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Individuazione dei benefici<br />
diretti ed indiretti dell’attuazione del<br />
Progetto regionale ‘10.000 ettari<br />
di nuovi sistemi verdi’<br />
Codice <strong>IReR</strong>: 2006B021<br />
Project leader: Alessandro Colombo<br />
Assistente al coordinamento: Marina Riva<br />
Rapporto finale<br />
Milano, aprile 2008
La ricerca è stata affidata all’<strong>IReR</strong> nell’ambito del Piano ricerche strategiche 2006<br />
Responsabile di progetto: Alessandro Colombo, responsabile di progetto <strong>IReR</strong><br />
Assistente al coordinamento: Marina Riva, referente di ricerca <strong>IReR</strong><br />
Gruppo di lavoro tecnico: Paolo Lassini, responsabile regionale del progetto di<br />
ricerca; Roberto Carovigno, Francesco Monzani, D.G. Agricoltura, U.O. Sviluppo<br />
e Tutela del Territorio Rurale e Montano; Roberto Cerretti, D.G. Reti Servizi di<br />
Pubblica Utilità e Sviluppo Sostenibile, U.O. Regolazione Mercato e<br />
Programmazione<br />
Gruppo di ricerca: Roberto Zoboli, responsabile scientifico, dirigente di ricerca<br />
CERIS-CNR, Istituto di ricerca sull’impresa e lo sviluppo, sede di Milano; Davide<br />
Pettenella, Daria Maso, Massimiliano Mazzanti, Anna Montini e Stefania<br />
Scipioni, collaboratori CERIS-CNR; Paolo Pileri, Marta Maggi, Dipartimento di<br />
Architettura e Pianificazione, Politecnico di Milano
Indice<br />
Premessa 7<br />
Capitolo 1<br />
Risultati principali e stime dei benefici dei 10.000 ha di ‘sistemi verdi’ 11<br />
1.1. Introduzione 11<br />
1.2. Una selezione dei dati e valori monetari emergenti dalle analisi 13<br />
1.2.1. Funzione di assorbimento di CO2 13<br />
1.2.2. Funzione turistico-ricreativa 14<br />
1.2.3. Funzione di produzione di biomassa legnosa per il mercato 15<br />
1.2.4. Prodotti non legnosi, funzione idraulica 15<br />
1.2.5. Effetti foreste urbane sul valori degli immobili 16<br />
1.2.6. Assorbimento di lavoro 16<br />
1.2.7. Reddito per gli agricoltori 17<br />
1.2.8. Stime di valore economico totale (VET) e funzioni multiple<br />
combinate<br />
17<br />
1.3. Uno schema di analisi delle compatibilità funzionali 18<br />
1.4. Stime dei benefici attraverso gli scenari di cambiamento delle<br />
coperture e aumento degli indicatori ecologici<br />
22<br />
1.4.1. Gli scenari di cambiamento delle coperture e gli indicatori<br />
ecologici<br />
22<br />
1.4.2. Dai cambiamenti di copertura e valore ecologico ai benefici<br />
economici<br />
23<br />
1.4.3. Una stima dei benefici economici nei due scenari 26<br />
Capitolo 2<br />
Indicatori ecologici per la valutazione dei benefici connessi alla<br />
realizzazione di 10000 ha di sistemi verdi 31<br />
2.1. Introduzione 31<br />
2.2. Metodologia 32<br />
2.2.1. Individuazione dei sistemi verdi 32<br />
2.2.2. Individuazione dei sistemi territoriali di riferimento 32<br />
2.2.3. Declinazione dei sistemi verdi in funzione dei diversi sistemi<br />
territoriali<br />
34<br />
2.2.4. Definizione dei principali obiettivi ecologici raggiungibili<br />
mediante i sistemi verdi<br />
35<br />
2.2.5. Scelta di alcuni indicatori per descrivere gli obiettivi ecologici<br />
specifici dei diversi sistemi territoriali<br />
36<br />
2.3. La valutazione ecologica degli scenari ambientali 41<br />
2.3.1. Coperture del suolo e realizzazione di sistemi verdi 42<br />
2.3.2. Lo scenario ecologico 1: fasce boscate riparali, fasce a prato e<br />
boscate attorno alle cave di pianura, realizzazione di siepi e filari in<br />
aree periurbane<br />
44
2.3.3. Lo scenario ecologico 2: aumento della densità agroforestale 49<br />
nelle aree agricole<br />
2.3.4. La valutazione delle prestazioni ecologiche nei diversi scenari: 51<br />
analisi relativa all’ambito territoriale pianura agricola<br />
2.3.5. La valutazione delle prestazioni ecologiche nei diversi scenari: 54<br />
analisi per valli fluviali<br />
2.3.6. La valutazione delle prestazioni ecologiche nei diversi scenari: 57<br />
analisi per aree periurbane<br />
2.3.7. La Valutazione delle prestazioni ecologiche nei diversi scenari:<br />
analisi per provincia 60<br />
2.4. Note conclusive 64<br />
Capitolo 3<br />
Stime del valore economico di alcune funzioni delle foreste: aspetti<br />
metodologici 65<br />
3.1. Valutare la foresta e le diverse funzioni forestali 65<br />
3.2. Metodi di stima del valore economico delle risorse naturali con 67<br />
particolare riferimento a quelli utilizzati in contesti forestali<br />
3.2.1. Tecniche di valutazione secondo il metodo dei legami fisici 69<br />
3.2.2. Tecniche di valutazione secondo il metodo dei legami<br />
comportamentali 70<br />
3.3. Alcune considerazioni sul “trasferimento del beneficio” 81<br />
3.3.1. Potenziali errori e validità dei trasferimenti del beneficio 84<br />
3.3.2. Database di studi/lavori di ricerca disponibili per il<br />
trasferimento del beneficio 86<br />
3.4. Le procedure di sconto dei costi e benefici futuri nelle analisi di<br />
valutazione: una disamina critica della teoria economica e linee<br />
guida per le applicazioni 86<br />
3.4.1. Il tasso di sconto sociale: teoria economica e prassi empirica 89<br />
3.4.2. La dinamica del tasso di sconto: del breve al lungo periodo 94<br />
3.4.3. Cenni conclusivi 98<br />
Capitolo 4<br />
Risultati delle valutazioni empiriche su ‘valore economico totale’<br />
funzioni ricreative, prodotti non legnosi,‘amenity values’, valori di<br />
“non uso” 101<br />
4.1. Stime del valore economico totale (VET) e funzioni multiple<br />
combinate<br />
4.2. Funzione turistico-ricreativa 107<br />
4.3. Prodotti non legnosi del sottobosco, altri prodotti/servizi (pascolo,<br />
caccia, fauna selvatica) e servizi eco-sistemici 112<br />
4.4. Effetti delle foreste sul valore degli immobili (“amenity value” delle<br />
foreste urbane) 115<br />
4.5. Valori di non uso: conservazione, biodiversità ed opzione 119<br />
4<br />
101
Capitolo 5<br />
Benefici economici derivanti dalla funzione di assorbimento della CO2 125<br />
5.1. Inquadramento teorico 125<br />
5.2. Il mercato delle quote 126<br />
5.2.1. I Prezzi delle quote 127<br />
5.3. Quantificazione del carbonio sequestrato 132<br />
5.3.1. Linee guida 132<br />
5.3.2. Software per la stima del carbonio assorbito<br />
5.4. Andamento generale dell’assorbimento di carbonio nei diversi sink e<br />
139<br />
pool 144<br />
5.5. Analisi della letteratura 147<br />
5.5.1. Italia 147<br />
5.5.2. Francia 149<br />
5.5.3. Germania 150<br />
5.5.4. Inghilterra 150<br />
5.5.5. Irlanda del Nord 151<br />
5.5.6. Stati Uniti 151<br />
5.6. Considerazioni finali 152<br />
Caspitolo 6<br />
Benefici economici derivanti da opportunità occupazionali 155<br />
6.1. Introduzione: caratteristiche del servizio e metodologie di stima 155<br />
6.2. Metodologie di stima 157<br />
6.2.1. Metodologia basata sul calcolo dei Full Time Equivalent 158<br />
6.2.2. Metodologia basata sulle informazioni reperibili in letteratura 170<br />
6.2.3. Metodologia basata su criteri e indicatori<br />
relativiall’occupazione<br />
175<br />
6.3. Considerazioni finali 177<br />
Capitolo 7<br />
Nuove opportunità di reddito per gli agricoltori 179<br />
7.1. Introduzione 179<br />
7.2. Variazione del reddito dell’agricoltura a seguito della realizzazione<br />
dei ‘sistemi verdi’ 181<br />
7.2.1. Variazioni del reddito degli agricoltori nei terreni su cui<br />
saranno realizzati i sistemi verdi 181<br />
7.2.2 Efetti indotti sul reddito degli agricoltori nei terreni limitrofi 190<br />
7.3. Considerazioni finali 196<br />
Capitolo 8<br />
Benefici per l’energia e l’industria 197<br />
8.1. Introduzione 197<br />
8.1.1. La filiera legno-mobile 198<br />
8.1.2. La filiera legno-energia 199<br />
8.2. Biomassa energia 200<br />
8.2.1. Tipi di biomassa 200<br />
5
8.2.2. Sistemi di produzione di energia da biomassa legnosa 205<br />
8.2.3. Tipi di filiera legno-energia per le imprese agro-forestali 207<br />
8.3. Biomassa: disponibilità, consumo, produzione 207<br />
8.3.1. Aspetti economici relativi al mercato delle biomasse 210<br />
8.4. Casi di studio dalla letteratura 214<br />
8.4.1. Caso di studio relativo a un’azienda della Pianura Padana 215<br />
8.4.2. Caso di studio relativo alla produzione di biomassea legnosa<br />
a fini energetici in aziende agricole della provincia di Padova 216<br />
8.4.3. Calcolo teorico della superficie forestale necessaria per<br />
riscaldare un edificio 220<br />
8.5. Conclusioni 221<br />
Bibliografia 223<br />
Appendice 237<br />
6
Premessa<br />
La Regione Lombardia, D.G. Agricoltura, ha avviato la realizzazione del Progetto<br />
regionale ‘10.000 ettari di nuovi sistemi verdi’ che dovrebbe compiersi, nelle sue<br />
componenti fondamentali, nel corso della VIII° legislatura. Il progetto mira alla<br />
realizzazione di una ‘infrastruttura forestale’ fortemente caratterizzata in senso<br />
multifunzionale, in linea con le più avanzate concezioni degli investimenti e<br />
gestioni forestali nelle realtà di sviluppo socio-economico avanzato, e con<br />
obiettivi generali di riqualificazione ambientale, ecologica, faunistica, ricreativa,<br />
economica, sociale del territorio lombardo, anche in relazione alle dinamiche<br />
attuali ed attese dell’agricoltura e degli assetti urbanistici.<br />
Il compito che la D.G. Agricoltura ha chiesto ad <strong>IReR</strong> di svolgere si caratterizza<br />
come specifico e parallelo al processo progettuale complessivo, in quanto ha lo<br />
scopo di fornire elementi valutativi, essenzialmente di tipo socio-economico, sui<br />
benefici attesi dal ‘Progetto 10.000 ha’<br />
La ricerca <strong>IReR</strong> ha l’obiettivo specifico di fornire valutazioni ex ante dei possibili<br />
benefici di tipo economico e sociale associati ad un sotto-insieme della diverse<br />
funzioni svolte dagli investimenti forestali di cui si prefigura la realizzazione nel<br />
‘Progetto 10.000 ha’. In particolare, la valutazione si indirizza, sulla base di<br />
un’analisi preliminare della letteratura sulla valutazione socio-economica delle<br />
foreste, ad alcune delle tipologie funzionali e di beneficio definite nei documenti<br />
progettuali disponibili:<br />
(a) variazione degli indicatori di valore ecologico in base a diverse ipotesi e<br />
scenari di intervento;<br />
(b) assorbimento di inquinanti, in particolare gas serra anche in relazione alle<br />
politiche dei Carbon Sink e crediti di carbonio collegate all’attuazione del<br />
Protocollo di Kyoto;<br />
(c) effetti occupazionali del progetto e delle successiva gestione<br />
dell’infrastruttura forestale;<br />
(d) miglioramento della qualità della vita, della fruizione degli ambienti<br />
naturali per il tempo libero e qualità del paesaggio rurale ed urbano;<br />
(e) riqualificazione dei sistemi insediativi periurbani, e miglioramento della<br />
loro fruibilità, riqualificazione del patrimonio di edilizia rurale;
(f) creazione di nuove opportunità di reddito agricolo, per agricolture<br />
multifunzionali;<br />
(g) produzione di materie prime per l’energia e l’industria nel medio e lungo<br />
periodo con una gestione forestale sostenibile.<br />
La ricerca <strong>IReR</strong> si indirizza soltanto alla valutazione dei benefici di tali funzioni.<br />
Non entra invece nella determinazione o nell’esame dei costi di realizzazione del<br />
‘Progetto 10.000 ha’. Di conseguenza, la ricerca non ha l’obiettivo di realizzare<br />
un’analisi costi-benefici degli investimenti previsti, né comprende indagini<br />
valutative dirette su foreste esistenti ‘assimilabili’ a quelle previste dal ‘Progetto<br />
10.000 ha’.<br />
Poiché allo stato progettuale attuale non sono disponibili le indicazioni operative<br />
sul dove effettivamente gli investimenti del ‘Progetto 10.000 ha’ avranno luogo e<br />
quali caratteristiche essi avranno sotto il profilo ecologico e funzionale, non è<br />
possibile svolgere una valutazione socio-economica ‘integrata’ dei diversi<br />
benefici a livello di singola ‘unità forestale’. Vengono invece sviluppate<br />
valutazioni sulle singole tipologie di benefici indicati, ipotizzando che poi le unità<br />
forestali effettive, a seconda delle loro localizzazioni e caratteristiche tecnicoecologiche,<br />
potranno possedere una o più capacità funzionali, e quindi una o più<br />
tipologie di benefici, che si combinano in diverso modo e grado di<br />
specializzazione o despecializzazione.<br />
Per le indicazioni disponibili sembra ipotizzabile che si tratti di:<br />
(h) foreste di pianura, con localizzazione prevalente in fasce fluviali oppure in<br />
aree perturbane, collocate di preferenza su terreni agrari;<br />
(i) foreste funzionalmente complesse, preferibilmente autoctone, con una<br />
prevalenza di funzioni territoriali ed ecologiche, ma con possibilità di<br />
funzioni economiche per l’azienda agraria o per gli enti proprietari/gestori<br />
che vanno dallo sviluppo agri-turistico fino all’utilizzazione legnosa in<br />
turni lunghi con prelevamenti di legname di valore, e con utilizzazione<br />
ottimizzata degli scarti per uso energetico.<br />
Sono pertanto sviluppate, nel Capitolo 2, due simulazioni georeferenziate sulla<br />
possibile configurazione tipologica, territoriale, ecologica dei nuovi sistemi verdi<br />
in Lombardia. Oltre che fornire delle stime sulle variazioni dei valori ecologici<br />
tramite indicatori, tali simulazioni forniscono anche la base per una serie di prime<br />
stime ex ante dei possibili benefici economici associabili ai 10.000 ha di nuovi<br />
sistemi verdi, basate sui risultati dei Capitoli 3-8, che vengono presentate nel<br />
Capitolo 1.<br />
8
La realizzazione della ricerca è stata effettuata con la collaborazione del CERIS-<br />
CNR, Istituto di ricerca sull’impresa e lo sviluppo – sede di Milano e del<br />
Politecnico di Milano, DIAP sotto il coordinamento scientifico del Prof. Roberto<br />
Zoboli. In particolare la predisposizione del Capitolo 1 è stata curata dallo stesso<br />
Roberto Zoboli, dirigente di ricerca del CERIS, quella del Capitolo 2 da Paolo<br />
Pileri e Marta Maggi, Politecnico di Milano – DIAP, quella dei Capitoli 3 e 4 da<br />
Massimiliano Mazzanti e Anna Montini, collaboratori CERIS, quella dei capitoli 5,<br />
6, 7, 8 da Davide Pettenella e Daria Maso, collaboratori CERIS.<br />
9
Capitolo 1<br />
Risultati principali e stime dei benefici<br />
dei 10.000 ha di “sistemi verdi”<br />
1.1. Introduzione<br />
La valutazione monetaria dei benefici ambientali, pur essendo un’area di ricerca<br />
ancora piuttosto aperta, consente di definire delle dimensioni di valore dei progetti<br />
ambientali che dovrebbero contribuire a migliori processi decisionali pubblici.<br />
Le analisi sviluppate nei capitoli di questo rapporto mettono in evidenza una<br />
grande ricchezza di stime di beneficio economico per alcune funzioni dei sistemi<br />
verdi. Evidenziano anche la notevole asimmetria con cui l’analisi economica ha<br />
dato attenzione valutativa ai diversi attributi funzionali. Alcuni di questi sono stati<br />
oggetto di numerosissimi esercizi di stima in vari paesi, tra cui l’Italia, e altri,<br />
invece, sono ancora soggetti a limitati tentativi di valutazione, in particolare in<br />
Italia. Ciò pone, per alcune singole funzioni, un problema di range di valori molto<br />
(o troppo) ampi, e, per altre singole funzioni, una scelta molto ristretta. Nell’uno e<br />
nell’altro caso, rimane il problema della ‘trasferibilità’ delle stime economiche in<br />
contesti, nazionali o regionali o locali, diversi da quelli in cui sono state<br />
originariamente formulate (vedi Cap. 3).<br />
Un secondo aspetto, legato alla multifunzionalità dei ‘sistemi verdi’ in generale e<br />
forestali ecosistemici in particolare, è che le diverse funzioni possono, a seconda<br />
delle caratteristiche dei sistemi considerati e delle scelte gestionali, coesistere, o<br />
essere solo parzialmente compatibili, o essere incompatibili. Si generano in tal<br />
modo dei costi opportunità di una funzione in termini delle altre funzioni a cui si<br />
deve rinunciare. Si tratta di problemi ben noti nell’economia (ma anche<br />
nell’ecologia) di risorse a valori e funzioni multiple. Essi possono essere risolti, a<br />
livello teorico o decisionale, attraverso modelli matematico-simulativi di gestione<br />
in uso multiplo e, nella pratica, attraverso scelte di ‘prioritarizzazione’ da parte dei<br />
decisori pubblici o privati, che impongono specifici obiettivi alla creazione e<br />
gestione dei sistemi verdi.
Un terzo aspetto è che le stime monetarie dei valori ambientali sono generalmente<br />
definite per unità territoriali quantitative (ettari, accrescimenti di massa, numero di<br />
visite, ecc.) mentre i sistemi verdi presentano dimensioni di valore ecologico che<br />
possono essere misurate da indicatori qualitativi non direttamente collegabili alle<br />
unità di misura dei valori economici. Esistono quindi ancora signficative difficoltà<br />
di perfetta conciliazione tra misure ecologiche e misure economiche.<br />
Alla luce di questi problemi, nel seguito vengono sviluppati tre elementi<br />
Il primo è una sintesi di alcuni risultati numerici di valore economico per le<br />
singole tipologie funzionali esaminate in questa ricerca (Capp. 3-8). La sintesi è<br />
particolarmente spinta perché sceglie, soprattutto per le tipologie funzionali dove<br />
c’è maggiore abbondanza di risultati empirici in letteratura, solo alcuni dati<br />
ritenuti ragionevoli. Essi possono dare un’idea di massima dei valori e benefici<br />
economici associabili ex ante a ad una specifica funzione del sistema verde,<br />
indipendentemente dalle altre funzioni potenzialmente erogabili dallo stesso<br />
sistema. In pratica, i valori presentati nel seguito sono quelli che potrebbero<br />
prevalere se tutti i 10.000 ha fossero specializzati nella sola funzione considerata.<br />
Vengono tuttavia riassunte anche alcune stime del cosiddetto ‘valore totale’,<br />
che comprende, generalmente per somma, più funzioni dello stesso sistema verde<br />
(Capp 3 e 4).<br />
Il secondo elemento è uno schema che dovrebbe consentire di ‘ordinare’ le<br />
possibili compatibilità e incompatibilità funzionali, ad esempio la cessazione della<br />
funzione di carbon sink quando si scelga di dar luogo a taglio forestale, connesse<br />
alle tipologie di sistemi verdi che vengono classificate come ‘finanziabili’ dalla<br />
Delibera della Regione Lombardia del novembre 2006 sull’attuazione del progetto<br />
dei ’10.000 ha di nuovi sistemi verdi in Lombardia’. Tale schema, essendo, come<br />
chiariremo, necessariamente soggetto ad una valutazione di tipo ecologico e<br />
gestionale, viene solo presentato nella sua logica essenziale, in attesa che<br />
emergano indicazioni più precise sulle effettive tipologie forestali e di sistemi<br />
verdi che si andranno ad insediare sul territorio. Una volta acquisiti tali elementi,<br />
lo schema potrà essere utilizzato per tenere conto delle compatibilità e<br />
incompatibilità funzionali concretamente emergenti nella realtà.<br />
Il terzo elemento è l’utilizzazione degli scenari di intervento sviluppati nel<br />
Capitolo 2 per tentare una stima dei possibili benefici economici complessivi dei<br />
10.000 ha di nuovi sistemi verdi. In particolare, i due scenari del Capitolo 2<br />
quantificano sia le possibili dimensioni e localizzazioni delle nuove coperture, per<br />
tipologie, che potrebbero derivare dal progetto ’10.000 ha’, sia il possibile<br />
cambiamento di valori ecologici, tramite alcuni indicatori, che potrebbe derivare<br />
da tali nuove coperture. Tali risultati vengono qui collegati alle stime quantitative<br />
(range) delle diverse categorie di benefici economici per arrivare ad una stima<br />
‘realistica’ dei valori complessivi associati i 10.000 ha, che è tuttavia relativa ai<br />
due soli scenari considerati,. L’esercizio ha carattere sperimentale, anche sotto il<br />
12
profilo metodologico, ma può servire per testare l’approccio di analisi adottato<br />
nella ricerca e fornire indicazioni numeriche.<br />
1.2. Una selezione dei dati e valori monetari emergenti dalle analisi<br />
1.2.1. Funzione di assorbimento di CO2<br />
Tale funzione viene esaminata in dettaglio nel Cap. 5. Si ritiene, in generale che<br />
non sia addizionabile al valore delle utilizzazioni legnose nello stesso tempo e<br />
luogo, anche in funzione dei metodi di contabilizzazione adottati a livello<br />
internazionale per i carbon sink che prevedono la permanenza dello stock<br />
forestale ai fini di riconoscimento dei carbon sink stessi.<br />
Le stime esaminate indicano un range tra 4 e 6 tonCO2/ha/anno per 30 anni, con<br />
punte di 7,6 tonCO2/ha/anno nei pioppeti.<br />
È opportuno considerare il valore centrale del range: le formazioni di pianura<br />
ipotizzabili per il progetto ‘10.000 ha’ saranno a bassa densità, con radure, strade,<br />
zone d'acqua, ecc. (si veda Cap. 2). Inoltre, c’è un limite temporale nella funzione<br />
di assorbimento netto positivo, che si raggiunge più o meno con il raggiungimento<br />
della maturità delle piantagioni (orientativamente 20-40 anni), e in funzione anche<br />
dell'età delle piante all'impianto.<br />
Quindi, assumendo 5 ton/ha/anno di media fino ad una di maturità di 30 anni si<br />
avrebbero 5 tonCO2 x 10.000 ha x 30 anni = 1.500.000 ton CO2 (oppure 50.000<br />
ton/anno). Ovviamente la stima è molto sensibile al valore unitario medio di<br />
assorbimento che viene adottato.<br />
Per la stima del valore economico di questa funzione, è difficile trovare un<br />
riferimento affidabile. Le stime di valore disponibili a livello internazionale vanno<br />
da quasi zero a 100€/ton di CO2, generalmente corrispondenti ai costi marginali di<br />
assorbimento di CO2 con strumenti alternativi rispetto all’assorbimento forestale.<br />
Lo sviluppo dei mercati del carbonio, in generale associati allo sviluppo<br />
dell’Emission Trading in Europa, può fornire una guida incerta alla valutazione. I<br />
prezzi della tonnellata di CO2 in Europa hanno avuto oscillazioni forti negli ultimi<br />
anni, data la giovane età del mercato e la sua dipendenza delle scelte dei Piani<br />
Nazionali di Allocazione in termini di abbondanza di quote, mentre gli<br />
investimenti ‘interni’ in carbon sink non sono (ancora) creditabili come quote a<br />
differenza dei crediti da Joint Implementation o Clean Development Mechanism,<br />
creditabili nell’ambito della Direttiva Linking.<br />
Assumendo che gli assorbimenti generati dai sink dei 10.000 ha siano creditabili e<br />
vendibili sul mercato europeo, e cioè che gli assorbimenti siano tutti ‘permanenti’<br />
13
e possano essere ‘venduti’ al prezzo delle quote nel mercato dell’ETS europeo,<br />
oppure ad un valore di mercato equiparabile a quello dei crediti da progetto JI o<br />
CDM, si arriva alle seguenti stime (i valori futuri non sono scontati al presente, o<br />
tasso di sconto zero, vedi Cap. 2):<br />
- Prezzo PointCarbon per EUA ottobre 2006: 12,6 €/ton/CO2; media seconda<br />
parte 2005: 22 €/ton/CO2;<br />
- Media dei prezzi CER (CDM) nel 2005: 6,7 €/ton; media dei prezzi ERU (JI)<br />
nel 2005: 5,1 €/ton<br />
- Ai prezzi EUA (range: prezzo 2006 – media 2005) per 1.500.000<br />
tonnellate: 18.900.000 € - 33.000.000 € sul totale 30 anni (non scontati),<br />
oppure 630.000 € - 1.100.000 € per anno x 30 anni (non scontati)<br />
- Ai prezzi CER/ERU per 1.500.000 tonnellate: 7.650.000 € - 10.050.000 €<br />
totale 30 anni (non scontati), oppure 255.000 € - 335.000 € per anno x 30<br />
anni.<br />
Quindi, il range dei valori stimabili assumendo che i crediti siano vendibili sul<br />
mercato, va da un minimo di 7,6 milioni/€ ad un massimo di 33 milioni/€<br />
nell’arco dei 30 anni, o in media da 255.000 €/anno a 1.100.000 €/anno. E’<br />
interessante osservare che, se i crediti fossero valutati, ad esempio nell’ambito di<br />
una politica pubblica, al prezzo imputato di sostituzione di metodi alternativi di<br />
assorbimento nell’ambito delle strategia italiana per Kyoto, un valore che<br />
potrebbe collocarsi intorno ai 100 €/ton CO2, gli assorbimenti dei 10.000 ha<br />
potrebbero valere 150 milioni di €. Il riconoscimento di tali valori come ricavi<br />
effettivi per qualche soggetto è essenzialmente una questione politicoistituzionale.<br />
1.2.2. Funzione turistico-ricreativa<br />
Il valore economico di tale funzione è esaminato in dettaglio nel Cap. 4 e può<br />
essere addizionabile a numerose altre funzioni, con limitazioni per quelle di<br />
utilizzazione legnosa nello stesso luogo e tempo e di attività agricole intensive.<br />
Anche queste ultime possono essere compatibili in tempi diversi.<br />
In base agli studi di CV (contingent valuation) e TCM (Travel Cost Method)<br />
realizzati in Italia, la WTP (wilingness to pay, disponibilità a pagare) per singola<br />
visita è nel range di 3-10 €/visita. Il numero di visite/ha/anno è una variabile<br />
molto poco standardizzabile essendo legata alle dimensioni, alla lontananza dalle<br />
aree residenziali, alla distribuzione di altre aree.<br />
Un’ipotesi per una stima esemplificativa di massima potrebbe essere la seguente.<br />
Assumiamo che, con una popolazione della Lombardia (fine 2005) di 9.475.202 e<br />
una popolazione ‘di pianura’ di 7.554.937 (escluse province dei laghi e di<br />
montagna), il 20% della popolazione di pianura (1.510.987) visiti i nuovi 10.000<br />
ha di sistemi verdi almeno una volta l'anno. In termini di valori, assumendo il<br />
14
ange indicato di valori unitari per visita, si avrebbero 1.510.987 visite per 3-<br />
10€/visita = 4.532.961 € - 15.109.870 € per anno.<br />
Si deve notare che alcune stime internazionali considerate nel Cap. 4 indicano un<br />
valore ricreativo di circa 70€ per ha per anno: quindi su 10.000 ha si avrebbero<br />
700.000 € per anno, molto più basso di quello stimabile a partire dal valore<br />
unitario delle visite con le ipotesi fatte. Un tale valore potrebbe derivare da un<br />
forte ‘insuccesso’ (rispetto alle ipotesi precedenti) della attivazione di reddito da<br />
funzione ricreativa. Si noti inoltre che altre stime considerate nel Cap. 4 indicano<br />
un valore ricreativo di 350 €/ha/anno, che sui 10.000 ha determina un valore di<br />
3,5 milioni di €, inferiore ma non non lontano dal valore inferiore della stima<br />
basata sulle ipotesi precedenti, e associabili, come prima, ad un limitato successo<br />
ricreativo delle nuove formazioni verdi.<br />
1.2.3. Funzione di produzione di biomassa legnosa per il mercato<br />
Per alcune delle aree è ipotizzabile la commercializzazione del legname, che<br />
tuttavia esclude, salvo particolari tecniche gestionali, generalmente adatte a<br />
formazioni forestali mature e ricche, la possibilità di contabilizzare la CO2 come<br />
assorbimento netto (ai criteri attuali basati sulla variazione dello stock forestale<br />
permanente).<br />
In base alle analisi del Cap. 8, una formazione forestale può avere un<br />
accrescimento di biomassa di 3-6 mc/ha/anno (pioppeti fino a 12-15). Il valore per<br />
mc in piedi alla vendita (biomasse per energia, assortimenti ‘poveri’) può essere<br />
assunto pari a 30 €/mc.<br />
Assumendo un ciclo di 30 anni, gli accrescimenti asportabili a fine turno si<br />
aggirano su 90-180 mc/ha. Al prezzo di 30 €/mc, il ricavo totale potrebbe essere<br />
di 2.700 €/ha. Ipotizzando che solo 1.000 ha su 10.000 ha siano utilizzati, porta ad<br />
un totale di 2.700.000 € (ogni 30 anni, valori non scontati al presente). Altre scelte<br />
allocative di porzioni dei 10.000 ha alla funzione di produzione legnosa (per<br />
industria ed energia) possono dare valori proporzionali.<br />
1.2.4. Prodotti non legnosi, funzione idraulica<br />
Si tratta di valori non completamente addizionabili ad altri, ma comunque<br />
associabili a tutto il tempo di permanenza delle foresta in condizioni di limitata<br />
utilizzazione o comunque di buone condizioni ecosistemiche. In base alle stime<br />
del Cap. 4, i valori complessivi di prodotti ‘non-timber’ possono essere compresi<br />
fra 17,2 e 14,4 € per ha per anno (Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia. Per<br />
10.000 ha si avrebbe un complesso di benefici economici pari a 172.000 € –<br />
144.000 € per anno.<br />
15
La funzione idraulica (captazione/depurazione acque, regolarizzazione falda, aree<br />
di espansione per piene), non esplicitamente esaminata in dettaglio da questa<br />
ricerca, può assumere, in base alle informazioni disponibili, valori da zero ad<br />
