anni (2.700€), si applichi a solo il 10% della variazione in ettari della<br />

copertura arborea emergente dai due scenari del Cap. 2. L’effetto della variazione<br />

degli indicatori favorevoli al potenziale di estrazione (densità, continuità), viene<br />

considerato assumendo che il valore precedente sia quello massimo associato allo<br />

Scenario migliore dei due, proporzionando quindi il valore per l’altro scenario in<br />

relazione ai suoi indicatori. Si considerano rilevanti solo gli interventi in aree<br />

fluviali nello Scenario 1, tutte le aree nello Scenario 2.<br />

Per i prodotti non legnosi, si assume un valore di 15 €/ha/anno come massimo,<br />

associato allo scenario migliore di variazione degli indicatori ecologici,<br />

proporzionando il valore associato all’altro scenario in base ai suoi indicatori. Si<br />

considerano rilevanti solo gli interventi in aree fluviali nello Scenario 1, tutte le<br />

aree nello Scenario 2.<br />

Per la variazione del valore degli immobili, si assume il range percentuale tra<br />

+19% e +45%, come emergente dalle analisi, e lo si considera, anche in questo<br />

caso, come quello massimo associato allo scenario con indicatori ecologici<br />

migliori, proporzionando quindi i valori dell’altro scenario in base ai suoi<br />

indicatori ecologici. Si considerano rilevanti solo gli interventi in aree periurbane.<br />

Per il ‘valore economico totale’, che riassume da solo alcuni dei singoli valori<br />

di cui sopra, si assumono a riferimento due dei valori stimati per l’Italia (254 e<br />

667 €/ha/anno), li si considerano per tutti gli ettari di intervento nei due scenari<br />

(aree urbane, fluviali, agricole), e si assume che sia il massimo valore<br />

raggiungibile nello scenario con le migliori variazioni degli indici ecologici,<br />

proporzionando il valore dell’altro scenario di conseguenza.<br />

27


28<br />

Tipi di benefici<br />

economici<br />

valutabili*<br />

Assorbimento di<br />

CO2<br />

Assorbimento di<br />

lavoro per i sistemi<br />

verdi<br />

Benefici turistico<br />

ricreativi<br />

Estrazione di<br />

legname per<br />

energia e industria<br />

Prodotti non<br />

legnosi<br />

Valore degli<br />

immobili<br />

‘Valore economico<br />

totale’<br />

Tabella 1.4 - Stima dei benefici economici per i due scenari di intervento del Capitolo 2, valori totali su 30 anni (non scontati)<br />

Valore unitario selezionato Parametro di riferimento** Valore<br />

parametro<br />

Scenario 1<br />

1.800 €/ha - 3.300 €/ha, in 30 anni<br />

(prezzo 12-22 €/ton, per 5<br />

ton/ha/a)<br />

500.000 gg lavoro su 10.000 ha,<br />

totale 30 anni<br />

1.510.987 visite per 3-10€/visita =<br />

4.532.961 € - 15.109.870 € per<br />

anno; valore massimo per scenario<br />

migliore Δ indicatori (benchmark)<br />

2.700 €/ha, in 30 anni, solo 10% Δ<br />

ettari di copertura arborea; valore<br />

massimo, per scenario migliore Δ<br />

indicatori (benchmark)<br />

15 €/ha/anno; valore massimo, per<br />

scenario migliore Δ indicatori<br />

(benchmark)<br />

Incremento del 19% - 45% del<br />

valore; una tantum; valore<br />

massimo, per scenario migliore Δ<br />

indicatori (benchmark)<br />

254 – 665 €/ha/anno; valore<br />

massimo, per scenario migliore Δ<br />

indicatori (benchmark)<br />

Valore<br />

monetario<br />

stimato (€, 30<br />

anni)<br />

Scenario 1<br />

Δ ettari copertura arborea 8.888,7 ha 15.999.660 –<br />

29.332.710<br />

Valore<br />

parametro<br />

Scenario 2<br />

Valore<br />

monetario<br />

stimato (€, 30<br />

anni)<br />

Scenario 2<br />

9.381,4 ha 16.886.520 –<br />

30.958.620<br />

Ettari di intervento 9.378 ha 468.900 gg 9.381,4 ha 469.070 gg<br />

Δ indicatori di densità, varietà,<br />

continuità, aree fluviali (solo<br />

indicatore LBI, media semplice<br />

5 fiumi)<br />

Δ ettari di copertura arborea<br />

(aree fluviali Scenario 1)<br />

Δ indicatori di continuità e<br />

densità, aree fluviali<br />

Δ ettari di copertura arborea<br />

(aree fluviali Scenario 1)<br />

Δ indicatori di densità e varietà<br />

in aree fluviali (solo indicatore<br />

di biopermeabilità)<br />

Δ indicatori di densità e varietà<br />

in aree periurbane<br />

Δ ettari di copertura e Δ<br />

indicatori di densità, varietà,<br />

continuità su tutti i sistemi verdi<br />

0,4994<br />

(scenario<br />

peggiore)<br />

7.449, 3 ha<br />

1 (benchamrk)<br />

7.449, 3 ha<br />

81,9%<br />

(scenario<br />

peggiore)<br />

67.912.822 –<br />

226.376.072<br />

2.011.311 9.381,4 ha<br />

0,75 (scenario<br />

peggiore9<br />

2.721.974 9.381,4 ha<br />

1 (benchmark)<br />

1 benchmark + 19% - +45% 0,975<br />

(scenario<br />

peggiore)<br />

9.378 ha<br />

0,63 (scenario<br />

peggiore)<br />

45.020.027 –<br />

117.868.393<br />

1 (benchmark) 135.988.830 –<br />

453.296.100<br />

9.381,4 ha<br />

1 (benchmark)<br />

1.899.733<br />

4.221.630<br />

+ 18,5% -<br />

+43,9%<br />

71.486.268 –<br />

187.158930<br />

* Il ‘beneficio’ di ‘reddito per gli agricoltori’ non viene esplicitamente considerato poichè si ritiene sia parte delle distribuzione degli altri tipi di benefici considerati, in particolare quelli<br />

assorbimento di lavoro, benefici turistico-ricreativi, estrazione di biomassa, prodotti non legnosi (vedi testo). Non viene inoltre considerata la potenziale perdita di redditi derivante dal<br />

cambiamento di copertura, che riguarda in gran parte una diminuzione di seminativi (vedi Cap. 2), poiché si assume che sia interamente compensata dalle politiche di realizzazione dei<br />

10.000 ha. ** Le aree fluviali comprendono le cave.


I risultati, necessariamente relativi agli scenari considerati nel Capitolo 2 e alle<br />

assunzioni adottate per tradurli in stime monetarie, suggeriscono che la creazione<br />

di 10.00 ha di sistemi verdi può avere significativi benefici economico-ambientali<br />

monetizzabili, che sono di tipo prevalentemente ‘pubblico’ ma anche privati, in<br />

particolare se monetizzabili dagli agricoltori.<br />

Le funzioni/benefici di assorbimento di CO2 sono quantificabili in un range tra<br />

circa 16 milioni di € (valore inferiore dello scenario peggiore) e 30.9 milioni di €<br />

(valore massimo dello scenario migliore) nel totale dei 30 anni considerati (circa<br />

0,5 –1 milione di €/anno). Naturalmente tale stima dipende molto dal prezzo di<br />

mercato della CO2 adottato nella stima.<br />

I benefici turistico-ricreativi rappresenterebbero valori elevati, compresi tra<br />

quasi 68 milioni di € (valore inferiore dello scenario peggiore) a circa 453 milioni<br />

di € (valore più alto dello scenario migliore) nel trentennio. Ciò corrisponde a<br />

circa 2,3 – 15 milioni di €/anno in media. La grande variabilità dipende<br />

naturalmente dalla scarsa prevedibilità di tale beneficio.<br />

Il potenziale valore economico di estrazione di biomassa energetica e<br />

industriale è qui stimato in modo estremamente prudenziale come valore del tutto<br />

collaterale, date le finalità dei sistemi verdi, e in considerazione di un suo<br />

potenziale conflitto con le finalità principali. I dati indicano quindi valori tra<br />

soltanto 1,8 e 2 milioni di € nel trentennio. Appropriate modalità gestionali<br />

possono probabilmente rendere tali valori maggiori senza riduzione degli altri<br />

valori ambientali.<br />

I prodotti non legnosi possono generare un valore compreso tra 2,7 e 4,2.<br />

milioni di € a seconda degli scenari nel corso del trentennio.<br />

Alcuni di questi valori monetari non presentano a priori incompatibilità<br />

funzionali tra di loro per ragioni ecologiche o di utilizzazione/gestione (vedi<br />

analisi precedenti), e possono quindi essere sommabili. La combinazione tra:<br />

(a) benefici di assorbimento di CO2;<br />

(b) benefici ricreativi;<br />

(c) produzione di prodotti non legnosi;<br />

(d) valori di produzione di biomassa (date le modalità ‘compatibili’ con cui<br />

sono stimati), potrebbero comportare valori compresi tra un minimo di<br />

88.5 milioni di € e un massimo di 490,6 milioni di € in un trentennio, per<br />

un valore intermedio di 289,5 milioni di €.<br />

La grande ampiezza del range dipende dai valori ricreativi, che dominano i valori<br />

totali e che dipendono molto da fenomeni poco prevedibili. Si tratta di cifre che,<br />

anche scontate al presente con adeguati tassi di sconto, possono rappresentare un<br />

buon ritorno dell’investimento previsto per la realizzazione dei 10.000 ha.<br />

Sarebbero quindi in grado, se effettivamente ‘monetizzabili’, di determinare un<br />

bilancio economico, in senso sociale, complessivamente positivo.<br />

Va tenuto presente che, se si applicano i valori stimati in Italia per il ‘valore<br />

economico totale’, che stima assieme i diversi valori funzionali anziché<br />

separatamente, si ottengono valori di beneficio complessivo minori, compresi tra<br />

45 e 187 milioni di € nel trentennio. Ciò suggerisce anche la notevole sensibilità<br />

29


dei valori complessivi ai metodi di valutazione, e alle assunzioni adottate nelle<br />

stime empiriche, soprattutto quando si deve operare ‘trasferimento di stime’<br />

realizzate in altri tempi e luoghi.<br />

A tali valori, vanno aggiunti altri benefici in termini di giornate di lavoro per<br />

gli impianti dei sistemi verdi, circa 470.000 giorni di lavoro/uomo, gli effetti sui<br />

valori degli immobili in aree perturbane, cifrabili in un incremento compreso tra il<br />

18,5% e il 45% del valore in assenza di sistemi verdi.<br />

Va ribadito che si tratta di stime sperimentali, soggette ad assunzioni e relative<br />

a soli due scenari di cambiamento delle coperture indotte dai ‘nuovi sistemi<br />

verdi’. Altri scenari di intervento, diversi da quelli ipotizzati nel Capitolo 2, sono<br />

altresì simulabili. In tal caso, si avrebbero, a seconda degli indicatori ecologici<br />

emergenti in tali scenari, possibili benchamrk diversi da quelli adottati nella<br />

tabella 1.4, con diverse stime di valore economico-monetario.<br />

30


Capitolo 2<br />

Indicatori ecologici per la valutazione dei benefici connessi<br />

alla realizzazione di 10.000 ha di sistemi verdi<br />

2.1. Introduzione<br />

Il programma per i nuovi sistemi verdi non può prescindere dall’individuazione e<br />

dallo sviluppo di indicatori ecologici, essenziali per la valutazione dei benefici<br />

ambientali che derivano dalla loro realizzazione.<br />

Con questo capitolo ci si pongono quindi i seguenti obiettivi:<br />

a) L’individuazione degli indicatori ecologici appropriati per accompagnare la<br />

realizzazione del programma 10.000 ha di nuovi sistemi verdi<br />

multifunzionali (D.G.R. 20 dicembre 2006, n. 8/3839);<br />

b) Lo sviluppo di tali indicatori ecologici in alcune aree di riferimento del<br />

paesaggio lombardo (sistemi territoriali);<br />

c) La costruzione di scenari utili ad esemplificare i benefici ambientali, a<br />

seconda delle diverse azioni che possono essere considerate dal soggetto<br />

realizzatore;<br />

d) La valutazione dei benefici ecologici e delle prestazioni ecologiche ottenute<br />

nei diversi scenari e misurate attraverso gli indicatori selezionati.<br />

Evidentemente lo strumento dell’indicatore ha qui il solo scopo di orientare il<br />

decisore e mostrargli i vantaggi e le opportunità che conseguono ad alcune azioni<br />

riguardanti la realizzazione di nuovi sistemi verdi. Questo è un passaggio<br />

importante al fine di garantire il più possibile che, ad una certa azione (qui di<br />

rinaturazione), corrisponda un effettivo beneficio misurabile e che tale<br />

misurazione anticipi la decisione e aiuti il decisore a scegliere tra diverse azioni<br />

all’interno di un quadro strategico più ampio.<br />

In questa fase verranno proposti due possibili scenari. Ognuno dei due<br />

rappresenta una possibile configurazione della realizzazione dei 10000 ettari di<br />

sistemi verdi. Quindi ogni scenario condensa in sé una serie di decisioni<br />

ambientali che, insieme, producono un risultato finale misurabile in termini<br />

ecologici. Ogni scenario sarà quindi caratterizzato dai valori numerici degli


indicatori ecologici scelti per misurare proprio la prestazione di un certo<br />

framework decisionale.<br />

2.2. Metodologia<br />

La metodologia utilizzata si è avvalsa di un momento iniziale di<br />

concettualizzazione articolato nelle seguenti fasi:<br />

a) individuazione dei sistemi verdi concorrenti alla realizzazione dei 10000<br />

ettari;<br />

b) individuazione dei sistemi territoriali di riferimento (che a loro volta sono<br />

sede dei sistemi verdi);<br />

c) declinazione dei sistemi verdi a seconda dei diversi sistemi territoriali;<br />

d) definizione dei principali obiettivi ecologici raggiungibili mediante la<br />

realizzazione dei sistemi verdi;<br />

e) scelta di alcuni indicatori ecologici adatti a descrivere gli obiettivi ecologici<br />

specifici dei di versi sistemi territoriali.<br />

2.2.1. Individuazione dei sistemi verdi<br />

I sistemi verdi elementari considerati ai fini del presente lavoro sono stati<br />

individuati tra quelli indicati nella d.g.r. 20/12/2006, n. 8/3839:<br />

- Bosco;<br />

- Aree in evoluzione;<br />

- Arbusteti e prati arbustati;<br />

- Strutture a rete (siepi, filari);<br />

- Fasce boscate riparali;<br />

- Fasce tampone;<br />

- Zone umide.<br />

Dei sistemi verdi indicati dalla d.g.r. 8/3839 non sono stati considerati quelli<br />

corrispondenti a tipologie di intervento.<br />

2.2.2. Individuazione dei sistemi territoriali di riferimento<br />

I sistemi territoriali qui considerati sono stati individuati dalla semplificazione dei<br />

sistemi di riferimento così come indicati dalla d.g.r. 8/3839 del 20 dicembre<br />

32


2006 2 . Essi sono:<br />

- Pianura agricola;<br />

- Valli fluvial;<br />

- Fondovalli montani;<br />

- Aree perturbane;<br />

Tra questi sistemi territoriali ci sono delle relazioni concettuali e sistemiche che<br />

occorre provare ad evidenziare per semplificare le fasi successive del lavoro. Ad<br />

esempio, di questi sistemi territoriali, la pianura agricola assume una rilevanza<br />

particolare al punto che è possibile ammettere che a tale sistema possano essere<br />

ricondotti anche tutti gli altri. In particolare è possibile assumere, in via<br />

semplificativa, che i fondovalle montani costituiscano una specializzazione<br />

ambientale della pianura agricola, che le valli fluviali siano un sistema-nelsistema<br />

in quanto presenti in pianura agricola (e nei fondovalle montani).<br />

Infine le aree periurbane possono essere considerate come l’interfaccia tra la<br />

pianura agricola e le aree prettamente urbanizzate. Hanno quindi i caratteri<br />

dell’una e dell’altra. Occorre considerare che nell’ecoregione padana la<br />

dimensione urbana è assai diffusa e gli insediamenti si densificano via via che ci<br />

si avvicina alla città consolidata. Quindi è possibile immaginare che le aree<br />

intorno alla città appartengano ad una particolare area agricola ad alta<br />

urbanizzazione che possiamo chiamare area periurbana.<br />

Tali ipotesi di base consentono di concentrare gli sforzi di valutazione degli effetti<br />

ecologici dei 10000 ha di sistemi verdi a partire dal sistema territoriale dominante,<br />

la pianura agricola, per poi indagare delle possibili sue specializzazioni (o<br />

sottoinsiemi) che saranno l’area periurbana, la valle fluviale, etc. La pianura<br />

agricola assume così il ruolo di matrice di riferimento (fig. 2.1).<br />

Figura 2.1 - Le relazioni tra sistemi territoriali<br />

Valli/ corridoi fluviali<br />

Pianura agricola<br />

(Matrice)<br />

Fonte: elaborazione <strong>IReR</strong><br />

33<br />

Area periurbana<br />

2 Pag. 9 dell’allegato alla d.g.r. 3839 del 20 dicembre 2006<br />

Fondovalle montano


2.2.3. Declinazione dei sistemi verdi in funzione dei diversi sistemi territoriali<br />

Per poter giungere a definire degli obiettivi ecologici, occorre circoscrivere il più<br />

possibile le opportune corrispondenze tra sistemi verdi e sistemi territoriali. In<br />

sintesi, occorre provare a considerare quali sistemi verdi possono essere ritenuti<br />

più coerenti e compatibili con le caratteristiche di naturalità e paesistiche di ogni<br />

sistema territoriale. Esprimendo il concetto sotto forma di domanda, si potrebbe<br />

dire: quale sistema verde per ogni sistema territoriale?<br />

Sicuramente tale domanda rischia di far riferimento ad un eccesso di<br />

razionalizzazione del problema che, però, qui è funzionale al raggiungimento di<br />

maggior chiarezza nella rappresentazione delle relazioni tra possibili azioni di<br />

rinaturazione e relativi sistemi territoriali. Ciò influisce anche (e forse soprattutto)<br />

nella definizione degli obiettivi ecologici da raggiungere e negli indicatori<br />

ecologici da selezionare per monitorarne i benefici.<br />

Per esemplificare, ci si aspetta che lungo le sponde di un fiume (ovvero in una<br />

parte nevralgica del sistema ‘valle fluviale’) si realizzino prioritariamente boschi,<br />

fasce boscate, fasce tampone al fine di consolidare se non addirittura rigenerare<br />

una certa continuità ecologica che era presente nel passato in questo tipo di<br />

ecotopo. In aperta campagna, laddove la produzione agricola ha un ruolo ancora<br />

dominante, i sistemi verdi prevalenti che potrebbero essere più utilizzati, in<br />

coerenza con il paesaggio rurale, sono la siepe, il filare e la fascia tampone. Con<br />

tali sistemi ci si aspetta di ottenere un beneficio ecologico in termini di aumento<br />

della connettività diffusa e anche di aumento di biodiversità, senza sostituire<br />

completamente il sistema della produzione agricola, ma solo re-introducendo una<br />

dimensione ecologica compatibile e che era presente nel paesaggio di pianura<br />

qualche decennio addietro, prima dell’affermazione dell’agricoltura ‘industriale’.<br />

Nella figura fig. 2.2 è riportata una matrice esemplificativa delle relazioni<br />

possibili tra sistemi territoriali e sistemi verdi. Con il numero ‘1’ viene indicata<br />

una relazione prioritaria rispetto a quella contrassegnata con il numero ‘2’.<br />

Figura 2.2 – Le relazioni tra sistemi territoriali e sistemi verdi<br />

Pianura agricola<br />

Valli/ Corridoi fluviali<br />

Aree periurbane<br />

Fondovalli alpini<br />

boschi<br />

2<br />

aree in<br />

evoluzione<br />

1 1 1 1 2<br />

34<br />

arbusteti +<br />

prati (arb.)<br />

strutture a<br />

rete (siepi…)<br />

fasce<br />

tampone<br />

fasce<br />

boscate<br />

1 2 1-2 2 2 1<br />

[…]<br />

[…]<br />

Fonte: elaborazione <strong>IReR</strong><br />

zone umide<br />

1-2<br />

1-2<br />

[…]


2.2.4. Definizione dei principali obiettivi ecologici raggiungibili mediante i<br />

sistemi verdi<br />

Individuate le relazioni principali tra sistemi verdi e sistemi territoriali è possibile<br />

declinare meglio gli obiettivi ecologici fondamentali che è possibile raggiungere e<br />

che sono considerati irrinunciabili da una serie di atti nazionali e internazionali e<br />

prioritari nel riferimento territoriale lombardo (e.g. Action Plan for Biodiversity,<br />

European Landscape Convention, Direttiva Habitat, etc.)<br />

Fondamentalmente sono stati considerati tre obiettivi ecologici generali:<br />

a) l’aumento della biodiversità del paesaggio, qui intesa quindi come<br />

biodiversità ecopaesistica, contrastando la tendenza alla semplificazione e<br />

all’omologazione paesistica, partendo dalla reintroduzione di quelle<br />

componenti verdi che più favoriscono la biodiversità specifica;<br />

b) l’aumento della presenza, densità ed estensione di elementi naturali nel<br />

paesaggio che nel tempo si è impoverito (aumento di naturalità);<br />

c) l’aumento della continuità ecologica nel paesaggio, ovvero la riduzione<br />

della frammentazione. Si tratta di un’importante proprietà perché un<br />

territorio con elevata connettività favorisce, attraverso la facilitazione dei<br />

flussi biologici, la diffusione di biodiversità al suo interno (Taylor et al.,<br />

1993).<br />

Tali obiettivi sono, pur con modalità differenziate, raggiungibili nei diversi<br />

sistemi territoriali attraverso la realizzazione di sistemi verdi (fig. 2.3). Perché ciò<br />

avvenga è tuttavia necessario un disegno ecopaesistico generale che abbracci tali<br />

azioni, evitando la dispersione di iniziative ecologiche e quindi la perdita di<br />

vantaggi durevoli.<br />

Figura 2.3 – I sistemi verdi concorrono al raggiungimento degli obiettivi ecologici generali<br />

Sistemi elementari individuati a partire da d.g.r. 20/ 12/ 2006, n. 8/ 3839 utili<br />

a realizzare Pileri P. anche e Maggi interventi M. – DIAP_PoliMi più complessi - 5 ottobre proposti 2007, Milano da stesso d.g.r.<br />

Fonte: elaborazione <strong>IReR</strong>.<br />

35<br />

I sistemi verdi<br />

disponibili<br />

9<br />

siepe<br />

albero sparso<br />

bosco<br />

area umida<br />

fascia tampone<br />

Obiettivi specifici. In ogni sistema territoriale il ruolo assunto (in senso di<br />

prevalenza) dal singolo e dall’insieme dei sistemi verdi compatibili, prefigura la<br />

declinazione dei tre obiettivi generali in una serie di obiettivi specifici (fig. 2.4).


La necessità di definire degli obiettivi specifici si spiega anche con la necessità<br />

di individuare gli indicatori ecologici più pertinenti.<br />

Azioni. L’ultimo passaggio logico consiste nel far corrispondere ad ogni obiettivo<br />

specifico una possibile azione, ovvero la realizzazione di opportuni sistemi verdi.<br />

Ad esempio, nel caso del sistema territoriale ‘pianura agricola’ l’obiettivo<br />

specifico ‘aumento del mix di coperture ad alto potenziale di biodiversità’ può<br />

essere conseguito attraverso la realizzazione di siepi e filari in aree a seminativo<br />

di tutta la pianura agricola. Le azioni sono descritte nel paragrafo 2.2.<br />

Figura 2.4 – Indicazione di alcuni possibili obiettivi specifici, coerenti con gli obiettivi<br />

generali (in blu), relativi ai diversi sistemi territoriali<br />

Pianura agricola<br />

Valli/ Corridoi fluviali<br />

Aree periurbane<br />

Fondovalli alpini<br />

naturalità biodiversità continuità<br />

[…]<br />

Ispessimento<br />

fascia boscata<br />

riparia<br />

[…]<br />

Aumento aree di<br />

pausa prative<br />

36<br />

Aumento mix coperture<br />

ad alto potenziale di<br />

biodiversità<br />

[…]<br />

[…]<br />

[…]<br />

Fonte: elaborazione <strong>IReR</strong><br />

Aumento<br />

connettività<br />

diffusa<br />

Diminuzione<br />

discontinuità<br />

ripariali<br />

Aumento<br />

connettività<br />

diffusa<br />

Aumento fasce<br />

boscate<br />

trasversali<br />

2.2.5. Scelta di alcuni indicatori per descrivere gli obiettivi ecologici specifici dei<br />

diversi sistemi territoriali<br />

Dopo aver definito gli obiettivi specifici, è possibile scegliere degli indicatori utili<br />

al monitoraggio del conseguimento di tali obiettivi.<br />

La selezione degli indicatori viene fatta tenendo conto di alcuni criteri chiave:<br />

- la base dati che serve per il calcolo degli indicatori è di tipo geografico e si<br />

basa, perciò, sulle coperture del suolo;<br />

- la scala territoriale alla quale devono riferirsi gli obiettivi specifici è la<br />

scala vasta;<br />

- gli indicatori devono essere sufficientemente referenziati (vd. ‘Landscape<br />

metrics’ e ‘Landscape ecology’);<br />

- la semplicità, in quanto gli indicatori si devono rivolgere ad un pubblico di<br />

soggetti molto vario e diversificato che deve comprenderne il significato<br />

interpretativo senza resistenze e specializzazioni culturali;<br />

- la pertinenza con le politiche ambientali attuabili a livello locale: gli<br />

indicatori devono poter dare riscontro della misura del successo della<br />

singola decisione/politica considerata.


Il sistema territoriale ‘pianura agricola’. Tenendo conto di tali condizioni si è<br />

quindi giunti a considerare una serie di indicatori partendo dal sistema territoriale<br />

‘pianura agricola’ che, come detto sopra, è il sistema di riferimento principale. In<br />

figura 2.5 sono rappresentati gli indicatori ecologici selezionati per l’obiettivo<br />

generale ‘biodiversità ecopaesistica’, a sua volta declinato in tre obiettivi<br />

specifici:<br />

a) aumento del mix di coperture ad alto potenziale di biodiversità;<br />

b) aumento del numero di sistemi verdi;<br />

c) diminuzione della dominanza di alcuni sistemi verdi.<br />

Gli ultimi due obiettivi, insieme, consentono di valutare la diversità paesaggistica.<br />

Figura 2.5 – Gli indicatori ecologici selezionati per l’obiettivo generale ‘aumento della<br />

biodiversità ecopaesistica’ (a sua volta declinato in tre obiettivi specifici) nel caso del sistema<br />

territoriale ‘pianura agricola’<br />

Pianura agricola:<br />

Aumento della biodiversità ecopaesistica<br />

Aumento mix di coperture ad alto potenziale di biodiversità:<br />

↑ Landscape Biodiversity Index (Pileri e Sartori 2004): LBI<br />

Aumento no. di sistemi verdi :<br />

↑ Patch richness (McGarrigal and Marks 1995): PR ≥ 1<br />

Diminuzione dominanza di alcuni sistemi verdi:<br />

↓ Dominance (O’Neill et al. 1988 ): 0 ≤ D ≤ 1<br />

Fonte: elaborazione <strong>IReR</strong><br />

37<br />

Diversità<br />

paesaggistica<br />

Per ciascuno dei tre obiettivi specifici è stato individuato un indicatore,<br />

rispettivamente:<br />

1) LBI (Landscape Biodiversity Index) (Pileri e Sartori, 2005). Questo<br />

indicatore ‘misura’ il valore di biodiversità, o meglio di attitudine alla<br />

biodiversità, di un certo territorio, sulla base dei tipi di uso/copertura del<br />

suolo presenti in quel territorio. Esso può assumere valori tra 0 a 1:<br />

maggiore è il valore di LBI relativo ad una data configurazione di<br />

usi/coperture del suolo, maggiore è la biodiversità potenziale associata a<br />

quell’area. Il valore dell’indicatore viene calcolato per celle quadrate (nel<br />

presente caso di 300x300 m) secondo la seguente formula:<br />

LBI = (∑ pi * Ai) / pmax*Acella<br />

dove:<br />

pi = peso assegnato alla i-esima copertura. Il valore del peso (variabile<br />

tra 5 e 20) tiene conto di 5 parametri della copertura analizzata:<br />

struttura verticale, orizzontale, temporale, composizione floristica e


stato dinamico. Tali caratteristiche dei soprassuoli vegetati<br />

risultano essere rilevanti nel determinare sia il livello di diversità<br />

biologica di un’area, sia le condizioni perché questa si conservi nel<br />

tempo.<br />

Ai = area della copertura i-esima nella cella quadrata considerata<br />

pmax= valore massimo dei pesi (i.e. 20)<br />

Acella= area totale della cella (nel caso specifico 300x300 m = 9 ha)<br />

Il prodotto a denomitaore serve a riscalare il valore di LBI tra 0 e 1.<br />

2) Patch 3 richness (numero di patches) (McGarrigal and Marks 1995).<br />

Questo indicatore misura il numero di patches presenti sul territorio. Esso<br />

va letto congiuntamente ad un altro indicatore (dominance) qui di seguito<br />

descritto.<br />

3) Dominance (O’Neill et al. 1988). Tale indicatore esprime la prevalenza di<br />

una tipologia di copertura del suolo rispetto alle altre, nella medesima<br />

unità territoriale di analisi. Esso può assumere valori tra 0 e 1:<br />

all’aumentare della dominance il paesaggio è dominato da un sempre<br />

minor numero di tipi di copertura del suolo, mentre al diminuire di tale<br />

indicatore la distribuzione tende ad essere più equilibrata fra molti tipi.<br />

La dominance viene calcolata in base alla seguente formula:<br />

dove:<br />

D =( ln s + ∑pilnpi)/lns<br />

s = numero di coperture presenti nell’area analizzata<br />

pi = proporzione della copertura i-esima nell’area analizzata<br />

Per ottenere un risultato efficace, ovvero un’elevata diversità paesaggistica,<br />

occorre che all’aumentare della patch richness corrisponda una diminuzione della<br />

dominance.<br />

In figura 2.6 sono rappresentati gli indicatori ecologici selezionati per l’obiettivo<br />

generale ‘aumento della naturalità’, a sua volta declinato in due obiettivi specifici:<br />

a) aumento del mix di coperture a valore naturale;<br />

b) aumento della superficie dei singoli sistemi verdi.<br />

3 Patch è qui da intendersi come tessera o unità elementare del paesaggio.<br />

38


Figura 2.6 – Gli indicatori ecologici selezionati per l’obiettivo generale ‘aumento della<br />

naturalità’ (a sua volta declinato in due obiettivi specifici) nel caso del sistema territoriale<br />

‘pianura agricola’<br />

Pianura agricola:<br />

Aumento della naturalità<br />

Aumento superficie del mix di coperture a valore naturale:<br />

↑ Coefficiente di biopermeabilità (Romano, Paolinelli 2007): C bpm (%)<br />

Aumento superficie dei singoli sistemi verdi:<br />

↑ coefficiente di boscosità: C b (%)<br />

↑ Coefficiente di copertura naturale C n (%)<br />

Fonte: eaborazione propria.<br />

Per il primo obiettivo specifico è stato proposto il coefficiente di biopermeabilità,<br />

proposto da Romano e Paolinelli (2007). Tale indicatore misura l’incidenza<br />

percentuale, sulla superficie di riferimento, delle superfici biopermeabili, ovvero<br />

delle superfici non interessate da fenomeni di urbanizzazione o di consumo<br />

produttivo intensivo del suolo 4 .<br />

Il coefficiente di biopermeabilità risulta dalla sommatoria di tre indicatori: il<br />

‘Coefficiente di boscosità’, il ‘Coefficiente di copertura naturale’, il ‘Coefficiente<br />

di ruralità estensiva seminaturale’. I primi due indicatori contribuiscono<br />

singolarmente anche al monitoraggio del secondo obiettivo specifico (fig. 2.6).<br />

Il ‘Coefficiente di boscosità’ è dato dal rapporto tra le superfici boscate (classi B<br />

DUSAF)e la superficie totale analizzata. Il bosco è tra gli ecosistemi più importanti<br />

nella regione ecologica considerata e pertanto a valori numerici elevati di questo<br />

indicatore, corrispondono migliori prestazioni ecologiche del sistema ‘pianura<br />

agricola’.<br />

Il ‘Coefficiente di copertura naturale’ (classi N DUSAF) è dato dal rapporto tra le<br />

coperture vegetate e la superficie totale analizzata.<br />

4 La fonte dati delle coperture del suolo è, per questa sperimentazione, il supporto geografico<br />

DUSAF. Esso viene descritto più ampiamente nel paragrafo 2.2. Riferendosi alla legenda utilizzata<br />

in tale geodatabase, sono state qui considerate come superfici biopermeabili (quindi a numeratore<br />

nell’algoritmo dell’indice) le seguenti coperture del suolo:<br />

S1a seminativo semplice con presenza diffusa di filari arborei<br />

S1c seminativo semplice con presenza rada di filari arborei<br />

S2 Seminativo arborato<br />

L1-5 Frutteti e frutteti minori, Vigneti, Oliveti, Castagneti da frutto<br />

L7-8 Pioppeti, Altre legnose agrarie<br />

P Prati<br />

B Boschi<br />

N Vegetazione naturale<br />

39


Il ‘Coefficiente di ruralità estensiva seminaturale’ è dato dal rapporto tra le<br />

superfici con coperture agricole (classi DUSAF: S1a, S1c, S2, L1-5, L7-8, P)<br />

caratterizzate da una propria dotazione ecologica e la superficie totale analizzata.<br />

Anche per questi due ultimi indici si può dire che a valori numerici elevati<br />

corrispondono migliori prestazioni ecologiche del sistema ‘pianura agricola’.<br />

È da notare come nel calcolo del coefficiente di biopermeabilità non siano<br />

conteggiate le aree agricole ad uso intensivo (classe DUSAF S1).<br />

Va precisato inoltre che gli indicatori individuati per gli obiettivi generali<br />

‘aumento della biodiversità ecopaesistica’ e ‘aumento della naturalità’, possono<br />

essere applicati anche ai sistemi territoriali ‘fondovalli montani’, ‘aree<br />

periurbane’, nonché ‘valli fluviali’ come qui di seguito descritto per alcuni di<br />

questi.<br />

Il sistema territoriale ‘valli fluviali’. Le valli o i corridoi fluviali sono<br />

identificabili come un sottoinsieme particolare della pianura agricola. Pertanto a<br />

questo sistema territoriale vengono applicati gli indicatori ecologici già selezionati<br />

per il sistema territoriale ‘pianura agricola’ con l’aggiunta importante di un altro<br />

tema ambientale: la continuità ecologica.<br />

Aumentare e garantire la continuità longitudinale lungo un fiume attraverso la<br />

ricomposizione delle fasce boscate ripariali diviene un obiettivo specifico per tale<br />

sistema territoriale, realizzabile con i sistemi verdi (fig. 2.7).<br />

Figura 2.7 – Gli indicatori ecologici selezionati per l’obiettivo generale ‘aumento della continuità’ nel<br />

caso del sistema territoriale ‘valli fluviali’<br />

Valli fluviali:<br />

Aumento della continuità<br />

Aumento continuità sugli assi esistenti:<br />

↓ Discontinuità ripariali: Dr ≥ 0 (n e m/ ha e m.)<br />

Per questo obiettivo specifico è stato individuato l’indice di discontinuità ripariale<br />

(Forman e Godron 1986). Esso è calcolato misurando il numero e la lunghezza<br />

delle discontinuità esistenti lungo le sponde dei fiumi. Con discontinuità qui si<br />

intende la presenza di coperture del suolo che non siano di tipo boscato (classi B<br />

DUSAF) o di vegetazione naturale (classe N DUSAF) (Fig. 2.8).<br />

Al diminuire del numero delle discontinuità corrisponde un aumento della<br />

connettività longitudinale<br />

40


Figura 2.8 – Diverse tipologie di discontinuità della vegetazione ripariale<br />

Fonte: APAT, 2002<br />

Tutti gli indicatori sono in seguito calcolati e discussi per diversi ambiti<br />

territoriali, ovvero:<br />

a) l’intera pianura agricola;<br />

b) le aree periurbane (i.e. prima cerchia di comuni dei capoluoghi);<br />

c) alcune valli fluviali (Adda, Serio, Oglio, Mincio e Lambro).<br />

Si è deciso inoltre di effettuare un’analisi anche per province al fine di mostrare<br />

come le analisi possano ricomporsi su altre unità territoriali come ad esempio<br />

quelle amministrative.<br />

2.3. La valutazione ecologica degli scenari ambientali<br />

Dopo aver concettualizzato e definito contesti, strumenti ed obiettivi, è possibile<br />

lavorare alla costruzione di alcuni scenari. Questi rappresentano i risultati<br />

raggiungibili applicando una serie di azioni, ciascuna corrispondente alla<br />

realizzazione di sistemi verdi.<br />

41


L’approccio seguito è di tipo ‘simulativo’, ovvero si è immaginato di poter<br />

disporre di una quantità di tipologie di sistemi verdi o ‘interventi verdi’ da<br />

realizzare, per ottenere un certo risultato ecologico-ambientale misurabile in un<br />

determinato sistema territoriale di riferimento.<br />

2.3.1. Coperture del suolo e realizzazione di sistemi verdi<br />

La simulazione degli scenari e la valutazione dei conseguenti benefici ambientali<br />

sono state realizzate mediante la base geografica DUSAF (Destinazione d’Uso dei<br />

Suoli Agricoli e Forestali) della regione Lombardia. Tale base dati è costituita da<br />

una carta di tipo vettoriale (scala 1:10,000) derivata per fotointerpretazione delle<br />

ortofoto IT2000, e in essa ad ogni poligono è assegnata una sigla. Questa<br />

corrisponde ad una macro tipologia di uso del suolo (S = seminativo, L = legnose<br />

agrarie, P = prati, B = boschi, N = vegetazione naturale, R = aree sterili, A = aree<br />

idriche, U = aree urbanizzate) la quale a sua volta può essere declinata in diverse<br />

sottoclassi, indicate tramite una numerazione, in cui si dettagliano e si specificano<br />

le singole tipologie (e.g. S1 = seminativo semplice, S1a = seminativo semplice<br />

con presenza diffusa di filari, S2 = seminativo erborato, etc). In Tabella 2.1 si<br />

riporta la legenda della base dati DUSAF<br />

42


S1 - Seminativo semplice<br />

Tabella 2.1 – Legenda della base dati DUSAF<br />

SEMINATIVI<br />

S2 - Seminativo erborato<br />

S3 - Colture ortoflorovivaistiche a pieno campo<br />

S4 - Colture ortoflorovivaistiche protette<br />

S6 - Orti familiari non in ambito urbano<br />

S7 – Risaie<br />

LEGNOSE AGRARIE<br />

L1 - Frutteti e frutti minori<br />

L2 – Vigneti<br />

L3 – Oliveti<br />

L5 - Castagneti da frutto<br />

L7 – Pioppeti<br />

L8 - Altre legnose agrarie<br />

PRATI<br />

P1 - Marcite<br />

P2 - Prati permanenti di pianura<br />

P4 - Prati e pascoli<br />

BOSCHI<br />

B1 - Boschi di latifoglie<br />

B4 - Boschi di conifere<br />

B5 - Boschi misti di conifere e di latifoglie<br />

B7 - Rimboschimenti recenti<br />

VEGETAZIONE NATURALE<br />

N1/N2-Vegetazione palustre e delle torbiere<br />

N3/N4 -Vegetazione rupestre e dei detriti<br />

N5 - Vegetazione dei greti<br />

N8 - Vegetazione arbustiva e cespuglieti<br />

AREE STERILI<br />

R1 - Accumuli detritici e affioramenti litoidi privi di vegetazione<br />

R2 - Aree estrattive<br />

R3 – Discariche<br />

R4 - Ambiti degradati soggetti ad usi diversi<br />

R5 - Aree sabbiose, ghiaiose e spiagge<br />

AREE IDRICHE<br />

A1 – Ghiacciai e Nevai<br />

A2 - Laghi, bacini, specchi d’acqua<br />

A3 - Alvei fluviali e corsi d’acqua artificiali<br />

AREE URBANIZZATE<br />

U - Aree urbanizzate ed infrastrutture<br />

Fonte: DUSAF 2002<br />

43


Dal punto di vista tecnico, la costruzione degli scenari avviene simulando la<br />

realizzazione di una o più tipologie di sistemi verdi (azioni). Queste<br />

corrispondono ad un cambiamento della sigla assegnata ad un certo poligono e<br />

quindi della relativa tipologia di copertura del suolo. Ad esempio se viene<br />

impiantato un bosco su un’area agricola, il risultato tecnico corrispondente è una<br />

sostituzione di attributo di un determinato poligono, da ‘seminativo’ (S) a ‘bosco’<br />

(B). La realizzazione di un’ipotetica superficie a bosco corrisponde quindi ad una<br />

sostituzione di coperture del suolo: coperture agricole diventano coperture<br />

naturali.<br />

In tal modo è possibile applicare alcune logiche per poter ottenere dei benefici<br />

‘organizzati’. Ad esempio, lungo i fiumi è possibile realizzare delle fasce boscate,<br />

sostituendo tutte le coperture diverse dal bosco ed ottenere così una fascia<br />

continua di verde.<br />

Evidentemente l’aspettativa ecologica è di ottenere un ‘effetto leva’, ovvero<br />

riuscire con interventi mirati ad ottenere un beneficio più generale ed esteso al di<br />

là dell’area di intervento.<br />

Due sono gli scenari ipotetici per ora presi in considerazione. Essi<br />

rappresentano due diverse modalità di utilizzo dei sistemi verdi in termini di<br />

quantità e localizzazione, con l’idea di ottenere risultati specifici differenti. Il<br />

primo prevede interventi per lo più di tipo localizzato, il secondo esclusivamente<br />

di tipo diffuso.<br />

2.3.2. Lo scenario ecologico 1: fasce boscate riparali, fasce a prato e boscate<br />

attorno alle cave di pianura, realizzazione di siepi e filari in aree periurbane<br />

Il primo scenario di miglioramento ecologico consiste in tre azioni congiunte,<br />

sviluppate in tre ambiti spaziali differenti: lungo i fiumi, attorno alle cave, nelle<br />

aree periurbane. Le prime due azioni sono localizzate, la terza a carattere<br />

estensivo.<br />

1) Azione 1: consolidamento e integrazione delle fasce boscate lungo gli assi<br />

fluviali principali, al fine di eliminare le discontinuità attuali (Fig. 2.9). Per<br />

attuare questa’azione le coperture esistenti lungo i fiumi principali sono<br />

state sostituite con una copertura a ‘vegetazione arbustiva e arborea di<br />

ambiente ripariale’ (classe DUSAF B1u), in una fascia di 50 m adiacente il<br />

fiume;<br />

44


Figura 2.9 – Esemplificazione dell’Azione 1 che concorre a generare lo scenario 1 nel caso del<br />

sistema territoriale ‘pianura agricola’<br />

Aumento delle fasce boscate lungo gli assi<br />

fluviali principali<br />

Criteri di realizzazione:<br />

Eliminazione delle discontinuità delle attuali fasce boscate lungo gli assi fluviali.<br />

L’intervento è realizzato nei 50 metri adiacenti le sponde dei fiumi mediante impianto di<br />

vegetazione arbustiva e arborea di ambiente ripariale (classe DUSAF B1u).<br />

Fasce<br />

boscate<br />

esistenti<br />

Seminativi<br />

Corso<br />

d’acqua<br />

50 m<br />

50 m<br />

Seminativi<br />

45<br />

Seminativi<br />

Nuova veg.<br />

ambiente<br />

ripariale<br />

Corso<br />

d’acqua<br />

Seminativi<br />

2) Azione 2: realizzazione di fasce a prato (classe DUSAF P2) e fasce boscate<br />

(classe DUSAF B1u) intorno alle cave (fig. 2.10). Con questa azione,<br />

declinata rispettivamente in azione 2a e 2b, ci si prefigge la<br />

ricomposizione delle coperture ecologiche (prative e boscate) attorno alle<br />

aree di cava, le quali, completandosi con un perimetro ripariale, possono<br />

cominciare a trasformarsi in ecosistemi e aumentare così il loro valore<br />

ecologico;<br />

Figura 2.10 – Esemplificazione dell’Azione 2 (a sua volta articolata in 2a e 2b) che concorre a<br />

generare lo scenario 1 nel caso del sistema territoriale ‘pianura agricola’<br />

Realizzazione di fasce a prato e fasce boscate<br />

intorno alle cave<br />

Criteri di realizzazione:<br />

L’intervento è realizzato nei 20 metri immediatamente adiacenti la cava, mediante sostituzione<br />

delle coperture esistenti con prati permanenti di pianura (classe DUSAF P2). Viene inoltre<br />

creato un ulteriore buffer di 10 m, esterno al primo, in cui le coperture esistenti vengono<br />

sostituite con vegetazione arbustiva e arborea di ambiente ripariale (classe DUSAF B1u).<br />

Cava<br />

20 m<br />

Seminativi<br />

10 m<br />

Seminativi<br />

Veg.<br />

arbustiva e<br />

cespuglieti<br />

Prati<br />

Cava<br />

Veg. ambiente ripariale<br />

Seminativi<br />

Veg.<br />

arbustiva e<br />

cespuglieti<br />

3) Azione 3: realizzazione di siepi e filari in aree periurbane, da intendersi<br />

come l’insieme dei territori della prima fascia di comuni adiacenti i<br />

capoluoghi di provincia (escluso Sondrio, Lecco e Como). Nello specifico<br />

questa azione prevede che le aree a ‘seminativo semplice’ (classe DUSAF<br />

S1) vengano sostituite con aree a ‘seminativo semplice con presenza<br />

diffusa di filari’ (classe DUSAF S1a) (fig. 2.11). Ai fini della presente<br />

azione si è ipotizzato di realizzare siepi e filari di larghezza 4 m e densità<br />

60m/ha.


Figura 2.11 – Esemplificazione dell’Azione 3 che concorre a generare lo scenario 1 nel caso<br />

del sistema territoriale ‘pianura agricola’<br />

Realizzazione di siepi e filari in aree<br />

periurbane<br />

Criteri di realizzazione:<br />

Gli interventi vengono realizzati nella prima cerchia di comuni adiacenti i capoluoghi lombardi.<br />

Tutte le aree a seminativo semplice (classe DUSAF S1) e seminativo semplice con risaie (classe<br />

DUSAF S1r) sono convertite a seminativo semplice con presenza diffusa di filari (classe DUSAF<br />

S1a), mediante realizzazione di siepi e filari di larghezza 4 m e densità 60m/ha.<br />

Le stesse aree possono essere interessate da altri interventi, considerando però che il 2,4%<br />

dellalorosuperficieègiàoccupatadasiepie filari<br />

Il bilancio di coperture del suolo dello scenario 1. Per configurare il risultato che<br />

si ottiene con le tre azioni componenti lo scenario 1, occorre riportare la<br />

riflessione per un momento alla tecnica con la quale sono state simulate le azioni,<br />

ovvero la sostituzione di coperture del suolo esistenti.<br />

Con tale scenario, infatti, da un lato ‘si perdono’ delle coperture che sono<br />

attualmente presenti, dall’altro si ‘guadagnano’ per sostituzione altre coperture<br />

che corrispondono ai sistemi verdi.<br />

Se alle coperture ‘perse’ sono associati dei benefici economici, energetici o di<br />

altra natura occorre, nell’ottica di un bilancio globale, sottrarre tali benefici.<br />

Dall’altro lato ‘si guadagnano’ per sostituzione delle coperture che<br />

produrranno effetti ecologici (calcolabili con gli indicatori ecologici selezionati),<br />

ma anche altri effetti (economici ed energetici ad esempio), da contabilizzare con<br />

gli indicatori economici.<br />

Il risultato finale è una sorta di sostituzione di coperture con altre coperture, a<br />

maggior efficienza ed efficacia ecologica.<br />

Qui di seguito è fornito per ogni scenario il bilancio di coperture del suolo (tab.<br />

2.2).<br />

46


Tabella 2.2 – Bilancio di coperture del suolo sostituite per ottenere lo scenario 1<br />

OUT IN<br />

azione OUT<br />

Superficie [ha] IN<br />

Copertura uscente<br />

(-)<br />

Copertura entrante<br />

1 S1 seminativo semplice 4.588,6<br />

1 S1c S1 con filari arborei radi 1.472,7<br />

1 S1r S1 con risaie 268,0<br />

1 S2 seminativo erborato 14,7<br />

1 S3 colture ortiflorovivaistiche 30,0<br />

1 S3l vivai 9,2<br />

1 S4 Colture ortoflorovivaistiche<br />

protette<br />

11,6<br />

1 S6 orti familiari non in ambito<br />

urbano<br />

28,6<br />

1 S7 risaie 470,8<br />

1 S7s risaie miste a seminativi 555,2<br />

1 B1u vegetazione<br />

arbustiva e arborea di<br />

ambiente ripariale<br />

2a R2 aree estrattive 222<br />

2a S1 seminativo semplice 38<br />

2a S1c S1 con filari arborei radi 23,3<br />

2a L7 pioppeti 9,9<br />

2a R4 ambienti degradati 7,1<br />

2a R5 aree sabbiose e ghiaiose 5,8<br />

2a S7 risaie 4,7<br />

2a S7s risaie miste a seminativo 4,5<br />

2a S1r S1 con risaie 1,6<br />

2a S1a S1 con filari arborei diffusi 0,9<br />

2a S2 seminativo erborato 0,6<br />

2a L8 altre legnose agrarie 0,4<br />

2a S6 orti familiari non in ambito<br />

urbano<br />

0,2<br />

2a S4 colture ortiflorovivaistiche<br />

protette<br />

0,2<br />

2a S3 colture ortiflorovivaistiche 0,2<br />

2a L2 vigneti 0,1<br />

2a P2 prati permanenti di<br />

pianura<br />

2b R2 aree estrattive 100,8<br />

2b S1 seminativo semplice 31,9<br />

2b S1c S1 con filari arborei radi 20,6<br />

2b P2 prati permanenti di pianura 11,6<br />

2b L7 pioppeti 5,5<br />

2b S7s risaie miste a seminativo 4,4<br />

2b S7 risaie 3,7<br />

2b R4 ambienti degradati 2,3<br />

2b S1r S1 con risaie 1,2<br />

2b R5 aree sabbiose e ghiaiose 1,1<br />

2b S1a S1 con filari arborei diffusi 0,6<br />

2b S2 seminativo erborato 0,4<br />

2b L2 vigneti 0,4<br />

2b L8 altre legnose agrarie 0,2<br />

2b S6 orti familiari non in ambito<br />

urbano<br />

0,2<br />

2b S3 colture ortiflorovivaistiche 0,1<br />

2b S4 colture ortiflorovivaistiche<br />

protette<br />

0,1<br />

2b B1u vegetazione<br />

arbustiva e arborea di<br />

ambiente ripariale<br />

3 S1 seminativo semplice 1.355,3<br />

3 S1r seminativo con risaie 68,8<br />

3 S1A seminativo<br />

semplice con presenza<br />

diffusa di filari<br />

47<br />

Superficie<br />

[ha] (+)<br />

185,2<br />

7449,3<br />

319,6<br />

1424,2


La rappresentazione spaziale dei sistemi verdi nello scenario 1. Poiché le azioni<br />

definite per ogni scenario consistono nella realizzazione di sistemi verdi, questi<br />

ultimi possono essere rappresentati spazialmente (figg. 2.12 – 2.15)<br />

Figura 2.12 – Localizzazione dei sistemi verdi relativi all’azione 1 dello scenario 1 nel caso<br />

del sistema territoriale ‘pianura agricola’<br />

La figura indica i fiumi e i canali principali lungo i quali sono state realizzate delle fasce<br />

boscate (nei 50 m adiacenti le sponde dei fiumi), con il fine di colmare le discontinuità<br />

delle fasce boscate esistenti. Le ipotetiche fasce boscate sono realizzate utilizzando una<br />

sottoclasse (B1u) della classe B (boschi) del DUSAF.<br />

48<br />

Totale B1u realizzati 7449,3 ha<br />

Figura 2.13 – Localizzazione dei sistemi verdi relativi all’azione 2 (2a e 2b) dello scenario 1<br />

nel caso del sistema territoriale ‘pianura agricola’<br />

La figura indica la localizzazione delle cave attorno a cui sono state realizzate<br />

fasce a prato (P2) e boscate (B1u), con il fine di recuperarne il valore ecologico<br />

come corpi d’acqua.<br />

Totale P2 realizzati 319,6 ha<br />

Totale B1U realizzati 185,2 ha


Figura 2.14 – Localizzazione dei sistemi verdi relativi all’azione 3 dello scenario 1 nel caso<br />

del sistema territoriale ‘pianura agricola’<br />

La figura indica i comuni adiacenti i capoluoghi di provincia all’interno dei quali<br />

si è proceduto alla realizzazione di siepi e filari ( larghezza 4 m e densità<br />

60m/ha) in aree a seminativo semplice . In realtà l’area occupata dai nuovi<br />

sistemi verdi sarebbe solo il 2,4% di quella evidenziata in verde qui sotto.<br />

Totale siepi e filari realizzati 1424,2 ha<br />

per un totale di 59.339 ha coinvolti<br />

Figura 2.15 – Localizzazione dei sistemi verdi relativi all’insieme delle azioni dello scenario 1<br />

nel caso del sistema territoriale ‘pianura agricola’<br />

La figura indica il risultato complessivo delle azioni precedentemente descritte<br />

49<br />

Totale nuovi sistemi verdi realizzati<br />

9378 ha<br />

2.3.3. Lo scenario ecologico 2: aumento della densità agroforestale nelle aree<br />

agricole<br />

Il secondo scenario di miglioramento ecologico si compone di una sola azione, a<br />

carattere estensivo:<br />

1) realizzazione di siepi e filari in tutta la pianura agricola (fig. 2.16). Con<br />

questa azione si vuole aumentare la densità agroforestale, attualmente a<br />

livelli molto bassi nella pianura agricola, con una serie di interventi di<br />

ricostruzione di siepi e filari prevalentemente di bordo campo. Tale azione<br />

richiede la disponibilità di aree lungo i perimetri dei campi coltivati ed<br />

eventualmente di un’altra quota di area all’interno dei campi. La siepe tipo


che è stata scelta per tale simulazione ha una larghezza di 4 metri e una<br />

densità complessiva di 60 m/ha.<br />

Figura 2.16 – Esemplificazione dell’Azione 1 che concorre a generare lo scenario 1 nel caso<br />

del sistema territoriale ‘pianura agricola’<br />

Realizzazione di siepi e filari in tutta la pianura<br />

agricola<br />

Criteri di realizzazione:<br />

Tutte le aree a:<br />

- seminativo semplice (classe DUSAF S1);<br />

- seminativo semplice con risaie (classe DUSAF S1r);<br />

- risaie (classe DUSAF S7);<br />

- risaie miste a seminativo (classe DUSAF S7s)<br />

sono convertite a seminativo semplice con presenza diffusa di filari (classe DUSAF S1a),<br />

mediante realizzazione di siepi e filari di larghezza 4 m portando la densità agroforestale a<br />

40m/ha contro I valori molto bassi attuali (7-20 m/ha).<br />

Interventi di tale natura possono arrivare a interessare circa 1,6% della loro superficie agricola.<br />

Le stesse aree possono essere interessate da altri interventi.<br />

Il bilancio di coperture del suolo dello scenario 2. Nella tabella 2.3 è riportato il<br />

bilancio (IN-OUT) complessivo dell’unica azione che caratterizza lo scenario 2, in<br />

termini di coperture del suolo ‘perse’ e ‘guadagnate’.<br />

Nella tabella 2.3 è riportato il bilancio per coperture, ma occorre ricordare che<br />

l’effettivo superficie sottratta per la realizzazione dei sistemi verdi non è 586336<br />

ettari, ma è l’1,6% di tale superficie ovvero 9381 ha distribuiti proprio su tale<br />

vasta superficie. In pratica i 586336 ha di aree a seminativo presenti (nelle diverse<br />

sottocategorie riportate in tab. 2.3, OUT) sono state trasformate in aree a<br />

seminativo con siepi e filari a bordo campo (cat. S1A del DUSAF).<br />

Tabella 2.3 – Bilancio di coperture del suolo sostituite per ottenere lo scenario 2<br />

OUT IN<br />

azione OUT<br />

Superficie [ha]<br />

IN<br />

Copertura uscente<br />

(-)<br />

Copertura entrante<br />

1 S1 seminativo semplice 433001,0<br />

1 S1r S1 con risaie 29895,4<br />

1 S7 risaie 54924<br />

1 S7s Risaie con seminativo 68516<br />

1 S1A seminativo<br />

semplice con<br />

presenza diffusa di<br />

filari<br />

50<br />

Superficie [ha]<br />

(+)<br />

586336,4<br />

La localizzazione dei sistemi verdi nello scenario 2. Al pari dello scenario 1,<br />

anche qui è possibile rappresentare la distribuzione spaziale dei sistemi verdi<br />

realizzati per ottenere lo scenario 2 (fig. 2.17).


Figura 2.17 – Localizzazione dei sistemi verdi relativi all’azione unica dello scenario 2 nel<br />

caso del sistema territoriale ‘pianura agricola’<br />

La figura indica la localizzazione spaziale delle aree interessate dall’intervento<br />

dello scenario 2. In questo caso (trattandosi della realizzazione in aree agricole<br />

di siepi e filari, largh. 4 m e densità 60m/ha) l’area occupata dai nuovi sistemi<br />

verdi sarebbe solo l’1,6% di quella rappresentata qui sotto in colore verde.<br />

51<br />

Totale nuovi sistemi verdi realizzati<br />

9381,4 ha<br />

Per un totale di area coinvolta pari a<br />

586.336 ha<br />

2.3.4. La valutazione delle prestazioni ecologiche nei diversi scenari: analisi<br />

relativa all’ambito territoriale pianura agricola<br />

Il passaggio successivo alla definizione e rappresentazione dei diversi scenari<br />

consiste nella misurazione delle prestazioni ecologiche dei due scenari. Tale<br />

misurazione è resa possibile dal calcolo degli indicatori ecologici selezionati nel<br />

paragrafo 2.1.5.<br />

Gli indicatori sono calcolati non solo per le configurazioni relative ai due diversi<br />

scenari ecologici precedentemente descritti, ma anche relativamente alle<br />

variazioni che tali indicatori subiscono rispetto alla situazione attuale 5 denominata<br />

T0.<br />

Obiettivo biodiversità. Per entrambi gli scenari ipotizzati, la biodiversità è un<br />

obiettivo ottenuto mediante la realizzazione di sistemi verdi differenti. Gli<br />

indicatori ecologici utilizzati per misurare i benefici ottenuti dal punto di vista<br />

della biodiversità sono tre e sono stati descritti ampiamente nel paragrafo 2.1.5.<br />

Essi sono: LBI (Landscape Biodiversity Index); Patch richness (numero di<br />

patches); Dominance<br />

Nella tabella 2.4 si ha modo di apprezzare in modo sintetico come sono variati gli<br />

indicatori selezionati per l’obiettivo ‘biodiversità’, relativamente a tutta la pianura<br />

agricola lombarda.<br />

L’indice LBI aumenta su tutta l’area del sistema ‘pianura agricola’. Si registra<br />

infatti un innalzamento medio di 0,02 punti (corrispondente ad un incremento<br />

percentuale di +6,5%) con le azioni previste dallo scenario 1 e un innalzamento di<br />

0,09 punti (corrispondente ad un incremento percentuale di +29%) con le azioni<br />

previste dallo scenario 2.<br />

5 In verità corrispondente all’anno 2001, anno a cui si riferisce il database geografico DUSAF.


La patch richness invece subisce un incremento solo nel caso dello scenario 1 e<br />

si mantiene costante per quanto riguarda lo scenario 2. Questo si spiega se si<br />

considera che lo scenario 2 prevede la sostituzione della tipologia di copertura (da<br />

S1 a S1a), mentre lo scenario 1 prevede l’aggiunta di nuove ‘tessere’ di copertura<br />

del suolo, mediante la creazione di fasce boscate e prative.<br />

I valori di patch richness devono comunque essere letti congiuntamente con<br />

quelli di dominance.<br />

Tabella 2.4 – Biodiversità. Valori assunti dai principali indicatori ecologici nei diversi scenari<br />

ecologici relativi al sistema territoriale ‘pianura agricola’<br />

Pianura agricola<br />

(1.161.365 ha)<br />

52<br />

Scenari<br />

t0 Sc1 Sc2<br />

LBI medio 0,31 0,33 0,4<br />

Tasso di incremento LBI medio + 6,5%<br />

+ 29%<br />

Patch richness (no.) 62848 64102 62848<br />

Dominance 0,53 0,46 0,53<br />

L’indice di Dominance diminuisce solo con lo scenario 1. Tale andamento dei<br />

valori suggerisce che il mix di azioni, ovvero il mix di sistemi verdi previsto per<br />

lo scenario 1 assicura, dal punto di vista della diversità ecopaesistica, un risultato<br />

più efficace che non quello ottenibile con lo scenario 2 (dove l’azione è una sola e<br />

corrisponde ad un aumento della dotazione agroforestale complessiva). Come<br />

suggerito dai valori di LBI, però, lo scenario 2 consentirebbe di ottenere un<br />

substrato paesaggistico migliore per la biodiversità.<br />

Nella tabella 2.5 e in figura 2.18 si ha modo di apprezzare come si<br />

distribuiscono le celle a diverso valore di LBI. Ad esempio si nota che per valori<br />

intermedi di LBI (0,4-0,7), le azioni ipotizzate e simulate determinano una<br />

variazione della proporzione di celle appartenenti a tale intervallo da 23,8% a<br />

29,4% nel caso dello scenario 1 e, addirittura, da 23,8% a 67,2% nello scenario 2.<br />

Tabella 2.5 – Biodiversità. distribuzione delle celle in funzione del valore di LBI e degli<br />

scenari ecologici. Sistema pianura agricola<br />

Scenario T0 SC1 SC2 T0 SC1 SC2<br />

intervallo valori LBI totale celle x intervalli % celle per intervalli<br />

0 4758 5128 5102 3,7 4,0 4,0<br />

0-0.4 88790 81099 32916 69,9 63,9 25,9<br />

0.4-0.7 30176 37372 85297 23,8 29,4 67,2<br />

0.7-1 3236 3361 3645 2,5 2,6 2,9


Figura 2.18– Rappresentazione grafica delle curve di distribuzione delle celle in funzione dei<br />

valori di LBI. Sistema pianura agricola<br />

no. celle<br />

80000<br />

70000<br />

60000<br />

50000<br />

40000<br />

30000<br />

20000<br />

10000<br />

0<br />

0<br />

0.0-0.1<br />

0.1-0.2<br />

0.2-0.3<br />

0.3-0.4<br />

0.4-0.5<br />

Obiettivo naturalità. Nella tabella 2.6 sono riportati i valori degli indicatori scelti<br />

per monitorare l’obiettivo ‘naturalità’. I valori dei coefficienti di copertura<br />

indicanti un miglioramento in termini di naturalità sono, nell’ordine di<br />

importanza: il coefficiente di boscosità, il coefficiente di copertura naturale, il<br />

coefficiente di ruralità estensiva seminaturale.<br />

Nella tabella 2.6 è indicato anche il ‘Coefficiente di ruralità intensiva’. Esso è<br />

dato dal rapporto tra le superfici con coperture agricole intensive (classi S DUSAF,<br />

ad esclusione delle classi S1a, S1c e S2)e la superficie totale analizzata.<br />

Ad alti valori di questo indicatore corrispondono basse prestazioni ecologiche<br />

del sistema ‘pianura agricola’, pertanto esso non contribuisce all’indice di<br />

biopermeabilità.<br />

I valori assunti dagli indicatori nei diversi scenari forniscono un’immagine di<br />

un paesaggio agricolo intensivo che, rispetto alla situazione di partenza (ovvero<br />

quella attuale), offre dei miglioramenti prestazionali più evidenti nello scenario 2.<br />

Occorre però notare che l’area di riferimento per tale calcolo è assai vasta<br />

(1,161.365 ha) e comprende varie situazioni diverse tra loro che, trattate insieme,<br />

non emergono nelle loro differenze. L’analisi sulla pianura agricola regionale,<br />

pertanto, ha il vantaggio di offrire un punto di vista unitario, ma non consente di<br />

cogliere i differenti impatti positivi che si generano in ogni sottoambito<br />

territoriale.<br />

Come verrà detto in seguito, l’analisi per ambiti territoriali di minor estensione<br />

(province, valli fluviali e aree periurbane) consente invece di apprezzare meglio le<br />

ricadute, in termini di benefici ecologici, dei sistemi verdi.<br />

53<br />

0.5-0.6<br />

LBI<br />

0.6-0.7<br />

0.7-0.8<br />

0.8-0.9<br />

T0<br />

SC1<br />

SC2<br />

0.9-1.0


Tabella 2.6 – Naturalità. Valori assunti dai principali indicatori ecologici nei diversi scenari<br />

ecologici relativi al sistema territoriale ‘Pianura agricola’<br />

Pianura agricola<br />

Scenari (valori in %)<br />

(1.161.365 ha)<br />

t0 Sc1 Sc2<br />

Coefficiente di ruralità estensiva<br />

seminaturale ((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-<br />

8;P)/tot)<br />

23,20 28,20 73,69<br />

Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 4,48 5,13 4,48<br />

Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 1,12 1,12 1,12<br />

Coefficiente di ruralità intensiva ((S, tranne<br />

S1a, c e S2)/tot; %)<br />

51,07 45,44 0,58<br />

Coeffic. di biopermeabilità 35,71 45,30 52,99<br />

2.3.5. La valutazione delle prestazioni ecologiche nei diversi scenari: analisi per<br />

valli fluviali<br />

Quanto sopra riportato per il sistema territoriale ‘pianura agricola’ viene ora<br />

riproposto per il sistema territoriale ‘valli fluviali’.<br />

Gli effetti ecologici derivanti dalla realizzazione dei sistemi verdi sono stati<br />

valutati in un’area di pertinenza fluviale adiacente il fiume e il cui margine<br />

esterno si trova ad una distanza di 100 metri dall’alveo fluviale.<br />

In queste aree perifluviali sono stati valutati i benefici attraverso gli indicatori<br />

ecologici in grado di comparare i due scenari. Nonostante tutti i corsi d’acqua<br />

principali della pianura agricola lombarda siano stati beneficiati dall’ipotetica<br />

realizzazione di fasce boscate, prevista dall’azione 1 dello scenario 1, qui di<br />

seguito verranno riportati i risultati relativi solo ai seguenti fiumi:<br />

• Adda;<br />

• Oglio;<br />

• Mincio;<br />

• Lambro;<br />

• Serio.<br />

Obiettivo biodiversità. Nella tabella 2.7 sono riportati gli indicatori selezionati per<br />

l’obiettivo ‘biodiversità’, relativamente ai territori fluviali dei cinque fiumi sopra<br />

menzionati.<br />

A parità di scenario, l’indice LBI presenta valori diversi e aumenta con tassi di<br />

crescita differenti a seconda del sistema fluviale sul quale vengono realizzati gli<br />

interventi. Questo dipende senza dubbio dalle condizioni di uso del suolo di<br />

partenza.<br />

Per quanto riguarda la patch richness e la dominance si nota che lo scenario 1<br />

produce i risultati migliori. Infatti, nella maggioranza dei casi, la sua realizzazione<br />

determinerebbe, rispetto alla situazione attuale, un lieve aumento della patch<br />

richness e una diminuzione, o al più una non variazione, della dominance.<br />

54


Tuttavia, vista la ridotta estensione delle aree analizzate nel caso dei fondovalli<br />

fluviali, i miglioramenti .misurabili dagli indicatori patch richness e dominance<br />

risultano più difficili da apprezzare che in altri casi.<br />

Tabella 2.7 – Biodiversità. Valori assunti dai principali indicatori ecologici nei diversi scenari<br />

ecologici relativi al sistema territoriale ‘valli fluviali’<br />

ADDA<br />

(6016 ha)<br />

OGLIO<br />

(6638 ha)<br />

MINCIO<br />

(6900 ha)<br />

LAMBRO<br />

(2005 ha)<br />

SERIO<br />

(2277 ha)<br />

Sistema ‘Valli Fluviali’<br />

55<br />

Scenario<br />

t0 Sc1 Sc2<br />

LBI medio 0,31 0,33 0,4<br />

Tasso di<br />

+ 6,5%<br />

incremento LBI<br />

medio<br />

+ 29%<br />

Patch richness (n.) 2971 2980 2971<br />

Dominance 0,37 0,37 0,39<br />

LBI medio 0,42 0,45 0,49<br />

Tasso di incremento<br />

+ 7,1%<br />

LBI medio<br />

+ 16,7%<br />

Patch richness (n.) 2893 2897 2893<br />

Dominance 0,42 0,42 0,43<br />

LBI medio 0,41 0,46 0,48<br />

Tasso di incremento<br />

+ 12,2%<br />

LBI medio<br />

+ 17,1%<br />

Patch richness (n.) 2318 2318 2318<br />

Dominance 0,47 0,44 0,47<br />

LBI medio 0,31 0,36 0,39<br />

Tasso di incremento<br />

+ 16,1%<br />

LBI medio<br />

+ 25,8%<br />

Patch richness (n.) 1076 1076 1076<br />

Dominance 0,47 0,43 0,46<br />

LBI medio 0,42 0,45 0,46<br />

Tasso di incremento<br />

+ 7,1%<br />

LBI medio<br />

+ 9,5%<br />

Patch richness (n.) 1112 1124 1112<br />

Dominance 0,36<br />

Fonte: elaborazione <strong>IReR</strong><br />

0,36 0,38<br />

Obiettivo naturalità. Nella tabella 2.8 sono raccolti gli indicatori relativi al<br />

monitoraggio della naturalità.<br />

La naturalità delle aree oggetto degli interventi aumenta con minore rilevanza<br />

nell’ipotetico scenario 1, in quanto, nonostante la realizzazione di fasce boscate<br />

determini un aumento del coefficiente di boscosità più interessante nello scenario<br />

1, la conversione da superfici agricole a carattere intensivo a superfici agricole ad<br />

uso estensivo (scenario2) risulta avere un effetto maggiore sul coefficiente di<br />

biopermeabilità.