alcune decine di €/ha/anno. Assumendo un range 0-20 €/ha/anno, sui 10.000 ha si<br />
potrebbero avere valori per un totale tra 0 € - 200.000 € per anno.<br />
1.2.5. Effetti foreste urbane sul valori degli immobili<br />
Tale categoria di benefici, esaminata in dettaglio nel Cap. 4, è realistica solo per<br />
foreste vicine ai centri abitati, è compatibile con alcune funzioni, ad esempio<br />
ricreative, ma poco compatibile, se non con tecniche gestionali specifiche, con<br />
altre funzioni, ad esempio l’estrazione di legname. Alcune stime, difficilmente<br />
non scalabili su parametri ben definiti, indicano effetti significativi.<br />
Ad esempio, uno studio su Salo, Finlandia, indica che le abitazioni con vista sulla<br />
foresta urbana costano il 44,9% in più delle abitazioni equivalenti senza vista.<br />
Nello stesso caso, il valore delle proprietà decresce del 5,9% allontanandosi di un<br />
km dalla foresta (Tyrvainen and Miettinen, 2000). In un caso di studio inglese<br />
(New Forest), una piantagione di 1 ha cresce il valore dell’abitazione di £ UK 540<br />
entro 100 metri dalla foresta (Powe et al., 1997). Altre evidenze esaminate nel<br />
Cap. 4 indicano che il valore degli immobili vicino ad aree protette è più elevato<br />
del 19%-35% rispetto a quello di abitazione analoghe con altra localizzazione<br />
1.2.6. Assorbimento di lavoro<br />
E’ una dimensione di valore, esaminata nel Cap. 6, che risulta addizionabile a tutti<br />
gli altri benefici economici. In fase di realizzazione e gestione degli impianti,<br />
ipotizzando un buon livello di meccanizzazione (normali condizioni di efficienza<br />
operativa) si può ipotizzare un assorbimento di 10 giornate/ha per la piantagione,<br />
3 giornate/ha/anno per la manutenzione da distribuire lungo i primi 5 anni. In fase<br />
di messa a regime, per la manutenzione ordinaria degli impianti, l'assorbimento si<br />
riduce al 0,5-1 giornata/ha/anno.<br />
Ipotizzando che la foresta sia a regime in 30 anni, per 10.000 ha, si possono<br />
quindi ipotizzare 100.000 giornate lavoro nella fase piantagione, 30.000 giornate<br />
per anno per 5 anni per 10.000 ha (manutenzione), pari a 150.000 giornate, 1<br />
giornata ha/anno per i restanti 25 anni, per un totale di 250.000 giornate. In<br />
complesso si avrebbero quindi sui 10.000 ha 500.000 giornate di lavoro, di cui<br />
250.000 nei primi 5 anni.<br />
Queste stime ovviamente non tengono conto degli impatti occupazionali collegati<br />
alla presenza di aree verdi (educazione ambientale, centri estivi, gestione attività<br />
sportive, animazione anziani, ristorazione, parcheggi, ecc.). Tali effetti dipendono<br />
criticamente dalle caratteristiche ambientali e funzionali di quelle aree.<br />
16
1.2.7. Reddito per gli agricoltori<br />
Le analisi del Cap. 7, comprendono i redditi o le variazioni di reddito associate a<br />
numerose ipotesi alternative su come gli agricoltori possono catturare benefici<br />
economici dalla realizzazione dei 10.000 ha di sistemi verdi. Data questa varietà<br />
di ipotesi, non appare possibile una facile scelta dei valori di riferimento.<br />
Va tuttavia notato, che gran parte dei benefici derivanti dagli agricoltori sono<br />
parte dei benefici stimati sotto altre categorie funzionali, ad esempio le presenze<br />
ricreative attraverso attività agrituristiche. Si può ritenere, quindi, che tali valori di<br />
reddito siano forme di distribuzione e attribuzione privata, attraverso il mercato,<br />
dei benefici di varia natura derivanti dai ’10.000 ha’ 1 .<br />
1.2.8. Stime di valore economico totale (VET) e funzioni multiple combinate<br />
In base ai risultati del Cap. 4, le stime del ‘valore economico totale’ (VET) sono<br />
molto variabili. Non sono addizionabili con altri valori poiché li ricomprendono,<br />
in linea di principio, tutti. Nel caso italiano, in una stima per tutti i valori, inclusi<br />
quelli di ‘esistenza’, ma esclusi i benefici diretti dati da legno e prodotti forestali<br />
non legnosi (Marangon e Tempesta, 2004) indicano un valore di 665,8 € per ha<br />
per anno. Estese ai 10.000 ha, tali stime comporterebbero un valore di 6.658.000 €<br />
per anno.<br />
A questa stima, aggiungendo il valore d’uso diretto dall’estrazione di legno e<br />
prodotti non legnosi, pari a 61,9€ per ha per anno, si ottiene un VET (17 tipi di<br />
benefici, Contingent Valuation Method) di 722,6 per ha per anno. Per 10.000 ha si<br />
avrebbero valori pari a 7.226.000 € per anno.<br />
Si noti che il range 712 € - 934 € per ha per anno è il range di valori ottenuti per la<br />
stima del ‘valore economico totale’ ottenuta in caso di incendio boschivo in<br />
Sicilia (Asciuto, Fiandaca, Schimmenti 2004).<br />
Altre stime, invece, danno indicazioni di VET molto inferiori:<br />
- Gios e Goio (2003) indicano un VET di 166 €/ha/anno per le foreste del<br />
Trentino Alto Adige; esteso a 10.000 ha il valore sarebbe di 1.660.000<br />
€ per anno;<br />
- Marangon e Gottardo (2001) indicano 373,7 € ha anno per le foreste<br />
del Friuli Venezia Giulia (metodo con addizione dei singoli valori,<br />
diverso da CVM usato sopra); esteso a 10.000 ha il valore sarebbe<br />
3.737.000 € per anno.<br />
Tali stime più basse sarebbero più coerenti con il VET di 254 €/ha/anno indicato da<br />
Merlo e Croitoru (2005) per l’Italia, e così composto: Valori d’uso diretto:<br />
Prodotti legnosi: 81 €/ha; Pascolo: 7 €/ha; Prodotti non legnosi: 23 €/ha;<br />
1 Si ricorda inoltre, come chiarito in premessa, che non è oggetto di questa ricerca la stima dei<br />
possibili costi che gli agricoltori e altri attori territoriali possono sopportare dalla riallocazione dei<br />
loro terreni ai nuovi sistemi verdi. Si assume, a tale riguardo, che gli agricoltori siano pienamente<br />
compensati per tali eventuali costi attraverso misure di politica regionale che accompagnano<br />
l’insediamento dei sistemi verdi.<br />
17
Ricreazione: 20 €/ha; Caccia: 8 €/ha; Totale: 139 €/ha; Valori indiretti: Protezione<br />
dei versanti: 104 €/ha; Sequestro di carbonio: 8 €/ha; Totale: 112 €/ha; Valori di<br />
opzione, lascito, esistenza: 3 €/ha; Valore Economico Totale (somma): 254 €/ha.<br />
Per 10.000 ha si avrebbe un valore complessivo di 2.540.000 €/anno.<br />
1.3. Uno schema di analisi delle compatibilità funzionali<br />
Come illustrato nella introduzione, viene qui delineato uno schema che ha lo<br />
scopo di preparare, attraverso l’esame delle compatibilità funzionali, l’analisi<br />
applicata dei valori funzionali complessivi dei 10.000 ha di sistemi verdi in<br />
Lombardia. È chiaro che non tutti i singoli valori funzionali esaminati in questo<br />
lavoro possono coesistere sempre, nel lungo periodo di vita dei sistemi verdi, e su<br />
tutta l’area di insediamento. È chiaro inoltre che le scelte di finanziabilità operate<br />
nella Delibera del novembre 2006 caratterizzano un insieme specifico, anche se<br />
molto ampio, di possibili formazioni verdi fattibili, che definiscono, di fatto,<br />
priorità funzionali. Queste ultime, di fatto, eliminano altre possibilità funzionali,<br />
oppure le riducono ad un ruolo ancillare oppure emergente come oggettivo nella<br />
vita ed evoluzione del sistema verde.<br />
Appare quindi utile sviluppare uno schema relativamente semplice per ordinare le<br />
combinazioni e le compatibilità funzionali. Ciò appare del resto necessario per<br />
evitare ‘doppi conteggi’, cioè assegnare valori multipli che di fatto, per ragioni<br />
ecologiche o scelte gestionali dettate dalle priorità funzionali, non possono<br />
realizzarsi nello stesso tempo e nello stesso luogo sulla stessa tipologia di sistema<br />
verde tra quelle finanziabili. Questo appare l’unico modo corretto per una stima<br />
ex ante dei valori e benefici funzionali complessivi dei 10.000 ha.<br />
Lo schema è sintetizzato nelle Tabelle 1.1 e 1.2. Nella prima tabella, vengono<br />
elencate alcune delle tipologie di sistema verde che, tra quelle ‘finanziabili’, sono<br />
ritenute più realistiche o probabili in base alle indicazioni emerse negli incontri<br />
con la Regione Lombardia. Per ciascuna di queste tipologie viene definita la<br />
possibile capacità di erogazione (sì = X) delle tipologie e valori funzionali<br />
(benefici) studiate in questo lavoro, dall’offerta turistico-ricreativa alla fissazione<br />
di carbonio, dalla variazione dei valori immobiliari all’occupazione. Come<br />
emerge immediatamente, la localizzazione, ad esempio terreni ex agricoli, o la<br />
tipologia, ad esempio filari e fasce arborate, tendono ad escludere a priori la<br />
presenza di certi benefici funzionali, che pertanto vanno esclusi quando si ipotizzi,<br />
ex ante, o si realizzi, ex post, quella specifica scelta di sistema verde. Per<br />
converso, varie tipologie di insediamenti verdi, possono erogare, ex ante,<br />
numerosi valori funzionali presi uno ad uno, con una intensità (e combinazione,<br />
vedi oltre) che solo l’analisi ecologica e gestionale può precisare ed<br />
eventualmente quantificare.<br />
18
19<br />
19<br />
Tabella 1.1 - Matrice dei singoli attributi funzionali e valori economici assegnabili alle tipologie di sistemi verdi di più probabile realizzazione in Lombardia<br />
Tipologie di sistemi verdi Effetti economici<br />
Impianti polispecifici su ex<br />
terreni agricoli di pianura<br />
Impianti polispecifici su<br />
terreni periurbani di<br />
pianura<br />
Impianti polispecifici su ex<br />
terreni agricoli di collinamontagna<br />
Impianti polispecifici su<br />
terreni periurbani di<br />
collina-montagna<br />
Impianti monospecifici con<br />
specie a media e rapida<br />
crescita<br />
Filari e fasce erborate<br />
Nuclei forestali in aree<br />
prative<br />
Offerta turisticoricreativa<br />
e<br />
formativa-educativa<br />
Tutela della<br />
biodiversità<br />
Fissazione di<br />
carbonio<br />
(permanente)<br />
Produzione di<br />
legname da industria<br />
ed energia<br />
Variazione<br />
valori<br />
immobiliari<br />
* Fitodepurazione, regolazione ciclo dell’acqua, schermo visivo, riduzione rumori, ecc.<br />
Produzioni<br />
agricole<br />
Occupazione<br />
diretta e indiretta<br />
X X X X X X<br />
X X X X X X X<br />
X X X X X X<br />
X X X X X X<br />
Altri*<br />
X X X X<br />
X X X X X X X<br />
X X X X X X X
20<br />
Tabella 1.2 - Matrice per la valutazione delle compatibilità tra funzioni/benefici economici nello stesso sistema verde, nello stesso tempo<br />
Offerta turisticoricreativa<br />
e<br />
formativa-<br />
Tutela<br />
biodiversità<br />
Fissazione di<br />
Carbonio<br />
(permanente)<br />
Funzione<br />
assente<br />
Funzione<br />
assente<br />
Funzione<br />
assente<br />
*Fitodepurazione, regolazione ciclo dell’acqua, schermo visivo, riduzione rumori, …<br />
20<br />
Effetti economici<br />
Produzione di<br />
legname da<br />
industria ed<br />
Variazione<br />
valori<br />
immobiliari<br />
Effetti economici educativa<br />
energia<br />
Offerta turistico-<br />
- si si Trade off? Funzione<br />
ricreativa e<br />
formativa-educativa<br />
assente<br />
Tutela biodiversità - si Trade off? Funzione<br />
assente<br />
Fissazione di<br />
- Trade off? Funzione<br />
Carbonio<br />
assente<br />
Produzione di<br />
legname da industria<br />
ed energia<br />
Variazione valori<br />
immobiliari<br />
Produzioni agricole<br />
Occupazione diretta<br />
e indiretta<br />
Altri 1<br />
Funzione assente Funzione<br />
assente<br />
Tipologia forestale: ‘Impianti polispecifici su ex terreni agricoli di pianura’<br />
Funzione<br />
assente<br />
- Funzione<br />
assente<br />
Funzione assente Funzione<br />
assente<br />
Produzioni<br />
agricole<br />
Occupazione<br />
diretta e indiretta<br />
Altri +<br />
Trade off? si si<br />
Trade off? Trade off? si<br />
Trade off? Trade off? si<br />
Trade off? si Trade off?<br />
Funzione<br />
assente<br />
Funzione<br />
assente<br />
Funzione<br />
assente<br />
- si Trade off?<br />
- Trade off?<br />
-
Tuttavia, i valori funzionali singoli individuati nella Tabella 1.1, possono, per le<br />
loro caratteristiche, essere pienamente compatibili, o solo parzialmente<br />
compatibili, o incompatibili tra di loro per quella specifica tipologia di sistema<br />
verde, anche in funzione di caratteristiche ecologiche specifiche introdotte negli<br />
insediamenti e/o di scelte gestionali che si intendono realizzare. Pertanto, nella<br />
Tabella 1.2, vengono schematizzate, in forma matriciale, le possibili compatibilità<br />
(= sì) e incompatibilità (= trade off) tra valori funzionali, elencati sia sulle righe<br />
che sulle colonne, che sono attese prevalere con riferimento allo stesso tempo e<br />
stesso luogo sullo stesso sistema verde.<br />
La Tabella 1.2, essendo esemplificativa, è relativa solo alla tipologia di sistema<br />
verde definita ‘impianti polispecifici su ex terreni agricoli di pianura’ (prima<br />
riga/tipologia della Tabella 1.1). Per questa tipologia, si può ritenere ex ante, che,<br />
ad esempio, la funzione turistico-ricreativa (prima riga) sia compatibile ( = sì) con<br />
la protezione delle biodiversità, con la fissazione permanente di carbonio, con<br />
l’occupazione diretta e indiretta, e con ‘altre’ funzioni/benefici come la<br />
fitodepurazione. Si ritiene, invece, che sia potenzialmente incompatibile (= trade<br />
off) con la produzione di legno per industria ed energia e con le produzioni<br />
agricole. Tuttavia, su tali incompatibilità funzionali viene mantenuto un punto<br />
interrogativo. Infatti, anche se si può ritenere che, nello stesso tempo e stesso<br />
luogo, i valori turistico ricreativi non possano essere colti se nello stesso sistema<br />
verde si dà luogo ad utilizzazioni forestali per legno ed energia o coltivazioni<br />
agricole intensive (ad esempio nelle aree a bassa copertura forestale o nelle aree di<br />
interconnessione), non si può escludere che specifiche forme gestionali<br />
multifunzionali, ad esempio forme di selvicoltura naturalistica, possano rendere,<br />
almeno parzialmente compatibili tali funzioni tra di loro. La misura in cui i valori<br />
per la ricreazione e per il legno sono sommabili, nello stesso tempo e stesso luogo,<br />
può quindi dipendere in parte dalle scelte gestionali, ma queste ultime sono, a<br />
priori, moltissime, ed è quindi necessaria, per un’analisi ex ante, la<br />
semplificazione adottata nella tabella.<br />
Si noti inoltre che siamo interessati ai valori economici. Potrebbe verificarsi<br />
che coesistono diverse funzioni ma qualcuna di esse potrebbe essere totalmente<br />
trascurabile in termini economici perché, essendo non prioritaria nelle scelte<br />
gestionali, non raggiunge la scala minima di significatività, giustificando così<br />
l’idea di un trade off di tipo economico.<br />
Per alcune funzioni, la compatibilità o meno può dipendere anche da aspetti<br />
istituzionali. Ad esempio, l’incompatibilità tra produzione legnosa e fissazione<br />
permanente di carbonio dipende, in certa misura, dall’attuale approccio IPCC alla<br />
contabilizzazione di carbonio (vedi Cap 5) e diversi criteri potrebbero portare ad<br />
un risultato diverso. La stessa osservazione si applica alla presenza di forme di<br />
protezione e vincoli che limitano le scelte insediative e gestionali, o le forzano<br />
almeno in parte.<br />
Va inoltre notato che abbiamo assunto, per ragioni localizzative delle specifica<br />
tipologia considerata (‘terreni ex agricoli di pianura’), che la funzione di<br />
‘variazione dei valori immobiliari’ sia assente, ma, anche in questo caso, non si<br />
può escludere sempre a priori che la presenza di formazioni a verde incentivi<br />
21
insediamenti residenziali prima non esistenti, che possono avere valori ‘premianti’<br />
rispetto a quanto sarebbe stato in assenza del sistema verde.<br />
Infine, va ribadito che, sempre in via semplificativa, abbiamo guardato alle<br />
compatibilità funzionali nello tesso tempo e stesso luogo, ma è chiaro che, nella<br />
lunga vita del sistema verde, potrebbero esserci fasi in cui, nello steso<br />
insediamento ma in tempi diversi, si dà luogo a sfruttamento del legno, si<br />
valorizzano le funzioni ricreative, ecc. Ciò è semplicemente quanto avviene in<br />
situazioni realistiche in cui l’ecosistema e la gestione ‘coevolvono’ nel tempo.<br />
Tale possibilità di compatibilità nel tempo, e quindi di cattura di valori multipli in<br />
tempi diversi, ma anche di cambiamento nel tempo delle compatibilità e<br />
incompatibilità, può semplicemente essere rappresentata replicando lo schema di<br />
Tabella 1.2 per fasi diverse della vita del sistema verde, ovviamente nel caso che<br />
tali fasi siano ragionevolmente identificabili.<br />
È chiaro che la rappresentabilità ex ante di tutte le situazioni ecologiche e<br />
gestionali possibili per tutte le tipologie di sistemi verdi ritenute ‘finanziabili’ è<br />
estremamente complessa ed estesa. Tuttavia, le analisi ecologiche e ulteriori<br />
indicazioni sulle possibili forme specifiche e localizzazioni dei sistemi verdi<br />
possono restringere il campo di analisi e rendere operazionabile lo schema qui<br />
delineato. Quest’ultimo, combinato con le stime di valori economici emergenti<br />
dalla ricerca, può fornire la base per una valutazione complessiva ex ante dei<br />
valori economici, sociali e privati, attesi dal progetto dei 10.000 ha di sistemi<br />
verdi. Può inoltre, ancora più agevolmente, fornire la base per la valutazione dei<br />
valori e benefici economici ex post, cioè quelli di specifiche realizzazioni di<br />
sistemi verdi.<br />
1.4. Stime dei benefici attraverso gli scenari di cambiamento delle<br />
coperture e aumento degli indicatori ecologici<br />
1.4.1. Gli scenari di cambiamento delle coperture e gli indicatori ecologici<br />
Nel Cap. 2, sono state sviluppate delle simulazioni su due possibili scenari<br />
ipotetici di cambiamento delle coperture del suolo risultanti dalla realizzazione dei<br />
10.000 ha di sistemi verdi e i conseguenti cambiamenti degli indicatori ecologici.<br />
I cambiamenti simulati di utilizzo (copertura) del suolo, a partire da una<br />
matrice di copertura attuale di tipo ‘pianura agricola’, riguardano solo alcune delle<br />
tipologie di interventi finanziabili nell’ambito del progetto ‘10.000 ha’. I criteri di<br />
selezione sono esplicitati in dettaglio nel Cap. 2.<br />
In particolare, lo Scenario 1 comprende tre tipi di azioni:<br />
(a) fasce boscate lungo gli assi fluviali;<br />
(b) fasce boscate e a prato intorno alle cave;<br />
(c) siepi e filari in aree periurbane.<br />
22
Per ciascuna azione sono state computate le variazioni di copertura vegetale con<br />
riferimento al territorio lombardo rilevante per il ‘Progetto 10.000 ha’, e quindi<br />
con indicazioni realistiche, ancorché simulate, sulla localizzazione possibile degli<br />
interventi. Lo scenario comporta che circa 7.449 ha passano da coperture di<br />
seminativo semplice, filari arborei radi, risaie, ecc. ad una copertura composta da<br />
vegetazione arbustiva e arborea di ambiente ripariale (azione 1), 319 ha dalle<br />
attuali coperture passano a prati permanenti, altri 185 ha passano a vegetazione<br />
arbustiva e arborea di ambiente ripariale (azione 2), e 1.424 ha passano da<br />
seminativo semplice a seminativo con presenza di filari (azione 3).<br />
Lo Scenario 2 prevede un solo tipo di azione, quello dell’insediamento di siepi e<br />
filari in tutta la pianura agricola lombarda, prevalentemente a bordo campo, al<br />
posto di seminativi e risaie, per circa 9.381 ha. Anche tale simulazione di<br />
cambiamento delle coperture viene georeferenziata.<br />
Il passo successivo, consiste nella misurazione delle variazioni di ‘indicatori<br />
ecologici’ determinate da tali scenari di cambiamento delle coperture vegetali<br />
come ipotetico esito della realizzazione dei 10.000 ha di nuovi sistemi verdi.<br />
Gli indicatori considerati sono di tre tipi:<br />
(a) ‘naturalità’, e cioè presenza, estensione, e densità di elementi naturali;<br />
(b) ‘biodiversità’ del paesaggio;<br />
(c) ‘continuità’ ecologica, e cioè riduzione della frammentazione.<br />
Ciascun indicatore viene misurato, nelle aree di riferimento della pianura<br />
lombarda, allo stato attuale, e quindi dopo l’insediamento dei sistemi verdi in base<br />
agli scenari di cambiamento di copertura descritti. Si ottiene in tal modo il<br />
cambiamento dei valori ecologici nei due diversi scenari, articolato per specifici<br />
aspetti ecologici rappresentati dagli indicatori stessi.<br />
Questo procedimento, descritto in dettaglio nel Cap. 2, consente di avere due tipi<br />
di informazioni:<br />
(1) cambiamento ipotetico simulato delle coperture in ettari nei due scenari;<br />
(2) cambiamento di valori ecologici nei due scenari.<br />
Il procedimento è chiaramente applicabile ad altri scenari di interventi ed azioni<br />
del progetto 10.000 ha, ma è stato sviluppato numericamente solo per i due<br />
scenari descritti.<br />
1.4.2. Dai cambiamenti di copertura e valore ecologico ai benefici economici<br />
Il perseguimento dell’obbiettivo di valutare ex ante un insieme di benefici<br />
economici della realizzazione di 10.000 ha di sistemi verdi richiede che le<br />
23
variazioni simulate di copertura e valore ecologico (indicatori), come descritte<br />
sopra, siano tradotte in termini di variazioni di valore economico, e cioè in<br />
termini di possibile attivazione delle diverse forme di beneficio qui studiate<br />
(assorbimento di CO2, benefici turistico-ricreativi, estrazione di legno per<br />
industria ed energia, prodotti non legnosi del bosco, opportunità di reddito<br />
agricolo, cambiamento dei valori immobiliari, attivazione di lavoro per la<br />
realizzazione dei sistemi verdi, oppure ‘valore economico totale’).<br />
Ciò richiede un sistema di ‘transcodifica’ tra, da un lato, cambiamenti di<br />
copertura e cambiamenti degli indicatori ecologici, e, dall’altro, categorie di<br />
benefici economici considerati. Tale sistema non trova, per quanto noto, supporti<br />
in letteratura. Viene pertanto proposto nel seguito uno schema di riferimento per<br />
tale traduzione basato su considerazioni del Gruppo di ricerca. La Tabella 1.3<br />
sintetizza il sistema proposto. Sulla base di tale sistema, sarà possibile associare<br />
valori monetari ai due scenari di intervento sui 10.000 ha simulati nel Cap. 2.<br />
Il sistema prefigurato è molto semplificato e soggetto ad alcune assunzioni<br />
forti, che sono necessarie per la stima.<br />
L’assorbimento di CO2 viene assunto dipendere dal cambiamento di copertura<br />
verso formazioni arboree invece di coperture agricole e quindi essenzialmente<br />
dagli ettari convertiti in tali modalità nei due scenari.<br />
L’assorbimento di lavoro del progetto 10.000 ha di sistemi verdi viene fatto<br />
dipendere dalla variazione di copertura complessiva, che richiede interventi<br />
lavorativi, qualunque sia la tipologia di nuova copertura.<br />
I benefici turistico-ricreativi, vengono invece assunti dipendere essenzialmente<br />
dalla variazione degli indicatori ecologici delle nuove coperture ipotizzate nei due<br />
scenari, ritenendo che il miglioramento paesaggistico e di fruibilità ricreativa<br />
indotto da migliori indici ecologici sia essenziale per l’attrattività. Si ritiene<br />
inoltre che tali benefici siano più direttamente associabili ai miglioramenti in aree<br />
fluviali.<br />
Si assume inoltre che una maggiore estensione di formazioni boscate e<br />
maggiori densità e continuità delle stesse possano innalzare le potenzialità di<br />
estrazione di legname, così come di produzione di prodotti non legnosi. Anche in<br />
questo caso le aree fluviali sembrano quelle capaci di generare meglio tali<br />
miglioramenti potenziali.<br />
Anche per i possibili aumenti dei valori immobiliari si assume che il fattore<br />
decisivo nei due scenari sia la combinazione di maggiori estensioni di coperture<br />
arboree e di migliori indicatori ecologici.<br />
Gli incrementi di ‘valore economico totale’ rappresentano la somma di atri<br />
benefici e quindi dipendono dalla combinazione tra estensioni delle nuove<br />
coperture e migliori indici ecologici.<br />
Naturalmente molte specificazioni potrebbero arricchire lo schema. Ad<br />
esempio, la considerazione delle localizzazione degli interventi contemplati nei<br />
due scenari del Capitolo 2 potrebbe avere notevole rilievo per le modalità di<br />
assegnazione di valori economici. Ciò comporta tuttavia un dettaglio di analisi che<br />
va la di là degli obiettivi del presente studio.<br />
24
Tabella 1.3 - Sistema di relazioni tra benefici economici e variazioni di copertura e indicatori<br />
ecologici del Capitolo 2<br />
Tipi di benefici<br />
economici<br />
valutabili*<br />
Assorbimento di<br />
CO2<br />
Assorbimento di<br />
lavoro per i<br />
sistemi verdi<br />
Benefici turistico<br />
ricreativi<br />
Estrazione di<br />
legname per<br />
energia e<br />
industria<br />
Prodotti non<br />
legnosi<br />
Valore degli<br />
immobili<br />
‘Valore<br />
economico<br />
totale’<br />
Tipo di Δ copertura e<br />
indicatore ecologico<br />
rilevante (Scenari<br />
del Cap 2):<br />
Δ copertura arborea Beneficio dipende<br />
da cambiamento<br />
copertura da<br />
seminativo verso<br />
formazioni boschive<br />
Δ totale cambiamento<br />
copertura, circa<br />
10.000 ha<br />
Δ copertura arborea<br />
Δ indicatori ecologici<br />
Δ copertura arborea,<br />
aree fluviali;<br />
Δ indicatori ecologici,<br />
in particolare densità<br />
e continuità, aree<br />
fluviali<br />
Δ copertura e Δ<br />
indicatori ecologici, in<br />
particolare densità e<br />
varietà, in aree fluviali<br />
Δ copertura e Δ<br />
indicatori ecologici in<br />
fasce periurbane<br />
Δ copertura e Δ<br />
indicatori ecologici<br />
Giustificazione: Beneficio<br />
‘proporzionale’ a:<br />
Beneficio dipende<br />
da lavori di<br />
realizzazione dei<br />
sistemi verdi, tutte<br />
tipologie di nuova<br />
copertura<br />
Beneficio legato ad<br />
aumento qualità del<br />
paesaggio e<br />
ricchezza ecologica<br />
dei luoghi<br />
Potenziale di<br />
utilizzazione<br />
(biomassa per<br />
energia) può<br />
aumentare con Δ<br />
copertura arborea<br />
Potenziale di<br />
utilizzazione può<br />
aumentare con Δ di<br />
continuità e densità<br />
formazioni arboree<br />
La probabilità del<br />
beneficio aumenta<br />
con passaggio da<br />
seminativi a<br />
coperture arboree,<br />
e con ricchezza<br />
ecologica<br />
Beneficio connesso<br />
a Δ estensione e Δ<br />
indicatori ecologici<br />
per i sistemi<br />
collocati nelle aree<br />
periurbane<br />
Rappresenta una<br />
combinazione degli<br />
altri benefici<br />
specifici<br />
25<br />
Δ ettari copertura<br />
arborea<br />
Ettari di intervento<br />
(circa 10.000 ha)<br />
Δ copertura<br />
arborea<br />
Δ indicatori di<br />
densità, varietà,<br />
continuità, aree<br />
fluviali<br />
Δ ettari di copertura<br />
arborea, aree<br />
fluviali<br />
Δ indicatori di<br />
continuità e<br />
densità, aree<br />
fluviali<br />
Δ ettari di copertura<br />
arborea in aree<br />
fluviali<br />
Δ indicatori di<br />
densità e varietà in<br />
aree fluviali<br />
Δ ettari di copertura<br />
arborea in area<br />
periurbana<br />
Δ indicatori di<br />
densità e varietà in<br />
aree periurbane<br />
Δ ettari di copertura<br />
e Δ indicatori di<br />
densità, varietà,<br />
continuità su tutti i<br />
sistemi verdi<br />
Compatibilità con<br />
altri tipi di<br />
benefici/funzioni:<br />
Tutte le funzioni,<br />
escluso taglio del<br />
legno<br />
Tutte le funzioni<br />
Tutte le funzioni,<br />
escluso taglio del<br />
legno<br />
Escluse altre<br />
funzioni (ma si per<br />
assorbimento di<br />
lavoro)<br />
Tutte le funzioni,<br />
escluso taglio del<br />
legno<br />
Tutte le funzioni,<br />
escluso taglio del<br />
legno<br />
Alternativo al<br />
calcolo dei singoli<br />
benefici che lo<br />
compongono<br />
* Il ‘beneficio’ di ‘reddito per gli agricoltori’ non viene esplicitamente considerato poichè si ritiene sia parte<br />
delle distribuzione degli altri tipi di benefici considerati, in particolare quelli di assorbimento di lavoro,<br />
benefici turistico-ricreativi, estrazione di biomassa, prodotti non legnosi (vedi testo). Non viene inoltre<br />
considerata la potenziale perdita di redditi derivante dal cambiamento di copertura, che riguarda in gran parte<br />
una diminuzione di seminativi (vedi Cap. 2), poiché si assume che sia interamente compensata dalle politiche<br />
di realizzazione dei nuovi sistemi verdi.