Tabella 2.8 – Naturalità. Valori assunti dai principali indicatori ecologici nei diversi scenari<br />

ecologici relativi al sistema territoriale ‘valli fluviali’<br />

ADDA<br />

OGLIO<br />

MINCIO<br />

LAMBRO<br />

SERIO<br />

Sistema ‘Valli Fluviali’ Scenari<br />

T0 Sc1 Sc2<br />

Coefficiente di ruralità estensiva<br />

seminaturale ((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-<br />

8;P)/tot)<br />

17,2 17,2 39,6<br />

Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 20,5 32,4 20,5<br />

Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 5,1 5,1 5,1<br />

Coefficiente di ruralità intensiva ((S,<br />

tranne S1a, c e S2)/tot; %)<br />

22,5 10,6 0,1<br />

coeffic. di biopermeabilità 42,84 54,70 65,23<br />

Coefficiente di ruralità estensiva<br />

seminaturale ((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-<br />

8;P)/tot)<br />

23,7 20,9 48<br />

Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 9,9 23 9,9<br />

Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 6,6 6,6 6,6<br />

Coefficiente di ruralità intensiva ((S,<br />

tranne S1a, c e S2)/tot; %)<br />

25,1 14,8 0,8<br />

coeffic. di biopermeabilità 40,24 50,56 64,59<br />

Coefficiente di ruralità estensiva<br />

seminaturale ((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-<br />

8;P)/tot)<br />

18,6 19,1 35,9<br />

Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 4,4 13,5 4,4<br />

Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 12,7 12,7 12,7<br />

Coefficiente di ruralità intensiva ((S,<br />

tranne S1a, c e S2)/tot; %)<br />

17,4 7,8 0,1<br />

coeffic. di biopermeabilità 35,71 45,30 52,99<br />

Coefficiente di ruralità estensiva<br />

seminaturale ((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-<br />

8;P)/tot)<br />

17,5 16,9 51<br />

Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 9,1 26,8 9,1<br />

Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 3,5 3,5 3,5<br />

Coefficiente di ruralità intensiva ((S,<br />

tranne S1a, c e S2)/tot; %)<br />

33,9 16,9 0,4<br />

coeffic. di biopermeabilità 30,14 47,17 63,65<br />

Coefficiente di ruralità estensiva<br />

seminaturale ((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-<br />

8;P)/tot)<br />

32,8 23,8 48,2<br />

Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 9,5 25,7 9,5<br />

Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 11,5 11,5 11,5<br />

Coefficiente di ruralità intensiva ((S,<br />

15,5 8,4 0,1<br />

tranne S1a, c e S2)/tot; %)<br />

coeffic. di biopermeabilità 53,83 60,97 69,25<br />

Fonte: elaborazione <strong>IReR</strong><br />

Obiettivo continuità. Più interessante per il sistema territoriale ‘fondovalle<br />

fluviali’ risulta essere l’indice di discontinuità ripariale, qui espresso secondo<br />

quattro differenti unità di misura (tab. 2.9). Tale indice diminuisce solo con le<br />

azioni previste dallo scenario 1. Effettivamente l’azione di riforestazione<br />

perifluviale (azione 1, scenario 1) contribuisce ad incrementare la continuità<br />

56


ecologica longitudinale, mentre l’unica azione componente lo scenario 2 non<br />

incide direttamente sulle aree riparali, ma determina comunque un aumento della<br />

continuità diffusa nello spazio agricolo (connettività diffusa, qui non calcolata).<br />

L’indice di discontinuità, normalizzato sulla lunghezza delle sponde (ovvero<br />

quello che ha come unità di misura m/m in tabella 2.10) consente di apprezzare<br />

meglio i risultati conseguibili sui fiumi. Mediamente si passa da una situazione<br />

del 50% di discontinuità (0,5 m/m) a soglie che variano tra il 15 e il 30%.<br />

Tabella 2.9 – Continuità. Valori assunti dai principali indicatori ecologici nei diversi scenari<br />

ecologici relativi al sistema territoriale ‘valli fluviali’<br />

ADDA<br />

OGLIO<br />

MINCIO<br />

LAMBRO<br />

SERIO<br />

Sistema ‘Valli Fluviali’ Scenari<br />

57<br />

t0 Sc1 Sc2<br />

Discontinuità [m/ha] 43,3 25,6 43,3<br />

[n.] 568 337 568<br />

[m.] 260.595 153.971 260.595<br />

[m/m] 0,53 0,31 0,53<br />

Discontinuità [m/ha] 35,5 15,1 35,5<br />

[n.] 597 326 597<br />

[m.] 235.601 99.906 235.601<br />

[m/m] 0,47 0,20 0,47<br />

Discontinuità [m/ha] 25,2 9,2 25,2<br />

[n.] 448 236 448<br />

[m.] 174.193 63.409 174.193<br />

[m/m] 0,36 0,13 0,36<br />

Discontinuità [m/ha] 39,8 11,4 39,8<br />

[n.] 234 106 234<br />

[m.] 79.721 22.767 79.721<br />

[m/m] 0,48 0,14 0,48<br />

Discontinuità [m/ha] 55,0 27,3 55,0<br />

[n.] 325 206 325<br />

[m.] 125.186 62.092 125.186<br />

[m/m] 0,58 0,29 0,58<br />

Fonte: elaborazione <strong>IReR</strong><br />

2.3.6. La valutazione delle prestazioni ecologiche nei diversi scenari: analisi per<br />

aree periurbane<br />

Il sistema territoriale ‘aree periurbane’ è un sistema che è stato considerato come<br />

una sottospecifica del sistema ‘pianura agricola’ e da questo ne mutua gli<br />

indicatori ecologici di monitoraggio e valutazione.<br />

Come già ricordato, il sistema ‘aree periurbane’ si configura come l’insieme<br />

delle superfici territoriali appartenenti alla prima cerchia di comuni adiacenti i<br />

capoluoghi di pianura delle province lombarde.


Obiettivo biodiversità. Nella tabella 2.10 sono riportati i valori degli indicatori<br />

utilizzati per il monitoraggio della biodiversità ecopaesistica, relativi alle aree<br />

periurbane di tutti i capoluoghi di provincia.<br />

I valori dell’indice di LBI denotano, per la situazione al tempo T0, prestazioni<br />

ecologiche migliori per le aree periurbane di Varese, Pavia e Mantova, seguite da<br />

Cremona e Lodi. L’area periurbana di Milano presenta invece i valori più bassi di<br />

LBI. Ciò indica che nelle aree poste attorno al capoluogo regionale la componente<br />

naturale di pregio (ovvero quella che potenzialmente dà un contributo alla<br />

biodiversità) è più deficitaria e compromessa.<br />

Si nota inoltre che la realizzazione dei nuovi sistemi verdi porterebbe ad un<br />

netto incremento del valore di LBI (aumento medio del 40%) solo nelle aree<br />

periurbane di Lodi, Cremona e Mantova, ovvero in quelle a carattere<br />

prevalentemente agricolo intensivo. Questa tendenza viene spiegata ricordando<br />

che sia l’azione 3 dello scenario 1, sia lo scenario 2, prevedono la conversione di<br />

aree a ‘seminativo semplice’ ad aree a ‘seminativo semplice con presenza diffusa<br />

di filari’. Ciò spiegherebbe anche i risultati simili ottenibili con i due scenari in<br />

gran parte delle aree periurbane analizzate.<br />

Ciò suggerisce inoltre un’ulteriore riflessione ovvero che, a parità di interventi<br />

nelle aree periurbane, si generano efficienze ‘ecologiche’ differenti a seconda<br />

della configurazione di partenza sia dell’area sia della provincia. Questa diversità<br />

di risposta può suggerire ad esempio priorità di interventi.<br />

Per quanto riguarda gli indicatori di patch richness e dominance si nota che lo<br />

scenario 1 garantisce nella maggior parte dei casi un lieve aumento del numero di<br />

tessere paesaggistiche e allo stesso tempo una diminuzione della dominance,<br />

determinando così un miglioramento della diversità paesaggistica.<br />

58


Tabella 2.10 – Biodiversità. Valori assunti dai principali indicatori ecologici nei diversi<br />

scenari e per ogni area periurbana considerata<br />

Aree periurbane attorno alla città di: Scenari<br />

t0 Sc1 Sc2<br />

BG LBI medio 0,19 0,23 0,23<br />

Patch richness (n.) 810 810 810<br />

Dominance 0,57 0,56 0,56<br />

BS LBI medio 0,25 0,28 0,27<br />

Patch richness (n.) 1498 1528 1498<br />

Dominance 0,55 0,54 0,55<br />

CR LBI medio 0,28 0,4 0,4<br />

Patch richness (n.) 802 802 802<br />

Dominance 0,6 0,62 0,62<br />

LO LBI medio 0,28 0,4 0,39<br />

Patch richness (n.) 958 962 958<br />

Dominance 0,72 0,7 0,72<br />

MN LBI medio 0,29 0,41 0,40<br />

Patch richness (n.) 1921 1927 1921<br />

Dominance 0,62 0,60 0,62<br />

MI LBI medio 0,12 0,16 0,16<br />

Patch richness (n.) 2679 2728 2679<br />

Dominance 0,69 0,66 0,69<br />

PV LBI medio 0,32 0,35 0,39<br />

Patch richness (n.) 1301 1301 1301<br />

Dominance 0,72 0,65 0,72<br />

VA LBI medio 0,34 0,36 0,36<br />

Patch richness (n.) 205 205 205<br />

Dominance 0,66 0,66 0,66<br />

Fonte: elaborazione <strong>IReR</strong><br />

Obiettivo naturalità. Nella tabella 2.11 sono riportati i valori numerici degli indici<br />

di naturalità.<br />

È possibile notare come la realizzazione di nuovi sistemi verdi determini un netto<br />

miglioramento del coefficiente di biopermeabilità, tanto più evidente quanto più<br />

estese sono le aree a seminativo intensivo disponibili per essere convertite a<br />

seminativo estensivo (e.g. aree perturbane di Cremona, Lodi e Mantova).<br />

In realtà non si notano differenze tra i risultati ottenibili mediante i due scenari,<br />

se non nel caso dell’area periurbana di Pavia. Questo andamento, come già<br />

sottolineato, è spiegabile se si considera che nelle aree periurbane gli interventi<br />

degli scenari 1 e 2 coincidono.<br />

59


Tabella 2.11 – Naturalità. valori assunti dai principali indicatori ecologici nei diversi scenari<br />

ecologici per ogni area periurbana considerata<br />

Aree periurbane attorno alla città di: Scenari<br />

T0 Sc1 Sc2<br />

BG Coefficiente di ruralità estensiva seminaturale<br />

((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-8;P)/tot)<br />

18,51 36,30 36,41<br />

Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 5,18 5,29 5,18<br />

Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 0,85 0,85 0,85<br />

Coefficiente di ruralità intensiva ((S, tranne S1a,<br />

c e S2)/tot; %)<br />

19,45 1,55 1,55<br />

coeffic. di biopermeabilità 24,53 42,44 42,44<br />

BS Coefficiente di ruralità estensiva seminaturale<br />

((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-8;P)/tot)<br />

36,05 48,58 48,82<br />

Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 3,51 3,96 3,51<br />

Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 1,39 1,39 1,39<br />

Coefficiente di ruralità intensiva ((S, tranne S1a,<br />

c e S2)/tot; %)<br />

12,96 0,19 0,19<br />

coeffic. di biopermeabilità 40,95 53,93 53,72<br />

CR Coefficiente di ruralità estensiva seminaturale<br />

((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-8;P)/tot)<br />

20,05 66,43 66,68<br />

Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 0,87 1,13 0,87<br />

Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 1,36 1,36 1,36<br />

Coefficiente di ruralità intensiva ((S, tranne S1a,<br />

c e S2)/tot; %)<br />

46,73 0,09 0,09<br />

coeffic. di biopermeabilità 22,28 68,91 68,91<br />

LO Coefficiente di ruralità estensiva seminaturale<br />

((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-8;P)/tot)<br />

5,11 32,04 32.87<br />

Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 1,58 2,44 1,58<br />

Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 0,48 0,48 0,48<br />

Coefficiente di ruralità intensiva ((S, tranne S1a,<br />

c e S2)/tot; %)<br />

27,94 0,18 0,18<br />

coeffic. di biopermeabilità 7,18% 34,96 34,93<br />

MN Coefficiente di ruralità estensiva seminaturale<br />

((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-8;P)/tot)<br />

15,17% 57,46 58,25<br />

Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 0,63% 1,43 0,63<br />

Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 1,80% 1,80 1,80<br />

Coefficiente di ruralità intensiva ((S, tranne S1a,<br />

c e S2)/tot; %)<br />

43,33% 0,24 0,25<br />

coeffic. di biopermeabilità 17,60% 60,69 60,68<br />

MI Coefficiente di ruralità estensiva seminaturale<br />

((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-8;P)/tot)<br />

5,65% 25,53 27,72<br />

Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 1,79% 2,13 1,79<br />

Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 1,61% 1,61 1,61<br />

Coefficiente di ruralità intensiva ((S, tranne S1a,<br />

c e S2)/tot; %)<br />

22,83% 2,71 0,77<br />

coeffic. di biopermeabilità 9,06% 29,27 31,12<br />

PV Coefficiente di ruralità estensiva seminaturale<br />

((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-8;P)/tot)<br />

4,87% 11,62 35,07<br />

Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 2,20% 2,31 2,20<br />

Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 0,54% 0,54 0,54<br />

Coefficiente di ruralità intensiva ((S, tranne S1a,<br />

c e S2)/tot; %)<br />

30,21% 23,34 0,01<br />

coeffic. di biopermeabilità 7,60% 14,47 37,81<br />

VA Coefficiente di ruralità estensiva seminaturale<br />

((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-8;P)/tot)<br />

4,53% 15,55 15,55<br />

Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 37,01% 37,01 37,09<br />

Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 0,34% 0,34 0,34<br />

Coefficiente di ruralità intensiva ((S, tranne S1a,<br />

c e S2)/tot; %)<br />

11,07% 0,05 0,05<br />

coeffic. di biopermeabilità 41,87% 52,90 52,90<br />

Fonte: elaborazione <strong>IReR</strong><br />

60


2.3.7. La valutazione delle prestazioni ecologiche nei diversi scenari: analisi per<br />

province<br />

I benefici ambientali derivanti dalla realizzazione dei sistemi verdi possono essere<br />

letti anche per ambiti amministrativi, come quello provinciale qui preso in<br />

considerazione. Tale lettura consente una miglior interpretazione dei risultati<br />

rispetto a quelli estesi a tutto il sistema territoriale regionale della ‘pianura<br />

agricola’, in quanto avviene per aree meno ampie e più unitarie per caratteri<br />

territoriali.<br />

Obiettivo biodiversità. Nella tabella 2.12 si possono apprezzare le situazioni dei<br />

diversi territori provinciali che ricadono nella pianura agricola. Le province di<br />

Milano, Lodi e Bergamo sono quelle caratterizzate da valori più bassi di LBI e<br />

quindi potrebbero essere oggetto prioritario di politiche di rafforzamento della<br />

naturalità con ripercussioni positive sulla biodiversità.<br />

In generale si nota che gli interventi previsti dallo scenario 2 tendono a<br />

innalzare maggiormente i valori di LBI rispetto alle azioni componenti lo scenario<br />

1. Allo stesso tempo si nota, però, che le azioni componenti lo scenario 1<br />

sortiscono un aumento della patch richness accompagnato da una diminuzione<br />

della dominance.<br />

Sebbene tale circostanza favorevole si accompagni ad un incremento molto più<br />

modesto di LBI rispetto a quanto accade per lo scenario 2, la congiuntura di<br />

variazione dei valori dei tre indici favorisce lo scenario 1, con l’unica eccezione<br />

dei territori analizzati nella provincia di Varese.<br />

Tabella 2.12 - Biodiversità. Valori assunti dai principali indicatori ecologici nei diversi<br />

scenari ecologici. Analisi per province relativa solo alla parte di territorio (specificata tra<br />

parentesi) inclusa nella pianura agricola<br />

Province Scenari<br />

t0 Sc1 Sc2<br />

BG<br />

LBI medio 0,28 0,29 0,36<br />

(274.963 ha) Patch richness (n.) 5146 5192 5146<br />

Dominance 0,75 0,73 0,74<br />

BS<br />

(478.134 ha)<br />

CR<br />

(177.095 ha)<br />

LO<br />

(78.311 ha)<br />

MN<br />

(234.262 ha)<br />

MI<br />

(198.007 ha)<br />

LBI medio 0,33 0,34 0,39<br />

Patch richness (n.) 5979 6073 5979<br />

Dominance 0,73 0,72 0,74<br />

LBI medio 0,33 0,35 0,43<br />

Patch richness (n.) 6444 6499 6444<br />

Dominance 0,53 0,46 0,58<br />

LBI medio 0,28 0,31 0,42<br />

Patch richness (n.) 4327 4331 4327<br />

Dominance 0,63 0,50 0,64<br />

LBI medio 0,3 0,32 0,42<br />

Patch richness (n.) 12022 12062 12022<br />

Dominance 0,59 0,48 0,57<br />

LBI medio 0,24 0,25 0,31<br />

Patch richness (n.) 13662 13800 13662<br />

Dominance 0,57 0,51 0,57<br />

61<br />

Segue


Continua Tabella 2.12<br />

PV<br />

(297.078 ha)<br />

VA<br />

(120.174 ha)<br />

LBI medio 0,37 0,38 0,43<br />

Patch richness (n.) 11727 11751 11727<br />

Dominance 0,69 0,66 0,69<br />

LBI medio 0.36 0,36 0,4<br />

Patch richness (n.) 2455 2470 2455<br />

Dominance 0,79 0,78 0,78<br />

Fonte: elaborazione <strong>IReR</strong><br />

Obiettivo naturalità. Nella tabella 2.13 si possono apprezzare le situazioni dei<br />

diversi territori provinciali.<br />

In tutte le province considerate, a differenza di quanto osservato per le aree<br />

periurbane, l’indice di biopermeabilità aumenta più modestamente nel passaggio<br />

dallo stato attuale allo scenario 1, rispetto al passaggio dallo stato attuale allo<br />

scenario 2, dove l’aumento è molto più consistente. Questo perché i benefici<br />

derivanti dall’azione 3 dello scenario 1 risultano ditribuiti su un territorio più<br />

ampio. D’altro canto si nota che i valori del coefficiente di boscosità non<br />

aumentano mai passando dallo stato attuale allo scenario 2 in quanto tra le azioni<br />

di questo scenario non sono contemplate le afforestazioni.<br />

Lo scenario 1 ha quindi, nell’ambito provinciale, un comportamento meno<br />

efficace sotto il profilo della biopermeabilità, in quanto esso prevede la<br />

conversione a coperture di tipo estensivo seminaturale, di superfici più ridotte<br />

(ricordiamo che con lo scenario 2 quasi l’intera superficie agricola viene arricchita<br />

con siepi e filari e quindi coperture di tipo intensivo sono sostituite con altro di<br />

tipo estensivo). Nonostante questo, lo scenario 1 si prefigura come uno scenario<br />

ugualmente interessante, se consideriamo che il coefficiente di boscosità si<br />

rafforza poco ma ovunque.<br />

62


Tabella 2.13 – Naturalità. Valori assunti dai principali indicatori ecologici nei diversi scenari<br />

ecologici. Analisi per province relativa al territorio incluso nel sistema pianura agricola<br />

Province Scenari<br />

T0 Sc1 Sc2<br />

BG Coefficiente di ruralità estensiva seminaturale<br />

((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-8;P)/tot)<br />

7,1 7,7% 20,4%<br />

Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 1,78 1,85% 1,78%<br />

Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 0,31 0,31% 0,31%<br />

Coefficiente di ruralità intensiva ((S, tranne S1a,<br />

c e S2)/tot; %)<br />

12,2 11,5% 0,2%<br />

coeffic. di biopermeabilità 9,17 9,87% 21,19%<br />

BS Coefficiente di ruralità estensiva seminaturale<br />

((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-8;P)/tot)<br />

15,6 16,0% 25,9%<br />

Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 0,59 0,78% 0,59%<br />

Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 0,16 0,16% 0,16%<br />

Coefficiente di ruralità intensiva ((S, tranne S1a,<br />

c e S2)/tot; %)<br />

10,4 9,8% 0,1%<br />

coeffic. di biopermeabilità 16,34 17,00% 26,67%<br />

CR Coefficiente di ruralità estensiva seminaturale<br />

((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-8;P)/tot)<br />

37 45,2% 86,2%<br />

Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 1,45 2,12% 1,45%<br />

Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 0,93 0,93% 0,93%<br />

Coefficiente di ruralità intensiva ((S, tranne S1a,<br />

c e S2)/tot; %)<br />

49,6 40,8% 0,4%<br />

coeffic. di biopermeabilità 39,36 48,22% 88,61%<br />

LO Coefficiente di ruralità estensiva seminaturale<br />

((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-8;P)/tot)<br />

14,2 24,5% 80,3%<br />

Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 3,08 4,01% 3,08%<br />

Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 1,18 1,18% 1,18%<br />

Coefficiente di ruralità intensiva ((S, tranne S1a,<br />

c e S2)/tot; %)<br />

66,2 55,1% 0,2%<br />

coeffic. di biopermeabilità 18,51 29,67% 84,54%<br />

MN Coefficiente di ruralità estensiva seminaturale<br />

((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-8;P)/tot)<br />

22,7 30,9% 79,5%<br />

Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 0,58 1,54% 0,58%<br />

Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 1,38 1,38% 1,38%<br />

Coefficiente di ruralità intensiva ((S, tranne S1a,<br />

c e S2)/tot; %)<br />

58,1 48,9% 1,3%<br />

coeffic. di biopermeabilità 24,62 33,81% 81,46%<br />

MI Coefficiente di ruralità estensiva seminaturale<br />

((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-8;P)/tot)<br />

12,4 17% 50,6%<br />

Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 6,04 6,53% 6,04%<br />

Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 1,25 1,25% 1,25%<br />

Coefficiente di ruralità intensiva ((S, tranne S1a,<br />

c e S2)/tot; %)<br />

38,7 33,7% 0,5%<br />

coeffic. di biopermeabilità 19,73 24,75% 57,92%<br />

PV Coefficiente di ruralità estensiva seminaturale<br />

((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-8;P)/tot)<br />

6,3 7,4% 53,9%<br />

Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 2,82 3,27% 2,82%<br />

Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 0,79 0,79% 0,79%<br />

Coefficiente di ruralità intensiva ((S, tranne S1a,<br />

c e S2)/tot; %)<br />

47,6 46,1% 0,0%<br />

coeffic. di biopermeabilità 9,93 11,45% 57,52%<br />

VA Coefficiente di ruralità estensiva seminaturale<br />

((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-8;P)/tot)<br />

1,4 1,6% 7,6%<br />

Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 9,60 9,62% 9,60%<br />

Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 0,33 0,33% 0,33%<br />

Coefficiente di ruralità intensiva ((S, tranne S1a,<br />

c e S2)/tot; %)<br />

6,2 6,0% 0,0%<br />

coeffic. di biopermeabilità 11,39 11,60% 17,52%<br />

Fonte: elaborazione <strong>IReR</strong><br />

63


2.4. Note conclusive<br />

Gli indicatori ecologici implementati nel presente capitolo hanno permesso di<br />

evidenziare le situazioni più critiche nell’ambito del territorio analizzato e di<br />

dimostrare come la realizzazione di sistemi verdi comporti in entrambe le ipotesi<br />

previste (scenario 1 e 2), un miglioramento della situazione ecologica attuale.<br />

Tuttavia le analisi condotte alle varie scale (dalla pianura agricola alle valli<br />

fluviali, dalle aree periurbane alle province) dimostrano come non sia possibile<br />

privilegiare l’uno o l’altro scenario, in quanto ciascuno dei due risulta essere<br />

migliore a seconda dell’obiettivo ecologico considerato.<br />

Lo scenario 1 per esempio, basato per lo più su interventi di tipo localizzato, è<br />

da privilegiarsi nel caso si voglia aumentare la diversità paesaggistica, diminuire<br />

le discontinuità riparali o aumentare le superfici boscate. Lo scenario 2 invece,<br />

basato su interventi di tipo esclusivamente diffuso, risulta più idoneo se si vuole<br />

ottenere un substrato paesaggistico migliore per la biodiversità o nel caso si voglia<br />

aumentare il mix di coperture a valore naturale.<br />

I risultati sembrerebbero quindi suggerire che la realizzazione di sistemi verdi<br />

secondo i criteri sia del primo sia del secondo scenario, comporterebbe i benefici<br />

maggiori per tutti gli obiettivi ecologici considerati (biodiversità, naturalità,<br />

continuità).<br />

Si è anche visto che l’unità territoriale di analisi può influenzare fortemente la<br />

scelta del tipo di scenario da implementare. Nel caso delle aree periurbane si è<br />

visto come non vi sia differenza tra i due scenari sia per quanto riguarda l’indice<br />

LBI sia per quanto riguarda l’indice di biopermeabilità. Questo come già detto<br />

accade in quanto le aree periurbane corrispondono ai contesti territoriali in cui si<br />

realizza l’azione 3 dello scenario 1(i.e. realizzazione di siepi e filari in aree<br />

periurbane), coincidente con l’unica azione prevista dallo scenario 2 (i.e.<br />

realizzazione di siepi e filari in tutta la pianura agricola)<br />

Capitolo 3<br />

Stime del valore economico di alcune funzioni delle foreste:<br />

aspetti metodologici<br />

3.1. Valutare la foresta e le diverse funzioni forestali<br />

64


La foresta/il bosco fornisce un insieme piuttosto complesso di beni e di servizi i<br />

quali possono coesistere oppure no a seconda del tipo di gestione: i boschi la cui<br />

finalità principale è quella ricreativa o eco-turistica non possono essere utilizzati<br />

per la produzione di legname; allo stesso modo un bosco preservato al fine di<br />

ottenere informazione genetica non può essere convertito per altri utilizzi. In<br />

questo contesto assume particolare rilevanza la valutazione economica dei diversi<br />

apporti funzionali del bosco. Una valutazione in termini monetari aiuta infatti a<br />

promuovere e a giustificare le azioni di policy finalizzate ad azioni di<br />

conservazione di una generica risorsa naturale e a definire il livello ottimale di<br />

conservazione e di fornitura. I valori a cui i policy makers possono giungere<br />

influenzeranno infatti le loro scelte nel management delle risorse dato che<br />

decisioni ottimali dal punto di vista sociale richiedono una piena conoscenza dei<br />

costi e dei benefici delle alternative o degli scenari considerati.<br />

Ci sono differenti valori associati al bosco/foresta che spaziano da quelli d’uso<br />

diretti a quelli indiretti e inoltre a quelli meno tangibili noti in letteratura come<br />

valore d’opzione e valore di esistenza. A tali valori – i quali corrispondono<br />

sostanzialmente a benefici - si associano differenti livelli di complessità per il<br />

raggiungimento di una stima monetaria la quale richiede tecniche di valutazione<br />

economica opportune e solitamente utilizzate in presenza di risorse naturali e<br />

culturali in cui il mercato non riesce a rivelare completamente/pienamente il<br />

valore economico del bene/risorsa in questione. I valori percepiti dai privati e<br />

dagli utilizzatori delle risorse (si pensi, ad esempio, al legname) sono molto<br />

spesso notevolmente differenti dai valori sociali (per questa ragione, nei casi in<br />

cui il valore privato è diverso da quello sociale, situazione assai frequente in<br />

contesti naturalistici, l’utilizzo della risorsa viene “manipolato” attraverso misure<br />

di incentivo/disincentivo). Infatti, numerosi beni e servizi forniti dalle foreste non<br />

hanno mercato pur avendo un valore e per questa ragione è necessario impiegare<br />

tecniche di valutazione per beni extra mercato di cui parleremo più diffusamente<br />

nella seconda parte. Queste tecniche tentano di elicitare la disponibilità a pagare<br />

(DAP o WTP) vi individuale per un cambiamento nel livello di fornitura di un bene<br />

forestale o di un’insieme di tali beni. Gli approcci per valutare la foresta/il bosco<br />

potrebbero quindi includere tentativi di valutazione dei singoli beni e servizi per<br />

poi aggregarne i valori, oppure potrebbero considerare la valutazione di un<br />

cambiamento nel livello di fornitura generale della foresta.<br />

Il primo approccio, di tipo bottom up, rischia una distorsione di tipo part-whole<br />

cui corrisponde una somma delle componenti individuali maggiore o minore<br />

rispetto al valore dell’insieme totale dei beni e dei servizi. Il secondo approccio, di<br />

tipo top down, potrebbe allo stesso modo presentare errori se gli individui<br />

(rispondenti/intervistati) non sono perfettamente a conoscenza (o non possono<br />

comprendere l’importanza di alcuni aspetti) dell’insieme completo dei servizi<br />

forniti dalla foresta (e questo rischio è tanto più rilevante quanto più complesse<br />

sono le funzioni considerate o detenute dal bene oggetto di valutazione).<br />

vi In seguito, in questo lavoro, useremo “WTP”, dall’inglese willigness to pay, per indicare la<br />

disponibilità a pagare e “WTA”, da willingness to accept, per indicare la disponibilità ad accettare.<br />

65


Entrambi gli approcci sono stati considerati negli studi presenti nella letteratura<br />

sulla valutazione delle foreste e delle sue diverse funzioni. Nella rassegna che<br />

segue, sull’ampia letteratura riguardante la stima dei benefici delle diverse<br />

funzioni forestali, verranno considerati studi che riguardano la stima del valore di<br />

alcune specifiche funzioni forestali vii : quella turistico-ricreativa, quella<br />

corrispondente alla produzione di prodotti del sottobosco; verranno inoltre<br />

analizzati gli studi in cui si stima l’effetto delle foreste urbane sul valore degli<br />

immobili o l’amenity value (in cui solitamente viene incluso anche il valore<br />

ricreazionale e non solo quello scenico) delle foreste urbane o peri urbane. Oltre a<br />

questi si considereranno anche gli studi in cui si stima il valore economico totale<br />

seguendo l’approccio bottom up o quello top down.<br />

Una prima suddivisione del valore economico totale di una foresta viii nelle<br />

diverse componenti corrispondenti alle distinte funzioni, permette di comprendere<br />

la complessità del problema di valutazione.<br />

Sostanzialmente le tipologie di valore economico riscontrabili nelle foreste<br />

sono distinguibili in valori d’uso o valori di non uso. I valori d’uso si riferiscono<br />

alla disponibilità a pagare per l’utilizzo dei beni e dei servizi forestali. Tali valori<br />

potrebbero essere di tipo diretto (corrispondenti ad esempio all’uso estrattivo del<br />

legname) o indiretto (ad esempio di assorbimento di CO2 o di protezione<br />

idrogeologica). I valori d’uso potrebbero inoltre contenere valori d’opzione, che<br />

rappresentano disponibilità a pagare per salvaguardare l’opzione di un utilizzo<br />

futuro anche se attualmente non viene fatto alcun utilizzo della foresta, Tale<br />

opzione potrebbe essere riservata ai fini di un proprio utilizzo o per quello di<br />

un’altra generazione (a volte indicato come bequest value).<br />

I valori di non uso si riferiscono alla disponibilità a pagare indipendente da un<br />

qualsiasi uso, attuale o futuro, della foresta e rivelano le molteplici motivazioni<br />

per la conservazione. La somma dei valori d’uso e di non uso rappresenta il<br />

Valore Economico Totale (VET); esso corrisponde a quel valore che verrebbe<br />

perso se un’area afforestata venisse convertita ad altri utilizzi o se venisse<br />

seriamente danneggiata. Il VET potrà quindi essere stimato sommando i singoli<br />

valori d’uso e di non uso o cercando di derivare la disponibilità a pagare omnicomprensiva<br />

per la foresta in generale.<br />

3.2. Metodi di stima del valore economico delle risorse naturali con<br />

particolare riferimento a quelli utilizzati in contesti forestali<br />

vii Non verranno considerate in questa parte del lavoro le seguenti funzioni: funzione di<br />

assorbimento di CO2, funzione idraulica, funzione di produzione di biomassa legnosa per il<br />

mercato e l’assorbimento di lavoro.<br />

viii Vi sono numerose suddivisioni delle funzioni forestali evidenziabili dalla letteratura e<br />

complessivamente non vi è accordo su una suddivisione standard del valore economico totale nelle<br />

sue componenti. Per una rassegna recente ed accurata sulla scomposizione del valore economico<br />

totale del bosco si veda Gios e Goio (2005).<br />

66


Sostanzialmente nella letteratura economica riguardante la valutazione economica<br />

vi sono due categorie di metodi per misurare i benefici (o i danni) ambientali.<br />

La prima categoria, nota anche come metodo dei legami fisici, propone misure<br />

di prezzo e si basa sull’osservazione degli agenti economici in contesti reali<br />

(mercati organizzati). Benché i metodi rientranti in questa prima categoria<br />

consentano di fornire informazioni utili per i responsabili delle decisioni<br />

pubbliche, essi non permettono la stima del valore di esistenza ix e non forniscono<br />

in sostanza autentiche misure di benessere.<br />

La seconda categoria, nota anche come metodo dei legami comportamentali,<br />

propone misure di valore e si basa sull’osservazione degli agenti economici in<br />

contesti surrogati o ipotetici. Si tratta di metodi che mostrano una rivelazione<br />

della volontà/disponibilità a pagare piuttosto che una valutazione del livello di<br />

utilità. Questi approcci permettono quindi di stimare le curve di domanda dalle<br />

quali inferire l'uso del bene ambientale da parte degli agenti economici in<br />

corrispondenza di diversi prezzi.<br />

Nel contesto forestale la prima categoria richiede la ricerca dei mercati (e l’analisi<br />

dei dati ad essi relativi) in cui i servizi della foresta influenzano quei particolari<br />

mercati anche se quel servizio non viene comprato o venduto direttamente. Un<br />

esempio è costituito dal valore di una proprietà situata vicino ad una area<br />

afforestata o alberata che, come vedremo successivamente nell’analisi della<br />

letteratura, assume, ceteris paribus, valori più elevati nelle località prossime alle<br />

foreste rispetto a quelle senza questa caratteristica. La differenza nel prezzo delle<br />

abitazioni costituisce una prima approssimazione del valore economico della<br />

foresta ottenuta secondo l’approccio edonico del prezzo di una proprietà, tecnica<br />

che rientra fra le procedure di analisi delle preferenze rilevate di cui diremo più<br />

approfonditamente in seguito.<br />

Altre procedure di analisi delle preferenze rilevate rilevanti nel contesto<br />

forestale includono:<br />

(a) il metodo dei costi di viaggio, in cui la disponibilità a pagare viene<br />

inferita dalle spese di viaggio per e dalla foresta per motivi ricreativi;<br />

(b) il metodo delle scelte discrete in cui i valori vengono inferiti<br />

osservando le scelte fatte dagli individui in riferimento a due<br />

alternative. Un esempio è costituito dal legname certificato: se gli<br />

individui sono disposti a pagare di più per legname certificato rispetto<br />

al costo di un identico legname non sostenibile, l’incremento nel<br />

ix In letteratura esistono numerose distinzioni fra le componenti del valore economico totale di<br />

una risorsa ambientale. Fra queste quella che distingue il valore d’uso, il valore d’opzione e il<br />

valore di non uso come le tre principali componenti del valore economico totale sembra ottenere i<br />

maggiori consensi. Il valore d’uso riflette l’uso diretto della risorsa ambientale; il valore d’opzione<br />

riflette il valore riposto dalle persone sulla possibilità futura di utilizzare la risorsa; infine il valore<br />

di non uso riflette il fatto che le persone attribuiscono un valore anche all’esistenza stessa (da cui<br />

valore di esistenza) della risorsa naturale, di determinate specie o di interi ecosistemi.<br />

67


prezzo pagato riflette la valutazione degli individui per i benefici<br />

ambientali derivanti da boschi/legname sostenibili/e.<br />

L’alternativa ai metodi basati sulle preferenze rivelate è quella di analisi delle<br />

preferenze espresse/dichiarate mediante l’osservazione degli agenti economici in<br />

contesti di mercato surrogati o ipotetici, in cui rientrano le tecniche che richiedono<br />

l’utilizzo di una rilevazione mediante questionario in cui agli individui intervistati<br />

vengono sottoposti quesiti sul bene forestale e sulla loro disponibilità a pagare per<br />

conservare il bene o per migliorarne le qualità. Queste tecniche hanno un forte<br />

potere attrattivo ma presentano anche diverse difficoltà e problemi applicativi. Un<br />

primo problema è costituito dalla distorsione ipotetica (hypothetical bias), ossia<br />

dalla determinazione di quanto gli individui rispondano con sincerità riguardo la<br />

propria disponibilità a pagare. I questionari in cui si chiede “qual è la Sua<br />

massima disponibilità a pagare” o “è disposto a pagare X€” fanno capo alla<br />

tecnica di valutazione contingente. I questionari che presentano ai rispondenti<br />

scelte alternative sulla base di livelli diversi di alcuni attributi e chiedono agli<br />

intervistati di scegliere fra le alternative o di ordinarle, vengono indicate come<br />

procedure di choice modelling. In questa classe di procedure, ai rispondenti non<br />

viene direttamente chiesta la propria disponibilità a pagare; tuttavia uno degli<br />

attributi dell’insieme di scelta a loro sottoposto è dato dal prezzo, così che la<br />

disponibilità a pagare può essere inferita. Come vedremo nella survey la tecnica di<br />

valutazione contingente è stata ampiamente utilizzata nel contesto forestale<br />

mentre lo sono un po’ meno le tecniche di choice modelling. Per un riepilogo dei<br />

valori economici attribuibili ai diversi beni e servizi forniti dalle foreste e<br />

soprattutto della loro misurabilità per metodo di valutazione si veda la Tabella 3.1<br />

adattata da Pearce e Pearce (2001) x . Nei due paragrafi successivi tratteremo<br />

diffusamente i metodi rientranti nelle categorie evidenziate.<br />

Tabella 3.1 - Riepilogo dei valori economici ($ ha/per anno se non diversamente indicato) per<br />

funzione e tecnica di valutazione utilizzabile per le foreste temperate secondo Pearce e<br />

Pearce (2001)<br />

Forest good $ ha/pa Initial<br />

Form of cash<br />

Valuation techniques<br />

or service<br />

beneficiary flow<br />

b<br />

PF MP AC CV CM TC HP<br />

Timber<br />

conventional<br />

logging -4000 to +700<br />

sustainable (NPV) a<br />

Concessionaire Tax X X<br />

Fuelwood - Local<br />

communities /<br />

urban centres<br />

Usually none X X X<br />

NTFPs Small Local<br />

Usually none X X X<br />

community or local sales<br />

Genetic - Plant breeders. IPR fee / X X X<br />

information<br />

Drug<br />

companies<br />

royalities<br />

Recreation 80 Visitors. Payment, but X X<br />

x Per un’interessante e critica discussione sulla misurabilità dal punto di vista economico dei<br />

diversi benefici delle foreste si veda O’Brien (2003) in cui vi è una rassegna della letteratura<br />

relativa all’elicitazione dei valori ambientali e del loro ruolo nel processo decisionale. In questo<br />

lavoro si sostiene che la valutazione delle preferenze degli individui per i benefici intangibili,<br />

mediante le tecniche di valutazione economica, non catturano e non possono catturare l’insieme<br />

completo di valori che gli individui potrebbero avere.<br />

68


Watershed<br />

benefits<br />

Climate<br />

benefits<br />

Biodiversity<br />

(other than<br />

genetics)<br />

Tourism<br />

companies<br />

-10 to +50 Regional<br />

inhabitants<br />

90-400<br />

(afforestation)<br />

? Local and<br />

global<br />

communities<br />

leakage issue<br />

Usually none<br />

but potential<br />

for fees (e.g.<br />

developing<br />

countries)<br />

World In kind<br />

benefits (e.g.<br />

CDM)<br />

Debt for<br />

Nature,<br />

donations etc<br />

Amenity Small Local residents None:<br />

capitalized in<br />

land and<br />

property prices<br />

Non-use<br />

values<br />

Option<br />

values<br />

Existence<br />

values<br />

70?<br />

12-45<br />

Local, national<br />

and global<br />

communities<br />

Environmental<br />

funds, debt for<br />

nature, GEF,<br />

donations<br />

69<br />

X X X X<br />

X X X X X<br />

X? X<br />

X X X<br />

X X<br />

a Pearce (1994)<br />

b PF = production function, MP = market price, CV = contingent valuation, CM = choice modeling,<br />

TC = travel cost, HP = hedonic prices (property prices), AC = avoided costs.<br />

Source: adattato da Pearce and Pearce (2001).<br />

3.2.1. Tecniche di valutazione secondo il metodo dei legami fisici<br />

Fra le tecniche di valutazione rientranti nella categoria del metodo dei legami<br />

fisici (le quali non permettono di stimare le curve di domanda) si distinguono<br />

metodi di valutazione dei benefici mediante l'uso di prezzi di mercato effettivi dei<br />

beni e servizi, e metodi che valutano i costi mediante l'uso di prezzi di mercato<br />

effettivi degli input di protezione ambientale.<br />

Nei primi rientrano metodi di risposta alla dose o dose-risposta. Essi<br />

analizzano la relazione tecnica (ad es. di tipo biologico o ingegneristico)<br />

eventualmente esistente tra il bene ambientale e il consumatore) e richiedono<br />

l'esistenza di dati che colleghino la reazione fisiologica umana, vegetale o animale<br />

allo stress (es. da inquinamento): se, ad esempio, un certo livello di inquinamento<br />

è associato a una variazione della produzione, allora è solitamente possibile<br />

valutare la produzione a prezzi di mercato (perdita di raccolti a causa<br />

dell'inquinamento atmosferico).<br />

Detto metodo è soggetto al problema che le funzioni di danno potrebbero non<br />

essere direttamente in relazione con le funzioni di utilità individuali e pertanto<br />

potrebbero non essere in grado di descrivere il comportamento degli agenti<br />

economici né di stimare il valore di esistenza.<br />

Tra i metodi che utilizzano i prezzi di mercato effettivi degli input di protezione<br />

ambientale rientrano i metodi dei costi alternativi (o comportamento riduttivo o<br />

spese di prevenzione/difensive), dei costi di sostituzione e del costo opportunità.<br />

Il metodo dei costi alternativi analizza le spese difensive che sarebbero<br />

necessarie per rimuovere l'impatto del danno ambientale: i proprietari di un


abitazione, per esempio, possono acquistare del materiale isolante per<br />

contrastare/difendere l'inquinamento acustico. Detto metodo consente di<br />

individuare in tempi rapidi e a costi relativamente contenuti una soglia minima del<br />

valore che gli individui associano a beni e servizi ambientali sfruttando una serie<br />

di segnali forniti dal mercato. Il metodo dei costi di sostituzione considera il costo<br />

della sostituzione o del ripristino di un bene danneggiato e utilizza questo costo<br />

come misura del beneficio del ripristino. Esso è un metodo basato sul progetto<br />

ombra: nel caso in cui i progetti di sviluppo minaccino, ad esempio, habitat<br />

naturali, il metodo considera la possibilità, in termini di costi sostenuti, che venga<br />

"ricostruito" un bene ambientale altrove. Vi è tuttavia una notevole difficoltà di<br />

attuazione di questo metodo, sia per la difficoltà di riuscire a ricreare, attraverso<br />

un'azione esterna, ecosistemi che abbiano la stessa funzionalità degli originari, sia<br />

perché in alcuni casi l'unicità di alcuni siti esclude la possibilità di ipotizzare la<br />

creazione di progetti ombra. Mediante il metodo del costo opportunità non si<br />

misurano direttamente i benefici ambientali. Si stimano invece i benefici<br />

dell'attività che provoca il degrado dell'ambiente per stabilire una misura di<br />

quanto elevati dovrebbero essere i benefici ambientali per rendere l’attività che<br />

provoca il degrado non conveniente.<br />

3.2.2. Tecniche di valutazione secondo il metodo dei legami comportamentali<br />

Fra le tecniche di valutazione rientranti nella categoria del metodo dei legami<br />

comportamentali (che permettono di stimare le curve di domanda) vi sono quelle<br />

che ricorrono a simulazioni del mercato, (analisi delle preferenze espresse o<br />

dichiarate o enunciate, stated preference o metodi diretti) e quelle basate<br />

sull’analisi dei mercati surrogati, (analisi delle preferenze rivelate, revealed<br />

preference o metodi indiretti), i quali, tuttavia, non permettono la stima del valore<br />

di esistenza.<br />

Rientrano nel primo gruppo le metodologie basate su mercati contingenti e in<br />

parte su mercati politici che permettono di stimare sia le componenti di uso sia<br />

quelle di non uso del bene considerato. Si tratta, in generale, di metodi costosi da<br />

implementare poiché richiedono indagini campionarie di una certa consistenza.<br />

Esse sono il metodo della valutazione contingente, il choice modelling, la<br />

tecnica Delphi e il focus group. Il metodo della valutazione contingente è fondato<br />

sulla nozione di "mercato contingente", ossia su un mercato caratterizzato dalla<br />

stipula di un contratto che pattuisce lo scambio del bene subordinatamente al<br />

verificarsi di un certo evento: esso considera un unico attributo di scelta ossia il<br />

prezzo di un biglietto o una tassa (o un altro veicolo di pagamento) per il quale si<br />

chiede al rispondente la disponibilità a pagare o meno per il raggiungimento di un<br />

certo obiettivo. Tale metodo viene ritenuto l'unico utilizzabile al fine di misurare<br />

valori di uso e valori di non uso ed è il più semplice fra quelli di preferenze<br />

espresse. Il choice modelling è un metodo che, a differenza della valutazione<br />

contingente, considera più attributi per il bene sottoposto a valutazione e non solo<br />

quello monetario. Esso permette all'intervistato di valutare il bene nella sua<br />

globalità (multi attributi) senza dover esplicitare le proprie preferenze su una<br />

70


singola caratteristica del bene considerato (solitamente monetaria, nel caso della<br />

valutazione contingente). Nella tecnica Delphi le valutazioni sono affidate ad<br />

esperti preferibilmente appartenenti a diverse discipline (responsabili delle<br />

politiche di regolamentazione, decisori pubblici, ecc.). Il metodo basato su focus<br />

groups, infine, richiede come il precedente campioni ridotti di soggetti: si tratta, in<br />

sostanza, di un metodo che effettua studi pilota su piccoli campioni di<br />

popolazione o di utenti al sito/luogo oggetto di indagine.<br />

Nel secondo gruppo, quello dei metodi indiretti, che si basano cioè sull’analisi<br />

delle preferenze rivelate, si trovano il metodo dei costi di viaggio, il metodo dei<br />

prezzi edonici, il metodo dei costi di compensazione e il modello delle scelte<br />

discrete. Il metodo dei costi di viaggio permette di valutare una risorsa ricreativa<br />

utilizzando il valore del tempo e degli altri costi sostenuti per visitare il sito come<br />

proxy di ciò che i visitatori sono disposti a pagare per visitare il sito. Il metodo dei<br />

prezzi edonici si basa sulla premessa che un bene (o un servizio) possa essere<br />

definito mediante un insieme di caratteristiche o attributi che ne definiscono il<br />

prezzo: esso utilizza l’analisi di regressione multipla per “estrarre” la componente<br />

ambientale del valore attribuito in un mercato surrogato. D’altra parte, detto<br />

metodo è affetto da problemi di sovra o sotto stima, a seconda dei casi concreti:<br />

nel mercato degli immobili, ad esempio, vi è la mancanza di dati numerosi e<br />

significativi tale da rendere discordanti le relazioni tra i prezzi dei beni privati e le<br />

caratteristiche ambientali. Inoltre, vi è una certa difficoltà nell'individuazione<br />

delle variabili esplicative da inserire nella funzione di prezzo, tra cui problemi di<br />

multicollinearità, difficoltà nell'isolare le vere ragioni in grado di spiegare la<br />

varianza di prezzo degli immobili. Il metodo dei costi di compensazione, infine,<br />

calcola i risparmi di costo impliciti in una riduzione degli effetti esterni degli<br />

agenti inquinanti e conseguentemente quantifica il valore tramite implicita<br />

misurazione della riduzione dei costi di conservazione.<br />

A questi metodi si può aggiungere il metodo del trasferimento del beneficio,<br />

caratterizzato da costi ridotti e tempi rapidi, il quale stima le funzioni di domanda<br />

di un determinato bene ambientale utilizzando i risultati di valutazioni effettuati in<br />

altri siti.<br />

Tratteremo ora più in dettaglio i metodi più frequentemente applicati nel contesto<br />

forestale (valutazione contingente, choice modelling, costi di viaggio e il metodo<br />

dei prezzi edonici) a cui aggiungeremo alcune considerazioni sul trasferimento del<br />

beneficio.<br />

3.2.2.1. Valutazione contingente<br />

Per quanto riguarda la valutazione contingente cercheremo di illustrare i punti<br />

rilevanti rimandando all’estesa letteratura sviluppata in materia per<br />

71


approfondimenti xi . Prima di tutto, è il metodo di analisi delle preferenze dichiarate<br />

più noto, più utilizzato e più studiato in maniera approfondita sia a livello teorico<br />

sia a livello statistico. La sua notorietà e la sua vasta applicazione derivano dalla<br />

flessibilità dello strumento rispetto allo scenario e ai valori da analizzare. È inoltre<br />

da sempre considerato l’unico metodo disponibile per misurare i valori di uso e<br />

non di uso. È tuttavia anche uno dei metodi di analisi economica che più di altri<br />

ha generato dibattiti inter-disciplinari e controversie relativamente alla sua<br />

applicabilità e affidabilità. In sintesi, il metodo è così strutturato. Tramite la<br />

costruzione di un mercato contingente ipotetico, che fornisce il supporto<br />

all’analisi, si definisce il contesto nel quale il bene in esame deve essere<br />

valutato xii .<br />

La valutazione deve avere come riferimento la scarsità di risorse (il vincolo di<br />

bilancio individuale) ed essere inserita in un contesto dove si evidenziano<br />

chiaramente i rapporti di complementarietà e sostituibilità nel paniere di beni xiii . In<br />

sintesi, gli elementi principali da individuare, nello scenario di valutazione sono: i<br />

beneficiari dell’intervento (cittadini residenti, utente diretti, tutti i possibili utenti<br />

attuali e futuri, ecc.); la regola decisionale (via referendum o costi benefici); le<br />

modalità di pagamento (tariffe, imposte, variazioni di prezzo, contribuzioni ad un<br />

fondo), la struttura della domanda sulla WTP (di tipo dicotomico a<br />

“referendum” xiv , di tipo aperto open ended, con meccanismo di asta iterativa, a<br />

scala di pagamento), la struttura temporale dei pagamenti (unico, periodico) xv . In<br />

xi Si vedano Carson e Mitchell (1989), Freeman (1993), Bishop et al. (1995), Bateman e Willis<br />

(1999) e Garrod e Willis (1999). Per un dibattito sui limiti e le debolezze del metodo si veda il<br />

classico Symposia sul Journal of Economic Perspectives, 1994.<br />

xii A livello metodologico, l'intervista - questionario può essere realizzata tramite intervista<br />

postale, telefonica o diretta in sito. Ogni tecnica presenta vantaggi e svantaggi, che vanno<br />

considerati per scegliere, in ogni applicazione, quello maggiormente adatto. Non sembra esistere<br />

un metodo di rilevazione dominante: se l'intervista diretta può offrire maggiore possibilità di<br />

interazione con il soggetto intervistato, i suoi costi sono alti rispetto ad un’indagine postale o<br />

telefonica. Inoltre, la presenza dell’intervistatore può generare distorsioni. Il questionario<br />

sottoposto via telefono abbatte di molto i costi, ma sembra intuitivamente più opportuno ed<br />

efficace quando il bene è di mercato ed è familiare. Tramite intervista postale si possono<br />

analizzare tutte le componenti di valore; i problemi principali sembrano essere il rischio di ottenere<br />

stime a livello famigliare e non individuale, l’usuale tasso ridotto di risposta, la mancata<br />

opportunità di fornire spiegazioni. Quiggin (1998) studia le differenze, nel caso di un bene<br />

pubblico, fra la disponibilità a pagare a livello di famiglia e a livello di individuo. Si conclude che<br />

esistono differenze quando i membri della famiglia sono reciprocamente altruisti, e la somma delle<br />

singole WTP individuali è maggiore della WTP famigliare.<br />

xiii Nel caso dei beni ambientali, i beni sostituti possono essere altri siti ambientali e/o altri beni<br />

che entrano nella funzione di utilità dell’individuo.<br />

xiv Le domande di WTP strutturate su base dicotomica (accettare o meno una data “offerta” di<br />

WTP) , sebbene generalmente più “facili” per l’intervistato, offrono meno informazioni sulla<br />

distribuzione della disponibilità a pagare. Essenzialmente, sacrificano efficienza informativa per<br />

evitare alcuni delle distorsioni presenti in altre forme di VC (open ended). Siccome introducono<br />

altre distorsioni (yea saying), il ricercatore è di fronte ad un trade off nell’uso delle diverse forme<br />

di VC, non esistendo una chiara alternativa dominante. Si veda Signorello (1994) per una<br />

illustrazione delle tecniche statistiche parametriche e non parametriche utilizzate nel formato<br />

“aperto” e dicotomico.<br />

xv Pearce e Mourato (1998) descrivono le tre parti principali costituenti una VC. Primo, occorre<br />

“preparare” l’intervistato con una serie iniziale di domande relative al bene e alla sua percezione<br />

72


secondo luogo, è anche il metodo più discusso xvi . La sua estensiva applicazione e<br />

popolarità è stata infatti associata e seguita da un processo di critica, fondato su<br />

prospettive sia economiche sia non economiche, volto ad illustrare e dimostrare le<br />

dello stesso. Poi, si descrive lo scenario contingente: bene offerto e situazione da esaminare,<br />

motivazioni e ragioni della variazione nella “fornitura” dello stesso, illustrazione del metodo di<br />

pagamento, e delle modalità generali dell’offerta. La WTP è espressa tramite domanda diretta su<br />

quanto si valuta il bene nelle condizioni esposte, rispetto ad una situazione di partenza (reale). Lo<br />

scenario con cui confrontare lo status quo può essere sia ipotetico (se la valutazione è ex ante) o<br />

reale (se ex post). Il “mercato” è comunque contingente, e lo scambio ipotetico. La struttura<br />

generale è quindi sempre ipotetica. Infine, si chiude usualmente il questionario mediante una serie<br />

di domande follow up, che testano la consistenza delle risposte precedenti e raccolgono<br />

informazioni socioeconomiche. Si vede chiaramente, come già sottolineato, che la quantificazione<br />

monetaria del bene è solo una componente della metodologia, che può e deve essere arricchita ed<br />

integrata da informazioni qualitative e socio-economiche.<br />

xvi I limiti e le potenzialità del metodo sono chiare fin dalla sua origine (Ciriacy-Wantrup,<br />

1947). Dopo quasi 50 anni dalla sua nascita molti problemi rimangono insoluti. Mitchell e Carson<br />

(1989) esaminano le potenziali fonti di errore che si possono presentare nell’analisi. Innanzi tutto,<br />

si distingue la “vera” disponibilità a pagare e la WTP “rivelata”. La seconda è osservabile, mentre<br />

la prima non lo è. Gli “errori” della rivelazione possono essere associati o a distorsioni relative alla<br />

formazione della vera WTP, o a rivelazioni di WTP che non corrispondono alla reale preferenza<br />

(Luzar e Cossè, 1998).<br />

La misura espressa può differenziarsi dalla vera WTP causa errori di tipo casuale, errori<br />

sistematici ed errori dovuti a fenomeni di non risposta ed errato campionamento (Bishop e<br />

Romano, 1998). L’errore random è associato ai problemi di affidabilità (Reliability), quello<br />

sistematico al tema della validità (Validity). Se gli errori di tipo random possono essere ridotti<br />

ottimizzando (espandendo) il campione e ripetendo l’indagine, per quanto riguarda gli errori<br />

sistematici i problemi sono maggiori. I ricercatori hanno sviluppato un nucleo di “regole del<br />

pollice” e tests al fine di ridurre le distorsioni. Come osservato, le distorsioni sistematiche<br />

riguardano sia la vera WTP sia quella rivelata. Le prime dipendono dalla struttura del questionario<br />

e dell’indagine, nel modo in cui “creano” la preferenza e mettono l’intervistato nella condizione di<br />

esprimere una WTP consistente con l’oggetto di studio; la seconda dipende dagli incentivi presenti<br />

a sovra o sotto stimare la vera WTP per motivazioni strategiche. Bishop e Romano (1998)<br />

forniscono una esaustiva sintesi e classificazione delle fonti di errore sistematico, come dipendenti<br />

dalla descrizione dello scenario e dagli strumenti di rivelazione contingente utilizzati. Il primo<br />

gruppo di biases emerge quando la struttura della domanda incentiva a formulare WTP che si<br />

differenziano dalla vera preferenza. In questa categoria si classificano distorsioni strategiche,<br />

finalizzate ad influenzare la fornitura del bene (sovra stima) o a sottorappresentare la WTP, nel<br />

caso in cui lo scenario presentato è avvertito come preludio ad una futura e certa fornitura privata<br />

del bene. Altre distorsioni (compliance bias) si presentano come effetto del rapporto fra<br />

rispondente e intervistatore e fra rispondente ed eventuali sponsor; l’indagine deve essere quindi<br />

percepita come neutra, senza la presenza di sponsor espliciti o presunti. Una terza serie di<br />

distorsioni si hanno come effetto di informazioni fornite dal questionario, che “suggeriscono” un<br />

valore in modo implicito (implied value clues): starting point bias, range bias (informazioni e<br />

valori forniti sulla WTP), relational bias, position bias (relazione con altri beni). Inoltre, lo<br />

scenario specificato può non essere consistente con la teoria economica di riferimento (theoretical<br />

mispecification bias). Distorsioni possono anche emergere dalla differenza fra il bene come<br />

percepito dagli intervistati e come inteso e descritto dall’intervistatore; una serie di part-whole<br />

biases (geographical, benefit, policy-package) può inoltre generare dati non consistenti con gli<br />

obiettivi della ricerca, soprattutto nel caso di beni pubblici puri. Una ultima classe di distorsioni<br />

emerge dal contesto/struttura definito dal questionario: il metodo di pagamento, la scelta fra WTP<br />

e WTA, il vincolo di bilancio, il formato della domanda relativa alla espressione della WTP, la<br />

sequenza delle domande, sono tutti fattori che possono influenzare il modo in cui la WTP viene<br />

formata e poi espressa.<br />

73


debolezze e ambiguità caratterizzanti il metodo. Molteplici possono essere le<br />

condizioni di carattere micro-economico, socio-psicologico, metodologico e<br />

politico-ideologico che ne restringono la portata e l’applicabilità e che possono<br />

inficiare i risultati. Larga parte del dibattito verte sulle presunte distorsioni alle<br />

quali l’uso del metodo può condurre, dovute essenzialmente alla natura ipotetica xvii<br />

dell’indagine xviii . Comunque, si può asserire che la maggior parte di queste<br />

eventuali distorsioni non siano specifiche alla VC, ma a tutte le tecniche basate su<br />

interviste dirette xix . Tra le principali “distorsioni” ricordiamo le seguenti.<br />

In primo luogo, possono emergere distorsioni da comportamento strategico, se i<br />

rispondenti esprimono valutazioni che non riflettono i loro veri assetti di<br />

preferenza. Pur conoscendo il beneficio generato dal bene (assegnando in modo<br />

consistente un valore), gli individui esprimono una misura differente. Tale<br />

distorsione può portare a sottostime, nei casi in cui gli utenti pensino che la<br />

risposta darà origine ad un effettivo pagamento (easy riding), o a sovra-stime se<br />

percepiscono invece che la risposta influenzi una reale decisione, ma senza che si<br />

realizzi poi un effettivo pagamento.<br />

In secondo luogo, sono possibili distorsioni da scenario ipotetico o da mancanza<br />

di incentivi, le quali derivano dalla natura dell’inchiesta, che non fornirebbe in<br />

xvii<br />

La natura ipotetica, come notano Romano e Viganò (1998) genera tuttavia errori di carattere<br />

casuale e non sistematico.<br />

xviii<br />

Rimandiamo alla monografia di Carson e Mitchell (1989). Si può comunque notare, a<br />

livello generale, come l’esercizio della VC presenti per il soggetto intervistato due tipologie di<br />

problemi, (da non confondere): la formulazione del (vero) valore come problema di<br />

massimizzazione vincolata della funzione di utilità e la rivelazione del valore, che è influenzata da<br />

opportunità strategiche. Le possibili distorsioni delle stime riguardano sia il processo di<br />

formulazione del valore sia il processo di rivelazione – espressione della vera WTP. Si veda anche<br />

il contributo di Montini in Nuti (2001) e il volume di Casoni e Polidori (2002).<br />

xix<br />

La preparazione del formato dell’intervista e del questionario di supporto non segue<br />

modalità fisse, anche se dovrebbero essere seguite delle linee guida per evitare di incorrere in<br />

errori di strutturazione che si ripercuotono sui risultati. Boulier e Goldfard (1998) forniscono<br />

alcune linee guida da seguire per “migliorare” la struttura dei questionari utilizzati per sottoporre a<br />

verifica ipotesi proprie della teoria economica. Per iniziare, gli obiettivi devono essere chiari,<br />

specifici, e non ambigui. Dopodiché, occorre scegliere, anche in relazione agli obiettivi, il metodo<br />

di raccolta dei dati, la cui scelta è usualmente confinata a questionario postale, intervista<br />

telefonica, o intervista personale diretta. Ogni metodologia di indagine presenta vantaggi e<br />

svantaggi, da considerarsi relativi e non assoluti. L'intervista deve essere comunque strutturata in<br />

modo che non si presentino ambiguità, con una descrizione chiara e semplice del bene e dello<br />

scenario, fornendo informazioni in modo neutrale e rimanendo in un tempo medio, per intervista,<br />

di 15-30 minuti. Il campione da analizzare deve essere anche esso scelto in base agli obiettivi<br />

prefissati. È ovvio che un’analisi in situ privilegia gli utenti diretti, mentre le interviste telefoniche<br />

o via posta raccolgono informazioni su un campione allargato di utenti e non utenti. Per finire, nel<br />

caso l’obiettivo ultimo sia una valutazione monetaria, è opportuno strutturare la domanda di WTP<br />

come momento centrale dell’indagine, preceduta da informazioni fornite e da domande di apertura<br />

per mettere a uso agio l'intervistato, e aiutare la focalizzazione del bene e la “costruzione” del set<br />

di preferenze e vincoli di bilancio; a ciò si dovrebbe far seguire alcune domande follow up, che<br />

testino la consistenza delle risposte e raccolgano informazioni socioeconomiche. In ogni caso, per<br />

le tecniche che raccolgono informazioni su preferenze espresse, il compito è quello di presentare<br />

agli utenti informazioni che essi possano comprendere, minimizzando le loro difficoltà. Si vedano<br />

anche EFTEC (2001) e Mourato e Mazzanti (2002).<br />

74


alcuni casi gli incentivi necessari a fornire risposte consistenti con le vere<br />

preferenze. Opportuni test statistici e strutturazioni incentivanti del formato di<br />

analisi possono ridurre il problema, stabilendo transazioni ipotetiche<br />

soddisfacenti, accettate, ed incentive compatible (Signorello, 1995). In questo<br />

caso, a differenza del precedente, gli individui non sono però in grado di fornire,<br />

anche esprimendo il “vero”, una misura consistente di valore. La distorsione è<br />

relativa all’espressione della misura di valore “reale”.<br />

Inoltre, vi sono distorsioni dovute allo specifico formato del questionario e del<br />

mezzo di pagamento scelto. Si osserva infatti che ogni tipologia di pagamento<br />

(tassa, aumento di prezzo, donazione ad un trust) e il formato stesso della<br />

domanda sulla WTP possono presentare problemi nel rilevare la “vera”<br />

disponibilità a pagare.<br />

Come quarto punto, notiamo le possibili distorsioni dovute a embedding effects.<br />

Questo è un problema di scala. Il bene o servizio da valutare potrebbe essere<br />

“incluso” in una scala di possibili livelli di offerta. Alcuni autori (Kahneman e<br />

Knetsch, 1992) hanno concluso che gli individui sarebbero in certi casi insensibili<br />

alla scala di fornitura, dimostrando di esprimere così non una WTP effettiva per lo<br />

scenario descritto, ma un generico contributo ad una buona causa (effetto warm<br />

glow). Altri autori sostengono invece che problemi di insensibilità sono prima di<br />

tutto dovuti a carente strutturazione dello studio e del questionario, e che inoltre<br />

appositi test statistici possono comunque essere effettuati;<br />

Infine, possono emergere distorsioni “da informazione”. Siccome la risposta è<br />

influenzata dalle informazioni sullo scenario, fornite dall’intervistatore, è<br />

possibile presumere che maggiore è la pre-conoscenza del bene, minori saranno<br />

queste distorsioni, in termini di (eccessiva) varianza delle stime di WTP. Occorre<br />

però notare che la familiarità con il bene in esame è una questione di grado: la<br />

familiarità non implica necessariamente esperienza diretta precedente, e<br />

l’esperienza diretta non implica la familiarità (Bishop e Romano, 1998; Kenyon e<br />

Edwards, 1998). Inoltre, l’effetto di differenti livelli di informazione fornita non<br />

ha una direzione definita sulla WTP espressa, in quanto questo dipende dal tipo di<br />

informazione e dal suo contenuto. Un risultato raggiunto in letteratura è che una<br />

maggiore informazione diminuisce la probabilità di ottenere risposte nulle o di<br />

protesta (Hanley e Munro, 1993). Un effetto di information overloading può<br />

invece emergere quando è fornita troppa informazione: gli utenti non possono<br />

assimilare informazioni che entro certi limiti. Nella prospettiva di chi effettua la<br />

ricerca, occorre quindi gestire un trade off fra realismo e distorsioni derivate<br />

dall’informazione fornita.<br />

Sono stati proposti, per limitare e testare le distorsioni presenti, alcuni test di<br />

“consistenza”, relativi sia alla validità sia all’affidabilità delle stime ottenute. Per<br />

quanto riguarda la validità, in parte occorre limitare e, se possibile, “smascherare”<br />

eventuali comportamenti strategici, in parte occorre costruire uno scenario capace<br />

di “costruire” le preferenze fornendo un supporto (questionario) ed informazioni<br />

consistenti, plausibili, rilevanti ed accettate. Mitchell e Carson (1989) definiscono<br />

75


tre situazioni: content validity , che fa riferimento alla struttura del questionario,<br />

alla descrizione del bene e relativa fornitura di informazione, e ai metodi di<br />

rivelazione delle preferenze utilizzati; criterion validity , che riguarda la<br />

consistenza delle stime con misure di prezzo ottenute in mercati reali o<br />

sperimentali; construct validity (suddivisibile in convergent e theoretical), cioè il<br />

grado in cui le stime sono consistenti con misure rivelate tramite tecniche<br />

alternative, quali costi di viaggio (convergent), o con le aspettative derivate dalla<br />

teoria (theoretical).<br />

Fra i possibili test statistici utilizzabili, si possono elencare i seguenti. In primo<br />

luogo, test di validità teorica volti a verificare se i risultati sono consistenti con le<br />

ipotesi della teoria economica. Di solito, si analizza l’influenza statistica del set di<br />

variabili socio-economiche sulle stime della WTP, verificando la significatività dei<br />

coefficienti; un secondo test verifica l’effetto di scala sulla stima della WTP.<br />

Si vuole analizzare la rilevanza della distorsione dovuta a embedding,<br />

analizzando come e se la WTP sia sensibile alle variazioni di scala. Un fallimento<br />

del test indica, secondo alcuni autori sopra citati, che la VC non misura una reale<br />

variazione di benessere, ma una soddisfazione generica dovuta alla partecipazione<br />

alla fornitura di un bene pubblico (Andreoni, 1989). Un ultimo test di validità<br />

teorica analizza il rapporto fra WTP e livello di reddito: se il bene in esame è<br />

normale, la WTP deve incrementare all’aumentare del reddito, con un coefficiente<br />

di elasticità maggiore di zero xx . In secondo luogo, test di convergenza delle stime:<br />

questo tipo di esame statistico analizza le stime WTP della VC confrontandole con<br />

stime ottenute trame altre metodologie di preferenze rivelate xxi o, quando<br />

possibile, con la “vera” WTP espressa in mercati reali. Infine, oltre a misure della<br />

validità teorica, abbiamo misure di test che testano l’affidabilità delle stime.<br />

Possiamo essere infatti interessati a verificare l’affidabilità temporale,<br />

conducendo l’analisi in periodi differenti e distanti fra loro xxii . Questo test viene<br />

definito in letteratura test-retest procedure (Romano e Viganò, 1998) e si propone<br />

di effettuare la stessa analisi, in tempi diversi, sullo stesso campione. Per gli<br />

elevati costi è raramente applicato; inoltre si fonda sull’ipotesi di invarianza delle<br />

variabili che influenzano la WTP. L’affidabilità delle stime può essere inoltre<br />

migliorata perfezionando le tecniche di campionamento, ed aumentando la<br />

numerosità campionaria, in quanto lo standard error della media diminuisce<br />

all’aumentare della numerosità. Mitchell e Carson (1989) propongono infine di<br />

incrementare l’affidabilità tramite uso di stimatori robusti che limitino l’effetto di<br />

valori outliers sulla stima della WTP media.<br />

xx In letteratura, dato che sono state rilevate spesso figure inferiori all’unità, si è aperto un<br />

dibattito sulla effettiva e corretta misura dell’elasticità al reddito. Ma come Flores a Carson (1997)<br />

notano, le analisi di VC forniscono una elasticità al reddito per livelli costanti della quantità, che è<br />

differente dalla elasticità al reddito della domanda, calcolata per livelli della quantità che variano.<br />

Un bene di lusso, a quantità costanti, può presentare un’elasticità al reddito minore di uno.<br />

xxi Come notano Bishop e McCollum (1998), effettuare una analisi dei costi di viaggio è<br />

sempre una opzione non costosa, e complementare, da associarsi alla rivelazione di dati per uno<br />

studio di VC.<br />

xxii Si veda Riganti e Willis (1997).<br />

76


3.2.2.2. Choice modelling<br />

Introduciamo ora una seconda metodologia di stima nell’ambito delle analisi<br />

mediante preferenze dichiarate, utilizzata solo recentemente nel campo delle<br />

analisi su risorse ambientali, l’approccio conjoint analysis xxiii in cui rientrano<br />

tecniche le quali possono essere accomunate sotto il nome di choice modelling, in<br />

altre parole tutte quelle metodologie estimative che fondano la loro analisi su<br />

modelli di scelta sperimentale multi-attributo. In questo paragrafo si analizzeranno<br />

le potenzialità che questo approccio può presentare per la stima delle preferenze<br />

dei beni ambientali.<br />

L’idea alla base del metodo rimane quella secondo la quale gli utenti (e non<br />

utenti) abbiano un assetto di preferenze (latenti) associate al consumo di beni<br />

pubblici (puri o impuri) e che tali preferenze siano associate a valori sia di uso sia<br />

di non uso. Come per la valutazione contingente, lo scenario di policy deve essere<br />

accuratamente descritto, e il mezzo di pagamento specificato ed accettato come<br />

plausibile e rilevante.<br />

Nei confronti della valutazione contingente, la tecnica choice modelling si<br />

differenzia principalmente poiché offre la possibilità di valutare le preferenze per<br />

singoli attributi quanti-qualitativi del bene in esame xxiv . Si possono misurare,<br />

quindi, le preferenze e le variazioni di benessere associate a scenari alternativi allo<br />

status quo dove solo uno, od una serie di attributi, variano. Questo permette di<br />

valutare la significatività di ogni singolo attributo, servizio o funzione del bene<br />

ambientale, come fattore esplicativo della domanda. Inoltre, si possono valutare le<br />

variazioni di benessere fra lo status quo e gli scenari alternativi delineati,<br />

aggregando il valore dei singoli elementi che definiscono l’offerta in un dato<br />

scenario.<br />

La metodologia di conjoint analysis / choice modelling presenta le seguenti<br />

caratteristiche principali. Innanzitutto, possiede la potenzialità di gestire ed<br />

xxiii Il termine conjoint analysis è una definizione generica, risalente al lavoro di Green e<br />

Srinivasan (1978), per definire metodologie diffuse da tempo nella letteratura di marketing e<br />

nell’ambito di economia dei trasporti, volte ad analizzare scenari multi-attributo, con beni definiti<br />

su di un vettore di caratteristiche. Il paradigma teorico di riferimento è la teoria micro-economica<br />

sviluppata da Lancaster (1991), la quale assume che i consumatori percepiscano il bene come<br />

definito da un vettore di caratteristiche dalle quali traggono soddisfazione, e alle quali è quindi<br />

possibile assegnare specifici prezzi ombra. In tal senso, la ricerca empirica potrebbe essere<br />

indirizzata ad analizzare se e come il bene-servizio ambientale possa essere disaggregato in un<br />

insieme di “qualità” che lo definiscono e ne compongono il “valore” aggregato.<br />

xxiv Il contesto della conjoint analysis, con le scelte di sperimentali, ha la caratteristica singolare<br />

di caratterizzare un contesto sperimentale di analisi, dove vi è la possibilità, da parte del<br />

ricercatore, di modellare la struttura scegliendo (a) il numero di alternative, partendo da un minimo<br />

di due, con la presenza necessaria di uno status quo per rendere possibili le valutazioni monetarie;<br />

(b) il numero degli attributi; (c) il numero dei livelli per ciascun attributo. Si utilizza il supporto<br />

teorico fornito dall’analisi di Lancaster (1991), che definisce i beni oggetto di consumo come<br />

bundle of characteristics.<br />

77


analizzare contesti nei quali il bene ed i relativi cambiamenti dallo status quo sono<br />

multi dimensionali e devono essere disaggregati. Questo porta ad una maggiore<br />

capacità investigativa, nell’analizzare i trade off fra diverse caratteristiche e<br />

funzioni xxv ; si possono verificare circostanze in cui per lo stesso bene ambientale<br />

sono possibili diversi livelli di offerta, oppure situazioni in cui la stima concerne<br />

un bene complesso la cui offerta è modulabile secondo combinazioni variabili<br />

nelle caratteristiche che lo compongono. Infine, può verificarsi il caso in cui<br />

l’interesse del committente sia rivolto non tanto alla conoscenza del valore del<br />

bene, quanto alla determinazione del valore dei singoli attributi e dei trade off<br />

rilevanti. Si possono quindi valutare le WTP per i singoli attributi, le misure di<br />

benessere associate a variazioni, fra diverse alternative, di uno o più attributi, e<br />

ricavare una classificazione implicita dell’importanza relativa di ciascun attributo.<br />

In secondo luogo, tale tecnica evita l’esplicita misura della disponibilità a pagare<br />

tramite domanda diretta relativa alla WTP tipica della VC. Il prezzo è inserito come<br />

“caratteristica” del bene offerto, e varia tra le diverse alternative, per le quali è<br />

richiesta al rispondente una classificazione, che può essere cardinale o ordinale.<br />

Pur essendo una variante della VC xxvi , ne evita quindi i due problemi principali:<br />

la domanda diretta relativa alla WTP e la descrizione del bene, che è presentato<br />

come omogeneo, senza l’effettiva possibilità di verificare quali caratteristiche<br />

influiscono maggiormente sulla risposta, sia in termini positivi sia negativi.<br />

Come terzo punto, notiamo che, come le altre tecniche basate su preferenze<br />

espresse, può misurare ogni tipo di valore di uso e non uso. Sembra comunque<br />

possedere un vantaggio comparato per le analisi ex ante (rispetto ad un certo<br />

intervento/progetto), dove è possibile formulare scenari su ipotetici regimi di<br />

gestione tra loro alternativi.<br />

Inoltre, le tecniche choice modelling possono, nello specifico contesto dei beni<br />

forestali, strutturare scelte fra alternative di offerta associate a diversi siti, o<br />

alternative caratterizzanti la stessa istituzione (stesso sito) con diversi profili<br />

qualitativi (e di prezzo) xxvii . Ogni alternativa deve possedere almeno due attributi<br />

fra i quali deve sussistere un rilevante trade off. Nel caso in cui la ricerca sia<br />

finalizzata a misurazioni monetarie, all’interno del nucleo degli attributi, uno di<br />

questi sarà il prezzo (il fattore monetario di costo).<br />

Infine, la valutazione ottenuta utilizzando questa tecnica permette la stima del<br />

valore economico per ogni alternativa presentata, de-composta in attributi e livelli<br />

xxv Pur non essendo specifico al patrimonio forestale, il paper di Cambpell et al. (2006) è<br />

interessante in quanto pone in evidenza (empirica) il problema delle preferenze lessicografiche<br />

(con un fattore che non è soggetto a trade off, ed è in ogni caso preferito agli altri nei choice sets),<br />

che può incidere in modo distorsivo sulle stime del valore di beni multi-funzionali e multi-attributo<br />

in contesi di CM.<br />

xxvi È preferibile affermare che la VC dicotomica-referendaria è un caso specifico- ossia il caso<br />

più semplice a scelta singola- delle tecniche di choice modelling.<br />

xxvii I punti (i)-(iv), seppure indicati come attrattive della famiglia delle tecniche conjoint<br />

analysis, si ritengono maggiormente rilevanti nel caso specifico degli esperimenti di scelta.<br />

78


(le caratteristiche del bene oggetto dell’analisi). Questo è un elemento di grande<br />

potenzialità e interesse per enti, agenzie pubbliche e soggetti privati che vogliano<br />

valutare eventi e scenari caratterizzati da diversi attributi e diversi livelli degli<br />

stessi attributi, anche in assenza di risorse che permettano di effettuare valutazioni<br />

separate per ogni alternativa di policy.<br />

Le tecniche che derivano dall’ambiente conjoint analysis sono da considerarsi<br />

complementari alle più sperimentate metodologie di valutazione contingente, le<br />

quali offrono ampia flessibilità operativa ma presentano alcuni svantaggi sopra<br />

evidenziati. Choice modelling rappresenta quindi un “ombrello” che nasconde una<br />

serie di approcci tra loro collegati, dove scelte, classificazioni tra alternative<br />

diverse costituiscono il nucleo della tecnica estimativa. Se le attrattive del metodo<br />

sono state descritte, lo svantaggio maggiore sembra derivare dal numero di scelte<br />

ripetute, che l’intervistato deve effettuare, relativamente ad un bene che è<br />

suddiviso in molti attributi e livelli. L’economia e la psicologia sperimentale<br />

sembrano infatti aver trovato qualche evidenza empirica all’esistenza di limiti<br />

cognitivi relativi al numero di informazioni e scelte che gli individui possono<br />

ricevere e analizzare in modo consistente, in una data unità di tempo.<br />

3.2.2.3. Costi di viaggio<br />

Il metodo dei costi di viaggio (travel cost) xxviii utilizza invece dati sui costi di<br />

viaggio e su altri elementi di costo della visita ad uno specifico sito ambientale,<br />

quali fattori per inferire il valore ricreazionale del bene in esame. Anche se<br />

mediante questo metodo è possibile stimare valori di mercato e non di mercato,<br />

tuttavia affidarsi a dati di comportamento limita la valutazione ai valori<br />

ricreazionali di uso diretto, cioè di fruizione, e non permette l’analisi su<br />

cambiamenti ipotetici dell’offerta. La stima della WTP si basa quindi sulle spese<br />

sostenute in loco per la fruizione dei servizi offerti dalla risorsa. Esistono<br />

essenzialmente due modelli in letteratura: il modello zonale e quello individuale.<br />

Nel primo caso si divide il bacino di utenza in zone omogenee rispetto al costo e<br />

alle altre variabili esplicative che condizionano la visita. Sulla base di tali zone<br />

omogenee rispetto ai costi, si procede alla stima della curva di domanda<br />

dell’esperienza ricreativa xxix .<br />

Nella versione individuale, si può osservare la domanda di visite (numero di<br />

viaggi) come funzione del costo “totale” del viaggio. Si considera come variabile<br />

dipendente il numero di visite effettuate dagli utenti e come variabile indipendente<br />

il costo del viaggio. Questi dati possono essere usati per inferire il valore delle<br />

componenti, anche non di mercato (ma non di non uso), dei beni culturaliambientali.<br />

Il valore del sito è misurato dall’area sottesa alla curva di domanda<br />

xxviii<br />

Si veda Bockstael (1995).<br />

xxix<br />

Si vedano Signorello (1995) e Freeman (1993) per descrizioni più dettagliate sulle fasi di<br />

stima.<br />

79


individuale, o dalla somma delle domande, ad un livello aggregato. Possibili e<br />

noti problemi nascono dal fatto che<br />

(a) non sono espliciti i legami di sostituibilità o complementarietà con altri<br />

siti;<br />

(b) si misurano solo valori di uso, o al massimo di non uso “complementare”<br />

alla fruizione, se è possibile ipotizzare un legame di weak complementarity<br />

tra componente ricreativa e componente valoriale di non uso (Freeman,<br />

1993) xxx dato che le informazioni sono site-specific;<br />

(c) è necessaria una variazione, non sempre osservata, nel numero di viaggi<br />

effettuati dagli individui verso il sito. Invece, il metodo “zonale” prescinde<br />

dalla derivazione di domande individuali per il numero di visite, e si basa<br />

sull’idea di utente rappresentativo.<br />

Infatti, la stima della domanda avviene in base ad una suddivisione dell’area di<br />

provenienza dei visitatori in un certo numero di sub-zone omogenee (usualmente<br />

a cerchi concentrici parendo dal sito oggetto di indagine). Quindi, conoscendo il<br />

flusso dei visitatori, la loro provenienza e i costi di viaggio, è possibile ricostruire<br />

una curva di domanda aggregata come relazione tra numero dei visitatori e<br />

“prezzo” della visita (WTP per la visita). Il vantaggio del metodo zonale è che, a<br />

differenza del precedente, può essere utilizzato anche per siti che presentano una<br />

minima frequenza di visita per ogni utente (anche una sola visita nel periodo<br />

considerato). La “domanda” marshalliana è stimata sulla base dell’aggregazione<br />

della variabilità della WTP fra i visitatori, non sulla base della funzione di<br />

domanda individuale (numero di visite come funzione del prezzo della visita). In<br />

entrambi i casi, se il viaggio include più siti visitati, il valore economico di un sito<br />

quantificato mediante travel cost potrebbe risultare sovrastimato. Per un’analisi<br />

critica più estesa si veda anche Nuti (2001, pp. 304-319).<br />

3.2.2.4. Prezzo edonico<br />

Il metodo del prezzo edonico è basato sull’idea che le proprietà non sono<br />

omogenee e possono differire tra loro rispetto ad una varietà di caratteristiche;<br />

esso si basa sul fatto che i prezzi delle abitazioni sono influenzati da numerosi<br />

fattori (numero delle stanze, distanza dal luogo di lavoro, dimensione del<br />

giardino) a cui si aggiungono fattori legati alla qualità ambientale locale (come<br />

per esempio la vista o l’accesso ad un parco alberato). In questo contesto il prezzo<br />

di un appartamento o di una casa riflette la disponibilità a pagare dei residenti al<br />

fine di avere un facile accesso a foreste urbane (o ad altro) e per consumarne gli<br />

amenity values. Mediante il metodo del prezzo edenico, in contesti forestali, si<br />

cerca quindi di misurare il prezzo delle abitazioni in zone caratterizzate da diversa<br />

distanza rispetto ad un’area verde/afforestata e di vedere come varia il prezzo<br />

quando cambia la distanza, mantenendo ogni altro fattore costante. Un esempio di<br />

xxx Riteniamo sia utile ricordare che “non uso” e “non di mercato” non sono sinonimi.<br />

80


domanda a cui questo metodo cerca di rispondere è: se il patrimonio<br />

boschivo/forestale in un’area urbana o peri urbana migliora, che cosa possono<br />

dirci le modificazioni nei valori immobiliari sul modo in cui la gente valuta il<br />

patrimonio boschivo?<br />

Una funzione che mette in relazione il prezzo delle abitazioni con la distanza da<br />

un’area afforestata costituisce un esempio di funzione del prezzo edenico da cui si<br />

passa a funzioni di domanda del bene ambientale considerato. La stima del prezzo<br />

edonico marginale, infatti, è solo il primo passo per la stima di una funzione di<br />

domanda della qualità ambientale. Il passo successivo è quello di considerare le<br />

diverse persone come dotate di preferenze diverse per la qualità dell’ambiente e di<br />

altre caratteristiche diverse, come ad esempio il reddito. Si perviene infine ad una<br />

funzione di domanda che esprime il prezzo del bene ambientale come funzione<br />

della quantità, del reddito e di altre caratteristiche legate alle preferenze. Ci sono<br />

tuttavia alcune problematiche nella realizzazione di uno studio in cui si applica il<br />

metodo del prezzo edonico: esso richiede ampi datasets su limitati periodi di<br />

tempo, che sono difficili da reperire; inoltre le applicazioni empiriche devono<br />

considerare problemi legati ad elevata collinearità e la scelta della forma<br />

funzionale.<br />

3.3. Alcune considerazioni sul “trasferimento del beneficio”<br />

Il metodo del trasferimento del beneficio (benefit transfer) utilizza l’informazione<br />

ottenuta in una certa situazione e ad un certo riferimento temporale (study site) al<br />

fine di inferire il valore economico di beni o servizi ambientali privi di mercato xxxi<br />

in un altro luogo e in un'altra situazione temporale di interesse (policy site) xxxii .<br />

Mediante questo approccio le stime economiche vengono trasferite o in unità di<br />

valore monetario (medie o mediane) o come funzioni condizionate sulle variabili<br />

esplicative che definiscono gli attributi di un contesto di scelta economico ed<br />

ecologico.<br />

Il principale vantaggio di tale metodo è che di fatto permette di evitare i costi e i<br />

tempi richiesti dalla realizzazione di uno studio di valutazione originale mediante<br />

indagine ad hoc (ad esempio, costi di viaggio, valutazione contingente, ecc.)<br />

perché utilizza stime/valori ottenuti in studi precedentemente realizzati in contesti<br />

analoghi a quello di interesse attuale. Esempi in campo forestale possono riferirsi:<br />

all’utilizzo di valori per una giornata ricreativa trascorsa in uno specifico bosco<br />

ottenuti mediante un’analisi dei costi di viaggio al fine di valutare il beneficio<br />

della medesima attività in un altro bosco (policy site); all’utilizzo di valori relativi<br />

xxxi Si può trattare di un valore economico positivo o negativo e riguardare un beneficio netto<br />

che quindi, eventualmente, potrebbe essere un costo.<br />

xxxii La prima sintesi di studi che possa essere chiamata trasferimento del beneficio apparve<br />

nella metà degli anni Ottanta (Sorg e Loomis, 1984).<br />

81


alla disponibilità a pagare per preservare un bosco dal rischio di incendio ottenuti<br />

mediante uno studio di valutazione contingente effettuato in uno specifico sito<br />

(study site) in un altro sito; all’utilizzo della disponibilità a pagare per abitazioni<br />

prossime ad un bosco, che si riferisce quindi anche al valore scenico e ricreativo<br />

del bosco (o al valore di amenity del bosco), ottenuta mediante uno studio di<br />

analisi dei prezzi edonici in un contesto peri-urbano ad un altro e simile contesto<br />

(policy site).<br />

Chiaramente però le stime ottenute da trasferimento del beneficio sono accurate se<br />

lo erano le stime iniziali dei benefici. Di fatto, l’accuratezza del trasferimento del<br />

beneficio è infatti in parte condizionata sugli errori di misurazione contenuti negli<br />

studi originari. Qualsiasi debolezza presente nello stock di conoscenza disponibile<br />

dagli studi originari influenza quindi direttamente l’abilità del ricercatore di<br />

condurre un valido ed affidabile trasferimento del beneficio. Alcuni aggiustamenti<br />

sono comunque necessari e auspicabili se le condizioni o le assunzioni dello<br />

studio originario sono differenti rispetto a quelle del target policy site. Un<br />

esempio in questo senso riguarda gli aggiustamenti necessari per quanto riguarda<br />

il livello di reddito della popolazione, anche se non sempre tali informazioni<br />

socio-demografiche vengono uniformemente rilevate o divulgate negli studi<br />

originari.<br />

Il trasferimento delle stime monetarie (in media o mediana) o delle funzioni di<br />

domanda condizionate sulle variabili esplicative che definiscono gli attributi di un<br />

contesto di scelta ecologico e economico implica, come indicato in Wilson e<br />

Hoehn (2006) xxxiii , che le funzioni di valore/domanda possano venire stimate<br />

i. utilizzando i dati di valore originari,<br />

ii. mediante una meta analisi xxxiv delle funzioni di valore/domanda xxxv , (<br />

iii. derivandole da un processo di calibrazione econometrica come quella<br />

ottenuta nel trasferimento del beneficio strutturale. A queste distinte<br />

possibilità se ne aggiunge una quarta che viene indicata come il<br />

trasferimento del beneficio Bayesiano; esso viene indicato come una<br />

promettente direzione per il trasferimento del beneficio che utilizza dati di<br />

choice modelling (Morrison e Bergland, 2006).<br />

La procedura più semplice per condurre uno studio basato sul trasferimento del<br />

beneficio richiede che venga selezionato lo study site (da cui mutuare i valori)<br />

xxxiii Per una recente ed accurato approfondimento sul metodo del trasferimento del beneficio si<br />

veda il numero monografico di Ecological Economics, 60, dicembre 2006. Per informazioni<br />

dettagliate su come implementare e disegnare un trasferimento del beneficio si vedano Rosenberg<br />

e Loomis (2003) e Desvouges et al. (1992).<br />

xxxiv Per meta-analisi si intende generalmente una metodologia per sintetizzare i risultati di<br />

studi di valutazione esistenti mediante la stima di relazioni statistiche fra i valori riportati negli<br />

studi e le variabili esplicative che catturano l’eterogeneità all’interno e fra gli studi. Per un<br />

approfondimento sulla meta-analisi si veda Bergstrom e Taylor (2006).<br />

xxxv Trasferendo la funzione di domanda e non semplicemente il valore o i valori puntuali, si<br />

possono fare opportuni aggiustamenti alle stime di valore basati su specifiche caratteristiche del<br />

sito oggetto di analisi.<br />

82


che, nell’opinione dell’analista, sia ritenuto il più simile al policy site in termini<br />

sia di caratteristiche della domanda sia di caratteristiche dell’offerta. Se c’è più di<br />

uno study site (o più di un valore stimato per un certo study site), si potrebbe usare<br />

un range, calcolare un valore medio o un valore mediano oppure pesare<br />

soggettivamente i valori basandosi su giudizi sulla propria qualità/accuratezza<br />

prima di considerarne la media. Se il valore dello study site differisce in termini<br />

temporali dalle necessità del policy site, il valore che si intende utilizzare dovrà<br />

essere corretto per le variazioni dei prezzi mediante un opportuno indice dei<br />

prezzi.<br />

Un approccio più sofisticato è quello di applicare tecniche meta-analitiche ad un<br />

campione più ampio di dati riferiti a diversi study site che rappresentano una certa<br />

varietà nelle caratteristiche della popolazione e del bene/luogo oggetto di<br />

indagine. L’equazione considerata nella meta-analisi può inoltre includere<br />

variabili che riflettono le differenze nei metodi utilizzati negli studi inclusi nel<br />

campione (ad esempio preferenze rivelate o diverse forme di preferenze espresse).<br />

Un metodo ulteriore è quello proposto da Smith et al. (2002) che consiste<br />

nell’utilizzare i dati di diversi study site e successivamente diversi metodi per<br />

“calibrare” i parametri di una funzione in cui si assumono certe preferenze per le<br />

caratteristiche del sito. La funzione di preferenze calibrata può successivamente<br />

essere utilizzata per calcolare i valori per una varietà di progetti riferiti a policy<br />

site.<br />

Nel trasferimento del beneficio bayesiano si possono valutare gli effetti dovuti a<br />

contesti diversi; tale approccio riesce a produrre per il ricercatore una<br />

distribuzione di stime di beneficio per differenti attributi ambientali permettendo<br />

di chiarificare l’influenza delle differenze del sito e della popolazione sulle stime<br />

dei valori.<br />

Come abbiamo detto, il principale vantaggio dell’approccio del trasferimento<br />

del beneficio è quello di permettere di evitare la realizzazione di uno studio di<br />

valutazione originale che richiede tempo e ingenti risorse. Fra gli svantaggi,<br />

invece, va sicuramente detto che vi è una forte dipendenza fra i risultati del<br />

trasferimento del beneficio e la qualità degli studi di valutazione originari. Inoltre<br />

il contesto di studio originario, per quanto simile, difficilmente potrà essere<br />

equiparabile a quello attuale per quanto riguarda la presenza di eventuali beni<br />

sostituti, il livello di reddito della popolazione (soprattutto in contesti di<br />

trasferimento del beneficio internazionali), il contesto biofisico ed il contesto<br />

temporale.<br />

3.3.1. Potenziali errori e validità dei trasferimenti del beneficio<br />

Secondo Rosenberg e Stanley (2006), vi sono tre diverse potenziali fonti di errore<br />

per l’accuratezza del trasferimento del beneficio:<br />

83


- la misurazione dei valori è inevitabilmente soggetta ad errori casuali e ad<br />

errori che il ricercatore può effettuare e ciò complessivamente inficia i<br />

risultati degli studi originari.<br />

- si hanno errori di generalizzazione quando le stime degli study sites<br />

vengono adattate per rappresentare differenti policy sites. Tali errori sono<br />

in relazione inversa rispetto al grado di corrispondenza (similitudine) fra<br />

study site e policy site; si ritiene inoltre che tali errori vengano ridotti<br />

trasferendo le intere funzioni (di domanda) anziché le stime puntuali o i<br />

singoli valori.<br />

- si ha una distorsione da selezione di pubblicazione quando gli obiettivi di<br />

pubblicazione limitano le applicazioni di trasferimento del beneficio. In<br />

sostanza si ritiene che la letteratura empirica non sia un campione corretto<br />

(non distorto) dell’evidenza empirica; l’attività di selezione delle<br />

pubblicazioni tende a privilegiare lavori con risultati statisticamente<br />

significativi o per risultati che si conformano alle aspettative teoriche.<br />

Un fattore sicuramente importante che influenza la validità del trasferimento del<br />

beneficio è il grado di similitudine fra lo study site e il policy site. Ad esempio<br />

sono stati rilevati minori errori quando sono stati effettuati trasferimenti intraregionali<br />

rispetto a quelli inter-regionali. Ciò è probabilmente dovuto al fatto che<br />

siti intra-regionali condividono molteplici attributi e ciò li rende simili nella<br />

struttura e nella funzione (Loomis e Rosenberg 2006). Al di la di queste<br />

considerazioni, diversi autori hanno comunque proposto protocolli/criteri al fine<br />

di ridurre gli errori. Fondamentalmente come ripreso in Loomis e Rosenberg da<br />

Boyle e Bergstrom (1992) si ritiene che:<br />

- il bene non di mercato valutato nello study site deve essere identico al<br />

bene non di mercato che si vuole valutare nel policy site;<br />

- la popolazione influenzata dal bene non di mercato dello study site e quella<br />

del policy site devono avere caratteristiche identiche;<br />

- l’assegnazione dei diritti di proprietà in entrambe le situazioni (study site<br />

and policy site) deve condurre alla medesima misura di welfare.<br />

Il più delle volte tuttavia è in pratica difficile che il bene e la popolazione siano<br />

identici nelle due situazioni, perciò si ritiene in modo più flessibile che debbano<br />

essere “simili”. Si ritiene comunque che pochi ricercatori che applicano il<br />

trasferimento del beneficio si uniformino allo stato dell’arte e si sforzino di<br />

accordarsi alle buone prassi (Abt Associates, 2005)<br />

Intuitivamente, comunque, quando si conduce uno studio applicando l’approccio<br />

del trasferimento del beneficio, sarebbe preferibile utilizzare le informazioni<br />

derivanti da uno studio in cui l’oggetto di indagine sia geograficamente vicino a<br />

quello di interesse (per cui quindi si vogliono stimare i benefici). In questo modo<br />

infatti sarà più verosimile supporre che il bene valutato e la popolazione<br />

interessata saranno simili (Ready e Navrud, 2006). Ciononostante, in alcune<br />

situazioni può essere di interesse trasferire i valori non internamente ad un paese o<br />

84


ad una regione bensì a livello internazionale. In tale contesto bisogna<br />

probabilmente affrontare le seguenti questioni metodologiche (si veda per<br />

maggiori dettagli il lavoro di Ready e Navrud, 2006):<br />

i. la conversione di valuta in una valuta comune per i valori desunti dagli<br />

studi considerati xxxvi ;<br />

ii. le differenze negli attributi misurabili degli utilizzatori;<br />

iii. le misure di ricchezza vs misure di reddito;<br />

iv. le differenze culturali;<br />

v. l’ampiezza del mercato;<br />

vi. l’eventuale aggiustamento dei valori.<br />

Nel complesso secondo lo studio di Ready e Navrud (2006), l’evidenza empirica<br />

mostra che il trasferimento del beneficio a livello internazionale (se ben condotto)<br />

è valido almeno quanto quello intra-paese. In generale, comunque, sia nel caso di<br />

trasferimenti a livello internazionale, sia intra-paese, andrebbero condotti al<br />

termine dell’applicazione alcuni test di validità per valutare la bontà dei risultati<br />

ottenuti. I risultati sembrano risultare generalmente più affidabili quando il<br />

trasferimento viene fatto o utilizzando una funzione di valutazione o una metaanalisi,<br />

confermando l’importanza di utilizzare metodi sistematici per aggiustare i<br />

valori dello study site al fine di tenere in considerazione le differenze nelle<br />

caratteristiche della popolazione e del bene oggetto di indagine. Ready e Navrud<br />

(2006) passando in rassegna gli studi di validità realizzati fino a oggi, concludono<br />

che il margine di errore medio nel trasferimento a livello internazionale tende ad<br />

essere compreso in un range 20%-40%, mentre i trasferimenti individuali hanno<br />

errori ben più elevati (fra 100% e 200%). Questi errori sono simili nell’ordine di<br />

grandezza della media e del range a quelli evidenziati nei traferimenti intra-paese.<br />

3.3.2. Database di studi/lavori di ricerca disponibili per il trasferimento del<br />

beneficio<br />

A riconoscimento della popolarità dell’utilizzo del metodo del trasferimento del<br />

beneficio e dei potenziali risparmi nei costi, diverse organizzazioni hanno creato e<br />

reso disponibili online ampi database di studi di valutazione che possono essere<br />

utilizzati nel trasferimento del beneficio. Essi forniscono non solo i valori stimati<br />

in ciascuno studio ma anche altri dati sulla metodologia degli studi in formato<br />

standardizzato cosicché si possa valutare se questi sono adatti all’esercizio di<br />

trasferimento. Il più ampio e dettagliato fra questi database è l’Environment<br />

Valuation Reference Inventory (EVRI) che è stato creato e viene mantenuto<br />

dall’agenzia ambientale federale Canadese (http://www.evri.ec.gc.ca/evri/). Un<br />

xxxvi Va sottolineato a questo proposito che individui identici che utilizzano diverse valute<br />

avranno la medesima disponibilità a pagare reale solo se hanno il medesimo reddito reale e<br />

fronteggiano i medesimi prezzi reali. In questo caso il tasso di cambio appropriato per convertire i<br />

valori in valuta comune è il tasso di cambio aggiustato per le parità del potere d’acquisto (PPP)<br />

(Ready e Navrud, 2006).<br />

85


altro database piuttosto popolare è quello della Environmental Protection Agency<br />

del Nuovo Galles del Sud, chiamato ENVAL, che si concentra su studi australiani e<br />

del Sud-Est asiatico (1). Nonostante questi database siano ottimi per ottenere una<br />

panoramica degli studi disponibili, Loomis e Rosenberg (2006) ritengono che un<br />

notevole salto verso la riduzione degli errori si otterrebbe se si potessero utilizzare<br />

i dati grezzi degli studi originali. Ciò permetterebbe ad esempio di trattare in<br />

modo diverso le risposte di protesta oppure di riparametrizzare i dati<br />

suddividendoli per sub-aree di interesse.<br />

3.4. Le procedure di sconto dei costi e benefici futuri nelle analisi di<br />

valutazione: una disamina critica della teoria economica e linee guida<br />

per le applicazioni<br />

La procedura di attualizzazione dei flussi di beneficio e costo associati a periodi di<br />

tempo futuro (discounting) è uno dei cardini della metodologia (di valutazione e<br />

scelta) analisi costi-benefici, sia sul livello meramente finanziario sia su quello<br />

economico sociale, nel quale entrano in gioco i valori di costo e benefico legati a<br />

prezzi ombra, rilevabili con le tecniche basate su disamina delle preferenze<br />

rivelate (travel cost) o espresse (CVM, CM). Al fine di riportare ad un unico valore<br />

monetario (present value) un flusso di costi e benefici da un tempo T0 (oggi) ad<br />

un tempo Tfinale, un uso appropriato della procedura di sconto e consistente con la<br />

teoria economica è un aspetto fondamentale xxxvii . La definizione di un valore<br />

presente per ciascuna delle opzioni di investimento (pubbliche e private) definite<br />

(selezionate) permette di effettuare un confronto ed una valutazione razionale al<br />

fine di massimizzarne il valore per la società.<br />

È utile aprire una parentesi sulle diverse possibili metodologie decisionali<br />

nell’ambito dell’analisi costi benefici. La più nota e, vedremo, più efficace, è la<br />

tecnica basata sul calcolo del valore attuale/presente. Il saggio di sconto entra in<br />

gioco in quanto il valore presente è calcolato come:<br />

Vp= B0-C0/(1+r0) + B1-C1/(1+r1)+ B2-C2/(1+r2)+………+ BT-CT/(1+rT) xxxviii<br />

Il saggio di sconto r, ed il relativo fattore di sconto (discount factor 1+r),<br />

assumono valori differenti di anno in anno, rappresentando diversi costi<br />

opportunità, variabili nello scenario dinamico. Come vedremo, in alcuni casi, è<br />

possibile applicare per maggiore semplificazione analitica un unico tasso di<br />

sconto, costante nel tempo, che può rappresentare o un saggio medio di sconto<br />

xxxvii Ricordiamo che «The economic value of a resource-environmental system as an asset can<br />

be defined as the sum of the discounted present values of the flows of all the services» (Freeman,<br />

1993, p. 5). Ad esempio, i costi marginali del cambiamento climatico (social cost of carbon) sono<br />

usualmente calcolati in termini di present values (Pearce, 2003; Guo et al., 2005).<br />

xxxviii I pedici da 0 a T rappresentano i diversi periodi di tempo considerati.<br />

86


(Pearce, 2001) o un livello medio di lungo periodo dei costi opportunità<br />

rilevanti xxxix .<br />

Questa procedura di analisi conduce alla definizione di un unico valore monetario<br />

per ogni opzione esaminata. La diversa distribuzione nel tempo dei costi e<br />

benefici e la variabilità del fattore r incidono nella valutazione dell’opzione più<br />

desiderabile, non rilevabile “a prima vista” senza una disamina più approfondita.<br />

Il calcolo del valore presente può apparire una via identica alla valutazione tramite<br />

confronti dei benefit cost ratio (B/C), attualizzati al loro valore presente. Anche nel<br />

caso i due flussi siano correttamente scontati per riportarli al loro valore presente,<br />

l’uso del rapporto fa emergere un problema di scala: diverse differenze tra B e C<br />

possono condurre ad un medesimo ratio (es. 500-250 e 1000-500 portano<br />

entrambi ad un ratio 2, ma il secondo è chiaramente preferibile). La prima<br />

procedura analizzata è quindi consigliabile.<br />

Un'altra procedura storicamente utilizzata per effettuare scelte in ambiti privati e<br />

pubblici è quella del tasso di rendimento interno, utilizzato, ad esempio,<br />

all’interno della teoria degli investimenti del modello macroeconomico<br />

Keynesiano-Hicksiano. Per ogni investimento si calcola quel tasso di interesse che<br />

eguaglia a zero la sommatoria (il flusso) dei benefici e costi, e lo si confronta con<br />

il costo opportunità o tasso di interesse di mercato. Maggiore è il rendimento<br />

interno, più elevato il valore dell’investimento. Si può notare però che questa<br />

procedura e l’attualizzazione del valore presente portano a medesimi risultati solo<br />

se la dinamica dei costi e dei benefici è standard, con costi fissi elevati nei periodi<br />

vicini T0 e benefici nel medio lungo periodo. In ambito ambientale è possibile<br />

ipotizzare anche andamenti inversi, con benefici economici nel presente e costi<br />

economico-ambientali nel lontano futuro. In questi casi la procedura basata sul<br />

rendimento interno non è robusta (Nuti, 2001). Per finire. Notiamo come la<br />

diffusa tecnica del break even, pur potendo in certi casi contemplare l’uso dello<br />

sconto dei flussi futuri, può non condurre a scelte razionali in quanto sottostima<br />

ciò che accade nel lungo periodo, o meglio, non considera il flusso di costi e<br />

benefici dopo il punto di break even, che assume il significato di Tfinale.<br />

Abbiamo finora introdotto il concetto di saggio di sconto ed esaminato le diverse<br />

procedure di valutazione costi benefici nelle quali lo sconto dei flussi futuri è<br />

utilizzato. La differenza tra un’analisi costi benefici standard ed una sociale è<br />

definibile su diversi livelli. Avendo già affrontato in altra sede il problema della<br />

rilevazione e monetizzazione dei pezzi ombra da integrare nella ACB sociale, il<br />

problema relativo al discounting è, in sintesi, la definizione del saggio di sconto<br />

sociale e la sua dinamica nel (lungo) periodo considerato, da T0 (oggi) ad un<br />

tempo Tfinale.<br />

xxxix Ad esempio, il rendimento storico di lungo periodo dei corsi azionari e/o obbligazionari.<br />

87


I punti maggiormente critici dal punto di vista teorico e metodologico, che<br />

discuteremo criticamente nel prosieguo, sono infatti i seguenti:<br />

- La scelta di un tasso di sconto (sociale) xl , basato o su considerazioni dal<br />

lato del consumo (domanda) o dal lato della produzione (offerta). Il<br />

saggio di sconto rappresenta il costo opportunità (intertemporale) col<br />

quale il progetto di investimento deve confrontarsi. In questa sede non<br />

affrontiamo il dibattito, più filosofico, sulla possibilità di applicare, in<br />

situazioni caratterizzate da beni pubblici ambientali, un saggio pari a<br />

zero, che rende ogni beneficio futuro, anche distante nel tempo,<br />

esattamente uguale, nel suo “peso”, al valore del tempo T0. Vedremo<br />

che la scienza economica porta ad individuare sempre tassi di sconto<br />

che, pur potendo assumere valori bassi (minori a quelli di mercati),<br />

sono sempre positivi.<br />

- La dinamica del saggio di sconto, o costante tra periodi, in base ad<br />

ipotesi su un tasso medio di sconto per il lasso di tempo analizzato, o<br />

variabile. La letteratura recente, partendo da Weitzman (1998), ha<br />

introdotto un nuovo elemento di ragionamento etico-economico nella<br />

analisi costi benefici ambientali: la consistenza teorica e fattibilità<br />

empirica di tassi di sconto iperbolici, o decrescenti nel tempo. Queste<br />

dinamiche, unitamente alla monetizzazione dei prezzi ombra e alla<br />

eventuale definizione di un saggio di sconto sociale minore del costo<br />

opportunità di mercato, porterebbero usualmente a valutazioni più<br />

favorevoli ad investimenti con benefici concentrati nel lungo periodo<br />

(in analisi tra investimenti “ambientali”/ sociali), ed in genere a<br />

valutazioni più favorevoli per investimenti di natura pubblico-collettiva<br />

su opzioni di sviluppo alternative, che si confortano con i loro effettivi<br />

costi opportunità. Quindi è evidente come considerazioni economiche<br />

ed etiche, nel significato, in ogni modo economico, relativo alla<br />

gestione di risorse che appartengono a più generazioni, siano cruciali<br />

nel determinare, per ogni decisione di investimento e relativo processo<br />

di valutazione, il tasso di sconto idoneo: corretto dal punto di vista<br />

teorico e metodologico ed anche, aggiungiamo, condiviso tra più<br />

discipline. Un uso non corretto (o un non uso) del tasso di sconto può<br />

condurre a scelte inefficienti e/o arbitrarie. Il suo impatto sul calcolo del<br />

valore presente, soprattutto in scenari di lungo periodo, è infatti<br />

tendenzialmente maggiore di quello legato alla inclusione dei valori<br />

extra mercato di uso e non uso. In parte, per un fattore meramente<br />

xlxl Per tasso di sconto sociale (social discount rate) si intende un saggio di sconto che integri:<br />

- considerazioni di carattere economico-etico, quali il carattere inter generazionale, di<br />

lungo periodo (anche su lassi temporali di 50 e più anni), dei costi e benefici ambientali,<br />

maggiore rispetto ad investimenti di mercato (tipicamente con ritorni entro i 20-25<br />

anni);<br />

- il carattere “sociale” degli interventi di investimento, che possono legarsi a costi<br />

opportunità inferiori a quelli di mercato. Su questo aspetto esiste un dibattito che ha<br />

radici profonde nella teoria economica (Layard, 1972).<br />

88


matematico, l’effetto cumulato e moltiplicativo dei prezzi<br />

intertemporali, che porta, anche per tassi di sconto inferiori a quelli di<br />

mercato, a ridurre di molto il valore presente di grandezze future.<br />

Analizziamo ora in modo più specifico, e facendo riferimento alla letteratura, i<br />

due punti sopra delineati.<br />

3.4.1. Il tasso di sconto sociale: teoria economica e prassi empirica<br />

Abbiamo finora usato i termini tasso di sconto e costo opportunità quasi come<br />

sinonimi, volendo indicare che le opzioni di investimento esaminate devono<br />

confrontarsi con il loro effettivo costo opportunità. Nella discussione che segue,<br />

prendendo spunto da un’impostazione teorica ed applicata consolidata (Nuti,<br />

2001; Treasury, 2003), suddivideremo il ragionamento sul tasso di sconto tra un<br />

livello legato al lato della domanda ed uno legato all’offerta.<br />

Dal lato della domanda, il concetto di costo opportunità intertemporale va<br />

ridefinito. La letteratura definisce come concetto cardine il social time preference<br />

rate (STPR), che è il valore che la società (l’individuo) associa al consumo<br />

presente raffrontato alle possibilità di consumo future xli . STPR ha due componenti:<br />

un fattore di pura preferenza temporale (impazienza) degli individui e un effetto<br />

ricchezza, legato alla considerazione per la quale, dato che il consumo pro capite è<br />

ipotizzato crescere nel tempo, le future generazioni avranno maggiori possibilità<br />

di esperire consumi ed utilità economiche maggiori xlii . Questo effetto è amplificato<br />

se il consumatore è avverso al rischio e desidera smussare il ciclo di consumo nel<br />

tempo (Groom et al., 2005). Per questo, è corretto scontare il futuro anche per un<br />

secondo elemento, dato dal prodotto dell’elasticità marginale dell’utilità al<br />

reddito xliii e la crescita media annua del consumo pro capite stimata nel futuro xliv .<br />

Il saggio di preferenza pura per il presente è invece scevro da considerazioni<br />

sulla crescita del consumo futuro, come se si ipotizzasse una crescita nulla. È un<br />

parametro relativamente più psicologico che economico, pur configurandosi come<br />

un effettivo elemento di preferenza intertemporale. L’evidenza empirica stima<br />

xli Per un’analisi dettagliata e tecnica associata al modello di Ramsey si veda Groom et al<br />

(2005). Per un classico contributo sul tema si rimanda a Feldstein (1964) e ad altri lavori raccolti<br />

in Layard (1974).<br />

xlii E di conseguenza saranno associati ad una utilità marginale del consumo inferiore.<br />

xliii “The marginal elasticity of utility to income measures the curvature of the utility function.<br />

The higher the value the less we care for a dollar more of consumption the richer we become”<br />

(Sterner e Persson, 2007, p.8). Le implicazioni pratiche sono radicali, data l’implicita natura<br />

logaritmica della funzione di utilità: l’utilità di 1.000.000 è solo 20% più elevata di un’utilità di<br />

100.000. Per questo, come altri (Pearce, 2003, il quale nota come un valore unitario implica un<br />

rapporto delle utilità marginali pari a dieci, posto dieci il rapporto tra i redditi di paesi “ricchi e<br />

poveri”) suggeriscono più plausibili valori inferiori a uno. Nel loro caso, il valore unitario<br />

compensava pragmaticamente la componente molto bassa di pura preferenza temporale, tendente a<br />

zero.<br />

xliv “The wealth effect describes how the agent will place less value upon additional units of<br />

consumption in the future if their belief is that incomes at that time will be higher as a result of<br />

economic growth” (Groom et al., 2005, p.452).<br />

89


questo parametro in un range tra 0.5 e 1.5%, nei paesi industrializzati ad elevato<br />

reddito e speranza di vita elevata. 1.5% è il ritorno storico di lungo periodo di<br />

attività risk free per i risparmiatori nel Regno Unito. Si noti che, anche se in gran<br />

parte la letteratura si affida al solo tasso di impazienza pura, altri autori (Evans e<br />

Sezer, 2004, 2005; Pearce e Ulph, 1999) presentano una struttura del fattore di<br />

preferenza inter temporale pura (non dipendente dai consumi) basato su due<br />

elementi: pure time preference e life changes. Il second ha il vantaggio di essere<br />

calcolabile direttamente dalle tavole di mortalità, ed è eterogeneo tra paesi. Alcuni<br />

autori (Evans, 2004) assumono nullo il primo elemento; questo però può portare,<br />

data l’inclusione del termine “speranza di vita”, a tassi leggermente più elevati<br />

rispetto alla prassi solitamente utilizzata (0.1-0.5%). Infatti, Evans e Sezer (2004)<br />

indicano come appropriati valori di 1% per i paesi EU15, ma valori di 1.5% ed<br />

oltre potrebbero essere appropriati per i paesi non EU xlv .<br />

L’altra componente si può calcolare stimando valori per l’elasticità dell’utilità<br />

marginale del reddito xlvi e per la crescita del consumo pro capite. La prima stima è<br />

ovviamente più problematica; la letteratura identifica valori plausibili attorno<br />

all’unità, con associata, però un’elevata varianza (Pearce e Ulph, 1999, presentano<br />

un range tra 0.7 e 1.5). Pearce (2003, p.373) presenta in seguito una critica<br />

esaustiva, sottolineando come valori pari a due siano non plausibili (implicano che<br />

l’utilità marginale dei “poveri” sia dieci volte quella dei più ricchi. Valori unitari<br />

sono plausibili, e un range 0.5-1.2 è ragionevole, con una preferenza per valori<br />

minori o uguali ad uno. Stime della suddetta elasticità per 20 paesi OCSE sono<br />

presentate da Evans (2005). Si veda anche Evans e Sezer (1999).<br />

La stima della crescita del consumo pro capite è più immediata, anche se<br />

contiene elementi ovvi di incertezza: una stima plausibile proposta intorno al 1.5-<br />

2% (Treasury, 2003), anche se altri autori propongono scenari di crescita pari<br />

all’1% per i paesi industrializzati nel futuro, ritenendo il 2% un fatto stilizzato<br />

appartenente al periodo 1950-2000.<br />

Analisi di sensitività sono quindi necessarie anche nel calcolo dei tassi di<br />

sconto sociale, oltre che nella fase di analisi costi benefici per se, per fornire range<br />

di tassi di sconto plausibili e variabili secondo diverse ipotesi e diverse stime<br />

empiriche. Il range di tassi identificati come plausibili fornirà poi la base per<br />

effettuare le necessarie analisi di sensitività rispetto al fattore di sconto.<br />

Come conseguenza delle ipotesi e stime presentate sopra, ad esempio, nel<br />

Green book del 2003 del Treasury britannico si determina un STPR pari a 3.5%.<br />

per sottolineare come sia cruciale effettuare la scelta del tasso di sconto in mood<br />

corretto e consistente con la teoria ed il contesto di riferimento, anche un saggio<br />

dell’1.5% potrebbe essere plausibile come “pavimento” del STPR (0.5% +1%).<br />

Ad esempio, il famoso Stern Report utilizza un STPR di 1.4%, derivante da un<br />

saggio puro dell’ 0,1% e una crescita del consumo di 1,3 (con elasticità marginale<br />

del reddito pari a 1). Tale saggio è imputata come causa principale degli elevati<br />

danni ambientali futuri stimati dal rapporto. Sterner e Persson (2007) giudicano<br />

invece elevato un saggio di preferenza pura dello 0.1%, che associa ad un rischio<br />

xlv Come esempio, anche il rischio di terremoti o altre catastrofi, più probabili in certi paesi,<br />

innalza il tasso di mortalità “attesa” per gli autori.<br />

xlvi La curvatura della funzione di utilità.<br />

90


di estinzione della razza umana del 10% per secolo o 65% per millennio. Ritiene<br />

elevato il valore pure utilizzato di 1 per l’elasticità marginale dell’utilità, che<br />

potrebbe anche essere ipotizzata molto minore, riducendo quindi ancora di più lo<br />

STPR. La crescita dei consumi è ipotizzata proiettando il valore di 7600$ odierno<br />

pro capite al valore stimato 94000$ nel 2200.<br />

Recenti lavori che stimano i saggi di sconto sociali per paesi OCSE, con un<br />

focus specifico di alcuni contributi su Francia e Regno Unito, sono Evans (2005,<br />

2004) ed Evans e Sezer (2002, 2004, 2005). I loro calcoli si basano su una<br />

definizione di due fattori nella parte di preferenza pura (impazienza inter<br />

temporale e speranza di vita, life chances), e di un calcolo della elasticità<br />

dell’utilità basato su analisi economiche di dati salariali di imposte a diversi livelli<br />

del reddito xlvii . Essi concludono che il range per i paesi EU è tra 2.3 e 6.8% xlviii , con<br />

la crescita del consumo come fonte principale di variabilità xlix . Il range definito per<br />

il fattore elasticità è tra 1.3-1.6, la crescita dei consumi (storica) varia da 1%<br />

(Danimarca) a 2.7% (Austria), un tasso di preferenza pura tra 0.8 e 1%, calcolato<br />

assumendo zero il valore di impazienza (è 0.1 nello Stern Report, di solito è<br />

assunto 0.5%), ma inserendo una certa variabilità data dalla diversa speranza di<br />

vita/mortalità nei paesi l .<br />

Nello specifico di due grandi paesi europei, Francia e Gran Bretagna, si<br />

arrivano a definire, nel primo caso, un tasso appropriato del 3.8%, più di due volte<br />

inferiore a quello ufficiale. Un tasso puro pari a 1.2, una crescita del 2% e<br />

un’elasticità del 1.3 conducono al risultato. Nel secondo caso, valori<br />

rispettivamente pari ad un range tra 3.71 (senza pure time discount rate) e 4.84%,<br />

derivanti dalle seguenti ipotesi sui valori rilevanti: crescita dei consumi 2.3%,<br />

elasticità 1.6, tasso di mortalità 0.98. in un lavoro associato, gli stessi autori<br />

calcolano STPR per paesi OCSE, presentando i seguenti risultati: un polo di valori<br />

alti per US, Giappone e Australia (tra 4.6 e 5) e valori tra 3.5 e 4.2 per UK, Francia<br />

e Germania. Discrasia spiegata da diverse crescite del consumo e dalla speranza di<br />

vita, e non dalla elasticità dell’utilità al reddito.<br />

Dal lato dell’offerta (produzione, capitale investito), il tasso di sconto assume<br />

le caratteristiche usuali di costo opportunità dell’investimento (valore dell’opzione<br />

alternativa, o foregone benefits), ed è tecnicamente il saggio che identifica la<br />

produttività marginale del capitale investito. In questo caso il ragionamento è più<br />

xlvii Il valore dell’elasticità dipende da fattori di imposizione media e marginale (Evans, 2004).<br />

xlviii Con poli Danimarca e Irlanda. Una variabilità interna all’Europa, ed anche interna alle aree<br />

EU15 ed EU10, che riteniamo eccessiva, anche se plausibile, date le ipotesi sui parametri<br />

(consumi). Si rivela problematica, come riconoscono gli autori, per un’applicazione coerente<br />

dell’ACB interna all’area EU. Sarà importante definire un range più ristretto, basato sul calcolo di<br />

fattori uguali tra paesi e condivisi sul piano teorico, ed una serie di linee guida comuni (Evans,<br />

2004, p.807).<br />

xlix Una nostra osservazione riguarda l’influenza del fattore crescita dei consumi. Più che<br />

osservare la crescita passata, come molti studi, è opportuno rilevare per le ACB di lungo periodo la<br />

crescita futura, che può essere ipotizzata minore, se l'ipotesi di convergenza condizionale può<br />

essere adottata come plausibile (Barro e Sala-y-Martin, 1995). La differente crescita economica<br />

può portare a rilevanti discrepanze, però, tra paesi dell’ovest e dell’est Europa, associati a<br />

differenti crescite dei consumi, generalmente superiori per i secondi. È anche, come notato sopra,<br />

una possibile causa di STPR decrescenti.<br />

l Inserendo la mortalità, quindi, più che si compensa il tasso 0,5% usualmente utilizzato.<br />

91


empirico e pragmatico. Il range di rendimenti del capitale possono variare dal<br />

pavimento di un rendimento risk free e di breve (2-3% attualmente) al rendimento<br />

di un investimento di medio rischio e medio-lungo periodo (un bond a 10-30<br />

anni), fino ai rendimenti, più volatili e dipendenti dal settore e zona geografica,<br />

del capitale investito in produzione di beni e servizi.<br />

Si nota come l’esigenza di usare un STPR e la relativa teoria economica di base,<br />

rispetto a tassi di mercato possa scaturire anche dalla impossibilità di osservare<br />

costi opportunità del capitale investito (es. rendimenti obbligazionari) su lassi di<br />

tempo che vadano oltre i 50 anni. Solo recentemente infatti, sono emersi strumenti<br />

finanziari (bond) con scadenza a 50 anni, che mostrano quali siano le aspettative<br />

di crescita economica e le condizioni dei mercati nel lunghissimo periodo. Oltre i<br />

50 anni non esistono strumenti finanziari sui quali fare affidamento. Se s è di<br />

fronte quindi ad un problema di policy o ad un investimento che vada oltre i 50<br />

anni, non rimane che affidarsi a considerazioni relative al STPR sociale (Groom et<br />

al., 2005) li .<br />

Si nota come, ad esempio, il tasso di riferimento di Germania e Francia (ma<br />

molto diverso: 3 ed 8%), sia associato ai costi opportunità del capitale sui mercati<br />

finanziari, e che anche le prime linee guida del tesoro britannico (Treasury, 1997)<br />

indicassero un range dal 3 al 6%, con il tetto rappresentato da un benchmark di<br />

costi opportunità finanziari. Dal 2003 il Tesoro britannico ha optato per un<br />

riferimento in base solo al tasso STPR.<br />

Si può concludere affermando che le distorsioni provocate da inefficienze del<br />

mercato (finanziario) e imposte sui beni e servizi provocano una discrasia tra tasso<br />

di sconto sociale basato sulle preferenze (STPR) e tasso di sconto “di mercato”<br />

basato sul concetto di costo opportunità del capitale. In un equilibrio walrasiano,<br />

senza costi di transazione, inefficienze di mercato, esternalità ed imposte, i due<br />

tassi, la produttività del capitale e il tasso di preferenza sociale, si eguaglierebbero<br />

(Groom et al. 2005) lii . In altri termini, i benefici marginali del consumo e del<br />

risparmio dovrebbero essere uguali in equilibrio. La discrasia è legata ad un cuneo<br />

che si genera tra i due fattori, che conduce ad un range di possibili tassi di sconto<br />

dai quali estrarre quello idoneo per ogni progetto liii .<br />

Le linee guida applicative possono essere:<br />

i. scegliere un tasso di sconto intermedio, in ogni modo inferiore a quello<br />

di mercato, modulando la scelta in base alle caratteristiche<br />

dell’investimento in esame;<br />

li<br />

Questi strumenti finanziari sono stati creati soprattutto per esigenze di lungo periodo, infatti,<br />

quali gli investimenti dei fondi pensione. La domanda di mercato sta aumentando gradualmente ed<br />

è possibile prevedere un collocamento di bond a 100 anni nel futuro. I rendimenti sono in questo<br />

periodo intorno al 6%, associati, però ad una maggiore volatilità, che potrebbe causare problemi<br />

nel selezionare il tasso di interesse idoneo in uno specifico momento.<br />

lii<br />

In un mondo di second best, quindi, un euro di investimenti privati ha un valore maggiore di<br />

un euro consumato.<br />

liii<br />

Ad esempio, un range plausibile per oggi è tra 1% e 15%, un saggio di profitto medio. Un<br />

saggio di mercato più contenuto è ad esempio il rendimento di un bond a 30 o 50 anni, intorno al<br />

6%.<br />

92


ii. scegliere il STPR. Un tale saggio di sconto è ad esempio quello<br />

“consigliato” dal Treasury britannico, pubblicato ed aggiornato nel<br />

Green book (si veda ad esempio il Green book del 2003, Annex 6), ed<br />

ha il vantaggio di associarsi ad una volatilità molto minore, pur essendo<br />

più “arbitrario”;<br />

iii. scegliere un tasso di sconto “pesato”, in base alla componente di<br />

beneficio del progetto legata a consumi e alla parte di investimenti.<br />

I benefici di consumo si confronterebbero con un saggio di preferenza temporale,<br />

quelli di investendo con il costo opportunità. Su questo punto è utile notare come,<br />

pur essendo la procedura di weighting sulla base dei discount factor è ampiamente<br />

utilizzata liv , da un lato alcuni autori classici (Feldstein, 1973) la criticano. Infatti,<br />

egli afferma che, se in un mondo di second best il consumo vale meno<br />

dell’investimento privato, basta operare una trasformazione su questi “prezzi<br />

relativi”, in “unità equivalenti di consumo”, all’interno delle componenti di costo<br />

e beneficio, utilizzando poi un unico STPR (Groom et al., 2005; Bradford, 1999).<br />

Su questo si veda anche la survey efficace di Groom et al., (2005, p.452).<br />

Dall’altro, emerge il conseguente problema di decidere quale costo opportunità è<br />

rilevante per un progetto di investimento pubblico: il tasso di mercato (profitti o<br />

rendimenti obbligazionari) o un costo opportunità, tendenzialmente minore,<br />

associato al rendimento di un investimento pubblico alternativo? Una prospettiva<br />

ortodossa potrebbe anche indicare come il costo opportunità non debba variare tra<br />

investimenti privati e pubblici: tutti gli investimenti devono confrontarsi con lo<br />

stesso costo opportunità di mercato. Ciò che è rilevante è la monetizzazione di<br />

tutti i prezzi ombra non rilevati dal funzionamento dei mercati dei beni e servizi.<br />

Sempre Feldstein (1973) però sottolinea come questo sia vero se si ragiona in<br />

astratto su un costo opportunità ideale (what could be done with the resources) e<br />

non con un predictive opportunità cost (what would be done). Nel secondo caso,<br />

la definizione di costo opportunità è ristretta alle scelte effettivamente plausibili<br />

come alternative.<br />

3.4.2. La dinamica del tasso di sconto: dal breve al lungo periodo<br />

Come detto sopra, la definizione di quale saggio di sconto utilizzare non è<br />

sufficiente, soprattutto se il lasso di tempo considerato è di lungo periodo. La<br />

dinamica dei saggi di sconto indice fortemente sul risultato della analisi costi<br />

benefici.<br />

La via utilizzata nel passato era quella di utilizzare un saggio di sconto<br />

costante, qualsivoglia fosse il livello accertato come idoneo. Il “problema” è che,<br />

liv Il dibattito sul weighting è presente anche a proposito del problema di rendere<br />

commensurabili disponibilità a pagare (valori economici) di individui residenti in paesi a diversi<br />

reddito pro capite. Concettualmente è l’equivalente infra generazionale del problema dell’elasticità<br />

marginale dell’utilità al reddito che entra nel calcolo del STPR. Oggi è una procedura meno<br />

utilizzata; si vedano Pearce (2003) e Guo e al (2006).<br />

93


anche alla presenza di saggi di sconto sociali non molto elevati (es. 3%), il valore<br />

presente a 30-50 anni si azzera o riduce fortemente lv . Adottando un tasso di sconto<br />

costante, il quale conduce ad un fattore di sconto che si riduce in modo<br />

esponenziale, molte politiche orientate a favorire la sostenibilità economicoambientale<br />

potrebbero risultare minate, data la peculiare caratteristica della<br />

distribuzione dei costi (danni) e benefici ambientali, spesso concentrati dopo<br />

numerosi anni dal tempo T0 del progetto di investimento o dalla politica pubblica.<br />

D’altra parte non si può nemmeno definire (ex post) in modo arbitrario un tasso<br />

di riferimento, discostandosi da quello che il contesto di riferimento del progetto<br />

caratterizza come plausibile.<br />

Alcuni autori hanno quindi iniziato ad interrogarsi sulla consistenza teorica non<br />

di tassi di sconto nulli (a-economici), ma di profili decrescenti del tasso di sconto<br />

intertemporale, in relazione ad investimenti pubblici o specificamente<br />

investimenti che riardano costi e benefici ambientali. Il dibattito emerge in modo<br />

crescente dopo la pubblicazione del lavoro di Weitzman (1998), il quale propone<br />

un modello di hyperbolic discounting (increasing impatience as time horizons get<br />

shorter), che sfavorisce il breve periodo ed è premiante il lungo periodo. Questo<br />

significa che il fattore di sconto si evolve in base ad una funzione non<br />

esponenziale, ma iperbolica rispetto al tempo. La Weitzman step decline schedule<br />

associata all’hyperbolic discounting definisce un tasso del 4% nei primi 5 anni,<br />

3% fino a 25, 2% fino a 75, 1% fino a 300. È più accomodante nel lunghissimo<br />

periodo della scala del Treasury britannico (si veda sotto), dato che annulla lo<br />

sconto del futuro dopo i 300 anni. Il Gamma discounting (derivante da una survey<br />

effettuata da Weitzman su 2000 economisti, la cui distribuzione è conforme ad<br />

una Gamma distribution) invece propone una scala che parte da 4% e approssima<br />

nel lunghissimo periodo un tasso di 0,5% lvi . Tutti questi modelli, in parte empirici<br />

nella struttura della scala, definiscono l’ambiente del discounting iperbolico. Si<br />

veda anche Cropper e Laibson (1999).<br />

Queste scale decrescenti sono supportate da parte della letteratura di economia<br />

e psicologia sperimentale, che trova spesso confermata l’ipotesi per cui gli<br />

individui usano tassi decrescente nel compiere scelte inter temporali. Il trade off<br />

tra presente e futuro è maggiore per il breve rispetto al lungo periodo. Come<br />

notano Groom et al (205, p.472), alcuni autori rilevano tuttavia che lo sconto del<br />

futuro decrescente sia in realtà spiegato da una evidenza di sub additive<br />

discounting: il tasso di sconto è superiore quando il periodo considerato è più<br />

ampio, rispetto a più ristretti sotto-periodi nei quali può essere diviso. Questo<br />

implica che il fattore di sconto non è funzione del tempo per se, ma dell’entità del<br />

time delay.<br />

lv<br />

Si veda Treasury (2003, annex 6) per uno schema dei vari discount factors e discount rates da<br />

0 a 30 e da 0 a 500 anni.<br />

lvi<br />

Edwards (2003) nota come, oltre alla inconsistenza temporale, può emergere un altro<br />

problema. L’”optimal timing” di un progetto dipende non solo dal livello (atteso) del tasso di<br />

sconto m anche dalla sua “curvatura” o dinamica nel tempo. Confrontando un tasso costante con<br />

uno declinante à la Weitzman si osserva come il secondo tenda a procrastinare il tempo ottimale<br />

di inizio di un progetto.<br />

94


Groom et al (2005) raccolgono le recenti evoluzioni della letteratura,<br />

presentando una survey delle principali motivazioni “economiche” alla base di<br />

tassi decrescenti. La prima e più semplice è la già citata possibilità di crescita<br />

negativa, in certi periodi, o via via minore del consumo pro capite nel tempo, che<br />

riduce il STPR assumendo costanti il tasso puro di preferenza e l’elasticità, che<br />

potrebbero compensare, in parte, se crescenti nel tempo. Il fattore di impazienza<br />

pura può essere più o meno elevato o variare in base alle condizioni economiche<br />

ed istituzionali, l’elasticità può variare al variare della distribuzione del reddito. In<br />

entrambi i casi, per paesi industrializzati, la probabilità maggiore si associa ad un<br />

effetto complessivo che vede come più probabile una riduzione del STPR, con tutte<br />

le determinanti che operano nelle medesima direzione. Quindi, tassi di sconto<br />

negativi lvii o decrescenti potrebbero emergere da condizioni reali dell’economia.<br />

Una crescita economica decrescente è consistente con l’ipotesi di convergenza<br />

condizionale (Barro e Sala-y-Martin, 1995).<br />

La seconda ragione è associata alle esternalità e alla dinamica della<br />

disponibilità a pagare per i servizi e la qualità ambientale. Da un lato, troviamo il<br />

contributo di Weitzman (1994), che propone un modello nel quale la presenza di<br />

esternalità ed una disponibilità a pagare positiva per i beni e servizi ambientali<br />

genera un cuneo tra tasso di sconto sociale e privato lviii . Pur essendo strettamente<br />

legati alla teoria sviluppata dalla welfare economics già nel primo dopoguerra, che<br />

mostrava come i tassi sociali potessero divergere da quelli di mercato causa<br />

inefficienze, distorsioni ed imposte, i lavori di Weitzman contengono questa<br />

interssante implicazione: un tasso decrescente è economicamente ottimale se la<br />

proporzione di reddito spesa in beni ambientali aumenta, e questo è garantito con<br />

crescita economica e se ipotizziamo che i beni ambientali siano beni di lusso. In<br />

aggiunta, i lavori di Krutilla e Fisher (1975) possono anche essi implicare un tasso<br />

decrescente. Il loro modello prevede una DAP per i servizi ambientali che aumenta<br />

nel tempo ad un tasso predeterminato. Nel modello base si definisce un “tasso<br />

netto ambientale”, la differenza tra l’evoluzione della DAP e il tasso di sconto, che<br />

è però costante, o decrescente, nel tempo, in base alle ipotesi sull’andamento della<br />

DAP. Se questa, data la crescente scarsità di risorse e l’ipotesi ambiente come bene<br />

di lusso, aumenta, allora il tasso netto potrebbe decrescere nel tempo (se il tasso di<br />

sconto “lordo” è invariante, non muta).<br />

Riassumendo, alla presenza di crescita economica e di una spesa ambientale<br />

crescente, il tasso ambientale è minore di quello di mercato e potrebbe, in certi<br />

casi (sotto certe ipotesi sull’andamento della DAP, quindi delle preferenze) ridursi<br />

nel tempo. Queste analisi conducono ad una struttura nota in letteratura come dual<br />

discounting, che prevede tassi differenziati per investimenti ambientali (in genere<br />

beni pubblici assimilabili alle caratteristiche di questi) ed altri tipi di investimenti.<br />

lvii Non inconsistenti comunque, data l’osservazione empirica di tassi reali di interesse negativi<br />

in periodi di alta inflazione, o di bassi tassi di interesse in situazioni di trappola della liquidità.<br />

lviii Il risultato dipende da una precisa ipotesi: il livello di danno ambientale deve essere<br />

mantenuto costante nel tempo. Questo implica un incremento marginale degli investimenti<br />

ambientali, fattore che riduce il tasso di rendimento degli investimenti pubblici rispetto a quelli<br />

privati (ipotizzati “immuni” dall’obiettivo ambientale).<br />

95


Questo tasso, inferiore, si applicherebbe sia alla parte di benefici di consumo,<br />

sia quella di investimento, essendo poi possibile una ulteriore differenziazione<br />

interna al tasso ambientale sulla base dei ragionamenti effettuati in precedenza.<br />

Per un’ulteriore analisi critica del dual discounting, abbastanza dibattuto nella<br />

letteratura economico-ambientale, si veda Tol (2003). Un’alternativa più semplice<br />

e pragmatica è applicare un time invariant STPR a benefici e costi valutati in<br />

equivalenti di consumo, che riflettono l’evoluzione della DAP lix .<br />

Questi finora riassunte, il tasso di impazienze e la crescita economica, unita alla<br />

DAP per i servizi ambientali, sono le ragioni a supporto della scelta di un tasso di<br />

sconto in un mondo deterministico. Vediamo ora come tassi decrescenti possano<br />

scaturire da condizioni di incertezza.<br />

Un elemento concettuale, ed intuitivo, che supporta tassi di sconto non costanti è<br />

l’incertezza sulle future condizioni economiche lx . Sempre Weitzman (1998, 2001)<br />

presenta uno scenario nel quale, data l’incertezza sul tasso futuro di sconto, si può<br />

determinare un “certainty equivalent discount factor” (CEDF) e un CEDR (certainty<br />

equivalent discount rate). Un esempio può esser di aiuto: si presentano tre tassi<br />

plausibili, 1, 3 e 5%, ognuno associato ad una probabilità del 33%. È facile<br />

calcolare come il CEDR sia decrescente nel tempo, e approssima il minore dei tre<br />

tassi, 1%, verso i 500 anni. Ma anche a 200 anni il tasso CEDR è già minore del<br />

2% La spiegazione dipende dal fatto che il processo esponenziale di diminuzione<br />

del fattore di sconto pesa maggiormente su tassi di sconto più elevati 3 e 5%, che<br />

conseguentemente vedono calare il loro peso relativo. Asintoticamente, il limite è<br />

quindi 1%, e il CEDR ha degli andamenti tipicamente decrescenti lxi . Si veda anche<br />

Pearce (2003) sul tema lxii .<br />

Newell e Pizer (2000) mostrano invece come quando lo scenario futuro dei tassi<br />

d’interesse è incerto, ma molto correlato nel tempo, il futuro dovrebbe essere<br />

scontato a tassi minori di quelli osservati nel T0.<br />

Groom et al (2005) e Guo et al (2006) evidenziano anche eventuali criticità<br />

dell’applicazione di tassi decrescenti, soprattutto legate al problema di time<br />

inconsistency. Questo è il problema principale sollevato in letteratura, che<br />

lix “This disentangles issues of evolving values for thee environment from issues of discounting<br />

and does not change the discount rate to apply to the consumption stream” (Groom et al., 2005,<br />

p.459).<br />

lx Aggiungiamo che anche una crescita negativa del consumo può portare a STPR negativi, o<br />

declinanti, almeno nei periodi di decrescita economica. In ogni caso, uno scenario di crescita<br />

economica via via minore porterebbe, ceteris paribus, a tassi di sconto declinanti nel tempo.<br />

Aggiungiamo inoltre una nota tecnica: nelle analisi costi benefici le variabili monetarie e i<br />

saggi di sconto devono essere inclusi o tutti in termini reali o tutti in termini nominali. Questo è<br />

forse un banale passaggio tecnico, ma può causare errori importanti nel lungo periodo anche con<br />

tassi di inflazione contenuti come quegli attuali.<br />

lxi “Both the average and the marginal CEDR are declining monotonically through time while<br />

approaching the lowest possible realisation in the long run” (Groom et al., 2005, p.462).<br />

lxii Si evidenzia come mentre il valore atteso del tasso di sconto è uguale tra periodi, il valore<br />

implicito del tasso (CEDR) ed il fattore di sconto variano. Il CEDR diminuisce, mentre il valore<br />

atteso dei tassi rimane invariante.<br />

96


compensa il vantaggio di un andamento decrescente, primariamente la<br />

mitigazione della “dittatura della generazione presente” lxiii .<br />

Nelle parole degli autori: “time inconsistency implies that plans made today<br />

will not be carried out tomorrow unless a mechanism to commit the later self (or<br />

government, aggiungiamo noi) can be implemented” (Groom et al., 2005, p.473),<br />

o, con riferimento all’esperimento di survey di Weitzman “If every person<br />

sampled were asked again, some years later, the rate of discount to be used, the<br />

answers to be consistent, can be expected to be the same. This would result in the<br />

same mean and the same variable. Hence, the inconsistency (si Veda Edwards,<br />

2003, p.658 lxiv ). Recenti applicazioni del concetto sono state effettuate ai fini della<br />

spiegazione di fenomeni quali drug addiction, under saving, organisational failure.<br />

Si veda anche Pearce, Atkinson e Mourato (2005). Osserviamo tuttavia come<br />

anche in una struttura non a tassi declinanti il processo di sconto del futuro su<br />

piani di lungo periodo contenga intrinsecamente un processo di adapative<br />

learning, in quanto periodo dopo periodo il tasso di sconto pre determinato<br />

potrebbe mutare in ragione di nuove condizioni socio-economiche e nuove analisi.<br />

Sumaila e Walters (2005) presentano invece un modello alternativo, dove il<br />

tasso non è decrescente per se per definizione o essendo la variabile endogena di<br />

un modello, ma è modificata la formula del fattore di sconto in modo tale da<br />

accogliere il concetto di tasso di sconto inter generazionale (futuri generation<br />

discount rate), rapportata, in una sorta di prezzo relativo al tasso standard<br />

(Samuelson discounting). La formula collassa a quella usuale se il tasso inter<br />

generazionale assume valore nullo. Con il future generation discount rate incluso,<br />

il fattore di sconto (1/1+r nel caso usuale), diminuisce con il crescere del numero<br />

di generazioni considerate. Il fattore di sconto è quindi decrescente. Simulazioni<br />

con tasso del 5% evidenziano come, su un lasso di 100 anni e con un generation<br />

time di 20, la formula modificata produce un valore presente superiore, nel caso il<br />

future generation discount rate sia maggiore minore o uguale a 5% lxv .<br />

È interessante notare come anche le linee guida del Treasury britannico, che<br />

identificano un STPR pari al 3.5%, associano quest’ultimo tasso al lasso 0-30<br />

anni, quello tipico di un investimento “normale” lxvi . Il tasso consigliato scende di<br />

lxiii Anche se è utile citare la conclusione del lavoro di Groom et al. (2005, p.484): “The case<br />

for declining discount rates is still not proven beyond doubt, despite the extremely persuasive<br />

contributions reviewed in this paper. Indeed, the use of DDRs may put us in danger of placing<br />

more weight upon potentially richer individuals in the far future than we place on potentially<br />

poorer present individuals. What is more widely agreed is the limited extent to which discount<br />

rates can be manipulated to simultaneously reflect the numerous underlying issues that have<br />

motivated their investigation, namely inter generational equity, sustainability and efficiency.<br />

However, admitting a time varying discount rate at least provides another degree of freedom”.<br />

lxiv Che nota come il problema possa essere l’aggregazione di preferenze individuali<br />

consistenti, come accade per le scelte collettive: preferenze transitive a livello individuale possono<br />

generare in-transitività a seguito di aggregazione.<br />

lxv Sumaila e Walters (2005, p.139).<br />

lxvi Notiamo come il tasso base del 3.5% sia contingente al paese. Nel caso italiano, assumendo<br />

una crescita del 2%, ed una componente di impazienza del 0.5% (come suggerita da Pearce et al.,<br />