1.4.3. Una stima dei benefici economici nei due scenari<br />
Lo sviluppo di una stima dei valori di benefici economici associati agli interventi<br />
descritti negli scenari del Capitolo 2, secondo lo schema della Tabella 1.3, sconta<br />
le difficoltà di correlare in termini numerici i valori di beneficio unitario<br />
selezionati nei altri capitoli di questo lavoro, generalmente valutati per ettaro o<br />
altre unità, agli indicatori ecologici, espressi in varie unità di misura. Infatti, nello<br />
schema delle Tabella 1.3, mentre alcuni benefici possono essere proporzionati alle<br />
variazioni di copertura in ettari, altri dipendono dalla variazione degli indicatori<br />
ecologici determinati da quelle stesse variazioni di copertura, che tuttavia non<br />
sono riconducibili ad ettari.<br />
La soluzione preliminare proposta è molto semplificata ed è la seguente: i valori<br />
economico-monetari stimati per alcuni benefici sono assunti essere i massimi<br />
raggiungibili in quello scenario dei Capitolo 2 che presenta la massima<br />
variazione positiva degli indicatori ecologici rilevanti. Tale scenario<br />
‘ecologicamente migliore’, per gli indicatori rilevanti, diviene quindi benchmark<br />
dell’altro. Di conseguenza, i valori dei benefici associati allo scenario peggiore<br />
sono proporzionali a quelli dello scenario migliore in relazione alla differenza<br />
degli indicatori ecologici tra i due scenari. Ad esempio, il beneficio economico<br />
ricreativo selezionato dalle stime esaminate nel relativo capitolo (e sintetizzato qui<br />
in precedenza) viene assunto come il massimo raggiungibile in quello scenario del<br />
Capitolo 2 che presenta i maggiori cambiamenti positivi degli indicatori ecologici,<br />
ad esempio lo scenario 1. Se la variazione degli indicatori ecologici dello scenario<br />
2, quello peggiore, è l’80% di quella dello scenario 1, il beneficio ricreativo<br />
(valore monetario) dello scenario 2 è l’80% di quello dello scenario 1. In tal<br />
modo, gli indicatori ecologici divengono dei ‘fattori correttivi’ di valori calcolati<br />
su ettari di intervento o altri parametri, che quindi controllano la piena<br />
realizzabilità o meno dei benefici economici potenziali.<br />
Un’altra assunzione semplificatrice adottata nella stima è che i benefici delle<br />
diverse categorie da noi considerate nella situazione di partenza, cioè per le<br />
coperture attuali del suolo, siano zero. Ciò è ovviamente irrealistico ma dipende<br />
dal fatto che sono scarsamente stimabili i benefici associati alle effettive coperture<br />
attuali, che sono per lo più di tipo agricolo (seminativi, risaie) o di vegetazione<br />
rada in aree golenali. Un affinamento futuro delle stime dovrà comunque tenere<br />
conto di tale aspetto, e rimuovere tale assunzione.<br />
Le stime sono presentate e riassunte nella Tabella 1.4. Tutti i valori sono su un<br />
trentennio, adottando valori non scontati (tasso di sconto zero).<br />
Per l’assorbimento di CO2, si assume che il valore sia proporzionale al numero<br />
di ettari di variazione delle copertura arborea nei due scenari. Dato il suo valore<br />
unitario di mercato stimato (€/ton), considerato l’assorbimento per ettaro (ton/ha),<br />
si stima quindi il valore nel trentennio.<br />
Per le giornate di lavoro, si considera semplicemente la stima già presentata di<br />
500.000 giorni di lavoro per la ‘costruzione’ e manutenzione dei sistemi verdi in<br />
un trentennio (250.000 gg nei primi 5 anni).<br />
26
Per i benefici turistico ricreativi, si adotta il numero di viste/anno ipotizzato in<br />
precedenza, ad un valore unitario di 3-10 €/visita, e lo si considera raggiungibile<br />
nello scenario del Cap. 2 in cui si ottengono i massimi miglioramenti degli<br />
indicatori ecologici; il valore associato all’altro scenario è considerato<br />
proporzionale a tale benchmark in base alla sua variazione degli indicatori<br />
ecologici. Si considerano rilevanti solo gli interventi in aree fluviali in entrambi<br />
gli scenari.<br />
Per i benefici derivanti dall’estrazione di biomassa, data la sua parziale<br />
compatibilità con altre funzioni (vedi testo), si assume che il valore ottenibile per<br />
ettaro in 30 anni (2.700€), si applichi a solo il 10% della variazione in ettari della<br />
copertura arborea emergente dai due scenari del Cap. 2. L’effetto della variazione<br />
degli indicatori favorevoli al potenziale di estrazione (densità, continuità), viene<br />
considerato assumendo che il valore precedente sia quello massimo associato allo<br />
Scenario migliore dei due, proporzionando quindi il valore per l’altro scenario in<br />
relazione ai suoi indicatori. Si considerano rilevanti solo gli interventi in aree<br />
fluviali nello Scenario 1, tutte le aree nello Scenario 2.<br />
Per i prodotti non legnosi, si assume un valore di 15 €/ha/anno come massimo,<br />
associato allo scenario migliore di variazione degli indicatori ecologici,<br />
proporzionando il valore associato all’altro scenario in base ai suoi indicatori. Si<br />
considerano rilevanti solo gli interventi in aree fluviali nello Scenario 1, tutte le<br />
aree nello Scenario 2.<br />
Per la variazione del valore degli immobili, si assume il range percentuale tra<br />
+19% e +45%, come emergente dalle analisi, e lo si considera, anche in questo<br />
caso, come quello massimo associato allo scenario con indicatori ecologici<br />
migliori, proporzionando quindi i valori dell’altro scenario in base ai suoi<br />
indicatori ecologici. Si considerano rilevanti solo gli interventi in aree periurbane.<br />
Per il ‘valore economico totale’, che riassume da solo alcuni dei singoli valori<br />
di cui sopra, si assumono a riferimento due dei valori stimati per l’Italia (254 e<br />
667 €/ha/anno), li si considerano per tutti gli ettari di intervento nei due scenari<br />
(aree urbane, fluviali, agricole), e si assume che sia il massimo valore<br />
raggiungibile nello scenario con le migliori variazioni degli indici ecologici,<br />
proporzionando il valore dell’altro scenario di conseguenza.<br />
27
28<br />
Tipi di benefici<br />
economici<br />
valutabili*<br />
Assorbimento di<br />
CO2<br />
Assorbimento di<br />
lavoro per i sistemi<br />
verdi<br />
Benefici turistico<br />
ricreativi<br />
Estrazione di<br />
legname per<br />
energia e industria<br />
Prodotti non<br />
legnosi<br />
Valore degli<br />
immobili<br />
‘Valore economico<br />
totale’<br />
Tabella 1.4 - Stima dei benefici economici per i due scenari di intervento del Capitolo 2, valori totali su 30 anni (non scontati)<br />
Valore unitario selezionato Parametro di riferimento** Valore<br />
parametro<br />
Scenario 1<br />
1.800 €/ha - 3.300 €/ha, in 30 anni<br />
(prezzo 12-22 €/ton, per 5<br />
ton/ha/a)<br />
500.000 gg lavoro su 10.000 ha,<br />
totale 30 anni<br />
1.510.987 visite per 3-10€/visita =<br />
4.532.961 € - 15.109.870 € per<br />
anno; valore massimo per scenario<br />
migliore Δ indicatori (benchmark)<br />
2.700 €/ha, in 30 anni, solo 10% Δ<br />
ettari di copertura arborea; valore<br />
massimo, per scenario migliore Δ<br />
indicatori (benchmark)<br />
15 €/ha/anno; valore massimo, per<br />
scenario migliore Δ indicatori<br />
(benchmark)<br />
Incremento del 19% - 45% del<br />
valore; una tantum; valore<br />
massimo, per scenario migliore Δ<br />
indicatori (benchmark)<br />
254 – 665 €/ha/anno; valore<br />
massimo, per scenario migliore Δ<br />
indicatori (benchmark)<br />
Valore<br />
monetario<br />
stimato (€, 30<br />
anni)<br />
Scenario 1<br />
Δ ettari copertura arborea 8.888,7 ha 15.999.660 –<br />
29.332.710<br />
Valore<br />
parametro<br />
Scenario 2<br />
Valore<br />
monetario<br />
stimato (€, 30<br />
anni)<br />
Scenario 2<br />
9.381,4 ha 16.886.520 –<br />
30.958.620<br />
Ettari di intervento 9.378 ha 468.900 gg 9.381,4 ha 469.070 gg<br />
Δ indicatori di densità, varietà,<br />
continuità, aree fluviali (solo<br />
indicatore LBI, media semplice<br />
5 fiumi)<br />
Δ ettari di copertura arborea<br />
(aree fluviali Scenario 1)<br />
Δ indicatori di continuità e<br />
densità, aree fluviali<br />
Δ ettari di copertura arborea<br />
(aree fluviali Scenario 1)<br />
Δ indicatori di densità e varietà<br />
in aree fluviali (solo indicatore<br />
di biopermeabilità)<br />
Δ indicatori di densità e varietà<br />
in aree periurbane<br />
Δ ettari di copertura e Δ<br />
indicatori di densità, varietà,<br />
continuità su tutti i sistemi verdi<br />
0,4994<br />
(scenario<br />
peggiore)<br />
7.449, 3 ha<br />
1 (benchamrk)<br />
7.449, 3 ha<br />
81,9%<br />
(scenario<br />
peggiore)<br />
67.912.822 –<br />
226.376.072<br />
2.011.311 9.381,4 ha<br />
0,75 (scenario<br />
peggiore9<br />
2.721.974 9.381,4 ha<br />
1 (benchmark)<br />
1 benchmark + 19% - +45% 0,975<br />
(scenario<br />
peggiore)<br />
9.378 ha<br />
0,63 (scenario<br />
peggiore)<br />
45.020.027 –<br />
117.868.393<br />
1 (benchmark) 135.988.830 –<br />
453.296.100<br />
9.381,4 ha<br />
1 (benchmark)<br />
1.899.733<br />
4.221.630<br />
+ 18,5% -<br />
+43,9%<br />
71.486.268 –<br />
187.158930<br />
* Il ‘beneficio’ di ‘reddito per gli agricoltori’ non viene esplicitamente considerato poichè si ritiene sia parte delle distribuzione degli altri tipi di benefici considerati, in particolare quelli<br />
assorbimento di lavoro, benefici turistico-ricreativi, estrazione di biomassa, prodotti non legnosi (vedi testo). Non viene inoltre considerata la potenziale perdita di redditi derivante dal<br />
cambiamento di copertura, che riguarda in gran parte una diminuzione di seminativi (vedi Cap. 2), poiché si assume che sia interamente compensata dalle politiche di realizzazione dei<br />
10.000 ha. ** Le aree fluviali comprendono le cave.
I risultati, necessariamente relativi agli scenari considerati nel Capitolo 2 e alle<br />
assunzioni adottate per tradurli in stime monetarie, suggeriscono che la creazione<br />
di 10.00 ha di sistemi verdi può avere significativi benefici economico-ambientali<br />
monetizzabili, che sono di tipo prevalentemente ‘pubblico’ ma anche privati, in<br />
particolare se monetizzabili dagli agricoltori.<br />
Le funzioni/benefici di assorbimento di CO2 sono quantificabili in un range tra<br />
circa 16 milioni di € (valore inferiore dello scenario peggiore) e 30.9 milioni di €<br />
(valore massimo dello scenario migliore) nel totale dei 30 anni considerati (circa<br />
0,5 –1 milione di €/anno). Naturalmente tale stima dipende molto dal prezzo di<br />
mercato della CO2 adottato nella stima.<br />
I benefici turistico-ricreativi rappresenterebbero valori elevati, compresi tra<br />
quasi 68 milioni di € (valore inferiore dello scenario peggiore) a circa 453 milioni<br />
di € (valore più alto dello scenario migliore) nel trentennio. Ciò corrisponde a<br />
circa 2,3 – 15 milioni di €/anno in media. La grande variabilità dipende<br />
naturalmente dalla scarsa prevedibilità di tale beneficio.<br />
Il potenziale valore economico di estrazione di biomassa energetica e<br />
industriale è qui stimato in modo estremamente prudenziale come valore del tutto<br />
collaterale, date le finalità dei sistemi verdi, e in considerazione di un suo<br />
potenziale conflitto con le finalità principali. I dati indicano quindi valori tra<br />
soltanto 1,8 e 2 milioni di € nel trentennio. Appropriate modalità gestionali<br />
possono probabilmente rendere tali valori maggiori senza riduzione degli altri<br />
valori ambientali.<br />
I prodotti non legnosi possono generare un valore compreso tra 2,7 e 4,2.<br />
milioni di € a seconda degli scenari nel corso del trentennio.<br />
Alcuni di questi valori monetari non presentano a priori incompatibilità<br />
funzionali tra di loro per ragioni ecologiche o di utilizzazione/gestione (vedi<br />
analisi precedenti), e possono quindi essere sommabili. La combinazione tra:<br />
(a) benefici di assorbimento di CO2;<br />
(b) benefici ricreativi;<br />
(c) produzione di prodotti non legnosi;<br />
(d) valori di produzione di biomassa (date le modalità ‘compatibili’ con cui<br />
sono stimati), potrebbero comportare valori compresi tra un minimo di<br />
88.5 milioni di € e un massimo di 490,6 milioni di € in un trentennio, per<br />
un valore intermedio di 289,5 milioni di €.<br />
La grande ampiezza del range dipende dai valori ricreativi, che dominano i valori<br />
totali e che dipendono molto da fenomeni poco prevedibili. Si tratta di cifre che,<br />
anche scontate al presente con adeguati tassi di sconto, possono rappresentare un<br />
buon ritorno dell’investimento previsto per la realizzazione dei 10.000 ha.<br />
Sarebbero quindi in grado, se effettivamente ‘monetizzabili’, di determinare un<br />
bilancio economico, in senso sociale, complessivamente positivo.<br />
Va tenuto presente che, se si applicano i valori stimati in Italia per il ‘valore<br />
economico totale’, che stima assieme i diversi valori funzionali anziché<br />
separatamente, si ottengono valori di beneficio complessivo minori, compresi tra<br />
45 e 187 milioni di € nel trentennio. Ciò suggerisce anche la notevole sensibilità<br />
29
dei valori complessivi ai metodi di valutazione, e alle assunzioni adottate nelle<br />
stime empiriche, soprattutto quando si deve operare ‘trasferimento di stime’<br />
realizzate in altri tempi e luoghi.<br />
A tali valori, vanno aggiunti altri benefici in termini di giornate di lavoro per<br />
gli impianti dei sistemi verdi, circa 470.000 giorni di lavoro/uomo, gli effetti sui<br />
valori degli immobili in aree perturbane, cifrabili in un incremento compreso tra il<br />
18,5% e il 45% del valore in assenza di sistemi verdi.<br />
Va ribadito che si tratta di stime sperimentali, soggette ad assunzioni e relative<br />
a soli due scenari di cambiamento delle coperture indotte dai ‘nuovi sistemi<br />
verdi’. Altri scenari di intervento, diversi da quelli ipotizzati nel Capitolo 2, sono<br />
altresì simulabili. In tal caso, si avrebbero, a seconda degli indicatori ecologici<br />
emergenti in tali scenari, possibili benchamrk diversi da quelli adottati nella<br />
tabella 1.4, con diverse stime di valore economico-monetario.<br />
30
Capitolo 2<br />
Indicatori ecologici per la valutazione dei benefici connessi<br />
alla realizzazione di 10.000 ha di sistemi verdi<br />
2.1. Introduzione<br />
Il programma per i nuovi sistemi verdi non può prescindere dall’individuazione e<br />
dallo sviluppo di indicatori ecologici, essenziali per la valutazione dei benefici<br />
ambientali che derivano dalla loro realizzazione.<br />
Con questo capitolo ci si pongono quindi i seguenti obiettivi:<br />
a) L’individuazione degli indicatori ecologici appropriati per accompagnare la<br />
realizzazione del programma 10.000 ha di nuovi sistemi verdi<br />
multifunzionali (D.G.R. 20 dicembre 2006, n. 8/3839);<br />
b) Lo sviluppo di tali indicatori ecologici in alcune aree di riferimento del<br />
paesaggio lombardo (sistemi territoriali);<br />
c) La costruzione di scenari utili ad esemplificare i benefici ambientali, a<br />
seconda delle diverse azioni che possono essere considerate dal soggetto<br />
realizzatore;<br />
d) La valutazione dei benefici ecologici e delle prestazioni ecologiche ottenute<br />
nei diversi scenari e misurate attraverso gli indicatori selezionati.<br />
Evidentemente lo strumento dell’indicatore ha qui il solo scopo di orientare il<br />
decisore e mostrargli i vantaggi e le opportunità che conseguono ad alcune azioni<br />
riguardanti la realizzazione di nuovi sistemi verdi. Questo è un passaggio<br />
importante al fine di garantire il più possibile che, ad una certa azione (qui di<br />
rinaturazione), corrisponda un effettivo beneficio misurabile e che tale<br />
misurazione anticipi la decisione e aiuti il decisore a scegliere tra diverse azioni<br />
all’interno di un quadro strategico più ampio.<br />
In questa fase verranno proposti due possibili scenari. Ognuno dei due<br />
rappresenta una possibile configurazione della realizzazione dei 10000 ettari di<br />
sistemi verdi. Quindi ogni scenario condensa in sé una serie di decisioni<br />
ambientali che, insieme, producono un risultato finale misurabile in termini<br />
ecologici. Ogni scenario sarà quindi caratterizzato dai valori numerici degli
indicatori ecologici scelti per misurare proprio la prestazione di un certo<br />
framework decisionale.<br />
2.2. Metodologia<br />
La metodologia utilizzata si è avvalsa di un momento iniziale di<br />
concettualizzazione articolato nelle seguenti fasi:<br />
a) individuazione dei sistemi verdi concorrenti alla realizzazione dei 10000<br />
ettari;<br />
b) individuazione dei sistemi territoriali di riferimento (che a loro volta sono<br />
sede dei sistemi verdi);<br />
c) declinazione dei sistemi verdi a seconda dei diversi sistemi territoriali;<br />
d) definizione dei principali obiettivi ecologici raggiungibili mediante la<br />
realizzazione dei sistemi verdi;<br />
e) scelta di alcuni indicatori ecologici adatti a descrivere gli obiettivi ecologici<br />
specifici dei di versi sistemi territoriali.<br />
2.2.1. Individuazione dei sistemi verdi<br />
I sistemi verdi elementari considerati ai fini del presente lavoro sono stati<br />
individuati tra quelli indicati nella d.g.r. 20/12/2006, n. 8/3839:<br />
- Bosco;<br />
- Aree in evoluzione;<br />
- Arbusteti e prati arbustati;<br />
- Strutture a rete (siepi, filari);<br />
- Fasce boscate riparali;<br />
- Fasce tampone;<br />
- Zone umide.<br />
Dei sistemi verdi indicati dalla d.g.r. 8/3839 non sono stati considerati quelli<br />
corrispondenti a tipologie di intervento.<br />
2.2.2. Individuazione dei sistemi territoriali di riferimento<br />
I sistemi territoriali qui considerati sono stati individuati dalla semplificazione dei<br />
sistemi di riferimento così come indicati dalla d.g.r. 8/3839 del 20 dicembre<br />
32
2006 2 . Essi sono:<br />
- Pianura agricola;<br />
- Valli fluvial;<br />
- Fondovalli montani;<br />
- Aree perturbane;<br />
Tra questi sistemi territoriali ci sono delle relazioni concettuali e sistemiche che<br />
occorre provare ad evidenziare per semplificare le fasi successive del lavoro. Ad<br />
esempio, di questi sistemi territoriali, la pianura agricola assume una rilevanza<br />
particolare al punto che è possibile ammettere che a tale sistema possano essere<br />
ricondotti anche tutti gli altri. In particolare è possibile assumere, in via<br />
semplificativa, che i fondovalle montani costituiscano una specializzazione<br />
ambientale della pianura agricola, che le valli fluviali siano un sistema-nelsistema<br />
in quanto presenti in pianura agricola (e nei fondovalle montani).<br />
Infine le aree periurbane possono essere considerate come l’interfaccia tra la<br />
pianura agricola e le aree prettamente urbanizzate. Hanno quindi i caratteri<br />
dell’una e dell’altra. Occorre considerare che nell’ecoregione padana la<br />
dimensione urbana è assai diffusa e gli insediamenti si densificano via via che ci<br />
si avvicina alla città consolidata. Quindi è possibile immaginare che le aree<br />
intorno alla città appartengano ad una particolare area agricola ad alta<br />
urbanizzazione che possiamo chiamare area periurbana.<br />
Tali ipotesi di base consentono di concentrare gli sforzi di valutazione degli effetti<br />
ecologici dei 10000 ha di sistemi verdi a partire dal sistema territoriale dominante,<br />
la pianura agricola, per poi indagare delle possibili sue specializzazioni (o<br />
sottoinsiemi) che saranno l’area periurbana, la valle fluviale, etc. La pianura<br />
agricola assume così il ruolo di matrice di riferimento (fig. 2.1).<br />
Figura 2.1 - Le relazioni tra sistemi territoriali<br />
Valli/ corridoi fluviali<br />
Pianura agricola<br />
(Matrice)<br />
Fonte: elaborazione <strong>IReR</strong><br />
33<br />
Area periurbana<br />
2 Pag. 9 dell’allegato alla d.g.r. 3839 del 20 dicembre 2006<br />
Fondovalle montano
2.2.3. Declinazione dei sistemi verdi in funzione dei diversi sistemi territoriali<br />
Per poter giungere a definire degli obiettivi ecologici, occorre circoscrivere il più<br />
possibile le opportune corrispondenze tra sistemi verdi e sistemi territoriali. In<br />
sintesi, occorre provare a considerare quali sistemi verdi possono essere ritenuti<br />
più coerenti e compatibili con le caratteristiche di naturalità e paesistiche di ogni<br />
sistema territoriale. Esprimendo il concetto sotto forma di domanda, si potrebbe<br />
dire: quale sistema verde per ogni sistema territoriale?<br />
Sicuramente tale domanda rischia di far riferimento ad un eccesso di<br />
razionalizzazione del problema che, però, qui è funzionale al raggiungimento di<br />
maggior chiarezza nella rappresentazione delle relazioni tra possibili azioni di<br />
rinaturazione e relativi sistemi territoriali. Ciò influisce anche (e forse soprattutto)<br />
nella definizione degli obiettivi ecologici da raggiungere e negli indicatori<br />
ecologici da selezionare per monitorarne i benefici.<br />
Per esemplificare, ci si aspetta che lungo le sponde di un fiume (ovvero in una<br />
parte nevralgica del sistema ‘valle fluviale’) si realizzino prioritariamente boschi,<br />
fasce boscate, fasce tampone al fine di consolidare se non addirittura rigenerare<br />
una certa continuità ecologica che era presente nel passato in questo tipo di<br />
ecotopo. In aperta campagna, laddove la produzione agricola ha un ruolo ancora<br />
dominante, i sistemi verdi prevalenti che potrebbero essere più utilizzati, in<br />
coerenza con il paesaggio rurale, sono la siepe, il filare e la fascia tampone. Con<br />
tali sistemi ci si aspetta di ottenere un beneficio ecologico in termini di aumento<br />
della connettività diffusa e anche di aumento di biodiversità, senza sostituire<br />
completamente il sistema della produzione agricola, ma solo re-introducendo una<br />
dimensione ecologica compatibile e che era presente nel paesaggio di pianura<br />
qualche decennio addietro, prima dell’affermazione dell’agricoltura ‘industriale’.<br />
Nella figura fig. 2.2 è riportata una matrice esemplificativa delle relazioni<br />
possibili tra sistemi territoriali e sistemi verdi. Con il numero ‘1’ viene indicata<br />
una relazione prioritaria rispetto a quella contrassegnata con il numero ‘2’.<br />
Figura 2.2 – Le relazioni tra sistemi territoriali e sistemi verdi<br />
Pianura agricola<br />
Valli/ Corridoi fluviali<br />
Aree periurbane<br />
Fondovalli alpini<br />
boschi<br />
2<br />
aree in<br />
evoluzione<br />
1 1 1 1 2<br />
34<br />
arbusteti +<br />
prati (arb.)<br />
strutture a<br />
rete (siepi…)<br />
fasce<br />
tampone<br />
fasce<br />
boscate<br />
1 2 1-2 2 2 1<br />
[…]<br />
[…]<br />
Fonte: elaborazione <strong>IReR</strong><br />
zone umide<br />
1-2<br />
1-2<br />
[…]
2.2.4. Definizione dei principali obiettivi ecologici raggiungibili mediante i<br />
sistemi verdi<br />
Individuate le relazioni principali tra sistemi verdi e sistemi territoriali è possibile<br />
declinare meglio gli obiettivi ecologici fondamentali che è possibile raggiungere e<br />
che sono considerati irrinunciabili da una serie di atti nazionali e internazionali e<br />
prioritari nel riferimento territoriale lombardo (e.g. Action Plan for Biodiversity,<br />
European Landscape Convention, Direttiva Habitat, etc.)<br />
Fondamentalmente sono stati considerati tre obiettivi ecologici generali:<br />
a) l’aumento della biodiversità del paesaggio, qui intesa quindi come<br />
biodiversità ecopaesistica, contrastando la tendenza alla semplificazione e<br />
all’omologazione paesistica, partendo dalla reintroduzione di quelle<br />
componenti verdi che più favoriscono la biodiversità specifica;<br />
b) l’aumento della presenza, densità ed estensione di elementi naturali nel<br />
paesaggio che nel tempo si è impoverito (aumento di naturalità);<br />
c) l’aumento della continuità ecologica nel paesaggio, ovvero la riduzione<br />
della frammentazione. Si tratta di un’importante proprietà perché un<br />
territorio con elevata connettività favorisce, attraverso la facilitazione dei<br />
flussi biologici, la diffusione di biodiversità al suo interno (Taylor et al.,<br />
1993).<br />
Tali obiettivi sono, pur con modalità differenziate, raggiungibili nei diversi<br />
sistemi territoriali attraverso la realizzazione di sistemi verdi (fig. 2.3). Perché ciò<br />
avvenga è tuttavia necessario un disegno ecopaesistico generale che abbracci tali<br />
azioni, evitando la dispersione di iniziative ecologiche e quindi la perdita di<br />
vantaggi durevoli.<br />
Figura 2.3 – I sistemi verdi concorrono al raggiungimento degli obiettivi ecologici generali<br />
Sistemi elementari individuati a partire da d.g.r. 20/ 12/ 2006, n. 8/ 3839 utili<br />
a realizzare Pileri P. anche e Maggi interventi M. – DIAP_PoliMi più complessi - 5 ottobre proposti 2007, Milano da stesso d.g.r.<br />
Fonte: elaborazione <strong>IReR</strong>.<br />
35<br />
I sistemi verdi<br />
disponibili<br />
9<br />
siepe<br />
albero sparso<br />
bosco<br />
area umida<br />
fascia tampone<br />
Obiettivi specifici. In ogni sistema territoriale il ruolo assunto (in senso di<br />
prevalenza) dal singolo e dall’insieme dei sistemi verdi compatibili, prefigura la<br />
declinazione dei tre obiettivi generali in una serie di obiettivi specifici (fig. 2.4).
La necessità di definire degli obiettivi specifici si spiega anche con la necessità<br />
di individuare gli indicatori ecologici più pertinenti.<br />
Azioni. L’ultimo passaggio logico consiste nel far corrispondere ad ogni obiettivo<br />
specifico una possibile azione, ovvero la realizzazione di opportuni sistemi verdi.<br />
Ad esempio, nel caso del sistema territoriale ‘pianura agricola’ l’obiettivo<br />
specifico ‘aumento del mix di coperture ad alto potenziale di biodiversità’ può<br />
essere conseguito attraverso la realizzazione di siepi e filari in aree a seminativo<br />
di tutta la pianura agricola. Le azioni sono descritte nel paragrafo 2.2.<br />
Figura 2.4 – Indicazione di alcuni possibili obiettivi specifici, coerenti con gli obiettivi<br />
generali (in blu), relativi ai diversi sistemi territoriali<br />
Pianura agricola<br />
Valli/ Corridoi fluviali<br />
Aree periurbane<br />
Fondovalli alpini<br />
naturalità biodiversità continuità<br />
[…]<br />
Ispessimento<br />
fascia boscata<br />
riparia<br />
[…]<br />
Aumento aree di<br />
pausa prative<br />
36<br />
Aumento mix coperture<br />
ad alto potenziale di<br />
biodiversità<br />
[…]<br />
[…]<br />
[…]<br />
Fonte: elaborazione <strong>IReR</strong><br />
Aumento<br />
connettività<br />
diffusa<br />
Diminuzione<br />
discontinuità<br />
ripariali<br />
Aumento<br />
connettività<br />
diffusa<br />
Aumento fasce<br />
boscate<br />
trasversali<br />
2.2.5. Scelta di alcuni indicatori per descrivere gli obiettivi ecologici specifici dei<br />
diversi sistemi territoriali<br />
Dopo aver definito gli obiettivi specifici, è possibile scegliere degli indicatori utili<br />
al monitoraggio del conseguimento di tali obiettivi.<br />
La selezione degli indicatori viene fatta tenendo conto di alcuni criteri chiave:<br />
- la base dati che serve per il calcolo degli indicatori è di tipo geografico e si<br />
basa, perciò, sulle coperture del suolo;<br />
- la scala territoriale alla quale devono riferirsi gli obiettivi specifici è la<br />
scala vasta;<br />
- gli indicatori devono essere sufficientemente referenziati (vd. ‘Landscape<br />
metrics’ e ‘Landscape ecology’);<br />
- la semplicità, in quanto gli indicatori si devono rivolgere ad un pubblico di<br />
soggetti molto vario e diversificato che deve comprenderne il significato<br />
interpretativo senza resistenze e specializzazioni culturali;<br />
- la pertinenza con le politiche ambientali attuabili a livello locale: gli<br />
indicatori devono poter dare riscontro della misura del successo della<br />
singola decisione/politica considerata.
Il sistema territoriale ‘pianura agricola’. Tenendo conto di tali condizioni si è<br />
quindi giunti a considerare una serie di indicatori partendo dal sistema territoriale<br />
‘pianura agricola’ che, come detto sopra, è il sistema di riferimento principale. In<br />
figura 2.5 sono rappresentati gli indicatori ecologici selezionati per l’obiettivo<br />
generale ‘biodiversità ecopaesistica’, a sua volta declinato in tre obiettivi<br />
specifici:<br />
a) aumento del mix di coperture ad alto potenziale di biodiversità;<br />
b) aumento del numero di sistemi verdi;<br />
c) diminuzione della dominanza di alcuni sistemi verdi.<br />
Gli ultimi due obiettivi, insieme, consentono di valutare la diversità paesaggistica.<br />
Figura 2.5 – Gli indicatori ecologici selezionati per l’obiettivo generale ‘aumento della<br />
biodiversità ecopaesistica’ (a sua volta declinato in tre obiettivi specifici) nel caso del sistema<br />
territoriale ‘pianura agricola’<br />
Pianura agricola:<br />
Aumento della biodiversità ecopaesistica<br />
Aumento mix di coperture ad alto potenziale di biodiversità:<br />
↑ Landscape Biodiversity Index (Pileri e Sartori 2004): LBI<br />
Aumento no. di sistemi verdi :<br />
↑ Patch richness (McGarrigal and Marks 1995): PR ≥ 1<br />
Diminuzione dominanza di alcuni sistemi verdi:<br />
↓ Dominance (O’Neill et al. 1988 ): 0 ≤ D ≤ 1<br />
Fonte: elaborazione <strong>IReR</strong><br />
37<br />
Diversità<br />
paesaggistica<br />
Per ciascuno dei tre obiettivi specifici è stato individuato un indicatore,<br />
rispettivamente:<br />
1) LBI (Landscape Biodiversity Index) (Pileri e Sartori, 2005). Questo<br />
indicatore ‘misura’ il valore di biodiversità, o meglio di attitudine alla<br />
biodiversità, di un certo territorio, sulla base dei tipi di uso/copertura del<br />
suolo presenti in quel territorio. Esso può assumere valori tra 0 a 1:<br />
maggiore è il valore di LBI relativo ad una data configurazione di<br />
usi/coperture del suolo, maggiore è la biodiversità potenziale associata a<br />
quell’area. Il valore dell’indicatore viene calcolato per celle quadrate (nel<br />
presente caso di 300x300 m) secondo la seguente formula:<br />
LBI = (∑ pi * Ai) / pmax*Acella<br />
dove:<br />
pi = peso assegnato alla i-esima copertura. Il valore del peso (variabile<br />
tra 5 e 20) tiene conto di 5 parametri della copertura analizzata:<br />
struttura verticale, orizzontale, temporale, composizione floristica e
stato dinamico. Tali caratteristiche dei soprassuoli vegetati<br />
risultano essere rilevanti nel determinare sia il livello di diversità<br />
biologica di un’area, sia le condizioni perché questa si conservi nel<br />
tempo.<br />
Ai = area della copertura i-esima nella cella quadrata considerata<br />
pmax= valore massimo dei pesi (i.e. 20)<br />
Acella= area totale della cella (nel caso specifico 300x300 m = 9 ha)<br />
Il prodotto a denomitaore serve a riscalare il valore di LBI tra 0 e 1.<br />
2) Patch 3 richness (numero di patches) (McGarrigal and Marks 1995).<br />
Questo indicatore misura il numero di patches presenti sul territorio. Esso<br />
va letto congiuntamente ad un altro indicatore (dominance) qui di seguito<br />
descritto.<br />
3) Dominance (O’Neill et al. 1988). Tale indicatore esprime la prevalenza di<br />
una tipologia di copertura del suolo rispetto alle altre, nella medesima<br />
unità territoriale di analisi. Esso può assumere valori tra 0 e 1:<br />
all’aumentare della dominance il paesaggio è dominato da un sempre<br />
minor numero di tipi di copertura del suolo, mentre al diminuire di tale<br />
indicatore la distribuzione tende ad essere più equilibrata fra molti tipi.<br />
La dominance viene calcolata in base alla seguente formula:<br />
dove:<br />
D =( ln s + ∑pilnpi)/lns<br />
s = numero di coperture presenti nell’area analizzata<br />
pi = proporzione della copertura i-esima nell’area analizzata<br />
Per ottenere un risultato efficace, ovvero un’elevata diversità paesaggistica,<br />
occorre che all’aumentare della patch richness corrisponda una diminuzione della<br />
dominance.<br />
In figura 2.6 sono rappresentati gli indicatori ecologici selezionati per l’obiettivo<br />
generale ‘aumento della naturalità’, a sua volta declinato in due obiettivi specifici:<br />
a) aumento del mix di coperture a valore naturale;<br />
b) aumento della superficie dei singoli sistemi verdi.<br />
3 Patch è qui da intendersi come tessera o unità elementare del paesaggio.<br />
38
Figura 2.6 – Gli indicatori ecologici selezionati per l’obiettivo generale ‘aumento della<br />
naturalità’ (a sua volta declinato in due obiettivi specifici) nel caso del sistema territoriale<br />
‘pianura agricola’<br />
Pianura agricola:<br />
Aumento della naturalità<br />
Aumento superficie del mix di coperture a valore naturale:<br />
↑ Coefficiente di biopermeabilità (Romano, Paolinelli 2007): C bpm (%)<br />
Aumento superficie dei singoli sistemi verdi:<br />
↑ coefficiente di boscosità: C b (%)<br />
↑ Coefficiente di copertura naturale C n (%)<br />
Fonte: eaborazione propria.<br />
Per il primo obiettivo specifico è stato proposto il coefficiente di biopermeabilità,<br />
proposto da Romano e Paolinelli (2007). Tale indicatore misura l’incidenza<br />
percentuale, sulla superficie di riferimento, delle superfici biopermeabili, ovvero<br />
delle superfici non interessate da fenomeni di urbanizzazione o di consumo<br />
produttivo intensivo del suolo 4 .<br />
Il coefficiente di biopermeabilità risulta dalla sommatoria di tre indicatori: il<br />
‘Coefficiente di boscosità’, il ‘Coefficiente di copertura naturale’, il ‘Coefficiente<br />
di ruralità estensiva seminaturale’. I primi due indicatori contribuiscono<br />
singolarmente anche al monitoraggio del secondo obiettivo specifico (fig. 2.6).<br />
Il ‘Coefficiente di boscosità’ è dato dal rapporto tra le superfici boscate (classi B<br />
DUSAF)e la superficie totale analizzata. Il bosco è tra gli ecosistemi più importanti<br />
nella regione ecologica considerata e pertanto a valori numerici elevati di questo<br />
indicatore, corrispondono migliori prestazioni ecologiche del sistema ‘pianura<br />
agricola’.<br />
Il ‘Coefficiente di copertura naturale’ (classi N DUSAF) è dato dal rapporto tra le<br />
coperture vegetate e la superficie totale analizzata.<br />
4 La fonte dati delle coperture del suolo è, per questa sperimentazione, il supporto geografico<br />
DUSAF. Esso viene descritto più ampiamente nel paragrafo 2.2. Riferendosi alla legenda utilizzata<br />
in tale geodatabase, sono state qui considerate come superfici biopermeabili (quindi a numeratore<br />
nell’algoritmo dell’indice) le seguenti coperture del suolo:<br />
S1a seminativo semplice con presenza diffusa di filari arborei<br />
S1c seminativo semplice con presenza rada di filari arborei<br />
S2 Seminativo arborato<br />
L1-5 Frutteti e frutteti minori, Vigneti, Oliveti, Castagneti da frutto<br />
L7-8 Pioppeti, Altre legnose agrarie<br />
P Prati<br />
B Boschi<br />
N Vegetazione naturale<br />
39
Il ‘Coefficiente di ruralità estensiva seminaturale’ è dato dal rapporto tra le<br />
superfici con coperture agricole (classi DUSAF: S1a, S1c, S2, L1-5, L7-8, P)<br />
caratterizzate da una propria dotazione ecologica e la superficie totale analizzata.<br />
Anche per questi due ultimi indici si può dire che a valori numerici elevati<br />
corrispondono migliori prestazioni ecologiche del sistema ‘pianura agricola’.<br />
È da notare come nel calcolo del coefficiente di biopermeabilità non siano<br />
conteggiate le aree agricole ad uso intensivo (classe DUSAF S1).<br />
Va precisato inoltre che gli indicatori individuati per gli obiettivi generali<br />
‘aumento della biodiversità ecopaesistica’ e ‘aumento della naturalità’, possono<br />
essere applicati anche ai sistemi territoriali ‘fondovalli montani’, ‘aree<br />
periurbane’, nonché ‘valli fluviali’ come qui di seguito descritto per alcuni di<br />
questi.<br />
Il sistema territoriale ‘valli fluviali’. Le valli o i corridoi fluviali sono<br />
identificabili come un sottoinsieme particolare della pianura agricola. Pertanto a<br />
questo sistema territoriale vengono applicati gli indicatori ecologici già selezionati<br />
per il sistema territoriale ‘pianura agricola’ con l’aggiunta importante di un altro<br />
tema ambientale: la continuità ecologica.<br />
Aumentare e garantire la continuità longitudinale lungo un fiume attraverso la<br />
ricomposizione delle fasce boscate ripariali diviene un obiettivo specifico per tale<br />
sistema territoriale, realizzabile con i sistemi verdi (fig. 2.7).<br />
Figura 2.7 – Gli indicatori ecologici selezionati per l’obiettivo generale ‘aumento della continuità’ nel<br />
caso del sistema territoriale ‘valli fluviali’<br />
Valli fluviali:<br />
Aumento della continuità<br />
Aumento continuità sugli assi esistenti:<br />
↓ Discontinuità ripariali: Dr ≥ 0 (n e m/ ha e m.)<br />
Per questo obiettivo specifico è stato individuato l’indice di discontinuità ripariale<br />
(Forman e Godron 1986). Esso è calcolato misurando il numero e la lunghezza<br />
delle discontinuità esistenti lungo le sponde dei fiumi. Con discontinuità qui si<br />
intende la presenza di coperture del suolo che non siano di tipo boscato (classi B<br />
DUSAF) o di vegetazione naturale (classe N DUSAF) (Fig. 2.8).<br />
Al diminuire del numero delle discontinuità corrisponde un aumento della<br />
connettività longitudinale<br />
40
Figura 2.8 – Diverse tipologie di discontinuità della vegetazione ripariale<br />
Fonte: APAT, 2002<br />
Tutti gli indicatori sono in seguito calcolati e discussi per diversi ambiti<br />
territoriali, ovvero:<br />
a) l’intera pianura agricola;<br />
b) le aree periurbane (i.e. prima cerchia di comuni dei capoluoghi);<br />
c) alcune valli fluviali (Adda, Serio, Oglio, Mincio e Lambro).<br />
Si è deciso inoltre di effettuare un’analisi anche per province al fine di mostrare<br />
come le analisi possano ricomporsi su altre unità territoriali come ad esempio<br />
quelle amministrative.<br />
2.3. La valutazione ecologica degli scenari ambientali<br />
Dopo aver concettualizzato e definito contesti, strumenti ed obiettivi, è possibile<br />
lavorare alla costruzione di alcuni scenari. Questi rappresentano i risultati<br />
raggiungibili applicando una serie di azioni, ciascuna corrispondente alla<br />
realizzazione di sistemi verdi.<br />
41
L’approccio seguito è di tipo ‘simulativo’, ovvero si è immaginato di poter<br />
disporre di una quantità di tipologie di sistemi verdi o ‘interventi verdi’ da<br />
realizzare, per ottenere un certo risultato ecologico-ambientale misurabile in un<br />
determinato sistema territoriale di riferimento.<br />
2.3.1. Coperture del suolo e realizzazione di sistemi verdi<br />
La simulazione degli scenari e la valutazione dei conseguenti benefici ambientali<br />
sono state realizzate mediante la base geografica DUSAF (Destinazione d’Uso dei<br />
Suoli Agricoli e Forestali) della regione Lombardia. Tale base dati è costituita da<br />
una carta di tipo vettoriale (scala 1:10,000) derivata per fotointerpretazione delle<br />
ortofoto IT2000, e in essa ad ogni poligono è assegnata una sigla. Questa<br />
corrisponde ad una macro tipologia di uso del suolo (S = seminativo, L = legnose<br />
agrarie, P = prati, B = boschi, N = vegetazione naturale, R = aree sterili, A = aree<br />
idriche, U = aree urbanizzate) la quale a sua volta può essere declinata in diverse<br />
sottoclassi, indicate tramite una numerazione, in cui si dettagliano e si specificano<br />
le singole tipologie (e.g. S1 = seminativo semplice, S1a = seminativo semplice<br />
con presenza diffusa di filari, S2 = seminativo erborato, etc). In Tabella 2.1 si<br />
riporta la legenda della base dati DUSAF<br />
42
S1 - Seminativo semplice<br />
Tabella 2.1 – Legenda della base dati DUSAF<br />
SEMINATIVI<br />
S2 - Seminativo erborato<br />
S3 - Colture ortoflorovivaistiche a pieno campo<br />
S4 - Colture ortoflorovivaistiche protette<br />
S6 - Orti familiari non in ambito urbano<br />
S7 – Risaie<br />
LEGNOSE AGRARIE<br />
L1 - Frutteti e frutti minori<br />
L2 – Vigneti<br />
L3 – Oliveti<br />
L5 - Castagneti da frutto<br />
L7 – Pioppeti<br />
L8 - Altre legnose agrarie<br />
PRATI<br />
P1 - Marcite<br />
P2 - Prati permanenti di pianura<br />
P4 - Prati e pascoli<br />
BOSCHI<br />
B1 - Boschi di latifoglie<br />
B4 - Boschi di conifere<br />
B5 - Boschi misti di conifere e di latifoglie<br />
B7 - Rimboschimenti recenti<br />
VEGETAZIONE NATURALE<br />
N1/N2-Vegetazione palustre e delle torbiere<br />
N3/N4 -Vegetazione rupestre e dei detriti<br />
N5 - Vegetazione dei greti<br />
N8 - Vegetazione arbustiva e cespuglieti<br />
AREE STERILI<br />
R1 - Accumuli detritici e affioramenti litoidi privi di vegetazione<br />
R2 - Aree estrattive<br />
R3 – Discariche<br />
R4 - Ambiti degradati soggetti ad usi diversi<br />
R5 - Aree sabbiose, ghiaiose e spiagge<br />
AREE IDRICHE<br />
A1 – Ghiacciai e Nevai<br />
A2 - Laghi, bacini, specchi d’acqua<br />
A3 - Alvei fluviali e corsi d’acqua artificiali<br />
AREE URBANIZZATE<br />
U - Aree urbanizzate ed infrastrutture<br />
Fonte: DUSAF 2002<br />
43
Dal punto di vista tecnico, la costruzione degli scenari avviene simulando la<br />
realizzazione di una o più tipologie di sistemi verdi (azioni). Queste<br />
corrispondono ad un cambiamento della sigla assegnata ad un certo poligono e<br />
quindi della relativa tipologia di copertura del suolo. Ad esempio se viene<br />
impiantato un bosco su un’area agricola, il risultato tecnico corrispondente è una<br />
sostituzione di attributo di un determinato poligono, da ‘seminativo’ (S) a ‘bosco’<br />
(B). La realizzazione di un’ipotetica superficie a bosco corrisponde quindi ad una<br />
sostituzione di coperture del suolo: coperture agricole diventano coperture<br />
naturali.<br />
In tal modo è possibile applicare alcune logiche per poter ottenere dei benefici<br />
‘organizzati’. Ad esempio, lungo i fiumi è possibile realizzare delle fasce boscate,<br />
sostituendo tutte le coperture diverse dal bosco ed ottenere così una fascia<br />
continua di verde.<br />
Evidentemente l’aspettativa ecologica è di ottenere un ‘effetto leva’, ovvero<br />
riuscire con interventi mirati ad ottenere un beneficio più generale ed esteso al di<br />
là dell’area di intervento.<br />
Due sono gli scenari ipotetici per ora presi in considerazione. Essi<br />
rappresentano due diverse modalità di utilizzo dei sistemi verdi in termini di<br />
quantità e localizzazione, con l’idea di ottenere risultati specifici differenti. Il<br />
primo prevede interventi per lo più di tipo localizzato, il secondo esclusivamente<br />
di tipo diffuso.<br />
2.3.2. Lo scenario ecologico 1: fasce boscate riparali, fasce a prato e boscate<br />
attorno alle cave di pianura, realizzazione di siepi e filari in aree periurbane<br />
Il primo scenario di miglioramento ecologico consiste in tre azioni congiunte,<br />
sviluppate in tre ambiti spaziali differenti: lungo i fiumi, attorno alle cave, nelle<br />
aree periurbane. Le prime due azioni sono localizzate, la terza a carattere<br />
estensivo.<br />
1) Azione 1: consolidamento e integrazione delle fasce boscate lungo gli assi<br />
fluviali principali, al fine di eliminare le discontinuità attuali (Fig. 2.9). Per<br />
attuare questa’azione le coperture esistenti lungo i fiumi principali sono<br />
state sostituite con una copertura a ‘vegetazione arbustiva e arborea di<br />
ambiente ripariale’ (classe DUSAF B1u), in una fascia di 50 m adiacente il<br />
fiume;<br />
44
Figura 2.9 – Esemplificazione dell’Azione 1 che concorre a generare lo scenario 1 nel caso del<br />
sistema territoriale ‘pianura agricola’<br />
Aumento delle fasce boscate lungo gli assi<br />
fluviali principali<br />
Criteri di realizzazione:<br />
Eliminazione delle discontinuità delle attuali fasce boscate lungo gli assi fluviali.<br />
L’intervento è realizzato nei 50 metri adiacenti le sponde dei fiumi mediante impianto di<br />
vegetazione arbustiva e arborea di ambiente ripariale (classe DUSAF B1u).<br />
Fasce<br />
boscate<br />
esistenti<br />
Seminativi<br />
Corso<br />
d’acqua<br />
50 m<br />
50 m<br />
Seminativi<br />
45<br />
Seminativi<br />
Nuova veg.<br />
ambiente<br />
ripariale<br />
Corso<br />
d’acqua<br />
Seminativi<br />
2) Azione 2: realizzazione di fasce a prato (classe DUSAF P2) e fasce boscate<br />
(classe DUSAF B1u) intorno alle cave (fig. 2.10). Con questa azione,<br />
declinata rispettivamente in azione 2a e 2b, ci si prefigge la<br />
ricomposizione delle coperture ecologiche (prative e boscate) attorno alle<br />
aree di cava, le quali, completandosi con un perimetro ripariale, possono<br />
cominciare a trasformarsi in ecosistemi e aumentare così il loro valore<br />
ecologico;<br />
Figura 2.10 – Esemplificazione dell’Azione 2 (a sua volta articolata in 2a e 2b) che concorre a<br />
generare lo scenario 1 nel caso del sistema territoriale ‘pianura agricola’<br />
Realizzazione di fasce a prato e fasce boscate<br />
intorno alle cave<br />
Criteri di realizzazione:<br />
L’intervento è realizzato nei 20 metri immediatamente adiacenti la cava, mediante sostituzione<br />
delle coperture esistenti con prati permanenti di pianura (classe DUSAF P2). Viene inoltre<br />
creato un ulteriore buffer di 10 m, esterno al primo, in cui le coperture esistenti vengono<br />
sostituite con vegetazione arbustiva e arborea di ambiente ripariale (classe DUSAF B1u).<br />
Cava<br />
20 m<br />
Seminativi<br />
10 m<br />
Seminativi<br />
Veg.<br />
arbustiva e<br />
cespuglieti<br />
Prati<br />
Cava<br />
Veg. ambiente ripariale<br />
Seminativi<br />
Veg.<br />
arbustiva e<br />
cespuglieti<br />
3) Azione 3: realizzazione di siepi e filari in aree periurbane, da intendersi<br />
come l’insieme dei territori della prima fascia di comuni adiacenti i<br />
capoluoghi di provincia (escluso Sondrio, Lecco e Como). Nello specifico<br />
questa azione prevede che le aree a ‘seminativo semplice’ (classe DUSAF<br />
S1) vengano sostituite con aree a ‘seminativo semplice con presenza<br />
diffusa di filari’ (classe DUSAF S1a) (fig. 2.11). Ai fini della presente<br />
azione si è ipotizzato di realizzare siepi e filari di larghezza 4 m e densità<br />
60m/ha.
Figura 2.11 – Esemplificazione dell’Azione 3 che concorre a generare lo scenario 1 nel caso<br />
del sistema territoriale ‘pianura agricola’<br />
Realizzazione di siepi e filari in aree<br />
periurbane<br />
Criteri di realizzazione:<br />
Gli interventi vengono realizzati nella prima cerchia di comuni adiacenti i capoluoghi lombardi.<br />
Tutte le aree a seminativo semplice (classe DUSAF S1) e seminativo semplice con risaie (classe<br />
DUSAF S1r) sono convertite a seminativo semplice con presenza diffusa di filari (classe DUSAF<br />
S1a), mediante realizzazione di siepi e filari di larghezza 4 m e densità 60m/ha.<br />
Le stesse aree possono essere interessate da altri interventi, considerando però che il 2,4%<br />
dellalorosuperficieègiàoccupatadasiepie filari<br />
Il bilancio di coperture del suolo dello scenario 1. Per configurare il risultato che<br />
si ottiene con le tre azioni componenti lo scenario 1, occorre riportare la<br />
riflessione per un momento alla tecnica con la quale sono state simulate le azioni,<br />
ovvero la sostituzione di coperture del suolo esistenti.<br />
Con tale scenario, infatti, da un lato ‘si perdono’ delle coperture che sono<br />
attualmente presenti, dall’altro si ‘guadagnano’ per sostituzione altre coperture<br />
che corrispondono ai sistemi verdi.<br />
Se alle coperture ‘perse’ sono associati dei benefici economici, energetici o di<br />
altra natura occorre, nell’ottica di un bilancio globale, sottrarre tali benefici.<br />
Dall’altro lato ‘si guadagnano’ per sostituzione delle coperture che<br />
produrranno effetti ecologici (calcolabili con gli indicatori ecologici selezionati),<br />
ma anche altri effetti (economici ed energetici ad esempio), da contabilizzare con<br />
gli indicatori economici.<br />
Il risultato finale è una sorta di sostituzione di coperture con altre coperture, a<br />
maggior efficienza ed efficacia ecologica.<br />
Qui di seguito è fornito per ogni scenario il bilancio di coperture del suolo (tab.<br />
2.2).<br />
46
Tabella 2.2 – Bilancio di coperture del suolo sostituite per ottenere lo scenario 1<br />
OUT IN<br />
azione OUT<br />
Superficie [ha] IN<br />
Copertura uscente<br />
(-)<br />
Copertura entrante<br />
1 S1 seminativo semplice 4.588,6<br />
1 S1c S1 con filari arborei radi 1.472,7<br />
1 S1r S1 con risaie 268,0<br />
1 S2 seminativo erborato 14,7<br />
1 S3 colture ortiflorovivaistiche 30,0<br />
1 S3l vivai 9,2<br />
1 S4 Colture ortoflorovivaistiche<br />
protette<br />
11,6<br />
1 S6 orti familiari non in ambito<br />
urbano<br />
28,6<br />
1 S7 risaie 470,8<br />
1 S7s risaie miste a seminativi 555,2<br />
1 B1u vegetazione<br />
arbustiva e arborea di<br />
ambiente ripariale<br />
2a R2 aree estrattive 222<br />
2a S1 seminativo semplice 38<br />
2a S1c S1 con filari arborei radi 23,3<br />
2a L7 pioppeti 9,9<br />
2a R4 ambienti degradati 7,1<br />
2a R5 aree sabbiose e ghiaiose 5,8<br />
2a S7 risaie 4,7<br />
2a S7s risaie miste a seminativo 4,5<br />
2a S1r S1 con risaie 1,6<br />
2a S1a S1 con filari arborei diffusi 0,9<br />
2a S2 seminativo erborato 0,6<br />
2a L8 altre legnose agrarie 0,4<br />
2a S6 orti familiari non in ambito<br />
urbano<br />
0,2<br />
2a S4 colture ortiflorovivaistiche<br />
protette<br />
0,2<br />
2a S3 colture ortiflorovivaistiche 0,2<br />
2a L2 vigneti 0,1<br />
2a P2 prati permanenti di<br />
pianura<br />
2b R2 aree estrattive 100,8<br />
2b S1 seminativo semplice 31,9<br />
2b S1c S1 con filari arborei radi 20,6<br />
2b P2 prati permanenti di pianura 11,6<br />
2b L7 pioppeti 5,5<br />
2b S7s risaie miste a seminativo 4,4<br />
2b S7 risaie 3,7<br />
2b R4 ambienti degradati 2,3<br />
2b S1r S1 con risaie 1,2<br />
2b R5 aree sabbiose e ghiaiose 1,1<br />
2b S1a S1 con filari arborei diffusi 0,6<br />
2b S2 seminativo erborato 0,4<br />
2b L2 vigneti 0,4<br />
2b L8 altre legnose agrarie 0,2<br />
2b S6 orti familiari non in ambito<br />
urbano<br />
0,2<br />
2b S3 colture ortiflorovivaistiche 0,1<br />
2b S4 colture ortiflorovivaistiche<br />
protette<br />
0,1<br />
2b B1u vegetazione<br />
arbustiva e arborea di<br />
ambiente ripariale<br />
3 S1 seminativo semplice 1.355,3<br />
3 S1r seminativo con risaie 68,8<br />
3 S1A seminativo<br />
semplice con presenza<br />
diffusa di filari<br />
47<br />
Superficie<br />
[ha] (+)<br />
185,2<br />
7449,3<br />
319,6<br />
1424,2
La rappresentazione spaziale dei sistemi verdi nello scenario 1. Poiché le azioni<br />
definite per ogni scenario consistono nella realizzazione di sistemi verdi, questi<br />
ultimi possono essere rappresentati spazialmente (figg. 2.12 – 2.15)<br />
Figura 2.12 – Localizzazione dei sistemi verdi relativi all’azione 1 dello scenario 1 nel caso<br />
del sistema territoriale ‘pianura agricola’<br />
La figura indica i fiumi e i canali principali lungo i quali sono state realizzate delle fasce<br />
boscate (nei 50 m adiacenti le sponde dei fiumi), con il fine di colmare le discontinuità<br />
delle fasce boscate esistenti. Le ipotetiche fasce boscate sono realizzate utilizzando una<br />
sottoclasse (B1u) della classe B (boschi) del DUSAF.<br />
48<br />
Totale B1u realizzati 7449,3 ha<br />
Figura 2.13 – Localizzazione dei sistemi verdi relativi all’azione 2 (2a e 2b) dello scenario 1<br />
nel caso del sistema territoriale ‘pianura agricola’<br />
La figura indica la localizzazione delle cave attorno a cui sono state realizzate<br />
fasce a prato (P2) e boscate (B1u), con il fine di recuperarne il valore ecologico<br />
come corpi d’acqua.<br />
Totale P2 realizzati 319,6 ha<br />
Totale B1U realizzati 185,2 ha
Figura 2.14 – Localizzazione dei sistemi verdi relativi all’azione 3 dello scenario 1 nel caso<br />
del sistema territoriale ‘pianura agricola’<br />
La figura indica i comuni adiacenti i capoluoghi di provincia all’interno dei quali<br />
si è proceduto alla realizzazione di siepi e filari ( larghezza 4 m e densità<br />
60m/ha) in aree a seminativo semplice . In realtà l’area occupata dai nuovi<br />
sistemi verdi sarebbe solo il 2,4% di quella evidenziata in verde qui sotto.<br />
Totale siepi e filari realizzati 1424,2 ha<br />
per un totale di 59.339 ha coinvolti<br />
Figura 2.15 – Localizzazione dei sistemi verdi relativi all’insieme delle azioni dello scenario 1<br />
nel caso del sistema territoriale ‘pianura agricola’<br />
La figura indica il risultato complessivo delle azioni precedentemente descritte<br />
49<br />
Totale nuovi sistemi verdi realizzati<br />
9378 ha<br />
2.3.3. Lo scenario ecologico 2: aumento della densità agroforestale nelle aree<br />
agricole<br />
Il secondo scenario di miglioramento ecologico si compone di una sola azione, a<br />
carattere estensivo:<br />
1) realizzazione di siepi e filari in tutta la pianura agricola (fig. 2.16). Con<br />
questa azione si vuole aumentare la densità agroforestale, attualmente a<br />
livelli molto bassi nella pianura agricola, con una serie di interventi di<br />
ricostruzione di siepi e filari prevalentemente di bordo campo. Tale azione<br />
richiede la disponibilità di aree lungo i perimetri dei campi coltivati ed<br />
eventualmente di un’altra quota di area all’interno dei campi. La siepe tipo
che è stata scelta per tale simulazione ha una larghezza di 4 metri e una<br />
densità complessiva di 60 m/ha.<br />
Figura 2.16 – Esemplificazione dell’Azione 1 che concorre a generare lo scenario 1 nel caso<br />
del sistema territoriale ‘pianura agricola’<br />
Realizzazione di siepi e filari in tutta la pianura<br />
agricola<br />
Criteri di realizzazione:<br />
Tutte le aree a:<br />
- seminativo semplice (classe DUSAF S1);<br />
- seminativo semplice con risaie (classe DUSAF S1r);<br />
- risaie (classe DUSAF S7);<br />
- risaie miste a seminativo (classe DUSAF S7s)<br />
sono convertite a seminativo semplice con presenza diffusa di filari (classe DUSAF S1a),<br />
mediante realizzazione di siepi e filari di larghezza 4 m portando la densità agroforestale a<br />
40m/ha contro I valori molto bassi attuali (7-20 m/ha).<br />
Interventi di tale natura possono arrivare a interessare circa 1,6% della loro superficie agricola.<br />
Le stesse aree possono essere interessate da altri interventi.<br />
Il bilancio di coperture del suolo dello scenario 2. Nella tabella 2.3 è riportato il<br />
bilancio (IN-OUT) complessivo dell’unica azione che caratterizza lo scenario 2, in<br />
termini di coperture del suolo ‘perse’ e ‘guadagnate’.<br />
Nella tabella 2.3 è riportato il bilancio per coperture, ma occorre ricordare che<br />
l’effettivo superficie sottratta per la realizzazione dei sistemi verdi non è 586336<br />
ettari, ma è l’1,6% di tale superficie ovvero 9381 ha distribuiti proprio su tale<br />
vasta superficie. In pratica i 586336 ha di aree a seminativo presenti (nelle diverse<br />
sottocategorie riportate in tab. 2.3, OUT) sono state trasformate in aree a<br />
seminativo con siepi e filari a bordo campo (cat. S1A del DUSAF).<br />
Tabella 2.3 – Bilancio di coperture del suolo sostituite per ottenere lo scenario 2<br />
OUT IN<br />
azione OUT<br />
Superficie [ha]<br />
IN<br />
Copertura uscente<br />
(-)<br />
Copertura entrante<br />
1 S1 seminativo semplice 433001,0<br />
1 S1r S1 con risaie 29895,4<br />
1 S7 risaie 54924<br />
1 S7s Risaie con seminativo 68516<br />
1 S1A seminativo<br />
semplice con<br />
presenza diffusa di<br />
filari<br />
50<br />
Superficie [ha]<br />
(+)<br />
586336,4<br />
La localizzazione dei sistemi verdi nello scenario 2. Al pari dello scenario 1,<br />
anche qui è possibile rappresentare la distribuzione spaziale dei sistemi verdi<br />
realizzati per ottenere lo scenario 2 (fig. 2.17).