2006), il tasso base sarebbe del 2.5%. vediamo quindi anche come, a parte i discorsi sulla<br />

97


mezzo punto percentuale (3% fino a 70 anni, 2.5% fino a 125, etc..) fino ad<br />

arrivare all’1% per i periodi oltre i 300 anni. Senza tali aggiustamenti ogni valore<br />

emergente oltre i 70-100 anni sarebbe azzerato. Con gli aggiustamenti, il processo<br />

di attualizzazione viene mitigato, ma rimane in atto lxvii . Una simulazione empirica<br />

relativa all’applicazione di tassi di sconto decrescenti, in conformità a quelli<br />

proposti dal Treasury britannico, unica fonte istituzionale a adeguare i tassi di<br />

sconto periodicamente e a presentare tassi decrescenti nel tempo, è invece<br />

presentata da Guo et al (2006) i quali osservano come, nel loro esempio, il costo<br />

sociale delle emissioni di CO2 aumenti, rispetto al caso di un tasso costante, dal 10<br />

al 40%. Gli autori concludono che gli incrementi di valore futuro associati ad un<br />

tasso decrescente sono minori rispetto ad altri studi recenti che ipotizzano<br />

incrementi del 100%, anche se si nota come il “guadagno” vari da un 10% al 405<br />

riguardo al modello utilizzato lxviii .<br />

3.4.3. Cenni conclusivi<br />

Si è già ricordata la natura contingente dei tassi di sconto rispetto al paese. Anche<br />

all’interno dell’area OCSE e perfino nella UE possono riscontarsi differenze. Ad<br />

esempio, il tasso di 3.5 per un STPR proposto per l Regno Unito può apparire<br />

eccessivo per l’Italia. Assumendo un valore di 0.5 per il tasso di impazienza<br />

pura lxix , una elasticità marginale dell’utilità al reddito di 0,7 e una crescita dei<br />

consumi di 1.5 conduce ad un STPR di 1.55. Si può osservare come sia sensibile<br />

questo valore al cambiare delle ipotesi: utilizzando il tasso di preferenza<br />

intertemporale puro dello Stern report (0.1), il STPR scenderebbe a 1.15. Una<br />

elasticità unitaria invece porterebbe il tasso composto al valore di 2 lxx . Infine,<br />

inconsistenza temporale di tassi decrescenti, la dinamica del tasso di sconto è intrinsecamente<br />

mutevole e adattiva rispetto a mutate condizioni economiche e sociali.<br />

lxvii Comunque anche un tasso dell’1% dopo i 300 anni riduce di molto il valore, essendo pari<br />

ad un fattore di sconto (1/1+r) di 0.04 (il 4% in valore presente).<br />

lxviii Tra gli altri sono utilizzati lo schema suggerito dal Treasury britannico, e due modelli di<br />

declining rates proposti da Weitzman.<br />

lxix Evans e Sezer (2005) assumono un tasso d’impazienza nullo ma un tasso di mortalità di 1%<br />

per l’Italia.<br />

lxx Il contributo più rilevante in termini di calcolo delle suddette elasticità, basato sulla struttura<br />

delle imposte personali sul reddito, è probabilmente Evans (2005). La rassegna dei vari metodi<br />

utilizzabili per la rilevazione delle elasticità (survey methods, evidenza indiretta da comportamenti<br />

osservati (consumer demand models), e revealed social values (spesa pubblica, politiche fiscali<br />

adottate), conduce ad un range di valori plausibili tra 1 ed 1,82. Per ogni paese si calcola un valore<br />

elevato dell’elasticità (a bassi livelli di reddito) ed uno minore (ad alti livelli di reddito). Per<br />

L’Italia il range è 1.33-1.40. è però da notare come, basandosi su modelli macro economici di<br />

consumo storico il Tesoro britannico indichi un valore unitario come consigliabile, più in linea con<br />

i suggerimenti di Pearce (2003). Lo stesso Evans (comunicazione personale) afferma che le stime<br />

medie intorno al valore di 1.35-1.4 (1.25 (UK)-1.45 (Japan)) per l’area OCSE sono al momento<br />

non in linea con le linee guida che proporrà la Commissione Europea, allineate sul valore unitario<br />

(Florio, 2007). Valore unitario consigliato attualmente dal tesoro britannico, che ha ridotto la stima<br />

rispetto al precedente set di linee guida del 1997 (1,5).<br />

98


assumere una maggiore crescita dei consumi (2%) lo porterebbe a 1,9 lxxi . Un range<br />

per il caso italiano, costruito su ipotesi polarizzate, è definibile da 0,60 lxxii a<br />

2,50 lxxiii .<br />

Tutti questi tassi sono ampiamente minori del costo opportunità di<br />

investimenti, anche risk free, di lungo periodo lxxiv , e leggermente minori di<br />

investimenti risk free di breve. Sono comparabili al rendimento reale di<br />

investimenti risk free di breve (parte bassa del range) e medio-lungo periodo<br />

(parte alta). Evans (2005) e Evans e Sezer (2005, 2004), per l’Italia calcolano un<br />

STPR pari a 4.5-4.7%, che appare un calcolo legato ad assunzioni “massime” sui<br />

parametri, date le ipotesi (1% tasso puro + elasticità 1,50-52*crescita 2.5%).<br />

Queste differenze, anche minori, possono rivelarsi decisive in sede di analisi costi<br />

benefici delle politiche ambientali.<br />

Si rimarca, a breve conclusione di questa sezione, come nella discussione dei<br />

processi di attualizzazione dei valori futuri sia necessario possibile rendere<br />

consistente la prassi applicativa con la teoria economica, includendo le<br />

considerazioni di natura etico-economica. Data la relativa flessibilità (non<br />

arbitrarietà) del concetto di tasso di sconto, legata ai vari fattori e alle diverse<br />

ipotesi teoriche su cui è costruito, anche il dibattito inter disciplinare viene aiutato<br />

e supportato, e con questo, si spera, l’integrazione dei ragionamenti economici<br />

nelle politiche ambientali volte alla sostenibilità. Si nota la criticità insita nell’uso<br />

di tassi di sconto declinanti, che portano generalmente a favorire maggiormente<br />

test di analisi costi benefici su politiche ambientali d lungo periodo (Guo et al.,<br />

2006). Pur essendo vero che un tasso usuale di sconto porterebbe ad una scarsa se<br />

non nulla considerazione di fattori di benessere legati a periodi oltre 30 anni, è<br />

anche vero che occorre fare molta attenzione ad utilizzare tassi di sconto<br />

“ambientali” o declinanti. Anche le politiche e gli investimenti ambientali, come<br />

quelle opposte di “sviluppo”, possono associarsi a fenomeni quali sunk cost ed<br />

irreversibilità delle scelte (tecnologiche) lxxv . Quindi si rimarca che ogni scelta del<br />

saggio di sconto, data la sua rilevanza e la sensibilità delle figure di costo e<br />

beneficio rispetto a variazioni dello stesso, deve essere presa con grande cautela e<br />

dopo attenta analisi della teoria economica e delle applicazioni recenti.<br />

La sezione ha voluto presentare una guida applicata e pragmatica alla scelta del<br />

tasso di sconto in situazioni associate ad investimenti pubblici in beni e servizi<br />

ambientali con benefici di medio e lungo periodo, fondata su una discussione dei<br />

fondamenti teorici della scienza economica nell’ambito dell'analisi costi benefici e<br />

lxxi<br />

Evans e Sezer (2005) assumono per l’Italia ed altri paesi un tasso di crescita del 2,5%<br />

storico, che appare ora elevato (si veda la nota sopra).<br />

lxxii<br />

Sommatoria di 0,1 + (0,5*1).<br />

lxxiii<br />

Sommatoria di 0,5 + (1*2).<br />

lxxiv<br />

Es. un bond cinquantennale dello Stato francese o di altro stato europeo con rating da A+ a<br />

AAA.<br />

lxxv<br />

Pyndick (2000).<br />

99


delle evoluzioni recenti più interessanti lxxvi . La discussione teorica ha evidenziato<br />

come, in aggiunta alla definizione di un pragmatico range di tassi di sconto che<br />

può oscillare da valori dell’1% a valori “di mercato”, sia possibile ragionare<br />

criticamente ed in ambito multi disciplinare su quale sia il tasso più idoneo ad<br />

ogni situazione. Riteniamo soprattutto interessanti per gli studi e le applicazioni<br />

empiriche, le varie ipotesi di tassi di sconto declinanti nel tempo e le analisi di<br />

sensitività dei risultati rispetto ai parametri contenuti nel saggio sociale di<br />

preferenza.<br />

lxxvi<br />

Per una sintetica visione delle linee guida e “consigli per l’uso” si veda anche Pearce,<br />

Atkinson e Mourato (2006).<br />

100


Capitolo 4*<br />

Risultati delle valutazioni empiriche su ‘valore economico<br />

totale’, funzioni ricreative, prodotti non legnosi,‘amenity<br />

values’, valori di ‘non uso’<br />

4.1. Stime del valore economico totale (VET)<br />

e funzioni multiple combinate<br />

Per la stima del valore economico totale i lavori in letteratura si suddividono in<br />

due gruppi a seconda che si raggiunga una stima mediante applicazione di un<br />

metodo di valutazione (ad esempio quello di valutazione contingente) in grado di<br />

rilevare informazioni che si possono tradurre in VET senza scorporarne le diverse<br />

componenti oppure a seconda che il valore economico totale venga ottenuto<br />

addizionando i valori delle singole componenti.<br />

Rientra nel primo gruppo il lavoro di Tempesta e Marangon (2004) che utilizzano<br />

il metodo della valutazione contingente per la stima del valore economico totale<br />

dei paesaggi forestali italiani. Il lavoro pone particolare attenzione al fenomeno di<br />

distorsione dell’embedding 77 ben noto nella letteratura sulla valutazione<br />

contingente. Per testare la presenza del fenomeno dell’embedding si è sottoposto a<br />

stima tramite l’uso di tre distinti campioni, il patrimonio forestale nazionale,<br />

quello del Veneto e quello del territorio del Parco Regionale dei Colli Euganei. I<br />

risultati ottenuti sembrano suggerire che seppure con cautele la valutazione<br />

*Nel testo di appendice sono riportate le stime, disponibili in letteratura, dei valori per tutte le<br />

funzioni descritte nel presente capitolo<br />

77 Si riferisce alla possibilità che gli intervistati indichino la propria disponibilità a pagare<br />

(WTP) o ad accettare (WTA) per una categoria globale di beni piuttosto che per una parte degli<br />

stessi. Le possibili distorsioni dovute a embedding effects costituiscono una sorta di problema di<br />

scala. Il bene o servizio da valutare potrebbe essere “incluso” in una scala di possibili livelli di<br />

offerta. Alcuni autori (Kahneman e Knetsch, 1992) hanno concluso che gli individui sarebbero in<br />

certi casi insensibili alla scala di fornitura, dimostrando di esprimere così non una WTP effettiva<br />

per lo scenario descritto, ma un generico contributo ad una buona causa (effetto warm glow). Altri<br />

autori sostengono invece che problemi di insensibilità sono prima di tutto dovuti ad una carente<br />

strutturazione dello studio e del questionario, e che inoltre appositi test statistici possono<br />

comunque essere effettuati come dimostra anche lo stesso lavoro di Tempesta e Marangon (2004).<br />

D’altro lato nel noto lavoro di Arrow et al. (1993) è stato espressamente indicato che le stime<br />

effettuate tramite la valutazione contingente devono testare se e in che misura il fenomeno<br />

dell’embedding abbia influenzato le stime ottenute (Arrow et al., 1993).


contingente può consentire di giungere a stime attendibili dei paesaggi forestali;<br />

nella stima dei beni di interesse locale (es. Colli Euganei) risulta però assai facile<br />

incorrere in fenomeni quali il perfect embedding, specie quando sono sottoposti a<br />

valutazione beni che hanno un significato evocativo e simbolico (per i residenti<br />

locali). Per la stima del VET di queste categorie di beni appare più corretto<br />

secondo Tempesta e Marangon, operare su grande scala e successivamente<br />

ripartire il valore ottenuto per l’intera categoria tra le parti che la costituiscono. Lo<br />

studio giunge ad una stima conclusiva, mediante valutazione contingente, di 1,4<br />

milioni di Lire per ettaro/anno (665,8 € per ha/anno) che rappresenterebbe i<br />

benefici totali risultanti dalla conservazione del patrimonio boschivo. Secondo gli<br />

stessi autori, al fine di ottenere il VET, a questo valore dovrebbero essere aggiunti i<br />

benefici estrattivi diretti (legno e prodotti del sottobosco) 78 il che comporterebbe<br />

un valore pari a 722,6 €/ha 79 . Il valore stimato da Marangon e Tempesta (2004) è<br />

decisamente superiore a quelli ottenuti secondo metodi di stima derivati<br />

dall’estimo privato e quindi ottenuti addizionando i valori stimati per le diverse<br />

funzioni (Gios e Goio (2003) hanno stimato per il Trentino Alto Adige un VET di<br />

0,323 milioni di lire per ettaro/anno (166 €) mentre Marangon e Gottardo (2001)<br />

hanno stimato un valore pari a 0,724 milioni di Lire per ettaro/anno (373,7 €) per<br />

le foreste del Friuli Venezia Giulia).<br />

Anche lo studio di Asciuto et al. (2005) utilizza il metodo della valutazione<br />

contingente per la stima del VET attribuito dalla collettività alla riduzione del<br />

rischio di incendio nella Riserva “Bosco di San Pietro”, area protetta localizzata<br />

nella Sicilia centro-orientale e caratterizzata prevalentemente da formazioni<br />

forestali di sughera e di macchia mediterranea; il lavoro punta molta attenzione<br />

alla verifica dell’ipotesi che la scelta del formato di domanda (open-ended o<br />

close-ended 80 ) possa influire sull’entità della disponibilità a pagare degli<br />

78 Rispettivamente stimati utilizzando: i dati ISTAT relativi al 2000 in cui il valore aggiunto<br />

del legname italiano è stato di 326.2 milioni di euro a cui corrisponde un valore di 46.5 €/ha; i<br />

valori ottenuti per i prodotti del sottobosco da Gios e Goio, (2003) per il Trentino Alto Adige e da<br />

Marangon e Gottardo (2001) per il Friuli Venezia Giulia compresi fra 17.2 €/ha e 14.4 €/ha.<br />

79 Il mezzo è una indagine CV (DC) effettuata su 543 rispondenti della provincia di Padova con<br />

intersviste dirette. Gli autori stimano però la DAC (via minori tasse) per eliminare dalla normativa<br />

una legge di prevenzione degli incendi nei boschi. Si nota come sia dubbio a nostro avviso come<br />

questo porti effettivamente alla stima di un VET, e non invece ad un più specifico elemento di<br />

valore associato al rischio di incendio, che si correla ai valori forestali in modo più o meno diretto,<br />

e comune andrebbe definito nello scenario di indagine.<br />

In ogni caso, la WTP per l’intero patrimonio forestale Italiano, per individuo, è di 219€ vs 235-<br />

250 € per anno rilevata per le sole foreste venete. si riscontra un problema di Embedding, ed anche<br />

di “localismo” 79 e nessun effetto sulle stime di diverse offerte di informazione sull’oggetto di<br />

indagine. il valore per ettaro annuo è 666 €, stimata nel complesso del paese partendo da<br />

rispondenti veneti.<br />

80 Il formato aperto utilizzato nella domanda per l’elicitazione della disponibilità a pagare degli<br />

intervistati (open ended) si differenzia da quello di tipo chiuso (close ended) poiché gli individui<br />

forniscono la loro WTP senza alcuna forma di assistenza, e senza limiti inferiori o superiori. Il<br />

rischio di non ottenere affatto risposte o di ricevere degli “zero” di protesta è elevato, a meno che<br />

gli individui non possiedano sufficiente familiarità con il bene da valutare. Un tale formato<br />

assicura una estrema libertà nelle risposte, tuttavia non corrisponde a una situazione realistica (= i<br />

consumatori si trovano normalmente nella condizione, rappresentata dal formato close ended a<br />

102


intervistati. I risultati ottenuti per la stima della WTP media annua familiare - per<br />

finanziare la gestione di un Piano Ausiliario Antincendio finalizzato a ridurre<br />

annualmente del 50% le superfici boscate della Riserva Santo Pietro (estesa oltre<br />

6000 ettari) percorse dal fuoco – in base al formato di domanda open ended e di<br />

quello close ended evidenziano livelli di contribuzione sostanzialmente diversi: la<br />

prima è risultata pari a 13,90 € mentre la seconda è pari a 21,34 €. Gli stessi autori<br />

in un lavoro precedentemente pubblicato (2004) pervengono, sulla base della<br />

stessa indagine, ad un VET compreso nel range 712 €-934 € per ha. Un<br />

interessante lavoro dal punto di vista metodologico è quello di Fanariotu e Skuras<br />

(2004) 81 in cui si stimano le misure di benessere mediante valutazione contingente<br />

relative ad un incremento della protezione dal rischio di incendio di alcune foreste<br />

greche situate nel Peloponneso. Si mostra come l’utilizzo di alcuni indicatori di<br />

bellezza scenica (scenic beauty) 82 , che comunque si riferiscono a benefici relativi<br />

all’estetica e alla loro vista, migliorino la qualità dei modelli di valutazione<br />

economica e delle corrispondenti stime delle misure di benessere 83 .<br />

scelta dicotomica, di dovere accettare o rifiutare un prezzo proposto senza alternative). Inoltre, i<br />

metodi a formato aperto possono nascondere un incentivo verso comportamenti strategici, in<br />

quanto, in una situazione come quella da essi prospettata, è razionale attenersi a valutazioni basse<br />

(nel timore di dovere contribuire direttamente a pagare le somme determinate dal survey).<br />

Al contrario nei formati di domanda che permettono una scelta in forma discreta o di tipo<br />

dicotomica i rispondenti non sono liberi di determinare la loro WTP (WTA) in modo totalmente<br />

autonomo. Di regola, questo formato comporta domande del tipo “Prendere o lasciare”. La<br />

risposta può essere soltanto positiva o negativa, come avviene spesso nelle scelte reali del<br />

consumatore sul mercato o nei referendum. Tale metodo presenta in apparenza pochi incentivi a<br />

comportamenti strategici, ma richiede molte osservazioni, perché ciò che si ottiene è non già la<br />

massima WTP, ma soltanto un indicatore discreto della massima WTP. Soprattutto, tuttavia, il<br />

metodo in questione implica ipotesi sul modo di specificare la funzione di valutazione o la<br />

funzione di utilità indiretta per ottenere la WTP media. Inoltre, come sottolineano alcuni autori,<br />

dovrebbe essere contemplata anche la possibilità di non votare. Nei referendum le astensioni sono<br />

normalmente trattate come voti negativi. Una reale astensione, invece, richiederebbe una risposta<br />

del tipo “lascio decidere gli altri”. Poiché il rischio di comportamenti strategici e, soprattutto, di<br />

voti di protesta non è necessariamente assente nemmeno in questo formato, possono essere di aiuto<br />

alcune domande di controllo, attraverso le quali l’intervistato è invitato a esplicitare le ragioni<br />

della sua risposta. Secondo alcuni autori, le domande poste in forma dicotomica dovrebbero<br />

risultare più familiari agli intervistati, perché tutti, o quasi, hanno esperienza di referendum.<br />

I valori proposti nel corso di un’indagine di scelta dicotomica sono tuttavia confinati all’interno<br />

di limiti predefiniti. Tali limiti, a loro volta, sono determinati attraverso un pre-test condotto<br />

secondo il metodo open-ended, e ciò può indubbiamente apparire contraddittorio.<br />

81 Il lavoro ha mostrato come gli aesthetic indicators of landscapes, expressed as individual<br />

scenic beauty estimates, may be used as proxies of individuals' specific aesthetic values, and<br />

improve the properties of welfare estimates produced by contingent valuation models. The<br />

omission of scenic beauty indicators from the economic valuation of environmental resources<br />

produces biased and overestimated welfare measures. Combining economic and environmental<br />

indicators significantly improves the explanatory power of economic valuation models and of the<br />

produced welfare measures.<br />

82 Sono state utilizzate fotografie in cui si mostrava una vista su foresta con o senza parti più o<br />

meno recentemente coinvolte da incendi.<br />

83 Secondo gli autori le indagini in cui si stima il valore economico totale delle foreste per il<br />

pubblico e specialmente per quelle foreste che hanno un puro valore ecologico ed estetico e non un<br />

valore produttivo, dovrebbero essere condotte in team interdisciplinari che tentino di combinare e<br />

integrare gli indicatori ambientali, sociali ed economici.<br />

103


In campo internazionale, lo studio di Zinkhan et al. (1997) costituisce uno dei<br />

pochi esempi in cui è stata applicata la conjoint analysis, tecnica che permette di<br />

valutare l’importanza relativa degli attributi dimensionali di una foresta.<br />

Rientra nel secondo gruppo, in cui si perviene al VET mediante la somma dei<br />

valori delle diverse componenti, il lavoro di Gios e Goio (2005) i quali<br />

rielaborano i dati sul comune di Oulx in Piemonte (rilevati nel lavoro di Paletto,<br />

2002) e sul Friuli Venezia Giulia (rilevati in Marangon e Gottardo, 2001) al fine<br />

di fornire stime del valore economico annuo per ha per le diverse funzioni<br />

forestali utilizzabili per stimare il valore economico totale delle foreste alpine<br />

italiane. Il lavoro fornisce un’ottima rassegna critica sulle terminologie utilizzate<br />

per qualificare ciascuna componente del valore economico totale nella letteratura<br />

internazionale e nazionale. Per il legname i valori (per anno/ha in euro)<br />

rispettivamente stimati sulla base dei dati relativi al comune di Oulx e alle foreste<br />

Friulane sono 40,01 e 137,4; per i prodotti del sottobosco 33,48 e 27,9; per il<br />

pascolo 2,7 (manca il valore nel caso friulano); per la fauna selvatica 1,45 (manca<br />

il valore nel caso friulano); per la componente paesaggistico-ricreativa 55,16 e<br />

158,9; per la protezione idrogeologica 183,28 e 1864,5; per la stabilizzazione<br />

climatica 7,36 e 24,9.<br />

Nel lavoro di Croitoru e Gatto (2001) è stato fatto un tentativo di stima del valore<br />

economico totale del bosco in aree mediterranee stimando con valori di mercato i<br />

prodotti forestali incluso il legname, con valore di trasformazione altri prodotti<br />

forestali come il pascolo con produzione di unità foraggere e il nettare trasformato<br />

in miele, con prezzi stimati per i prodotti commercializzati attraverso la vendita di<br />

permessi (come ad esempio la caccia e i funghi). L’aspetto ricreativo è stato<br />

stimato mediante surplus del consumatore (non si capisce bene come e con che<br />

metodo; il numero di giornate/visita nelle zone montane collinari è di fonte ISTAT<br />

mentre il valore di una giornata/visita in termini di surplus del consumatore è stato<br />

stimato in 2,5 €). La stima del valore totale d’uso diretto delle foreste italiane<br />

viene quindi stimato in percentuale di 62,4% per i prodotti con valore reale di<br />

mercato, del 9,3% per i prodotti con valore di trasformazione, del 14,8% per i<br />

prodotti valutati sulla base del prezzo dei permessi e del 13,5% per i prodotti<br />

valutati sulla base del surplus del consumatore. Per i valori d’uso indiretto del<br />

bosco in cui rientrano le cosiddette funzioni ecologiche (protezione idrogeologica,<br />

fissazione del carbonio, paesaggio, regolazione del microclima, effetto sulla<br />

qualità dell’acqua) sono stati utilizzati valori presenti in letteratura (per il carbonio<br />

fissato Cesaro e Pettenella 1994) o valori che rappresentano il costo di<br />

surrogazione di una certa funzione (ad esempio la spesa di Stato e Regioni per<br />

contrastare o ridurre i rischi di erosione nel caso della protezione idrogeologica).<br />

E’ stata infine effettuata una stima del valore delle esternalità negative che<br />

diminuiscono il valore economico totale del bosco (erosione del suolo per<br />

disboscamenti o cattiva gestione forestale, alluvioni, frane e valanghe per<br />

disboscamenti, abbandono o cattiva gestione forestale, danno da incendio, pollini<br />

e altri fattori allergenici, perdita di valore naturale e di biodiversità della foresta<br />

per illeciti, perdita di valore paesaggistico per azioni illegali).<br />

104


Una stima del VET pari a 254 €/ha/anno viene invece ottenuta nel recente lavoro<br />

di Merlo e Croitoru (2005). Essa sarebbe composta dei seguenti valori d’uso<br />

diretto: prodotti legnosi 81 €/ha, pascolo 7 €/ha, prodotti non legnosi 23 €/ha,<br />

ricreazione 20 €/ha, caccia 8 €/ha. Ad essi si sommerebbero i valori indiretti<br />

(protezione dei versanti 104 €/ha; sequestro di carbonio 8 €/ha) e i valori di<br />

opzione, lascito, esistenza pari a 3 €/ha.<br />

Nel lavoro di Strange et al. (1999) si presenta un approccio a quattro stadi per<br />

la stima del valore complessivo di una foresta multiple-use al fine di supportare le<br />

decisioni al riguardo provvedimenti di controllo degli insetti in un’area di studio<br />

nella Polonia Centrale. La struttura a quattro stadi prevede di incorporare<br />

successivamente:<br />

i. il valore finanziario della sola produzione legnosa;<br />

ii. il valore degli output non di mercato;<br />

iii. il valore sociale del carbon storage;<br />

iv. il valore sociale dei benefici ricreativi.<br />

Il paper presenta valori relativi ai quattro step e corrispondenti a dieci tipologie<br />

forestali 84 ; di queste consideriamo i valori in $ per ha relativi a foresta<br />

paesaggistica e ricreativa: legname 2.988 e 3.143, costi di produzione degli output<br />

non di mercato 389 e 425, valore degli output non di mercato 648 e 648<br />

(includono il valore precedente), valore attuale netto del carbon storage (tasso di<br />

sconto annuale 2%) 21.885 e 22.630. Un lavoro interessante che utilizza un<br />

metodo per l’individuazione dell’ordine di importanza delle diverse funzioni<br />

forestali è quello di Schaberg et al. (1999) in cui si presentano i diversi ranking<br />

per le distinte funzioni forestali attribuiti da parte di campioni relativi a 3 gruppi<br />

di interesse (ambientale, caccia e pesca e per il legname) e di un campione casuale<br />

di controllo. L’ordinamento sulla base di giudizi riportati su una scala Likert a 9<br />

punti (0-8) risulta nel gruppo di controllo: servizi ecologici 6,68, stati o processi<br />

ecologici 6,14, beni non di consumo 5,31, prodotti non legnosi 4,83, prodotti<br />

legnosi 3,64, beni di consumo non di mercato 3,02. Per il dettaglio sui 25<br />

beni/servizi considerati e per i ranking dei 3 gruppi di interesse considerati si<br />

rimanda al paper.<br />

Matero (2006) esamina il valore dei servizi delle foreste, in una ottica di VET per<br />

la Finlandia, sul periodo 1995-2002. i valori sono espressi in € 2000, annui: il<br />

valore del Turismo forestale è pari 2700 milioni € (4,5 € per visita la stima<br />

derivante); “Nutrient retention” 200 milioni di €; tutti i non timber services (97<br />

prodotti della foresta) 825 milioni €. La stima per tutti i servizi forestali, al netto<br />

di effetti anche negativi dal punto di vista economico, è pari a 2,609 miliardi di €<br />

annui, dal quale si può, in caso, stimare una misura per ettaro, comunque specifica<br />

al patrimonio finlandese.<br />

84 Commercial, landscape, recreation, health and climate, water protection, high-green zone,<br />

industrial, forest preserves, soil protection, soil model plots.<br />

105


Notaro Paletto Raffaelli (2005) analizzano invece il danno provocato da “wind<br />

and snow, defoliation, fire and tillage” sulle quattro funzioni primarie descritte in<br />

altri studi degli autori (production, protection, tourism-recreation and carbon<br />

fixing). La stima di riduzione del VET è nel complesso dell’1.68% per tutte e 4 le<br />

funzioni.<br />

Alcuni studi hanno il fine di compiere delle survey estese della letteratura.<br />

Croitoru (2006) presenta invece una survey molto interessante sulle forest europee<br />

ed africane, mediterranee, suddivise in quattro categorie geografiche. Per la<br />

categoria che include l'Italia, notiamo i seguenti valori: un VET pari a 173 €/ettaro<br />

e 70 € pro capite, in Italia e paesi del nord mediterraneo. Un valore per il fattore di<br />

Recreation che è in Italia pari a 20-50 € per ettaro anno, o l’8% del VET, inferiore<br />

alla stima di Krieger in percentuale, ma non di molto, e simile in valori assoluti.<br />

Un valore di Biodiversity molto incerto, tra 1-60€ per ettaro, che infatti molti<br />

studi di valutazione no stimano a priori per difficoltà di implementazione della<br />

rilevazione 85 . Infine, l’autrice nota come il valore di “Watershed” sia il 50% del<br />

TEV in media, pari a 45-150€ per ettaro.<br />

Su linee simili, ma con una accezione più estesa, Krieger (2001) presenta una<br />

delle survey della letteratura sui valori forestali più complete, riguardante sia<br />

foreste tropicali sia temperate. Rimandando alla tabella si sintesi, si nota un valore<br />

complessivo per acro in dollari 1994 pari a 122.2, raffrontato ad un valore di<br />

812.2 per quelle tropicali. Le differenze più marcate a favore delle foreste<br />

temperate sono poche (food production), a sfavore operano gran parte degli<br />

elementi di uso e non uso. Tra i valori, le temperate presentano quattro fattori di<br />

valore principali, in ordine decrescente: regolazione del clima, waste treatment,<br />

produzione di prodotti non legnosi, recreation. Questi assommano a 105$ sui 122.<br />

Come ultimo esempio di robusta survey, ma forse datata e da attualizzare nei<br />

valori presentati, si elencano i dati offerti da Pearce e Pearce (2001, tab.17) per le<br />

foreste non tropicali: i valori primari sono stoccaggio del carbonio (90-400$ per<br />

ettaro anno) e uso del legname a finalità produttive (700 $ per ettaro il valore<br />

attuale scontato al 10%, 1994 $). Valori importanti sono anche la funzione idrogeologica<br />

(0-50 $) e la funzione ricreativa turistica (80 $) ed i valori di non<br />

uso/opzione (12-70 $), sempre espressi in per ettaro/anno. Infine, valori molto<br />

limitati per i servizi/attributi valoriali “non timber products” e “amenity” e quasi<br />

nulli per biodiversità.<br />

Per finire, presentiamo, come analisi complementari a quelle quantitative, alcuni<br />

studi volti a definire l’importanza relativa degli attributi forestali, ai fini del forest<br />

planning & management. Reed and Brown (2003) applicano un metodo<br />

85 Slone et al (1997) presentano una rara disamina di alcuni possibili valori, ma non offrendo<br />

stime, per farfalle ed insetti presenti nelle foreste tropicali. Da Notaro, Paletto e Raffaelli (2005):<br />

“Biodiversity was not considered because even in physical terms “at present it is impossible to<br />

evaluate everything” (Efremov and Sheshukov, 2000, p. 59)”. Si veda sotto nella sezione 1.6 il<br />

commento ad alcuni studi di valutazione sulla biodiversità.<br />

106


qualitativo di valutazione (values suitability approach), per indagare i servizi<br />

dell’ecosistema nelle attività di forest planning. Il risultato è la seguente<br />

scomposizione percentuale del valore: Aesthetic 10.0; Biodiversity 13.3; Cultural<br />

3.9; Economic 11.5 Future 9.1 Historic 4.5 Life support 13.8 Learning 8.8<br />

Recreation 12.1 Spiritual 5. Therapeutic 5.4 Subsistence 1.9, i quali possono<br />

essere rapportati ai valori stimati dai metodi quantitativi, ed il ranking implicito<br />

confrontato con quello dei vari studi presentati nella rassegna 86 .<br />

Anche Ananda e Herath (2003) presentano uno studio sul Canada, applicando una<br />

tecnica di analisi qualitativa (Value function approach), che permette di<br />

identificare un ranking ordinale dei fattori di interesse. Nel caso in esame,<br />

abbiamo, in modo meno analitico rispetto a prima: 1. conservazione, 2. uso<br />

estrattivo, 3. uso ricreativo.<br />

4.2. Funzione turistico-ricreativa<br />

Per la stima del valore della funzione turistico-ricreativa i metodi maggiormente<br />

utilizzati sono quello dei costi di viaggio zonale o individuale e quello della<br />

valutazione contingente 87 .<br />

Hanley e Ruffell (1993) applicano il metodo dei costi di viaggio e quello di<br />

valutazione contingente alle foreste Britanniche al fine di attribuire valori<br />

economici alle caratteristiche fisiche delle foreste pubbliche. In sostanza vengono<br />

realizzati tre esercizi di valutazione. Il primo ha utilizzato il metodo dei costi di<br />

viaggio edonico 88 sull’influenza di sei caratteristiche delle foreste (altezza media<br />

86 Bengston et al. (1999) analizzano mediante strumenti statistici 30000 online news dal 1992<br />

al 1996 sulle foreste US, col fine di ricostruire la rilevanza relativa per la società, in un sentiero<br />

dinamico, dei vari valori: moral/aesthetic, ecological, commodity, ricreative. La frequenza relativa<br />

vede, nei 4 anni, un incremento del peso del valore ricreativo, in primis, e di quello morale (di non<br />

uso o esistenza, potremmo tradurre) una riduzione del “commodity”, una costanza del valore<br />

ecologico.<br />

87 Per un approfondimento sui metodi del costi di viaggio e della valutazione contingente si<br />

vedano rispettivamente i paragrafi 2.2.1 e 2.2.3.<br />

88 Per indicazioni generali sul metodo dei costi di viaggio si rimanda al paragrafo 2.2.3; qui<br />

anticipiamo che l’analisi dei costi di viaggio edonica valuta il valore di particolari caratteristiche di<br />

un sito, concludendo con una stima del valore marginale dell’accresciuta qualità ambientale,<br />

studiando per esempio le spese extra rispetto a quelle di viaggio che le persone sono disponibili ad<br />

assorbire / accettare (are willing to absorb) per trovare certe caratteristiche. In teoria, questo è un<br />

mezzo utile per valutare decisioni legate al management del sito oggetto di indagine. Un esempio<br />

di questo tipo di lavoro si trova in Englin e Mendelsohn (anno?), che hanno applicato il metodo dei<br />

costi di viaggio edonici per analizzare la domanda per certe caratteristiche del sito (come il tipo di<br />

foresta, le facilities disponibili, la presenza di vedute / punti panoramici, ecc.) sui sentieri nell’area<br />

USFS wilderness areas dello stato di Washington. Il metodo è stato tuttavia fortemente criticato,<br />

sostanzialmente perché si ritiene che il metodo abbia la tendenza a produrre ‘segni scorretti’ ossia,<br />

107


di tutti gli alberi, diversità nell’altezza, % dell’area totale a latifoglie, diversità<br />

delle specie conifere, presenza di caratteristiche legate all’acqua e % di foresta<br />

come open space) sul surplus del consumatore ma gli autori sostengono che i<br />

risultati presentano deboli basi per derivare i prezzi impliciti (comunque il surplus<br />

per visita per famiglia è risultato pari a 5 £ 1990; quello per visita per adulto pari a<br />

2,19 £ 1990). Successivamente sono state utilizzate due applicazioni di<br />

valutazione contingente: la prima ha utilizzato coppie di fotografie al fine di<br />

mostrare alcuni estremi di alcune caratteristiche delle foreste, come la<br />

presenza/assenza di caratteristiche d’acqua, foreste miste verso foreste di sole<br />

conifere e foreste con altezze uniformi oppure diverse. La WTP incrementale per la<br />

foresta che i rispondenti ritenevano più attrattiva è risultata statisticamente<br />

differente da zero in ciascun caso.<br />

La seconda applicazione di valutazione contingente prevedeva la richiesta della<br />

disponibilità a pagare per preservare l’opportunità di visitare la foresta (in cui i<br />

rispondenti erano stati campionati) ed ha fornito un risultato di 0,93 £ 1990 per<br />

visita per famiglia. Lo studio di Bennett (1995) riguardante 2 parchi nazionali<br />

australiani (Gibraltar Range e Dorrigo) ha utilizzato il metodo dei costi di viaggio<br />

ponendo particolare enfasi e attenzione a quattro aspetti centrali nell’utilizzo del<br />

metodo stesso (l’uso di un modello di costi di viaggio individuale o zonale; il<br />

valore del tempo; la considerazione della congestione e la considerazione dei<br />

viaggi/spostamenti con finalità multiple). I risultati mostrano un valore per visita<br />

di 34 A$ 1995 per anno (valore attuale di visite future) nel caso del parco<br />

Nazionale di Dorrigo e un valore per visita di 19 A$ 1995 per anno (valore attuale<br />

per visite future) nel caso del parco Nazionale di Gibraltar Range. Everitt (1983)<br />

calcola il valore economico di una visita ricreativa alla Kauaeranga Valley (NZ)<br />

mediante il metodo dei costi di viaggio zonale. Il valore attuale annuo per una<br />

visita di gruppo (per veicolo, poiché sono stati rilevati dati mediante un contatore<br />

di traffico) è risultato pari a 4,33 NZ$ (valore conservativo minimo). Sono stati<br />

utilizzati i costi di viaggio imputati e quindi non rilevati quelli effettivi<br />

(solitamente molto maggiori di quelli imputati).<br />

Un’altra applicazione del metodo dei costi di viaggio zonale si trova nello studio<br />

di Gillispie (1997) finalizzato a stimare il valore ricreativo di un parco nazionale<br />

australiano (Minnamurra Rainforest Centre, Budderoo National Park). Lo studio<br />

ha in parte utilizzato i dati rilevati in Bennett (1995). Il valore economico (valore<br />

attuale) per visita per persona stimato risulta di 28 AUS$1995 e 44 AUS$1995 (è<br />

stato utilizzato un tassi di sconto del 7% e sono stati supposti benefici di<br />

ricreazione annui perpetui). I risultati derivano dalla stima di due modelli, uno<br />

basato soltanto sui costi di viaggio per veicolo e l’altro sui costi di viaggio per<br />

veicolo e sul costo opportunità del tempo (a questo secondo modello si riferisce il<br />

valore più elevato pari a 44 AUS$1995).<br />

valori negativi per caratteristiche che si riteneva desiderabili. Ciò implica che i risultati individuali<br />

di tali indagini non possono essere ritenuti veritieri.<br />

108


Willis e Garrod in uno studio pubblicato nel 1991, stimano - applicando il metodo<br />

dei costi di viaggio individuale e zonale 89 - il surplus del consumatore per persona<br />

per visita a sei distretti forestali (Brecon, Bechan, Cheshire, Lorne, New Forest<br />

and Ruthin) nel Regno Unito. Le stime ottenute mediante il metodo dei costi di<br />

viaggio zonale e individuale rientrano rispettivamente nei range di 1,43-2,60 £ e<br />

di 0,06-0,96 £ 90 . Lo studio mostra quindi che le stime basate sul metodo dei costi<br />

di viaggio zonale tendono ad essere più elevate rispetto a quelle basate sul metodo<br />

dei costi di viaggio individuale. Per comprendere quale delle stime fosse la più<br />

vicina all’effettivo surplus del consumatore, i risultati sono stati confrontati con<br />

quelli ottenuti dalle risposte ad un quesito di valutazione contingente incluso nel<br />

questionario utilizzato nell’indagine; le stime di valutazione contingente sono<br />

risultate sempre più basse di quelle ottenute con il metodo dei costi di viaggi<br />

zonale e sono risultate in alcuni casi più alte delle stime ottenute con il metodo dei<br />

costi di viaggio individuali. In ogni caso le stime dei costi di viaggio individuali<br />

sono sempre più vicine a quelle di valutazione contingente rispetto a quelle<br />

derivate dai costi di viaggio zonali.<br />

Scarpa et al. (2000a) presentano valori per attributi ricreativi forestali, stimati<br />

mediante CV su 8000 individui in Irlanda pari a 1-1.50 £ per visita in media, con<br />

una osservata elevata eterogeneità tra foreste in base agli attributi definiti.<br />

In uno studio sugli stessi siti (Scarpa et al., 2000b) si rilevano altri risultati<br />

sempre mediante CV: mezzo milione di £ annui è il valore ricreativo delle foreste,<br />

senza non use values (utilizzando i marginal benefit medi stimati); 19 milioni di £<br />

il valore attuale di tali benefici, scontati al 3% 91 .<br />

Bostedt e Mattsson (1995), hanno valutato due aree turistiche in cui è apparso che<br />

una parte considerevole del valore per i turisti è attribuibile alla connotazione<br />

forestale e che questo può essere accresciuto modificandone le pratiche di<br />

management. E’ stato impiegato il metodo della valutazione contingente.<br />

Rimanendo nel Regno Unito, Bennett et al (1995) applicano una CV alla Crown<br />

estate (1052 ettari), Windsor forest, UK. Si intervistano 200 “path users” (1993-<br />

1994), con una WTP stimata per benefici ricreativi pari a £1.11 per persona<br />

(entrance fee) ed invece di £ 14.24 (additional council tax, per anno) e 26.42 (one<br />

off donation to a trust). I valori sono utilizzati per un confronto con un costo di<br />

27£ per ettaro per rendere accessibile al pubblico la foresta con finalità ricreative.<br />

Un altro lavoro basato su CE è presentato da Boxall e Adamowicz (2004), i<br />

quali quantificano il Valore ricreativo di un wilderness park in Canada 92 . Il<br />

89 Per entrambi i metodi, i costi di viaggio sono stati stimati come la somma dei costi<br />

complessivi legati all’uso dell’automobile (costi del carburante più assicurazione, deprezzamento,<br />

pedaggio stradale e costi di servizio) e dei costi/valore del tempo.<br />

90 Surplus del consumatore per persona per visita in base al metodo dei costi di viaggio zonale:<br />

Brecon, 2,60; Buchan 2,26; Cheshire, 1,91; Lorne, 1,44 ; New Forest, 1,43; Ruthin, 2,52. Surplus<br />

del consumatore per persona per visita in base al metodo dei costi di viaggio zonale: Brecon, 0,60;<br />

Buchan 0,20; Cheshire, 0,06; Lorne, 0,96 ; New Forest, 0,12; Ruthin, 0,88.<br />

91 Da nostri calcoli l’area di interesse dovrebbe essere di circa 6-7000 ettari.<br />

92 Attributi: congestion, development of site, type of wilderness area, fee.<br />

109


modello di Latent class approach rileva un range di 3-21 $ per visita, ma, notiamo,<br />

come perdita di benessere da scenari di “wilderness decrease”.<br />

Rekol & Pouta (2005) elicitano mediante CV (comparando DC e open ended, la<br />

quale però “fallisce”, confermando la difficoltà di rilevare preferenze monetarie su<br />

temi complessi e multi- valoriali) la WTP su 300 “utenti locali”, in un sito<br />

finlandese. Il fine è rilevare la WTP “for risk preferences /Risk aversion measure<br />

for ricreative value” (nello specifico, l’oggetto di analisi sono scenari alternativi di<br />

“certain and uncertain effects of a policy regulating cutting in private managed<br />

forests”), un obiettivo non usuale nelle analisi di stated preference, ma che si<br />

presta ad indagini sperimentali. Si usano 2 campioni: si riscontra una WTP più alta<br />

per lo scenario incerto: 9,25 € vs 13,29 €, che sono non overlapping, ma non<br />

dissimili secondo i test. Si conferma quindi l’importanza di andare oltre l’analisi<br />

delle medie / mediane e verificare la rilevanza delle deviazioni dalla media. Si<br />

registra inoltre soprattutto l’importanza di valori quali: hiking, raccolta di funghi,<br />

crescita della foresta.<br />

Loomis (2004) presenta stime specifiche per il valore ricreativo delle attività di<br />

hiking. Con uno studio di CV su Colorado e Montana si stima un range di WTP per<br />

visita di 12-55 $.<br />

Anche la letteratura italiana ha numerosi studi riguardanti la valutazione della<br />

funzione turistico-ricreativa dei boschi. Il lavoro di Tempesta e Thiene (2000)<br />

utilizza gli approcci del costo di viaggio zonale e individuale e della valutazione<br />

contingente. Le stime ottenute tramite il metodo dei costi di viaggi zonale<br />

mostrano un surplus per gita pari a 1.919 lire per i visitatori del fondovalle e a<br />

2.116 lire per gli escursionisti; mediante il metodo dei costi di viaggio individuale<br />

l’analogo surplus stimato è rispettivamente pari a 3.050 lire e a 4.431 lire. Le<br />

stime basate sulla valutazione contingente sono risultate pari a 4.212 lire per i<br />

visitatori del fondovalle e 5.021 lire per gli escursionisti 93 .<br />

Tempesta e Thiene esaminano il valore ricreativo di una zona forestale dell’area<br />

ampezzana, mediante tecnica dei travel costs e di CV (DC più open ended). La<br />

stima dei costi di viaggio è pari a 1-15 €, mentre la stima da CV (scenario e mezzo<br />

di pagamento: “entrance fee aimed to reduce visitors”. La media è pari a 13135<br />

lire per visita, la mediana 12586, lo schema Open ended rileva invece un valore di<br />

8300. Sommando i valori stimati mediante le due tecniche gli autori ottengono<br />

350 € per ettaro come totale valore ricreativo. Si nota il basso valore del metodo<br />

dei costi di viaggio, imputabile forse ad una presenza di turisti locali, e soprattutto<br />

lo scenario specificato, che stima in realtà il valore di minore congestione (ma non<br />

definita). Il VET ottenuto ricreativo è quindi opinabile come obiettivo dello studio,<br />

esaminando il modo in cui lo stimano gli autori in questo studio.<br />

93<br />

Se si escludono gli atteggiamenti di protesta le stime risultano rispettivamente pari a 5.872<br />

lire e 6.025 lire.<br />

110


Lo studio di Tempesta et al. (2002) propone una rassegna dei benefici ricreativi<br />

per gita e per ha ottenuti grazie alle indagini svolte nel Veneto e nel Friuli<br />

Venezia Giulia nella seconda metà degli anni Novanta. Escludendo le località di<br />

interesse ecoturistico diverse da quelle prevalentemente forestali (come le Cascate<br />

di Molina, la Foce dell’Isonzo, il Lago di Cornino, le Grotte di Villanova), i<br />

benefici ricreativi per gita oscillano fra 3,6 € e 5,4 € cui corrispondono benefici<br />

per ha compresi fra 48,3 €/ha e 357,2 €/ha.<br />

Lo studio di Severino et al. (2002) utilizza il metodo della valutazione contingente<br />

e perviene a stime piuttosto elevate: 345 milioni di Lire in media ad ettaro pari a<br />

circa 23.000 lire ad ettaro di bosco per fruitore.<br />

Valori commensurabili sono stimai da Notaro, Paletti, Raffaelli (2005), che<br />

applicano il metodo di valutazione CV e il metodo del substitution value alla<br />

foresta di Lavazè in Trentino (Val di Fiemme e Val d’Ega), un’area totale di 99.1<br />

ettari. La valutazione riguarda quattro funzioni forestali principali: productive,<br />

protective, recreational e carbon fixing. La WTP media dello studio di CV su 724<br />

visitatori è: 2.64 € per individuo (322-500 € per ettaro in base a stime delle visite).<br />

Un caso di studio relativo alla Spagna è presentato da Caparros et al. (2003) si<br />

focalizzano su uno schema di valutazione per usi multipli: “Timber, cattle<br />

grazing, hunting, recreation, carbon fixation and conservation values”. Adottano<br />

una CV (DC) effettuata su 971 utenti di un boschi di pini, in Spagna, di 1966 ettari.<br />

La WTP media e mediana per visita è pari a 14 € , mentre quella per la<br />

conservazione è 14 la mediana e 24 la media, per anno/individuo. I valori sono poi<br />

utilizzati per fornire un quadro del valore totale della foresta in termini hicksiani<br />

(Capital and total income). Il valore incluso nella contabilità è la mediana<br />

moltiplicata per il 50% dei visitatori, dato che solo la metà accetta di pagare la<br />

WTP mediana. I risultati indicano che “timber” e “recreation”, tra loro<br />

potenzialmente in conflitto, sono di gran lunga gli elementi valoriali più rilevanti<br />

nella foresta.<br />

I valori per ettaro presentati sono di 150 € e 30 € per funzione ricreativa e<br />

conservazione (tab. 3, p.192), ed inoltre 165 estrazione legno, 6 carbon fixing, 3<br />

attività venatoria.<br />

I valori ricreativi possono esser stimati anche ricorrendo a osservazione dei costi<br />

opportunità, quindi utilizzando informazioni si prezzo e valore tipicamente di<br />

mercato. Si nota che valori basati sui CO non sono commensurabili con quelli<br />

derivanti da analisi di TC e CV/CE, che utilizzano una accezione teorica di valore<br />

specificamente utilitarista/hicksiana. Tendenzialmente il CO dovrebbe essere un<br />

benchmark conservativo di valore di un sito. Comunque, è una voce di costo che<br />

può essere riportata ad un valore potenziale di beneficio “minimo”, ma che<br />

dovrebbe essere utilizzata come elemento di costo all’interno di una analisi CB<br />

(come alcuni studi qui presentati mostrano), con i relativi benefici quantificati<br />

mediante le diverse tecniche a disposizione per valori di mercato ed extra<br />

111


mercato. I costi opportunità sono le rendite (nette) da confrontare con le rendite<br />

(nette) di opzioni alternative. Un errore frequente è confrontare rendite lorde di<br />

beneficio, e non al netto dei costi di implementazione dei progetti.<br />

Holgen et al. (2000) presentano uno studio sulla Svezia, con il fine di stimare un<br />

valore ricreativo in base a stand type e landscape. La stima è effettuata utilizzando<br />

valori di mercato (costi opportunità, in termini specifici gli “Adpatation cost<br />

towards green scenario”, calcolati in una perdita di 10% dei profitti). Il valore, per<br />

una area non definita in dettaglio, è di 1000-6000 sek (valore totale annuo),con<br />

una popolazione di interesse di 180000 residenti. Un esame di una gestione più<br />

sostenibile basato sui CO è presentato anche da Holgen e Lind (1995).<br />

Dopo aver esaminato lavori che si basano su tecniche di TC e CV, presentiamo ora<br />

una breve survey dei contributi di choice modelling con rilevanza per<br />

caratteristiche forestali.<br />

Christie, Hanley, Hyde (2006) presentano un interessante analisi di CE (1568<br />

interviste a utenti nel sito) basata su una disaggregazione della foresta (UK) in<br />

diversi attributi, ma col fine primario di esaminare l’eterogeneità delle preferenze<br />

per differanti utenti (a cavallo, bici, nature watchers). Il valore incrementale per i<br />

miglioramenti negli attributi primari varia da 8-23 £, ed è molto eterogeneo. La<br />

WTP media è infatti 10 £. Gli autori notano come questi valori siano più elevati di<br />

altri riscontrati in letteratura, di studi CVM e TC. Questo è in parte controintuitivo<br />

in quanto sia teoricamente sia nella evidenza empirica anche qui presentata le<br />

stime degli esperimenti CE dovrebbero essere maggiormente conservative, sia per<br />

effetti intrinseci dell’indagine multi attributo e per la minore enfasi posta sulla<br />

WTP.<br />

I lavori citati nell’articolo indicano un range, comunque ampio, di 0.046-1.55 £<br />

per visita, con valori più elevati riportati da Scarpa et al (2003): 1.6-2.78 £. stime<br />

derivanti da TC sono invece in un range da 0.07-3.91 £ (presumibilmente per<br />

utenti residenti nel luogo).<br />

4.3. Prodotti non legnosi del sottobosco, altri prodotti/servizi (pascolo,<br />

caccia, fauna selvatica) e servizi eco-sistemici<br />

Pochi lavori in letteratura hanno tentato di stimare esclusivamente il valore<br />

complessivo dei prodotti ‘non-timber’ (funghi, tartufi, mirtilli e altre bacche del<br />

sottobosco).<br />

Starbuck et al (2004) è uno dei rari contributi che si focalizzano sul valore dei non<br />

timber products. Utilizzano la metodologia travel cost, ricavano una misura di<br />

112


surplus media di 36 $ per visita (2003 $) per il complesso dei prodotti del bosco<br />

(Funghi elemento di valore principale 94 ).<br />

Raunikar (2006) presenta un interessante valore di 150 $ per anno/per ettaro, per i<br />

non timber products. La stima è effettuata in base alla osservazione del<br />

comportamento degli agenti economici non industriali, i quali incorrono costi<br />

opportunità per mantenere aree dedicata a tali prodotti invece che dedicarla a<br />

estrazione di legname. La stima è quindi una sorta di “valore privato” del nontimber<br />

value. Citando: “The type of silviculture, or lack thereof, adopted by forest<br />

owners reveals how much they value forest amenities. We estimated this nontimber<br />

value by the income that owners are willing to forego to maintain natural<br />

stands, instead of converting them to more profitable plantations”.<br />

Il lavoro di Gios e Goio (2003), basando la valutazione sul Trentino Alto Adige e<br />

sul Friuli Venezia Giulia, presenta una stima compresa fra 17,2 € e 14,4 € per ha<br />

per anno. Gli stessi autori, nello studio del 2005, propongono i valori relativi al<br />

comune di Oulx e per le foreste friulane pari rispettivamente a 33,48 €/ha/anno e<br />

27,9 €/ha/anno. Oltre a questi, nello studio di Paletto (2002), da cui vengono<br />

derivati i valori nel caso di studio di Oulx, vi è un tentativo di stima del valore<br />

della fauna selvatica e del pascolo (rispettivamente pari a 1,45 €/ha e 2,70 €/ha). Il<br />

lavoro di Merlo e Croitoru (2005) stima per i prodotti non legnosi un valore pari a<br />

23 €/ha, per il pascolo 7 €/ha e per la caccia 8 €/ha.<br />

Per gli altri servizi, prevalentemente venatori (legati strettamente, notiamo, al<br />

valore ricreativo), Boxall & Adamowicz (1996) stimano, per un sito canadese, la<br />

WTP associata a recreational hunting forestale, sia con CV sia con CE (“hunting<br />

features”, sia di uso (fauna: improvement of the population) sia di non uso, più<br />

legate ai valori dello stock di foresta). La WTP risulta 69 $ per visita dalla CV e, si<br />

noti, di “soli” 3.46 $ per visita dall’esperimento CE, mostrando un potenziale<br />

effetto di sovrastima della CV in quanto tale, indipendentemente dal metodo di<br />

elicitazione, rispetto a meccanismi di elicitazione CE/CM. Si noti che il valore delle<br />

licenze venatorie sarebbe possibile rilevarlo anche tramite i prezzi delle licenze<br />

(aste), o con il metodo dei costi di viaggio. Lo schema CE permette però di<br />

contestualizzare questo elemento, come altri, nello spettro multivaloriale della<br />

foresta.<br />

Nunez (2006) invece presenta, con un caso di studio sul Cile, uno dei rari studi in<br />

letteratura sul valore della funzione di "Water supply by temperate forest” (che la<br />

survey di Krieger, 2001, non copre, mettendo non disponibile per foreste<br />

temperate, 2 $ per acro per le tropicali e 0.8 $ per “all forests”). Il valore è stimato<br />

mediante Productivity function approach.<br />

94 Te Velde et al. (2006) rimarcano l’importanza di porre la value chain come obiettivo delle<br />

politiche di forest management. Il fine è quello di incrementare il valore aggiunto inerente la<br />

raccolta e commercializzazione dei non timber forest products. Valutazione dei benefici extra<br />

mercato, cattura del valore e creazione di mercati, anche riducendo le distanze tra offerta e<br />

domanda, sono elementi interconessi della “catena del valore” per tali prodotti.<br />

113


I valori sono stimati per m3: 0,025-0.066 $; Per famiglia: 5.8-15.4 $; Per ettaro<br />

162-61 $, si osservano valori più elevati, come da attese, in estate.<br />

Notaro, Paletti, Raffaelli (2005) applicano il metodo di valutazione CV e il<br />

metodo del substitution value alla foresta di Lavazè in Trentino (Val di Fiemme e<br />

Val d’Ega), un’area totale di 99.1 ettari. La valutazione riguarda quattro funzioni<br />

forestali principali: productive, protective, recreational e carbon fixing. La<br />

quantificazione fa emergere il ruolo preminente delle funzioni extra mercato,<br />

informazione centrale per le politiche di integrated forest management. La CV è<br />

utilizzata per landscape-recreation; il valore di sostituzione/compensazione (OC) 95<br />

per la funzione protettiva.<br />

La WTP media dello studio di CV su 724 visitatori è: 2.64 € per individuo (322-500<br />

€ per ettaro in base a stime delle visite), mentre il valore della funzione di<br />

protezione idro-geologica del suolo forestale è pari a 73-199 € per ettaro (in<br />

relazione a diversi tassi di sconto usati).<br />

Notaro e Paletto (2004) sottolineano che la funzione di protezione idro-geologica<br />

offerta dal suolo forestale è preminente nel valore delle foreste 96 , in linea con<br />

Croitoru (2006), che offre un valore medio, derivante da survey della letteratura,<br />

di “Watershed protection” pari a 45-150 € per ettaro. La survey degli autori su<br />

foreste solamente italiane è invece più eterogenea, con valori, emergenti da analisi<br />

di CO e CV, da 81 a 3377 € per anno per ettaro (2003 €). Il loro studio, sulle foreste<br />

del trentino (345000 ettari di woodland, ma solo 150000 di foreste con funzioni<br />

protettive del ciclo 97 ) presenta poi un valore che si situa nel lower bound di questo<br />

ultimo range, ma superiore a quello di Croitoru per le foreste mediterranee: 184 €<br />

per ettaro.<br />

95<br />

Citando gli autori: “The economic value of the main functions of Lavazè forest was<br />

estimated using the methodology of added functionality. The first stage was to identify the<br />

functions to be evaluated, on the basis of data available: timber production, landscape-recreation,<br />

carbon fixing, hydro-geological protection. The second stage was to determine the best<br />

methodology for valuating each of these functions”.<br />

96<br />

Citando dal contributo: “The protective function of forests has a number of aspects, on the<br />

one hand relating to the protection of human beings and communities against natural hazards such<br />

as avalanches, falling rocks, flooding and surface landfalls (direct protection), and on the other<br />

protecting the land against erosion, stabilising the soil and regulating the flow of rivers, and<br />

bringing about climatic effects and an impact on the quality of the air we breathe (indirect<br />

protection)” (…) “Protection functions of forests is recognised, especially for mountain forests,<br />

and its value represents the most part of the Total Economic Value, only few studies attempt to<br />

estimate the economic value of the protection function for Alpine forests”.<br />

97<br />

“Substitution Value of forests that protect against landslides and avalanches and safeguard<br />

water resources”<br />

114


4.4. Effetti delle foreste sul valore degli immobili<br />

(“amenity value” delle foreste urbane)<br />

Vi sono diversi metodi disponibili in letteratura in grado di stimare l’effetto<br />

indiretto esercitato dalla presenza del bosco sul paesaggio che si traduce ad<br />

esempio in un aumento di valore degli immobili in prossimità delle aree forestali.<br />

Fra questi quello edonimetrico/edonico è il più frequentemente utilizzato. Tali<br />

metodi sono stati finora prevalentemente applicati nei casi di aree verdi/alberate<br />

urbane e per le foreste urbane 98 mentre sono stati meno utilizzati per le aree<br />

forestali estese lontane dai centri abitati. Numerose applicazioni si riferiscono a<br />

paesi del Nord-Europa (Finlandia, Svezia, Danimarca) o al contesto statunitense.<br />

Diversi studi sono stati realizzati da Tyrvainen (1997), Tyrvainen e Vaananen<br />

(1998), Tyrvainen and Miettinen (2000). Nello studio del 1997 è stato applicato il<br />

metodo del prezzo edonico considerando le informazioni relative a 1.006 vendite<br />

di appartamenti a Joensuu, una cittadina finlandese di 48.000 abitanti; i risultati<br />

mostrano che un aumento della distanza rispetto all’area ricreativa afforestata<br />

diminuisce il prezzo dell’appartamento di 42 FIM (FIM = 0.17 Ecu) al metro<br />

quadrato (un aumento della distanza di 100 metri da un corso d’acqua, in area<br />

afforestata, diminuisce invece il prezzo dell’appartamento di 154 FIM per metro<br />

quadrato). In Tyrvainen e Vaananen (1998) è stato applicato il metodo della<br />

valutazione contingente (con carta di pagamento) per misurare i valori d’uso delle<br />

aree ricreative afforestate (risultati in 108-141 FIM per stagione) e per stimare la<br />

disponibilità a pagare per parchi afforestati ipotizzando nello scenario una<br />

conversione di aree urbane afforestate in aree edificabili. Questa parte del lavoro<br />

ha stimato una WTP media per prevenire la conversione di aree afforestate in aree<br />

edificabili in un range da 11.240 FIM/ha/anno a 37.360 FIM/ha/anno. Il terzo lavoro<br />

(Tyrvainen and Miettinen, 2000), su Salo in Finlandia, ha mostrato che le<br />

abitazioni con vista sulla foresta urbana costano il 44,9% in più delle abitazioni<br />

equivalenti senza vista mentre il valore delle proprietà decresce del 5,9%<br />

allontanandosi di un km dalla foresta. Sempre in ambito finlandese si segnala lo<br />

studio di Tahvanainen et al. (2001) in cui sono state analizzati gli effetti di<br />

differenti misure di management forestale e del paesaggio sulla bellezza scenica e<br />

sul valore ricreativo medianti due strumenti di valutazione verbale e visuale<br />

finalizzati a comparare le percezioni visuali con i preconcetti. I risultati indicano<br />

che in generale i preconcetti riguardanti differenti misure silvicolturali non<br />

98 Le foreste urbane, come definite dallo (Svedish) National Board of Forestry, costituiscono<br />

terreni afforestati primariamente utilizzati per attività ricreative situate in relativa prossimità di<br />

aree urbane o di altre facilities di tipo ricreativo (Urban forests are defined […] as forest land<br />

primarily used for recreation in the relative proximity of urban areas or other recreational<br />

facilities). Uno studio svedese (Hornsten e Fredman, 2000) basato su interviste a 1000 persone<br />

estratte casualmente ha mostrato come più del 40% della popolazione svedese preferirebbe una<br />

distanza inferiore della foresta dal luogo di residenza (rispetto a quella attuale) e sostiene che le<br />

aree residenziali dovrebbero essere pianificate in modo tale che la maggior parte degli individui<br />

abbia la foresta ricreativa più vicina raggiungibile a piedi (< 1 km)<br />

115


corrispondono alle percezioni visuali; ciò suggerisce che le persone, senza alcuna<br />

illustrazione, possono avere differenti immagini mentali sulle azioni di<br />

management proposte. Tale risultato supporterebbe quindi l’uso di metodi di<br />

presentazione visuale non solo in studi futuri di analisi delle preferenze, ma anche<br />

in fase di panificazione in cui l’obiettivo è quello di contribuire alla definizione<br />

del management forestale e del paesaggio.<br />

Lo studio di Powe et al. (1997) mostra come una piantagione di 1 ha (caso New<br />

Forest, England) entro 100 metri dalla foresta aumenta il valore dell’abitazione di<br />

£ UK 540.<br />

Lo studio di Praestholm et al. (2002) analizza l’attrattività e i valori delle aree<br />

afforestate in due studi danesi indipendenti. Nel primo sono state condotte<br />

indagini qualitative e quantitative in due comuni che hanno mostrato che le foreste<br />

migliorano la qualità della vita dei rispondenti e che la vicinanza al luogo di<br />

residenza fa sì che vi sia una maggior frequenza di visita. La vicinanza alle foreste<br />

viene indicata come la prima ragione di scelta della casa abitata dal 17% dei<br />

rispondenti. Il secondo studio utilizza il metodo del prezzo edonico per elicitare le<br />

preferenze/valutazione per le aree residenziali afforestate (o prossime alle foreste)<br />

in Danimarca (sono stati utilizzati i dati sulle abitazioni – i quali hanno nel paese<br />

considerato una disponibilità eccellente – per il villaggio di Frejlev vicino ad una<br />

foresta recentemente piantata, Drastrup, a sud ovest di Aalborg nello Jutland<br />

settentrionale e per quattro aree già esistenti localizzate sia nello Jutland sia nello<br />

Zealand). I risultati ottenuti per le 395 abitazioni vicine alla foresta Drastrup<br />

mostrano benefici pari a 17.500 € per ha di terreno afforestato (i costi risultano<br />

invece pari a 8.900 € per ha); è stato incluso anche il reddito perduto da eventuale<br />

uso alternativo agricolo.<br />

Windle and Cramb (1993) hanno applicato il metodo della valutazione<br />

contingente per stimare il valore dell’urban amenity (per la preservazione, il<br />

miglioramento e il mantenimento) dovuto alle aree verdi nella White Hill/Pine<br />

Mountain reserve (Camp Hill, Brisbane, Australia). La media della WTP delle<br />

famiglie residenti locali massima è risultata pari a 31,83 A$1991 (pagamento<br />

annuale per i successivi 10 anni). In modo efficace il lavoro mostra una forte<br />

evidenza di starting point bias: la WTP media risulta infatti 20,02 A$1991 se lo<br />

starting point è A$10 e 43,93 A$1991 se lo starting point è A$40. Secondo gli<br />

autori tali risultati suggeriscono che i rispondenti non riescono a determinare una<br />

loro vera valutazione e utilizzano i valori proposti come se li considerassero di per<br />

sé un’offerta corretta o accettabile.<br />

Un lavoro molto interessante è quello di Thorsnes (2002) per due giurisdizioni in<br />

via di sviluppo/costruzione in un area metropolitana del Michigan, USA. Esso<br />

stima il valore che il mercato delle abitazioni residenziali attribuisce alla<br />

prossimità ad aree afforestate e permanentemente preservate utilizzando il metodo<br />

del prezzo edonico e le informazioni sulla vendita dei terreni edificabili (anziché<br />

116


delle abitazioni). I risultati indicano che i terreni 99 edificabili contigui alle aree<br />

preservate vengono venduti con un plus che oscilla fra 5.800 $ e 8.400 $ (pari al<br />

19% e 35% del prezzo del terreno). Le stime ottenute dalle osservazioni sulle<br />

successive vendite di abitazioni (anziché dei terreni ad uso edificabile) mostrano<br />

stime decisamente superiori e meno precise il che suggerirebbe che le<br />

caratteristiche omesse delle abitazioni potrebbero avere un effetto distorsivo sulle<br />

stime dell’amenity value.<br />

I lavori di McPherson et al. (1999) e McPherson e Simpson (2002), presentano un<br />

confronto fra il valore degli alberi (in viali e in parchi) in due città californiane,<br />

Modesto e Santa Monica. I rapporti benefici-costi sono risultati rispettivamente<br />

pari a 1.85:1 e 1.52:1 per Modesto e Santa Monica. Per ogni dollaro investito in<br />

management, quindi, i residenti ricevono 1,85 e 1,52 dollari in benefici annuali 100 .<br />

L’estetica e gli altri benefici contano dal 50% all’80% dei benefici annuali<br />

totali 101 , mentre le spese per le potature contano per circa il 50% dei costi annuali<br />

totali. Sebbene questi risultati siano piuttosto simili, i benefici e i costi risultano<br />

distribuiti abbastanza differentemente in ciascuna città confermando quindi<br />

l’importanza del contesto e le caratteristiche del bene oggetto di valutazione. Le<br />

differenze nelle dimensioni degli alberi e nei tassi di crescita, le caratteristiche del<br />

fogliame, i prezzi, i valori delle proprietà residenziali e gli aspetti climatici sono i<br />

fattori che per lo più caratterizzano le differenze nei benefici e nei costi calcolati<br />

per albero 102 . In un lavoro più recente McPherson et al. (2005) stimano i benefici<br />

per altre 5 città statunitensi (Fort Collins, Colorado; Cheyenne, Wyoming;<br />

Bismarck, North Dakota; Berkeley, California; and Glendale, Arizona)<br />

evidenziando che a fronte di una spesa annua di 13-65 $ per albero, i benefici<br />

risultano fra 31 $ e 89 $ per albero. Per ogni dollaro investito nel management, i<br />

benefici annui rientrano in un range di 1,37-3,09 $.<br />

Kim e Johnson (2002) analizzano i benefici associati alla vista di una foresta<br />

(McDonald-Dunn Forest in Oregon, USA) dalle proprietà residenziali e quelli<br />

associati alle possibilità ricreative per chi vive nelle vicinanze fornendo utili<br />

99 Lots range in size from about one third to five-thirds acre, and sale prices range from 14,000<br />

$ to almost 50,000 $;houses range in size from 1,200 square feet to almost 3,000 square feet, and<br />

sale prices range from 83,000 $ to 333,000 $. One acre is equal to 43.56 thousand square feet.<br />

100 I benefici sono stati considerati come la somma di price of annual net energy savings<br />

(cooling and heating), price of annual air-quality improvement (pollution uptake and avoided<br />

power plant emissions, price of annual carbon dioxide reductions, price of annual stormwater<br />

runoff reductions, price of aesthetics and other benefits).<br />

101 E’ stato considerato un aumento dei valori delle proprietà dovuto agli alberi di un ampio<br />

viale alberato o di un parco, pari a 1,93 $ e 1,02 $ per m 2 di fogliame aggiunto.<br />

102 I benefici totali sono stati considerati in questo lavoro come pari a E+AQ+CO2+H+O in cui<br />

E rappresenta il valore i risparmi netti annuali di energia (cooling and heating), AQ il valore del<br />

miglioramento nella qualità dell’aria annuale (pollution uptake, avoided power plant emissions,<br />

BVOC emissions in Santa Monica), CO2 il valore della riduzione annuale di anidride carbonica, H<br />

il valore della riduzione annuale di stormwater runoff, O il valore del beneficio estetico e di altri<br />

benefici. Nel lavoro c’è un dettaglio per albero di tutti questi valori; il beneficio estetico/altro<br />

risulta pari a 26,11 $/albero e 64,82 $/albero rispettivamente a Modesto e Santa Monica ma non<br />

viene precisata la metodologia utilizzata per giungere a questi valori<br />

117


informazioni per comprendere quanto la foresta e il cambiamento nelle pratiche di<br />

management della foresta influenzino i valori delle proprietà. La stima di un<br />

modello edonico mostra come le proprietà in cui sarebbe a vista un esteso taglio<br />

della foresta (ne era già stato fatto uno nel 1995) perderebbero un valore pari a<br />

16.381 $ 1995 pari a circa 724 $ per anno ad un tasso di interesse annuale del 4%<br />

su 60 anni. Questo mostra che gli abitanti avrebbero un forte incentivo monetario<br />

a compensare i manager forestali al fine di non effettuare tagli. In uno studio<br />

precedente (Johnson et al., 1994) poco meno della metà degli abitanti proprietari<br />

adiacenti alla medesima foresta indicarono di essere disposti a pagare 380 $ 1995<br />

per anno per evitare i tagli. L’impatto negativo percepito dagli abitanti risulta<br />

quindi maggiore della disponibilità a pagare espresse dai proprietari.<br />

Nel lavoro di Kim e Wells (2005) si esaminano i valori delle case a Flagstaff in<br />

Arizona in cui le costruzioni residenziali nel widland-urban interface crescono<br />

continuamente poiché i valori dei terreni sono maggiori degli usi tradizionali<br />

(agricoltura, forestazione, fattorie) e vi è un segmento in crescita di proprietari che<br />

vengono attratti dai benefici intangibili legati alla bellezza, serenità e libertà<br />

offerta dalla natura circostante. L’attrazione è inoltre dovuta al fatto che il rischio<br />

percepito di un incendio sia più basso del rischio della criminalità delle aree<br />

urbane. Si ritiene che la riduzione della densità forestale possa non solo ridurre il<br />

rischio di incendi ma anche accrescere il valore di amenità e conseguentemente i<br />

valori delle proprietà residenziali (190 $ per 1000m 2 per abitazione).<br />

Mansfield et al. (2005) adottano un modello di prezzi edonici, cross section (dati<br />

1997), per valutare l'impatto sul valore delle abitazioni di diverse tipologie di<br />

verde urbano. Punto originale dello studio è la valutazione di variabili interattive<br />

tra distanza dal verde e tipologia di verde urbano, classificato in base ad indicatori<br />

di intensità di verde. Citando gli autori, i risultati mostrano che: “while increasing<br />

forest cover on the parcel by 10% adds less than $ 800, among the greenness<br />

variables, adjacency to a private forest block has the most substantial impact on<br />

housing price, increasing price by more than $ 8.000 (Prezzo medio immobili<br />

137.630 $) 103 .<br />

Vediamo ora la rilevanza del rischio di incendio boschivo, per la quantificazione<br />

del valore. Questo elemento, per varie ragioni, sottrae valore al VET di un bosco<br />

calcolato su tutte le altre funzioni e servizi/prodotti.<br />

Loomis (2004) esamina mediante un modello edonico la riduzione di valore<br />

immobiliare seguente ad un incendio boschivo. Il modello è basato su dati cross<br />

sezionali e temporali, che permettono di analizzare il break strutturale delle serie<br />

dei prezzi prima e dopo l’evento. Il decremento di prezzo post-incendio è, in<br />

103 Hunt et al. (2005) si focalizzano sui siti forestali remoti in Ontario, calcolando effetti delle<br />

caratteristiche “negative e positive” sul prezzo pagato per il sito, mediante un approccio di hedonic<br />

modelling. Le finalità sono di demand management. La stima è effettuata con una regressione<br />

delle caratteristiche dei siti sul prezzo di entrata nel sito (dati osservati per fishing licences di una<br />

settimana).<br />

118


media, pari al 5% del valore. Si nota come la vicinanza ad una foresta presenta<br />

elementi che impattano positivamente sul valore immobiliare, ed elementi che<br />

impattano in modo negativo. Il rischio di incendi è tra questi, ma non è il solo.<br />

Loomis et al. (2005) stimano la WTP media per programmi di riduzione del rischio<br />

di incendio, su 3 stati degli USA. L’esperimento di CV, effettuato su 300-400<br />

individui in ogni stato, con un metodo di elicitazione a “scala di offerte”, è<br />

associato ad un test sul trasferimento del beneficio tra stati. La WTP stimata risulta<br />

essere di 208-417 $/per anno/per famiglia 104 . Il test di trasferimento presenta<br />

risultati ambigui: seppure le stime siano statisticamente non dissimili tra i 3 stati,<br />

lo specifico test di benefit transfer (si veda la parte dedicata al metodo) non è a<br />

supporto di una commensurabilità tra le WTP stimate.<br />

4.5. Valori di non uso: conservazione, biodiversità ed opzione<br />

La stima dei valori di non uso (passive values) è spesso oggetto delle analisi<br />

orientata alla stima del VET, le quali sono state precedentemente esaminate. In<br />

questa sezione presentiamo lavori che specificamente esaminato o (i) valori di non<br />

uso, quali la conservazione del patrimonio forestale, o (ii) elementi di trade off<br />

valoriale tra elementi di uso e non uso. Si presentano alcuni studi che hanno come<br />

oggetto di analisi la (complessa) elicitazione/quantificazione del valore della<br />

biodiversità, che, notiamo, presenta sia una componente di non uso, legata alla<br />

conservazione, sia un uso diretto legato potenzialmente a prezzi “di mercato” 105 . In<br />

effetti è possibile affermare che la biodiversità forestale, come peraltro altri<br />

elementi dello spettro di valore, è un bene pubblico impuro, con fattori di<br />

beneficio privato (con rendite catturabili ed appropriabili) e di benefico puramente<br />

pubblico.<br />

104 Si nota come alcuni studi di CV elicitino la WTP individuale, altri per famiglia, in relazione<br />

al contesto, al mezzo di pagamento e alla policy di riferimento.<br />

105 Failing e Gregory (2003) identificano una serie di errori metodologici inerenti la<br />

costruzione di indicatori di biodiversità ai fini di scelte di management. Le deficienze primarie di<br />

tali indicatori riguardano la non integrazione delle basi valoriali, che limita “the interface between<br />

science, public values and decision making”.<br />

Chopra e Kumar (2004) si focalizzano su biodiversità ed estrazione di legname, e sulla<br />

interazione, in generale, tra fattori di mercato ed extra mercato. Esaminano la rilevanza della<br />

biodiversità attraverso un modello empirico (adattato dalla funzione Gordon-Schaefer), stimato<br />

con dati indiani sull’estrazione 1975-2000, nel quale l’estrazione del legame dipende dallo stock,<br />

dai costi unitari di produzione, da un indice di biodiversità e da una variabile che descrive le<br />

caratteristiche ecologiche della foresta. L’esame empirci mostra come il potere esplicito del<br />

modello dipenda dalla inclusione delle variabili ecologiche e di biodiversità.<br />

119


Di conseguenza la tema della biodiversità, si farà riferimento anche a (pochi) studi<br />

che si focalizzano sul tema della elicitazione dei valori di opzione e quasiopzione.<br />

Per una survey su valori di opzione ed esistenza in foreste tropicali e temperate si<br />

veda la tab.14 in Pearce e Pearce (2001). I pochi studi su foreste non tropicali,<br />

essenzialmente negli Stati Uniti, conducano ad un range di WTP da 38 $ a 240 $<br />

per famiglia/anno (valori da attualizzare, essendo si studi di fine anni ottanta e<br />

primi novanta).<br />

Analizzando nel dettaglio la recente letteratura, invece, il recente studio di Veisten<br />

e Navrud (2006) presenta elementi di valore aggiunto sia metodologici sia di<br />

stima del valore di scenari di conservazione. Essi utilizzano un caso di studio<br />

norvegese, nello specifico uno scenario ipotetico di politica di conservazione<br />

finanziata dal WWF trust, che “blocca” per 100 anni l'attività di sviluppo ed<br />

estrazione su un territorio forestale (25 aree forestali specificate, area di<br />

Oslomarka), per elicitare la WTP e confrontare la WTP di due gruppi sottoposti a<br />

“trattamento” diverso. Il fine è verificare quanto la WTP ipotetica, rilevata sia con<br />

formato open ended sia DC, si differenzi dal pagamento effettivo, rilevato con una<br />

effettiva donazione richiesta in un caso ad una settimana di distanza<br />

dall’intervista, nell’altro contestualmente. L’ipotesi è che nel secondo caso<br />

l’effetto incentivo sia maggiore. In sintesi, lo studio verifica l’esistenza del noto<br />

bias da scenario ipotetico. I risultati mostrano come il meccanismo truth-telling<br />

sia efficace per quanto riguarda il formato di DC, ma non quello di open ended,<br />

che evidenzia il bias per entrambi i gruppi esaminati. Quantitativamente, le WTP<br />

per la conservazione delle aree forestali sono, per il formato OE, da 24-27 €<br />

(media, con mediana, notiamo, 0: questo è un elemento frequente da tenere in<br />

considerazione per le valutazioni sia di policy sia di management della domanda e<br />

del bene pubblico locale). Per confronto, le stime di pagamento effettivo sono di<br />

2-2.2 €. Riguardo alla CV con DC, invece, la WTP stimata mediana è 9-22 € mentre<br />

il pagamento effettivo 2.9-3.8 €. Si riduce, in questo caso (DC), come detto,<br />

l’effetto di yea saying tipico del formato dicotomico, solo se contestualmente si<br />

associa un effettivo pagamento monetario.<br />

Su linee simili ma con accezione diversa (ricordiamo che ogni studio di<br />

valutazione, pur all’interno di una certa commensurabilità, presenta stime di<br />

valore per gli specifici elementi sui quali l’indagine è definita), Pouta (2005), in<br />

un caso di studio di CV sulla Finlandia esamina il valore di una politica di<br />

estrazione del legname “sostenibile” (policy finanziata e supportata dal governo).<br />

Si analizza anche la sensibilità delle stime allo scope (scope sensitivity, diversa<br />

dalla scale sensitivity esaminata per testare embedding effects), mediante la<br />

presentazione di diversi scenari di policy, definite su attributi differenti. Le WTP<br />

sono pari a 241-388 FIM (0,17 €), per il totale del campione (sensitive to scope) e<br />

1700 FIM in quella troncata (senza zero bids, non sensitive). La insensibilità alla<br />

varietà degli attributi dipende per gli autori dall’attributo di minore impatto<br />

occupazionale comunque associato alle diverse politiche di gestione sostenibile.<br />

120


Knooke e Moog (2005) si focalizzano sul valore di conservazione, stimandolo non<br />

con analisi delle preferenze ma mediante utilizzo dei costi opportunità (utilizzo<br />

del sito per produzione di legname), col fine di calcolare una “compensazione”<br />

sufficiente per evitare l’ipotesi di sviluppo (il valore economico che la foresta<br />

nell’uso conservativo deve possedere perché l’analisi CB conduca ad una<br />

preferenza per la conservazione 106 ). Nelle loro parole: “The first 42-ha forest<br />

reserve was priced at 11,494 Euro/ha or, 483 Euro/ha/year expressed in infinite<br />

yearly compensation. The yearly compensation price for the last forest reserve had<br />

an increase up to 607 Euro/ha/year”.<br />

Sulla stessa linea di stima del valore, Leppanen et al. (2005) valutano la<br />

compensazione minima necessaria per un programma di conservazione del 3% del<br />

territorio forestale finlandese in esame (270.000 ettari), in 1 miliardo di euro<br />

annui. Ovvero, 3703 € per ettaro.<br />

106 Pochissimi studi analizzano il valore di quasi opzione per la scelta tra sviluppo e<br />

conservazione nel caso delle foreste. Tra i pochi si segnala Bulte et al (2002), sulle foreste del<br />

Costarica. Il lavoro conclude che il QOV è limitato rispetto al valore complessivo, circa 1-2%<br />

(anche se a nostro avviso l’additività del QOV nel VET è opinabile, o necessita di ragionamenti<br />

caso per caso, in base agli obiettivi dello studio). Il contributo mette però in luce un aspetto<br />

interessante: se si esamina il ruolo del trend dinamico e dell’incertezza, per i valori non di uso, il<br />

primo emerge più rilevante relativamente, e driver primario della motivazione di Stock maggiori di<br />

foresta in una analisi dinamica dei CB. Per questo emerge di conseguenza il ruolo giocato dallo<br />

sconto dei benefici e costi futuri, mediante diverse possibili tipologie di tassi di sconto ( di<br />

mercato/“sociali”, di consumo/produzione, costanti/nulli/decrescenti, etc..). La potenziale<br />

irreversibilità, unita alla possibile ed intrinseca incertezza associata ai benefici netti dei progetti di<br />

investimento alternativi e delle opzioni di conservazione dei siti, fa emergere un interessante<br />

valore economico, che completa il quadro dei valori (esterni) rivelanti per le analisi costi benefici<br />

in questo ambito. Il valore esterno 106 , di natura inter temporale, è quello noto in letteratura come<br />

valore di quasi opzione (Arrow e Fisher, 1974; Conrad, 1980) che può emergere, sotto certe<br />

condizioni e determinati valori dei relativi benefici netti delle opzioni di conservazione e sviluppo,<br />

solo se si presentano congiuntamente gli elementi di irreversibilità ed incertezza. Tali elementi<br />

caratterizzano quindi in modo più o meno rilevante gli interventi infrastrutturali nei comparti<br />

trasportistici. In questi casi la scelta ottimale riguarda non solo il tipo e il livello dell’investimento,<br />

selezionato tra le opzioni disponibili (compresa l’opzione di non investimento) dipendente da<br />

considerazioni di analisi costi benefici allargata alla sfera dei valori extra mercato, ma anche il<br />

timing dell’investimento. Il timing è anche esso dipendente dai valori relativi delle diverse<br />

opzioni, ma anche dalla natura e quantificazione dell’incertezza, e dall’irreversibilità<br />

dell’investimento di sviluppo, alternativo alla conservazione, o a un investimento di sviluppo non<br />

irreversibile per ciò che riguarda i danni socio ambientali (Bosetti, 2001; Zeituni e Freeman,<br />

1998).<br />

Si ricorda che il valore di quasi opzione si differenzia dal valore di opzione, derivante ed associato<br />

alle preferenze e al grado di avversione al rischio di un individuo: non è quindi un valore fondato<br />

sul concetto di disponibilità a pagare individuale (Nuti, 2001; Freeman, 1993; Casoni e Polidori,<br />

2002), ma un valore legato all’investimento esaminato. Per qualsiasi investimento, il valore di<br />

quasi opzione (VQO) si traduce nel valore della flessibilità della scelta, della futura informazione,<br />

dell’attesa di investire rispetto all’investimento immediato. Nel caso di risorse e di capitale<br />

naturale, il valore è pubblico e si associa ad effetti esterni, se non contabilizzato, mentre nel caso<br />

di investimenti prettamente insistenti su asset privati è un elemento intrinseco della decisione<br />

economico-finanziaria, che emerge nel dinamico se si prendono in considerazione e sussistono le<br />

caratteristiche suddette.<br />

121


Kooten et al. (2001) presentano un caso di studio svedese, al fine di testare un<br />

modello empirico di “Fuzzy CVM” (errori non stocastici, inserimento nel modello<br />

stimato di un “vague preference element”). I dati, del 1992, riguardano 389 utenti<br />

di un sito forestale, ai quali si domanda se rivisiteranno il sito in futuro e qual è la<br />

WTP per visitarlo nelle stesse condizioni di preservazione della foresta. Si misura<br />

quindi una sorta di valore di opzione 107 , associato ad usi ricreativi, al quale si<br />

associa mediante un legame di complementarità hicksiana il valore di<br />

conservazione della foresta (non uso). È interessante notare il legame tra valore di<br />

uso ricreativo e non uso preservazione del sito, complementi e non in trade off. È<br />

infatti possibile rilevare i valori di non uso “complementare” alla fruizione, se è<br />

possibile ipotizzare un legame di weak complementarity tra componente ricreativa<br />

e componente valoriale di non uso (Freeman, 1993). La stima di WTP individuale<br />

annua è pari 3000-3500 sek.<br />

Tyrvainen (2001) stima la “residents’ willingness-to-pay for larger wooded<br />

recreation areas and for small forested parks”, su un caso di studio finlandese,<br />

mediante CV, con circa 300 interviste, suddivise tra aree specifiche. Il mezzo di<br />

pagamento ed il fine di indagine è duplice: si utilizza una fee come mezzo per<br />

stimare la WTP per un mese / una stagione l’area (uso ricreativo) e una tassa<br />

annuale con il fine di comprare e mantenere una area urbana (evitando sviluppo<br />

immobiliare come alternativa). Le WTP sono 42-53 FIM per uso di un mese e 9-17<br />

FIM per una visita di 2 ore. Invece, la WTP è 74-206 per mantenere l’area: in<br />

aggregato 0,28-1,79 milioni di FIM annui. Su questa base, una analisi CBA è<br />

effettuata WTP aggregata (benefici) – costi (CO del terreno non utilizzato), al fine<br />

di decidere se l’opzione preservativa è socialmente efficiente.<br />

Kniivila (2002), effettua un interessante paragone tra valori locali e regionali della<br />

preservazione forestale in Finlandia, intervistando con metodo CV (DC) 800<br />

individui di diverse aree. Il metodo e scenario è una “extra tax to avoid tourism<br />

logging and housing”. La WTP della popolazione locale risulta l’80% di quella<br />

della totale:113 € mediana per anno individuo, 289 € la media (233 € quella<br />

“locale”) i valori sono utilizzati per una analisi CB (costi opportunità vs WTP): il<br />

Valore attuale, calcolato con un tasso dis conto del 3-5%, è maggiore di zero sul<br />

piano nazionale e regionale, ma non locale, a causa di benefici estesi ma costi<br />

concentrati.<br />

Hanley et al. (1998) offrono stime basate su une sperimento di valutazione CE, su<br />

un caso di studio di foreste britanniche. Effettuano anche una analisi di CV, che<br />

porta in questo caso a valori simili, e confrontano le stime derivanti da “users and<br />

non users”. Gli attributi della foresta nell’esperimento di CE sono: felling, shape,<br />

species. Le 280 interviste conducono ai seguenti risultati: per gli users abbiamo<br />

WTP marginali per i tre attributi, nell’ordine precedente, di 13, 17, 12£, per i non<br />

users di 11, 9, 9£. Gli autori osservano come: “The implied WTP for an “ideal<br />

107 In molti casi, si vede come il valore di opzione sia in realtà meglio definibile come un<br />

valore d’uso differito, o potenziale, e differisce sostanzialmente dal nucleo dei valori di non uso.<br />

122


forest” with contoured edges, a diverse species and selective felling, over and<br />

above a forest with straight edges, evergreen monoculture and patch felling is<br />

therefore £ 38.15/household/year, if we assume a linear, additively-separable<br />

indirect utility function”.<br />

Mill et al. (2006) analizzano il patrimonio forestale in Irlanda in uno schema di<br />

multiple use value 108 , calcolando la WTP marginale, mediante CV; per tre tipologie<br />

di foreste: Mixed, natural, pine. I valori sono pari a 38, 46, 27 €. Elemento<br />

interessante dello studio People WTP similar to managers ranking<br />

Lehtonen (2003) è uno dei rari studi a focalizzarsi sulla biodiversità come non<br />

market benefit della conservazione, su un caso di studio finlandese. Il fine è<br />

imputare i valori di beneficio derivanti dalle analisi CV e CE (1500 rispondenti) in<br />

una analisi CBA di un biodiversity conservation programme. Tali valori di WTP<br />

sono pari a 60-233 € per famiglia per anno.<br />

Garrod e Willis (1997) analizzano, mediante un raro studio di contingent ranking,<br />

diversi scenari forestali associati a biodiversità e conservazione nel regno Unito.<br />

La WTP marginale stimata per un 1% di incremento dell’area forestale è 0.11-0.44<br />

£ per individuo/anno (valore di non uso).<br />

Come commento generale al valore della biodiversità nelle foreste non tropicali,<br />

comunque, si faccia riferimento a Pearce e Pearce (2001), il quale afferma, sulla<br />

base di una estesa survey, che i valori possono andare da migliaia di dollari per<br />

ettaro in alcuni hot spot tropicali, con una media in genere attestata su centinaia di<br />

dollari per ettaro, ma con valori tendenti a zero per le foreste non tropicali.<br />

108 Sulla seguente lista di caratteristiche forestali: birds (‘Bird’); mammals (‘Mammal’);<br />

broadleaf trees in addition to conifers (‘Broad’); well-marked walkways (‘Walk’); public car<br />

parking (‘Park’); old and tall trees (‘Old’); attractive to look at (‘Attract’); has widely spaced trees<br />

admitting light (‘Light’); helps reduce global warming (‘Warm’); information for visitors (‘Info’);<br />

dead wood and dying trees (‘Dead’); some clearings without trees (‘Clear’); picnic tables<br />

(‘Picnic’); fungi (‘Fungi’); reptiles and amphibians (‘Reptile’); insects (‘Insect’); flowers and other<br />

plants (‘Flower’); mixture of conifer species (‘Conifer’); helps reduce flooding (‘Flood’).<br />

123


Capitolo 5<br />

Benefici economici derivanti dalla funzione di assorbimento<br />

della CO2<br />

5.1. Inquadramento teorico<br />

Con l’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto, nel febbraio 2005, gli ecosistemi<br />

forestali sono diventati degli strumenti importanti nell’ambito delle strategie da<br />

mettere in atto per la mitigazione dei cambiamenti climatici e, nello specifico, per<br />

la fissazione della CO2.<br />

Per quanto riguarda il settore forestale, il riferimento obbligato è agli articoli 3.3 e<br />

3.4 del Protocollo (Box 1):<br />

• Art. 3.3 – Riguarda le attività di afforestazione, riforestazione e deforestazione<br />

(Afforestation, Reforestation, Deforestation - ARD). Stabilisce che tutte le<br />

quantità di C immagazzinate nel suolo e nel soprassuolo a seguito di tali<br />

attività, qualora siano state realizzate tra l’1 gennaio 1990 ed il 31 dicembre<br />

2012, dovranno essere contabilizzate e considerate ai fini del raggiungimento<br />

degli impegni di riduzione delle emissioni. Queste attività vanno intese come<br />

cambiamenti permanenti nell’uso del suolo (da non forestale a forestale e<br />

viceversa).<br />

• Art. 3.4 – Riguarda le altre attività di gestione delle superfici forestali.<br />

Stabilisce che, per poter essere conteggiate, queste attività di gestione diverse<br />

da afforestazione, riforestazione e deforestazione debbano essere humaninduced<br />

109 (es. rivegetazione, gestione forestale), e sempre realizzate a partire<br />

dal 1990.<br />

109 Ovvero connesse ad espliciti e diretti interventi gestionali realizzati dall’uomo


Box 1. Definizioni utili per l’interpretazione degli articoli 3.3 e 3.4 del Protocollo di<br />

Kyoto<br />

Foresta: area con dimensioni minime pari a 0,5-1,0 ettari, con tasso di copertura arborea<br />

almeno del 10-30% con piante in grado di raggiungere a maturità un’altezza minima di<br />

2,5 metri. A ciascun Paese è lasciata la possibilità di scegliere entro un dato range, il<br />

limite minimo per tasso di copertura e per dimensioni minime.<br />

Afforestazione: conversione in foresta, a seguito di azione antropica, di un’area che non<br />

sia stata foresta almeno negli ultimi 50 anni. Può essere realizzata tramite piantagione,<br />

semina e/o interventi antropici di sostegno a modalità naturali di propagazione che si<br />

stiano affermando.<br />

Riforestazione: conversione in foresta, a seguito di azione antropica, di un’area già<br />

precedentemente forestale ma che in passato sia stata convertita ad altri usi. Può essere<br />

realizzata tramite piantagione, semina e/o interventi antropici di sostegno a modalità<br />

naturali di propagazione che si stiano affermando.<br />

Deforestazione: conversione, a seguito di azione antropica, di un’area forestale in una<br />

non forestale.<br />

Rivegetazione: azione antropica finalizzata all’aumento degli stock di carbonio in un dato<br />

luogo, tramite la realizzazione di una copertura vegetale su un’area minima di 0,5 ha, che<br />

non rientra nella definizioni di afforestazione e riforestazione.<br />

Gestione forestale: complesso di pratiche da attuare per la conduzione e l’uso<br />

sostenibile di una foresta al fine di conseguire rilevanti funzioni ecologiche, economiche e<br />

sociali.<br />

Gli impianti realizzati nell’ambito del progetto “10.000 ha di sistemi verdi per la<br />

Lombardia” potrebbero quindi essere contabilizzati tra le misure per la riduzione<br />

delle emissioni di CO2 messe in atto a livello italiano per l’adempimento degli<br />

impegni presi dall’Italia nell’ambito del Protocollo di Kyoto.<br />

5.2. Il mercato delle quote<br />

Anche a seguito delle incertezze iniziali sulla ratifica del Protocollo di Kyoto e<br />

sulla sua effettiva entrata in vigore, la Comunità Europea ha autonomamente<br />

sviluppato degli strumenti operativi volti a promuovere l’impegno nella lotta ai<br />

cambiamenti climatici. Il principale tra tali strumenti è lo Schema di Mercato<br />

delle Quote (European Union’s Emission Trading Scheme – EU-ETS) che, per<br />

alcuni settore industriali più energy intensive, fissa dei tetti di emissione e<br />

organizza un sistema per la compravendita di quote di emissioni finalizzato al<br />

raggiungimento degli obiettivi prefissati.<br />

Con l’entrata in vigore di questo sistema di scambio dei crediti di carbonio in<br />

futuro potrebbero forse aprirsi per le foreste delle nuove prospettive di reddito.<br />

Infatti esse rientrano appieno tra i “pozzi” (sinks) di carbonio, grazie alla<br />

capacità delle piante di assorbire l’anidride carbonica, e le quantità di carbonio<br />

fissate potrebbero in linea teorica essere vendute nell’ambito del EU-ETS, al pari di<br />

come avviene in altri mercati dei titoli di emissione avviati negli USA. In questo<br />

modo sarebbe possibile assegnare un valore preciso a un servizio ambientale<br />

126


(quello della fissazione della CO2, appunto) fino ad ora difficilmente<br />

internalizzabile. Al momento attuale questa è ancora un’ipotesi solamente teorica,<br />

infatti la CE nel 2003, rispondendo ad una richiesta formulata nell’ Advisory<br />

Group on Forestry and Cork, si è espressa contro l’inclusione delle attività agroforestali<br />

nello schema: “They (i progetti agro-forestali nell’ambito del mercato<br />

delle quote – NdA) do not bring technology transfer, they are inherently<br />

temporary and reversibile, and uncertainty remains about the effects of emission<br />

removal by carbon sink”.<br />

5.2.1. I prezzi delle quote<br />

Nella valutazione dei ricavi che si pensa di ottenere dal servizio di fissazione della<br />

CO2 a seguito di attività di afforestazione o riforestazione, bisogna innanzitutto<br />

stabilire quale, tra le seguenti, è l’opzione scelta:<br />

- piantagioni con finalità produttive (biomassa legnosa): oltre al ricavo finale<br />

derivante dal legname, vi sarà un reddito aggiuntivo derivante dalla vendita<br />

dei crediti mano a mano che si formano. Al momento del taglio della<br />

piantagione a fine turno, in caso di reversibilità nell’uso dei terreni alle<br />

precedenti forme di utilizzo non forestale, i crediti ottenuti dovranno essere<br />

restituiti per compensare il fatto che il carbonio precedentemente fissato<br />

verrà ora rimesso in atmosfera;<br />

- piantagioni con finalità diverse da quella di produzione legnosa (es.<br />

miglioramento paesaggistico, salvaguardia della biodiversità, protezione<br />

idrogeologica, ecc.) e per le quali non si prevede un taglio finale e la<br />

reversibilità dell’impianto alle precedenti forme d’uso del suolo: i crediti<br />

formati e venduti daranno delle entrate senza obblighi di restituzione.<br />

Un altro aspetto molto importante che non va trascurato in nessuno di questi casi è<br />

il fatto che eventuali non previsti ritorni in atmosfera del carbonio fissato (ad<br />

esempio a causa di incendi, schianti, danni causati da attacchi di insetti, ecc.)<br />

implicheranno la restituzione dei corrispettivi crediti incassati in precedenza.<br />

Fatte queste premesse, l’elemento fondamentale da conoscere per poter stimare il<br />

valore economico della funzione di assorbimento della CO2 è il prezzo di mercato<br />

dei crediti di carbonio. Si tratta di un aspetto problematico, perché i prezzi<br />

assegnati alle tonnellate equivalenti di CO2 variano molto nel tempo e anche a<br />

seconda dello schema di mercato considerato. Per dare un’idea di questa<br />

variabilità, nell’EU-ETS, lo spot price medio di una tonnellata di CO2 era pari a<br />

28,53 € nel luglio 2005, fino alla fine del 2005 si è attestato in una fascia<br />

compresa tra 20 e 25 € (prevalentemente verso i 20 €), per risalire poi fino a 23,92<br />

€ nel gennaio 2006. In febbraio e marzo il prezzo è risalito (attorno ai 26 €) e ha<br />

raggiunto il picco, in aprile, di 29,75 € fino a ridiscendere poi a 10,90 € nel<br />

maggio 2006 (Capoor e Ambrosi, 2006). Inoltre, il prezzo di una tonnellata di<br />

127


CO2 equivalente nel 2006 è pari a circa 16 €/t nell’EU – ETS mentre è di circa 4 $/t<br />

nel Chicago Climate Exchange (CCE) 110<br />

Per quanto riguarda la stima del valore della CO2 fissata da una foresta, il mercato<br />

ETS è comunque un mercato non reale, bensì surrogato. In quanto – come già<br />

osservato - i prezzi di riferimento per tonnellata di CO2 nell’ETS non sono riferiti<br />

alla fissazione derivante dalle pratiche di forestazione, afforestazione, ecc., ma<br />

possono essere considerati dei buoni sostituti. Se i prezzi del mercato ETS<br />

inglobassero anche i carbon sink si verificherebbero due fenomeni di segno<br />

opposto:<br />

- da una parte l’inclusione delle foreste aumenterebbe il campo di<br />

opzione per gli interventi di lotta al global warming e si ridurrebbe il<br />

costo marginale delle quote;<br />

- dall’altra, date le caratteristiche dei carbon sink e i relativi problemi di<br />

valutazione e monitoraggio (effetti indotti leakage da controllare,<br />

verifica dell’effettiva addizionalità degli interventi, temporaneità degli<br />

effetti) i costi di transazioni verrebbero ad aumentare in maniera<br />

piuttosto consistente, quantomeno durante le prime fasi di avvio del<br />

mercato.<br />

In alternativa al riferimento ad un mercato surrogato quale quello dell’ETS, alle<br />

quote di CO2 assorbita potrebbe essere assegnato un valore di mercato<br />

equiparabile a quello dei crediti da progetti Joint Implementation (JI) oppure<br />

Clean Development Mechanism (CDM). Nel 2005 si è registrata una media dei<br />

prezzi delle Certified Emission Reductions (CER) relative ai CDM di 6,7 €/t e una<br />

media dei prezzi CER (JI) = 5,1 €/t.<br />

L’aleatorietà del mercato per i crediti di carbonio è confermata dal fatto che già da<br />

molti mesi si sta parlando, in Italia, della creazione di un registro specifico per i<br />

crediti di carbonio derivanti da attività forestali, ma il raggiungimento di una<br />

decisione al riguardo è cosa ancora assai incerta. Inoltre, rimarrebbe poi da<br />

verificare se tale ipotetico registro attiverebbe uno scambio di quote nell’ambito<br />

di fondi italiani per il Protocollo di Kyoto, anziché all’interno dell’ETS (ovvero<br />

una situazione in cui lo Stato investe nel settore forestale per compensare i gestori<br />

che realizzano degli interventi di riforestazione/afforestazione).<br />

Qualora si verificasse un’eventualità del genere, vista la necessità di monitorare e<br />

controllare in modo oggettivo l’attività di fissazione del carbonio di una<br />

determinata foresta, un ruolo di rilievo potrebbe essere assunto da standard<br />

forestali specifici appositamente predisposti per questo tipo di attività e,<br />

conseguentemente, si potrebbero aprire anche nuove opportunità offerte dai<br />

meccanismi di certificazione 111 .<br />

110 Vedi: http://ecosystemmarketplace.com/pages/static/marketwatch.php.<br />

111 A questo proposito si veda, come esempio: Climate, Community and Biodiversity Project<br />

Design Standards (First edition), CCBA, 2005 on-line: www.climate-standards.org<br />

128


Nel caso non si giunga a un’implementazione del mercato dei crediti, rimane<br />

l’alternativa legata alle iniziative individuali, realizzate su base volontaria, di<br />

acquisto di quote di carbonio. È questo il caso di aziende private o pubbliche che,<br />

volendo operare in una condizione di pareggio ossia di bilancio zero rispetto alle<br />

emissioni di CO2, decidono di investire in interventi di compensazione che<br />

utilizzano investimenti forestali 112 come misure compensative. Questo degli<br />

interventi compensativi su base volontaria è comunque un mercato reale di<br />

riferimento utilizzabile per stimare il valore delle quote di CO2 a partire dai prezzi<br />

di equilibrio fissati nelle libere transazioni tra i diversi operatori economici (Tabb.<br />

5.1 e 5.2).<br />

Tabella 5.1 - Prezzi di mercato della tonnellata di CO2 distinti per fornitore del servizio di<br />

compensazione delle emissioni di carbonio e tipo di progetto<br />

Organizzazione<br />

responsabile<br />

dell’offerta di<br />

investimenti<br />

compensativi<br />

Autobonfund.org<br />

US<br />

e-BlueHorizons<br />

US<br />

Greenfleet<br />

Aus<br />

DrivingGreen<br />

Ireland<br />

Terrapass<br />

US<br />

Solar Electric<br />

Light Fund<br />

US<br />

Prezzo<br />

medio<br />

(US$/<br />

ton<br />

CO2)<br />

$ 4,30<br />

-5,50<br />

Nonprofit<br />

Tipo di progetto Possibilit<br />

à scelta<br />

del<br />

progetto<br />

Sì Rinnovabili, ,<br />

Riforestazione/aff<br />

orestazione<br />

$ 5,00 No Rinnovabili,<br />

Riforestazione/aff<br />

orestazione<br />

$ 7,00<br />

-7,50<br />

Sì Riforestazione/aff<br />

orestazione<br />

129<br />

Attività<br />

compensabili<br />

Sì Gestione<br />

domestica,<br />

Auto, Aereo,<br />

Eventi, Attività<br />

economiche<br />

No Gestione<br />

domestica,<br />

Auto, Aereo<br />

No Gestione<br />

domestica,<br />

Auto, Aereo<br />

Sistema di<br />

garanzia<br />

Green-e,<br />

Chicago<br />

Climate<br />

Exchange,<br />

Environmenta<br />

l Resources<br />

Trust<br />

$ 8,00 No Rinnovabili No Auto n.d.<br />

$ 8,80<br />

-11,00<br />

$<br />

10,00<br />

No Rinnovabili, No Auto, Aereo,<br />

Eventi, Attività<br />

economiche<br />

Sì Rinnovabili No Calco9li<br />

esterni<br />

Chicago<br />

Climate<br />

Exchange,<br />

Environmenta<br />

l Resources<br />

Trust<br />

n.d.<br />

Green-e,<br />

Chicago<br />

Climate<br />

Exchange<br />

n.d.<br />

Segue<br />

112<br />

A tale proposito si vedano, ad esempio, le attività di AzzeroCO2 (www.azzeroco2.it) e di<br />

Carbon Neutral (www.carbonneutral.com).


Continua Tabella 5.1<br />

Autobon Clear<br />

UK<br />

Autobon<br />

Neutral<br />

Company<br />

UK<br />

Native Energy<br />

US<br />

Climate<br />

Friendly<br />

Aus<br />

Sustainable<br />

travel<br />

International<br />

US,<br />

Switzerland<br />

Trees for Life<br />

UK<br />

Grow a Forest<br />

UK<br />

Bonneville<br />

Environmental<br />

Foundation<br />

US<br />

Myclimate<br />

Switzerland<br />

$<br />

17,00<br />

$<br />

13,00-<br />

27,00<br />

$<br />

13,20<br />

$<br />

16,00-<br />

19,00<br />

$<br />

18,00<br />

$<br />

20,00<br />

appr.<br />

$<br />

22,00<br />

& Up<br />

$<br />

29,00<br />

$<br />

30,00<br />

No Riforestazione/afforestazione No Gestione<br />

domestica,<br />

Auto, Aereo,<br />

No Rinnovabili, ,<br />

Riforetazione/afforestazione<br />

Babies<br />

Sì Gestione<br />

domestica,<br />

Auto, Aereo,<br />

Eventi,<br />

Attività<br />

economiche<br />

No Rinnovabili Sì Gestione<br />

domestica,<br />

Auto, Aereo,<br />

Eventi,<br />

Attività<br />

economiche<br />

No Rinnovabili No Gestione<br />

domestica,<br />

Auto, Aereo,<br />

Attività<br />

economiche<br />

Sì Rinnovabili No Aereo, Auto,<br />

Gestione<br />

domestica,<br />

Hotel<br />

Sì Riforestazione/afforestazione No Auto, Aereo,<br />

Trasporti<br />

pubblici<br />

No Riforestazione/afforestazione No Aereo, Auto,<br />

Gestione<br />

domestica,<br />

Attività<br />

economiche<br />

Sì Rinnovabili No Gestione<br />

domestica,<br />

Aereo,<br />

Attività<br />

economiche,<br />

Eventi<br />

Sì Rinnovabili No Aereo,<br />

Eventi,<br />

Attività<br />

economiche<br />

n.d.<br />

n.d.<br />

Green-e<br />

Office of the<br />

Renewable<br />

Energy<br />

Regulator,<br />

NSW<br />

Government,<br />

Ernst &<br />

Young.<br />

See<br />

Myclimate<br />

n.d.<br />

n.d.<br />

Green-e<br />

DeSìgnated<br />

Operational<br />

Entity<br />

1. Tipi di compensazione: ci sono centinaia di potenziali tipi di compensazione. La rassegna<br />

2. proposta è limitata alle più comuni.<br />

3. Sistema di garanzia: "n/a" significa che non si è potuto determinare un sistema di garanzia<br />

di parte terza. Il progetto può, comunque, essere sottoposto a verifica.<br />

4. Scelta: si riferisce a se i clienti possono scegliere tra tipi di progetto e/o progetti specifici<br />

5. Prezzo medio: i prezzi cambiano e i tassi di scambio fluttuano. I prezzi segnati sono prezzi<br />

al dettaglio ripresi dal sito web (21 luglio 2006)<br />

6. Altre organizzazioni che offrono servizi compensativi possono esistere. Questa rassegna<br />

fornisce uno spaccato trasversale dell’industria, progetti possono essere aggiunti o<br />

eliminati nel corso del tempo.<br />

7. Alcune informazioni possono essere incomplete o essere cambiate nel tempo.<br />

8. Da: http://www.ecobusinesslinks.com/carbon_offset_wind_credits_carbon_reduction.htm<br />

(rielaborato)


Tabella 5.2. - Offerte disponibili relativamente al carbon offset<br />

Carbon Offset (offerte combinate di investimento)<br />

Carbonfund.org<br />

USA<br />

NativeEnergy<br />

USA<br />

Carbon Clear<br />

UK<br />

Carbonfund.org makes it easy and affordable for you to reduce<br />

your climate footprint. Carbonfund.org reduces the threat of<br />

climate change by supporting renewables, efficiency and<br />

reforestation projects that reduce carbon emissions. Best value:<br />

$5.50 per ton of CO2.<br />

NativeEnergy is a small Vermont company launched to fight<br />

climate change and global warming by helping build more than 150<br />

large, commercial-scale wind turbines, and keeping five million<br />

tons of carbon dioxide out of the air over the next five years.<br />

Carbon Clear offers a range of gifts and packages to allow<br />

individuals to manage their carbon footprints. Products for drivers<br />

and frequent flyers from only £5.<br />

Piantagioni di alberi con emissioni di certificati<br />

Trees for Life To offset the effects of travel and transport, Trees for Life will plant<br />

UK<br />

The CarbonNeutral<br />

trees to absorb the CO2 produced.<br />

On this site you can 'neutralize' the contribution you or your<br />

Company<br />

business makes to global warming. Buy products and gifts which<br />

UK<br />

soak up or compensate for unavoidable emissions - like tree<br />

planting and 'green' energy in developing countries.<br />

Carbon Calculator Flight Emissions Calculator<br />

Grow A Forest Here you can neutralize your travel and living emissions or make<br />

UK<br />

gifts to other people.<br />

Greenfleet<br />

Greenfleet Australia is a not for profit organization, that plants<br />

Australia<br />

native trees to offset carbon dioxide emissions and promotes the<br />

development of fuel-efficient technologies to reduce emissions in<br />

the future. Great multiple flight calculator<br />

Sustainable Travel Sustainable Travel International supports and promotes<br />

International responsible travel, eco-tourism, eco-tours, green travel and<br />

USA<br />

sustainable tourism through education and outreach. They also<br />

sell green credits to offset your travel pollution.<br />

Altri progetti di Carbon Offset<br />

Climate Care<br />

UK<br />

Offering a variety of programs supporting projects worldwide.<br />

Climate Friendly Calculate and neutralise your carbon emissions (travel, home, car,<br />

Australia<br />

packages available)<br />

Biodiesel India Your contributions will be invested in oil baring seed plants to<br />

India<br />

produce biodiesel. At the same time you will give employment to<br />

farmers in India!<br />

Stichting Face The Face Foundation was set up to help abate the enhanced<br />

Netherlands greenhouse effect by planting and protecting forest.<br />

GreenSeat<br />

GreenSeat is een duurzaam initiatief en biedt luchtreizigers de<br />

Netherlands mogelijkheid om schadelijke uitstoot van gevlogen kilometers te<br />

compenseren door de aanplant van bomen.<br />

Servizi BtoB di Carbon Offset<br />

EnviroTrade - Plan Plan Vivo is a system for planning, managing and monitoring the<br />

Vivo<br />

supply of carbon offsets from small farmers<br />

UK<br />

in ways that enhance rural livelihoods. The problem or challenge<br />

that the Plan Vivo System addresses is the provision of credible,<br />

quantifiable carbon sequestration services by small farmers in<br />

ways that enhance rural livelihoods.<br />

131<br />

Segue


Continua Tabella 5.2<br />

Juniper Consultancy<br />

Services<br />

UK<br />

The Edinburgh<br />

Centre for Carbon<br />

Management<br />

UK<br />

CATapult - Carbon<br />

Asset Trading<br />

UK<br />

Juniper provides various services to public and private sector<br />

clients interested in the implications of the evolving carbon trading<br />

markets.<br />

ECCM is widely recognized for its expertise managing carbon<br />

stock for sustainable development. We combine carbon offset<br />

delivery with commercial, social, biodiversity and hydrological<br />

considerations.<br />

The purpose of CATapult is to develop tools that will help Small<br />

and Medium sized Enterprises and communities to develop new<br />

sources of income through carbon assets.<br />

5.3. Quantificazione del carbonio sequestrato<br />

Alla base di qualunque valutazione del valore economico della funzione di<br />

assorbimento della CO2 c’è, in ogni caso, una opportuna quantificazione delle<br />

variazioni degli stock di carbonio nelle foreste.<br />

Il metodo correntemente utilizzato per calcolare il valore economico<br />

dell’assorbimento della CO2 prevede infatti il calcolo dell’ammontare dello stock<br />

di C accumulato annualmente nella foresta e la sua moltiplicazione per il prezzo<br />

della tonnellata di C.<br />

5.3.1. Linee guida<br />

Per permettere l’organizzazione dei calcoli relativi alle emissioni/fissazioni di gas<br />

serra, sono state sviluppate, nell’ambito dell’United Nations Framework<br />

Convention on Climate Change (UNFCCC), le linee guida dell’International Panel<br />

on Climate Change (IPCC) che sono attualmente usate da tutte le nazioni per<br />

effettuare la contabilità dei gas serra (Green house Gases - GHGs) e per stilare i<br />

rapporti sulle emissioni.<br />

Queste linee guida sono state successivamente integrate con linee guida<br />

specifiche per le attività di “uso del suolo, cambio d’uso del suolo e forestali”<br />

(Land Use, Land Use Change and Forestry Activities – LULUCF) ovvero le Good<br />

Practice Guidance for LULUCF.<br />

Esse forniscono l’impostazione metodologica da seguire per realizzare gli<br />

inventari e i successivi rapporti su emissioni e fissazioni. Vogliono dare<br />

indicazioni su come realizzare stime, misurazioni, monitoraggi e relazioni a<br />

livello nazionale ma, con gli opportuni accorgimenti, possono essere applicate<br />

anche a livello di singolo impianto.<br />

Le Good Practice Guidance riguardano foreste che vengono definite “gestite”<br />

sulla base del seguente ragionamento: “la gestione forestale è il processo di<br />

132


pianificazione e di implementazione di pratiche per l’amministrazione e l’uso<br />

delle foreste con lo scopo di rispettare appieno le rilevanti funzioni ecologiche,<br />

economiche e sociali della foresta. Una foresta gestita è una foresta soggetta a<br />

gestione forestale”.<br />

Tale definizione assume che le foreste gestite sono soggette a continui o periodici<br />

interventi umani, e che essi includono tutte le pratiche di gestione, da quelle per la<br />

produzione di legname da opera a quelle senza fini commerciali.<br />

5.3.1.1. Metodologia di stima proposta nelle linee guida<br />

Il capitolo 3 delle Good Practice Guidance for LULUCF propone i metodi da usare<br />

per stimare il bilancio dei GHG connessi alle attività LULUCF.<br />

La sezione 3.2 è dedicata ai terreni boscati (forest land) e, più precisamente, la<br />

sezione 3.2.1 riguarda i “terreni boscati che rimangono terreni boscati” (Forest<br />

Land Remaining Forest Land) mentre la sezione 3.2.2 riguarda i “terreni<br />

convertiti in foreste” (Land Converted to Forest Land). Dal punto di vista<br />

operativo, del conteggio del carbonio, poche sono le differenze metodologiche tra<br />

questi due casi. Ad ogni modo, visto che le attività di riforestazione o<br />

afforestazione che avranno luogo nell’ambito del progetto “10,000 ha di sistemi<br />

verdi” riguarderanno terreni che saranno convertiti in foresta, l’attenzione verrà<br />

concentrata su questo caso.<br />

Due sono le possibili metodologie per la stima della quantità di carbonio fissata:<br />

1) quella basata sulla somma algebrica di incrementi e diminuzioni degli stock di<br />

carbonio nei periodi in esame (flux method);<br />

2) quella basata sul confronto di due dati inventariali degli stock di carbonio<br />

relativi a due periodi diversi (stock change method).<br />

Salvo rari casi, la metodologia 1) viene comunemente ritenuta più praticabile,<br />

pertanto essa è quella che verrà qui illustrata.<br />

La formula di base che si deve risolvere per ottenere una stima del bilancio del<br />

carbonio per i terreni convertiti in foreste è:<br />

dove:<br />

ΔCLF = (ΔCLF (LB) + ΔCLF (DOM) + ΔCLF (Soil)) (1)<br />

ΔCLF = variazione annuale negli stock di C nelle Land converted to forest land<br />

ΔCLF (LB) = variazione annuale negli stock di C nella biomassa viva (epigea e<br />

ipogea)<br />

ΔCLF (DOM) = variazione annuale negli stock di C nella sostanza organica morta<br />

ΔCLF (Soil) = variazione annuale negli stock di C nel suolo<br />

133


Preliminarmente al calcolo di qualsiasi stima del carbonio fissato da una foresta,<br />

va stabilito di quali, tra i possibili carbon pool, si intende tener conto. Infatti per<br />

motivi di praticità, di mancanza di disponibilità dei dati o se si è ragionevolmente<br />

sicuri che la quantità di carbonio in essa contenuta con varierà, si può decidere di<br />

escluderne alcuni dalla stima, fatto che dovrà essere naturalmente debitamente<br />

segnalato. I possibili carbon pool in ambito forestale sono quelli riportati nel Box<br />

2.<br />

Box 2 - Carbon pool caratteristici dei sistemi forestali<br />

a) Biomassa viva, suddivisa in:<br />

a1) biomassa viva epigea: comprende fusti, ceppaie, rami, corteccia, semi e fogliame;<br />

a2) biomassa viva ipogea: comprende le radici (in genere quelle con diametro<br />

inferiore a 2 mm vengono escluse, per la difficoltà di distinguerle dalla sostanza<br />

organica o dalla lettiera);<br />

b) Sostanza organica morta, suddivisa in:<br />

b1) legno morto: comprende tutta la biomassa legnosa morta presente nella lettiera<br />

(legno giacente sulla superficie del terreno, radici morte, ceppaie con diametro<br />

maggiore o uguale a 10 cm o altro stabilito dalla specifica nazione);<br />

b2) lettiera: comprende tutta la biomassa morta con un diametro minimo (stabilito<br />

dalla specifica nazione), in vari stati di decomposizione;<br />

c) Sostanza organica del suolo: comprende il carbonio nei suoli minerali e organici<br />

(incluse le torbiere) fino a una profondità data (scelta dalla specifica nazione).<br />

Una volta selezionati e definiti i Carbon pool d’interesse, per ciascuno di essi<br />

dev’essere calcolata la variazione della quantità di carbonio immagazzinata. La<br />

procedura indicata nelle Good Practice Guidance prevede la risoluzione delle<br />

formule qui sinteticamente riportate in una forma adattata al caso specifico.<br />

dove:<br />

Variazione annuale negli stock di C nella biomassa viva<br />

ΔCLF (LB) = ΔCLF (growth) - ΔCLF (loss) (2)<br />

ΔCLF (LB) = variazione annuale negli stock di C nella biomassa viva (epigea e<br />

ipogea)<br />

ΔCLF (growth) = aumento annuale dello stock di C nella biomassa viva dovuto<br />

all’accrescimento<br />

ΔCLF (loss) = diminuzione annuale dello stock di C nella biomassa viva dovuto a<br />

perdite per utilizzazioni, disturbi, ecc.<br />

Aumento annuale nello stock di C nella biomassa viva<br />

ΔCLF (growth) = (A * G) * CF (3)<br />

134


dove:<br />

A = area di terreno convertita in foresta<br />

G = tasso di crescita annuale della foresta nell’area considerata<br />

CF = frazione di C presente nella sostanza secca, per default si considera CF = 0,5<br />

dove:<br />

Diminuzione annuale nello stock di C nella biomassa viva<br />

ΔCLF (loss) = Lfellings + Lfuelwood + Lother losses (4)<br />

Lfellings = perdita di biomassa dovuta alle utilizzazioni per ricavare legname da<br />

opera<br />

Lfuelwood = perdita di biomassa dovuta alle utilizzazioni per ricavare legna da<br />

ardere<br />

Lother losses = perdita di biomassa dovuta a incendi o altri disturbi<br />

dove:<br />

Variazione annuale negli stock di C nella sostanza organica morta<br />

ΔCLF (DOM) = ΔCLF (DW) + ΔCLF (LT) (5)<br />

ΔCLF (DW) = variazione annuale negli stock di C nel legno morto<br />

ΔCLF (LT) = variazione annuale negli stock di C nella lettiera<br />

dove:<br />

Variazione annuale negli stock di C nel legno morto<br />

ΔCLF (DW) = (A * B) * CF (6)<br />

A = area di terreno convertita in foresta<br />

B = variazione annuale della quantità di legno morto nell’area considerata<br />

CF = frazione di C presente nella sostanza secca, per default si considera CF = 0,5<br />

dove:<br />

Variazione annuale negli stock di C nella lettiera<br />

ΔCLF (LT) = A * ΔC (7)<br />

A = area di terreno convertita in foresta<br />

ΔC = variazione media annuale di C nella lettiera<br />

dove:<br />

Variazione annuale negli stock di C nella sostanza organica del suolo<br />

ΔCLF (Soil) = ΔCLF (Mineral) + ΔCLF (Organic) (8)<br />

ΔCLF (Mineral) = variazione media annuale negli stock di C nei suoli minerali<br />

135


ΔCLF (Organic) = variazione media annuale negli stock di C nei suoli organici<br />

I dati necessari per l’applicazione di queste formule non sono sempre facilmente<br />

reperibili, per questo nelle Good Practice Guidance for LULUCF sono forniti<br />

(nell’Annex 3.1) dei valori di default eventualmente utilizzabili per stimare le<br />

variazioni degli stock di carbonio in diverse tipologie di gestione del suolo. Si<br />

tratta di valori generali ed espressi a livello nazionale, quindi la loro applicazione<br />

sarà possibile soprattutto per stime a grande scala. Solo come ripiego nel caso in<br />

cui non sia possibile ottenere in altro modo valori più precisi per la zona in<br />

questione questi valori di default potranno essere usati, tenendo comunque conto<br />

del fatto che produrranno stime poco precise.<br />

Un altro metodo di calcolo, più speditivo, descritto nelle Good Practice Guidance<br />

for LULUCF e la cui applicazione viene proposta in Italia per la valutazione della<br />

funzione di fissazione del carbonio nell’ambito della stima del danno ambientale a<br />

seguito di incendio (Ciancio et al., in stampa) è quello basato sull’utilizzo dei<br />

coefficienti Biomass Expansion Factor – BEF, per la trasformazione del volume<br />

di biomassa legnosa in volume di biomassa epigea. In questo caso la quantità di<br />

carbonio immagazzinata nella biomassa epigea sarà data dalla:<br />

nella quale:<br />

CLB = Volb * BEF * 0,5 (9)<br />

CLB = quantità di carbonio fissata nella biomassa viva<br />

Volb = volume (cormometrico/dendrometrico) della biomassa presente per unità<br />

di superficie<br />

BEF = Biomass Expansion Factor<br />

0,5 = valore di default della frazione di carbonio presente nella sostanza secca<br />

Dei valori orientativi del BEF per l’Italia sono stati recentemente calcolati (Tab.<br />

5.3), differenziandoli per le rispettive classi di vegetazione forestale (Tab. 5.4).<br />

Tabella 5.3 - Valori orientativi del BEF per classi di vegetazione forestale<br />

(da: Ciancio et al., in stampa)<br />

Codice classe BEF (t/m 3 )<br />

A 0,80<br />

B 0,95<br />

C 0,60<br />

D 0,70<br />

E 0,80<br />

F 0,90<br />

G 1,00<br />

H 0,90<br />

I 0,60<br />

136


Tabella 5.4 - Classi di vegetazione forestale (da: Ciancio et al., in stampa)<br />

Codice Categorie fisionomiche<br />

A Acero-frassinieti e formazioni assimilabili<br />

Formazioni igrofile di ripa<br />

Querceti planiziali<br />

Faggete pure o miste di latifoglie<br />

Betuleti<br />

B Querceti di rovere, roverella e cerro<br />

Leccete pure e miste con altre latifoglie<br />

C Lariceti e larici-cembreti<br />

Peccete pure e miste di conifere<br />

Abetine pure e miste di latifoglie<br />

Boschi misti di abete bianco e abete rosso<br />

Pinete di pino silvestre<br />

Pinete di pino nero<br />

D Pinete di pino nero, pino laricio e pino loricato<br />

Pinete a pini mediterranei<br />

Altri boschi di conifere puri o misti<br />

Pinete di pino silvestre<br />

E Cedui di faggio<br />

Cedui di castagno<br />

Cedui di carpino bianco<br />

F Cedui di rovere e roverella<br />

Cedui di cerro, farnetto, fragno, vallonea<br />

Cedui di carpino nero<br />

Cedui di leccio<br />

G Macchia mediterranea<br />

H Soprassuoli a prevalenza di latifoglie con altezza media inferiore a 3,5 m<br />

I Soprassuoli a prevalenza di conifere con altezza media inferiore a 3,5 m<br />

137


Alternativamente a questi dati proposti, nel caso in cui non si possa procedere a<br />

misurazioni specifiche, ci si può basare su dati disponibili in letteratura e che<br />

siano stati rilevati in zone il più possibile simili a quella in questione.<br />

Preferibilmente però, per giungere a delle stime attendibili della quantità di<br />

carbonio fissata complessivamente nella foresta, si dovrebbero calcolare<br />

appositamente i valori necessari nelle formule LULUCF applicando le metodologie<br />

ritenute più adatte, compatibilmente con le capacità economiche e le tecnologie a<br />

disposizione.<br />

La misurazione degli stock di carbonio è tendenzialmente costosa e richiede<br />

parecchio tempo, per questo è importante scegliere correttamente il metodo da<br />

usare. La scelta del metodo dipende da:<br />

- motivi della misurazione;<br />

- grado di precisione richiesto;<br />

- pool di carbonio da quantificare;<br />

- tipo, età e struttura della foresta;<br />

- disponibilità di altre informazioni di supporto;<br />

- tempo e risorse disponibili;<br />

In generale, i pool per i quali è più difficile realizzare delle stime in campo sono:<br />

lettiera, legno morto e suolo.<br />

Per quanto riguarda la biomassa viva, invece, le stime possono essere effettuate<br />

seguendo due strade alternative (fig. 5.1):<br />

- basandosi su misurazioni dirette di grandezze quali area basimetrica e<br />

altezza (nel qual caso si tratterà di valori delle singole piante presenti nel<br />

popolamento che andranno poi sommati);<br />

- impiegando curve empiriche di accrescimento (e agendo quindi<br />

direttamente a un livello di popolamento considerato nel suo complesso).<br />

Queste due vie consentono di conoscere la quantità di biomassa epigea. Quella<br />

ipogea (la cui misurazione diretta è piuttosto complessa) viene generalmente<br />

ricavata sulla base di valori di proporzionalità (fattori root shoot ratio) reperibili<br />

in letteratura.<br />

Una volta calcolata la biomassa viva complessiva, la conversione in termini di<br />

quantità di carbonio, sarà sempre realizzata applicando il fattore di conversione<br />

standard pari a 0,5.<br />

138


Figura 5.1 - Procedure alternative per la stima della biomassa viva<br />

Calcolo della quantità di biomassa a<br />

livello di singolo albero<br />

Diametro a 1,30 m<br />

Altezza<br />

Volume del singolo albero<br />

Estensione dei volumi calcolati per gli<br />

alberi campione a livello di intero<br />

popolamento<br />

Calcolo della biomassa viva totale,<br />

fattore root/shoot ratio<br />

5.3.2. Software per la stima del carbonio assorbito<br />

Un ulteriore sistema per giungere a delle stime della quantità di carbonio fissata<br />

nei diversi sink passa attraverso l’applicazione di software.<br />

Con il tempo ne sono stati sviluppati parecchi, quindi l’offerta oggigiorno è vasta<br />

e la scelta dovrà essere operata sulla base degli obiettivi del calcolo nonché delle<br />

caratteristiche della foresta oggetto d’indagine. Infatti ciascun software opera<br />

generalmente utilizzando, per i calcoli relativi ai diversi pool, dei valori preimpostati<br />

che quindi potrebbero condurre a stime erronee qualora si applichi il<br />

software a una formazione forestale le cui caratteristiche (es. densità d’impianto,<br />

139<br />

Calcolo della quantità di biomassa a<br />

livello di popolamento<br />

Volume della biomassa del<br />

popolamento ricavato utilizzando<br />

curve empiriche di accrescimento, per<br />

classi di età<br />

Calcolo della biomassa viva totale,<br />

fattore root/shoot ratio<br />

Quantità di biomassa viva totale presente a livello di popolamento<br />

Conversione della quantità di biomassa in quantità di carbonio


specie presenti, ecc.) differiscano di molto da quelle delle formazioni per la quale<br />

il software è stato appositamente sviluppato.<br />

Nel caso si disponga del software adatto, comunque, la sua applicazione<br />

permetterà di semplificare notevolmente le operazioni di calcolo della fissazione<br />

del carbonio nella foresta. Tra i vari software a disposizione si segnalano: CO2FIX,<br />

GORCAM e FullCAM.<br />

CO2FIX vers. 3.1 (http://www.efi.fi/projects/casfor/)<br />

È un software per la quantificazione degli stock di carbonio basato su un modello<br />

articolato in 6 moduli:<br />

1) modulo per la biomassa;<br />

2) modulo per il suolo;<br />

3) modulo per i prodotti;<br />

4) modulo per la bioenergia;<br />

5) modulo finanziario;<br />

6) modulo per il carbon accounting.<br />

Simula gli stock e i flussi del carbonio in alberi, suolo e, nel caso di foreste<br />

gestite, nei prodotti legnosi, così come i costi e ricavi finanziari e i crediti di<br />

carbonio che possono essere totalizzati applicando diversi sistemi di contabilità.<br />

Stock, flussi, costi, ricavi e cediti di carbonio sono simulati per ettaro di superficie<br />

e con intervalli temporali di un anno.<br />

Il modulo biomassa converte, con l’aiuto di parametri addizionali, i dati di<br />

incremento volumetrico annuale in stock di carbonio nel pool biomassa. I<br />

parametri relativi a turnover e utilizzazioni indirizzano i flussi verso i pool del<br />

suolo e dei prodotti legnosi. Nel modulo sul suolo la decomposizione della lettiera<br />

e dei residui delle utilizzazioni è simulata usando informazioni relative al clima e<br />

alla qualità della lettiera. Nel modulo sui prodotti legnosi si determina il destino<br />

del carbonio contenuto nel legname utilizzato. Per questo vengono usati parametri<br />

quali l’efficienza nella lavorazione, la longevità del prodotto, il suo riciclo. Il<br />

modulo sulla bioenergia considera che i prodotti di scarto o i sottoprodotti del<br />

modulo “prodotti legnosi” siano destinati alla produzione di energia, usando varie<br />

tecnologie. Il modulo finanziario usa costi e ricavi relativi agli interventi di<br />

gestione per determinare la redditività finanziara per i diversi scenari. Il modulo<br />

sul carbon accounting tiene traccia di tutti i flussi da e verso l’atmosfera e<br />

determina gli effetti dei vari scenari scelti utilizzando diversi approcci di carbon<br />

accounting.<br />

Originariamente questo software è stato sviluppato per foreste coetanee e<br />

monospecifiche dei Paesi Bassi, successivamente è stato sperimentato in foreste<br />

(per lo più coetanee) di tutto il mondo.<br />

140


Il modello è in grado di calcolare lo stock di carbonio presente nella biomassa a<br />

partire da dati di incremento corrente annuo, densità basale, crescita relativa delle<br />

diverse parti componenti la pianta e il contenuto di carbonio di ciascuna.<br />

Permette la simulazione di solo due operazioni colturali (diradamento e taglio).<br />

Quindi se si volessero quantificare gli effetti di altri interventi (per esempio una<br />

fertilizzazione) si dovrebbe agire modificando opportunamente i valori di<br />

incremento annuo della biomassa.<br />

GORCAM (Graz / Oak Ridge Carbon Accounting Model)<br />

(http://www.joanneum.ac.at/gorcam.htm)<br />

Consiste di più fogli di lavoro, in formato Excel 5.0 ®, sviluppati per calcolare i<br />

flussi netti di carbonio dei diversi pool da e per l’atmosfera.<br />

Il modello teorico di base prende in considerazione i seguenti aspetti:<br />

- cambiamenti relativi al carbonio immagazzinato in vegetazione, lettiera e<br />

suolo;<br />

- riduzione delle emissioni di carbonio conseguenti alla sostituzione dei<br />

combustibili fossili con biocombustibili;<br />

- accumulo di carbonio nei prodotti legnosi;<br />

- riduzione delle emissioni di carbonio conseguenti alla sostituzione di<br />

materiali quali acciaio e cemento con prodotti legnosi;<br />

- riciclaggio o combustione di legname di scarto;<br />

- carburanti fossili ausiliari utilizzati per la produzione di biocombustibili e<br />

prodotti legnosi.<br />

Gli input del modello riguardano le caratteristiche gestionali (ciclo di<br />

utilizzazione, tasso di accrescimento, ecc), l’uso del suolo precedente, il modo in<br />

cui la biomassa è usata ai fini della compensazione delle emissioni di carbonio.<br />

Come output fornisce dei diagrammi che mostrano le curve di sequestro<br />

cumulativo del carbonio nel corso del tempo.<br />

Il modello comprende una parte definita come “biosfera” la quale è composta da<br />

sette pool: 1 pool relativo alla vegetazione, 5 relativi alla lettiera e 1 relativo al<br />

suolo.<br />

Il primo pool riguarda il flusso di carbonio dall’atmosfera alla vegetazione e<br />

corrisponde alla produzione primaria netta. Successivamente si ha il trasferimento<br />

dal pool “vegetazione” ai 5 pool “lettiera”. La decomposizione della sostanza<br />

organica nei pool “lettiera” produce CO2. Una parte di questa è emessa<br />

direttamente in atmosfera, mentre parte va ad aggiungersi al pool “suolo” (che a<br />

sua volta, nel tempo, rilascia CO2 in atmosfera).<br />

141


Parte della biomassa del pool “vegetazione” è sottoposta a utilizzazione e alcuni<br />

residui di taglio rimangono sul posto.<br />

Un’altra parte del modello riguarda appunto l’utilizzazione della biomassa.<br />

La biomassa utilizzata può essere usata per produrre bioenergia o per realizzare<br />

prodotti con ciclo di vita lungo, breve e molto breve. Quando la biomassa o il<br />

legno di scarto sono bruciati per produrre energia, la CO2 immagazzinata viene<br />

rilasciata in atmosfera. Prodotti con ciclo di vita lungo e breve possono<br />

immagazzinare quantitativi significativi di carbonio, mentre il contributo dei<br />

prodotti con vita molto breve è trascurabile.<br />

FullCAM vers. 3.0 (http://www.greenhouse.gov.au/ncas/reports/fullcamusermanual.html)<br />

La funzione principale di FullCAM è modellare gli stock e i flussi di carbonio e<br />

azoto in foreste e sistemi agricoli. In particolare permette di considerare i<br />

cambiamenti che si manifestano nelle emissioni di carbonio e azoto quando si<br />

passa da un’attività agricola a una forestale o a un sistema agroforestale (e<br />

viceversa). FullCAM modella tutti i pool di carbonio e azoto e l’andamento dei<br />

flussi tra piante, residui, lettiera, suolo, minerali, prodotti legnosi e atmosfera.<br />

Gli output che si ottengono impiegando questo software dipendono dalle<br />

specificazioni iniziali fatte dall’utente. FullCAM può modellare le trasformazioni<br />

relative a diverse specie di alberi e diverse coltivazioni. Può anche valutare i<br />

cambiamenti nei flussi di carbonio e azoto dovuti a interventi gestionali quali<br />

impianti, diradamenti, utilizzazioni, incendi, pascolo, arature, sovesci.<br />

FullCAM è composto da 5 modelli, ciascuno dei quali riguarda aspetti specifici<br />

dei cicli di carbonio e azoto e delle missioni di GHGs:<br />

1) CAMFor – Carbon Accounting Model for FORestry<br />

Modella i cicli di carbonio e azoto in una foresta considerando: alberi,<br />

residui, suolo, minerali e prodotti legnosi. L’accrescimento forestale può<br />

essere inserito in forma di curve di produzione, formule empiriche di<br />

crescita, ecc.<br />

2) CAMAg – Carbon Accounting Model for Agriculture (cropping and grazing<br />

systems);<br />

Modella i cicli di carbonio e azoto in un sistema agricolo considerando:<br />

colture, residui, suolo, minerali e prodotti agricoli.<br />

3) 3PG – Physiological Principles Predicting Growth 113<br />

Modella l’accrescimento degli alberi e il loro turnover. Una variante di<br />

questo modello è usata per calcolare un indice di produttività forestale<br />

113 Questo modello è un prodotto CSIRO ed è disponibile solo nelle edizioni FullCAM per<br />

ricercatori. Non è stato reso disponibile nella versione “Toolbox” di FullCAM poiché non è<br />

applicato nel National Carbon Accounting System australiano<br />

142


(potenzialmente variabile sia nello spazio che nel tempo) per supportare la<br />

formula empirica di crescita;<br />

4) GENDEC – GENeral microbial mulch DECay model;<br />

Modella i cicli di carbonio e azoto nella lettiera;<br />

5) RothC – ROTHamsted Institute active soil Carbon mode;l<br />

Modella i cicli di carbonio e azoto nel suolo;<br />

CAMFor e CAMAg modellano i flussi e gli stock complessivi di una foresta e di<br />

un sistema agricolo, rispettivamente. Essi forniscono i quadri di riferimento in cui<br />

gli altri modelli possono essere inseriti, infatti gli altri tre modelli simulano<br />

solamente un singolo livello del sistema forestale o agricolo (anche se in modo<br />

più dettagliato).<br />

Questo Software è stato concepito per conteggiare le emissioni dei GHG in<br />

Australia ed è stato sviluppato per fustaie, quindi non è possibile applicarlo a<br />

boschi cedui.<br />

CBM-CFS3 (Carbon Budget Model of the Canadian Forest Sector)<br />

(http://carbon.cfs.nrcan.gc.ca/cbm/cbm-cfs3_overview_e.html)<br />

Si tratta di un software sviluppato dal servizio forestale canadese per valutare<br />

l’ammontare degli stock di carbonio nelle foreste.<br />

È composto da quattro gruppi di strumenti: strumenti per l’importazione dei<br />

dati (import tools), strumenti per l’elaborazione dei dati (data editing tools),<br />

strumenti per l’analisi di ipotesi (assumption composer tools) e strumenti per<br />

l’analisi dei risultati (result explorer tools).<br />

Il primo gruppo di strumenti permette all’utente di importare le informazioni<br />

forestali di cui dispone (inventari, curve di accrescimento e di produzione,<br />

programmi di utilizzazione, informazioni sui disturbi e sul cambio d’uso del<br />

suolo).<br />

Il secondo gruppo di strumenti permette di elaborare i dati importati in CBM-<br />

CFS3 collegandoli per modellare poi ipotesi per le quali effettuare simulazioni.<br />

Questi strumenti sono stati creati per tenere in considerazione: dati climatici,<br />

eventi di disturbo e attività gestionali, matrici di disturbi, curve di accrescimento,<br />

inventari forestali e regole per la conversione forestale.<br />

Gli assumption composer tools permettono all’utente di elaborare modelli relativi<br />

alle diverse ipotesi stabilite nella fase di immissione dei dati e anche di crearne di<br />

nuove. Possono essere elaborati o creati, per esempio, parametri relativi al<br />

turnover della biomassa o della sostanza organica morta, eventi di disturbo e<br />

attività gestionali, parametri di accrescimento, produzione e rapporto<br />

volume/biomassa, ecc.<br />

I result explorer tools, infine, consentono di visualizzare i risultati per una singola<br />

simulazione, per simulazioni multiple riferite a uno stesso progetto o anche riferite<br />

143


a progetti multipli. I risultati possono essere visualizzati in forma di grafici o<br />

tabelle relative a: diversi stock di carbonio, cambiamenti negli stock di carbonio,<br />

indicatori di produttività dell’ecosistema ed emissioni di gas.<br />

Gli stock di carbonio includono, in accordo con le categorie definite nelle Good<br />

Practice Guidance for LULUCF, biomassa epigea e ipogea, sostanza organica<br />

morta (lettiera e legno morto) e carbonio organico nel suolo.<br />

Questo software è stato sviluppato per il Canada, qualora lo si voglia applicare<br />

al contesto italiano bisognerà dunque tener conto della necessità di adottare gli<br />

accorgimenti del caso per tenere conto delle differenze.<br />

La caratteristica particolarmente interessante di questo software è il fatto che<br />

possa essere utilizzato per monitorare l’andamento degli stock di carbonio ma<br />

anche di effettuare delle proiezioni e delle simulazioni di scenari futuri e<br />

alternativi, che possono risultare assai utili per valutare, in termini di capacità di<br />

fissazione della CO2, le diverse opzioni gestionali.<br />

5.4. Andamento generale dell’assorbimento di carbonio nei diversi<br />

sink e pool<br />

Per permettere di valutare se i risultati delle stime delle quantità di carbonio<br />

assorbito nei diversi sink sono in linea con quanto ci si dovrebbe aspettare da un<br />

punto di vista della teoria, si propone qui un breve commento su quali sono gli<br />

andamenti caratteristici di ciascuno di tali sink.<br />

Nella fig. 5.2 si può osservare l’andamento dell’assorbimento previsto per i<br />

diversi sink di un impianto forestale destinato alla produzione di legna da ardere e<br />

sottoposto a utilizzazioni periodiche.<br />

Cumulative C sequestr. [tC ha -1 ]<br />

600<br />

500<br />

400<br />

300<br />

200<br />

100<br />

0<br />

Figura 5.2 - Assorbimento di C nei diversi sink<br />

Fossil fuel input is<br />

generally a negative<br />

value and brings the top<br />

line of the pattern down<br />

to the ultimate total<br />

(thick black line)<br />

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100<br />

Time [years]<br />

144<br />

Credit for energy substitution<br />

Litter<br />

Trees<br />

Soil


Come si può notare il contributo più consistente è quello della biomassa viva. In<br />

essa viene fissata la maggior quantità di carbonio, inoltre l’accrescimento è<br />

sostenuto e crescente dal momento d’impianto a quello di utilizzazione.<br />

In lettiera e suolo, invece, la fissazione di C è più contenuta e col passare degli<br />

anni tende ad assestarsi su un livello stabile che rimane poi pressoché costante.<br />

Concentrando l’attenzione sull’ecosistema foresta, la fig. 5.3 mostra più nel<br />

dettaglio come si distribuisce l’ipotetico assorbimento di C tra i diversi pool di<br />

una foresta soggetta a utilizzazioni periodiche.<br />

Figura 5.3 - Carbon pool di una foresta (da: Lippke, Perez Garcia et al., 2003)<br />

Come si può vedere, l’assorbimento più consistente riguarda chioma e fusti,<br />

ovvero la biomassa epigea. Inoltre, risulta evidente come questo pool sia<br />

caratterizzato da un ripido andamento dell’assorbimento. Le ceppaie, le radici<br />

(considerando complessivamente quelle vive e quelle morte) e la lettiera (come<br />

già visto in precedenza), hanno un accrescimento che, dopo l’incremento iniziale,<br />

tende a mantenersi costante. Inoltre, nella lettiera le quantità di carbonio fissate<br />

sono più consistenti rispetto a ceppaie e radici. In questi pool, infine, le variazioni<br />

nel contenuto di carbonio che si verificano a seguito delle utilizzazioni sono<br />

presenti ma assai meno marcate rispetto a quelle che si verificano nella biomassa<br />

viva epigea.<br />

Queste differenze nel contributo che i diversi pool forniscono al raggiungimento<br />

della quantità totale di carbonio assorbito dimostrano quanto sia importante<br />

ponderare adeguatamente l’importanza assegnata a ciascuno di loro al momento di<br />

computare l’effettivo assorbimento di CO2 stimato (e previsto per il futuro) al fine<br />

di determinare le quote di carbonio teoricamente corrispondenti alla foresta<br />

analizzata.<br />

145


Oltre alle differenze, riconducibili a cause naturali, che si sono viste sussistere<br />

nella capacità di assorbimento dei vari pool, devono poi essere considerate anche<br />

quelle indotte dalle modalità gestionali cui la foresta viene assoggettata per<br />

decisione umana (Fig. 5.4 e 5.5).<br />

Figura 5.4 - Andamento dell’assorbimento di carbonio in foreste naturaliformi<br />

Fonte: www.greenhousegas.nsw.gov.au/acp/forestry.asp<br />

Figura 5.5 - Andamento dell’assorbimento di carbonio in presenza di utilizzazioni<br />

Fonte: www.greenhousegas.nsw.gov.au/acp/forestry.asp<br />

Per foreste che si trovano in condizioni sviluppo naturale (o quantomeno di<br />

gestione naturaliforme) l’andamento degli stock di carbonio accumulati a livello<br />

complessivo (Fig. 5.4) ha una forma sinusoidale, secondo la quale nei primi 20-30<br />

146


di vita della foresta si verifica il maggior accumulo di carbonio, che giunge quindi<br />

al culmine e si assesta poi su livelli tendenzialmente costanti.<br />

Nel caso invece di foreste gestite a fini produttivi, nei momenti successivi alle<br />

utilizzazioni si ha ovviamente la perdita di tutto il carbonio fissato nella biomassa<br />

epigea. In questo caso, per garantire una continuità di lungo termine nella capacità<br />

di assorbimento di questo pool l’alternativa è quella di prevedere impianti<br />

successivi, o che le utilizzazioni siano ripartite tra parcelle in modo tale da<br />

assicurare il mantenimento di uno stock di carbonio minimo garantito nel corso<br />

del tempo (Fig. 5.5).<br />

5.5. Analisi della letteratura<br />

Nel caso in cui non si possa applicare nessuno dei metodi precedentemente<br />

descritti per ottenere delle stime dirette della quantità di carbonio fissata<br />

nell’ecosistema forestale, si può fare riferimento ai dati reperibili in letteratura. In<br />

questo caso si deve procedere con una notevole cautela: le stime possono, vista la<br />

variabilità dei fenomeni analizzati, essere inficiate da notevoli margini di errore e<br />

i risultati sono da interpretare come indicazioni relative all’ordine di grandezza<br />

del ruolo di sink della foresta oggetto d’indagine. Non saranno certo dati<br />

applicabili per il computo dei crediti di carbonio nell’ambito di un mercato delle<br />

quote.<br />

In questa sezione dell’elaborato sono riportati i valori che si sono potuti reperire<br />

in seguito a un’analisi di parte della letteratura esistente in materia 114 .<br />

Ad ogni modo, si segnala che la trasferibilità dei valori qui riportati nell’ambito<br />

specifico degli impianti da realizzarsi in Lombardia è sicuramente limitata. Ciò è<br />

dovuto in modo particolare al fatto che le caratteristiche delle foreste nelle quali<br />

sono stati rilevati i dati non sono, di norma, descritte nei lavori con l’accuratezza<br />

necessaria per vagliare la loro somiglianza con quelle che si ipotizza di<br />

impiantare.<br />

5.5.1. Italia<br />

Da: Magnani, Grassi et al., 2005<br />

Valutazione dello stock di carbonio effettuata per un rimboschimento misto con<br />

finalità naturalistiche realizzato nel 1992 nel comune di Nonantola (MO), su<br />

terreni ex-agricoli molto profondi e con elevato tenore in argilla.<br />

114 Visto lo scopo del presente lavoro, l’attenzione è stata concentrata sulla letteratura relativa a<br />

indagini effettuate in ambito europeo e statunitense.<br />

147


Nel 1999 la densità (considerabile come definitiva) dell’impianto era di 829<br />

piante/ha, con composizione: Quercus robur 31%, Fraxinus spp. 24%, Acer<br />

campestre 14%, Prunus mahaleb 10%, Salix spp. 8%, Populus spp. 7%, Alnus<br />

spp. 4%, Carpinus betulus 2%.<br />

L’incremento medio di massa dendrometrica è stato misurato in 7 m 3 /ha anno,<br />

valore ritenuto basso ma in aumento, con aumento esponenziale della<br />

provvigione.<br />

Il contributo maggiore nello stoccaggio del carbonio proviene da frassini e<br />

querce, ed è dovuto alla maggior densità del loro legno.<br />

Per la biomassa legnosa epigea si è valutato uno stock di circa 12 tC/ha, con<br />

media di accumulo annuo pari a circa 1,8 tC/ha anno.<br />

Il picco nell’incremento dell’immagazzinamento del carbonio è previsto tra i 9<br />

e gli 11 anni di vita del popolamento, per i quali si prevede un accumulo annuo di<br />

circa 3,9 tC/ha anno. Negli anni successivi si ipotizza invece un decremento di<br />

approssimativamente il 20% nel tasso di accumulo.<br />

Da: Bagnaresi, Minotta et al., 2002<br />

In Emilia Romagna per un noceto puro con densità d’impianto pari a circa 278<br />

piante/ha a 30 dall’impianto e distinguendo tra diverse classi di fertilità del suolo,<br />

si sono trovati i seguenti valori (relativi alla quantità di carbonio fissata nei soli<br />

fusti da lavoro):<br />

Classe di<br />

fertilità<br />

Diametro<br />

a 1,30 m<br />

Volume fusto da<br />

lavoro<br />

(m 3 /ha)<br />

Biomassa fusto da<br />

lavoro<br />

148<br />

(t/ha)<br />

CO2 fissata nel fusto da<br />

lavoro in un anno<br />

(t /ha anno)<br />

Elevata 45 175,4 87,7 5,36<br />

Media 40 137,9 68,9 4,21<br />

Bassa 24 42,2 21,1 1,29<br />

Invece per un pioppeto situato nell’area golenale del Po in provincia di Parma,<br />

con densità d’impianto pari a circa 320 piante/ha e dopo 10 dall’impianto, si sono<br />

stimati i seguenti valori (relativi a fusti svettati a 10 cm):<br />

Clone Biomassa fusto svettato a 10 cm<br />

CO2 fissata nel fusto svettato<br />

(t s.s./ha)<br />

(t/ha anno)<br />

I 214 39 7,15<br />

Boccalari 41,6 7,63<br />

Da: Borin e Scanzi, 2006<br />

Per alcune tipologie di impianto vengono riportati i valori relativi a dei<br />

coefficienti stimati utilizzabili per ottenere direttamente il valore della quantità di<br />

carbonio immagazzinata nel terreno (in tCO2/ha) noti gli anni trascorsi dal<br />

momento dell’impianto.