Figura 2.17 – Localizzazione dei sistemi verdi relativi all’azione unica dello scenario 2 nel<br />
caso del sistema territoriale ‘pianura agricola’<br />
La figura indica la localizzazione spaziale delle aree interessate dall’intervento<br />
dello scenario 2. In questo caso (trattandosi della realizzazione in aree agricole<br />
di siepi e filari, largh. 4 m e densità 60m/ha) l’area occupata dai nuovi sistemi<br />
verdi sarebbe solo l’1,6% di quella rappresentata qui sotto in colore verde.<br />
51<br />
Totale nuovi sistemi verdi realizzati<br />
9381,4 ha<br />
Per un totale di area coinvolta pari a<br />
586.336 ha<br />
2.3.4. La valutazione delle prestazioni ecologiche nei diversi scenari: analisi<br />
relativa all’ambito territoriale pianura agricola<br />
Il passaggio successivo alla definizione e rappresentazione dei diversi scenari<br />
consiste nella misurazione delle prestazioni ecologiche dei due scenari. Tale<br />
misurazione è resa possibile dal calcolo degli indicatori ecologici selezionati nel<br />
paragrafo 2.1.5.<br />
Gli indicatori sono calcolati non solo per le configurazioni relative ai due diversi<br />
scenari ecologici precedentemente descritti, ma anche relativamente alle<br />
variazioni che tali indicatori subiscono rispetto alla situazione attuale 5 denominata<br />
T0.<br />
Obiettivo biodiversità. Per entrambi gli scenari ipotizzati, la biodiversità è un<br />
obiettivo ottenuto mediante la realizzazione di sistemi verdi differenti. Gli<br />
indicatori ecologici utilizzati per misurare i benefici ottenuti dal punto di vista<br />
della biodiversità sono tre e sono stati descritti ampiamente nel paragrafo 2.1.5.<br />
Essi sono: LBI (Landscape Biodiversity Index); Patch richness (numero di<br />
patches); Dominance<br />
Nella tabella 2.4 si ha modo di apprezzare in modo sintetico come sono variati gli<br />
indicatori selezionati per l’obiettivo ‘biodiversità’, relativamente a tutta la pianura<br />
agricola lombarda.<br />
L’indice LBI aumenta su tutta l’area del sistema ‘pianura agricola’. Si registra<br />
infatti un innalzamento medio di 0,02 punti (corrispondente ad un incremento<br />
percentuale di +6,5%) con le azioni previste dallo scenario 1 e un innalzamento di<br />
0,09 punti (corrispondente ad un incremento percentuale di +29%) con le azioni<br />
previste dallo scenario 2.<br />
5 In verità corrispondente all’anno 2001, anno a cui si riferisce il database geografico DUSAF.
La patch richness invece subisce un incremento solo nel caso dello scenario 1 e<br />
si mantiene costante per quanto riguarda lo scenario 2. Questo si spiega se si<br />
considera che lo scenario 2 prevede la sostituzione della tipologia di copertura (da<br />
S1 a S1a), mentre lo scenario 1 prevede l’aggiunta di nuove ‘tessere’ di copertura<br />
del suolo, mediante la creazione di fasce boscate e prative.<br />
I valori di patch richness devono comunque essere letti congiuntamente con<br />
quelli di dominance.<br />
Tabella 2.4 – Biodiversità. Valori assunti dai principali indicatori ecologici nei diversi scenari<br />
ecologici relativi al sistema territoriale ‘pianura agricola’<br />
Pianura agricola<br />
(1.161.365 ha)<br />
52<br />
Scenari<br />
t0 Sc1 Sc2<br />
LBI medio 0,31 0,33 0,4<br />
Tasso di incremento LBI medio + 6,5%<br />
+ 29%<br />
Patch richness (no.) 62848 64102 62848<br />
Dominance 0,53 0,46 0,53<br />
L’indice di Dominance diminuisce solo con lo scenario 1. Tale andamento dei<br />
valori suggerisce che il mix di azioni, ovvero il mix di sistemi verdi previsto per<br />
lo scenario 1 assicura, dal punto di vista della diversità ecopaesistica, un risultato<br />
più efficace che non quello ottenibile con lo scenario 2 (dove l’azione è una sola e<br />
corrisponde ad un aumento della dotazione agroforestale complessiva). Come<br />
suggerito dai valori di LBI, però, lo scenario 2 consentirebbe di ottenere un<br />
substrato paesaggistico migliore per la biodiversità.<br />
Nella tabella 2.5 e in figura 2.18 si ha modo di apprezzare come si<br />
distribuiscono le celle a diverso valore di LBI. Ad esempio si nota che per valori<br />
intermedi di LBI (0,4-0,7), le azioni ipotizzate e simulate determinano una<br />
variazione della proporzione di celle appartenenti a tale intervallo da 23,8% a<br />
29,4% nel caso dello scenario 1 e, addirittura, da 23,8% a 67,2% nello scenario 2.<br />
Tabella 2.5 – Biodiversità. distribuzione delle celle in funzione del valore di LBI e degli<br />
scenari ecologici. Sistema pianura agricola<br />
Scenario T0 SC1 SC2 T0 SC1 SC2<br />
intervallo valori LBI totale celle x intervalli % celle per intervalli<br />
0 4758 5128 5102 3,7 4,0 4,0<br />
0-0.4 88790 81099 32916 69,9 63,9 25,9<br />
0.4-0.7 30176 37372 85297 23,8 29,4 67,2<br />
0.7-1 3236 3361 3645 2,5 2,6 2,9
Figura 2.18– Rappresentazione grafica delle curve di distribuzione delle celle in funzione dei<br />
valori di LBI. Sistema pianura agricola<br />
no. celle<br />
80000<br />
70000<br />
60000<br />
50000<br />
40000<br />
30000<br />
20000<br />
10000<br />
0<br />
0<br />
0.0-0.1<br />
0.1-0.2<br />
0.2-0.3<br />
0.3-0.4<br />
0.4-0.5<br />
Obiettivo naturalità. Nella tabella 2.6 sono riportati i valori degli indicatori scelti<br />
per monitorare l’obiettivo ‘naturalità’. I valori dei coefficienti di copertura<br />
indicanti un miglioramento in termini di naturalità sono, nell’ordine di<br />
importanza: il coefficiente di boscosità, il coefficiente di copertura naturale, il<br />
coefficiente di ruralità estensiva seminaturale.<br />
Nella tabella 2.6 è indicato anche il ‘Coefficiente di ruralità intensiva’. Esso è<br />
dato dal rapporto tra le superfici con coperture agricole intensive (classi S DUSAF,<br />
ad esclusione delle classi S1a, S1c e S2)e la superficie totale analizzata.<br />
Ad alti valori di questo indicatore corrispondono basse prestazioni ecologiche<br />
del sistema ‘pianura agricola’, pertanto esso non contribuisce all’indice di<br />
biopermeabilità.<br />
I valori assunti dagli indicatori nei diversi scenari forniscono un’immagine di<br />
un paesaggio agricolo intensivo che, rispetto alla situazione di partenza (ovvero<br />
quella attuale), offre dei miglioramenti prestazionali più evidenti nello scenario 2.<br />
Occorre però notare che l’area di riferimento per tale calcolo è assai vasta<br />
(1,161.365 ha) e comprende varie situazioni diverse tra loro che, trattate insieme,<br />
non emergono nelle loro differenze. L’analisi sulla pianura agricola regionale,<br />
pertanto, ha il vantaggio di offrire un punto di vista unitario, ma non consente di<br />
cogliere i differenti impatti positivi che si generano in ogni sottoambito<br />
territoriale.<br />
Come verrà detto in seguito, l’analisi per ambiti territoriali di minor estensione<br />
(province, valli fluviali e aree periurbane) consente invece di apprezzare meglio le<br />
ricadute, in termini di benefici ecologici, dei sistemi verdi.<br />
53<br />
0.5-0.6<br />
LBI<br />
0.6-0.7<br />
0.7-0.8<br />
0.8-0.9<br />
T0<br />
SC1<br />
SC2<br />
0.9-1.0
Tabella 2.6 – Naturalità. Valori assunti dai principali indicatori ecologici nei diversi scenari<br />
ecologici relativi al sistema territoriale ‘Pianura agricola’<br />
Pianura agricola<br />
Scenari (valori in %)<br />
(1.161.365 ha)<br />
t0 Sc1 Sc2<br />
Coefficiente di ruralità estensiva<br />
seminaturale ((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-<br />
8;P)/tot)<br />
23,20 28,20 73,69<br />
Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 4,48 5,13 4,48<br />
Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 1,12 1,12 1,12<br />
Coefficiente di ruralità intensiva ((S, tranne<br />
S1a, c e S2)/tot; %)<br />
51,07 45,44 0,58<br />
Coeffic. di biopermeabilità 35,71 45,30 52,99<br />
2.3.5. La valutazione delle prestazioni ecologiche nei diversi scenari: analisi per<br />
valli fluviali<br />
Quanto sopra riportato per il sistema territoriale ‘pianura agricola’ viene ora<br />
riproposto per il sistema territoriale ‘valli fluviali’.<br />
Gli effetti ecologici derivanti dalla realizzazione dei sistemi verdi sono stati<br />
valutati in un’area di pertinenza fluviale adiacente il fiume e il cui margine<br />
esterno si trova ad una distanza di 100 metri dall’alveo fluviale.<br />
In queste aree perifluviali sono stati valutati i benefici attraverso gli indicatori<br />
ecologici in grado di comparare i due scenari. Nonostante tutti i corsi d’acqua<br />
principali della pianura agricola lombarda siano stati beneficiati dall’ipotetica<br />
realizzazione di fasce boscate, prevista dall’azione 1 dello scenario 1, qui di<br />
seguito verranno riportati i risultati relativi solo ai seguenti fiumi:<br />
• Adda;<br />
• Oglio;<br />
• Mincio;<br />
• Lambro;<br />
• Serio.<br />
Obiettivo biodiversità. Nella tabella 2.7 sono riportati gli indicatori selezionati per<br />
l’obiettivo ‘biodiversità’, relativamente ai territori fluviali dei cinque fiumi sopra<br />
menzionati.<br />
A parità di scenario, l’indice LBI presenta valori diversi e aumenta con tassi di<br />
crescita differenti a seconda del sistema fluviale sul quale vengono realizzati gli<br />
interventi. Questo dipende senza dubbio dalle condizioni di uso del suolo di<br />
partenza.<br />
Per quanto riguarda la patch richness e la dominance si nota che lo scenario 1<br />
produce i risultati migliori. Infatti, nella maggioranza dei casi, la sua realizzazione<br />
determinerebbe, rispetto alla situazione attuale, un lieve aumento della patch<br />
richness e una diminuzione, o al più una non variazione, della dominance.<br />
54
Tuttavia, vista la ridotta estensione delle aree analizzate nel caso dei fondovalli<br />
fluviali, i miglioramenti .misurabili dagli indicatori patch richness e dominance<br />
risultano più difficili da apprezzare che in altri casi.<br />
Tabella 2.7 – Biodiversità. Valori assunti dai principali indicatori ecologici nei diversi scenari<br />
ecologici relativi al sistema territoriale ‘valli fluviali’<br />
ADDA<br />
(6016 ha)<br />
OGLIO<br />
(6638 ha)<br />
MINCIO<br />
(6900 ha)<br />
LAMBRO<br />
(2005 ha)<br />
SERIO<br />
(2277 ha)<br />
Sistema ‘Valli Fluviali’<br />
55<br />
Scenario<br />
t0 Sc1 Sc2<br />
LBI medio 0,31 0,33 0,4<br />
Tasso di<br />
+ 6,5%<br />
incremento LBI<br />
medio<br />
+ 29%<br />
Patch richness (n.) 2971 2980 2971<br />
Dominance 0,37 0,37 0,39<br />
LBI medio 0,42 0,45 0,49<br />
Tasso di incremento<br />
+ 7,1%<br />
LBI medio<br />
+ 16,7%<br />
Patch richness (n.) 2893 2897 2893<br />
Dominance 0,42 0,42 0,43<br />
LBI medio 0,41 0,46 0,48<br />
Tasso di incremento<br />
+ 12,2%<br />
LBI medio<br />
+ 17,1%<br />
Patch richness (n.) 2318 2318 2318<br />
Dominance 0,47 0,44 0,47<br />
LBI medio 0,31 0,36 0,39<br />
Tasso di incremento<br />
+ 16,1%<br />
LBI medio<br />
+ 25,8%<br />
Patch richness (n.) 1076 1076 1076<br />
Dominance 0,47 0,43 0,46<br />
LBI medio 0,42 0,45 0,46<br />
Tasso di incremento<br />
+ 7,1%<br />
LBI medio<br />
+ 9,5%<br />
Patch richness (n.) 1112 1124 1112<br />
Dominance 0,36<br />
Fonte: elaborazione <strong>IReR</strong><br />
0,36 0,38<br />
Obiettivo naturalità. Nella tabella 2.8 sono raccolti gli indicatori relativi al<br />
monitoraggio della naturalità.<br />
La naturalità delle aree oggetto degli interventi aumenta con minore rilevanza<br />
nell’ipotetico scenario 1, in quanto, nonostante la realizzazione di fasce boscate<br />
determini un aumento del coefficiente di boscosità più interessante nello scenario<br />
1, la conversione da superfici agricole a carattere intensivo a superfici agricole ad<br />
uso estensivo (scenario2) risulta avere un effetto maggiore sul coefficiente di<br />
biopermeabilità.
Tabella 2.8 – Naturalità. Valori assunti dai principali indicatori ecologici nei diversi scenari<br />
ecologici relativi al sistema territoriale ‘valli fluviali’<br />
ADDA<br />
OGLIO<br />
MINCIO<br />
LAMBRO<br />
SERIO<br />
Sistema ‘Valli Fluviali’ Scenari<br />
T0 Sc1 Sc2<br />
Coefficiente di ruralità estensiva<br />
seminaturale ((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-<br />
8;P)/tot)<br />
17,2 17,2 39,6<br />
Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 20,5 32,4 20,5<br />
Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 5,1 5,1 5,1<br />
Coefficiente di ruralità intensiva ((S,<br />
tranne S1a, c e S2)/tot; %)<br />
22,5 10,6 0,1<br />
coeffic. di biopermeabilità 42,84 54,70 65,23<br />
Coefficiente di ruralità estensiva<br />
seminaturale ((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-<br />
8;P)/tot)<br />
23,7 20,9 48<br />
Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 9,9 23 9,9<br />
Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 6,6 6,6 6,6<br />
Coefficiente di ruralità intensiva ((S,<br />
tranne S1a, c e S2)/tot; %)<br />
25,1 14,8 0,8<br />
coeffic. di biopermeabilità 40,24 50,56 64,59<br />
Coefficiente di ruralità estensiva<br />
seminaturale ((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-<br />
8;P)/tot)<br />
18,6 19,1 35,9<br />
Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 4,4 13,5 4,4<br />
Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 12,7 12,7 12,7<br />
Coefficiente di ruralità intensiva ((S,<br />
tranne S1a, c e S2)/tot; %)<br />
17,4 7,8 0,1<br />
coeffic. di biopermeabilità 35,71 45,30 52,99<br />
Coefficiente di ruralità estensiva<br />
seminaturale ((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-<br />
8;P)/tot)<br />
17,5 16,9 51<br />
Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 9,1 26,8 9,1<br />
Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 3,5 3,5 3,5<br />
Coefficiente di ruralità intensiva ((S,<br />
tranne S1a, c e S2)/tot; %)<br />
33,9 16,9 0,4<br />
coeffic. di biopermeabilità 30,14 47,17 63,65<br />
Coefficiente di ruralità estensiva<br />
seminaturale ((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-<br />
8;P)/tot)<br />
32,8 23,8 48,2<br />
Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 9,5 25,7 9,5<br />
Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 11,5 11,5 11,5<br />
Coefficiente di ruralità intensiva ((S,<br />
15,5 8,4 0,1<br />
tranne S1a, c e S2)/tot; %)<br />
coeffic. di biopermeabilità 53,83 60,97 69,25<br />
Fonte: elaborazione <strong>IReR</strong><br />
Obiettivo continuità. Più interessante per il sistema territoriale ‘fondovalle<br />
fluviali’ risulta essere l’indice di discontinuità ripariale, qui espresso secondo<br />
quattro differenti unità di misura (tab. 2.9). Tale indice diminuisce solo con le<br />
azioni previste dallo scenario 1. Effettivamente l’azione di riforestazione<br />
perifluviale (azione 1, scenario 1) contribuisce ad incrementare la continuità<br />
56
ecologica longitudinale, mentre l’unica azione componente lo scenario 2 non<br />
incide direttamente sulle aree riparali, ma determina comunque un aumento della<br />
continuità diffusa nello spazio agricolo (connettività diffusa, qui non calcolata).<br />
L’indice di discontinuità, normalizzato sulla lunghezza delle sponde (ovvero<br />
quello che ha come unità di misura m/m in tabella 2.10) consente di apprezzare<br />
meglio i risultati conseguibili sui fiumi. Mediamente si passa da una situazione<br />
del 50% di discontinuità (0,5 m/m) a soglie che variano tra il 15 e il 30%.<br />
Tabella 2.9 – Continuità. Valori assunti dai principali indicatori ecologici nei diversi scenari<br />
ecologici relativi al sistema territoriale ‘valli fluviali’<br />
ADDA<br />
OGLIO<br />
MINCIO<br />
LAMBRO<br />
SERIO<br />
Sistema ‘Valli Fluviali’ Scenari<br />
57<br />
t0 Sc1 Sc2<br />
Discontinuità [m/ha] 43,3 25,6 43,3<br />
[n.] 568 337 568<br />
[m.] 260.595 153.971 260.595<br />
[m/m] 0,53 0,31 0,53<br />
Discontinuità [m/ha] 35,5 15,1 35,5<br />
[n.] 597 326 597<br />
[m.] 235.601 99.906 235.601<br />
[m/m] 0,47 0,20 0,47<br />
Discontinuità [m/ha] 25,2 9,2 25,2<br />
[n.] 448 236 448<br />
[m.] 174.193 63.409 174.193<br />
[m/m] 0,36 0,13 0,36<br />
Discontinuità [m/ha] 39,8 11,4 39,8<br />
[n.] 234 106 234<br />
[m.] 79.721 22.767 79.721<br />
[m/m] 0,48 0,14 0,48<br />
Discontinuità [m/ha] 55,0 27,3 55,0<br />
[n.] 325 206 325<br />
[m.] 125.186 62.092 125.186<br />
[m/m] 0,58 0,29 0,58<br />
Fonte: elaborazione <strong>IReR</strong><br />
2.3.6. La valutazione delle prestazioni ecologiche nei diversi scenari: analisi per<br />
aree periurbane<br />
Il sistema territoriale ‘aree periurbane’ è un sistema che è stato considerato come<br />
una sottospecifica del sistema ‘pianura agricola’ e da questo ne mutua gli<br />
indicatori ecologici di monitoraggio e valutazione.<br />
Come già ricordato, il sistema ‘aree periurbane’ si configura come l’insieme<br />
delle superfici territoriali appartenenti alla prima cerchia di comuni adiacenti i<br />
capoluoghi di pianura delle province lombarde.