Per siepi e filari i valori del coefficiente sono:<br />

Anni trascorsi dal momento d’impianto 1 2 3 4 5 6 7<br />

Coefficiente 1,275 5,625 17,25 43,95 70 90 90<br />

Per fasce tampone:<br />

Anni trascorsi dal momento d’impianto 1 2 3 4<br />

Coefficiente 1,275 5,625 17,25 43,925<br />

Per impianti di arboricoltura da legno:<br />

Anni trascorsi dal momento d’impianto 1 2 3 4<br />

Coefficiente 1,275 5,625 17,25 43,925<br />

Per impianti da biomassa a ciclo breve:<br />

Anni trascorsi dal momento d’impianto 1 2 3 4 5<br />

Coefficiente 8,4 21,6 37,0 54,5 73,4<br />

Per pioppeti: è stato individuato un coefficiente medio pari a 10,5 tCO2/ha anno.<br />

Da notare che tali coefficienti sono stati calcolati rielaborando e riadattando dati<br />

proveniente da fonti bibliografiche diverse, non sono frutto di analisi realmente<br />

effettuate in loco e pertanto la loro effettiva validità dev’essere considerata con la<br />

necessaria cautela.<br />

5.5.2. Francia<br />

Da: Colin, 2004<br />

In Aquitania i dati disponibili provenienti da inventari riportano, per gli stock di<br />

carbonio nella biomassa legnosa epigea, le seguenti consistenze:<br />

Anno d’inventario Stock di carbonio (tC/ha)<br />

1984 59,4<br />

1990 60,8<br />

1996 71<br />

Da tali valori si può ricavare un ammontare della capacità di fissazione di<br />

carbonio pari a circa tC/ha anno.<br />

Per quanto riguarda il contenuto in carbonio del suolo forestale (sempre in<br />

Aquitania), sono stati stimati valori pari a: circa 49 tC/ha per una profondità di<br />

suolo compresa tra 0 e 20 cm ed escludendo dal calcolo il contributo della lettiera,<br />

e circa 60 tC/ha per una profondità tra 0 e 30 cm, lettiera sempre esclusa.<br />

Invece, per quanto riguarda i suoli forestali Francesi a livello generale, si<br />

riportano i seguenti valori: circa 71 tC/ha per una profondità compresa tra 0 e 30<br />

149


cm, lettiera esclusa, e circa 79 tC/ha per la stessa profondità però inclusa la<br />

lettiera.<br />

5.5.3. Germania<br />

Da: Dieter e Elasser, 2002<br />

Per aree forestali recentemente sottoposte a utilizzazione e successivamente<br />

riforestate, per calcolare gli stock di carbonio si sono adottati tassi di incrementi<br />

annuali di carbonio sequestrato pari a 1,5 tC/ha anno per quanto riguarda la<br />

biomassa viva epigea (ovvero fusti, rami e fogliame)<br />

5.5.4. Inghilterra<br />

Da: Partenaude, Briggs et al., 2003<br />

Nel sud-est dell’Inghilterra delle stime relative agli stock di carbonio effettuate<br />

per cinque aree di studio nella foresta di latifoglie “Monks Wood” danno valori di<br />

compresi tra 346 e 616 tC/ha.<br />

Mediamente, inoltre, si ritiene che la ripartizione dello stock nei diversi pool<br />

sia approssimativamente la seguente:<br />

Tipo di pool Stock di carbonio<br />

(tC/ha)<br />

biomassa morta 2<br />

fogliame e lettiera 3<br />

sottobosco e cespugli 18<br />

biomassa radicale 28<br />

biomassa arborea 78<br />

suolo 335<br />

Totale 464<br />

Da: Cannell e Milne, 1995, in Bateman e Lovett, 2000<br />

Per quanto riguarda stock di carbonio nella biomassa viva si riportano i seguenti<br />

valori:<br />

- foresta di querce di 55 anni: circa 63,6 tC/ha<br />

- foresta di faggio di 55 anni circa 70,6 tC/ha<br />

Da: Bateman e Lovett, 2000<br />

A seguito di studi realizzati in Galles, per quanto riguarda la variazione dello<br />

stock di carbonio nel suolo in seguito ad attività di afforestazione, si è constatato<br />

che generalmente afforestazione è sinonimo di incremento a lungo termine del C<br />

immagazzinato nel suolo. Considerando il pascolo erbaceo come uso del suolo<br />

150


precedentemente all’afforestazione si ritiene che i cambiamenti nell’equilibrio del<br />

carbonio del suolo (in tC/ha) siano quelli riportati nella tabella 5.9<br />

Tabella 5.9 Cambiamenti post-afforestation nei livelli dell’immagazzinazione del carbonio<br />

nel suolo<br />

Soil type Upland sites Lowland sites<br />

Under Under Change Under Under Change<br />

grass trees<br />

grass trees<br />

Peat 1200 450 (750) n/a n/a n/a<br />

Humic gley 180-400 250-450 50-70 180-350 180-450 0-100<br />

Podzol 200-400 250-450 50 100-200 100-450 0-250<br />

Brown earths n/a n/a n/a 100-120 100-250 0-130<br />

Humic stagno podzol 180-400 250-450 50-70 120-350 120-450 0-100<br />

Stagnogley 170-400 170-450 0-50 100-120 100-450 0-330<br />

n/a = not applicable (poiché il tipo di suolo non è comune a quell’altitudine)<br />

Tra parentesi valori negativi<br />

Fonte: I.J. Bateman, A.A. Lovett, 2000<br />

5.5.5. Irlanda del Nord<br />

Da: Cruickshank, Tomlinson et al., 1998<br />

Relativamente alla quantità di carbonio presente in un ettaro di foresta<br />

(differenziata per specie e per classe d’età) sono stati stimati i valori riportati nelle<br />

tabelle 5.10 e 5.11 (da Cruickshank, Tomlinson et al., modificato)<br />

Tab 5.10 - tC/ha foreste di conifere<br />

Età (anni) 1-13 14-23 24-33 34-43 44-53 54-63 64-73 > 73<br />

Specie<br />

Pini 8,7 17,4 26,1 34,3 47,9 63,9 69,6 83,6<br />

Larici 10,9 19,1 40 54,2 55,8 59,7 73,4 57,7<br />

Abete di Douglas 23,4 40,9 70,1 79,9 137,8 146 195,4 -<br />

Abete di Norvegia 8,1 14,1 43 62,2 73,4 81,1 107,8 76,7<br />

Abete di Sitka 7,6 13,3 43,3 61,9 84,6 91,6 97,2 49,6<br />

Altre conifere 12 21 53,8 67,6 92,8 102,9 111,6 52,4<br />

Tutte le conifere 8,1 14,2 42,6 56,7 75,7 83,2 106,6 62,4<br />

Tab 5.11 - tC/ha foreste di latifoglie<br />

Età (anni) 1-10 11-20 21-30 31-40 41-50 > 50<br />

Tutte le specie 1,6 12,5 28,5 39,2 46,5 113,2<br />

5.5.6. Stati Uniti<br />

Da: Nowak e Crane, 2002<br />

Per quanto riguarda le foreste urbane, si stima che, a causa della loro<br />

relativamente bassa copertura arborea, immagazzinano minori quantità ci<br />

151


carbonio per ettaro nella biomassa epigea rispetto alle foreste. I valori stimati sono<br />

pari a circa 25,1 tC/ha contro 53,5 tC/ha per le foreste non urbane.<br />

Per gli alberi urbani i tassi stimati di sequestro di carbonio sono ancora più<br />

bassi, si parla di circa 0,8 tC/ha anno contro le 2,6 tC/ha anno misurate per<br />

piantagioni di Pinus taeda geneticamente migliorato, oppure contro all’incirca 1,0<br />

tC/ha anno per un piceo-abieteto di 25 anni a rinnovazione naturale.<br />

Le foreste hanno tipicamente circa la metà di densità media di C per unità di<br />

copertura arborea rispetto alle foreste urbane, le stime infatti parlano di circa 5,3<br />

kgC/ha di copertura (foresta) contro 9,25 kgC/ha di copertura (foresta urbana).<br />

Questa differenza è dovuta alla diversa distribuzione dei diametri degli alberi<br />

nelle foreste rispetto alle foreste urbane e al fatto che alberi di grandi dimensioni<br />

possono immagazzinare quantità maggiori di C rispetto ad alberi piccoli.<br />

5.6. Considerazioni finali<br />

La capacità di assorbire e fissare carbonio degli ecosistemi forestali dipende in<br />

modo particolare dalla quantità di biomassa presente per unità di superficie.<br />

Pertanto, è fondamentale distinguere tra i vari tipi di trattamento e governo cui<br />

sono sottoposte le formazioni forestali, la loro densità e l’intensità e periodicità<br />

dei prelievi. Infatti le utilizzazioni forestali sottraggono all’ecosistema biomassa<br />

legnosa e il carbonio in essa fissato viene restituito all’atmosfera. Più lungo sarà il<br />

tempo in cui gli alberi permangono in situ e più lunga sarà la durata del sequestro<br />

del carbonio. Naturalmente la velocità di ritorno in atmosfera di questo carbonio<br />

dipende anche dalla destinazione d’uso del prodotto realizzato, ma questo genere<br />

di valutazione esula dal compito di questa ricerca.<br />

Il ruolo di sink delle foreste ha quindi carattere temporaneo, più o meno lungo a<br />

seconda del tipo di formazione considerata. Gli ordini di grandezza della durata<br />

dei cicli sono riportati nella tabella 5.12.<br />

Tabella 5.12 - Durata del ciclo di vita dei principali tipi di formazioni forestali<br />

Formazione forestale Durata del ciclo<br />

(anni)<br />

Fustaia Oltre 100<br />

Ceduo<br />

Arboricoltura da legno:<br />

10-25<br />

- ciclo breve (es. pioppeto)<br />

8-10<br />

- ciclo medio-lungo (es. noceto)<br />

30-60<br />

Short Rotation Coppices (o Short Rotation Forestry) 1-4<br />

Nota: le Short Rotation Coppices, visto il brevissimo ciclo di produzione e la reversibilità di molti<br />

impianti, non vengono in genere considerate nell’ambito delle stime del C sink, mentre possono<br />

avere un certo impatto indiretto sul ciclo del C se le biomasse prodotte hanno finalità energetica e<br />

vengono impiegate a fini di sostituzione di C fossile.<br />

152


La definizione del metodo ottimale per il calcolo degli stock di carbonio nella<br />

biomassa degli alberi varia principalmente in funzione di: 1) scala geografica<br />

presa in considerazione e dati disponibili a tale scala, 2) grado di precisione<br />

richiesto.<br />

Per tutti questi motivi, la procedura pratica per la stima delle quantità di CO2<br />

fissate nei diversi pool e/o nel complesso di un ecosistema forestale non è<br />

univoca. Essa dovrà invece essere definita e specificata appositamente per ogni<br />

valutazione che si intenda realizzare, al fine di tener conto delle peculiarità e di<br />

assegnare il giusto peso ai diversi fattori coinvolti.<br />

153


Capitolo 6<br />

Benefici economici derivanti da opportunità occupazionali<br />

6.1. Introduzione: caratteristiche del servizio e metodologie<br />

di stima<br />

La realizzazione del progetto “10.000 ettari di nuovi sistemi verdi” comporterà<br />

senza dubbio un consistente impatto occupazionale.<br />

Si tratta di un effetto probabilmente non prioritario rispetto agli obiettivi che<br />

sono alla base del progetto, ma che riveste un interesse specifico per i policy<br />

makers nel rafforzare le motivazioni all’investimento. L’interesse è accresciuto<br />

dal fatto che i settori occupazionali interessati (quello agricolo-forestale e<br />

ambientale) rivestono un ruolo strategico per la qualificazione delle politiche di<br />

sviluppo economico della regione e, in particolare, per la diversificazione e<br />

stabilizzazione dei redditi nelle aree rurali.<br />

Scopo di questo capitolo è pertanto fornire delle indicazioni utili per tentare di<br />

realizzare una quantificazione preliminare e indicativa delle potenzialità del<br />

progetto in termini di creazione di occupazione e di benefici economici<br />

conseguenti.<br />

Le principali attività del progetto “10.000 ettari di nuovi sistemi verdi” che<br />

daranno luogo alla creazione di occupazione possono essere raggruppate nelle<br />

seguenti tre macrocategorie (Fig. 6.1):<br />

- realizzazione degli impianti,<br />

- manutenzione degli impianti,<br />

- attività complementari agli impianti realizzati.<br />

Un’altra categoria che potrebbe essere individuata è quella della progettazione<br />

degli impianti. Si ritiene però che non sia il caso di prendere esplicitamente in<br />

considerazione tale area di attività dal momento che interesserà un numero di<br />

persone relativamente limitato e interesserà personale occupato in forma<br />

temporanea, per periodi limitati e in forme occasionali.


Figura 6.1 - Presumibile andamento degli impatti occupazionali per le tre macrocategorie di<br />

impiego nel progetto “10.000 ettari di nuovi sistemi verdi”<br />

Impatto<br />

occupazionale<br />

Per quanto riguarda le tre macrocategorie occupazionali sopraelencate va<br />

innanzitutto ricordato che, in linea teorica, le attività lavorative cui daranno luogo<br />

(e le conseguenti possibilità occupazionali) si realizzeranno in tempi successivi: la<br />

realizzazione degli impianti sarà seguita dalla fase della loro manutenzione fino al<br />

momento della messa a regime delle infrastrutture, cui si assoceranno attività<br />

complementari (dalle attività didattiche a quelle di ristoro, per esempio) che<br />

andranno aumentando col passare del tempo e l’accrescimento del soprassuolo.<br />

Dal momento che le aree interessate sono di notevole estensione è presumibile<br />

che si operi per lotti successivi, con un effetto di deriva per ognuna delle tre<br />

sottocategorie occupazionali. Presumibilmente, durante la concreta realizzazione<br />

degli interventi si verificheranno quindi alcune sovrapposizioni nelle fasi sopra<br />

ricordate. Ad esempio: le operazioni di manutenzione degli impianti arborei (la<br />

maggior parte delle quali si concentreranno effettivamente nei primi anni<br />

dall’impianto) saranno necessarie, per quanto con minor frequenza, anche negli<br />

anni successivi quando le attività nettamente prevalenti saranno invece oramai<br />

quelle turistico-ricreative, didattico-ambientali e produttive (riguardanti prodotti<br />

legnosi e non). Anche ulteriori operazioni di impianto (normalmente previste<br />

unicamente nella fase iniziale) potrebbero rendersi nuovamente necessarie in un<br />

secondo momento, nel caso in cui l’impianto iniziale risultasse danneggiato o con<br />

fallanze in alcune aree e fosse necessario provvedere al ripristino o all’espansione<br />

delle piantagioni.<br />

La realizzazione per fasi successive degli impianti è, peraltro, molto opportuna<br />

in relazione alla necessità di avere una certa, almeno minima, disetaneizzazione<br />

degli stessi.<br />

156<br />

realizzazione degli impianti<br />

manutenzione degli impianti<br />

attività complementari<br />

tempo


Si ritiene comunque che le caratteristiche relative all’impatto occupazionale di<br />

queste tre macrocategorie non siano, nel complesso, strettamente dipendenti dalle<br />

eventuali variazioni nella programmazione del momento e dell’ordine di<br />

esecuzione delle operazioni. Certamente, invece, dovrà essere tenuto in<br />

considerazione il naturale concentrarsi di alcune operazioni prevalentemente in<br />

certi periodi 115 , il che tenderà a dare origine a lavori (e quindi a possibilità<br />

d’impiego) stagionali e non continuativi.<br />

Prima di procedere con l’analisi puntuale di ciascuna metodologia, è però<br />

indispensabile sottolineare anche un altro aspetto fondamentale riguardante le<br />

opportunità occupazionali, ossia il fatto che esse si differenziano notevolmente in<br />

conseguenza delle diverse tipologie di sistema verde che verranno realizzate. È<br />

indubbio, ad esempio, che sistemi a ceduo non richiedono lo stesso genere di<br />

manutenzione né danno lo stesso tipo di prodotto di sistemi a siepi, né consentono<br />

lo stesso genere di fruizione.<br />

6.2. Metodologie di stima<br />

Le metodologie che possono essere impiegate per giungere a una stima dei<br />

benefici economici derivanti dalle opportunità occupazionali originate dalla<br />

realizzazione e dalla presenza di un complesso di sistemi verdi sono diverse.<br />

Quelle che sono state identificate come più appropriate e che verranno descritte<br />

nelle pagine che seguono sono fondamentalmente due, anche se un accenno verrà<br />

fatto anche a una terza metodologia di possibile applicazione.<br />

La prima metodologia proposta è utile soprattutto per la valutazione in termini<br />

occupazionali delle attività di realizzazione e manutenzione dei sistemi verdi.<br />

Essa si basa sull’identificazione delle singole lavorazioni e delle operazioni<br />

necessarie per creare e mantenere vitale un sistema verde, sulla quantificazione<br />

del tempo di lavoro complessivo richiesto da ciascuna di esse e, infine, sulla stima<br />

del possibile ammontare complessivo del reddito da lavoro che ne potrebbe<br />

conseguire.<br />

La seconda metodologia si basa sulla raccolta e sull’analisi delle informazioni<br />

reperibili in letteratura relativamente alle possibilità occupazionali. Il<br />

procedimento da mettere in atto in questo caso prevede dunque essenzialmente<br />

l’applicazione di tecniche di benefit transfer tramite le quali giungere a delle<br />

valutazioni per il caso specifico oggetto d’interesse di questo elaborato.<br />

115 Periodi all’interno di uno stesso anno ma anche periodi nell’ambito del complesso di anni<br />

del turno o della durata prevista del sistema verde.<br />

157


L’ultima metodologia cui si accennerà infine è quella illustrata in Goede et al.<br />

(2001) che si basa sulla definizione e la successiva applicazione di criteri e<br />

indicatori relativi all’occupazione.<br />

6.2.1. Metodologia basata sul calcolo dei Full Time Equivalent<br />

Innanzitutto va detto che tale metodologia di stima è utile principalmente per le<br />

valutazioni relative alle attività di impianto e manutenzione dei sistemi verdi,<br />

mentre è poco efficace per quanto riguarda le attività economiche connesse alla<br />

loro presenza, quali quelle turistico-ricreative, didattiche, ecc. Nel corso del<br />

presente paragrafo si è quindi deciso di tralasciare tale componente, fatto questo<br />

che comunque non pregiudica affatto l’utilità della metodologia dal momento che<br />

potrà essere applicata senza problemi per valutazioni parziali relative alla sola<br />

gestione del sistema verde in senso stretto. Esse saranno a tutti gli effetti delle utili<br />

valutazioni parziali che sarà sufficiente integrare con valutazioni relative alle altre<br />

attività generanti possibilità occupazionali.<br />

Come già anticipato, questa metodologia di stima prevede innanzitutto la<br />

determinazione delle diverse lavorazioni necessarie per la realizzazione degli<br />

impianti e delle operazioni colturali di manutenzione. Una volta determinate, si<br />

stima per ciascuna di esse il numero di ore di lavoro necessario per portarle a<br />

termine 116 . Tale valore orario viene quindi convertito in numero di Full Time<br />

Equivalent (FTE) 117 per ettaro. Essendo normalmente la mole di lavoro e il numero<br />

di persone coinvolte proporzionali all’estensione superficiale del sistema verde<br />

considerato, l’impatto occupazionale complessivo può essere infine facilmente<br />

calcolato moltiplicando il totale dei FTE per l’estensione superficiale complessiva.<br />

Infine, moltiplicando il totale dei FTE per il reddito orario di un operaio forestale o<br />

di un giardiniere o delle altre figure professionale ritenute più adatte per una<br />

determinata operazione, si giunge alla stima di quello che può essere considerato<br />

il beneficio economico derivante dalle opportunità occupazionali create dai<br />

sistemi verdi.<br />

In linea di massima, il tipo e il numero di interventi necessari per realizzare e<br />

mantenere nel tempo i diversi impianti sono reperibili in letteratura o basandosi<br />

sulle conoscenze e le esperienze pratiche di persone operanti nel settore.<br />

Nel prosieguo si definiranno dapprima le lavorazioni necessarie per la<br />

realizzazione degli impianti e successivamente le operazioni per la manutenzione.<br />

116 Data la necessità, nel presente lavoro, di mantenere i risultati al livello più generale<br />

possibile per permetterne l’applicazione nel più ampio numero di casi specifici, tutte le valutazioni<br />

verranno effettuate per unità di superficie, ossia per ettaro di sistema verde (tranne nel caso delle<br />

siepi quando come unità si useranno i 100 metri lineari).<br />

117 Full Time Equivalent (FTE): unità di misura che corrisponde a una persona che lavora otto<br />

ore al giorno. Lavoratori part-time o comunque impegnati meno di otto ore al giorno vengono<br />

ricalcolati sulla base di tale proporzione.<br />

158


Per ciascuna di esse verrà prima indicato il numero di ore necessario per<br />

l’esecuzione e successivamente il numero dei corrispondenti FTE.<br />

Le principali tipologie di sistemi verdi che si ritiene opportuno analizzare (in<br />

quanto quelle che verranno con maggior probabilità realizzate nell’ambito del<br />

progetto “10.000 ettari di sistemi verdi”) sono: sistema a bosco, sistema a siepe,<br />

sistema a Short Rotation Forestry (SRF), sistema a prato. Tali tipologie vanno<br />

comunque intese in senso lato dal momento che ciascuna di esse può nella realtà<br />

avere caratteristiche anche molto diverse, soprattutto in base alla funzione cui è<br />

destinata (produttiva, turistico-ricreativa, paesaggistica, ecc.). Nello specifico del<br />

presente elaborato, con la dicitura “sistema a bosco” si indicano boschi sia per<br />

produzione di legname che per fruizione o altro; con quella “sistema a siepe” si<br />

intendono sia siepi sia filari e con “sistema a prato” si indicano sia prati che<br />

tappeti erbosi. Si assume, per semplicità, che le eventuali differenze in termini di<br />

FTE esistenti tra i vari tipi riuniti in una stessa tipologia siano minime e quindi<br />

trascurabili sulla base del considerevole grado di approssimazione già implicito<br />

nella determinazione del numero di ore per ettaro indicate come necessarie per lo<br />

svolgimento di qualsivoglia operazione.<br />

a. Realizzazione degli impianti<br />

Vi possono essere delle differenze più o meno lievi a seconda dei casi particolari,<br />

soprattutto in conseguenza del tipo di terreno e del periodo dell’anno in cui si<br />

opera. Pertanto, a livello generale, in tabella 6.1 verranno elencate tutte le<br />

operazioni che possono essere effettuate al fine di impiantare una superficie e per<br />

ciascuna di esse si segnaleranno le corrispondenti ore di lavoro normalmente<br />

impiegate per la loro realizzazione. Dopodiché si segnaleranno, caso per caso per i<br />

principali sistemi verdi considerati, le operazioni comunemente compiute e si<br />

calcolerà il totale indicativo complessivo del numero di FTE per ettaro<br />

159


Tabella 6.1 - Elenco complessivo delle lavorazioni comunemente eseguite per la preparazione<br />

del terreno e l’impianto<br />

Tipo di lavorazione N° ore/ ettaro<br />

Preparazione appezzamento – sistemi arborei o arbustivi<br />

Ripuntatura profonda 3<br />

Concimazione di fondo 1,25 (1 SRF)<br />

Fertilizzazione 4<br />

Aratura a 30 cm di profondità 2<br />

Aratura a 50 cm di profondità 3<br />

Amminutamento del terreno tramite fresatura 2<br />

Erpicatura 3<br />

Preparazione appezzamento – sistemi erbacei<br />

Preparazione del suolo tramite spianamento 4<br />

Preparazione del letto di semina tramite aratura, erpicatura e/o fresatura 3<br />

Fertilizzazione del terreno 4<br />

Impianto – sistemi arborei o arbustivi<br />

Tracciamento filari 8<br />

Stesura film pacciamante (4 m di distanza tra i filari) 1,5 ore per 100<br />

metri lineari<br />

Apertura buche per piante con pane di terra (densità 1200 pte/ha) 60<br />

Apertura buche per piantine a radice nuda o in contenitore 0,03 ore per pianta<br />

Preparazione e messa a dimora di piante con pane di terra (densità 1200 pte/ha) 72<br />

Preparazione e messa a dimora di piante a radice nuda e con pane di terra 0,06 ore per pianta<br />

Messa a dimora di talee 12<br />

Messa in opera degli shelter (o altre protezioni) 0,02 x protezione<br />

Messa in opera dei pali tutori 0,12 x palo<br />

Semina – sistemi erbacei<br />

Distribuzione del miscuglio di semi 3<br />

Interramento del seme tramite rullatura 2<br />

Come anticipato in precedenza, nelle tabelle a seguire (Tab. da 6.2 a 6.5) vengono<br />

indicate, per ciascuna tipologia di sistema verde, le operazioni normalmente svolte<br />

per il suo impianto (o semina nel caso del prato) e il corrispondente ammontare in<br />

termini di FTE.<br />

In Tab. 6.2 sono riportate le lavorazioni comunemente effettuate per l’impianto di<br />

un sistema arboreo. Come si può notare è stato preso in considerazione un sesto<br />

d’impianto pari a 1200 piante per ettaro. Nel caso assai probabile che si debbano<br />

fare stime relative ad impianti con altre densità, si dovranno effettuare tutte le<br />

modifiche del caso.<br />

Tabella 6.2 - Impianto sistema a bosco<br />

Tipo di lavorazione FTE/ha<br />

Ripuntatura profonda 0,4<br />

Concimazione di fondo 0,2<br />

Fertilizzazione 0,5<br />

Aratura a 50 cm di profondità 0,4<br />

Amminutamento del terreno tramite fresatura 0,3<br />

Tracciamento filari 1<br />

Stesura film pacciamante (4 m di distanza tra i filari, 24 filari) 4,5<br />

Apertura buche per piante con pane di terra (densità 1200 pte/ha) 7,5<br />

Preparazione e messa a dimora di piante con pane di terra (densità 1200<br />

9<br />

pte/ha)<br />

Messa in opera degli shelter (o altre protezioni) (densità 1200 pte/ha) 3<br />

Messa in opera dei pali tutori (densità 1200 pte/ha) Alternativo agli<br />

shelte<br />

Totale FTE/ha 26,8<br />

160


Nel caso della tipologia “sistema a siepe” (Tab. 6.3) i FTE sono calcolati per 100<br />

metri lineari anziché per ettaro, ipotizzando che vengano realizzati dei monofilari.<br />

Inoltre il numero di piante presenti nei 100 metri lineari è stato approssimato<br />

ipotizzando di mettere una pianta per metro lineare, ossia mediando le distanze<br />

generalmente utilizzate tra arbusti e alberi.<br />

Tabella 6.3 - Impianto sistema a siepe<br />

Tipo di lavorazione FTE/100 metri lineari<br />

Ripuntatura profonda 0,02<br />

Concimazione di fondo 0,01<br />

Fertilizzazione 0,03<br />

Aratura a 50 cm di profondità 0,02<br />

Amminutamento del terreno tramite fresatura 0,01<br />

Tracciamento filare 0,05<br />

Stesura film pacciamante 0,2<br />

Apertura buche per piante con pane di terra (1 pianta/m, ca 100<br />

0,4<br />

piante/100 metri)<br />

Preparazione e messa a dimora di piante con pane di terra (1<br />

pianta/m, ca 100 piante/100 metri)<br />

Messa in opera degli shelter (o altre protezioni) 0,25<br />

Messa in opera dei pali tutori Alternativo agli shelter<br />

Totale FTE/100 metri lineari 1,74<br />

In Tab. 6.4 e 6.5 sono infine segnalate, rispettivamente, le lavorazioni per<br />

l’impianto di un sistema a Short Rotation Forestry (SRF) e quelle per la semina di<br />

un sistema a prato e/o a tappeto erboso.<br />

Tabella 6.4 - Impianto sistema a SRF<br />

Tipo di lavorazione FTE/ha<br />

Aratura a 30 cm di profondità 0,25<br />

Erpicatura 0,38<br />

Concimazione di fondo 0,1<br />

Tracciamento filari 1<br />

Messa a dimora talee 1,5<br />

Totale FTE/ha 3,23<br />

Tabella 6.5 - Semina di sistema a prato e/o a tappeto erboso<br />

Tipo di lavorazione FTE/ha<br />

Preparazione del suolo tramite spianamento 0,5<br />

Preparazione del letto di semina tramite aratura, erpicatura e/o fresatura 0,4<br />

Fertilizzazione del terreno 0,5<br />

Distribuzione del miscuglio di semi 0,4<br />

Interramento del seme tramite rullatura 0,3<br />

Totale FTE/ha 2,1<br />

b. Manutenzione degli impianti<br />

In questo paragrafo vengono riportate, per ciascun sistema considerato, le<br />

operazioni di manutenzione comunemente effettuate. In questo caso il grado di<br />

semplificazione e di approssimazione è superiore rispetto alla parte precedente<br />

161<br />

0,75


elativa alle lavorazioni per l’impianto. Si ritiene non sia comunque il caso di<br />

cercare di raggiungere un grado di precisione superiore in quanto l’obiettivo del<br />

presente studio è fornire delle indicazioni orientative, sulla base delle quali<br />

costruire poi le valutazioni di dettaglio relative ai casi concreti che saranno<br />

oggetto di studi specifici, qualora necessario.<br />

In Tab. 6.6 vengono innanzitutto elencate tutte le possibili lavorazioni più<br />

comunemente effettuate.<br />

Tabella 6.6 - Elenco complessivo delle lavorazioni comunemente eseguite per la<br />

manutenzione dell’impianto realizzato<br />

Tipo di lavorazione<br />

Cure colturali – sistemi arborei o arbustivi<br />

N° ore/ ettaro<br />

Lavorazioni superficiali (fresatura o erpicatura) 2 volte all’anno per i primi 5<br />

anni<br />

3<br />

Concimazione di copertura 1<br />

Trattamento chimico pre-emergenza 1<br />

Diserbo meccanico interfila con trinciaerba azionato da trattrice (e rilascio in<br />

loco del materiale triturato)<br />

4<br />

Diserbo chimico (distribuzione di prodotto erbicida) 2<br />

Diserbo post-emergenza 1<br />

Trattamento insetticida 2<br />

Irrigazione di soccorso 4<br />

Intervento irriguo per aspersione sopra chioma 3<br />

Risarcimenti (per un risarcimento max. pari al 20% impianto iniziale) 12<br />

Controllo fitosanitario 2<br />

Sostituzione piante morte o deperite 0,1 h/pianta<br />

Ripulitura di siepe infestata da rovo, eliminazione e accatastamento dei polloni<br />

in eccesso<br />

178<br />

Spalcatura rami secchi, diradamento, eliminazione piante morte e/o deperienti,<br />

accatastamento materiale legnoso<br />

270<br />

Diradamento, depezzatura e stoccaggio del materiale di risulta 50<br />

Potatura - Dal 2° anno (e finché il tronco avrà lunghezza compresa tra 2,5 e 4 (0,08 x pianta)<br />

m) potature di formazione per le piante delle specie principali<br />

Monitoraggio - Misurazioni di piante rappresentative delle caratteristiche medie<br />

dell’impianto e verifica annuale della regolarità di accrescimento diametrico e<br />

longitudinale<br />

9-12<br />

Diradamenti - Da uno a quattro, ad intervalli dipendenti dal ritmo di<br />

Variabile<br />

accrescimento delle piante<br />

secondo le<br />

situazioni<br />

Taglio astoni di un anno 27<br />

Dicioccatura<br />

Cure colturali – sistemi erbacei<br />

5<br />

Tosatura 5<br />

Irrigazione 4<br />

Concimazione in copertura 1<br />

Erpicatura e rullatura 5<br />

Sfalcio 4<br />

In Tab. 6.7 viene proposta una stima dei FTE relativi alle cure colturali di un<br />

sistema a bosco. Essa ha valore puramente indicativo dal momento che i diversi<br />

tipi di bosco sottendono diverse esigenze colturali. Nello specifico, il caso<br />

considerato si avvicina particolarmente a quello di un bosco di altofusto.<br />

Si segnala inoltre che non vengono tenuti in considerazione eventuali<br />

risarcimenti, diradamenti né l’eliminazione finale delle ceppaie, interventi questi<br />

162


che per alcuni tipi di formazione possono assumere importanza prevalente (si<br />

pensi per esempio al caso di un bosco ceduo).<br />

Infine si ritiene opportuno sottolineare anche che, a seconda degli anni<br />

complessivi di permanenza del soprassuolo boscato, alcuni interventi potrebbero<br />

dover essere ripetuti un numero di volte superiore rispetto a quello preso in<br />

considerazione.<br />

Tabella 6.7 - Manutenzione sistema a bosco<br />

Tipo di operazione FTE/ha<br />

Diserbo meccanico interfila con trinciaerba azionato da trattrice (e rilascio in loco del<br />

materiale triturato) (1 intervento l’anno per i primi 5 anni)<br />

0,5*5= 2,5<br />

Diserbo chimico (1 intervento l’anno per i primi 3 anni) 0,25*3=0,75<br />

Trattamento insetticida (1 volta l’anno per i primi 4 anni) 0,25*4=1<br />

Irrigazione di soccorso (1 volta l’anno per i primi 2 anni) 0,5*2= 1<br />

Potatura (una volta l’anno dal secondo al quinto anno) 1,4*5= 7<br />

Diradamento, depezzatura e stoccaggio del materiale di risulta 6,25<br />

Totale FTE/ha 18,5<br />

Nella Tab. 6.8 si riporta invece una stima dei FTE necessari per la manutenzione di<br />

un sistema a siepe. Anche in questo caso la stima può essere solo indicativa dal<br />

momento che esistono numerosi tipi di siepe, ciascuno destinato ad assolvere a<br />

funzioni distinte (fitodepurativa, paesaggistica, produttiva, ecc.), i quali<br />

necessitano conseguentemente di operazioni di manutenzione diversificate a<br />

seconda degli obiettivi. Un esempio evidente è quello delle siepi per la produzione<br />

di legna da ardere: in questo caso le operazioni di utilizzazione assumeranno un<br />

peso decisamente più rilevante che non nel caso di altri tipi di siepe (ad es. a uso<br />

paesaggistico-ornamentale).<br />

Tabella 6.8 - Manutenzione sistema a siepe<br />

Tipo di operazione FTE/100 metri<br />

lineari<br />

Irrigazione di soccorso (1 volta l’anno per i primi 2 anni) 0,025*2= 0,05<br />

Ripulitura di siepe infestata da rovo, eliminazione e accatastamento dei<br />

1,11<br />

polloni in eccesso (1 volta)<br />

Diradamento, depezzatura e stoccaggio del materiale di risulta (1 volta) 0,31<br />

Diocioccatura 0,03<br />

Totale FTE/100 metri lineari 1,5<br />

Nel caso dei sistemi di Short Rotation Forestry (Tab. 6.9) il computo delle<br />

operazioni di manutenzione dev’essere fatto in modo leggermente distinto, ovvero<br />

è importante tener conto del fatto che generalmente, in questi sistemi, si ha un<br />

ciclo che si ripete 4 volte (ciascuna corrispondente a un blocco di due anni) nel<br />

corso delle quali si ripetono le stesse operazioni colturali. Al termine dell’ultimo<br />

anno dell’ultimo blocco, alle operazioni colturali di routine va aggiunta anche<br />

quella di dicioccatura avente lo scopo di rimuovere le ceppaie e preparare il<br />

terreno per un nuovo ciclo completo di impianti.<br />

163


Tabella 6.9 - Manutenzione sistema a SRF – FTE relativi a un blocco (due anni)<br />

Tipo di operazione FTE/ha<br />

1° anno<br />

Diserbo pre-emergenza 0,1<br />

Concimazione di copertura 0,1<br />

Diserbo post-emergenza 0,1<br />

Diserbo meccanico interfila (4 interventi l’anno) 0,5 *4= 2<br />

Intervento irriguo per aspersione sopra chioma (2 interventi l’anno) 0,4 *2= 0,8<br />

Trattamento insetticida (2 interventi l’anno) 0,3 *2= 0,6<br />

2° anno<br />

Concimazione di copertura 0,1<br />

Diserbo post-emergenza 0,1<br />

Diserbo meccanico interfila (4 interventi l’anno) 0,5 *4= 2<br />

Intervento irriguo per aspersione sopra chioma (2 interventi l’anno) 0,4 *2= 0,8<br />

Trattamento insetticida (2 interventi l’anno) 0,3 *2= 0,6<br />

Taglio astoni di un anno 0,6<br />

Totale FTE/ha 7,3<br />

Per quanto riguarda la manutenzione complessiva di un impianto a SRF facendo<br />

riferimento a un ciclo di 4 blocchi, ossia sommando i FTE relativi a quattro<br />

ripetizioni di gruppi di due anni, i risultati sono riportati nella tabella 6.10. In<br />

questo caso è stato aggiunto anche l’ammontare di FTE derivante dall’operazione<br />

di dicioccatura.<br />

Tabella 6.10 - Manutenzione sistema a SRF – FTE complessivi<br />

Operazioni complessive FTE/ha<br />

Blocco 1 7,3<br />

Blocco 2 7,3<br />

Blocco 3 7,3<br />

Blocco 4 7,3<br />

Dicioccatura 0,6<br />

Totale FTE/ha 29,8<br />

Anche per i sistemi erbacei (siano essi prati o tappeti erbosi) vanno previste le<br />

adeguate operazioni di manutenzione (Tab. 6.11). In questo caso la ripetizione di<br />

una stessa operazione nel corso dell’anno è cosa consueta, tuttavia il numero di<br />

volte in cui tale operazione viene compiuta è molto variabile a seconda delle<br />

caratteristiche del sistema erbaceo, delle condizioni climatiche dell’anno in<br />

questione, del tipo di uso cui è sottoposto, e così via. Vista la vastità delle<br />

possibili combinazioni si è deciso di calcolare i FTE complessivi dati dalla<br />

realizzazione di una operazione una sola volta nel corso dell’anno. Ciò darà una<br />

stima da intendersi come assolutamente di minimo, la quale però potrà essere<br />

facilmente modificata e adattata a situazioni specifiche.<br />

164


Tabella 6.11 - Manutenzione sistema a prato e/o a tappeto erboso<br />

Tipo di operazione FTE/ha<br />

Tosatura 0,6<br />

Irrigazione 0,5<br />

Concimazione in copertura 0,1<br />

Erpicatura e rullatura 0,6<br />

Sfalcio 0,5<br />

Totale FTE/ha 2,3<br />

6.2.1.1. Risultati ottenuti dalle stime effettuate applicando il metodo dei Full Time<br />

Equivalent<br />

Una volta effettuate le singole stime riguardanti le fasi di impianto e<br />

manutenzione per i diversi sistemi verdi presi in considerazione, si sono<br />

predisposte le tabelle da 6.12 a 6.15 nelle quali sono riportati i valori indicativi<br />

complessivi di Full Time Equivalent.<br />

Tabella 6.12 - FTE complessivo del sistema a bosco<br />

Sistema a bosco FTE/ha<br />

Impianto 26,8<br />

Manutenzione 18,5<br />

Totale 45,3<br />

Tabella 6.13 - FTE complessivo del sistema a siepe<br />

Sistema a siepe FTE/100 m lineari<br />

Impianto 1,74<br />

Manutenzione 1,5<br />

Totale 3,24<br />

Tabella 6.14 - FTE complessivo del sistema a SRF<br />

Sistema a SRF FTE/ha<br />

Impianto 3,23<br />

Manutenzione 29,8<br />

Totale 33,03<br />

Tabella 6.15 - FTE complessivo del sistema a prato e/o tappeto erboso<br />

Sistema a prato e/o tappeto erboso FTE/ha<br />

Impianto 2,1<br />

Manutenzione 2,3<br />

Totale 4,4<br />

Tali valori permettono di effettuare delle valutazioni approssimative delle<br />

potenzialità occupazionali una volta stabiliti quanti ettari (o quanti filari nel caso<br />

delle siepi) di ciascun sistema verde si intende realizzare.<br />

165


6.2.1.2. Stima dei benefici economici tramite i FTE<br />

Moltiplicando i FTE necessari stimati per l’impianto e la manutenzione dei diversi<br />

sistemi verdi per il reddito orario medio del lavoratore impiegato si ottiene infine<br />

una valutazione in termini economici dei benefici connessi alle possibilità<br />

occupazionali associate alla realizzazione e alla manutenzione di sistemi verdi in<br />

senso lato.<br />

Ad esempio, si considerino i costi orari per un operaio forestale riportati nelle<br />

tabelle da 6.16 a 6.18.<br />

Tabella 6.16 - Retribuzioni lorde operai, tempo indeterminato<br />

Livello €/h<br />

1° comune 13,95<br />

2° qualificato 15,13<br />

3° qualificato super 15,49<br />

4° specializzato 16,19<br />

5° spec. Super 17,21<br />

5° spec. super. S.C. 18,35<br />

Fonte: tabella Paghe relativa agli addetti ai lavori di sistemazione idraulico-forestale e idraulicoagraria<br />

della Regione Piemonte)<br />

Tabella 6.17 - Retribuzioni lorde operai, tempo determinato<br />

Livello €/h<br />

1° comune 16,36<br />

2° qualificato 17,75<br />

3° qualificato super 18,20<br />

4° specializzato 19,03<br />

5° spec. super. 20,27<br />

Fonte: tabella Paghe relativa agli addetti ai lavori di sistemazione idraulico-forestale e idraulicoagraria,<br />

Regione Piemonte (2001)<br />

Tabella 6.18 - Retribuzioni lorde operai, territori di pianura<br />

Livello €/h<br />

Operaio comune 13,52<br />

Operaio qualificato 14,65<br />

Operaio specializzato 15,68<br />

Fonte: elenco prezzi per opere forestali di iniziativa pubblica, Regione Emilia-Romagna, (1999)<br />

Ai fini delle stime, si può considerare come valore di retribuzione lorda oraria per<br />

un operaio forestale quello ricavato dalla media dei valori nelle tabelle 16-18.<br />

Esso è pari a 16,6 €/h.<br />

Per quanto riguarda le operazioni di manutenzione e gestione dei sistemi verdi<br />

considerati, si ritiene corretto assumere che esse verranno condotte da operai<br />

forestali. Ciò potrebbe essere non vero nel caso dei sistemi a prato e/o tappeto<br />

erboso, per i quali potrebbero essere impiegati dei giardinieri. Si considera<br />

comunque che la differenza di retribuzione oraria non sia particolarmente<br />

significativa ai fini delle stime.<br />

166


Applicando pertanto una retribuzione pari a 16,6 €/h, a partire dai valori di FTE<br />

stimati precedentemente si ottengono i risultati riportati in tabella 6.19. Tali valori<br />

possono essere considerati stime dei benefici economici (per unità di superficie)<br />

associati alle possibilità occupazionali generate dal progetto 10,000 ha di sistemi<br />

verdi per quanto riguarda le attività di impianto e manutenzione dei sistemi.<br />

Tabella 6.19 - Beneficio economico unitario per tipo di sistema verde<br />

Tipo di sistema €/ha*<br />

Sistema a bosco 751,6<br />

Sistema a siepe 53,8<br />

Sistema a SRF 548,3<br />

Sistema a prato e/o tappeto erboso 71,72<br />

* €/100 m.l. nel caso del Sistema a siepe<br />

A questo punto, per ottenere una stima dei benefici economici dell’occupazione<br />

che sia riferita al complesso dei sistemi verdi realizzati col progetto, basterà<br />

moltiplicare i valori calcolati in Tab. 6.19 per le rispettive estensioni superficiali<br />

di ciascun sistema verde e sommare i risultati.<br />

Si ricorda ancora una volta che i benefici economici stimati sinora non sono<br />

comprensivi di quelli generati dalle attività della terza macrocategoria identificata<br />

all’inizio del presente elaborato (ossia le “attività complementari agli impianti<br />

realizzati”). Tali attività infatti possono essere dei tipi più disparati e le decisioni<br />

relative alla loro organizzazione o meno, al tipo di offerta nel corso dell’anno<br />

(stagionale, continua, ecc.) nonché al numero di persone impiegate da ciascuna,<br />

dipenderanno completamente dal tipo e dall’estensione dei sistemi verdi creati,<br />

dall’ammontare e dal tipo di fruitori, ecc.<br />

Si ritiene pertanto inutile cercare di fornire in questa sede una stima<br />

preliminare dei benefici economici derivanti da queste attività, essendo le variabili<br />

in gioco troppe e tutte determinabili solo in modo estremamente aleatorio e con<br />

gradi di approssimazione eccessivamente elevati (per avere un’idea della<br />

molteplicità di attività si veda al paragrafo successivo).<br />

A titolo indicativo, si segnala che una stima dei FTE delle attività<br />

complementari può essere ottenuta tramite i passaggi qui elencati:<br />

1. definizione delle attività complementari complessive previste,<br />

2. determinazione, per ciascuna di esse, del numero di ore di lavoro richiesto<br />

per ciascuna delle professionalità impiegate nel corso di un anno,<br />

3. calcolo dei FTE corrispondenti a ciascuna professionalità,<br />

4. stima della retribuzione media oraria di ciascuna professionalità,<br />

5. calcolo del beneficio economico occupazionale complessivo<br />

(moltiplicando i risultati ottenuti al punto 3 per quelli del punto 4).<br />

Sommando il beneficio economico occupazionale così ottenuto a quello<br />

precedentemente calcolato a proposito delle attività di impianto e manutenzione<br />

dei sistemi verdi, si avrà infine una stima del valore dei benefici economici<br />

associati all’occupazione creata nell’ambito del progetto.<br />

167


6.2.1.3. Benefici occupazionali derivanti dalle attività economiche associate ai<br />

sistemi verdi<br />

Come già anticipato, per fornire una stima completa dei benefici occupazionali<br />

associati alla realizzazione e presenza di sistemi verdi, la valutazione dei benefici<br />

economici tramite i FTE dovrà essere integrata con stime specifiche relative alle<br />

attività complementari di utilizzo dei sistemi verdi. Data la molteplicità di attività<br />

dei generi più diversi che può trovare attuazione in una stessa area, le diverse<br />

forme di gestione e organizzazione, la grande variabilità nel numero e nel tipo<br />

delle figure professionali coinvolte, la stagionalità, ecc. queste valutazioni<br />

andranno fatte ad hoc.<br />

Ad ogni modo, si è ritenuto utile fornire in questo paragrafo un’idea della<br />

complessità dell’argomento. A seguire si riportano quindi delle tabelle riassuntive<br />

esemplificative delle possibili produzioni e delle altre attività economiche<br />

collaterali associate ai sistemi verdi che possono avere conseguenze in termini<br />

occupazionali talvolta anche rilevanti, se non addirittura prevalenti rispetto alle<br />

attività di impianto e manutenzione.<br />

Nella tabella 6.20 si propone un elenco dei possibili prodotti derivanti dai sistemi<br />

verdi a realizzarsi. La divisione principale riguarda prodotti legnosi e prodotti non<br />

legnosi.<br />

Tabella 6.20 - Prodotti legnosi e non derivanti dalla presenza di sistemi verdi<br />

Prodotti legnosi Prodotti non legnosi<br />

Legname:<br />

- per segati<br />

- per tranciati e sfogliati<br />

- per pannelli<br />

- per paleria<br />

- per fini energetici<br />

Frutti da piante arboree (es. nocciole, castagne, pinoli)<br />

Piccoli frutti del sottobosco (es. fragole, lamponi, more, mirtilli)<br />

Erbe aromatiche e piante medicinali<br />

Funghi e tartufi<br />

Alimenti per la fauna (es. foraggi, frutti)<br />

Altro (es. fiori, piante, foglie decorative)<br />

Naturalmente nel valutare in termini occupazionali l’aspetto produttivo associato<br />

a un sistema verde bisogna prima di tutto stabilire quale sia la sua funzione<br />

principale. Se infatti il prelievo di prodotti è solamente un’attività secondaria il<br />

numero di persone impiegate e il grado di specializzazione richiesto loro sarà<br />

limitato.<br />

Se invece la produzione è l’obiettivo principale della realizzazione e dell’esistenza<br />

di un sistema verde è possibile, a seconda del tipo di prodotto che si vuole<br />

ottenere, che la componente di occupazione generata da ciò sia nettamente<br />

prevalente sulle altre, coinvolgendo consistenti numeri di persone o lavoratori<br />

dall’elevato grado di specializzazione e di preparazione tecnica. Si pensi per<br />

esempio alle differenze tra le possibilità occupazionali derivanti dalla raccolta<br />

occasionale di piccoli frutti in un bosco avente come finalità prevalente la<br />

protezione idrogeologica rispetto a quelle associate a un bosco composto di specie<br />

168


a rapido accrescimento e attivamente gestito per la produzione di legname. In<br />

questo secondo caso l’effetto occupazionale derivante dal numero e dalla<br />

specializzazione degli operai forestali coinvolti nelle operazioni di utilizzazione e<br />

di quelli impiegati nella prima trasformazione del prodotto sarà decisamente<br />

rilevante.<br />

Oltre ai prodotti forestali, anche i servizi generati dalla presenza dei sistemi verdi<br />

a realizzarsi possono assumere notevole importanza in termini occupazionali.<br />

Nella tabella 6.21 si riporta un breve elenco di possibili servizi ambientali e<br />

turistico-ricreativi.<br />

La produzione, raccolta e utilizzazione di prodotti e l’organizzazione e l’offerta<br />

di servizi originati dalla presenza dei diversi sistemi verdi portano allo sviluppo di<br />

diverse forme di occupazione (Tab. 6.22).<br />

Tabella 6.21 - Servizi derivanti dalla presenza di sistemi verdi<br />

Servizi ambientali Servizi turistico-ricreativi<br />

Miglioramento delle condizioni ambientali:<br />

- aumento della biodiversità<br />

- diversificazione del paesaggio<br />

- assorbimento di inquinanti<br />

- fissazione di CO2<br />

Protezione idrogeologica<br />

Luogo di relax<br />

Passeggiate a piedi, in bicicletta, a cavallo<br />

Sport (calcio, corsa, ecc.)<br />

Birdwatching<br />

Escursioni culturali guidate per gruppi e scuole<br />

Laboratori didattici<br />

Tabella 6.22 - Forme di occupazione originate da sistemi verdi<br />

Settore Tipologie di occupazione<br />

Occupazione diretta Occupazione indotta<br />

Pubblico Addetti della pubblica amministrazione<br />

per attività di programmazione, gestione<br />

e controllo<br />

Operai (stagionali) impiegati per impianti,<br />

manutenzione, miglioramenti boschivi, …<br />

Privato Liberi professionisti per progettazione e<br />

consulenze tecniche<br />

Ditte di lavorazioni boschive<br />

Ditte di giardinaggio<br />

Addetti alla raccolta di prodotti forestali<br />

non legnosi<br />

Addetti ad attività ricreative “strutturate” e<br />

informali<br />

Addetti agli interventi di manutenzione e<br />

sorveglianza ambientale<br />

169<br />

Addetti all’industria dei mezzi tecnici per la<br />

selvicoltura e le utilizzazioni boschive<br />

Addetti all’industria del legno e della carta<br />

Addetti alla lavorazione, trasformazione e<br />

commercializzazione dei PFNL<br />

Addetti alle attività turistiche<br />

complementari (ristorazione, alloggio<br />

servizi di trasporto, …)<br />

Addetti alle attività formativo-divulgative<br />

Nello stimare i benefici occupazionali derivanti dalle attività economiche<br />

associate ai sistemi verdi, un fattore estremamente importante che dev’essere<br />

accuratamente definito è quello dell’estensione spaziale dell’area in cui si intende<br />

considerare gli effetti occupazionali. Infatti mano a mano che ci si allontana dal<br />

luogo nel quale sono stati realizzati e sono quindi presenti i sistemi verdi oggetto<br />

d’interesse, i benefici occupazionali tendono a diminuire in modo più o meno<br />

rapido. Il raggio spaziale in cui si manifestano i benefici sarà probabilmente<br />

diverso a seconda del tipo di occupazione considerato, ma in linea generale ma nel


complesso si può ipotizzare che la maggior parte di tali benefici occupazionali si<br />

concentrerà in una fascia piuttosto ristretta. A titolo di esempio, in Crowley et al.<br />

(2001) si trovano dati indicanti che il 75% del lavoro diretto stimato nel caso di<br />

studio è concentrato in un’area con raggio pari a 20 miglia.<br />

6.2.2. Metodologia basata sulle informazioni reperibili in letteratura<br />

Questo approccio metodologico risulta nella pratica di difficile utilizzo data la<br />

limitata quantità di fonti informative sull’argomento. Si possono comunque<br />

segnalare due tipi principali di fonti cui fare riferimento per ottenere dati relativi<br />

all’impatto occupazionale dei sistemi verdi.<br />

Un tipo è costituito dai “bilanci sociali” dei parchi (o “annual report” o<br />

“management plan”) e l’altro da articoli e testi di carattere metodologico o che<br />

riportano studi e stime effettuati per qualche realtà specifica.<br />

Dai bilanci sociali si può ricavare il numero di persone che hanno lavorato in un<br />

parco in un certo anno, la mansione svolta e il numero di ore lavorative. A partire<br />

da queste informazioni si può agevolmente stimare il corrispondente reddito<br />

percepito nel corso dell’anno e quindi avere un’idea dell’impatto economico<br />

generato dai posti di lavoro associati alla presenza di un parco. Conoscendo le<br />

caratteristiche dei sistemi verdi che compongono il parco cui si riferisce il bilancio<br />

e il genere di attività svolto al suo interno, diviene sufficientemente semplice<br />

effettuare una proporzione tra il numero e le caratteristiche del personale<br />

coinvolto in esso e quello che si ipotizza essere necessario per il sistema verde che<br />

si progetta di realizzare ottenendone così una buona stima.<br />

Nel caso (peraltro piuttosto frequente soprattutto per quanto riguarda le attività<br />

turistico ricreative e/o didattiche) in cui alcune attività siano date in gestione a<br />

ditte o cooperative diverse dall’ente di gestione del parco cui si riferisce il<br />

bilancio sociale, bisogna naturalmente fare riferimento anche ai bilanci di tali<br />

gruppi esterni per quantificare correttamente i posti di lavoro derivanti dalla<br />

presenza dei sistemi verdi componenti il parco.<br />

A scopo di esempio, a seguire si riportano i dati occupazionali che si sono potuti<br />

reperire relativamente ad alcuni parchi.<br />

a. Parco Nord Milano, Italia<br />

Il parco si estende per una superficie totale di circa 600 ettari dei quali circa 350<br />

corrispondono ad aree verdi che includono: zone boschive (circa 60 ha sono di<br />

boschi maturi), radure, filari, macchie arbustive, siepi e piccoli specchi d’acqua.<br />

Dalla lettura del Bilancio sociale Esercizio 2004 emerge che le persone impiegate<br />

per le attività di gestione sono quelle riportate in Tab. 6.23.<br />

170


Tabella 6.23 - Personale in ruolo<br />

Personale in ruolo del servizio di gestione<br />

1 responsabile di unità operativa<br />

1 agronomo<br />

1 forestale (part-time)<br />

1 assistente lavori<br />

1 impiegato tecnico<br />

1 capo officina<br />

2 capisquadra<br />

17 operai<br />

Considerando anche altre componenti (amministrazione, ecc.) si arriva a un totale<br />

di 45 persone che lavorano quotidianamente e continuativamente alle dipendenze<br />

del parco. La Tab. 6.24, invece, riporta l’elenco delle persone non in ruolo che<br />

lavorano nel parco.<br />

Tabella 6.24 - Personale non in ruolo<br />

Personale non in ruolo: consulenti e collaboratori<br />

1 consulente forestale<br />

1 consulente naturalista<br />

1 medico del lavoro<br />

30 persone addette a manutenzione e pulizia delle<br />

aree*<br />

* personale dipendente da ditte appaltatrici<br />

b. Epping Forest, Inghilterra<br />

Stando all’Annual Report of the Superintendent for 2002/2003, il parco si estende<br />

per circa 2400 ha. Si tratta del più grande spazio aperto pubblico nell’area di<br />

Londra. È un’area importante dal punto di vista delle attività ricreative ma anche<br />

per la conservazione (due terzi della sua superficie sono designati come Site of<br />

special scientific interest e Special area of conservation).<br />

I FTE impiegati per le diverse attività di gestione sono riportati in tabella 6.25.<br />

171


Tabella 6.25 - Personale della Epping Forest distinto per mansione<br />

Mansione FTE<br />

Superintendent 1<br />

Land Agency Section<br />

Land agent and project manager 1<br />

Clerk of works 1<br />

Assistant to land agency section 1<br />

Building/vehicle maintenance/yard staff 5<br />

Litter clearance staff 8,5<br />

Forest Operations Sections<br />

Forest operations manager 1<br />

Forest operations team leader North 1<br />

Forest operations team leader South 1<br />

Forest operations team leader forest-wide 1<br />

Forest operators 20<br />

Golf course/ground staff 4<br />

Wanstead flats playing fields staff 3<br />

Administrative Section<br />

Office manager 1<br />

Superintendent’s secretary 1<br />

Secretarial/administrative assistants 2,5<br />

Support services officer 1<br />

Public Affairs Section<br />

Public affairs manager 1<br />

Information services manager 1<br />

Head forest keeper North 1<br />

Head forest keeper South 1<br />

Forest keepers 16<br />

Heritage education officer 1<br />

Interpretation officer 1<br />

Information assistants 7 part time<br />

Forest Conservation Section<br />

Forest conservation Officer 1<br />

Forest ecologist 1<br />

Inoltre, la Epping Forest prevede anche un livello dirigenziale di cui fanno parte<br />

14 persone (Tab. 6.26).<br />

Tabella 6.26 - Componenti a livello dirigenziale della Epping Forest<br />

Ruolo Numero di persone<br />

Presidente 1<br />

Vicepresidente 1<br />

Consiglieri comunali 3<br />

Vice consiglieri comunali 9<br />

c. West Ham Park, Inghilterra<br />

In base a quanto riportato nel Management Plan (2006-2011), il West Ham Park è<br />

il più grande parco presente nel distretto londinese di Newham.<br />

La sua superficie si estende all’incirca per 31 ettari. Di questi circa 25<br />

consistono di boschi e prati e 3 di un giardino con alberi. Vi sono inoltre un vivaio<br />

di circa 1,2 ha e anche campi da golf e da cricket.<br />

In questo parco è impiegato correntemente personale per un totale di FTE pari a<br />

20 (Tab. 6.27).<br />

172


Tabella 6.27 - FTE del West Ham Park<br />

Mansione FTE<br />

Manager 1<br />

Team leader 3<br />

Giardinieri e custodi 12<br />

Office manager 1<br />

Support and project staff 3<br />

d. Area Ballyvourney nella contea di Cork, Irlanda<br />

L’area di studio cui si riferiscono i dati riportati qui comprende quattro foreste che<br />

si trovano a cavallo tra le contee di Kerry e Cork nel sud dell’Irlanda (Crowley et<br />

al., 2001). Nel 1996 la superficie forestale dell’area era pari a 17.728 ha (a causa<br />

delle utilizzazioni precedenti solo in 179 ha di quest’area le piante hanno età<br />

superiore a 45 anni). La foresta è stata realizzata tramite impianti successivi<br />

avvenuti negli anni 1950, 1960, 1970 e 1980.<br />

Uno degli scopi dello studio di Crowley et al. (2001) è determinare l’impiego<br />

diretto generato attraverso la gestione, l’utilizzazione e la lavorazione del legname<br />

prodotto nell’area di studio. Il numero di persone impiegate è stato ricavato per<br />

via indiretta, a partire dai valori relativi all’attività economica usando stime di<br />

unità operanti e costi d’impiego. Il costo annuale per unità operativa che è stato<br />

usato nello studio è pari a 15.000 IR £.<br />

In Tab. 6.28 si riportano i risultati ottenuti nello studio a questo proposito.<br />

Tabella 6.28 - FTE per tipologia di attività e per fascia di distanza dal centro<br />

Attività Attività<br />

economica<br />

diretta<br />

(IR£) 1<br />

Manodopera<br />

assunta a tempo<br />

indeterminato<br />

Macchinari con<br />

operatori (di<br />

proprietà)<br />

Manodopera<br />

assunta a<br />

contratto<br />

Fascia<br />

FTE<br />

2<br />

Fascia Fascia Fascia Fascia Fascia Totale<br />

A B C D E F<br />

≤20 >20≤40 >40≤60 >60≤80 >80≤100 >100<br />

miglia miglia miglia miglia miglia miglia<br />

126.689 8,58 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 8,58<br />

12.790 0,13 0,10 0,00 0,00 0,00 0,00 0,23<br />

98.334 7,41 0,31 0,29 0,00 0,00 0,00 8,19<br />

Macchinari con<br />

operatori (a<br />

contratto)<br />

180.810 2,48 0,38 0,00 0,00 0,00 0,00 2,97<br />

Management 380.479 4,43 4,83 0,00 0,00 0,00 0,00 9,26<br />

Utilizzazioni 1.055.819 22,81 0,92 3,25 0,25 0,00 0,00 27,43<br />

Trasporto<br />

legname<br />

529.752 0,96 0,10 0,19 0,73 0,63 0,02 6,62<br />

Lavorazione 2.683.973 38,47 4,91 7,51 5,29 0,00 56,18<br />

Totale 5.068.646 89,25 6,64 8,63 8,49 5,92 0,53 119,46<br />

Percentuale 75% 6% 7% 7% 5% 0% 100%<br />

1 Spese generali e di materiali escluse<br />

2 Fasce concentriche che si irradiano dal centro dell’area di studio<br />

Fonte: nostre elaborazioni su dati di Crowley et al. (2001)<br />

173


Come si può vedere l’impiego diretto nelle attività di gestione, utilizzazione e<br />

lavorazione è stato stimato essere pari a circa 119 FTE nel 1996. Inoltre, risulta<br />

evidente che il 75% di tali FTE, ovvero del lavoro diretto, è concentrato in un’area<br />

di 20 miglia di raggio dal centro dell’area di studio.<br />

Se si effettua un paragone tra i dati reperiti in letteratura, si può vedere che la<br />

Epping Forest e il Parco Nord Milano hanno in media valori simili di FTE per<br />

ettaro, essendo 0,03 nel primo caso e 0,04 nel secondo. Nel West Ham Park il<br />

valore è consistentemente diverso, essendo pari a 0,65 FTE/ha. Questa differenza<br />

può essere spiegata considerando che in questo parco è presente un giardino<br />

ornamentale di circa tre ettari che richiede sicuramente più FTE per essere<br />

mantenuto. Un risultato altrettanto diverso, invece, si ottiene nel caso della foresta<br />

Ballyvourney, per la quale si ha un valore di 0,003 FTE/ha (considerando un’area<br />

di raggio peri a 20 miglia, ossia circa 325.300 ha). Questo valore molto più basso<br />

deriva sicuramente dal fatto che si tratta di una foresta vera e propria, e non di<br />

un’area forestata in un parco.<br />

e. Il lavoro nella selvicoltura, Italia<br />

Nel corso di studi specifici riguardanti il settore forestale sono stati calcolati i<br />

tempi di lavoro per l’apertura di buche (Tab. 6.29), per le cure colturali quali<br />

sarchiatura, ripulitura dalla vegetazione infestante, rincalzatura delle piantine, ecc.<br />

(Tab. 6.30) e per la realizzazione del rimboschimento (Tab. 6.31).<br />

Pendenza<br />

e<br />

accidentalità<br />

20-30%<br />

non acc.<br />

10 %<br />

non acc.<br />

30 %<br />

non acc.<br />

20-30 %<br />

non acc.<br />

20-30 %<br />

non acc.<br />

15 %<br />

non acc.<br />

10 %<br />

non acc.<br />

Tabella 6.29 - Numero di ore necessario per l’apertura meccanizzata di buche<br />

Tipo di terreno Mezzo<br />

meccanico<br />

Ex pascolo<br />

Media consistenza<br />

e profondità<br />

Incolto produttivo<br />

Media consistenza<br />

e profondità<br />

Incolto produttivo<br />

Media consistenza<br />

e profondità<br />

Incolto produttivo<br />

Media consistenza<br />

e profondità<br />

Ex seminativo<br />

Media consistenza<br />

e profondità<br />

Incolto produttivo<br />

Superficiale e ricco<br />

di scheletro<br />

Incolto produttivo<br />

Profondo e rel.<br />

Compatto<br />

174<br />

Buche aperte<br />

per ettaro<br />

Tipo e<br />

rapporto delle<br />

maestranze<br />

Mototrivella 2500 Comune<br />

Stagionale<br />

Trattore con<br />

trivella<br />

2500 Specializzato<br />

Stagionale<br />

Mototrivella 1495 Comune<br />

Stagionale<br />

Mototrivella 2000 Comune<br />

Stagionale<br />

Mototrivella 2000 Comune<br />

Stagionale<br />

Trattore con<br />

trivella<br />

Trattore con<br />

trivella<br />

Fonte: Benassi (1985) modificato<br />

2500 Specializzato<br />

Stagionale<br />

2000 Specializzato<br />

Stagionale<br />

Tempo<br />

effettivo di<br />

lavoro<br />

(h/ha)<br />

100<br />

39-40<br />

39-40<br />

63<br />

45-46<br />

78-79<br />

13-14


Tabella 6.30 - Numero di ore necessario per le cure colturali<br />

Condizioni del rimboschimento Ore/ha*<br />

Età del rimboschimento Diffusione vegetazione infestante<br />

2-3 anni Contenuta 44<br />

Notevole 80<br />

10 anni Contenuta 147<br />

Notevole 216<br />

* operazioni realizzate con mezzi manuali<br />

Fonte: Benassi (1985) modificato.<br />

Tabella 6.31 - Numero di ore necessario a rimboschire un ettaro di superficie<br />

Terreni In posizione facilmente accessibile e<br />

semipiano<br />

ambiente alpino appenninico<br />

Ex-coltivi di media<br />

consistenza e<br />

profondità, privi di<br />

asperità naturali, a<br />

tessitura omogenea<br />

e mediamente<br />

invasi dalla<br />

vegetazione<br />

infestante, con<br />

sviluppo contenuto<br />

Incolti produttivi<br />

superficiali da<br />

mediamente<br />

consistenti a forti,<br />

con vegetazione<br />

scarsamente diffusa<br />

e di sviluppo<br />

contenuto<br />

ore 104 per 1700 semenzali o<br />

trapianti/ha;<br />

ore 151 per 2000 semenzali o<br />

trapianti/ha<br />

ore 278 per<br />

2000<br />

semenzali/ha;<br />

ore 343 per<br />

2000 trapianti/ha<br />

ore 305 per<br />

2000<br />

semenzali/ha;<br />

ore 417 per<br />

2000 trapianti/ha<br />

Fonte: Benassi (1985) modificato<br />

175<br />

In posizione di media accessibilità e<br />

pendenza<br />

In ambiente:<br />

alpino appenninico<br />

ore 177 per<br />

2000 semenzali<br />

o trapianti/ha;<br />

ore 203 per 2000<br />

semenzali/ha;<br />

ore 251 per 2000<br />

trapianti/ha;<br />

ore 326 per 2000<br />

fitocelle/ha<br />

ore 321 per 2000 semenzali/ha;<br />

ore 433 per 2000 trapianti/ha;<br />

ore 512 per 2000 fitocelle/ha<br />

6.2.3. Metodologia basata su criteri e indicatori relativi all’occupazione<br />

Un altro sistema che può essere utilizzato per effettuare delle valutazioni relative<br />

alle opportunità occupazionali può essere quello che si basa sulla definizione di<br />

criteri e indicatori e sulla loro applicazione. Gli spazi verdi urbani possono essere<br />

concepiti come operanti in diverse dimensioni, tra le quali una è senza dubbio<br />

quella “socio-economica”. All’interno di tale dimensione si trova quella che può<br />

essere definita come “funzione lavoro” o “impiego” e che si vuole cercare di<br />

valutare.<br />

La valutazione può essere condotta tramite la definizione di opportuni criteri e<br />

indicatori 118 . Generalmente gli indicatori hanno tre obiettivi (Delft, 1997;<br />

Rotmans, 1997 in Goede et al., 2001):<br />

118 Per indicatore si intende una grandezza, empiricamente rilevabile e univocamente<br />

misurabile, attraverso la quale si può valutare un determinato fenomeno osservato.


1) semplificare: semplificano e rendono più immediatamente comprensibile<br />

l’informazione relativa a un fenomeno complesso;<br />

2) (quasi)-quantificare: quantificano l’informazione affinché il suo significato<br />

sia più prontamente evidente;<br />

3) comunicare: migliorano le modalità di comunicazione delle informazioni<br />

agli utenti.<br />

Come si è visto finora, la “funzione lavoro” riguarda sia le operazioni di impianto<br />

del sistema verde sia, e soprattutto, quelle di mantenimento, produzione, servizi<br />

complementari collegati (servizi di ristorazione, didattica, ecc.).<br />

Come suggerito in Goede et al. (2001), un criterio che può essere usato per<br />

quantificare l’impiego è il “livello di impiego nelle aree verdi urbane”, che fa<br />

riferimento al numero di lavori collegati alle aree verdi. Tale criterio assegna un<br />

valore positivo agli spazi verdi urbani se l’ammontare dei lavori è alto, se invece è<br />

basso è possibile che non sia disponibile una sufficiente estensione di spazio verde<br />

urbano oppure che vi sia poca attenzione nei suoi riguardi. In tabella 32 si trovano<br />

gli indicatori suggeriti.<br />

Tabella 6.32 - Indicatori di impiego e loro rilevanza in base alla scala<br />

(+ = rilevante; - = non rilevante)<br />

Indicatore Città Sito<br />

a) numero di “lavori verdi”<br />

interno esterno<br />

119 per km 2 di spazio verde urbano + + +<br />

b) numero di “lavori verdi” per fruitore dello spazio verde urbano + + +<br />

c) contributo dei costi totali relativi ai salari dei “lavori verdi” al reddito<br />

urbano complessivo<br />

Fonte: Goede et al. (2001)<br />

+ - -<br />

Come si può dedurre dall’analisi della tabella, gli input di cui è necessario<br />

disporre per calcolare tali indicatori sono, rispettivamente:<br />

- numero di “lavoratori verdi” impiegati a tempo pieno (FTE);<br />

- area totale (km 2 ) di spazio verde;<br />

- numero di “lavoratori verdi” impiegati a tempo pieno (FTE);<br />

- numero di fruitori dello spazio verde;<br />

- costi dei salari dei “lavoratori verdi” (€/anno);<br />

- reddito urbano totale (€/anno).<br />

Tali dati possono essere reperiti tramite misurazioni, raccolte dati relative al<br />

personale, stime, ecc.<br />

119 Con “lavori verdi” si intendono i lavori svolti nell’ambito delle aree verdi urbane e afferenti<br />

agli ambiti: sviluppo, manutenzione, controllo, servizi e didattica.<br />

176


6.3. Considerazioni finali<br />

Considerando il caso di sistemi verdi già a regime, gli impatti occupazionali<br />

associati alla presenza dell’area vegetata e/o boscata possono essere classificati in:<br />

diretti, indiretti e indotti. In particolare:<br />

1) impatti diretti: consistono nelle attività economiche generate direttamente<br />

dalla gestione delle foreste e dalle utilizzazioni del legname e degli altri<br />

prodotti;<br />

2) impatti indiretti: quelli originati da altre imprese che forniscono beni e<br />

servizi alla foresta e dalle imprese di lavorazione del legname e degli altri<br />

prodotti forestali;<br />

3) impatti indotti: consistono nella diversa capacità di spesa e di investimento<br />

generata dalla creazione di nuovi posti di lavoro e/o derivanti dall’aumento<br />

dei salari a seguito degli impatti 1) e 2).<br />

Naturalmente, come già segnalato, un aspetto che deve essere tenuto in debita<br />

considerazione è la dimensione spaziale ovvero va definita con buona precisione<br />

la zona all’interno della quale si misurano tali impatti. Infatti, allontanandosi dalla<br />

zona in cui si trova l’area vegetata o boscata, gli effetti in termini occupazionali<br />

ed economici andranno affievolendosi fino a divenire irrilevanti.<br />

Oltre a questo, un altro nodo fondamentale per la valutazione dei benefici<br />

occupazionali è il confronto con le opportunità lavorative che erano presenti<br />

nell’area prima della realizzazione dell’impianto (utilizzo del “With/without<br />

approach” – un tradizionale approccio nella valutazione economica dei progetti in<br />

cui si tiene conto dei mancati costi e ricavi dovuti alla realizzazione degli<br />

interventi). Ciò è fondamentale perché, per giudicare il progetto come positivo dal<br />

punto di vista occupazionale, è necessario che il numero di posti di lavoro e il giro<br />

d’affari collegato siano in grado di compensare gli eventuali posti persi legati ad<br />

attività precedentemente avviate nella zona e che non possono continuare<br />

ad esistere a seguito del cambiamento d’uso dell’area.<br />

177


Capitolo 7<br />

Nuove opportunità di reddito per gli agricoltori<br />

7.1. Introduzione<br />

Per quanto riguarda gli impatti sul settore primario, la realizzazione di 10.000 ha<br />

di sistemi verdi potrà comportare degli effetti significativi sui livelli di reddito<br />

delle imprese. Per cercare di stimare questi possibili effetti bisogna innanzitutto<br />

distinguere i due tipologie di operatori (vedi fig. 7.1):<br />

A) agricoltori che gestiscono terreni su cui realizzare i sistemi verdi previsti<br />

dal progetto;<br />

B) agricoltori che gestiscono terreni limitrofi a quelli su cui saranno realizzati<br />

i sistemi verdi.<br />

Figura 7.1 - Le due condizioni operative esaminate<br />

All’interno di queste due tipologie, gli agricoltori saranno ulteriormente soggetti a<br />

variazioni del reddito diverse tra loro, a seconda delle modalità con cui


parteciperanno o meno al progetto di impianto. Comunque, in linea del tutto<br />

generale, si ipotizza che gli impatti economici principali sul settore primario<br />

riguarderanno:<br />

A) i redditi diretti:<br />

- da attività agricole;<br />

- da attività forestali;<br />

- da interventi di manutenzione del territorio;<br />

B) i redditi indiretti:<br />

- da interventi di manutenzione del territorio;<br />

- da attività di agriturismo, ospitalità rurale, didattica ambientale.<br />

Oltre a questi impatti che riguarderanno in modo diretto i singoli agricoltori, va<br />

segnalato che vi saranno anche impatti a livello macro, ossia a scala regionale o di<br />

sistema. La possibilità di effettuare stime di variazioni a questo livello esula dalle<br />

possibilità della presente indagine, ma si ritiene opportuno perlomeno citare i<br />

principali ambiti coinvolti: le filiere (gli sbocchi di mercato dei prodotti/servizi), il<br />

regime idrico (disponibilità e qualità delle acque e quindi costo e accessibilità<br />

delle stesse 120 ), la viabilità/accessibilità (riguardante sia le aree ove saranno<br />

realizzati i sistemi verdi, sia quelle limitrofe).<br />

Il progetto di forestazione si inserisce del resto in un contesto nel quale la<br />

domanda di spazi verdi a scopi ricreativi (ma anche di riqualificazione<br />

ambientale) è in genere molto elevata visto l’elevato tasso di urbanizzazione delle<br />

aree interessate, e nel quale spesso – nello scenario business as usual - la<br />

convenienza dell’agricoltura convenzionale è a rischio e in diminuzione. Pertanto<br />

la possibilità di effettuare un’azione di conversione dei tradizionali indirizzi<br />

colturali agricoli in coerenza con le nuove iniziative di tipo turistico-ricreativo<br />

collegate ai sistemi verdi può avere effetti positivi sui margini di reddito degli<br />

operatori del settore.<br />

Nel seguito, nella prima parte dell’elaborato, si affronterà il caso A, ossia quello<br />

relativo alle variazioni del reddito degli agricoltori che gestiscono terreni su cui<br />

saranno realizzati i sistemi verdi. Nella seconda invece si valuterà il caso B,<br />

riguardante gli agricoltori che gestiscono terreni limitrofi (ossia confinanti o<br />

comunque connessi) a quelli su cui saranno realizzati i sistemi verdi.<br />

Per ciascuno di questi casi si cercherà dunque di fornire dei valori di<br />

riferimento per cercare di quantificare gli effetti sul reddito dell’agricoltura.<br />

Per semplicità si farà riferimento solamente al caso di aziende direttamente<br />

condotte dal proprietario del fondo.<br />

120<br />

Alcuni riferimenti a queste problematiche verranno effettivamente fatti nel capitolo relativo<br />

alla fitodepurazione.<br />

180


7.2. Variazione del reddito dell’agricoltura a seguito della<br />

realizzazione dei ‘sistemi verdi’<br />

Gli impatti sull’agricoltura vengono nelle pagine che seguono esaminati in<br />

relazione alle due condizioni operative precedentemente descritte.<br />

7.2.1. Variazioni del reddito degli agricoltori nei terreni su cui saranno realizzati<br />

i sistemi verdi<br />

L’effetto sul reddito sarà diverso a seconda della modalità con cui avverrà<br />

l’acquisizione e la gestione dei terreni da parte dell’organizzazione che si<br />

occuperà della realizzazione e del coordinamento del progetto 10.000 ettari di<br />

sistemi verdi.<br />

Possibili scenari<br />

Per poter formulare delle valutazioni relativamente alle possibili variazioni<br />

reddituali che la realizzazione del progetto offrirà agli agricoltori, a seguire si<br />

proporranno una breve descrizione generale della tematica e quindi le modalità e i<br />

risultati delle stime relative agli aspetti economici per ciascuno dei più probabili<br />

scenari di riferimento.<br />

In uno studio riguardante il Belgio, Moons e Rousseau (2007), definiscono cinque<br />

possibili meccanismi tramite i quali l’amministrazione può realizzare il proprio<br />

progetto di creazione di una determinata superficie di foresta:<br />

1) acquisto dei terreni agricoli a prezzo di mercato (con successiva<br />

forestazione);<br />

2) forestazione da parte dei tradizionali gestori dei terreni realizzata<br />

tramite accordi contrattuali e sussidi;<br />

3) combinazione di acquisto e sussidi per la forestazione;<br />

4) utilizzo di un sistema combinato di sussidi e disincentivi;<br />

5) forestazione dei terreni da parte di agricoltori o altri operatori di<br />

servizi selezionati tramite aste relative al livello di contributo pubblico<br />

per l’impianto e manutenzione.<br />

Nello studio viene solo citata, ma non affrontata, la possibilità offerta dalle<br />

procedure di esproprio in quanto ritenute eccessivamente onerose per<br />

l’amministrazione.<br />

Questi meccanismi sono indubbiamente quelli di più probabile applicazione anche<br />

nel territorio della Lombardia e pertanto sono qui descritti, con gli opportuni<br />

adattamenti del caso. Ciascuno di essi implica, naturalmente, effetti diversi sui<br />

livelli di reddito degli agricoltori.<br />

181


Caso 1. Acquisto dei terreni agricoli a prezzo di mercato<br />

In questo caso l’agricoltore vende il proprio terreno in base ad un accordo bonario<br />

con l’amministrazione, in genere superiore a quello che otterrebbe tramite<br />

esproprio. Egli quindi rinuncerà al reddito futuro derivante dall’attività agricola,<br />

che cesserà di svolgere, salvo nell’ipotesi in cui possa effettuare delle attività di<br />

contoterzismo sui terreni destinati a sistema verde.<br />

Caso 2. Forestazione del terreno agricolo a carico dell’agricoltore (che rimane<br />

proprietario del terreno) dietro pagamento di sussidi da parte<br />

del’amministrazione<br />

In questo caso l’agricoltore (proprietario) vedrà cessare il proprio reddito agricolo<br />

(ossia quello derivante dalla produzione convenzionale di prodotti agricoli o di<br />

allevamento) e i redditi collegati, ma riceverà, sulla base di un accordo<br />

contrattuale con l’amministrazione pubblica, dei sussidi per la conversione del<br />

proprio terreno in un bosco o altro sistema verde stabilito. Inoltre potrà percepire<br />

dei nuovi redditi derivanti dalla produzione forestale (variabili a seconda del tipo<br />

di impianto) e presumibilmente anche le esternalità positive connesse alla<br />

realizzazione dei sistemi verdi. Tra questi: tutela della biodiversità, fissazione del<br />

carbonio e altri valore di non uso, attualmente non internalizzati ma che nel futuro<br />

(vd. creazione di un mercato dei crediti di carbonio) potrebbero creare fonti di<br />

ricavi monetari.<br />

Caso 3. Acquisto dei terreni agricoli a prezzo di mercato e forestazione da parte<br />

dell’agricoltore dietro pagamento di sussidio<br />

Si tratta di una combinazione dei Casi 1) e 2). L’amministrazione pubblica può<br />

scegliere di applicare un sistema o l’altro a seconda della propensione o meno<br />

degli agricoltori ad accettare i sussidi o a vendere i terreni. Dal punto di vista del<br />

reddito degli agricoltori, a seconda della modalità scelta, le modifiche che<br />

subiranno saranno quelle descritte nei Casi 1) e 2).<br />

Caso 4. Sistema basato sulla forestazione dei terreni da parte dell’agricoltore<br />

dietro pagamento di sussidio oppure sull’imposizione di limitazioni e vincoli da<br />

parte dell’amministrazione in caso di rifiuto dell’agricoltore<br />

Applicando questo metodo l’amministrazione pubblica pagherà dei sussidi agli<br />

agricoltori che accettano di realizzare sistemi verdi nei loro terreni agricoli mentre<br />

imporrà vincoli e standard di gestione agli agricoltori non disponibili alla<br />

definizione di accordi contrattuali.<br />

In questo caso, quindi, gli agricoltori che decideranno di afforestare si<br />

troveranno nella situazione descritta nel Caso 2); quelli che continueranno<br />

182


l’attività agricola su terreni che l’amministrazione aveva stabilito dovessero essere<br />

destinati a sistema verde subiranno invece una diminuzione del reddito pari agli<br />

effetti dei vincoli e degli standard di gestione imposti.<br />

Caso 5. Sistema basato sulla forestazione da parte di agricoltori o altri operatori<br />

di servizi selezionati tramite tramite aste<br />

Gli agricoltori e altri operatori di servizi che gestiscono terreni agricoli<br />

(direttamente o per mandato) partecipano a un’asta al ribasso organizzata<br />

dall’amministrazione relativa al pagamento per gli interventi di forestazione e<br />

fanno la loro offerta relativa sia alle aree interessate che al contributo richiesto per<br />

imboschire determinati terreni agricoli. Sulla base delle offerte ricevute verrà<br />

definito il cluster ottimale di terreni da imboschire e l’amministrazione erogherà i<br />

sussidi proposti dai proprietari dei terreni che rientrano in questo cluster.<br />

In questo caso ogni operatore sarà libero di fare la propria offerta e, dal<br />

momento che il cluster dei terreni non è noto in anticipo ma viene determinato<br />

sulla base delle offerte ricevute, si assume inizialmente che le offerte di tutti gli<br />

operatori abbiano la stessa probabilità di essere scelte.<br />

Pertanto, gli agricoltori si troveranno in una situazione di variazione del<br />

proprio reddito sostanzialmente uguale a quella descritta per il Caso 2), con la<br />

differenza che il valore del sussidio ricevuto sarà quello che hanno proposto<br />

tramite offerta.<br />

Caso 6. Sistema basato sull’acquisizione tramite esproprio<br />

Come già anticipato, si tratta di un caso piuttosto irrealistico, dal momento che la<br />

convenienza per l’amministrazione a procedere per questa via è minima. Ad ogni<br />

modo, dal punto di vista del reddito degli agricoltori, la situazione è uguale a<br />

quella descritta nel Caso 1), tranne che per quanto riguarda il prezzo di acquisto<br />

del terreno. In questo caso infatti esso non corrisponderà al prezzo frutto di una<br />

libera contrattazione bensì all’indennità di esproprio.<br />

Prospettive economiche relative a ciascuno scenario 121<br />

Per quanto riguarda la stima economica degli effetti del progetto di forestazione<br />

sui redditi degli agricoltori, tra gli aspetti da non sottovalutare vi sono: la<br />

localizzazione e l’estensione delle aree sottoposte a imboschimento e la gestione<br />

dello smaltimento dei liquami.<br />

121 I valori economici indicati nelle stime derivano dall’analisi della letteratura disponibile.<br />

183


Essendo due questioni che riguardano tutti i possibili scenari presi in<br />

considerazione, vi si accenna brevemente a livello generale prima di affrontare<br />

l’analisi delle prospettive economiche specifiche per ciascuno dei due aspetti.<br />

Localizzazione ed estensione delle aree da imboschire. Si tratta di un aspetto<br />

importante in quanto diverso sarà il valore attribuibile a un’area a seconda che sia<br />

più o meno vicina a una foresta pre-esistente, a un’altra area di rimboschimento, a<br />

una zona urbana, ad un biotopo, o se sia un elemento fondamentale di un corridoio<br />

biologico. Inoltre naturalmente anche l’estensione della superficie utilizzabile<br />

avrà il suo peso dal momento che influisce sulle possibilità di rimboschimento:<br />

passando da un sistema a siepi, al pioppeto, alla foresta disetanea naturaliforme e<br />

multifunzionale, le possibilità di reddito, soprattutto per quanto riguarda le attività<br />

collaterali, sono estremamente diverse. E anche a parità di tipo di sistema verde,<br />

l’estensione della superficie può dare luogo a notevoli differenze (ad esempio nel<br />

caso delle foreste disetanee multifunzionali il valore ecologico è ritenuto crescere<br />

in modo assai consistente una volta che sia superato il valore-soglia di 20 ha).<br />

Gestione dello smaltimento dei liquami. Questo aspetto può avere<br />

occasionalmente un peso importante nella pianificazione del sistema verde e,<br />

quindi, nei redditi degli allevatori. In linea di massima, si assume che le aziende<br />

zootecniche con bovini siano in grado di smaltire le deiezioni animali<br />

distribuendole su terreni agricoli (quindi che costi di smaltimento limitati) e che il<br />

problema sorga invece per le aziende con allevamento di suini. Si può considerare<br />

che, approssimativamente, il costo di spargimento dei liquami nei campi<br />

equivalga al suo costo di trasporto. In Moons e Rousseau (2007) si ipotizza che il<br />

costo di un viaggio di un trattore trasportante 10 tonnellate di liquame sia pari a<br />

12 o 14 € 122 . Nel caso di riforestazione del terreno dell’azienda agricola su cui<br />

prima si smaltivano i liquami verrà a mancare questa possibilità di smaltimento<br />

per gli allevatori che si troveranno probabilmente nella situazione di dover<br />

sostenere i costi di smaltimento dei liquami, quantificabili in 12 €/tonnellata,<br />

tramite processo industriale (Moons e Rousseau, 2007). In alcuni casi questo<br />

comporta una decurtazione significativa del reddito netto per gli agricoltori.<br />

Caso 1. Acquisto dei terreni agricoli a prezzo di mercato<br />

Il proprietario agricolo che venderà il proprio terreno avrà un ricavo pari al prezzo<br />

di vendita. I valori fondiari medi di un ettaro di terreno agricolo in Italia stimati<br />

dall’INEA sono riportati nella Tab. 7.1.<br />

122 Valore ricavato considerando un consumo di 0,5 l/km, un prezzo del diesel pari a 0,3 €/l,<br />

che la somma degli altri costi sia pari a 1,05 €/km e che la lunghezza del viaggio medio sia di 10<br />

km (Moons e Rousseau, 2007). Questi valori sono stati calcolati nel 2000, volendo effettuare una<br />

minima attualizzazione al 2007 va considerata quanto meno una variazione nel prezzo del gasolio<br />

agricolo che al luglio 2007 si aggirava attorno agli 0,7 €/l. In questo caso il costo di un viaggio<br />

(mantenendo inalterati gli altri valori) sarebbe pari a 14 €.<br />

184


Tabella 7.1 - Valori fondiari medi, minimi e massimi dei terreni agricoli in Lombardia<br />

a) Valori fondiari dei seminativi in Lombardia nel 2005 (in migliaia di €<br />

per ettaro)<br />

media min. max. Ettari<br />

Varese 32,3 15,8 87,0 8.590<br />

Como 27,5 13,7 84,0 10.936<br />

Sondrio 26,2 15,5 42,5 1.854<br />

Milano 36,4 22,8 87,4 122.299<br />

Bergamo 54,3 21,2 95,5 42.970<br />

Brescia 53,6 11,5 88,1 121.608<br />

Pavia 25,5 6,3 40,0 173.358<br />

Cremona 34,1 14,8 52,9 122.105<br />

Mantova 44,1 26,2 72,9 157.343<br />

Totale Regione 38,7 6,3 95,5 761.063<br />

b) Valori fondiari dei prati e pascoli in Lombardia nel 2005 (in migliaia di €<br />

per ettaro)<br />

media min. max. Ettari<br />

Varese 18,9 7,0 30,4 10.184<br />

Como 11,5 2,0 21,9 27.950<br />

Sondrio 6,2 1,0 30,6 90.936<br />

Milano 34,0 11,9 45,4 21.297<br />

Bergamo 17,7 8,9 51,1 60.552<br />

Brescia 14,5 4,4 59,0 67.015<br />

Pavia 15,1 4,6 22,8 4.830<br />

Cremona 26,5 11,4 28,4 15.246<br />

Mantova 42,8 16,2 50,0 10.185<br />

Totale Regione 15,5 1,0 59,0 308.195<br />

c) Valori fondiari dei frutteti in Lombardia nel 2005 (in migliaia di € per ettaro)<br />

media min. max. ettari<br />

Varese 12,6 10,8 13,6 64<br />

Como 34,3 21,4 40,6 80<br />

Sondrio 58,8 41,0 60,0 1.490<br />

Milano 35,9 32,5 41,3 194<br />

Bergamo 46,0 39,6 51,5 214<br />

Brescia 58,0 28,9 68,6 378<br />

Pavia 23,7 20,1 30,6 1.284<br />

Cremona 33,9 31,1 42,6 282<br />

Mantova 49,6 45,5 52,8 1.544<br />

Totale Regione 44,6 10,8 68,6 5.530<br />

Fonte: banca dati INEA sul mercato fondiario ( http://www.inea.it/progetti/bdfond.cfm )<br />

A seguito della realizzazione dei sistemi verdi l’agricoltore potrebbe subire i<br />

seguenti costi:<br />

185


• mancati ricavi (al netto delle spese) derivanti dalla produzione e vendita<br />

dei prodotti agricolo-zootecnici. Per dare un valore indicativo si ricorda la<br />

stima relativa al risultato lordo di gestione di una azienda agricola nel<br />

1999 pari a 7.099 € (vedi Tab. 7.2). Per il 2004, il risultato lordo di<br />

gestione (RLG) delle aziende agricole del nord Italia si è attestato<br />

mediamente tra i 15.000 € e i 30.000 € (vedi Tab. 3); dati più di dettaglio e<br />

aggiornati sui diversi indicatori di reddito per diversi ordinamenti<br />

aziendali possono essere ricavati dalla Rete RICA dell’INEA<br />

( http://www.inea.it/rica/index.html )<br />

Tabella 7.2 - Risultati economici delle aziende agricole<br />

Valore medio aziendale riferito al 1999 (€)<br />

Produzione 14.345<br />

Costi intermedi 6.025<br />

Valore aggiunto 8.320<br />

Costo del lavoro 1.143<br />

Margine operativo lordo 7.177<br />

Altri proventi netti 526<br />

Contributi sociali 604<br />

Risultato lordo di gestione 7.099<br />

Fonte: FIPE, 2003<br />

• eventuali mancati ricavi derivanti da attività economiche collegate alla<br />

vendita prodotti e servizi connessi ad attività turistico-ricreative-educativesportive.<br />

Una di queste è per esempio l’ agriturismo, attività per la quale la<br />

quantificazione del reddito derivante è assai difficile da standardizzare,<br />

poiché molto connessa alle specifiche condizioni operative delle aziende<br />

(l’offerta può andare infatti dalla sola ristorazione fino a pacchetti vacanza<br />

completi, passando per tutti i possibili livelli intermedi). Nel Box 1 si<br />

riportano alcuni dati indicativi relativi a tale attività;<br />

Tabella 7.3 - Aziende agricole e risultati economici per ripartizione geografica,<br />

anno 2004 (in euro)<br />

Nord-ovest Nord-est<br />

Produzione a 60.171 34.962<br />

- di cui fatturato 52.044 31.668<br />

Costi intermedi 26.495 16.222<br />

Valore aggiunto a 33.676 18.740<br />

Costo del lavoro 2.388 2.301<br />

Margine Operativo Lordo (MOL) 31.288 16.439<br />

Altri proventi netti 1.328 269<br />

Contributi sociali a carico di conduttore e familiari 1.934 1.305<br />

Risultato Lordo di Gestione (RLG) 30.681 15.403<br />

a Valori ai prezzi base<br />

Fonte: ISTAT, 2007 (rielaborata)<br />

186


Box 1. Agriturismo<br />

L’agriturismo, pur rimanendo un’attività di nicchia, è in crescita sia da un punto<br />

di vista complessivo (+ 9,3% rispetto al 2004) sia per quanto riguarda le<br />

singole tipologie: alloggi (+ 8,8%), ristorazione (+ 5,4 %), altre attività, quali<br />

equitazione, escursionismo, osservazioni naturalistiche, mountain bike, corsi e<br />

sport (+ 6,3%) (Inea, 2007).<br />

Con riferimento ai valori dichiarati dalle associazioni agricole, si stima che<br />

nel caso dell’attività agrituristica il ricavo medio per azienda ammonti a 87.000<br />

€ (FIPE, 2003).<br />

Si stima inoltre che il fatturato medio per azienda agrituristica sia cresciuto<br />

del 3,7% (Inea, 2007).<br />

Ristorante agrituristico, stima del possibile reddito ricavabile:<br />

Apertura annua (n. giorni) 150<br />

Coperti/giorno 50<br />

Coperti/anno 7.500<br />

Prezzo medio/coperto (€) 20<br />

Fatturato annuo (€) 150.000<br />

Fonte: Fipf 2003<br />

• mancati ricavi derivanti da esternalità positive connesse alla coltivazione<br />

agricola; dati di riferimento per queste esternalità vengono riportati in altre<br />

parti della presente indagine;<br />

• perdita di eventuali altri ricavi derivanti dal possesso del terreno.<br />

Caso 2. Forestazione del terreno agricolo a carico dell’agricoltore (che,<br />

proprietario del terreno, rimane tale) dietro pagamento di sussidi da parte della<br />

amministrazione<br />

L’agricoltore proprietario del terreno agricolo che decida di realizzare i sistemi<br />

verdi sul proprio terreno non avrà possibilità di disporre delle seguenti fonti di<br />

reddito:<br />

• il ricavo netto derivante dalla produzione agricolo-zootecnica<br />

(vedi Caso 1);<br />

• il ricavo derivante da eventuali sussidi all’attività agricola;<br />

• il ricavo derivante dalle esternalità positive connesse alla coltivazione<br />

agricola (vedi Caso1).<br />

L’agricoltore dovrà invece conteggiare:<br />

• delle spese per l’impianto e la gestione del soprassuolo forestato. Nel caso<br />

di un pioppeto Garcia Quijano et al. (2005) in Moons e Rousseau (2007)<br />

stimano che in media esse saranno pari a 99 €/ha per anno; nel caso di una<br />

foresta multifunzionale stimano si aggireranno attorno a 24 €/ha per anno.<br />

187


• Un ricavo pari al valore del sussidio erogatogli allo scopo<br />

dall’amministrazione. L’indennizzo proposto nel prossimo PSR 2007-2013<br />

della Lombardia (attualmente in fase di verifica per l’approvazione) è pari<br />

a 500 €/ha per il mantenimento di strutture vegetali lineari e fasce tampone<br />

boscate; a riferimento si possono prendere inoltre i premi proposti per la<br />

misura 221 “Imboschimento delle superfici agricole” (vedi Tab. 4).<br />

A questi sussidi si sommano, nel caso si realizzino impianti di Short<br />

Rotation Forestry (SRF) per la produzione di biomassa a fini energetici,<br />

anche i premi per le colture energetiche definiti pari a 45 €/ha.<br />

• Un ricavo netto derivante dalla produzione forestale. Garcia Quijano et al.<br />

(2005) stimano che in media un pioppeto (realizzato con i migliori cloni a<br />

disposizione e applicandovi i migliori schemi di gestione) può dare ricavi<br />

da vendita di legname pari a 202 €/ha per anno. Inoltre, per una foresta<br />

multifunzionale, si stimano in media un ricavo da legname pari a 5 €/ha<br />

per anno 123 .<br />

Un pioppeto per SRF si stima possa dare un ricavo compreso tra 135 e 832<br />

€/ha/anno (vedi Tab. 5) (Bergante e Facciotto, 2006).<br />

• Un ricavo derivante dalle esternalità positive connesse alla presenza del<br />

soprassuolo forestale. Alcune stime segnalano che in termini economici i<br />

benefici prodotti da un pioppeto possano consistere all’incirca in: caccia 8<br />

€/ha per anno (Moons et al., 2000, in Moons e Rousseau, 2007);<br />

ricreazione, non uso e valore ecologico 320 €/ha per anno (Drake et al.,<br />

1992, in Moons e Rousseau, 2007); fissazione di carbonio 292 €/ha per<br />

anno (Moons e Rousseau, 2007). Per una foresta multifunzionale, invece, i<br />

valori stimati si aggirano attorno a: caccia 15 €/ha per anno (Moons et al.,<br />

2000, in Moons e Rousseau, 2007); fissazione di carbonio 69 €/ha per<br />

anno (Garcia Quijano et al., 2005, e CIEMAT, 1999, in Moons e Rousseau,<br />

2007); altri benefici ecologici 52 €/ha per anno (Garrod e Willis, 1997, in<br />

Moons e Rousseau, 2007); valori di non uso 3.860 €/ha per anno (Moons<br />

et al., 2000, in Moons e Rousseau, 2007). Per le aree di studio analizzate,<br />

Moons e Rousseau (2007) hanno trovato valori ricreativi medi compresi<br />

tra 314 e 2.268 €/ha per anno.<br />

Dal momento che le nuove foreste verranno realizzate su terreni agricoli,<br />

le esternalità positive nette di queste foreste vanno paragonate al valore del<br />

corrente uso agricolo della terra (Moons e Rousseau, 2007).<br />

123 Questi valori risultano molto più bassi di quelli dei pioppeti dal momento che le<br />

utilizzazioni hanno luogo molto più tardi nel tempo (pioppeti: turni di 25 anni; foresta<br />

multifunzionale: turno di 150 anni prime utilizzazioni a 40 anni e successive ogni 10 anni) (Moons<br />

e Rousseau, 2007)<br />

188


Tabella 7.4 - Premi proposti nel PSR 2007-2013 Lombardia per la misura 221<br />

““Imboschimento delle superfici agricole”<br />

Tipologia Premio per<br />

Premio per<br />

manutenzione mancato reddito<br />

A – Boschi permanenti a scopo ambientale, 500 €/ha 700 €/ha in pianura<br />

paesaggistico o protettivo<br />

550 €/ha in collina<br />

290 €/ha in<br />

montagna<br />

B – Arboricoltura da legno a ciclo medio-lungo per 650 €/ha 550 €/ha in pianura<br />

la produzione di legno pregiato<br />

325 €/ha in collina<br />

150 €/ha in<br />

montagna<br />

Fonte: Gay, 2007<br />

Tabella 7.5 - Possibili produzioni e ricavi per impianti di SRF a fini energetici<br />

Modello SRF<br />

(ceduazione)<br />

Produttività<br />

(t/ha/anno)<br />

189<br />

Ricavo<br />

(€/ha)<br />

Prezzo di vendita<br />

In piedi Cippato<br />

15 €/t 20 €/t 30 €/t 45 €/t<br />

Biennale a<br />

9 (bassa) 135 180 270 405<br />

11 (media) 165 220 330 495<br />

18,5 (alta) 277,5 370 555 832,5<br />

Quinquennale b<br />

11 165 220 330 495<br />

a<br />

Turno di 12 anni di durata complessiva con ceduazioni ogni due anni (6 ceduazioni complessive)<br />

per 8.000 piante/ha (pioppo).<br />

b<br />

Turno di 15 anni di durata complessiva con ceduazioni ogni 5 anni (3 ceduazioni complessive)<br />

per 1.500 piante/ha (pioppo).<br />

Fonte: Bergante e Facciotto, 2006<br />

Caso 3. Acquisto dei terreni agricoli a prezzo di mercato e forestazione da parte<br />

dell’agricoltore dietro pagamento di sussidio da parte dell’amministrazione<br />

Per i benefici economici agli agricoltori che venderanno i propri terreni agricoli si<br />

veda quanto segnalato per il Caso 1.<br />

Per i benefici economici agli agricoltori che accetteranno di impiantare foreste<br />

sui loro terreni agricoli a cambio di sussidi si veda quanto detto a proposito del<br />

Caso 2.<br />

Caso 4. Sistema basato sulla forestazione dei terreni da parte dell’agricoltore<br />

dietro pagamento di sussidio oppure sull’imposizione di tasse da parte<br />

dell’amministrazione in caso di rifiuto dell’agricoltore<br />

In questo caso gli agricoltori che accetteranno il sussidio avranno dei benefici<br />

economici del tipo di quelli descritti per il Caso 2.<br />

Gli agricoltori che possiedono terreni che si ipotizza convertire in foresta ma<br />

che decidono invece di proseguire le coltivazioni agricole continueranno a<br />

mantenere tutti i ricavi netti da terreno agricolo (coltivazioni, attività economiche<br />

collegate e esternalità positive) ma saranno soggetti al pagamento di una tassa


proporzionale al numero di ettari di terreno che continuano a coltivare anziché<br />

forestare.<br />

Dalle valutazioni effettuate per lo specifico caso di studio nelle Fiandre, Moons<br />

e Rousseau (2007) ipotizzano un sussidio di 658 €/ha per l’impianto di foresta al<br />

posto dei terreni agricoli e una tassa di 225 €/ha per i terreni che continueranno ad<br />

essere mantenuti ad uso agricolo nonostante siano stati identificati<br />

dall’amministrazione come terreni da riforestare.<br />

Caso 5. Sistema basato sulla forestazione da parte dell’agricoltore o imprese di<br />

servizio dietro pagamento di un sussidio il cui ammontare è stato definito tramite<br />

asta<br />

Vale sostanzialmente quanto detto per il Caso 2. L’unica differenza sarà<br />

l’ammontare del sussidio percepito dall’agricoltore e del quale non è possibile<br />

stimare l’ammontare nemmeno a livello puramente teorico vista l’alta variabilità<br />

dei fattori condizionanti il calcolo del valore del sussidio.<br />

Caso 6. Sistema basato sull’acquisizione tramite esproprio<br />

Dal punto di vista dei benefici economici per l’agricoltore proprietario del terreno<br />

vale quanto detto nel Caso 1), con l’ovvia differenza che il prezzo che verrà<br />

pagato per il terreno agricolo sarà calcolato applicando (a seconda delle diverse<br />

situazioni) quanto stabilito dalla vigente normativa. Anche in questo caso<br />

ipotizzare delle stime è pressoché impossibile, data la grande variabilità delle<br />

condizioni operative. Ad ogni modo, a titolo puramente indicativo, il valore di<br />

riferimento è il Valore Agricolo Medio (VAM). Per il 2007 in Lombardia tale<br />

valore, nella maggioranza delle province, è compreso tra un minimo di 3.000 €/ha<br />

per incolto produttivo e un massimo di 136.500 €/ha per orto irriguo.<br />

7.2.2. Efetti indotti sul reddito degli agricoltori nei terreni limitrofi<br />

I coltivatori dei terreni che non saranno destinati alla conversione in foreste o altri<br />

sistemi verdi ma che si troveranno nella posizione di confinanti o a una limitata<br />

distanza da essi, avranno degli effetti indiretti sul proprio reddito dalla creazione<br />

delle nuove aree verdi. Tali impatti potranno essere significativi se l’attività<br />

dell’azienda si basa già, o verrà orientata, ad attività environmentally friendly<br />

collegate, o complementari, a quelle delle coltivazioni e allevamenti<br />

convenzionali. Si tratta di attività quali: agriturismo (ristorazione, ospitalità, ecc.),<br />

offerta di servizi ricreativi e culturali (escursionismo, educazione ambientale,<br />

visite a fattorie didattiche, ecc.), attività sportive (equitazione, tiro con l’arco,<br />

ecc.), vendita diretta di prodotti agricoli. Anche la conversione al biologico o il<br />

mantenimento di coltivazioni biologiche potrà avvantaggiarsi della vicinanza di<br />

190


sistemi verdi. Sarà, inoltre, più facile coinvolgere l’azienda di percorsi enogastronomico,<br />

escursionistici e culturali.<br />

Le aree interessate alla realizzazione di sistemi verdi sono in prevalenza periurbanie<br />

dove, in generale, la richiesta di spazi verdi per scopi ricreativi e così pure<br />

la disponibilità a pagare per tale ricreazione sono elevate.. In queste aree<br />

l’agriturismo, inteso nell’accezione più ampia del termine, è un’attività economica<br />

che riscuote notevole successo (si veda quanto già segnalato nel Box 1).<br />

Effettuando una rapida analisi delle proposte agrituristiche presenti on-line, è<br />

stato possibile individuare quali sono quelle maggiormente diffuse in Lombardia e<br />

quelle più innovative ancora da esplorare. A partire dalla più tradizionali le<br />

proposte principali sono:<br />

- ristorazione;<br />

- alloggio;<br />

- vendita diretta di prodotti dell’azienda agricola;<br />

- visite guidate:<br />

- a piedi;<br />

- in bicicletta;<br />

- a cavallo;<br />

- attività didattiche ( “fattoria didattica” 124 );<br />

- attrezzatura per congressi;<br />

- attività sociali (“fattoria sociale” 125 ).<br />

Come già anticipato in precedenza, si tratta di attività non standardizzabili, per le<br />

quali non esistono sistemi periodici valutazione dei ricavi né studi sistematici e<br />

dettagliati al riguardo.<br />

Per avere quantomeno un’idea indicativa dell’ordine di grandezza dei possibili<br />

ricavi, si è cercato comunque di reperire dei dati medi di quali siano i prezzi a cui<br />

tali servizi vengono venduti al pubblico (Tab. 7.6).<br />

124 Fattoria didattica: è una vera e propria azienda agricola che accoglie gruppi scolastici,<br />

famiglie e pubblico in genere. L’agricoltore stesso illustra ai visitatori il funzionamento delle<br />

attività aziendali, i meccanismi della produzione, la vita degli animali, ecc. Le attività delle fattorie<br />

didattiche consistono tipicamente in visite o altre iniziative di accoglienza e intrattenimento svolte<br />

nell’ambito dell’impresa agricola e condotte in appositi spazi e percorsi ricreativo-turistici.<br />

La fattoria didattica nasce dalla necessità di fornire un reddito supplementare per gli agricoltori<br />

e anche per creare un’occasione di contatto e comunicazione diretta tra agricoltori e cittadini.<br />

125 Fattoria sociale: è un’azienda agricola nella quale spazi e/o coltivazioni sono<br />

appositamente predisposti per la visita e il soggiorno di gruppi composti da operatori e persone<br />

svantaggiate. Costoro vi si recano per riflettere, comunicare e prendersi cura delle piante e degli<br />

animali. Il loro obiettivo principale è il miglioramento della condizione soprattutto psicologica<br />

delle persone. Esso viene strettamente legato alla riuscita dell’attività di “coltivazione” e rende<br />

pertanto fondamentale il ruolo dell’agricoltore.<br />

191


Tabella 7.6 - Prezzi medi delle principali attività agrituristiche<br />

Attività Prezzo<br />

Ristorazione da 15 a 30 €/persona<br />

Alloggio<br />

- stanza da 30 a 60 €/persona/notte<br />

- appartamento da 15 a 30 €/persona/notte<br />

Fattoria didattica da 4 a 8 €/bambino per mezza giornata<br />

da 8 a 15 €/bambino per una giornata intera a<br />

a il prezzo più alto riportato in genere include anche una lezione svolta in classe, oltre alla giornata<br />

in azienda.<br />

Per quanto riguarda le fattorie didattiche, è possibile dare qualche indicazione<br />

riguardante il grado di fruizione del servizio.<br />

Nell’anno 2003-2004 le 19 fattorie didattiche situate tra Forlì e Cesena hanno<br />

ospitato per i loro percorsi di educazione alimentare e ambientale 11.200 ragazzi e<br />

930 adulti. L’aumento rispetto all’anno precedente è stato del 33%. Le figure da<br />

7.2 a 7.4 illustrano il tipo di partecipanti, i periodi di visita più richiesti e il tipo di<br />

visita scelti dalla maggior parte dei visitatori.<br />

Figura 7.2 - Tipo di partecipanti<br />

Tipo di partecipanti<br />

8%<br />

39%<br />

15%<br />

7% scuola elementare<br />

scuola materna<br />

scuola media<br />

12%<br />

31%<br />

Fonte: elaborazione degli autori<br />

Figura 7.3 - Periodo di visita<br />

7%<br />

Periodo di visita<br />

81%<br />

Fonte: elaborazione degli autori<br />

192<br />

scuola superiore<br />

gruppi di adulti<br />

aprile-maggio<br />

ottobre-novembre<br />

febbraio-marzo


42%<br />

Figura 7.4 - Tipo di visita<br />

3%<br />

Tipo di visita<br />

193<br />

55%<br />

Fonte: elaborazione degli autori<br />

mezza giornata<br />

una giornata<br />

soggiorno di più giorni<br />

Per quanto riguarda la provincia di Ravenna, in tab. 7.7 si può vedere qual è stato<br />

negli ultimi anni l’andamento nel numero delle fattorie didattiche e degli allievi<br />

partecipanti alle visite.<br />

Tabella 7.7 - Fattorie didattiche della provincia di Ravenna<br />

Anno scolastico N° fattorie didattiche N° allievi<br />

2000-01 29 980<br />

2001-02 31 3.460<br />

2002-03 33 5.189<br />

2003-04 35 6.077<br />

2004-05 36 12.855<br />

Fonte: Santerini, 2007 (rielaborata)<br />

L’indicazione interessante che si può dedurre da questa tabella è il consistente<br />

incremento della domanda del servizio tra il 2000 e il 2005.<br />

Per il 2006, si calcola che in Italia fossero presenti 15.800 imprese agrituristiche<br />

che hanno realizzato un fatturato pari a 880 milioni di euro (Turismo e Finanza,<br />

2007). In termini molto generali, ciò comporta che mediamente ciascuna impresa<br />

ha un fatturato di circa 55.600 €.<br />

Dai dati riportati finora, si può dedurre che gli agricoltori che dovessero decidere<br />

di offrire servizi turistici, ricreativi, educativi, culturali e sportivi, o avessero già<br />

avviate tali attività e volessero potenziarle, avranno condizioni esterne collegate<br />

alla realizzazione dei 10.000 ha di sistemi verdi in grado sicuramente di<br />

consentire un aumento del reddito aziendale. L’aumento sarà, tuttavia, diversa da<br />

caso a caso.<br />

Oltre alle attività generatrici di reddito connesse all’offerta dei servizi turistici,<br />

ricreativi, educativi, culturali e sportivi, una ulteriore opportunità sia per gli<br />

agricoltori proprietari e coltivatori dei terreni limitrofi alle aree interessate ai<br />

diversi tipi di sistemi verdi sia per coloro che sono proprietari dei terreni<br />

rimboschiti (o eventualmente anche per coloro che lo erano ma hanno ceduto i<br />

terreni), vi è anche la possibilità dei ricavi da contoterzismo.


Nella sostanza, questi agricoltori potrebbero essere designati, dall’ente di<br />

realizzazione e gestione del progetto, come gli incaricati dell’esecuzione dei<br />

lavori agricoli e forestali necessari per l’impianto e la cura nel tempo dei sistemi<br />

verdi.<br />

Anche in questo caso la stima di questi possibili redditi è anch’essa difficile da<br />

effettuare non sapendo quali sistemi verdi verranno realizzati e quale sarà<br />

l’estensione di ciascuno di essi. Per avere indicazioni operative di riferimento può<br />

essere utile tenere in considerazione i dati medi dei prezziari per alcuni tipo di<br />

intervento agricolo-forestale. Ovviamente il reddito netto delle attività di servizio<br />

dovrà essere ricavato tenendo in considerazione il costo della manodopera, dei<br />

materiali e ( qualora siano incluse) delle attrezzature (ammortamento, i costi di<br />

manutenzione e assicurazione, i costi variabili), oltre alle tasse e imposte.<br />

A titolo di esempio nella Tab. 7.8 si riportano alcune delle voci più<br />

significative tratte dai prezziari reperibili sul sito dell’Associazione Provinciale<br />

Imprese di Meccanizzazione Agricola ( www.apima.it/ta_re.html).<br />

Tabella 7.8 – Dati sui servizi da contoterzisti riportati in diversi prezziari<br />

a). Prezziario del contoterzismo della regione Piemonte, relativo al 2005<br />

Lavorazione Prezzo<br />

Concimazione (prodotto fornito dall’agricoltore) 30,75 €/t<br />

Diserbo 44,00 €/ha<br />

Decespugliatore 39 €/h<br />

Escavatore meccanico con benne da 100 cm. 52,28 €/h<br />

Motolivellatore HP 140/160<br />

(con attrezzatura laser + 20%)<br />

52,28 €/h<br />

Scasso per impianti su terreno di struttura e giacitura media<br />

Profondità 70-80 cm<br />

467,40 €/ha<br />

Scasso per impianti<br />

578,00 €/ha<br />

Profondità 81-100 cm<br />

Trivellazione buche di 25 cm di diametro 0,54 €/cad.<br />

segue<br />

194


Continua tabella 7.8<br />

b) Prezziario del contoterzismo della regione Veneto, relativo al 2001<br />

Lavorazione Prezzo<br />

Aratura per terreni in pianura di medio impasto<br />

Profondità 30 cm<br />

Profondità 40 cm<br />

Profondità 50 cm<br />

195<br />

98,64 €/ha<br />

130,15 €/ha<br />

173,01 €/ha<br />

Aratura per terreni in collina e montagna pianeggianti Maggiorazione dello 05%<br />

Concimazione con spandiconcime a spaglio 22,21-27,89 €/h<br />

Decespugliatore 28,40-30,99 €/h<br />

Diserbo (con liquido fornito dall’agricoltore)<br />

normale<br />

normale con distribuzione volumetrica<br />

Erpicatura normale<br />

Con erpice a denti o a dischi non azionati a cardano:<br />

- con 1 passaggio<br />

- con 2 passaggi<br />

Con erpice rotativo azionato a cardano:<br />

- con 1 passaggio<br />

- con 2 passaggi<br />

Fori per impianto alberi<br />

Profondità massima 80 cm.<br />

Frangizollatura con trattore a ruote<br />

da 60-70 HP<br />

da 80-100 HP<br />

Frangizollatura ed estirpatura per terreni precedentemente arati<br />

da 100-120 HP<br />

da 130-150 HP<br />

22,47-26,60 €/ha<br />

28,40-30,99 €/ha<br />

28,40-32,02 €/ha<br />

39,25-43,90 €/ha<br />

61,97-65,59 €/ha<br />

91,41-96,58 €/ha<br />

0,48-0,55 €/cad.<br />

32,54-38,73 €/ha<br />

39,25-45,71 €/ha<br />

69,20-75,40 €/ha<br />

89,86-95,03 €/ha<br />

Levaceppi a strappo o con retroescavatore per terreni di medio impasto 1,63-1,83 €/cad.<br />

Livellamento terreni con trattrice a ruote e ruspa frontale<br />

da 100-130 HP<br />

da 130-180 HP<br />

Con laser aumento del 20%<br />

Scasso per terreni in pianura di medio impasto<br />

profondità 70-80 cm<br />

profondità 90 cm<br />

profondità 100 cm<br />

Segagione legna da ardere<br />

Senza spaccatura<br />

Con spaccatura<br />

c). Prezziario del contoterzismo della regione Toscana, relativo al 2005<br />

33,83 €/h<br />

44,67 €/h<br />

387,34-423,49 €/ha<br />

526,79 €/ha<br />

697,22 €/ha<br />

19,88-22,98 €/h<br />

31,5-34,09 €/h<br />

Lavorazione Prezzo<br />

Aratura andante a 60-70 cm su terreno boschivo 320,00 €/ha<br />

Apertura buche con mototrivella a mano (due operatori)<br />

Cippatura tronchi (sminuzzatura) su diametri inferiori a 15 cm<br />

40,00 €/h<br />

su prodotto asciutto e pulito<br />

57,50 €/h<br />

Decespugliatore a spalla 26,00 €/h<br />

Tagliatura siepi<br />

altezza fino a 120 cm<br />

altezza superiore a 120 cm<br />

23,50 €/h<br />

26,50 €/h<br />

In mancanza di informazioni di dettaglio sui sistemi verdi e sulle modalità di<br />

svolgimento delle operazioni di impianto e cura gestionale non ha senso effettuare<br />

delle simulazioni in termini monetari, ma il procedimento da applicarsi è<br />

relativamente semplice: una volta stabilite tutte le operazioni che il gestore


agricolo sarà incaricato di svolgere in qualità di contoterzista, per sapere a quanto<br />

ammonterà il reddito che ricaverà da questa attività aggiuntiva (o sostitutiva di<br />

quella agricola) sarà infatti sufficiente quantificare i tempi per lo svolgimento di<br />

tali operazioni oppure la superficie interessata e moltiplicarli per il prezzo unitario<br />

(€/h oppure €/ha) reperibile nel prezziario di riferimento. Una volta sottratte dalla<br />

cifra i costi e le ritenute fiscali, si otterrà il reddito netto per il contoterzista.<br />

Da ultimo è opportuno accennare al fatto che i gestori di terreni confinanti i<br />

sistemi verdi potranno avere presumibilmente un accesso più facilitato e/o un<br />

livello di contribuzione più elevato per le misure agro-ambientali definite nei<br />

Piani di Sviluppo Rurale.<br />

Di contro è anche presumibile che possano esserci, in casi sporadici, condizioni di<br />

maggiori costi diretti e indiretti all’agricoltura delle aree confinanti i sistemi verdi,<br />

quali i costi legali alla mobilità (condizione di congestione), danni alle<br />

coltivazioni da fauna selvatica (in genere oggetto di indennizzo da parte della<br />

Regione) e dal passaggio di visitatori.<br />

7.3. Considerazioni finali<br />

Come si è già segnalato nel corso del presente elaborato, non è possibile ottenere<br />

una stima analitica di quelle che saranno le opportunità di reddito per gli<br />

agricoltori prescindendo dalle diverse condizioni operative. In questa sede è<br />

possibile soltanto fornire indicazioni di massima e linee metodologiche per la<br />

stima degli impatti economici nel settore primario. Questi infatti dipenderanno in<br />

modo preponderante dalle modalità di acquisizione dei terreni e di gestione degli<br />

aspetti relativi alle operazioni di impianto e manutenzione dei sistemi verdi.<br />

Anche per quanto riguarda gli agricoltori delle aree limitrofe, le eventuali<br />

variazioni nel loro reddito, seppur non legate alle modalità di acquisizione dei<br />

terreni, sono comunque di difficile stima dal momento che dipenderanno dalle<br />

modalità specifiche in cui questi potranno essere coinvolti nella creazione e<br />

gestione dei sistemi verdi o dalle singole scelte imprenditoriali connesse all’avvio<br />

di attività environmentally friendly legate all’offerta di servizi turistici, ricreativi,<br />

educativi, culturali e sportivi. Tali attività risultano di difficile standardizzazione;<br />

in questo campo ogni generalizzazione è difficile dal momento che il successo di<br />

tali servizi dipende spesso proprio dalla capacità di trovare soluzioni originali e<br />

specifiche di collegamento dell’azienda con il proprio territorio.<br />

Il presente elaborato permette comunque di fare chiarezza su quali saranno nei<br />

diversi casi gli ambiti dai quali aspettarsi un aumento (o anche una diminuzione)<br />

dei redditi degli agricoltori e fornisce alcuni dati economici e le fonti informative<br />

utili per impostare una valutazione analitica.<br />

196


Capitolo 8<br />

Benefici per l’energia e l’industria<br />

8.1. Introduzione<br />

Indubbiamente i 10.000 ha di sistemi verdi, se opportunamente pianificati e<br />

gestiti, potranno mettere a disposizione una considerevole quantità di biomassa<br />

utilizzabile a fine energetico.<br />

L’effettivo utilizzo di questa, però, sarà soggetto all’acquisizione di un<br />

consenso dal punto di vista economico, ambientale e anche culturale:<br />

- economico: riguarda tutte le problematiche legate ai costi di installazione e<br />

manutenzione degli impianti e all’efficienza energetica delle tecnologie<br />

utilizzate (e utilizzabili), all’incertezza di fattori determinanti quali il<br />

prezzo del combustibile (proveniente da fonte rinnovabile e non),<br />

all’ammontare dei finanziamenti erogati per lo sviluppo delle fonti<br />

energetiche alternative;<br />

- ambientale: gli impianti devono convincere l’opinione pubblica del<br />

limitato impatto delle emissioni che rilasciano in atmosfera. Inoltre, si<br />

deve diffondere la consapevolezza che normalmente impianti di<br />

dimensioni consistenti (a biomassa vergine) sono meno impattanti di<br />

quanto lo siano i piccoli impianti che vengono invece attualmente accettati<br />

senza problemi dall’opinione pubblica;<br />

- culturale: è necessario disporre di risorse umane dotate di un adeguato<br />

livello di preparazione tecnica per l’effettiva realizzazione e gestione nel<br />

tempo delle tecnologie disponibili.<br />

Si ritiene ad ogni modo ragionevole supporre che il mercato energetico svilupperà<br />

quello della biomassa e quindi offrirà al mondo agro-forestale un’opportunità di<br />

diversificazione delle produzioni e dei ricavi.<br />

Nel presente elaborato non si prenderà in considerazione il caso della produzione<br />

di legname da opera. Infatti i sistemi verdi a realizzarsi solo in pochi casi saranno<br />

di tipo adeguato (impianti di arboricoltura con specie di pregio) per la produzione<br />

di tale genere di legname.


La filiera-legno industria verrà quindi presa in considerazione solo brevemente e<br />

in quanto generatrice di biomassa legnosa di scarto destinabile a fini energetici e<br />

non in quanto utilizzatrice di legname<br />

8.1.1. La filiera legno-mobile<br />

Allo stato attuale, si stima che la filiera bosco-legno lombarda consumi<br />

annualmente circa 4,5 milioni di metri cubi di legname e che solamente un terzo<br />

di esso (circa 1,5 milioni di metri cubi) provenga dalla Lombardia. I rimanenti due<br />

terzi arrivano da fuori e particolarmente dall’estero. Inoltre, 2/3 del quantitativo di<br />

legname di provenienza lombarda, provengono da impianti di pioppicoltura<br />

(Regione Lombardia Agricoltura, 2007). In particolare è il legname di pregio che<br />

arriva dall’estero, essendo esso più economico rispetto a quello di provenienza<br />

nazionale.<br />

Anche a livello italiano, il consumo di legname (prevalentemente per<br />

l’industria) è nettamente superiore alla produzione interna e le importazioni<br />

rimangono quindi fondamentali.<br />

I dati riportati nella tabella 1 mostrano la consistenza del comparto legnoarredo<br />

in Lombardia in termini di numero di aziende e addetti nei due principali<br />

settori coinvolti.<br />

Tabella 8.1 - Consistenza del comparto Legno-Arredo in Lombardia<br />

Lavorazione legno (tranne Produzione Totale Totale<br />

mobili)<br />

mobili aziende addetti<br />

Attive Tot. addetti Attive Tot.<br />

addetti<br />

Attive % Attive %<br />

Bergamo 991 3.412 144 835 1.135 14 4.247 14<br />

Brescia 1.022 3.417 145 798 1.167 14 4.215 14<br />

Como 511 1.759 412 2.899 923 11 4.658 15<br />

Cremona 259 1.287 28 84 287 3 1.371 4<br />

Lecco 256 883 39 207 295 4 1.090 4<br />

Lodi 133 456 17 35 150 2 491 2<br />

Mantova 382 2.636 30 183 412 5 2.819 9<br />

Milano 1.969 4.523 740 3.807 2.709 33 8.330 27<br />

Pavia 356 951 33 93 389 5 1.044 3<br />

Sondrio 326 1.048 3 11 329 4 1.059 3<br />

Varese 477 1.368 60 271 537 6 1.639 5<br />

Fonte: Riva et al., 2005<br />

Alla luce di questi dati si capisce come, in Lombardia, vi sia sicuramente un<br />

ampio margine per incrementare la produzione di legname, soprattutto in zone di<br />

pianura. In esse infatti i costi di utilizzazione rimangono generalmente più bassi<br />

che nelle aree montane e permettono al legname prodotto di essere, almeno in<br />

parte, competitivo con quello di provenienza estera.<br />

Nell’ambito delle produzioni industriali della filiera del legno-mobile, sia la<br />

percentuale di scarto rispetto al materiale grezzo sia le caratteristiche del residuo<br />

198


ottenuto sono molto variabili, soprattutto a seconda dell’attività svolta dalle<br />

imprese. Le ditte che producono mobili hanno una composizione degli scarti mista<br />

di legno massello e pannelli truciolati. Si considerano percentuali di scarto del 10-<br />

20% nella lavorazione del pannello truciolare e del 30% sul legno massello.<br />

Invece le aziende che producono sedie o oggetti intagliati producono unicamente<br />

scarti di legno massello non trattato in percentuali oscillanti tra il 30 e il 45%<br />

rispetto alla materia prima in entrata (Regione Lombardia Agricoltura, 2007).<br />

Il recupero a fini energetici degli scarti legnosi prodotti è pratica piuttosto diffusa<br />

nelle aziende di prima e seconda lavorazione del legno in Lombardia.<br />

La tecnologia che sfrutta la fonte rinnovabile biomassa a fronte di maggiori<br />

investimenti iniziali e oneri di gestione degli impianti consente di ottenere un<br />

risparmio in termini di combustibile che si ripete negli anni. In particolare, per le<br />

aziende che lavorano legno, il risparmio sul combustibile deriva dalla possibilità<br />

di:<br />

- risparmiare sul combustibile tradizionale (per lo più metano e gasolio)<br />

- eliminare o ridurre il volume di scarti da cedere a terzi per il recupero<br />

di materia, energia o per lo smaltimento.<br />

La combustione degli scarti comporta però maggiori oneri iniziali per<br />

l’investimento. Come esempio si possono considerare circa 20.000 € in più per<br />

l’opzione legno rispetto alla caldaia a gas per una potenza nominale installata di<br />

100 kW, ma per un impianto da 6 MW il costo sale a oltre 220.000 € (Regione<br />

Lombardia Agricoltura, 2007).<br />

8.1.2. La filiera legno-energia<br />

I sistemi verdi a realizzarsi nell’ambito del progetto “10.000 ha di sistemi verdi<br />

per la Lombardia” dovranno, per la maggior parte, assolvere svariate funzioni, tra<br />

le quali è prevedibile vi sarà soprattutto quella turistico-ricreativa. Questa<br />

funzione è in linea di massima conciliabile con l’utilizzo a fini energetici della<br />

produzione di biomassa legnosa dei diversi tipi di sistemi verdi realizzati.<br />

Per poter avere un’idea quantitativa della consistenza della filiera legno-energia in<br />

Italia, nelle tabelle 8.2, 8.3 e 8.4 sono riportate alcune cifre relative agli impianti a<br />

biomassa per la produzione di energia attualmente attivi.<br />

Tabella 8.2 - Impianti utenze domestiche in Italia<br />

Numero impianti 6.000.000<br />

Potenza installata (kW) 30.000.000<br />

Energia primaria (Mtep) 3,3<br />

Rendimento medio (%) 35<br />

Energia utile finale (Mtep) 1,2<br />

Fonte: Monni, 2006<br />

199


Tabella 8.3 - Impianti utenze industriali in Italia<br />

Numero impianti 1.500<br />

Potenza installata (kW) 3.000.000<br />

Energia primaria (Mtep) 1,1<br />

Rendimento medio (%) 70<br />

Energia utile finale (Mtep) 0,75<br />

Fonte: Monni, 2006<br />

Tabella 8.4 - Impianti teleriscaldamento in Italia<br />

Numero impianti 100<br />

Potenza installata (kW) 378.500<br />

Energia primaria (Mtep) 0,04<br />

Rendimento medio (%) 75<br />

Energia utile finale (Mtep) 0,03<br />

Fonte: Monni, 2006<br />

L’Italia, all’anno 2002, risultava essere il più grande importatore europeo di legna<br />

da ardere e scarti di legno (tab. 8.5).<br />

Tabella 8.5 - Importazioni italiane di biomassa legnosa nel 2002<br />

Formato Quantità importata Spesa<br />

(M$)<br />

Legna da ardere 600.000 m 3 25,5<br />

Carbone da legna 41.000 t 10,4<br />

Chips 1.330.000 m 3 19,8<br />

Scarti 820.000 m 3 21,7<br />

Fonte: FAO 2002<br />

8.2. Biomassa energia<br />

Prima di affrontare gli aspetti di carattere più prettamente economico legati alla<br />

produzione di biomasse legnose a scopo energetico, si ritiene utile fornire della<br />

indicazioni di base relativamente a: i tipi di biomassa, i combustibili ottenibili e le<br />

tecnologie per la produzione di energia, i tipi di filiera. Questi sono infatti tutti<br />

fattori di grande rilevanza per la determinazione di costi e ricavi dalla biomassa.<br />

8.2.1. Tipi di biomassa<br />

Con il termine biomassa si indicano tutti i materiali di origine biologica (esclusi<br />

quelli fossili) quali: residui agricoli, colture energetiche specializzate, residui<br />

forestali, scarti dell’industria agro-alimentare e di quella del legno, reflui degli<br />

allevamenti zootecnici e parti organiche dei rifiuti urbani.<br />

200


Si prenderà qui in esame solo il caso della biomassa di origine vegetale. Essa può<br />

essere classificata in tre macrocategorie principali (biomassa legnosa, erbacea,<br />

frutti e semi), con relative suddivisioni (tabb. 8.6, 8.7 e 8.8).<br />

BIOMASSA LEGNOSA<br />

Biomassa<br />

legnosa da<br />

arboricoltura e<br />

selvicoltura<br />

Sottoprodotti e<br />

residui<br />

dell’industria di<br />

lavorazione del<br />

legno<br />

Tabella 8.6 - Biomassa legnosa<br />

Alberi e arbusti<br />

interi<br />

Latifoglie<br />

Conifere<br />

Ceduo a turno di<br />

rotazione breve<br />

Tronchi Latifoglie<br />

Conifere<br />

Residuo di Fresco/verde (incluse<br />

potatura<br />

foglie e aghi)<br />

Secco<br />

Latifoglie<br />

Ceppaie Conifere<br />

Ceduo a turno di<br />

Corteccia da<br />

scortecciatura<br />

preindustriale<br />

Miscele e<br />

miscugli<br />

Residui di legno<br />

non trattato<br />

Residui di legno<br />

trattato<br />

chimicamente<br />

Miscele e<br />

miscugli<br />

Scarti fibrosi<br />

dell’industria<br />

della carta e della<br />

cellulosa<br />

Legno non trattato<br />

chimicamente<br />

Legno usato Legno trattato<br />

chimicamente<br />

Miscele e<br />

miscugli non<br />

trattati<br />

Miscele e<br />

miscugli trattati<br />

Miscele e<br />

miscugli<br />

rotazione breve<br />

Legno privo di corteccia<br />

Corteccia (da operazioni<br />

industriali)<br />

Legno privo di corteccia<br />

Corteccia (da operazioni<br />

industriali)<br />

Legno privo di corteccia<br />

Corteccia (da operazioni<br />

industriali)<br />

Legno privo di corteccia<br />

Corteccia (da operazioni<br />

industriali)<br />

Fonte: Regione Lombardia Agricoltura, 2002<br />

201<br />

Legno da giardini,<br />

siepi, alberature stradali<br />

Miscele e miscugli<br />

Miscele e miscugli<br />

Miscele e miscugli<br />

Legno da giardini,<br />

siepi, alberature stradali<br />

Miscele e miscugli<br />

Miscele e miscugli<br />

Miscele e miscugli<br />

Miscele e miscugli<br />

Miscele e miscugli


BIOMASSA ERBACEA<br />

FRUTTI E SEMI<br />

Biomassa erbacea da agricoltura<br />

e orticoltura<br />

Residui e sottoprodotti dalla<br />

trasformazione industriale di<br />

biomassa erbacea<br />

Tabella 8.7 - Biomassa erbacea<br />

Cereali Pianta intera<br />

Paglia<br />

Semi o<br />

202<br />

granella<br />

Erbe in genere Pianta intera<br />

Paglie<br />

Semi<br />

Oleaginose Pianta intera<br />

Steli e foglie<br />

Piante da radici Pianta intera<br />

Steli e foglie<br />

Leguminose Pianta intera<br />

Steli e foglie<br />

Floricole Pianta intera<br />

Steli e foglie<br />

Miscele e miscugli<br />

Residui erbacei non Cereali ed erbe<br />

trattati chimicamente<br />

Residui erbacei<br />

trattati chimicamente<br />

Miscele e miscugli<br />

Miscele e miscugli non trattati<br />

Miscele e miscugli trattati<br />

Fonte: Regione Lombardia Agricoltura, 2002<br />

Frutti da frutticoltura e<br />

orticoltura<br />

Residui e sottoprodotti<br />

dell’industria di lavorazione dei<br />

frutti<br />

Tabella 8.8 - Frutti e semi<br />

in genere<br />

Cereali ed erbe<br />

in genere<br />

Oleaginose<br />

Bacche e affini Bacche<br />

intere<br />

Polpa<br />

Drupe e affini Frutti interi<br />

Noci, nocule e acheni<br />

(frutta secca)<br />

Miscele e miscugli<br />

Residui di frutti non<br />

trattati chimicamente<br />

Residui di frutti trattati<br />

chimicamente<br />

Miscele e miscugli<br />

Miscele e miscugli non trattati<br />

Miscele e miscugli trattati<br />

Fonte: Regione Lombardia Agricoltura, 2002<br />

Polpa<br />

Frutto intero<br />

Gusci,<br />

tegumenti<br />

Bacche e<br />

affini<br />

Drupe e<br />

affini<br />

Bacche e<br />

affini<br />

Drupe e<br />

affini<br />

Lolle, gusci e<br />

affini<br />

Miscele e<br />

miscugli<br />

Gusci e affini<br />

Miscele<br />

emiscugli<br />

Semi<br />

Gusci e affini<br />

Tuberi, radici<br />

e affini<br />

Frutti<br />

Baccelli<br />

Semi<br />

Tuberi, radici<br />

e affini<br />

Tuberi, radici<br />

e affini<br />

Oleaginose e<br />

floricole<br />

Semi<br />

Noccioli<br />

Noccioli<br />

Noci, nocule<br />

e acheni<br />

(frutta secca)<br />

Noci, nocule<br />

e acheni<br />

(frutta secca)