Obiettivo biodiversità. Nella tabella 2.10 sono riportati i valori degli indicatori<br />
utilizzati per il monitoraggio della biodiversità ecopaesistica, relativi alle aree<br />
periurbane di tutti i capoluoghi di provincia.<br />
I valori dell’indice di LBI denotano, per la situazione al tempo T0, prestazioni<br />
ecologiche migliori per le aree periurbane di Varese, Pavia e Mantova, seguite da<br />
Cremona e Lodi. L’area periurbana di Milano presenta invece i valori più bassi di<br />
LBI. Ciò indica che nelle aree poste attorno al capoluogo regionale la componente<br />
naturale di pregio (ovvero quella che potenzialmente dà un contributo alla<br />
biodiversità) è più deficitaria e compromessa.<br />
Si nota inoltre che la realizzazione dei nuovi sistemi verdi porterebbe ad un<br />
netto incremento del valore di LBI (aumento medio del 40%) solo nelle aree<br />
periurbane di Lodi, Cremona e Mantova, ovvero in quelle a carattere<br />
prevalentemente agricolo intensivo. Questa tendenza viene spiegata ricordando<br />
che sia l’azione 3 dello scenario 1, sia lo scenario 2, prevedono la conversione di<br />
aree a ‘seminativo semplice’ ad aree a ‘seminativo semplice con presenza diffusa<br />
di filari’. Ciò spiegherebbe anche i risultati simili ottenibili con i due scenari in<br />
gran parte delle aree periurbane analizzate.<br />
Ciò suggerisce inoltre un’ulteriore riflessione ovvero che, a parità di interventi<br />
nelle aree periurbane, si generano efficienze ‘ecologiche’ differenti a seconda<br />
della configurazione di partenza sia dell’area sia della provincia. Questa diversità<br />
di risposta può suggerire ad esempio priorità di interventi.<br />
Per quanto riguarda gli indicatori di patch richness e dominance si nota che lo<br />
scenario 1 garantisce nella maggior parte dei casi un lieve aumento del numero di<br />
tessere paesaggistiche e allo stesso tempo una diminuzione della dominance,<br />
determinando così un miglioramento della diversità paesaggistica.<br />
58
Tabella 2.10 – Biodiversità. Valori assunti dai principali indicatori ecologici nei diversi<br />
scenari e per ogni area periurbana considerata<br />
Aree periurbane attorno alla città di: Scenari<br />
t0 Sc1 Sc2<br />
BG LBI medio 0,19 0,23 0,23<br />
Patch richness (n.) 810 810 810<br />
Dominance 0,57 0,56 0,56<br />
BS LBI medio 0,25 0,28 0,27<br />
Patch richness (n.) 1498 1528 1498<br />
Dominance 0,55 0,54 0,55<br />
CR LBI medio 0,28 0,4 0,4<br />
Patch richness (n.) 802 802 802<br />
Dominance 0,6 0,62 0,62<br />
LO LBI medio 0,28 0,4 0,39<br />
Patch richness (n.) 958 962 958<br />
Dominance 0,72 0,7 0,72<br />
MN LBI medio 0,29 0,41 0,40<br />
Patch richness (n.) 1921 1927 1921<br />
Dominance 0,62 0,60 0,62<br />
MI LBI medio 0,12 0,16 0,16<br />
Patch richness (n.) 2679 2728 2679<br />
Dominance 0,69 0,66 0,69<br />
PV LBI medio 0,32 0,35 0,39<br />
Patch richness (n.) 1301 1301 1301<br />
Dominance 0,72 0,65 0,72<br />
VA LBI medio 0,34 0,36 0,36<br />
Patch richness (n.) 205 205 205<br />
Dominance 0,66 0,66 0,66<br />
Fonte: elaborazione <strong>IReR</strong><br />
Obiettivo naturalità. Nella tabella 2.11 sono riportati i valori numerici degli indici<br />
di naturalità.<br />
È possibile notare come la realizzazione di nuovi sistemi verdi determini un netto<br />
miglioramento del coefficiente di biopermeabilità, tanto più evidente quanto più<br />
estese sono le aree a seminativo intensivo disponibili per essere convertite a<br />
seminativo estensivo (e.g. aree perturbane di Cremona, Lodi e Mantova).<br />
In realtà non si notano differenze tra i risultati ottenibili mediante i due scenari,<br />
se non nel caso dell’area periurbana di Pavia. Questo andamento, come già<br />
sottolineato, è spiegabile se si considera che nelle aree periurbane gli interventi<br />
degli scenari 1 e 2 coincidono.<br />
59
Tabella 2.11 – Naturalità. valori assunti dai principali indicatori ecologici nei diversi scenari<br />
ecologici per ogni area periurbana considerata<br />
Aree periurbane attorno alla città di: Scenari<br />
T0 Sc1 Sc2<br />
BG Coefficiente di ruralità estensiva seminaturale<br />
((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-8;P)/tot)<br />
18,51 36,30 36,41<br />
Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 5,18 5,29 5,18<br />
Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 0,85 0,85 0,85<br />
Coefficiente di ruralità intensiva ((S, tranne S1a,<br />
c e S2)/tot; %)<br />
19,45 1,55 1,55<br />
coeffic. di biopermeabilità 24,53 42,44 42,44<br />
BS Coefficiente di ruralità estensiva seminaturale<br />
((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-8;P)/tot)<br />
36,05 48,58 48,82<br />
Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 3,51 3,96 3,51<br />
Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 1,39 1,39 1,39<br />
Coefficiente di ruralità intensiva ((S, tranne S1a,<br />
c e S2)/tot; %)<br />
12,96 0,19 0,19<br />
coeffic. di biopermeabilità 40,95 53,93 53,72<br />
CR Coefficiente di ruralità estensiva seminaturale<br />
((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-8;P)/tot)<br />
20,05 66,43 66,68<br />
Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 0,87 1,13 0,87<br />
Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 1,36 1,36 1,36<br />
Coefficiente di ruralità intensiva ((S, tranne S1a,<br />
c e S2)/tot; %)<br />
46,73 0,09 0,09<br />
coeffic. di biopermeabilità 22,28 68,91 68,91<br />
LO Coefficiente di ruralità estensiva seminaturale<br />
((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-8;P)/tot)<br />
5,11 32,04 32.87<br />
Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 1,58 2,44 1,58<br />
Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 0,48 0,48 0,48<br />
Coefficiente di ruralità intensiva ((S, tranne S1a,<br />
c e S2)/tot; %)<br />
27,94 0,18 0,18<br />
coeffic. di biopermeabilità 7,18% 34,96 34,93<br />
MN Coefficiente di ruralità estensiva seminaturale<br />
((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-8;P)/tot)<br />
15,17% 57,46 58,25<br />
Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 0,63% 1,43 0,63<br />
Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 1,80% 1,80 1,80<br />
Coefficiente di ruralità intensiva ((S, tranne S1a,<br />
c e S2)/tot; %)<br />
43,33% 0,24 0,25<br />
coeffic. di biopermeabilità 17,60% 60,69 60,68<br />
MI Coefficiente di ruralità estensiva seminaturale<br />
((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-8;P)/tot)<br />
5,65% 25,53 27,72<br />
Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 1,79% 2,13 1,79<br />
Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 1,61% 1,61 1,61<br />
Coefficiente di ruralità intensiva ((S, tranne S1a,<br />
c e S2)/tot; %)<br />
22,83% 2,71 0,77<br />
coeffic. di biopermeabilità 9,06% 29,27 31,12<br />
PV Coefficiente di ruralità estensiva seminaturale<br />
((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-8;P)/tot)<br />
4,87% 11,62 35,07<br />
Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 2,20% 2,31 2,20<br />
Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 0,54% 0,54 0,54<br />
Coefficiente di ruralità intensiva ((S, tranne S1a,<br />
c e S2)/tot; %)<br />
30,21% 23,34 0,01<br />
coeffic. di biopermeabilità 7,60% 14,47 37,81<br />
VA Coefficiente di ruralità estensiva seminaturale<br />
((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-8;P)/tot)<br />
4,53% 15,55 15,55<br />
Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 37,01% 37,01 37,09<br />
Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 0,34% 0,34 0,34<br />
Coefficiente di ruralità intensiva ((S, tranne S1a,<br />
c e S2)/tot; %)<br />
11,07% 0,05 0,05<br />
coeffic. di biopermeabilità 41,87% 52,90 52,90<br />
Fonte: elaborazione <strong>IReR</strong><br />
60
2.3.7. La valutazione delle prestazioni ecologiche nei diversi scenari: analisi per<br />
province<br />
I benefici ambientali derivanti dalla realizzazione dei sistemi verdi possono essere<br />
letti anche per ambiti amministrativi, come quello provinciale qui preso in<br />
considerazione. Tale lettura consente una miglior interpretazione dei risultati<br />
rispetto a quelli estesi a tutto il sistema territoriale regionale della ‘pianura<br />
agricola’, in quanto avviene per aree meno ampie e più unitarie per caratteri<br />
territoriali.<br />
Obiettivo biodiversità. Nella tabella 2.12 si possono apprezzare le situazioni dei<br />
diversi territori provinciali che ricadono nella pianura agricola. Le province di<br />
Milano, Lodi e Bergamo sono quelle caratterizzate da valori più bassi di LBI e<br />
quindi potrebbero essere oggetto prioritario di politiche di rafforzamento della<br />
naturalità con ripercussioni positive sulla biodiversità.<br />
In generale si nota che gli interventi previsti dallo scenario 2 tendono a<br />
innalzare maggiormente i valori di LBI rispetto alle azioni componenti lo scenario<br />
1. Allo stesso tempo si nota, però, che le azioni componenti lo scenario 1<br />
sortiscono un aumento della patch richness accompagnato da una diminuzione<br />
della dominance.<br />
Sebbene tale circostanza favorevole si accompagni ad un incremento molto più<br />
modesto di LBI rispetto a quanto accade per lo scenario 2, la congiuntura di<br />
variazione dei valori dei tre indici favorisce lo scenario 1, con l’unica eccezione<br />
dei territori analizzati nella provincia di Varese.<br />
Tabella 2.12 - Biodiversità. Valori assunti dai principali indicatori ecologici nei diversi<br />
scenari ecologici. Analisi per province relativa solo alla parte di territorio (specificata tra<br />
parentesi) inclusa nella pianura agricola<br />
Province Scenari<br />
t0 Sc1 Sc2<br />
BG<br />
LBI medio 0,28 0,29 0,36<br />
(274.963 ha) Patch richness (n.) 5146 5192 5146<br />
Dominance 0,75 0,73 0,74<br />
BS<br />
(478.134 ha)<br />
CR<br />
(177.095 ha)<br />
LO<br />
(78.311 ha)<br />
MN<br />
(234.262 ha)<br />
MI<br />
(198.007 ha)<br />
LBI medio 0,33 0,34 0,39<br />
Patch richness (n.) 5979 6073 5979<br />
Dominance 0,73 0,72 0,74<br />
LBI medio 0,33 0,35 0,43<br />
Patch richness (n.) 6444 6499 6444<br />
Dominance 0,53 0,46 0,58<br />
LBI medio 0,28 0,31 0,42<br />
Patch richness (n.) 4327 4331 4327<br />
Dominance 0,63 0,50 0,64<br />
LBI medio 0,3 0,32 0,42<br />
Patch richness (n.) 12022 12062 12022<br />
Dominance 0,59 0,48 0,57<br />
LBI medio 0,24 0,25 0,31<br />
Patch richness (n.) 13662 13800 13662<br />
Dominance 0,57 0,51 0,57<br />
61<br />
Segue
Continua Tabella 2.12<br />
PV<br />
(297.078 ha)<br />
VA<br />
(120.174 ha)<br />
LBI medio 0,37 0,38 0,43<br />
Patch richness (n.) 11727 11751 11727<br />
Dominance 0,69 0,66 0,69<br />
LBI medio 0.36 0,36 0,4<br />
Patch richness (n.) 2455 2470 2455<br />
Dominance 0,79 0,78 0,78<br />
Fonte: elaborazione <strong>IReR</strong><br />
Obiettivo naturalità. Nella tabella 2.13 si possono apprezzare le situazioni dei<br />
diversi territori provinciali.<br />
In tutte le province considerate, a differenza di quanto osservato per le aree<br />
periurbane, l’indice di biopermeabilità aumenta più modestamente nel passaggio<br />
dallo stato attuale allo scenario 1, rispetto al passaggio dallo stato attuale allo<br />
scenario 2, dove l’aumento è molto più consistente. Questo perché i benefici<br />
derivanti dall’azione 3 dello scenario 1 risultano ditribuiti su un territorio più<br />
ampio. D’altro canto si nota che i valori del coefficiente di boscosità non<br />
aumentano mai passando dallo stato attuale allo scenario 2 in quanto tra le azioni<br />
di questo scenario non sono contemplate le afforestazioni.<br />
Lo scenario 1 ha quindi, nell’ambito provinciale, un comportamento meno<br />
efficace sotto il profilo della biopermeabilità, in quanto esso prevede la<br />
conversione a coperture di tipo estensivo seminaturale, di superfici più ridotte<br />
(ricordiamo che con lo scenario 2 quasi l’intera superficie agricola viene arricchita<br />
con siepi e filari e quindi coperture di tipo intensivo sono sostituite con altro di<br />
tipo estensivo). Nonostante questo, lo scenario 1 si prefigura come uno scenario<br />
ugualmente interessante, se consideriamo che il coefficiente di boscosità si<br />
rafforza poco ma ovunque.<br />
62
Tabella 2.13 – Naturalità. Valori assunti dai principali indicatori ecologici nei diversi scenari<br />
ecologici. Analisi per province relativa al territorio incluso nel sistema pianura agricola<br />
Province Scenari<br />
T0 Sc1 Sc2<br />
BG Coefficiente di ruralità estensiva seminaturale<br />
((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-8;P)/tot)<br />
7,1 7,7% 20,4%<br />
Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 1,78 1,85% 1,78%<br />
Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 0,31 0,31% 0,31%<br />
Coefficiente di ruralità intensiva ((S, tranne S1a,<br />
c e S2)/tot; %)<br />
12,2 11,5% 0,2%<br />
coeffic. di biopermeabilità 9,17 9,87% 21,19%<br />
BS Coefficiente di ruralità estensiva seminaturale<br />
((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-8;P)/tot)<br />
15,6 16,0% 25,9%<br />
Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 0,59 0,78% 0,59%<br />
Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 0,16 0,16% 0,16%<br />
Coefficiente di ruralità intensiva ((S, tranne S1a,<br />
c e S2)/tot; %)<br />
10,4 9,8% 0,1%<br />
coeffic. di biopermeabilità 16,34 17,00% 26,67%<br />
CR Coefficiente di ruralità estensiva seminaturale<br />
((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-8;P)/tot)<br />
37 45,2% 86,2%<br />
Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 1,45 2,12% 1,45%<br />
Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 0,93 0,93% 0,93%<br />
Coefficiente di ruralità intensiva ((S, tranne S1a,<br />
c e S2)/tot; %)<br />
49,6 40,8% 0,4%<br />
coeffic. di biopermeabilità 39,36 48,22% 88,61%<br />
LO Coefficiente di ruralità estensiva seminaturale<br />
((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-8;P)/tot)<br />
14,2 24,5% 80,3%<br />
Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 3,08 4,01% 3,08%<br />
Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 1,18 1,18% 1,18%<br />
Coefficiente di ruralità intensiva ((S, tranne S1a,<br />
c e S2)/tot; %)<br />
66,2 55,1% 0,2%<br />
coeffic. di biopermeabilità 18,51 29,67% 84,54%<br />
MN Coefficiente di ruralità estensiva seminaturale<br />
((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-8;P)/tot)<br />
22,7 30,9% 79,5%<br />
Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 0,58 1,54% 0,58%<br />
Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 1,38 1,38% 1,38%<br />
Coefficiente di ruralità intensiva ((S, tranne S1a,<br />
c e S2)/tot; %)<br />
58,1 48,9% 1,3%<br />
coeffic. di biopermeabilità 24,62 33,81% 81,46%<br />
MI Coefficiente di ruralità estensiva seminaturale<br />
((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-8;P)/tot)<br />
12,4 17% 50,6%<br />
Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 6,04 6,53% 6,04%<br />
Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 1,25 1,25% 1,25%<br />
Coefficiente di ruralità intensiva ((S, tranne S1a,<br />
c e S2)/tot; %)<br />
38,7 33,7% 0,5%<br />
coeffic. di biopermeabilità 19,73 24,75% 57,92%<br />
PV Coefficiente di ruralità estensiva seminaturale<br />
((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-8;P)/tot)<br />
6,3 7,4% 53,9%<br />
Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 2,82 3,27% 2,82%<br />
Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 0,79 0,79% 0,79%<br />
Coefficiente di ruralità intensiva ((S, tranne S1a,<br />
c e S2)/tot; %)<br />
47,6 46,1% 0,0%<br />
coeffic. di biopermeabilità 9,93 11,45% 57,52%<br />
VA Coefficiente di ruralità estensiva seminaturale<br />
((S1a;S1c;S2;L1-5;L7-8;P)/tot)<br />
1,4 1,6% 7,6%<br />
Coefficiente di boscosità (B/tot; %) 9,60 9,62% 9,60%<br />
Coefficiente di copertura naturale (N/tot) 0,33 0,33% 0,33%<br />
Coefficiente di ruralità intensiva ((S, tranne S1a,<br />
c e S2)/tot; %)<br />
6,2 6,0% 0,0%<br />
coeffic. di biopermeabilità 11,39 11,60% 17,52%<br />
Fonte: elaborazione <strong>IReR</strong><br />
63
2.4. Note conclusive<br />
Gli indicatori ecologici implementati nel presente capitolo hanno permesso di<br />
evidenziare le situazioni più critiche nell’ambito del territorio analizzato e di<br />
dimostrare come la realizzazione di sistemi verdi comporti in entrambe le ipotesi<br />
previste (scenario 1 e 2), un miglioramento della situazione ecologica attuale.<br />
Tuttavia le analisi condotte alle varie scale (dalla pianura agricola alle valli<br />
fluviali, dalle aree periurbane alle province) dimostrano come non sia possibile<br />
privilegiare l’uno o l’altro scenario, in quanto ciascuno dei due risulta essere<br />
migliore a seconda dell’obiettivo ecologico considerato.<br />
Lo scenario 1 per esempio, basato per lo più su interventi di tipo localizzato, è<br />
da privilegiarsi nel caso si voglia aumentare la diversità paesaggistica, diminuire<br />
le discontinuità riparali o aumentare le superfici boscate. Lo scenario 2 invece,<br />
basato su interventi di tipo esclusivamente diffuso, risulta più idoneo se si vuole<br />
ottenere un substrato paesaggistico migliore per la biodiversità o nel caso si voglia<br />
aumentare il mix di coperture a valore naturale.<br />
I risultati sembrerebbero quindi suggerire che la realizzazione di sistemi verdi<br />
secondo i criteri sia del primo sia del secondo scenario, comporterebbe i benefici<br />
maggiori per tutti gli obiettivi ecologici considerati (biodiversità, naturalità,<br />
continuità).<br />
Si è anche visto che l’unità territoriale di analisi può influenzare fortemente la<br />
scelta del tipo di scenario da implementare. Nel caso delle aree periurbane si è<br />
visto come non vi sia differenza tra i due scenari sia per quanto riguarda l’indice<br />
LBI sia per quanto riguarda l’indice di biopermeabilità. Questo come già detto<br />
accade in quanto le aree periurbane corrispondono ai contesti territoriali in cui si<br />
realizza l’azione 3 dello scenario 1(i.e. realizzazione di siepi e filari in aree<br />
periurbane), coincidente con l’unica azione prevista dallo scenario 2 (i.e.<br />
realizzazione di siepi e filari in tutta la pianura agricola)<br />
Capitolo 3<br />
Stime del valore economico di alcune funzioni delle foreste:<br />
aspetti metodologici<br />
3.1. Valutare la foresta e le diverse funzioni forestali<br />
64
La foresta/il bosco fornisce un insieme piuttosto complesso di beni e di servizi i<br />
quali possono coesistere oppure no a seconda del tipo di gestione: i boschi la cui<br />
finalità principale è quella ricreativa o eco-turistica non possono essere utilizzati<br />
per la produzione di legname; allo stesso modo un bosco preservato al fine di<br />
ottenere informazione genetica non può essere convertito per altri utilizzi. In<br />
questo contesto assume particolare rilevanza la valutazione economica dei diversi<br />
apporti funzionali del bosco. Una valutazione in termini monetari aiuta infatti a<br />
promuovere e a giustificare le azioni di policy finalizzate ad azioni di<br />
conservazione di una generica risorsa naturale e a definire il livello ottimale di<br />
conservazione e di fornitura. I valori a cui i policy makers possono giungere<br />
influenzeranno infatti le loro scelte nel management delle risorse dato che<br />
decisioni ottimali dal punto di vista sociale richiedono una piena conoscenza dei<br />
costi e dei benefici delle alternative o degli scenari considerati.<br />
Ci sono differenti valori associati al bosco/foresta che spaziano da quelli d’uso<br />
diretti a quelli indiretti e inoltre a quelli meno tangibili noti in letteratura come<br />
valore d’opzione e valore di esistenza. A tali valori – i quali corrispondono<br />
sostanzialmente a benefici - si associano differenti livelli di complessità per il<br />
raggiungimento di una stima monetaria la quale richiede tecniche di valutazione<br />
economica opportune e solitamente utilizzate in presenza di risorse naturali e<br />
culturali in cui il mercato non riesce a rivelare completamente/pienamente il<br />
valore economico del bene/risorsa in questione. I valori percepiti dai privati e<br />
dagli utilizzatori delle risorse (si pensi, ad esempio, al legname) sono molto<br />
spesso notevolmente differenti dai valori sociali (per questa ragione, nei casi in<br />
cui il valore privato è diverso da quello sociale, situazione assai frequente in<br />
contesti naturalistici, l’utilizzo della risorsa viene “manipolato” attraverso misure<br />
di incentivo/disincentivo). Infatti, numerosi beni e servizi forniti dalle foreste non<br />
hanno mercato pur avendo un valore e per questa ragione è necessario impiegare<br />
tecniche di valutazione per beni extra mercato di cui parleremo più diffusamente<br />
nella seconda parte. Queste tecniche tentano di elicitare la disponibilità a pagare<br />
(DAP o WTP) vi individuale per un cambiamento nel livello di fornitura di un bene<br />
forestale o di un’insieme di tali beni. Gli approcci per valutare la foresta/il bosco<br />
potrebbero quindi includere tentativi di valutazione dei singoli beni e servizi per<br />
poi aggregarne i valori, oppure potrebbero considerare la valutazione di un<br />
cambiamento nel livello di fornitura generale della foresta.<br />
Il primo approccio, di tipo bottom up, rischia una distorsione di tipo part-whole<br />
cui corrisponde una somma delle componenti individuali maggiore o minore<br />
rispetto al valore dell’insieme totale dei beni e dei servizi. Il secondo approccio, di<br />
tipo top down, potrebbe allo stesso modo presentare errori se gli individui<br />
(rispondenti/intervistati) non sono perfettamente a conoscenza (o non possono<br />
comprendere l’importanza di alcuni aspetti) dell’insieme completo dei servizi<br />
forniti dalla foresta (e questo rischio è tanto più rilevante quanto più complesse<br />
sono le funzioni considerate o detenute dal bene oggetto di valutazione).<br />
vi In seguito, in questo lavoro, useremo “WTP”, dall’inglese willigness to pay, per indicare la<br />
disponibilità a pagare e “WTA”, da willingness to accept, per indicare la disponibilità ad accettare.<br />
65
Entrambi gli approcci sono stati considerati negli studi presenti nella letteratura<br />
sulla valutazione delle foreste e delle sue diverse funzioni. Nella rassegna che<br />
segue, sull’ampia letteratura riguardante la stima dei benefici delle diverse<br />
funzioni forestali, verranno considerati studi che riguardano la stima del valore di<br />
alcune specifiche funzioni forestali vii : quella turistico-ricreativa, quella<br />
corrispondente alla produzione di prodotti del sottobosco; verranno inoltre<br />
analizzati gli studi in cui si stima l’effetto delle foreste urbane sul valore degli<br />
immobili o l’amenity value (in cui solitamente viene incluso anche il valore<br />
ricreazionale e non solo quello scenico) delle foreste urbane o peri urbane. Oltre a<br />
questi si considereranno anche gli studi in cui si stima il valore economico totale<br />
seguendo l’approccio bottom up o quello top down.<br />
Una prima suddivisione del valore economico totale di una foresta viii nelle<br />
diverse componenti corrispondenti alle distinte funzioni, permette di comprendere<br />
la complessità del problema di valutazione.<br />
Sostanzialmente le tipologie di valore economico riscontrabili nelle foreste<br />
sono distinguibili in valori d’uso o valori di non uso. I valori d’uso si riferiscono<br />
alla disponibilità a pagare per l’utilizzo dei beni e dei servizi forestali. Tali valori<br />
potrebbero essere di tipo diretto (corrispondenti ad esempio all’uso estrattivo del<br />
legname) o indiretto (ad esempio di assorbimento di CO2 o di protezione<br />
idrogeologica). I valori d’uso potrebbero inoltre contenere valori d’opzione, che<br />
rappresentano disponibilità a pagare per salvaguardare l’opzione di un utilizzo<br />
futuro anche se attualmente non viene fatto alcun utilizzo della foresta, Tale<br />
opzione potrebbe essere riservata ai fini di un proprio utilizzo o per quello di<br />
un’altra generazione (a volte indicato come bequest value).<br />
I valori di non uso si riferiscono alla disponibilità a pagare indipendente da un<br />
qualsiasi uso, attuale o futuro, della foresta e rivelano le molteplici motivazioni<br />
per la conservazione. La somma dei valori d’uso e di non uso rappresenta il<br />
Valore Economico Totale (VET); esso corrisponde a quel valore che verrebbe<br />
perso se un’area afforestata venisse convertita ad altri utilizzi o se venisse<br />
seriamente danneggiata. Il VET potrà quindi essere stimato sommando i singoli<br />
valori d’uso e di non uso o cercando di derivare la disponibilità a pagare omnicomprensiva<br />
per la foresta in generale.<br />
3.2. Metodi di stima del valore economico delle risorse naturali con<br />
particolare riferimento a quelli utilizzati in contesti forestali<br />
vii Non verranno considerate in questa parte del lavoro le seguenti funzioni: funzione di<br />
assorbimento di CO2, funzione idraulica, funzione di produzione di biomassa legnosa per il<br />
mercato e l’assorbimento di lavoro.<br />
viii Vi sono numerose suddivisioni delle funzioni forestali evidenziabili dalla letteratura e<br />
complessivamente non vi è accordo su una suddivisione standard del valore economico totale nelle<br />
sue componenti. Per una rassegna recente ed accurata sulla scomposizione del valore economico<br />
totale del bosco si veda Gios e Goio (2005).<br />
66
Sostanzialmente nella letteratura economica riguardante la valutazione economica<br />
vi sono due categorie di metodi per misurare i benefici (o i danni) ambientali.<br />
La prima categoria, nota anche come metodo dei legami fisici, propone misure<br />
di prezzo e si basa sull’osservazione degli agenti economici in contesti reali<br />
(mercati organizzati). Benché i metodi rientranti in questa prima categoria<br />
consentano di fornire informazioni utili per i responsabili delle decisioni<br />
pubbliche, essi non permettono la stima del valore di esistenza ix e non forniscono<br />
in sostanza autentiche misure di benessere.<br />
La seconda categoria, nota anche come metodo dei legami comportamentali,<br />
propone misure di valore e si basa sull’osservazione degli agenti economici in<br />
contesti surrogati o ipotetici. Si tratta di metodi che mostrano una rivelazione<br />
della volontà/disponibilità a pagare piuttosto che una valutazione del livello di<br />
utilità. Questi approcci permettono quindi di stimare le curve di domanda dalle<br />
quali inferire l'uso del bene ambientale da parte degli agenti economici in<br />
corrispondenza di diversi prezzi.<br />
Nel contesto forestale la prima categoria richiede la ricerca dei mercati (e l’analisi<br />
dei dati ad essi relativi) in cui i servizi della foresta influenzano quei particolari<br />
mercati anche se quel servizio non viene comprato o venduto direttamente. Un<br />
esempio è costituito dal valore di una proprietà situata vicino ad una area<br />
afforestata o alberata che, come vedremo successivamente nell’analisi della<br />
letteratura, assume, ceteris paribus, valori più elevati nelle località prossime alle<br />
foreste rispetto a quelle senza questa caratteristica. La differenza nel prezzo delle<br />
abitazioni costituisce una prima approssimazione del valore economico della<br />
foresta ottenuta secondo l’approccio edonico del prezzo di una proprietà, tecnica<br />
che rientra fra le procedure di analisi delle preferenze rilevate di cui diremo più<br />
approfonditamente in seguito.<br />
Altre procedure di analisi delle preferenze rilevate rilevanti nel contesto<br />
forestale includono:<br />
(a) il metodo dei costi di viaggio, in cui la disponibilità a pagare viene<br />
inferita dalle spese di viaggio per e dalla foresta per motivi ricreativi;<br />
(b) il metodo delle scelte discrete in cui i valori vengono inferiti<br />
osservando le scelte fatte dagli individui in riferimento a due<br />
alternative. Un esempio è costituito dal legname certificato: se gli<br />
individui sono disposti a pagare di più per legname certificato rispetto<br />
al costo di un identico legname non sostenibile, l’incremento nel<br />
ix In letteratura esistono numerose distinzioni fra le componenti del valore economico totale di<br />
una risorsa ambientale. Fra queste quella che distingue il valore d’uso, il valore d’opzione e il<br />
valore di non uso come le tre principali componenti del valore economico totale sembra ottenere i<br />
maggiori consensi. Il valore d’uso riflette l’uso diretto della risorsa ambientale; il valore d’opzione<br />
riflette il valore riposto dalle persone sulla possibilità futura di utilizzare la risorsa; infine il valore<br />
di non uso riflette il fatto che le persone attribuiscono un valore anche all’esistenza stessa (da cui<br />
valore di esistenza) della risorsa naturale, di determinate specie o di interi ecosistemi.<br />
67
prezzo pagato riflette la valutazione degli individui per i benefici<br />
ambientali derivanti da boschi/legname sostenibili/e.<br />
L’alternativa ai metodi basati sulle preferenze rivelate è quella di analisi delle<br />
preferenze espresse/dichiarate mediante l’osservazione degli agenti economici in<br />
contesti di mercato surrogati o ipotetici, in cui rientrano le tecniche che richiedono<br />
l’utilizzo di una rilevazione mediante questionario in cui agli individui intervistati<br />
vengono sottoposti quesiti sul bene forestale e sulla loro disponibilità a pagare per<br />
conservare il bene o per migliorarne le qualità. Queste tecniche hanno un forte<br />
potere attrattivo ma presentano anche diverse difficoltà e problemi applicativi. Un<br />
primo problema è costituito dalla distorsione ipotetica (hypothetical bias), ossia<br />
dalla determinazione di quanto gli individui rispondano con sincerità riguardo la<br />
propria disponibilità a pagare. I questionari in cui si chiede “qual è la Sua<br />
massima disponibilità a pagare” o “è disposto a pagare X€” fanno capo alla<br />
tecnica di valutazione contingente. I questionari che presentano ai rispondenti<br />
scelte alternative sulla base di livelli diversi di alcuni attributi e chiedono agli<br />
intervistati di scegliere fra le alternative o di ordinarle, vengono indicate come<br />
procedure di choice modelling. In questa classe di procedure, ai rispondenti non<br />
viene direttamente chiesta la propria disponibilità a pagare; tuttavia uno degli<br />
attributi dell’insieme di scelta a loro sottoposto è dato dal prezzo, così che la<br />
disponibilità a pagare può essere inferita. Come vedremo nella survey la tecnica di<br />
valutazione contingente è stata ampiamente utilizzata nel contesto forestale<br />
mentre lo sono un po’ meno le tecniche di choice modelling. Per un riepilogo dei<br />
valori economici attribuibili ai diversi beni e servizi forniti dalle foreste e<br />
soprattutto della loro misurabilità per metodo di valutazione si veda la Tabella 3.1<br />
adattata da Pearce e Pearce (2001) x . Nei due paragrafi successivi tratteremo<br />
diffusamente i metodi rientranti nelle categorie evidenziate.<br />
Tabella 3.1 - Riepilogo dei valori economici ($ ha/per anno se non diversamente indicato) per<br />
funzione e tecnica di valutazione utilizzabile per le foreste temperate secondo Pearce e<br />
Pearce (2001)<br />
Forest good $ ha/pa Initial<br />
Form of cash<br />
Valuation techniques<br />
or service<br />
beneficiary flow<br />
b<br />
PF MP AC CV CM TC HP<br />
Timber<br />
conventional<br />
logging -4000 to +700<br />
sustainable (NPV) a<br />
Concessionaire Tax X X<br />
Fuelwood - Local<br />
communities /<br />
urban centres<br />
Usually none X X X<br />
NTFPs Small Local<br />
Usually none X X X<br />
community or local sales<br />
Genetic - Plant breeders. IPR fee / X X X<br />
information<br />
Drug<br />
companies<br />
royalities<br />
Recreation 80 Visitors. Payment, but X X<br />
x Per un’interessante e critica discussione sulla misurabilità dal punto di vista economico dei<br />
diversi benefici delle foreste si veda O’Brien (2003) in cui vi è una rassegna della letteratura<br />
relativa all’elicitazione dei valori ambientali e del loro ruolo nel processo decisionale. In questo<br />
lavoro si sostiene che la valutazione delle preferenze degli individui per i benefici intangibili,<br />
mediante le tecniche di valutazione economica, non catturano e non possono catturare l’insieme<br />
completo di valori che gli individui potrebbero avere.<br />
68
Watershed<br />
benefits<br />
Climate<br />
benefits<br />
Biodiversity<br />
(other than<br />
genetics)<br />
Tourism<br />
companies<br />
-10 to +50 Regional<br />
inhabitants<br />
90-400<br />
(afforestation)<br />
? Local and<br />
global<br />
communities<br />
leakage issue<br />
Usually none<br />
but potential<br />
for fees (e.g.<br />
developing<br />
countries)<br />
World In kind<br />
benefits (e.g.<br />
CDM)<br />
Debt for<br />
Nature,<br />
donations etc<br />
Amenity Small Local residents None:<br />
capitalized in<br />
land and<br />
property prices<br />
Non-use<br />
values<br />
Option<br />
values<br />
Existence<br />
values<br />
70?<br />
12-45<br />
Local, national<br />
and global<br />
communities<br />
Environmental<br />
funds, debt for<br />
nature, GEF,<br />
donations<br />
69<br />
X X X X<br />
X X X X X<br />
X? X<br />
X X X<br />
X X<br />
a Pearce (1994)<br />
b PF = production function, MP = market price, CV = contingent valuation, CM = choice modeling,<br />
TC = travel cost, HP = hedonic prices (property prices), AC = avoided costs.<br />
Source: adattato da Pearce and Pearce (2001).<br />
3.2.1. Tecniche di valutazione secondo il metodo dei legami fisici<br />
Fra le tecniche di valutazione rientranti nella categoria del metodo dei legami<br />
fisici (le quali non permettono di stimare le curve di domanda) si distinguono<br />
metodi di valutazione dei benefici mediante l'uso di prezzi di mercato effettivi dei<br />
beni e servizi, e metodi che valutano i costi mediante l'uso di prezzi di mercato<br />
effettivi degli input di protezione ambientale.<br />
Nei primi rientrano metodi di risposta alla dose o dose-risposta. Essi<br />
analizzano la relazione tecnica (ad es. di tipo biologico o ingegneristico)<br />
eventualmente esistente tra il bene ambientale e il consumatore) e richiedono<br />
l'esistenza di dati che colleghino la reazione fisiologica umana, vegetale o animale<br />
allo stress (es. da inquinamento): se, ad esempio, un certo livello di inquinamento<br />
è associato a una variazione della produzione, allora è solitamente possibile<br />
valutare la produzione a prezzi di mercato (perdita di raccolti a causa<br />
dell'inquinamento atmosferico).<br />
Detto metodo è soggetto al problema che le funzioni di danno potrebbero non<br />
essere direttamente in relazione con le funzioni di utilità individuali e pertanto<br />
potrebbero non essere in grado di descrivere il comportamento degli agenti<br />
economici né di stimare il valore di esistenza.<br />
Tra i metodi che utilizzano i prezzi di mercato effettivi degli input di protezione<br />
ambientale rientrano i metodi dei costi alternativi (o comportamento riduttivo o<br />
spese di prevenzione/difensive), dei costi di sostituzione e del costo opportunità.<br />
Il metodo dei costi alternativi analizza le spese difensive che sarebbero<br />
necessarie per rimuovere l'impatto del danno ambientale: i proprietari di un
abitazione, per esempio, possono acquistare del materiale isolante per<br />
contrastare/difendere l'inquinamento acustico. Detto metodo consente di<br />
individuare in tempi rapidi e a costi relativamente contenuti una soglia minima del<br />
valore che gli individui associano a beni e servizi ambientali sfruttando una serie<br />
di segnali forniti dal mercato. Il metodo dei costi di sostituzione considera il costo<br />
della sostituzione o del ripristino di un bene danneggiato e utilizza questo costo<br />
come misura del beneficio del ripristino. Esso è un metodo basato sul progetto<br />
ombra: nel caso in cui i progetti di sviluppo minaccino, ad esempio, habitat<br />
naturali, il metodo considera la possibilità, in termini di costi sostenuti, che venga<br />
"ricostruito" un bene ambientale altrove. Vi è tuttavia una notevole difficoltà di<br />
attuazione di questo metodo, sia per la difficoltà di riuscire a ricreare, attraverso<br />
un'azione esterna, ecosistemi che abbiano la stessa funzionalità degli originari, sia<br />
perché in alcuni casi l'unicità di alcuni siti esclude la possibilità di ipotizzare la<br />
creazione di progetti ombra. Mediante il metodo del costo opportunità non si<br />
misurano direttamente i benefici ambientali. Si stimano invece i benefici<br />
dell'attività che provoca il degrado dell'ambiente per stabilire una misura di<br />
quanto elevati dovrebbero essere i benefici ambientali per rendere l’attività che<br />
provoca il degrado non conveniente.<br />
3.2.2. Tecniche di valutazione secondo il metodo dei legami comportamentali<br />
Fra le tecniche di valutazione rientranti nella categoria del metodo dei legami<br />
comportamentali (che permettono di stimare le curve di domanda) vi sono quelle<br />
che ricorrono a simulazioni del mercato, (analisi delle preferenze espresse o<br />
dichiarate o enunciate, stated preference o metodi diretti) e quelle basate<br />
sull’analisi dei mercati surrogati, (analisi delle preferenze rivelate, revealed<br />
preference o metodi indiretti), i quali, tuttavia, non permettono la stima del valore<br />
di esistenza.<br />
Rientrano nel primo gruppo le metodologie basate su mercati contingenti e in<br />
parte su mercati politici che permettono di stimare sia le componenti di uso sia<br />
quelle di non uso del bene considerato. Si tratta, in generale, di metodi costosi da<br />
implementare poiché richiedono indagini campionarie di una certa consistenza.<br />
Esse sono il metodo della valutazione contingente, il choice modelling, la<br />
tecnica Delphi e il focus group. Il metodo della valutazione contingente è fondato<br />
sulla nozione di "mercato contingente", ossia su un mercato caratterizzato dalla<br />
stipula di un contratto che pattuisce lo scambio del bene subordinatamente al<br />
verificarsi di un certo evento: esso considera un unico attributo di scelta ossia il<br />
prezzo di un biglietto o una tassa (o un altro veicolo di pagamento) per il quale si<br />
chiede al rispondente la disponibilità a pagare o meno per il raggiungimento di un<br />
certo obiettivo. Tale metodo viene ritenuto l'unico utilizzabile al fine di misurare<br />
valori di uso e valori di non uso ed è il più semplice fra quelli di preferenze<br />
espresse. Il choice modelling è un metodo che, a differenza della valutazione<br />
contingente, considera più attributi per il bene sottoposto a valutazione e non solo<br />
quello monetario. Esso permette all'intervistato di valutare il bene nella sua<br />
globalità (multi attributi) senza dover esplicitare le proprie preferenze su una<br />
70
singola caratteristica del bene considerato (solitamente monetaria, nel caso della<br />
valutazione contingente). Nella tecnica Delphi le valutazioni sono affidate ad<br />
esperti preferibilmente appartenenti a diverse discipline (responsabili delle<br />
politiche di regolamentazione, decisori pubblici, ecc.). Il metodo basato su focus<br />
groups, infine, richiede come il precedente campioni ridotti di soggetti: si tratta, in<br />
sostanza, di un metodo che effettua studi pilota su piccoli campioni di<br />
popolazione o di utenti al sito/luogo oggetto di indagine.<br />
Nel secondo gruppo, quello dei metodi indiretti, che si basano cioè sull’analisi<br />
delle preferenze rivelate, si trovano il metodo dei costi di viaggio, il metodo dei<br />
prezzi edonici, il metodo dei costi di compensazione e il modello delle scelte<br />
discrete. Il metodo dei costi di viaggio permette di valutare una risorsa ricreativa<br />
utilizzando il valore del tempo e degli altri costi sostenuti per visitare il sito come<br />
proxy di ciò che i visitatori sono disposti a pagare per visitare il sito. Il metodo dei<br />
prezzi edonici si basa sulla premessa che un bene (o un servizio) possa essere<br />
definito mediante un insieme di caratteristiche o attributi che ne definiscono il<br />
prezzo: esso utilizza l’analisi di regressione multipla per “estrarre” la componente<br />
ambientale del valore attribuito in un mercato surrogato. D’altra parte, detto<br />
metodo è affetto da problemi di sovra o sotto stima, a seconda dei casi concreti:<br />
nel mercato degli immobili, ad esempio, vi è la mancanza di dati numerosi e<br />
significativi tale da rendere discordanti le relazioni tra i prezzi dei beni privati e le<br />
caratteristiche ambientali. Inoltre, vi è una certa difficoltà nell'individuazione<br />
delle variabili esplicative da inserire nella funzione di prezzo, tra cui problemi di<br />
multicollinearità, difficoltà nell'isolare le vere ragioni in grado di spiegare la<br />
varianza di prezzo degli immobili. Il metodo dei costi di compensazione, infine,<br />
calcola i risparmi di costo impliciti in una riduzione degli effetti esterni degli<br />
agenti inquinanti e conseguentemente quantifica il valore tramite implicita<br />
misurazione della riduzione dei costi di conservazione.<br />
A questi metodi si può aggiungere il metodo del trasferimento del beneficio,<br />
caratterizzato da costi ridotti e tempi rapidi, il quale stima le funzioni di domanda<br />
di un determinato bene ambientale utilizzando i risultati di valutazioni effettuati in<br />
altri siti.<br />
Tratteremo ora più in dettaglio i metodi più frequentemente applicati nel contesto<br />
forestale (valutazione contingente, choice modelling, costi di viaggio e il metodo<br />
dei prezzi edonici) a cui aggiungeremo alcune considerazioni sul trasferimento del<br />
beneficio.<br />
3.2.2.1. Valutazione contingente<br />
Per quanto riguarda la valutazione contingente cercheremo di illustrare i punti<br />
rilevanti rimandando all’estesa letteratura sviluppata in materia per<br />
71
approfondimenti xi . Prima di tutto, è il metodo di analisi delle preferenze dichiarate<br />
più noto, più utilizzato e più studiato in maniera approfondita sia a livello teorico<br />
sia a livello statistico. La sua notorietà e la sua vasta applicazione derivano dalla<br />
flessibilità dello strumento rispetto allo scenario e ai valori da analizzare. È inoltre<br />
da sempre considerato l’unico metodo disponibile per misurare i valori di uso e<br />
non di uso. È tuttavia anche uno dei metodi di analisi economica che più di altri<br />
ha generato dibattiti inter-disciplinari e controversie relativamente alla sua<br />
applicabilità e affidabilità. In sintesi, il metodo è così strutturato. Tramite la<br />
costruzione di un mercato contingente ipotetico, che fornisce il supporto<br />
all’analisi, si definisce il contesto nel quale il bene in esame deve essere<br />
valutato xii .<br />
La valutazione deve avere come riferimento la scarsità di risorse (il vincolo di<br />
bilancio individuale) ed essere inserita in un contesto dove si evidenziano<br />
chiaramente i rapporti di complementarietà e sostituibilità nel paniere di beni xiii . In<br />
sintesi, gli elementi principali da individuare, nello scenario di valutazione sono: i<br />
beneficiari dell’intervento (cittadini residenti, utente diretti, tutti i possibili utenti<br />
attuali e futuri, ecc.); la regola decisionale (via referendum o costi benefici); le<br />
modalità di pagamento (tariffe, imposte, variazioni di prezzo, contribuzioni ad un<br />
fondo), la struttura della domanda sulla WTP (di tipo dicotomico a<br />
“referendum” xiv , di tipo aperto open ended, con meccanismo di asta iterativa, a<br />
scala di pagamento), la struttura temporale dei pagamenti (unico, periodico) xv . In<br />
xi Si vedano Carson e Mitchell (1989), Freeman (1993), Bishop et al. (1995), Bateman e Willis<br />
(1999) e Garrod e Willis (1999). Per un dibattito sui limiti e le debolezze del metodo si veda il<br />
classico Symposia sul Journal of Economic Perspectives, 1994.<br />
xii A livello metodologico, l'intervista - questionario può essere realizzata tramite intervista<br />
postale, telefonica o diretta in sito. Ogni tecnica presenta vantaggi e svantaggi, che vanno<br />
considerati per scegliere, in ogni applicazione, quello maggiormente adatto. Non sembra esistere<br />
un metodo di rilevazione dominante: se l'intervista diretta può offrire maggiore possibilità di<br />
interazione con il soggetto intervistato, i suoi costi sono alti rispetto ad un’indagine postale o<br />
telefonica. Inoltre, la presenza dell’intervistatore può generare distorsioni. Il questionario<br />
sottoposto via telefono abbatte di molto i costi, ma sembra intuitivamente più opportuno ed<br />
efficace quando il bene è di mercato ed è familiare. Tramite intervista postale si possono<br />
analizzare tutte le componenti di valore; i problemi principali sembrano essere il rischio di ottenere<br />
stime a livello famigliare e non individuale, l’usuale tasso ridotto di risposta, la mancata<br />
opportunità di fornire spiegazioni. Quiggin (1998) studia le differenze, nel caso di un bene<br />
pubblico, fra la disponibilità a pagare a livello di famiglia e a livello di individuo. Si conclude che<br />
esistono differenze quando i membri della famiglia sono reciprocamente altruisti, e la somma delle<br />
singole WTP individuali è maggiore della WTP famigliare.<br />
xiii Nel caso dei beni ambientali, i beni sostituti possono essere altri siti ambientali e/o altri beni<br />
che entrano nella funzione di utilità dell’individuo.<br />
xiv Le domande di WTP strutturate su base dicotomica (accettare o meno una data “offerta” di<br />
WTP) , sebbene generalmente più “facili” per l’intervistato, offrono meno informazioni sulla<br />
distribuzione della disponibilità a pagare. Essenzialmente, sacrificano efficienza informativa per<br />
evitare alcuni delle distorsioni presenti in altre forme di VC (open ended). Siccome introducono<br />
altre distorsioni (yea saying), il ricercatore è di fronte ad un trade off nell’uso delle diverse forme<br />
di VC, non esistendo una chiara alternativa dominante. Si veda Signorello (1994) per una<br />
illustrazione delle tecniche statistiche parametriche e non parametriche utilizzate nel formato<br />
“aperto” e dicotomico.<br />
xv Pearce e Mourato (1998) descrivono le tre parti principali costituenti una VC. Primo, occorre<br />
“preparare” l’intervistato con una serie iniziale di domande relative al bene e alla sua percezione<br />
72
secondo luogo, è anche il metodo più discusso xvi . La sua estensiva applicazione e<br />
popolarità è stata infatti associata e seguita da un processo di critica, fondato su<br />
prospettive sia economiche sia non economiche, volto ad illustrare e dimostrare le<br />
dello stesso. Poi, si descrive lo scenario contingente: bene offerto e situazione da esaminare,<br />
motivazioni e ragioni della variazione nella “fornitura” dello stesso, illustrazione del metodo di<br />
pagamento, e delle modalità generali dell’offerta. La WTP è espressa tramite domanda diretta su<br />
quanto si valuta il bene nelle condizioni esposte, rispetto ad una situazione di partenza (reale). Lo<br />
scenario con cui confrontare lo status quo può essere sia ipotetico (se la valutazione è ex ante) o<br />
reale (se ex post). Il “mercato” è comunque contingente, e lo scambio ipotetico. La struttura<br />
generale è quindi sempre ipotetica. Infine, si chiude usualmente il questionario mediante una serie<br />
di domande follow up, che testano la consistenza delle risposte precedenti e raccolgono<br />
informazioni socioeconomiche. Si vede chiaramente, come già sottolineato, che la quantificazione<br />
monetaria del bene è solo una componente della metodologia, che può e deve essere arricchita ed<br />
integrata da informazioni qualitative e socio-economiche.<br />
xvi I limiti e le potenzialità del metodo sono chiare fin dalla sua origine (Ciriacy-Wantrup,<br />
1947). Dopo quasi 50 anni dalla sua nascita molti problemi rimangono insoluti. Mitchell e Carson<br />
(1989) esaminano le potenziali fonti di errore che si possono presentare nell’analisi. Innanzi tutto,<br />
si distingue la “vera” disponibilità a pagare e la WTP “rivelata”. La seconda è osservabile, mentre<br />
la prima non lo è. Gli “errori” della rivelazione possono essere associati o a distorsioni relative alla<br />
formazione della vera WTP, o a rivelazioni di WTP che non corrispondono alla reale preferenza<br />
(Luzar e Cossè, 1998).<br />
La misura espressa può differenziarsi dalla vera WTP causa errori di tipo casuale, errori<br />
sistematici ed errori dovuti a fenomeni di non risposta ed errato campionamento (Bishop e<br />
Romano, 1998). L’errore random è associato ai problemi di affidabilità (Reliability), quello<br />
sistematico al tema della validità (Validity). Se gli errori di tipo random possono essere ridotti<br />
ottimizzando (espandendo) il campione e ripetendo l’indagine, per quanto riguarda gli errori<br />
sistematici i problemi sono maggiori. I ricercatori hanno sviluppato un nucleo di “regole del<br />
pollice” e tests al fine di ridurre le distorsioni. Come osservato, le distorsioni sistematiche<br />
riguardano sia la vera WTP sia quella rivelata. Le prime dipendono dalla struttura del questionario<br />
e dell’indagine, nel modo in cui “creano” la preferenza e mettono l’intervistato nella condizione di<br />
esprimere una WTP consistente con l’oggetto di studio; la seconda dipende dagli incentivi presenti<br />
a sovra o sotto stimare la vera WTP per motivazioni strategiche. Bishop e Romano (1998)<br />
forniscono una esaustiva sintesi e classificazione delle fonti di errore sistematico, come dipendenti<br />
dalla descrizione dello scenario e dagli strumenti di rivelazione contingente utilizzati. Il primo<br />
gruppo di biases emerge quando la struttura della domanda incentiva a formulare WTP che si<br />
differenziano dalla vera preferenza. In questa categoria si classificano distorsioni strategiche,<br />
finalizzate ad influenzare la fornitura del bene (sovra stima) o a sottorappresentare la WTP, nel<br />
caso in cui lo scenario presentato è avvertito come preludio ad una futura e certa fornitura privata<br />
del bene. Altre distorsioni (compliance bias) si presentano come effetto del rapporto fra<br />
rispondente e intervistatore e fra rispondente ed eventuali sponsor; l’indagine deve essere quindi<br />
percepita come neutra, senza la presenza di sponsor espliciti o presunti. Una terza serie di<br />
distorsioni si hanno come effetto di informazioni fornite dal questionario, che “suggeriscono” un<br />
valore in modo implicito (implied value clues): starting point bias, range bias (informazioni e<br />
valori forniti sulla WTP), relational bias, position bias (relazione con altri beni). Inoltre, lo<br />
scenario specificato può non essere consistente con la teoria economica di riferimento (theoretical<br />
mispecification bias). Distorsioni possono anche emergere dalla differenza fra il bene come<br />
percepito dagli intervistati e come inteso e descritto dall’intervistatore; una serie di part-whole<br />
biases (geographical, benefit, policy-package) può inoltre generare dati non consistenti con gli<br />
obiettivi della ricerca, soprattutto nel caso di beni pubblici puri. Una ultima classe di distorsioni<br />
emerge dal contesto/struttura definito dal questionario: il metodo di pagamento, la scelta fra WTP<br />
e WTA, il vincolo di bilancio, il formato della domanda relativa alla espressione della WTP, la<br />
sequenza delle domande, sono tutti fattori che possono influenzare il modo in cui la WTP viene<br />
formata e poi espressa.<br />
73
debolezze e ambiguità caratterizzanti il metodo. Molteplici possono essere le<br />
condizioni di carattere micro-economico, socio-psicologico, metodologico e<br />
politico-ideologico che ne restringono la portata e l’applicabilità e che possono<br />
inficiare i risultati. Larga parte del dibattito verte sulle presunte distorsioni alle<br />
quali l’uso del metodo può condurre, dovute essenzialmente alla natura ipotetica xvii<br />
dell’indagine xviii . Comunque, si può asserire che la maggior parte di queste<br />
eventuali distorsioni non siano specifiche alla VC, ma a tutte le tecniche basate su<br />
interviste dirette xix . Tra le principali “distorsioni” ricordiamo le seguenti.<br />
In primo luogo, possono emergere distorsioni da comportamento strategico, se i<br />
rispondenti esprimono valutazioni che non riflettono i loro veri assetti di<br />
preferenza. Pur conoscendo il beneficio generato dal bene (assegnando in modo<br />
consistente un valore), gli individui esprimono una misura differente. Tale<br />
distorsione può portare a sottostime, nei casi in cui gli utenti pensino che la<br />
risposta darà origine ad un effettivo pagamento (easy riding), o a sovra-stime se<br />
percepiscono invece che la risposta influenzi una reale decisione, ma senza che si<br />
realizzi poi un effettivo pagamento.<br />
In secondo luogo, sono possibili distorsioni da scenario ipotetico o da mancanza<br />
di incentivi, le quali derivano dalla natura dell’inchiesta, che non fornirebbe in<br />
xvii<br />
La natura ipotetica, come notano Romano e Viganò (1998) genera tuttavia errori di carattere<br />
casuale e non sistematico.<br />
xviii<br />
Rimandiamo alla monografia di Carson e Mitchell (1989). Si può comunque notare, a<br />
livello generale, come l’esercizio della VC presenti per il soggetto intervistato due tipologie di<br />
problemi, (da non confondere): la formulazione del (vero) valore come problema di<br />
massimizzazione vincolata della funzione di utilità e la rivelazione del valore, che è influenzata da<br />
opportunità strategiche. Le possibili distorsioni delle stime riguardano sia il processo di<br />
formulazione del valore sia il processo di rivelazione – espressione della vera WTP. Si veda anche<br />
il contributo di Montini in Nuti (2001) e il volume di Casoni e Polidori (2002).<br />
xix<br />
La preparazione del formato dell’intervista e del questionario di supporto non segue<br />
modalità fisse, anche se dovrebbero essere seguite delle linee guida per evitare di incorrere in<br />
errori di strutturazione che si ripercuotono sui risultati. Boulier e Goldfard (1998) forniscono<br />
alcune linee guida da seguire per “migliorare” la struttura dei questionari utilizzati per sottoporre a<br />
verifica ipotesi proprie della teoria economica. Per iniziare, gli obiettivi devono essere chiari,<br />
specifici, e non ambigui. Dopodiché, occorre scegliere, anche in relazione agli obiettivi, il metodo<br />
di raccolta dei dati, la cui scelta è usualmente confinata a questionario postale, intervista<br />
telefonica, o intervista personale diretta. Ogni metodologia di indagine presenta vantaggi e<br />
svantaggi, da considerarsi relativi e non assoluti. L'intervista deve essere comunque strutturata in<br />
modo che non si presentino ambiguità, con una descrizione chiara e semplice del bene e dello<br />
scenario, fornendo informazioni in modo neutrale e rimanendo in un tempo medio, per intervista,<br />
di 15-30 minuti. Il campione da analizzare deve essere anche esso scelto in base agli obiettivi<br />
prefissati. È ovvio che un’analisi in situ privilegia gli utenti diretti, mentre le interviste telefoniche<br />
o via posta raccolgono informazioni su un campione allargato di utenti e non utenti. Per finire, nel<br />
caso l’obiettivo ultimo sia una valutazione monetaria, è opportuno strutturare la domanda di WTP<br />
come momento centrale dell’indagine, preceduta da informazioni fornite e da domande di apertura<br />
per mettere a uso agio l'intervistato, e aiutare la focalizzazione del bene e la “costruzione” del set<br />
di preferenze e vincoli di bilancio; a ciò si dovrebbe far seguire alcune domande follow up, che<br />
testino la consistenza delle risposte e raccolgano informazioni socioeconomiche. In ogni caso, per<br />
le tecniche che raccolgono informazioni su preferenze espresse, il compito è quello di presentare<br />
agli utenti informazioni che essi possano comprendere, minimizzando le loro difficoltà. Si vedano<br />
anche EFTEC (2001) e Mourato e Mazzanti (2002).<br />
74
alcuni casi gli incentivi necessari a fornire risposte consistenti con le vere<br />
preferenze. Opportuni test statistici e strutturazioni incentivanti del formato di<br />
analisi possono ridurre il problema, stabilendo transazioni ipotetiche<br />
soddisfacenti, accettate, ed incentive compatible (Signorello, 1995). In questo<br />
caso, a differenza del precedente, gli individui non sono però in grado di fornire,<br />
anche esprimendo il “vero”, una misura consistente di valore. La distorsione è<br />
relativa all’espressione della misura di valore “reale”.<br />
Inoltre, vi sono distorsioni dovute allo specifico formato del questionario e del<br />
mezzo di pagamento scelto. Si osserva infatti che ogni tipologia di pagamento<br />
(tassa, aumento di prezzo, donazione ad un trust) e il formato stesso della<br />
domanda sulla WTP possono presentare problemi nel rilevare la “vera”<br />
disponibilità a pagare.<br />
Come quarto punto, notiamo le possibili distorsioni dovute a embedding effects.<br />
Questo è un problema di scala. Il bene o servizio da valutare potrebbe essere<br />
“incluso” in una scala di possibili livelli di offerta. Alcuni autori (Kahneman e<br />
Knetsch, 1992) hanno concluso che gli individui sarebbero in certi casi insensibili<br />
alla scala di fornitura, dimostrando di esprimere così non una WTP effettiva per lo<br />
scenario descritto, ma un generico contributo ad una buona causa (effetto warm<br />
glow). Altri autori sostengono invece che problemi di insensibilità sono prima di<br />
tutto dovuti a carente strutturazione dello studio e del questionario, e che inoltre<br />
appositi test statistici possono comunque essere effettuati;<br />
Infine, possono emergere distorsioni “da informazione”. Siccome la risposta è<br />
influenzata dalle informazioni sullo scenario, fornite dall’intervistatore, è<br />
possibile presumere che maggiore è la pre-conoscenza del bene, minori saranno<br />
queste distorsioni, in termini di (eccessiva) varianza delle stime di WTP. Occorre<br />
però notare che la familiarità con il bene in esame è una questione di grado: la<br />
familiarità non implica necessariamente esperienza diretta precedente, e<br />
l’esperienza diretta non implica la familiarità (Bishop e Romano, 1998; Kenyon e<br />
Edwards, 1998). Inoltre, l’effetto di differenti livelli di informazione fornita non<br />
ha una direzione definita sulla WTP espressa, in quanto questo dipende dal tipo di<br />
informazione e dal suo contenuto. Un risultato raggiunto in letteratura è che una<br />
maggiore informazione diminuisce la probabilità di ottenere risposte nulle o di<br />
protesta (Hanley e Munro, 1993). Un effetto di information overloading può<br />
invece emergere quando è fornita troppa informazione: gli utenti non possono<br />
assimilare informazioni che entro certi limiti. Nella prospettiva di chi effettua la<br />
ricerca, occorre quindi gestire un trade off fra realismo e distorsioni derivate<br />
dall’informazione fornita.<br />
Sono stati proposti, per limitare e testare le distorsioni presenti, alcuni test di<br />
“consistenza”, relativi sia alla validità sia all’affidabilità delle stime ottenute. Per<br />
quanto riguarda la validità, in parte occorre limitare e, se possibile, “smascherare”<br />
eventuali comportamenti strategici, in parte occorre costruire uno scenario capace<br />
di “costruire” le preferenze fornendo un supporto (questionario) ed informazioni<br />
consistenti, plausibili, rilevanti ed accettate. Mitchell e Carson (1989) definiscono<br />
75
tre situazioni: content validity , che fa riferimento alla struttura del questionario,<br />
alla descrizione del bene e relativa fornitura di informazione, e ai metodi di<br />
rivelazione delle preferenze utilizzati; criterion validity , che riguarda la<br />
consistenza delle stime con misure di prezzo ottenute in mercati reali o<br />
sperimentali; construct validity (suddivisibile in convergent e theoretical), cioè il<br />
grado in cui le stime sono consistenti con misure rivelate tramite tecniche<br />
alternative, quali costi di viaggio (convergent), o con le aspettative derivate dalla<br />
teoria (theoretical).<br />
Fra i possibili test statistici utilizzabili, si possono elencare i seguenti. In primo<br />
luogo, test di validità teorica volti a verificare se i risultati sono consistenti con le<br />
ipotesi della teoria economica. Di solito, si analizza l’influenza statistica del set di<br />
variabili socio-economiche sulle stime della WTP, verificando la significatività dei<br />
coefficienti; un secondo test verifica l’effetto di scala sulla stima della WTP.<br />
Si vuole analizzare la rilevanza della distorsione dovuta a embedding,<br />
analizzando come e se la WTP sia sensibile alle variazioni di scala. Un fallimento<br />
del test indica, secondo alcuni autori sopra citati, che la VC non misura una reale<br />
variazione di benessere, ma una soddisfazione generica dovuta alla partecipazione<br />
alla fornitura di un bene pubblico (Andreoni, 1989). Un ultimo test di validità<br />
teorica analizza il rapporto fra WTP e livello di reddito: se il bene in esame è<br />
normale, la WTP deve incrementare all’aumentare del reddito, con un coefficiente<br />
di elasticità maggiore di zero xx . In secondo luogo, test di convergenza delle stime:<br />
questo tipo di esame statistico analizza le stime WTP della VC confrontandole con<br />
stime ottenute trame altre metodologie di preferenze rivelate xxi o, quando<br />
possibile, con la “vera” WTP espressa in mercati reali. Infine, oltre a misure della<br />
validità teorica, abbiamo misure di test che testano l’affidabilità delle stime.<br />
Possiamo essere infatti interessati a verificare l’affidabilità temporale,<br />
conducendo l’analisi in periodi differenti e distanti fra loro xxii . Questo test viene<br />
definito in letteratura test-retest procedure (Romano e Viganò, 1998) e si propone<br />
di effettuare la stessa analisi, in tempi diversi, sullo stesso campione. Per gli<br />
elevati costi è raramente applicato; inoltre si fonda sull’ipotesi di invarianza delle<br />
variabili che influenzano la WTP. L’affidabilità delle stime può essere inoltre<br />
migliorata perfezionando le tecniche di campionamento, ed aumentando la<br />
numerosità campionaria, in quanto lo standard error della media diminuisce<br />
all’aumentare della numerosità. Mitchell e Carson (1989) propongono infine di<br />
incrementare l’affidabilità tramite uso di stimatori robusti che limitino l’effetto di<br />
valori outliers sulla stima della WTP media.<br />
xx In letteratura, dato che sono state rilevate spesso figure inferiori all’unità, si è aperto un<br />
dibattito sulla effettiva e corretta misura dell’elasticità al reddito. Ma come Flores a Carson (1997)<br />
notano, le analisi di VC forniscono una elasticità al reddito per livelli costanti della quantità, che è<br />
differente dalla elasticità al reddito della domanda, calcolata per livelli della quantità che variano.<br />
Un bene di lusso, a quantità costanti, può presentare un’elasticità al reddito minore di uno.<br />
xxi Come notano Bishop e McCollum (1998), effettuare una analisi dei costi di viaggio è<br />
sempre una opzione non costosa, e complementare, da associarsi alla rivelazione di dati per uno<br />
studio di VC.<br />
xxii Si veda Riganti e Willis (1997).<br />
76
3.2.2.2. Choice modelling<br />
Introduciamo ora una seconda metodologia di stima nell’ambito delle analisi<br />
mediante preferenze dichiarate, utilizzata solo recentemente nel campo delle<br />
analisi su risorse ambientali, l’approccio conjoint analysis xxiii in cui rientrano<br />
tecniche le quali possono essere accomunate sotto il nome di choice modelling, in<br />
altre parole tutte quelle metodologie estimative che fondano la loro analisi su<br />
modelli di scelta sperimentale multi-attributo. In questo paragrafo si analizzeranno<br />
le potenzialità che questo approccio può presentare per la stima delle preferenze<br />
dei beni ambientali.<br />
L’idea alla base del metodo rimane quella secondo la quale gli utenti (e non<br />
utenti) abbiano un assetto di preferenze (latenti) associate al consumo di beni<br />
pubblici (puri o impuri) e che tali preferenze siano associate a valori sia di uso sia<br />
di non uso. Come per la valutazione contingente, lo scenario di policy deve essere<br />
accuratamente descritto, e il mezzo di pagamento specificato ed accettato come<br />
plausibile e rilevante.<br />
Nei confronti della valutazione contingente, la tecnica choice modelling si<br />
differenzia principalmente poiché offre la possibilità di valutare le preferenze per<br />
singoli attributi quanti-qualitativi del bene in esame xxiv . Si possono misurare,<br />
quindi, le preferenze e le variazioni di benessere associate a scenari alternativi allo<br />
status quo dove solo uno, od una serie di attributi, variano. Questo permette di<br />
valutare la significatività di ogni singolo attributo, servizio o funzione del bene<br />
ambientale, come fattore esplicativo della domanda. Inoltre, si possono valutare le<br />
variazioni di benessere fra lo status quo e gli scenari alternativi delineati,<br />
aggregando il valore dei singoli elementi che definiscono l’offerta in un dato<br />
scenario.<br />
La metodologia di conjoint analysis / choice modelling presenta le seguenti<br />
caratteristiche principali. Innanzitutto, possiede la potenzialità di gestire ed<br />
xxiii Il termine conjoint analysis è una definizione generica, risalente al lavoro di Green e<br />
Srinivasan (1978), per definire metodologie diffuse da tempo nella letteratura di marketing e<br />
nell’ambito di economia dei trasporti, volte ad analizzare scenari multi-attributo, con beni definiti<br />