La biomassa storicamente più usata per la produzione di energia, nonché quella<br />

che sarà più rilevante nell’ambito dei 10.000 ha di sistemi verdi, è la biomassa<br />

legnosa. Essa può essere reperita in forma di:<br />

- prodotto tal quale: ossia legna da ardere, ottenuta dal taglio di boschi e<br />

vegetazione arborea legnosa;<br />

- residuo di interventi forestali ed eventualmente anche agricoli (potature,<br />

pulizia dei boschi, diradamenti,…);<br />

- residuo derivante da processi di lavorazione del legname da opera;<br />

- rifiuto proveniente da particolari processi di lavorazione industriale (es.<br />

legname impregnato e/o incollato, multistrato, ecc) 126 .<br />

Le possibili provenienze della biomassa legnosa sono molteplici:<br />

- boschi d’alto fusto: dal momento che producono prevalentemente legname<br />

da opera di elevata qualità tecnologica, alla produzione di energia vengono<br />

destinati gli scarti della lavorazione e i residui degli interventi forestali;<br />

- boschi cedui: producono elevate quantità di legna di scarsa qualità<br />

tecnologica che viene prevalentemente utilizzata per la produzione di<br />

paleria o come combustibile;<br />

- arboreti da legno: possono essere di diverso tipo, dai pioppeti agli arboreti<br />

per la produzione di legname di pregio. A seconda dello scopo per il quale<br />

sono stati progettati potranno fornire prevalentemente legna a uso<br />

energetico oppure legname da industria (e in questo caso all’uso<br />

energetico verranno destinati solo i residui);<br />

- impianti di Short Rotation Forestry: realizzati appositamente per la<br />

produzione di biomassa ad uso energetico (oppure per l’industria cartaria,<br />

nel qual caso nullo sarà il prodotto disponibile per la produzione di<br />

energia);<br />

- vegetazione ripariale: comprende la vegetazione arborea e arbustiva che si<br />

sviluppa lungo i corsi d’acqua. Al fine della produzione di energia<br />

vengono in questo caso utilizzati i residui ottenuti dalle operazioni di<br />

manutenzione (potature, ecc.);<br />

- colture legnose agricole: si tratta di quelle coltivazioni di piante arboree<br />

(quali viti, olivi, alberi da frutto) che sono sottoposte regolarmente a<br />

potature. I residui di queste potature possono infatti essere impiegati per la<br />

produzione di energia;<br />

- verde urbano: comprende tutta la vegetazione (arborea e arbustiva)<br />

presente in un’area urbana (es. filari alberati, aiuole, vegetazione di<br />

giardini pubblici e privati). Per la produzione di energia vengono quindi<br />

usati i residui legnosi derivanti dalla manutenzione periodica di queste<br />

aree;<br />

126<br />

In questo caso lo smaltimento deve avvenire seguendo specifiche procedure e nel rispetto<br />

delle specifiche normative.<br />

203


- scarti e residui derivanti dalle lavorazioni del legno: interessanti sono<br />

quelli derivanti dalle prime lavorazioni del legno dal momento che<br />

consistono di materiale non trattato chimicamente e quindi riutilizzabile in<br />

forma di legna a pezzi, segatura, pellet, cippato;<br />

- rifiuti legnosi: si tratta dei residui prodotti dai processi secondari di<br />

trasformazione del legno e dai rifiuti legnosi recuperati tramite raccolta<br />

differenziata (vecchi manufatti quali mobili, paleria trattata, ecc.). La<br />

produzione di energia da tali rifiuti è però consentita solo in particolari<br />

impianti rispettanti la normativa vigente in materia.<br />

Lo schema riportato in figura 8.1 esemplifica chiaramente il percorso della<br />

biomassa legnosa.<br />

Figura 8.1 - Destini della biomassa legnosa<br />

Le linee continue indicano i flussi di prodotti principali, quelle tratteggiate indicano i flussi di<br />

residui e sottoprodotti.<br />

Fonte: Ciccarese et al., 2003<br />

La biomassa legnosa che viene utilizzata per la produzione di energia si presenta<br />

sostanzialmente in tre formati:<br />

a) Legna in pezzi. Consiste di pezzi lunghi 20-40 cm usati per l’alimentazione di<br />

camini, stufe e caldaie a carica manuale. Per le aziende agricole e boschive che<br />

lo producono questo formato sembra essere quello più remunerativo poiché non<br />

richiede grossi investimenti finanziari e garantisce un buon guadagno netto.<br />

Infatti tutte le operazioni necessarie (taglio, esbosco, depezzatura) si effettuano<br />

con macchinari e attrezzature normalmente già presenti in azienda.<br />

204


La legna, prima di poter essere utilizzata, dev’essere essiccata per ridurne il<br />

contenuto di umidità e aumentarne così il potere calorifico. Al momento del<br />

taglio il contenuto di umidità si aggira all’incirca su 60 %, per ottimizzare la<br />

combustione dev’essere ridotto al 25-30%. Attualmente la legna in pezzi ha<br />

sul mercato un prezzo di circa 12 €/q.<br />

b) Cippato di legno. Si tratta di scaglie lunghe circa 2-5 cm che vengono ottenute<br />

dallo sminuzzamento di ramaglie, scarti di potature e utilizzazioni e residui<br />

prodotti dalle industrie del legno. Dal momento che i macchinari richiesti per<br />

la cippatura non sono eccessivamente costosi, questo formato può fornire<br />

buone possibilità di reddito per quelle aziende (agricole e forestali) che hanno<br />

una buona disponibilità di residui legnosi.<br />

Il cippato è un combustibile impiegabile per l’alimentazione di caldaie di<br />

impianti di medie-grandi dimensioni a caricamento automatico.<br />

c) Pellet. È un combustibile che si presenta in forma di cilindretti di 1-2 cm di<br />

lunghezza per circa 0,6 cm di diametro. Questi vengono prodotti tramite un<br />

processo di compressione e pressatura di segature ricavate a partire da residui<br />

di segherie, corteccia, scarti provenienti da lavori agro-forestali (rami, residui<br />

di potatura, ecc.) e prodotti di legno a fine ciclo (mobili, imballaggi, ecc.).<br />

Per produrre questo tipo di combustibile, oltre alla disponibilità della<br />

materia prima è necessario anche poter effettuare investimenti economici<br />

consistenti che saranno comunque successivamente compensati dall’elevato<br />

valore aggiunto che il prodotto finito ha sul mercato.<br />

Il pellet è usato come combustibile per stufe e caldaie sia di piccola che di<br />

grande dimensione e a caricamento automatico.<br />

Attualmente è disponibile sul mercato a un prezzo di 0,30-0,40 €/kg (con un<br />

contenuto di umidità del 7-10%).<br />

8.2.2. Sistemi di produzione di energia da biomassa legnosa<br />

Gli impianti alimentati con biomassa legnosa si distinguono sia per le dimensioni<br />

che per il tipo di energia che producono.<br />

Dal punto di vista dimensionale vi sono tre categorie:<br />

- piccoli impianti: utili per una singola abitazione o per un nucleo<br />

plurifamiliare, la potenza installata arriva generalmente fino a 35 kW;<br />

- medi impianti: sufficienti per il riscaldamento di un nucleo rurale o di un<br />

edificio pubblico tipo biblioteca, scuola, ecc.; la potenza nominale va in<br />

questo caso da 40 kW a 1 MW;<br />

- grandi impianti: destinati normalmente al riscaldamento di edifici uniti tra<br />

loro da una rete di teleriscaldamento; la potenza nominale arriva in questo<br />

caso ad alcuni megawatt.<br />

205


Medi e grandi impianti consentono, rispetto a quelli piccoli, alcuni vantaggi: la<br />

possibilità di completa automazione, una resa calorica migliore, una riduzione<br />

elevata dell’immissione di CO2 in atmosfera, la riduzione dei costi gestionali<br />

(Denti et al., 2006).<br />

L’energia prodotta da un impianto a biomasse può essere energia elettrica o<br />

termica, oppure una combinazione di entrambe (si parla in tal caso di<br />

“cogenerazione”, va detto però che normalmente uno dei due tipi di energia<br />

prodotta prevale quantitativamente sull’altro).<br />

Il caso più diffuso è quello della produzione di energia termica (dal momento che<br />

interessa tutti i piccoli impianti).<br />

Quando le installazioni riguardano impianti di grandi dimensioni per il<br />

riscaldamento di più edifici, si parla allora di “teleriscaldamento”. A tale riguardo<br />

si stima vi siano attualmente una potenza installata complessiva di circa 200 MWt<br />

e un consumo di biomassa (in questo caso quasi esclusivamente cippato di legno)<br />

dell’ordine di 0,3 Mt di materiale al 40% di umidità. La tecnologia più diffusa si<br />

basa sull’impiego di caldaie a griglia mobile. Le perdite di rete sono dell’ordine<br />

del 10-15% (Riva, 2004).<br />

La produzione di energia utilizzando le biomasse prevede l’impiego delle seguenti<br />

tecnologie differenziate sulla base dei combustibili impiegati:<br />

- Caldaie a legna: adatte per riscaldare superfici fino a 500 mq, con potenze<br />

nominali di circa 35-40 kW. Sul mercato ve ne sono molte disponibili con<br />

potenze nominali da 10 a 200 kW. Il miglior rapporto prezzo/potenza si<br />

ottiene con caldaie di 35-50 kW.<br />

- Caldaie a cippato: adatte per gli impianti di medie e grandi dimensioni,<br />

anche per servire numerose utenze tramite una rete di teleriscaldamento.<br />

Le potenze nominali partono da 100 kW, il costo unitario di un impianto a<br />

cippato diminuisce al crescere della potenza della caldaia, fino ad arrivare<br />

al miglior rapporto prezzo/potenza a 750 kW (potenza che garantisce il<br />

riscaldamento di circa 20.000 m 3 , all’incirca 60 appartamenti).<br />

- Caldaie a pellet: offrono notevoli vantaggi sia rispetto alle caldaie a legna<br />

sia rispetto a quelle a cippato. Rispetto alle prime offrono il vantaggio di<br />

essere completamente automatizzate anche riguardo al caricamento del<br />

combustibile, rispetto alle seconde garantiscono un potere calorico<br />

superiore (pellet 4,8 kW/kg, cippato al 30% di umidità 3,4 kW/kg) e una<br />

più alta densità energetica (pellet 3.200 kW/m 3 , cippato circa 800 kW/m 3 ).<br />

Un altro vantaggio è il fatto di poter essere eventualmente convertite a<br />

gasolio semplicemente sostituendo il bruciatore.<br />

206


8.2.3. Tipi di filiera legno-energia per le imprese agro-forestali<br />

Antonini e Francescato (n.d.) affermano che in linea generale le imprese agroforestali<br />

possono ottenere adeguati livelli di remunerazione dalle filiera legnoenergia<br />

qualora essa si sviluppi secondo uno dei seguenti modelli:<br />

1) Filiera dell’autoconsumo: l’impianto termico (utile al riscaldamento<br />

dell’abitazione o dell’azienda) è alimentato con la biomassa legnosa (legna<br />

da ardere o cippato) prodotta dall’impresa stessa. Il vantaggio di questo<br />

modello consiste nel risparmio economico derivante dall’utilizzo della<br />

biomassa anziché dei combustibili tradizionali. Gli investimenti richiesti<br />

sono di piccola portata.<br />

2) Filiera della vendita della legna da ardere e del cippato: essa si basa sulla<br />

presenza nel territorio di impianti di piccola e media taglia (per il<br />

riscaldamento di edifici privati e/o pubblici) alimentati con legna da ardere<br />

o cippato. Le imprese agro-forestali locali possono quindi impegnarsi nella<br />

produzione di biomassa destinata a soddisfare la domanda, ottenendone un<br />

ricavo (variabile a seconda dei costi di produzione e del prezzo di mercato<br />

della biomassa).<br />

3) Filiera della vendita del calore: l’impresa agro-forestale realizza anche<br />

l’impianto di produzione dell’energia. In questo modo la biomassa legnosa<br />

che produce anziché essere venduta direttamente, viene utilizzata per la<br />

produzione di energia e sarà quest’ultima ad essere venduta all’utenza<br />

finale.<br />

8.3. Biomassa: disponibilità, consumo, produzione<br />

Secondo dati ISTAT del 1997 (in Ciccarese et al., 2003), in Italia sono stati usati a<br />

fini energetici all’incirca 5,1 M di metri cubi di legna, a partire da un totale di 8,9<br />

M metri cubi di utilizzazioni complessive di legname. La maggior parte di questa<br />

biomassa proviene da cedui (78,1%) mentre solo l’8,6% deriva da formazioni<br />

“fuori foresta” 127 (tab. da 8.9 a 8.11).<br />

Tabella 8.9 - Utilizzazioni a scopo energetico per forma di governo (valori in m 3 )<br />

Fustaie Cedui Cedui Totale Fuori Totale<br />

semplici composti<br />

foresta<br />

Lombardia 52.314 206.477 176.706 435.497 124.903 560.400<br />

Italia 680.870 3.345.218 671.771 4.697.859 441.977 5.139.836<br />

% 13,25 65,08 13,07 91,40 8,60 100,00<br />

Fonte: ISTAT – Annuario 2007 in Ciccarese et al., 2003<br />

127 Per utilizzazioni “fuori foresta” si intendono quelle provenienti da piante legnose forestali<br />

presenti su superfici < 0,5 ha e/o su superfici con piante aventi area di incidenza < 50% della<br />

superficie stessa e/o in filari con lunghezza inferiore a 10 m (oppure occupanti superfici < 0,5 ha).<br />

207


Tabella 8.10 - Utilizzazioni forestali a scopo energetico per tipo di bosco (valori in m 3 )<br />

Resinose Latifoglie Totale<br />

Lombardia 9.380 426.117 435.497<br />

Italia 301.162 4.396.697 4.697.859<br />

% 6,41 93,59 100,00<br />

Fonte: ISTAT – Annuario 2007 in Ciccarese et al., 2003<br />

Tabella 8.11 - Consumi di biomassa nelle famiglie<br />

Consumi (t/anno)<br />

Lombardia 2.966.934<br />

Italia 21.559.623<br />

Fonte: ISTAT – Annuario 2007 in Ciccarese et al., 2003<br />

La biomassa effettivamente consumata dalle famiglie proviene dalle utilizzazioni<br />

forestali e “fuori foresta”, dal settore agricolo, dagli scarti delle lavorazioni<br />

dell’industria del legno e dall’uso a fini energetici di prodotti legnosi a fine ciclo.<br />

Dai dati ufficiali disponibili non si possono però ricavare informazioni<br />

quantitative per quanto riguarda il settore agricolo e gli scarti della lavorazione<br />

industriale del legname. A proposito, invece, degli scarti dell’industria del legno si<br />

veda la tab. 8.12.<br />

Ripartizione<br />

territoriale<br />

Tabella 8.12 - Produzione di scarti legnosi nel settore dell’industria del legno<br />

Imprese<br />

(n)<br />

Addetti<br />

imprese<br />

(n)<br />

208<br />

Scarti legnosi (t/anno) per<br />

addetto<br />

Da 13,2 a 20,6 t/anno<br />

Italia nord-occidentale 11.887 46.462 613.298 957.117<br />

Italia nord-orientale 11.903 11.903 752.928 1.175.024<br />

Totale 48.776 170.227 2.246.996 3.506.676<br />

Fonte: Ciccarese et al., 2003<br />

La produzione annua di scarti legnosi da parte del settore dell’industria del legno<br />

è comunque stimata variare tra 2.246.996 e 3.506.676 t. La stima della<br />

componente effettivamente utilizzata per la produzione di energia varia tra<br />

382.000 t per anno e 2.279.00 t per anno. Tali scarti vengono normalmente<br />

reimpiegati nella stessa azienda per il riscaldamento dei locali e nel processo<br />

produttivo.<br />

A livello nazionale Ciccarese et al. (2003) hanno elaborato una sintesi<br />

relativamente a prelievi, consumi e disponibilità di biomasse legnose (tab. 8.13)


Tabella 8.13 - Sintesi delle stime sui prelievi, i consumi e la disponibilità di biomasse legnose<br />

Prelievi<br />

- prelievi di legna ad uso<br />

energetico<br />

- prelievi di legna ad uso<br />

energetico con il “fuori foresta”<br />

- prelievi di legna ad uso<br />

energetico con il “fuori foresta”<br />

Anno di<br />

riferimento<br />

Quantità<br />

(M t)<br />

Quantità<br />

(M m 3 )<br />

Equivalenti<br />

(M Tep)*<br />

Fonte<br />

1997 n.d. 4,70 1,07 ISTAT<br />

1997 n.d. 5,14 1,17 ISTAT<br />

2000 n.d. 6,05 1,37 n.s. stime<br />

su dati<br />

ECE/FAO<br />

Consumi di biomasse legnose a fini<br />

energetici<br />

-consumi domestici 1997 21,56 28,75 6,53 ENEA-<br />

CIRM<br />

-consumi nei forni a legna 2000 0,30 0,34 0,08 n.s. stime<br />

-consumi di scarti industriali 2000 0,38-2,28 0,46-3,50 0,10-0,79 n.s. stime<br />

Biomassa disponibile non utilizzata a<br />

fini energetici<br />

- biomassa di scarto derivante dalle<br />

lavorazioni forestali<br />

- esidui di potature delle coltivazioni<br />

arboree<br />

1997 n.d. 0,97-1,16 0,22-0,26 n.s. stime<br />

su dati<br />

ISTAT<br />

1997 9,60 12,80 2,90 n.s. stime<br />

su dati<br />

ISTAT<br />

-residui dalla pioppicoltura<br />

potature 1997 0,35 0,48 0,11 n.s. stime<br />

su dati<br />

ISTAT<br />

ceppaie 1997 0,21 0,28 0,06<br />

Prelievi potenziali<br />

-residui delle utilizzazioni delle<br />

fustaie<br />

1997 n.d. 5,65 1,28 n.s. stime<br />

su dati<br />

IFNI e<br />

ISTAT<br />

-utilizzazioni dei cedui 1997 n.d. 16,55 3,76 n.s. stime<br />

su dati<br />

IFNI e<br />

ISTAT<br />

-cure colturali 2000 n.d. 1-2 0,23-0,45 n.s. stime<br />

su dati<br />

ISTAT<br />

-utilizzazioni “fuori foresta”: filari 1999 0,35-0,56 0,47-0,75 0,11-0,17 n.s. stime<br />

su dati<br />

-utilizzazioni “fuori foresta”: piccole<br />

superfici boscate<br />

* nella stima si è assunto 1 Tep = 4,4 m 3<br />

Fonte: Ciccarese et al., 2003<br />

ISTAT<br />

1999 n.d. 0,07 0,02 n.s. stime<br />

su dati<br />

ISTAT<br />

Sulla base dei dati riportati in tabella 8.13, nonostante il grande livello di<br />

approssimazione insito nei dati stessi e derivante anche dal fatto che sono<br />

considerati diversi anni di riferimento, si può intuire come i consumi di biomasse<br />

legnose a fini energetici siano nettamente superiori ai prelievi.<br />

Come già detto all’inizio del presente elaborato, la domanda di biomassa<br />

legnosa è, e sarà, pertanto considerevole e offrirà buone possibilità di sviluppo per<br />

sistemi verdi in grado di produrne.<br />

Focalizzando l’attenzione su un’area geografica più ristretta quale quella<br />

lombarda, è stato possibile reperire i seguenti dati specifici per il distretto della


Brianza che è storicamente una delle più dinamiche e innovative aree industriali<br />

italiane (con 120.000 persone impiegate nell’industrie, delle quali il 12,5% lavora<br />

nei settori del legno e del mobile consistenti di quasi 3.000 imprese) (Riva, 2006).<br />

In quest’area delle 40.000 t di biomassa di legno vergine utilizzate ogni anno<br />

circa 10.350 t arrivano al settore dell’energia dall’agricoltura e dai parchi urbani.<br />

Una porzione importante della biomassa residua prodotta dal settore legnomobile<br />

(ammontante circa 68.000 t/anno) viene poi usata come combustibile nelle<br />

unità produttive stesse (Riva, 2006).<br />

Circa 108.000 t/anno di cippato entrano nel mercato e sono per la maggior parte<br />

usate nella realizzazione di pannelli di particelle, ma un surplus di circa 31.000<br />

t/anno alimenta il settore energetico (solitamente impianti localizzati al di fuori<br />

della provincia) (Riva, 2006).<br />

L’analisi sulla quantità di biomassa prodotta nella provincia di Monza e in<br />

Brianza e sulle attuali condizioni del suo mercato mostra che 41.500 t/anno di<br />

materiali legnosi localmente prodotti sarebbero disponibili per il riscaldamento<br />

all’interno del distretto (Riva, 2006). In tabella 14 sono riportate le diverse classi<br />

di biomassa per i diversi usi energetici e le rispettive quantità.<br />

Tabella 8.14 - Biomassa legnosa e relativa energia ricavabile in Brianza<br />

Classe t a.r./anno Umidità (%) GWh/anno<br />

BV a 10.350 40 24,4<br />

BT b 31.150 15 119,6<br />

Totale della biomassa legnosa 41.500 144<br />

a<br />

BV: biomassa legnosa vergine derivante dell’agricoltura, dalle foreste e dalla manutenzione del<br />

verde urbano.<br />

b<br />

BT: biomassa legnosa trattata proveniente dall’industria del legno, imballaggi e legno usato,<br />

qualche volta leggermente contaminata da composti chimici ma rispettante le normative vigenti.<br />

Fonte: Riva, 2006<br />

Per questa biomassa lo studio diretto da Riva (2006) riporta anche il valore in<br />

termini di prezzo (tab. 15).<br />

Tabella 8.15 - Prezzo della biomassa<br />

Biomassa Unità Valore (IVA esclusa)<br />

BV, umidità 40%, LHV 2,338 kWh/kg a.r. €/t 45<br />

€/MWh 19,251<br />

BT, umidità 25%, LHV 3,305 kWh/kg a.r. €/t 40<br />

€/MWh 12,104<br />

I prezzi si riferiscono al cippato consegnato all’impianto.<br />

Fonte: Riva, 2006<br />

8.3.1. Aspetti economici relativi al mercato delle biomasse<br />

I prelievi di legna per combustibile sono significativamente aumentati negli ultimi<br />

anni. Questo trend mette in evidenza come detto mercato sia in espansione se<br />

confrontato, invece, con quello della legna da opera che nell’ultimo decennio si è<br />

mantenuto costante per quanto riguarda le quantità utilizzate (Ciccarese et al.,<br />

2003)<br />

210


A causa dei fattori descritti qui a seguire (con rispetto al caso del cippato), dei<br />

veloci cambiamenti in atto nell’impiego delle biomasse legnose in Italia e dei<br />

ritardi nella creazione di osservatori di mercato e di sistemi di monitoraggio dei<br />

prezzi, il mercato delle biomasse legnose è caratterizzato ancora da scarsa<br />

trasparenza (tipica dei nuovi mercati in formazione e in rapida evoluzione).<br />

Inoltre, la mancanza di chiari sistemi di classificazione delle biomasse (e di<br />

assortimenti relativamente omogenei come il cippato), non favorisce il confronto<br />

delle quotazioni, non offre garanzie agli operatori economici e crea alti costi di<br />

transazione (Francescato et al., 2004 in Antonini e Francescato, n.d.).<br />

L’attuale mercato del cippato è caratterizzato da notevoli elementi di complessità<br />

e disomogeneità territoriale. Sostanzialmente (Francescato et al., 2004 in Antonini<br />

e Francescato, n.d.):<br />

- vi sono forti condizioni di competizione tra la destinazione per l’uso<br />

energetico e quella per altri impieghi (pannelli truciolari e produzione<br />

di paste a uso cartario);<br />

- il cippato è caratterizzato da costi di produzione molto disomogenei.<br />

Agli estremi ci sono il cippato proveniente da boschi impervi (quindi<br />

costi di produzione molto elevati) e la centrale elettrica che effettua un<br />

servizio di smaltimento del legno contaminato ricevendone in cambio<br />

un compenso;<br />

- notevole è la diversificazione degli utilizzatori finali, aventi anche<br />

diverse propensioni di spesa. La “disponibilità a pagare” per l’acquisto<br />

del cippato è, infatti, ben diversa tra i diversi settori energetici. Nel<br />

corso del 2003 sono stati rilevati prezzi di mercato nel range di 0-20<br />

€/msr 128 (tabella 16);<br />

- mancanza di forme contrattuali standardizzate che definiscano la<br />

qualità del combustibile e il suo prezzo in base al contenuto<br />

energetico 129 . Ad oggi il cippato è venduto a volume e spesso il minor<br />

prezzo non corrisponde necessariamente a un minor costo dell’energia<br />

ricavabile e quindi a un concreto risparmio complessivo per<br />

l’utilizzatore.<br />

128 Metro stero alla rinfusa (msr)<br />

129 Il contenuto energetico è valutabile in base al peso e al contenuto idrico (w%)<br />

211


Tabella 8.16 - Prezzi indicativi del cippato rilevati in alcune piazze italiane nel 2003<br />

Settore energetico Prezzo a<br />

Piccoli e medi impianti termici (< 1 MWt)<br />

- cippato da bosco<br />

- cippato da industrie del legno<br />

212<br />

(€/msr)<br />

Prezzo a<br />

(€/t c )<br />

15-20 60-80<br />

10-13 40-52<br />

Grandi centrali di teleriscaldamento (1-10 MWt) b<br />

7-10 28-40<br />

Cogeneratori e centrali elettriche (> 10 MWt) 0-5 0-20<br />

a<br />

escluso il trasporto che mediamente ha un costo pari a € 1/km con un camion da 90 msr<br />

b<br />

Impiego di legno non contaminato e proveniente per lo più dall’industria del legno<br />

c<br />

Ipotizzando che 1 msr equivalga mediamente a 0,25 t.<br />

Fonte: Francescato et al., 2004 in Antonini e Francescato, n.d.<br />

Il costo di produzione della biomassa di origine forestale (ossia il costo che<br />

dev’essere sostenuto dalle imprese agro-forestali che se ne occupano) è<br />

determinato per la maggior parte dai seguenti fattori:<br />

- costo di approvvigionamento in bosco del materiale legnoso (taglio,<br />

allestimento, esbosco, …);<br />

- trasporto;<br />

- stoccaggio.<br />

Per quanto riguarda i costi di trasporto e stoccaggio la variabilità è<br />

particolarmente alta, dipendendo essi da molteplici variabili (distanza di trasporto,<br />

automezzo impiegato, costo orario operai, ecc.). Per gli altri costi è invece<br />

possibile riportare dei valori medi indicativi relativi (tab. 8.17).<br />

Tabella 8.17 - Costi indicativi delle operazioni dei cantieri forestali<br />

Filiera produttiva Abbattimento e allestimento Esbosco Totale<br />

€/t €/t €/t<br />

Ceduo – taglio raso 14-20 11-15 25-35<br />

Interventi in fustaia 30-42 17-19 47-61<br />

Diradamento di fustaia 17-23 17-19 34-42<br />

Filari agricoli 12-14 16-18 28-32<br />

Fonte: Gelleti et al., 2006<br />

Sempre in letteratura è stato possibile ritrovare anche alcune indicazioni<br />

riguardanti i quantitativi di biomassa producibili, i prezzi e i costi di produzione.<br />

La tab. 8.18 mostra alcuni valori medi dei quantitativi di biomassa legnosa che<br />

possono essere ricavati da diversi tipi di sistemi verdi e i relativi costi.<br />

Tabella 8.18 - Principali modalità di produzione di biomasse legnose e costi dei<br />

combustibili ricavati<br />

Boschi Operazioni Filari SRF Sottoprodotti Raccolta<br />

cedui colturali<br />

industriali differenziata<br />

Produttività 2-3 t/ha/a n.d. 8-11 6-15 t/ha/a (1,5-1,8 coeff.<br />

n.d.<br />

t/100<br />

ml<br />

s.s. conversione)<br />

Prezzi (€/t) 40-60 n.d. 20-<br />

35<br />

n.d. 15-20 2,5<br />

Turni (anni) 12-25 Ogni 5-15 4-… 3-5 n.d. n.d.<br />

Fonte: Ciccarese et al., 2003, riadattato


Come già accennato precedentemente, la produzione di pellet a partire dalla<br />

biomassa richiede investimenti economici consistenti (a causa dei macchinari<br />

indispensabili per la realizzazione del prodotto) e pertanto non suole essere una<br />

attività di produzione scelta dalla aziende agro-forestali (particolarmente se di<br />

piccole dimensioni). Si ritiene comunque utile segnalare (tab. 8.19) quali siano<br />

indicativamente i costi di produzione del pellet.<br />

Tabella 8.19 - Costo di produzione del pellet in funzione della tipologia di materia prima<br />

Dimensione<br />

pellettificio<br />

Tipologia di<br />

biomassa<br />

Operazioni<br />

preliminari<br />

necessaria<br />

Costo della biomassa<br />

(€/t)<br />

Consumo energetico<br />

(kWh/t)<br />

Costo dell’energia<br />

impiegata (€/t)<br />

Valore impianto a<br />

nuovo (€)<br />

Valore impianto finale<br />

(€)<br />

Residui legnosi autoprodotti<br />

(segatura secca e trucioli)<br />

Impianto 1 Impianto 2 Impianto 3<br />

Piccola Media Grande<br />

213<br />

Acquisto differenti<br />

tipologie di biomassa<br />

Frantumazione Frantumazione,<br />

Essicazione<br />

Acquisto<br />

segatura<br />

asciutta<br />

-<br />

0 20 60<br />

110 200 110<br />

17,49 31,80 15,90<br />

146.000 1.320.000 2.000.000<br />

9.730 88.000 100.000<br />

Costo di<br />

ammortamento<br />

(€/anno)<br />

13.627 123.200 190.000<br />

Produzione annua (t) 400 6.000 25.000<br />

Costo di<br />

ammortamento (€/t)<br />

34,07 20,23 7,60<br />

Costo del personale<br />

4 15 12,10<br />

(€/t)<br />

Costo totale di<br />

produzione (€/t)<br />

55,53 87,03 95,60<br />

Fonte: Paniz e Pettenella, 2004, in Gelleti et al., 2006<br />

Il Comitato Termotecnica Italiano (CTI) indica poi un costo di produzione del<br />

pellet compreso tra 50 e 160 €/t contro un prezzo all’ingrosso compreso tra 110 e<br />

210 €/t e un prezzo al dettaglio tra 210 e 300 €/t (CTI, 2004, in Gelleti et al.,<br />

2006)<br />

Infine, per avere un’idea dei prezzi di mercato dei combustibili derivanti da<br />

biomasse (e del loro confronto rispetto ai combustibili di origine fossile) si<br />

rimanda alla tabella 8.20.


Tabella 8.20 - Prezzo unitario dei diversi combustibili disponibili sul mercato rapportati al<br />

potere calorico espresso in KWh<br />

Combustibile Prezzo unitario Potere calorico Prezzo KWh Prezzo 100 kWh<br />

Gasolio 0,96 €/l 10 KWh/l 0,096 €/KWh 9,6 €<br />

Gas liquido 1,59 €/kg 11,9 KWh/kg 0,133 €/KWh 13,3 €<br />

Gas metano 0,666 €/m 3 9,79 KWh/m 3 0,068 €/KWh 6,8 €<br />

Pellets 0,28 €/kg 4,8 KWh/kg 0,059 €/KWh 5,9 €<br />

Legna a pezzi (mista) 0,12 €/kg 4,32 KWh/kg 0,028 €/KWh 2,8 €<br />

Cippato (umidità 30%) 0,054 €/kg 3,40 KWh/kg 0,0158 €/KWh 1,58 €<br />

Fonte: Denti et al., 2006<br />

Oltre ai ricavi netti derivanti dalla differenza tra costo di produzione e prezzo di<br />

vendita sul mercato, si segnala che ulteriori possibilità di ricavo sono offerte della<br />

recente politica volta a stimolare la produzione di energia elettrica a partire da<br />

fonti rinnovabili. Ovviamente tali ricavi aggiuntivi riguardano solo il caso della<br />

produzione dell’energia dalle biomasse, e non la semplice produzione delle<br />

biomasse e la loro trasformazione in combustibile.<br />

Si stanno infatti iniziando a diffondere forme di incentivo basate su<br />

meccanismi di mercato (Certificati Verdi, CV, e Titoli di Efficienza Energetica,<br />

TEE, detti anche Certificati Bianchi) e credito fiscale. Si tratta di un settore nuovo<br />

e in cui i valori sono ancora in fase di definizione, tuttavia si riportano alcuni<br />

valori reperiti in letteratura (Riva, 2006):<br />

- Certificati Verdi (CV), valore di mercato (al 2005) di 108,92 €/MWh.<br />

La durata di base è pari a 8 ani, con un’estensione aggiuntiva di 4 anni<br />

a valore ridotto del 60%. I CV vengono anche dati per la produzione<br />

tramite cogenerazione usando combustibili tradizionali e ciò crea una<br />

forma di competizione non equilibrata.<br />

- Titoli di Efficienza Energetica (TEE), sono applicabili per il risparmio<br />

nell’uso finale del calore. La fonte energetica rinnovabile è considerata<br />

come un contributi libero, attualmente remunerato con 8,6 €/MWk con<br />

una durata di 5 anni.<br />

- Credito fiscale all’utente finale: consiste in un’importante (25,8<br />

€/MWh) ma aleatoria tariffa di sconto assegnata all’utente finale.<br />

All’incirca 10,3 €/MWh sono stabiliti per legge ma i rimanenti 15,5<br />

€/MWh sono confermati anno per anno.<br />

8.4. Casi di studio dalla letteratura<br />

Si è scelto di concentrarsi su casi studio relativi alla produzione di biomassa da<br />

sistemi verdi in aziende agricole poiché è probabile che questo sarà il sistema più<br />

comunemente messo in pratica nell’ambito del progetto “10.000 ha”. Anche<br />

qualora le operazioni di produzione non fossero affidate a aziende agricoloforestali<br />

private, le modalità organizzative saranno probabilmente molto simili e<br />

214


così anche costi e ricavi. È infatti altamente improbabile che parte dei 10.000 ha<br />

di sistemi verdi siano creati appositamente per la produzione esclusiva di<br />

biomassa a fini energetici (fatto che implicherebbe il raggiungimento di livelli<br />

produttivi ben diversi e l’uso di tecnologie specifiche per le utilizzazioni e,<br />

conseguentemente, anche differenti costi e ricavi).<br />

8.4.1. Caso di studio relativo a un’azienda della Pianura Padana (Guidi, 2006)<br />

L’analisi riguarda un’azienda agricola situata nella Lomellina (Lombardia) e<br />

comprendente 150 ha coltivati a cereali e foraggere e un allevamento di bovini da<br />

latte. È stato effettuato uno studio di fattibilità per convertire i terreni in<br />

coltivazioni di biomassa legnosa a rapido accrescimento.<br />

Il progetto ha previsto l’impianto di 140 ha con pioppo bianco (sesto d’impianto 3<br />

x 2 e cicli di campo di 5 anni). I dati relativi all’utilizzazione di circa 45 ha<br />

riportano i seguenti valori (tab. da 8.21 a 8.23):<br />

Tabella 8.21 - Costo di raccolta del pioppo<br />

Operazioni Costi<br />

(€/t)<br />

Cantiere di tipologia forestale, taglio e cippatura 10,00<br />

Trasporti aziendali 2,48<br />

Carico con pala 0,76<br />

Trasporto 6,00<br />

Totale 19,24<br />

Tabella 8.22 - Produzione di cippato a<br />

Quantità 92,00 t/ha<br />

Prezzo cippato reso 40,00 €/t + IVA 20%<br />

a Cippato con contenuto d’acqua medio pari al 50%<br />

Tabella 8.23 - Bilancio di coltivazione su ciclo di 5 anni<br />

(e per un impegno complessivo ventennale)<br />

€/ha per ciclo €/ha per anno<br />

Operazioni di impianto - 812,90 - 162,58<br />

Cure colturali - 1.214,00 - 242,80<br />

Costi di gestione aziendale - 1.286,00 - 257,20<br />

Costi di raccolta - 1.770,00 - 354,00<br />

Totale costi - 5.082,90 - 1.016,58<br />

Ricavi produzione di cippato (92 t/ha) + 3.680,00 + 736,00<br />

- 1.402,90 - 280,58<br />

Contributi PSR (misura H) + 5.400,00 + 1.080,00<br />

Ricavo finale + 3.997,10 + 799,42<br />

215


8.4.2. Caso di studio relativo alla produzione di biomassa legnosa a fini<br />

energetici in aziende agricole della provincia di Padova (Francescato et al.,<br />

2004)<br />

In questo studio sono state considerate 30 aziende agricole della provincia di<br />

Padova, così ripartite in tre zone territoriali: 10 aziende nei comuni dell’alta<br />

pianura padovana, 9 in quelli della zona centrale e 11 nei comuni della bassa<br />

padovana. In tab. 8.24 e 8.25 sono riportate la distribuzione per classi di superficie<br />

e gli indirizzi produttivi.<br />

Tabella 8.24 - Distribuzione del numero di aziende campione per classi di superficie<br />

Classe di superficie N° aziende agricole<br />

Sup. > 100 ha 2<br />

50 ha < sup. ≤ 100 ha 2<br />

25 ha < sup. ≤ 50 ha 9<br />

10 ha < sup. ≤ 25 ha 6<br />

5 ha < sup. ≤ 10 ha 9<br />

Sup. ≤ 5 ha 2<br />

Tabella 8.25 - Principali indirizzi produttivi delle aziende agricole campione<br />

Indirizzi produttivi N° aziende agricole<br />

Seminativi 26<br />

Allevamento zootecnico 14<br />

Viticoltura 14<br />

Colture foraggere (prati stabili) 8<br />

Agro-ambiente e forestazione 4<br />

Agriturismo 4<br />

Frutticoltura 3<br />

Colture orticole 2<br />

Maneggio 1<br />

In tutte le aziende tranne una vi sono apparecchi termici alimentati con legna da<br />

ardere che sono per lo più a rendimento termico medio-basso. Solo in quattro casi<br />

c’è una caldaia.<br />

Nella maggior parte dei casi l’uso della legna per il riscaldamento è integrato<br />

con quello di combustibili fossili (il 54% usa gasolio e il resto metano) mentre sei<br />

aziende usano esclusivamente legna.<br />

Il consumo di legna da ardere è riportato in tab. 8.26.<br />

Tabella 8.26 - Consumo di legna da ardere nelle aziende campione<br />

Zona territoriale Consumo medio<br />

(t/anno)<br />

Alta padovana 18,5<br />

Zona centrale 7,9<br />

Bassa padovana 10,4<br />

Media provinciale 12,5<br />

216


Nel 67% dei casi la legna derivante dalle siepi presenti in azienda è destinata<br />

esclusivamente all’autoconsumo e nel 70% dei casi la legna utilizzata negli<br />

apparecchi termici in azienda proviene esclusivamente dai sistemi arborei<br />

aziendali.<br />

I tipi di sistemi verdi presenti all’interno del campione di aziende sono riportati in<br />

tab. 8.27.<br />

Tabella 8.27 - Sistemi verdi presenti nel campione<br />

Tipo di sistema verde Estensione complessiva<br />

(ha)<br />

Bosco collinare 10,6<br />

Sistemi arborei a pieno campo (boschetti e arboreti da legno) 81,2<br />

Sistemi arborei lineari (siepi campestri e bande boscate) 76,8 km<br />

I sistemi verdi sono stati classificati secondo due criteri:<br />

1) possibilità di effettuare utilizzazioni razionali (mediante sistemi di<br />

meccanizzazione moderni ed efficienti) o irrazionali;<br />

2) capacità di produrre biomassa legnosa a uso energetico, tre le sottoclassi<br />

individuate:<br />

- prevalenza di specie arboree a massa volumica elevata (mve) idonee<br />

alla filiera della legna da ardere (robinia, platano, olmo campestre,<br />

frassino ossifillo);<br />

- prevalenza di specie arboree a massa volumica bassa (mvb) idonee alla<br />

filiera del cippato (salice bianco, pioppo nero, pioppo bianco, ontano<br />

nero);<br />

- prevalenza di specie arboree a massa volumica media (mvm) con<br />

composizione mista.<br />

Il 46% delle siepi (ca 34 km) risulta razionale, e di questo il 60% è del tipo mve,<br />

mentre il resto è mvb. Il restante 54% delle siepi (ca 40 km) risulta invece<br />

irrazionale. L’82% degli arboreti a pieno campo (ca 67 ha) risulta razionale e del<br />

tipo mve; mentre il rimanente 18% risulta irrazionale e necessita di interventi di<br />

miglioramento piuttosto intensi. I turni di taglio ritenuti più idonei sono di 5 anni<br />

per le siepi e di 10-15 anni per arboreti e boschetti. Nei sistemi razionali mve si è<br />

ipotizzato che il 70% della biomassa sia destinabile alla produzione di legna da<br />

ardere e il 30% a quella di cippato. Nei sistemi razionali mvm si è ipotizzato che il<br />

50% della biomassa sia destinabile alla produzione di legna da ardere e il 50% a<br />

quella di cippato. Nei sistemi razionali mvb si è ipotizzato che il 100% della<br />

biomassa sia destinabile alla produzione di cippato. Le produttività medie sono<br />

riportate in tab. 8.28.<br />

217


Tabella 8.28 - Produttività media a maturità dei sistemi arborei razionali<br />

Sistemi arborei Produttività min Produttività max Produttività media<br />

Lineari 4,2 t/100 ml 7 t/100 ml 5,4 t/100 ml<br />

A pieno campo 41,7 t/ha<br />

Boschi collinari 108 t/ha<br />

Potenzialmente, tutte le aziende potrebbero raggiungere l’autonomia nella<br />

produzione di energia termica e inoltre assegnare ogni anno una quota consistente<br />

della propria produzione legnosa alla filiera della legna da ardere e a quella del<br />

cippato.<br />

Estendendo i dati rilevati a scala provinciale e considerando che la superficie<br />

agricola è di circa 150.000 ha 130 , considerando i soli sistemi arborei lineari<br />

razionali, il comparto agricolo padovano potrebbe produrre ogni anno circa<br />

160.000 t di biomassa combustibile (circa 100.000 t di legna da ardere e 60.000 di<br />

cippato).<br />

Due cantieri sperimentali hanno consentito di determinare i costi di produzione<br />

(tab. 8.29), in particolare:<br />

a) Cantiere “Grantortino”: produzione di legna da ardere e cippato con<br />

finalità di autoconsumo e valorizzando le attrezzature presenti in azienda;<br />

siepe razionale di platano (Platanus acerifolia), 350 ml con polloni di 6<br />

anni;<br />

b) Cantiere “Villa Estense”: produzione di cippato con un livello intermedio<br />

di meccanizzazione, in una logica di attività per conto terzi e finalizzata<br />

alla commercializzazione del combustibile; siepe razionale di platano<br />

(Platanus acerifolia), 390 ml con polloni di 6 anni.<br />

Le tabelle da 8.30 a 8.32 riportano invece i dati relativi alle caratteristiche dei<br />

filari dei due cantieri a i rispettivi costi orari di manodopera e macchinari.<br />

130 Prendendo in considerazione i dati medi di densità e produttività, ossia: 100 ml di siepe per<br />

ettaro e 5,4 t ogni 100 ml, con turno di 5 anni.<br />

218


Tabella 8.29 - Costi di produzione dei due cantieri<br />

Cantiere Prodotto Operazione Voci di<br />

costo orario<br />

Grantortino Legna<br />

da<br />

ardere<br />

Villa<br />

Estense<br />

Abbattimento,<br />

allestimento e<br />

concentramento<br />

Manodopera<br />

(2 operai)<br />

Motosega<br />

Trasporto Manodopera<br />

(2 operai)<br />

Trattrice +<br />

carro<br />

Cippato Abbattimento Manodopera<br />

(2 operai)<br />

219<br />

t/h €/h €/t<br />

w =<br />

52%<br />

€/t<br />

w =<br />

35%<br />

0,46 27,04 58,78 70,8<br />

2<br />

2,2 40,61 18,46 22,24<br />

Prezzo<br />

di<br />

mercato<br />

€/t<br />

Totale 67,65 77,24 93,06 120<br />

Motosega<br />

Cippatura Trattrice +<br />

cippatrice (2<br />

operai)<br />

Cippato Abbattimento Gru +<br />

cesoia<br />

Naarva (1<br />

Carico,<br />

trasporto e<br />

scarico<br />

1,38 27,04 19,59 23,61 Cippato<br />

w =<br />

35%<br />

2,05 52,90 25,80 31,09<br />

Totale 79,94 45,40 54,70 65<br />

operaio)<br />

Gru + pinza<br />

+ trattrice (1<br />

operaio)<br />

Cippatura Trattrice +<br />

cippatrice (1<br />

operaio)<br />

3,2 49,56 28,31 34,10 Cippato<br />

w =<br />

35%<br />

4,5 41,02 9,12 10,98<br />

8,0 55,20 6,90 8,31<br />

Totale 145,78 44,32 53,40 65<br />

I costi di produzione (€/t) sono stati riferiti anche al contenuto idrico commerciale (w= 35%) e sono<br />

stati ottenuti dividendo i costi orari (€/h) di ogni singola operazione per la sua produttività oraria (t/h)<br />

Tabella 8.30 - Caratteristiche dei filari di prova dei due cantieri<br />

Grantortino<br />

Villa Estense<br />

(autoconsumo) (commercializzazione)<br />

Età (anni) 6 6<br />

Distanza ceppaie (m) 2,2 2,6<br />

Diametro medio a 1,3 m (cm) 8,2 8,8<br />

N° polloni per ceppaia<br />

Con Ø 1,30 > 5 cm<br />

5,5 6,4<br />

N° polloni per ceppaia<br />

12,3 13,6<br />

Con Ø 1,30 < 5 cm<br />

Contenuto idrico w (%) 53 51<br />

Massa volumica (kg/m 3 ) 1.193 -


Tabella 8.31 - Costo orario della manodopera e delle macchine – Cantiere Grantortino<br />

Costo<br />

(€/h)<br />

Manodopera 12,50<br />

Motosega 2,04<br />

Trattrice 15,13<br />

Cippatrice 12,77<br />

Rimorchio 0,48<br />

Tabella 8.32 - Costo orario della manodopera e delle macchine – Cantiere Villa Estense<br />

Costo<br />

(€/h)<br />

Manodopera 16,00<br />

Gru + cesoia Naarva 17,86<br />

Gru + pinza 8,96<br />

Trattrice 15,70<br />

Cippatrice 23,50<br />

Come si può vedere dai risultati esposti in tab. 8.29 il costo di produzione della<br />

biomassa legnosa ad uso energetico (sia in forma di legna da ardere che di<br />

cippato) nelle aziende agricole offre un buon margine di guadagno rispetto ai<br />

prezzi di mercato e rende quindi conveniente la produzione non solo ai fini<br />

dell’autoconsumo ma anche della vendita a terzi.<br />

8.4.3. Calcolo teorico della superficie forestale necessaria per riscaldare un<br />

edificio (Magnani e Cantoni, 2005)<br />

Si stima che per riscaldare un edificio siano mediamente necessari 30-50 kWh/m 3 .<br />

Prendendo in considerazione un fabbisogno medio di 40 kWh/m 3 per un<br />

edificio di 9.000 m 3 saranno necessari 360.000 kWh/anno. Considerando un<br />

potere calorifico medio del cippato (w = 25%) pari a 3,7 kW/kg ossia 750<br />

kWh/m 3 stero.<br />

Per riscaldare l’edificio saranno quindi necessarie 97,3 t di cippato. Ipotizzando<br />

che 1 m 3 di legna dia 620 kg di cippato (w = 25%), il fabbisogno di biomassa<br />

legnosa dell’impianto sarà di 155,7 m 3 /anno. Nel presente caso di studio si<br />

considera, per i boschi dell’Appennino, un dato di incremento medio di circa 4<br />

m 3 /ha per anno. Su questa base, per soddisfare il fabbisogno energetico servirebbe<br />

una superficie di bosco di circa 39 ha (tagli di utilizzazione). Riassumendo, per<br />

riscaldare a cippato un volume di 9.000 m 3 servirebbe il legname proveniente dai<br />

tagli di utilizzazione di all’incirca 39 ha di bosco.<br />

220


8.5. Conclusioni<br />

Alla luce delle considerazioni e dei dati riportati nei precedenti paragrafi, si può<br />

dunque vedere come effettuare delle valutazioni relativamente alle possibilità di<br />

reddito derivanti dalla produzione di biomasse legnose sia estremamente difficile,<br />

soprattutto a livello generale. Troppe infatti sono le variabili in gioco (dalla<br />

capacità produttiva dei diversi sistemi verdi, ai costi per la raccolta e la<br />

commercializzazione della biomassa, alla domanda di mercato tanto dei<br />

combustibili da fonti rinnovabili quanto di quelli fossili).<br />

Certamente il trend attuale della domanda di biomasse ad uso energetico è in<br />

crescita e quantitativi di biomasse aggiuntivi rispetto a quelli attualmente prodotti<br />

(a livello tanto nazionale come lombardo) saranno sicuramente assorbiti dal<br />

mercato.<br />

Non va tuttavia sottovalutato che i costi per la produzione di tali biomasse non<br />

sempre sono coperti dai ricavi (si veda ad esempio il caso di studio 8.4.1. nel<br />

quale il ricavo netto è positivo solo grazie agli introiti derivanti dai finanziamenti<br />

del PSR) e che valutazioni specifiche devono essere effettuate caso per caso.<br />

221


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Benefits in Southern Forest Management, Southern Journal of Applied<br />

Forestry, Volume 21, Number 4, 1 November pp. 180-186(7)<br />

Unità di misura energetiche usate nel testo<br />

• Kcal (chilocaloria) = quantità di calore necessaria a riscaldare in<br />

chilogrammo di acqua di un grado centigrado<br />

• kWh (chilowattora) = quantità di calore consumata da una piastra da<br />

cucina in un'ora<br />

• MW = Mega Watt<br />

• Tep = Tonnellata equivalente di petrolio<br />

236


Appendice


239<br />

Paper / luogo<br />

Krieger,<br />

2001,<br />

valori<br />

globali per<br />

foreste<br />

temperate<br />

(US<br />

1994$/acr<br />

e 131 )<br />

Pearce e<br />

Pearce<br />

(2001)<br />

VET<br />

131 Conversione 2.471 acri/ettaro<br />

Tabella A1 - Valori economici e paper in letteratura che contengono stime dei valori per diverse fra le tipologie indicate<br />

Legno<br />

Fuelwood/ charcoal<br />

Prodotti<br />

forestali non<br />

legnosi<br />

(funghi/ tartufi)<br />

Valori d’uso diretto Valori d’uso indiretto<br />

Informazione<br />

genetica<br />

Per l’agricoltura<br />

Farmaceutica<br />

Ricreazione/<br />

turismo<br />

Ricerca/educazione<br />

Culturale/ religiosa<br />

Segue<br />

Conservazione del<br />

suolo<br />

Water supply<br />

Watershed functions Cambiamento climatico<br />

globale<br />

10,1 20,2 n.a n.a 14,6 0,8 0,0-4,0 n.a. 0,0 1,6 35,6 n.a.<br />

-4000 to<br />

+700<br />

(NPV) a<br />

- small - 80 -10 to +50 90-400 ?<br />

Water quality<br />

Flood/ strom<br />

protection<br />

Fisheries protection<br />

Sequestro di<br />

carbonio<br />

Fissazione del<br />

carbonio<br />

Biodiver<br />

sità


240<br />

Continua Tebella A1<br />

Croitoru,<br />

2006,<br />

foreste<br />

mediterran<br />

ee (valori<br />

mostrati per<br />

Italia)<br />

Nunez,<br />

2006, Cile<br />

(foresta<br />

temperata)<br />

Starbuck et<br />

al, 2004,<br />

US<br />

132 Travel cost method<br />

173€ per<br />

ettaro, 73€<br />

pro capite<br />

36$ tutti I<br />

prodotti,<br />

Funghi<br />

principale 132<br />

20-50€ per ettaro<br />

anno, 8% TEV<br />

Per m3:<br />

0,025-<br />

0,066<br />

Per<br />

famiglia:<br />

5,8-15,4<br />

Per<br />

ettaro<br />

162-61<br />

$ più<br />

elevato<br />

in estate<br />

45-150€ per<br />

ettaro (50%<br />

TEV)<br />

1-60€ per<br />

ettaro<br />

Segue


241<br />

Continua Tabella A1<br />

Matero<br />

2006,<br />

Finlandia<br />

Raunikar,<br />

2006,<br />

Notaro,<br />

Paletti,<br />

Raffaelli,<br />

2003<br />

Lavazè<br />

forest in<br />

Trentino<br />

99,1 ettari<br />

Notaro<br />

Paletto,<br />

2004,<br />

Trentino<br />

825 milioni €<br />

(tutti i prodotti<br />

(97) delle<br />

foreste<br />

150 $ per<br />

anno per<br />

ettaro<br />

(costi<br />

opportunità)<br />

133 hydro-geological soil protection: valore preminente in foreste<br />

Turismo: 2700<br />

milioni€<br />

All nn timber<br />

services (xmas<br />

trees, piante,<br />

etc,,other<br />

recreational): 825<br />

(97 prodotti della<br />

foresta)<br />

WTP media: 2,64€<br />

(322-500€ per<br />

ettaro in base a<br />

stime delle visite)<br />

200<br />

Milioni<br />

€<br />

(nutrie<br />

nt<br />

retenti<br />

on)<br />

hydro-geological<br />

soil protection 133 :<br />

73-199€ per<br />

ettaro<br />

Da survey: range<br />

da 81 a 3377€<br />

per anno per<br />

ettaro<br />

Studio loro: 184€<br />

per ettaro<br />

Segue


242<br />

ContinuaTabella A1<br />

Gios e<br />

Goio<br />

(2005),<br />

commune<br />

di Oulx e<br />

Foreste<br />

friulane,<br />

Italia (€<br />

ha/anno)<br />

Merlo e<br />

Croitoru<br />

(2005)<br />

Gios e<br />

Goio<br />

(2003),<br />

Trentino<br />

Alto<br />

Adige,<br />

Italia<br />

Strange<br />

et al.<br />

(1999)<br />

254 € ha<br />

/ anno<br />

inclusi 3<br />

€/ha per<br />

valori di<br />

opzione,<br />

lascito e<br />

esistenz<br />

a<br />

0,323<br />

milioni<br />

di lire<br />

per<br />

ettaro/a<br />

nno<br />

40,01 e<br />

137,4<br />

33,48 e 27,9;<br />

pascolo = 2,7<br />

per Oulx;<br />

fauna<br />

selvatica =<br />

1,45 per Oulx<br />

81 €/ha 23 €/ha;<br />

pascolo =<br />

7€/ha<br />

2988 $/ha e<br />

3143 $/ha<br />

rispettivame<br />

nte per<br />

foresta<br />

paesaggisti<br />

ca e foresta<br />

ricreativa<br />

17,2 € e ,4 €<br />

per ha per<br />

anno<br />

rispettivament<br />

e per TAA e<br />

FVG<br />

a landscape, recreational and wildlife values<br />

b nation-wide average<br />

b consumer surplus by contingent valuation and travel cost methods<br />

55,16 e 158,9 183,28 e 1864,5<br />

(protezione<br />

idrogeologica)<br />

20 €/ha; caccia 8<br />

€/ha<br />

104<br />

€/ha<br />

(protez<br />

ione<br />

dei<br />

versan<br />

ti)<br />

7,36 e 24,9<br />

8 €/ha<br />

21885<br />

$/ha e<br />

22630<br />

$/ha<br />

(tasso<br />

di<br />

sconto<br />

annual<br />

e 2%)


243<br />

Tabella A2 - Valori economici e paper in letteratura che contengono stime dei valori per la funzione ricreativa/turistica e/o amenity, biodiversità<br />

oppure valori d’opzione, valori di esistenza o VET (valore economico totale)<br />

Paper/luogo<br />

Metodo<br />

Valori d’uso diretto Valori d’uso indiretto<br />

Ricreazione/ turismo Bio-diversità Amenity (locale)<br />

Valori d’opzione<br />

Krieger, 2001, valori globali<br />

per foreste temperate<br />

(US 1994$/acre 134 )<br />

Pearce e Pearce (2001) small 70?<br />

12-45<br />

Loomis et al (2003)<br />

Stati Uniti (3 stati)<br />

134 Conversione 2.471 acri/ettaro<br />

135 812.2 foreste tropicali.<br />

CVM<br />

Valori di<br />

esistenza<br />

VET (valore<br />

economico totale)<br />

122,2 135 $ per acro<br />

Programma di<br />

Riduzione rischio di<br />

incendio<br />

208-417$ per anno<br />

per famiglia<br />

Segue


244<br />

Continua Tabella A2<br />

Rekol & Pouta, 2005<br />

Finlandia<br />

Kooten et al., 2001<br />

Svezia<br />

(anno 1992)<br />

CVM Disponibilità a<br />

pagare per<br />

scenari<br />

certi/incerti:<br />

misura della<br />

avversione al<br />

rischio<br />

CVM<br />

Valori: hiking,<br />

funghi, crescita<br />

della foresta<br />

WTP più alta per<br />

scenario incerto;<br />

9,25 -13,29€<br />

Disponibilità a<br />

pagare per<br />

mantenere la<br />

foresta come ora<br />

nella visita<br />

effettuata<br />

3000-3500 sek<br />

annui<br />

Segue


245<br />

Continua Tabella A2<br />

Marangon & Tempesta,<br />

2004,<br />

Italia<br />

Gios e Goio (2003), Trentino<br />

Alto Adige, Italia<br />

Marangon e Gottardo<br />

(2001). Friuli Venezia Giulia,<br />

Italia<br />

Asciuto et al. (2004),<br />

Riserva/Bosco di Santo<br />

Pietro, Sicilia, Italia<br />

Tyrvainen, 2001, Finlandia<br />

Caparros et al., 2003<br />

Spagna, bosco di pini, 1966<br />

CVM<br />

CVM<br />

74-206 FIM per<br />

mantenere area:<br />

aggregato 0,28-<br />

1,79 milioni di<br />

FIM annui<br />

14€ mediana<br />

24€ media per<br />

anno/individuo<br />

CVM: 219-250€ per<br />

anno/individuo<br />

665,8€ per ha/anno;<br />

aggiungendo a questo<br />

valore i benefici<br />

estrattivi diretti (legno<br />

e prodotti sottobosco)<br />

si ottiene 722,6€ per<br />

ha/anno<br />

0,323 milioni di lire<br />

per ettaro/anno<br />

0,724 milioni di Lire<br />

per ettaro/anno<br />

712€-934€ per ha<br />

Segue


246<br />

Continua Tabella A2<br />

Kniivila, 2002,<br />

Finlandia 136<br />

Hanley et al., 1998, UK<br />

CE<br />

Knook, Moog, 2005, 483-<br />

607€/ha/anno<br />

(costi<br />

opportunità)<br />

Leppanen et al., 2005<br />

136 Paragone tra valori locali e regionali della preservazione<br />

113 mediana per<br />

anno individuo,<br />

289 la media<br />

(233 la locale)<br />

1.000.000€<br />

compensazione<br />

annua (costi<br />

opportunità per<br />

3% area da<br />

conservare),<br />

270.000 ettari<br />

CE:£38,15/famiglia/an<br />

no (tre attributi<br />

valutati: shape,<br />

species, felling: 13,<br />

17, 12£ media)<br />

Segue


247<br />

Continua Tabella A2<br />

Mill et al., 2006<br />

CVM<br />

Pouta, 2005 CVM<br />

Matero, 2006, Finlandia<br />

Garrod e Willis, 1997, UK<br />

CVM<br />

Tyrvainen, 2001, Finlandia 42-53 FIM 137 per uso<br />

un mese<br />

visita di 2 ore: 9-17<br />

FIM<br />

137 FIM (0,17€)<br />

“politica di<br />

cutting<br />

sostenibile”<br />

241-388 FIM per<br />

individuo<br />

MWTP 1%<br />

aumento<br />

dell’area: 0,11-<br />

0,44£ per<br />

individuo anno<br />

Valore conservazione<br />

su 19 caratteristiche<br />

(CVM), per foreste<br />

Mixed, natural, pine:<br />

38, 46, 27€ per<br />

individuo (WTP<br />

marginale)<br />

TEV (solo uso): 2659<br />

mil. €<br />

Segue


248<br />

Continua Tabella A2<br />

Boxall &<br />

Adamowicz, 1996,<br />

Canada<br />

Caparros et al., 2003<br />

Spagna, bosco di pini,<br />

1966 ettari<br />

CVM<br />

e CE<br />

Caccia ricreativa<br />

CVM 69$ per trip<br />

(“improvement<br />

population);<br />

3,46$ per trip CE<br />

CVM WTP media e<br />

mediana per visita:<br />

14€ 138<br />

Tempesta e Thiene, Italia 350€ per ha valore<br />

totale ricreativo 139<br />

Loomis, 2004 Hiking, 12-55$ per<br />

visita<br />

Scarpa et al., 2000,<br />

Irlanda<br />

(forete irlandesi)<br />

Holgen et al., 2000,<br />

Svezia<br />

1-1,50£ per<br />

visita 140<br />

1000-6000 sek<br />

valore totale<br />

annuo 141<br />

5% del prezzo<br />

immobili dopo<br />

un incendio<br />

138<br />

Results show that timber and recreation are, by far, the most relevant activities in the forest.<br />

139<br />

Sommando valori da TC e CVM.<br />

140<br />

½ milione di £ annuo senza non use values, valore scontato al 3% pari a 19 milioni di £.<br />

141<br />

Valore ricreativo in base a stand type e landscape, foresta boreale, area non specificata, 180000 persone come utenti. Metodo: costi opportunità.<br />

Segue


249<br />

Continua Tabella A2<br />

Christi, Hanley, Hyde, 2006,<br />

UK<br />

CE Valore incremantale<br />

8-23£ molto<br />

eterogeneo 10£<br />

medio 142<br />

Boxall & Adamowicz, 2004 3-21$ per trip 143<br />

Bennett, 1995, UK (Windsor<br />

forest, UK,1000 ettari)<br />

Hanley e Ruffel (1993),<br />

foreste britanniche<br />

Bennett (1995), 2 parchi<br />

nazionali australiani (Dorrigo<br />

e Gibraltar Range)<br />

Everitt (1983), Kauaeranga<br />

Valley, NZ<br />

Gillispie (1997), Budderoo<br />

National Park, Australia<br />

Willis e Garrod (1991)<br />

CVM WTP per visita<br />

(accesso) 1,11£ 144<br />

HTC e<br />

CVM<br />

5 £1990 per visita<br />

per famiglia; 2,19<br />

£1990 per visita per<br />

adulto<br />

TC 34 e 19 A$1995 per<br />

anno (valore attuale<br />

di visite future)<br />

TC 4,33 NZ$ per visita<br />

di gruppo (per<br />

veicolo)<br />

TC 28 e 44 AUS$1995<br />

(il secondo valore<br />

include il costo<br />

opportunità del<br />

tempo)<br />

TC 1,43-2,60 £ e 0,06-<br />

0,96 £ per persona<br />

per visita<br />

rispettivamente con<br />

TC zonale e TC<br />

individuale<br />

142 Presentano anche una survey della letteratura: 0,046-1.55£ per visita, Scarpa 2003: 1.6-2.78£; TC: 0.07-3.91£<br />

143 “loss of value of the trip from wilderness decrease”.<br />

144 tassa-donazione addizionale 14.25-26£<br />

Segue


250<br />

Continua Tabella A2<br />

Tempesta et al. (2002),<br />

Veneto e Friuli Venezia<br />

Giulia<br />

Lehtonen 2003, Finlandia<br />

Mansfield et al. (2005)<br />

Tyrvainen (1997), oensuu,<br />

Finalandia<br />

Tyrvainen e Vaananen<br />

(1998)<br />

48,3 €/ha e 357,2<br />

€/ha benefici<br />

ricreativi per gita<br />

60-233 per<br />

familia pr<br />

anno 145<br />

Impatto sul<br />

valore delle<br />

abitazioni di<br />

diverse tipologie<br />

di verde<br />

urbano 146<br />

HM Un aumento<br />

della distanza di<br />

100 metri da<br />

un’area<br />

ricreativa<br />

afforestata (da<br />

un corso<br />

d’acqua in area<br />

afforestata)<br />

diminuisce il<br />

prezzo di un<br />

appartamento di<br />

42 FIM al m2<br />

(154 FIM al m2)<br />

CVM 108-141 FIM per<br />

stagione<br />

11,240 – 37,360<br />

FIM/ha/anno<br />

145 Programma di conservazione della biodiversità.<br />

146 Valori incrementali. Una maggiore forest cover del 10% aumenta il valore di $ 800. tra le greenness variables, “adjacency to aprivate forest block” ha l’effetto<br />

maggiore, con un aumento del valore di $ 8000, su di un prezzo medio per immobile di 137630 $<br />

Segue


251<br />

Continua Tabella A2<br />

Tyrvainen e Miettinen<br />

(1998), Salo, Finalandia<br />

Powe et al (1997), New<br />

Forest, England<br />

Praestholm et al. (2002),<br />

foresta Drastrup<br />

(recentemente piantata),<br />

Danimarca<br />

McPherson et al. (1999),<br />

alberi in viali e parchi di<br />

Modesto e Santa Monica,<br />

California, USA<br />

McPherson e Simpson<br />

(2002), alberi in viali e parchi<br />

di due città californiane,<br />

Modesto e Santa Monica<br />

le abitazioni con<br />

vista sulla foresta<br />

urbana costano il<br />

44,9% in più delle<br />

abitazioni<br />

equivalenti senza<br />

vista mentre il<br />

valore delle<br />

proprietà decresce<br />

del 5,9%<br />

allontanandosi di un<br />

km dalla foresta<br />

Entro 100 m<br />

dalla foresta il<br />

valore<br />

dell’abitazione<br />

aumenta di UK £<br />

540<br />

HP benefici pari a<br />

17.500 € per ha<br />

di terreno<br />

afforestato (i<br />

costi risultano<br />

invece pari a<br />

8.900€ per<br />

ha) 147<br />

147 E’ stato incluso anche il reddito perduto da eventuale uso alternativo agricolo.<br />

Per ogni dollaro<br />

investito in<br />

management<br />

degli alberi, i<br />

residenti<br />

ricevono 1,85 e<br />

1,52 dollari in<br />

benefici annuali<br />

Segue


252<br />

Continua Tabella A2<br />

McPherson et al. (2005)<br />

alberi in 5 città statunitensi<br />

(Fort Collins, Colorado;<br />

Cheyenne, Wyoming;<br />

Bismarck, North Dakota;<br />

Berkeley, California; and<br />

Glendale, Arizona<br />

Thorsnes (2002), Michigan,<br />

US<br />

HP<br />

a fronte di una<br />

spesa annua di<br />

13-65$ per<br />

albero, i benefici<br />

risultano fra 31$<br />

e 89$ per<br />

albero. Per ogni<br />

dollaro investito<br />

nel<br />

management, i<br />

benefici annui<br />

rientrano in un<br />

range di 1,37-<br />

3,09$<br />

i terreni 148<br />

edificabili<br />

contigui alle<br />

aree preservate<br />

vengono venduti<br />

con un plus che<br />

oscilla fra<br />

5.800$ e 8.400$<br />

(pari al 19% e<br />

35% del prezzo<br />

del terreno)<br />

148 Lots range in size from about one third to five-thirds acre, and sale prices range from 14,000$ to almost 50,000$; houses range in size from 1,200 square feet to almost<br />

3,000 square feet, and sale prices range from 83,000 $ to 333,000 $. One acre is equal to 43.56 thousand square feet.<br />

Segue


253<br />

Continua Tabella A2<br />

Kim e Johnson (2002)<br />

McDonald-Dunn Forest in<br />

Oregon, USA<br />

Johnson et al. (1994)<br />

McDonald-Dunn Forest in<br />

Oregon, USA<br />

Kim e Wells (2005),<br />

Flagstaff, Arizona, USA<br />

Windle and Cramb (1993),<br />

Pine Mountain riserve,<br />

Australia<br />

HP Perdita di valore<br />

delle abitazioni a<br />

vista di un taglio<br />

forestale pari a<br />

724 $1995 per<br />

anno<br />

CVM Disponibilità a<br />

pagare dei<br />

proprietari<br />

residenziali per<br />

evitare un taglio<br />

forestale pari a<br />

380 $1995 per<br />

anno<br />

HP la riduzione della<br />

densità forestale<br />

accresce il<br />

valore di<br />

amenità e i<br />

valori delle<br />

proprietà<br />

residenziali<br />

(190$ per<br />

1000m 2 per<br />

abitazione)<br />

CVM<br />

WTP max per famiglie<br />

residenti 31,83<br />

A$1991 (pagamento<br />

annuale per i<br />

successivi 10 anni)<br />

Segue


254<br />

Continua Tabella A2<br />

Notaro Paletto Raffaelli,<br />

2004 Trentino<br />

Merlo e Croitoru (2005) (si<br />

veda tabella precedente per<br />

gli altri valori)<br />

233<br />

3 €/ha incluso, oltre a valore di<br />

opzione e di esistenza, il valore di<br />

lascito<br />

Riduzione stimata del<br />

1,68% nel TEV relative<br />

alle specificate 4<br />

funzioni 149<br />

254 €/ha/anno<br />

149<br />

damage typology (wind and snow, defoliation, fire and tillage) has been analysed in terms of its incidence on four forest functions (production, protection, tourismrecreation<br />

and carbon fixing)

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