su di un vettore di caratteristiche. Il paradigma teorico di riferimento è la teoria micro-economica<br />
sviluppata da Lancaster (1991), la quale assume che i consumatori percepiscano il bene come<br />
definito da un vettore di caratteristiche dalle quali traggono soddisfazione, e alle quali è quindi<br />
possibile assegnare specifici prezzi ombra. In tal senso, la ricerca empirica potrebbe essere<br />
indirizzata ad analizzare se e come il bene-servizio ambientale possa essere disaggregato in un<br />
insieme di “qualità” che lo definiscono e ne compongono il “valore” aggregato.<br />
xxiv Il contesto della conjoint analysis, con le scelte di sperimentali, ha la caratteristica singolare<br />
di caratterizzare un contesto sperimentale di analisi, dove vi è la possibilità, da parte del<br />
ricercatore, di modellare la struttura scegliendo (a) il numero di alternative, partendo da un minimo<br />
di due, con la presenza necessaria di uno status quo per rendere possibili le valutazioni monetarie;<br />
(b) il numero degli attributi; (c) il numero dei livelli per ciascun attributo. Si utilizza il supporto<br />
teorico fornito dall’analisi di Lancaster (1991), che definisce i beni oggetto di consumo come<br />
bundle of characteristics.<br />
77
analizzare contesti nei quali il bene ed i relativi cambiamenti dallo status quo sono<br />
multi dimensionali e devono essere disaggregati. Questo porta ad una maggiore<br />
capacità investigativa, nell’analizzare i trade off fra diverse caratteristiche e<br />
funzioni xxv ; si possono verificare circostanze in cui per lo stesso bene ambientale<br />
sono possibili diversi livelli di offerta, oppure situazioni in cui la stima concerne<br />
un bene complesso la cui offerta è modulabile secondo combinazioni variabili<br />
nelle caratteristiche che lo compongono. Infine, può verificarsi il caso in cui<br />
l’interesse del committente sia rivolto non tanto alla conoscenza del valore del<br />
bene, quanto alla determinazione del valore dei singoli attributi e dei trade off<br />
rilevanti. Si possono quindi valutare le WTP per i singoli attributi, le misure di<br />
benessere associate a variazioni, fra diverse alternative, di uno o più attributi, e<br />
ricavare una classificazione implicita dell’importanza relativa di ciascun attributo.<br />
In secondo luogo, tale tecnica evita l’esplicita misura della disponibilità a pagare<br />
tramite domanda diretta relativa alla WTP tipica della VC. Il prezzo è inserito come<br />
“caratteristica” del bene offerto, e varia tra le diverse alternative, per le quali è<br />
richiesta al rispondente una classificazione, che può essere cardinale o ordinale.<br />
Pur essendo una variante della VC xxvi , ne evita quindi i due problemi principali:<br />
la domanda diretta relativa alla WTP e la descrizione del bene, che è presentato<br />
come omogeneo, senza l’effettiva possibilità di verificare quali caratteristiche<br />
influiscono maggiormente sulla risposta, sia in termini positivi sia negativi.<br />
Come terzo punto, notiamo che, come le altre tecniche basate su preferenze<br />
espresse, può misurare ogni tipo di valore di uso e non uso. Sembra comunque<br />
possedere un vantaggio comparato per le analisi ex ante (rispetto ad un certo<br />
intervento/progetto), dove è possibile formulare scenari su ipotetici regimi di<br />
gestione tra loro alternativi.<br />
Inoltre, le tecniche choice modelling possono, nello specifico contesto dei beni<br />
forestali, strutturare scelte fra alternative di offerta associate a diversi siti, o<br />
alternative caratterizzanti la stessa istituzione (stesso sito) con diversi profili<br />
qualitativi (e di prezzo) xxvii . Ogni alternativa deve possedere almeno due attributi<br />
fra i quali deve sussistere un rilevante trade off. Nel caso in cui la ricerca sia<br />
finalizzata a misurazioni monetarie, all’interno del nucleo degli attributi, uno di<br />
questi sarà il prezzo (il fattore monetario di costo).<br />
Infine, la valutazione ottenuta utilizzando questa tecnica permette la stima del<br />
valore economico per ogni alternativa presentata, de-composta in attributi e livelli<br />
xxv Pur non essendo specifico al patrimonio forestale, il paper di Cambpell et al. (2006) è<br />
interessante in quanto pone in evidenza (empirica) il problema delle preferenze lessicografiche<br />
(con un fattore che non è soggetto a trade off, ed è in ogni caso preferito agli altri nei choice sets),<br />
che può incidere in modo distorsivo sulle stime del valore di beni multi-funzionali e multi-attributo<br />
in contesi di CM.<br />
xxvi È preferibile affermare che la VC dicotomica-referendaria è un caso specifico- ossia il caso<br />
più semplice a scelta singola- delle tecniche di choice modelling.<br />
xxvii I punti (i)-(iv), seppure indicati come attrattive della famiglia delle tecniche conjoint<br />
analysis, si ritengono maggiormente rilevanti nel caso specifico degli esperimenti di scelta.<br />
78
(le caratteristiche del bene oggetto dell’analisi). Questo è un elemento di grande<br />
potenzialità e interesse per enti, agenzie pubbliche e soggetti privati che vogliano<br />
valutare eventi e scenari caratterizzati da diversi attributi e diversi livelli degli<br />
stessi attributi, anche in assenza di risorse che permettano di effettuare valutazioni<br />
separate per ogni alternativa di policy.<br />
Le tecniche che derivano dall’ambiente conjoint analysis sono da considerarsi<br />
complementari alle più sperimentate metodologie di valutazione contingente, le<br />
quali offrono ampia flessibilità operativa ma presentano alcuni svantaggi sopra<br />
evidenziati. Choice modelling rappresenta quindi un “ombrello” che nasconde una<br />
serie di approcci tra loro collegati, dove scelte, classificazioni tra alternative<br />
diverse costituiscono il nucleo della tecnica estimativa. Se le attrattive del metodo<br />
sono state descritte, lo svantaggio maggiore sembra derivare dal numero di scelte<br />
ripetute, che l’intervistato deve effettuare, relativamente ad un bene che è<br />
suddiviso in molti attributi e livelli. L’economia e la psicologia sperimentale<br />
sembrano infatti aver trovato qualche evidenza empirica all’esistenza di limiti<br />
cognitivi relativi al numero di informazioni e scelte che gli individui possono<br />
ricevere e analizzare in modo consistente, in una data unità di tempo.<br />
3.2.2.3. Costi di viaggio<br />
Il metodo dei costi di viaggio (travel cost) xxviii utilizza invece dati sui costi di<br />
viaggio e su altri elementi di costo della visita ad uno specifico sito ambientale,<br />
quali fattori per inferire il valore ricreazionale del bene in esame. Anche se<br />
mediante questo metodo è possibile stimare valori di mercato e non di mercato,<br />
tuttavia affidarsi a dati di comportamento limita la valutazione ai valori<br />
ricreazionali di uso diretto, cioè di fruizione, e non permette l’analisi su<br />
cambiamenti ipotetici dell’offerta. La stima della WTP si basa quindi sulle spese<br />
sostenute in loco per la fruizione dei servizi offerti dalla risorsa. Esistono<br />
essenzialmente due modelli in letteratura: il modello zonale e quello individuale.<br />
Nel primo caso si divide il bacino di utenza in zone omogenee rispetto al costo e<br />
alle altre variabili esplicative che condizionano la visita. Sulla base di tali zone<br />
omogenee rispetto ai costi, si procede alla stima della curva di domanda<br />
dell’esperienza ricreativa xxix .<br />
Nella versione individuale, si può osservare la domanda di visite (numero di<br />
viaggi) come funzione del costo “totale” del viaggio. Si considera come variabile<br />
dipendente il numero di visite effettuate dagli utenti e come variabile indipendente<br />
il costo del viaggio. Questi dati possono essere usati per inferire il valore delle<br />
componenti, anche non di mercato (ma non di non uso), dei beni culturaliambientali.<br />
Il valore del sito è misurato dall’area sottesa alla curva di domanda<br />
xxviii<br />
Si veda Bockstael (1995).<br />
xxix<br />
Si vedano Signorello (1995) e Freeman (1993) per descrizioni più dettagliate sulle fasi di<br />
stima.<br />
79
individuale, o dalla somma delle domande, ad un livello aggregato. Possibili e<br />
noti problemi nascono dal fatto che<br />
(a) non sono espliciti i legami di sostituibilità o complementarietà con altri<br />
siti;<br />
(b) si misurano solo valori di uso, o al massimo di non uso “complementare”<br />
alla fruizione, se è possibile ipotizzare un legame di weak complementarity<br />
tra componente ricreativa e componente valoriale di non uso (Freeman,<br />
1993) xxx dato che le informazioni sono site-specific;<br />
(c) è necessaria una variazione, non sempre osservata, nel numero di viaggi<br />
effettuati dagli individui verso il sito. Invece, il metodo “zonale” prescinde<br />
dalla derivazione di domande individuali per il numero di visite, e si basa<br />
sull’idea di utente rappresentativo.<br />
Infatti, la stima della domanda avviene in base ad una suddivisione dell’area di<br />
provenienza dei visitatori in un certo numero di sub-zone omogenee (usualmente<br />
a cerchi concentrici parendo dal sito oggetto di indagine). Quindi, conoscendo il<br />
flusso dei visitatori, la loro provenienza e i costi di viaggio, è possibile ricostruire<br />
una curva di domanda aggregata come relazione tra numero dei visitatori e<br />
“prezzo” della visita (WTP per la visita). Il vantaggio del metodo zonale è che, a<br />
differenza del precedente, può essere utilizzato anche per siti che presentano una<br />
minima frequenza di visita per ogni utente (anche una sola visita nel periodo<br />
considerato). La “domanda” marshalliana è stimata sulla base dell’aggregazione<br />
della variabilità della WTP fra i visitatori, non sulla base della funzione di<br />
domanda individuale (numero di visite come funzione del prezzo della visita). In<br />
entrambi i casi, se il viaggio include più siti visitati, il valore economico di un sito<br />
quantificato mediante travel cost potrebbe risultare sovrastimato. Per un’analisi<br />
critica più estesa si veda anche Nuti (2001, pp. 304-319).<br />
3.2.2.4. Prezzo edonico<br />
Il metodo del prezzo edonico è basato sull’idea che le proprietà non sono<br />
omogenee e possono differire tra loro rispetto ad una varietà di caratteristiche;<br />
esso si basa sul fatto che i prezzi delle abitazioni sono influenzati da numerosi<br />
fattori (numero delle stanze, distanza dal luogo di lavoro, dimensione del<br />
giardino) a cui si aggiungono fattori legati alla qualità ambientale locale (come<br />
per esempio la vista o l’accesso ad un parco alberato). In questo contesto il prezzo<br />
di un appartamento o di una casa riflette la disponibilità a pagare dei residenti al<br />
fine di avere un facile accesso a foreste urbane (o ad altro) e per consumarne gli<br />
amenity values. Mediante il metodo del prezzo edenico, in contesti forestali, si<br />
cerca quindi di misurare il prezzo delle abitazioni in zone caratterizzate da diversa<br />
distanza rispetto ad un’area verde/afforestata e di vedere come varia il prezzo<br />
quando cambia la distanza, mantenendo ogni altro fattore costante. Un esempio di<br />
xxx Riteniamo sia utile ricordare che “non uso” e “non di mercato” non sono sinonimi.<br />
80
domanda a cui questo metodo cerca di rispondere è: se il patrimonio<br />
boschivo/forestale in un’area urbana o peri urbana migliora, che cosa possono<br />
dirci le modificazioni nei valori immobiliari sul modo in cui la gente valuta il<br />
patrimonio boschivo?<br />
Una funzione che mette in relazione il prezzo delle abitazioni con la distanza da<br />
un’area afforestata costituisce un esempio di funzione del prezzo edenico da cui si<br />
passa a funzioni di domanda del bene ambientale considerato. La stima del prezzo<br />
edonico marginale, infatti, è solo il primo passo per la stima di una funzione di<br />
domanda della qualità ambientale. Il passo successivo è quello di considerare le<br />
diverse persone come dotate di preferenze diverse per la qualità dell’ambiente e di<br />
altre caratteristiche diverse, come ad esempio il reddito. Si perviene infine ad una<br />
funzione di domanda che esprime il prezzo del bene ambientale come funzione<br />
della quantità, del reddito e di altre caratteristiche legate alle preferenze. Ci sono<br />
tuttavia alcune problematiche nella realizzazione di uno studio in cui si applica il<br />
metodo del prezzo edonico: esso richiede ampi datasets su limitati periodi di<br />
tempo, che sono difficili da reperire; inoltre le applicazioni empiriche devono<br />
considerare problemi legati ad elevata collinearità e la scelta della forma<br />
funzionale.<br />
3.3. Alcune considerazioni sul “trasferimento del beneficio”<br />
Il metodo del trasferimento del beneficio (benefit transfer) utilizza l’informazione<br />
ottenuta in una certa situazione e ad un certo riferimento temporale (study site) al<br />
fine di inferire il valore economico di beni o servizi ambientali privi di mercato xxxi<br />
in un altro luogo e in un'altra situazione temporale di interesse (policy site) xxxii .<br />
Mediante questo approccio le stime economiche vengono trasferite o in unità di<br />
valore monetario (medie o mediane) o come funzioni condizionate sulle variabili<br />
esplicative che definiscono gli attributi di un contesto di scelta economico ed<br />
ecologico.<br />
Il principale vantaggio di tale metodo è che di fatto permette di evitare i costi e i<br />
tempi richiesti dalla realizzazione di uno studio di valutazione originale mediante<br />
indagine ad hoc (ad esempio, costi di viaggio, valutazione contingente, ecc.)<br />
perché utilizza stime/valori ottenuti in studi precedentemente realizzati in contesti<br />
analoghi a quello di interesse attuale. Esempi in campo forestale possono riferirsi:<br />
all’utilizzo di valori per una giornata ricreativa trascorsa in uno specifico bosco<br />
ottenuti mediante un’analisi dei costi di viaggio al fine di valutare il beneficio<br />
della medesima attività in un altro bosco (policy site); all’utilizzo di valori relativi<br />
xxxi Si può trattare di un valore economico positivo o negativo e riguardare un beneficio netto<br />
che quindi, eventualmente, potrebbe essere un costo.<br />
xxxii La prima sintesi di studi che possa essere chiamata trasferimento del beneficio apparve<br />
nella metà degli anni Ottanta (Sorg e Loomis, 1984).<br />
81
alla disponibilità a pagare per preservare un bosco dal rischio di incendio ottenuti<br />
mediante uno studio di valutazione contingente effettuato in uno specifico sito<br />
(study site) in un altro sito; all’utilizzo della disponibilità a pagare per abitazioni<br />
prossime ad un bosco, che si riferisce quindi anche al valore scenico e ricreativo<br />
del bosco (o al valore di amenity del bosco), ottenuta mediante uno studio di<br />
analisi dei prezzi edonici in un contesto peri-urbano ad un altro e simile contesto<br />
(policy site).<br />
Chiaramente però le stime ottenute da trasferimento del beneficio sono accurate se<br />
lo erano le stime iniziali dei benefici. Di fatto, l’accuratezza del trasferimento del<br />
beneficio è infatti in parte condizionata sugli errori di misurazione contenuti negli<br />
studi originari. Qualsiasi debolezza presente nello stock di conoscenza disponibile<br />
dagli studi originari influenza quindi direttamente l’abilità del ricercatore di<br />
condurre un valido ed affidabile trasferimento del beneficio. Alcuni aggiustamenti<br />
sono comunque necessari e auspicabili se le condizioni o le assunzioni dello<br />
studio originario sono differenti rispetto a quelle del target policy site. Un<br />
esempio in questo senso riguarda gli aggiustamenti necessari per quanto riguarda<br />
il livello di reddito della popolazione, anche se non sempre tali informazioni<br />
socio-demografiche vengono uniformemente rilevate o divulgate negli studi<br />
originari.<br />
Il trasferimento delle stime monetarie (in media o mediana) o delle funzioni di<br />
domanda condizionate sulle variabili esplicative che definiscono gli attributi di un<br />
contesto di scelta ecologico e economico implica, come indicato in Wilson e<br />
Hoehn (2006) xxxiii , che le funzioni di valore/domanda possano venire stimate<br />
i. utilizzando i dati di valore originari,<br />
ii. mediante una meta analisi xxxiv delle funzioni di valore/domanda xxxv , (<br />
iii. derivandole da un processo di calibrazione econometrica come quella<br />
ottenuta nel trasferimento del beneficio strutturale. A queste distinte<br />
possibilità se ne aggiunge una quarta che viene indicata come il<br />
trasferimento del beneficio Bayesiano; esso viene indicato come una<br />
promettente direzione per il trasferimento del beneficio che utilizza dati di<br />
choice modelling (Morrison e Bergland, 2006).<br />
La procedura più semplice per condurre uno studio basato sul trasferimento del<br />
beneficio richiede che venga selezionato lo study site (da cui mutuare i valori)<br />
xxxiii Per una recente ed accurato approfondimento sul metodo del trasferimento del beneficio si<br />
veda il numero monografico di Ecological Economics, 60, dicembre 2006. Per informazioni<br />
dettagliate su come implementare e disegnare un trasferimento del beneficio si vedano Rosenberg<br />
e Loomis (2003) e Desvouges et al. (1992).<br />
xxxiv Per meta-analisi si intende generalmente una metodologia per sintetizzare i risultati di<br />
studi di valutazione esistenti mediante la stima di relazioni statistiche fra i valori riportati negli<br />
studi e le variabili esplicative che catturano l’eterogeneità all’interno e fra gli studi. Per un<br />
approfondimento sulla meta-analisi si veda Bergstrom e Taylor (2006).<br />
xxxv Trasferendo la funzione di domanda e non semplicemente il valore o i valori puntuali, si<br />
possono fare opportuni aggiustamenti alle stime di valore basati su specifiche caratteristiche del<br />
sito oggetto di analisi.<br />
82
che, nell’opinione dell’analista, sia ritenuto il più simile al policy site in termini<br />
sia di caratteristiche della domanda sia di caratteristiche dell’offerta. Se c’è più di<br />
uno study site (o più di un valore stimato per un certo study site), si potrebbe usare<br />
un range, calcolare un valore medio o un valore mediano oppure pesare<br />
soggettivamente i valori basandosi su giudizi sulla propria qualità/accuratezza<br />
prima di considerarne la media. Se il valore dello study site differisce in termini<br />
temporali dalle necessità del policy site, il valore che si intende utilizzare dovrà<br />
essere corretto per le variazioni dei prezzi mediante un opportuno indice dei<br />
prezzi.<br />
Un approccio più sofisticato è quello di applicare tecniche meta-analitiche ad un<br />
campione più ampio di dati riferiti a diversi study site che rappresentano una certa<br />
varietà nelle caratteristiche della popolazione e del bene/luogo oggetto di<br />
indagine. L’equazione considerata nella meta-analisi può inoltre includere<br />
variabili che riflettono le differenze nei metodi utilizzati negli studi inclusi nel<br />
campione (ad esempio preferenze rivelate o diverse forme di preferenze espresse).<br />
Un metodo ulteriore è quello proposto da Smith et al. (2002) che consiste<br />
nell’utilizzare i dati di diversi study site e successivamente diversi metodi per<br />
“calibrare” i parametri di una funzione in cui si assumono certe preferenze per le<br />
caratteristiche del sito. La funzione di preferenze calibrata può successivamente<br />
essere utilizzata per calcolare i valori per una varietà di progetti riferiti a policy<br />
site.<br />
Nel trasferimento del beneficio bayesiano si possono valutare gli effetti dovuti a<br />
contesti diversi; tale approccio riesce a produrre per il ricercatore una<br />
distribuzione di stime di beneficio per differenti attributi ambientali permettendo<br />
di chiarificare l’influenza delle differenze del sito e della popolazione sulle stime<br />
dei valori.<br />
Come abbiamo detto, il principale vantaggio dell’approccio del trasferimento<br />
del beneficio è quello di permettere di evitare la realizzazione di uno studio di<br />
valutazione originale che richiede tempo e ingenti risorse. Fra gli svantaggi,<br />
invece, va sicuramente detto che vi è una forte dipendenza fra i risultati del<br />
trasferimento del beneficio e la qualità degli studi di valutazione originari. Inoltre<br />
il contesto di studio originario, per quanto simile, difficilmente potrà essere<br />
equiparabile a quello attuale per quanto riguarda la presenza di eventuali beni<br />
sostituti, il livello di reddito della popolazione (soprattutto in contesti di<br />
trasferimento del beneficio internazionali), il contesto biofisico ed il contesto<br />
temporale.<br />
3.3.1. Potenziali errori e validità dei trasferimenti del beneficio<br />
Secondo Rosenberg e Stanley (2006), vi sono tre diverse potenziali fonti di errore<br />
per l’accuratezza del trasferimento del beneficio:<br />
83
- la misurazione dei valori è inevitabilmente soggetta ad errori casuali e ad<br />
errori che il ricercatore può effettuare e ciò complessivamente inficia i<br />
risultati degli studi originari.<br />
- si hanno errori di generalizzazione quando le stime degli study sites<br />
vengono adattate per rappresentare differenti policy sites. Tali errori sono<br />
in relazione inversa rispetto al grado di corrispondenza (similitudine) fra<br />
study site e policy site; si ritiene inoltre che tali errori vengano ridotti<br />
trasferendo le intere funzioni (di domanda) anziché le stime puntuali o i<br />
singoli valori.<br />
- si ha una distorsione da selezione di pubblicazione quando gli obiettivi di<br />
pubblicazione limitano le applicazioni di trasferimento del beneficio. In<br />
sostanza si ritiene che la letteratura empirica non sia un campione corretto<br />
(non distorto) dell’evidenza empirica; l’attività di selezione delle<br />
pubblicazioni tende a privilegiare lavori con risultati statisticamente<br />
significativi o per risultati che si conformano alle aspettative teoriche.<br />
Un fattore sicuramente importante che influenza la validità del trasferimento del<br />
beneficio è il grado di similitudine fra lo study site e il policy site. Ad esempio<br />
sono stati rilevati minori errori quando sono stati effettuati trasferimenti intraregionali<br />
rispetto a quelli inter-regionali. Ciò è probabilmente dovuto al fatto che<br />
siti intra-regionali condividono molteplici attributi e ciò li rende simili nella<br />
struttura e nella funzione (Loomis e Rosenberg 2006). Al di la di queste<br />
considerazioni, diversi autori hanno comunque proposto protocolli/criteri al fine<br />
di ridurre gli errori. Fondamentalmente come ripreso in Loomis e Rosenberg da<br />
Boyle e Bergstrom (1992) si ritiene che:<br />
- il bene non di mercato valutato nello study site deve essere identico al<br />
bene non di mercato che si vuole valutare nel policy site;<br />
- la popolazione influenzata dal bene non di mercato dello study site e quella<br />
del policy site devono avere caratteristiche identiche;<br />
- l’assegnazione dei diritti di proprietà in entrambe le situazioni (study site<br />
and policy site) deve condurre alla medesima misura di welfare.<br />
Il più delle volte tuttavia è in pratica difficile che il bene e la popolazione siano<br />
identici nelle due situazioni, perciò si ritiene in modo più flessibile che debbano<br />
essere “simili”. Si ritiene comunque che pochi ricercatori che applicano il<br />
trasferimento del beneficio si uniformino allo stato dell’arte e si sforzino di<br />
accordarsi alle buone prassi (Abt Associates, 2005)<br />
Intuitivamente, comunque, quando si conduce uno studio applicando l’approccio<br />
del trasferimento del beneficio, sarebbe preferibile utilizzare le informazioni<br />
derivanti da uno studio in cui l’oggetto di indagine sia geograficamente vicino a<br />
quello di interesse (per cui quindi si vogliono stimare i benefici). In questo modo<br />
infatti sarà più verosimile supporre che il bene valutato e la popolazione<br />
interessata saranno simili (Ready e Navrud, 2006). Ciononostante, in alcune<br />
situazioni può essere di interesse trasferire i valori non internamente ad un paese o<br />
84
ad una regione bensì a livello internazionale. In tale contesto bisogna<br />
probabilmente affrontare le seguenti questioni metodologiche (si veda per<br />
maggiori dettagli il lavoro di Ready e Navrud, 2006):<br />
i. la conversione di valuta in una valuta comune per i valori desunti dagli<br />
studi considerati xxxvi ;<br />
ii. le differenze negli attributi misurabili degli utilizzatori;<br />
iii. le misure di ricchezza vs misure di reddito;<br />
iv. le differenze culturali;<br />
v. l’ampiezza del mercato;<br />
vi. l’eventuale aggiustamento dei valori.<br />
Nel complesso secondo lo studio di Ready e Navrud (2006), l’evidenza empirica<br />
mostra che il trasferimento del beneficio a livello internazionale (se ben condotto)<br />
è valido almeno quanto quello intra-paese. In generale, comunque, sia nel caso di<br />
trasferimenti a livello internazionale, sia intra-paese, andrebbero condotti al<br />
termine dell’applicazione alcuni test di validità per valutare la bontà dei risultati<br />
ottenuti. I risultati sembrano risultare generalmente più affidabili quando il<br />
trasferimento viene fatto o utilizzando una funzione di valutazione o una metaanalisi,<br />
confermando l’importanza di utilizzare metodi sistematici per aggiustare i<br />
valori dello study site al fine di tenere in considerazione le differenze nelle<br />
caratteristiche della popolazione e del bene oggetto di indagine. Ready e Navrud<br />
(2006) passando in rassegna gli studi di validità realizzati fino a oggi, concludono<br />
che il margine di errore medio nel trasferimento a livello internazionale tende ad<br />
essere compreso in un range 20%-40%, mentre i trasferimenti individuali hanno<br />
errori ben più elevati (fra 100% e 200%). Questi errori sono simili nell’ordine di<br />
grandezza della media e del range a quelli evidenziati nei traferimenti intra-paese.<br />
3.3.2. Database di studi/lavori di ricerca disponibili per il trasferimento del<br />
beneficio<br />
A riconoscimento della popolarità dell’utilizzo del metodo del trasferimento del<br />
beneficio e dei potenziali risparmi nei costi, diverse organizzazioni hanno creato e<br />
reso disponibili online ampi database di studi di valutazione che possono essere<br />
utilizzati nel trasferimento del beneficio. Essi forniscono non solo i valori stimati<br />
in ciascuno studio ma anche altri dati sulla metodologia degli studi in formato<br />
standardizzato cosicché si possa valutare se questi sono adatti all’esercizio di<br />
trasferimento. Il più ampio e dettagliato fra questi database è l’Environment<br />
Valuation Reference Inventory (EVRI) che è stato creato e viene mantenuto<br />
dall’agenzia ambientale federale Canadese (http://www.evri.ec.gc.ca/evri/). Un<br />
xxxvi Va sottolineato a questo proposito che individui identici che utilizzano diverse valute<br />
avranno la medesima disponibilità a pagare reale solo se hanno il medesimo reddito reale e<br />
fronteggiano i medesimi prezzi reali. In questo caso il tasso di cambio appropriato per convertire i<br />
valori in valuta comune è il tasso di cambio aggiustato per le parità del potere d’acquisto (PPP)<br />
(Ready e Navrud, 2006).<br />
85
altro database piuttosto popolare è quello della Environmental Protection Agency<br />
del Nuovo Galles del Sud, chiamato ENVAL, che si concentra su studi australiani e<br />
del Sud-Est asiatico (1). Nonostante questi database siano ottimi per ottenere una<br />
panoramica degli studi disponibili, Loomis e Rosenberg (2006) ritengono che un<br />
notevole salto verso la riduzione degli errori si otterrebbe se si potessero utilizzare<br />
i dati grezzi degli studi originali. Ciò permetterebbe ad esempio di trattare in<br />
modo diverso le risposte di protesta oppure di riparametrizzare i dati<br />
suddividendoli per sub-aree di interesse.<br />
3.4. Le procedure di sconto dei costi e benefici futuri nelle analisi di<br />
valutazione: una disamina critica della teoria economica e linee guida<br />
per le applicazioni<br />
La procedura di attualizzazione dei flussi di beneficio e costo associati a periodi di<br />
tempo futuro (discounting) è uno dei cardini della metodologia (di valutazione e<br />
scelta) analisi costi-benefici, sia sul livello meramente finanziario sia su quello<br />
economico sociale, nel quale entrano in gioco i valori di costo e benefico legati a<br />
prezzi ombra, rilevabili con le tecniche basate su disamina delle preferenze<br />
rivelate (travel cost) o espresse (CVM, CM). Al fine di riportare ad un unico valore<br />
monetario (present value) un flusso di costi e benefici da un tempo T0 (oggi) ad<br />
un tempo Tfinale, un uso appropriato della procedura di sconto e consistente con la<br />
teoria economica è un aspetto fondamentale xxxvii . La definizione di un valore<br />
presente per ciascuna delle opzioni di investimento (pubbliche e private) definite<br />
(selezionate) permette di effettuare un confronto ed una valutazione razionale al<br />
fine di massimizzarne il valore per la società.<br />
È utile aprire una parentesi sulle diverse possibili metodologie decisionali<br />
nell’ambito dell’analisi costi benefici. La più nota e, vedremo, più efficace, è la<br />
tecnica basata sul calcolo del valore attuale/presente. Il saggio di sconto entra in<br />
gioco in quanto il valore presente è calcolato come:<br />
Vp= B0-C0/(1+r0) + B1-C1/(1+r1)+ B2-C2/(1+r2)+………+ BT-CT/(1+rT) xxxviii<br />
Il saggio di sconto r, ed il relativo fattore di sconto (discount factor 1+r),<br />
assumono valori differenti di anno in anno, rappresentando diversi costi<br />
opportunità, variabili nello scenario dinamico. Come vedremo, in alcuni casi, è<br />
possibile applicare per maggiore semplificazione analitica un unico tasso di<br />
sconto, costante nel tempo, che può rappresentare o un saggio medio di sconto<br />
xxxvii Ricordiamo che «The economic value of a resource-environmental system as an asset can<br />
be defined as the sum of the discounted present values of the flows of all the services» (Freeman,<br />
1993, p. 5). Ad esempio, i costi marginali del cambiamento climatico (social cost of carbon) sono<br />
usualmente calcolati in termini di present values (Pearce, 2003; Guo et al., 2005).<br />
xxxviii I pedici da 0 a T rappresentano i diversi periodi di tempo considerati.<br />
86
(Pearce, 2001) o un livello medio di lungo periodo dei costi opportunità<br />
rilevanti xxxix .<br />
Questa procedura di analisi conduce alla definizione di un unico valore monetario<br />
per ogni opzione esaminata. La diversa distribuzione nel tempo dei costi e<br />
benefici e la variabilità del fattore r incidono nella valutazione dell’opzione più<br />
desiderabile, non rilevabile “a prima vista” senza una disamina più approfondita.<br />
Il calcolo del valore presente può apparire una via identica alla valutazione tramite<br />
confronti dei benefit cost ratio (B/C), attualizzati al loro valore presente. Anche nel<br />
caso i due flussi siano correttamente scontati per riportarli al loro valore presente,<br />
l’uso del rapporto fa emergere un problema di scala: diverse differenze tra B e C<br />
possono condurre ad un medesimo ratio (es. 500-250 e 1000-500 portano<br />
entrambi ad un ratio 2, ma il secondo è chiaramente preferibile). La prima<br />
procedura analizzata è quindi consigliabile.<br />
Un'altra procedura storicamente utilizzata per effettuare scelte in ambiti privati e<br />
pubblici è quella del tasso di rendimento interno, utilizzato, ad esempio,<br />
all’interno della teoria degli investimenti del modello macroeconomico<br />
Keynesiano-Hicksiano. Per ogni investimento si calcola quel tasso di interesse che<br />
eguaglia a zero la sommatoria (il flusso) dei benefici e costi, e lo si confronta con<br />
il costo opportunità o tasso di interesse di mercato. Maggiore è il rendimento<br />
interno, più elevato il valore dell’investimento. Si può notare però che questa<br />
procedura e l’attualizzazione del valore presente portano a medesimi risultati solo<br />
se la dinamica dei costi e dei benefici è standard, con costi fissi elevati nei periodi<br />
vicini T0 e benefici nel medio lungo periodo. In ambito ambientale è possibile<br />
ipotizzare anche andamenti inversi, con benefici economici nel presente e costi<br />
economico-ambientali nel lontano futuro. In questi casi la procedura basata sul<br />
rendimento interno non è robusta (Nuti, 2001). Per finire. Notiamo come la<br />
diffusa tecnica del break even, pur potendo in certi casi contemplare l’uso dello<br />
sconto dei flussi futuri, può non condurre a scelte razionali in quanto sottostima<br />
ciò che accade nel lungo periodo, o meglio, non considera il flusso di costi e<br />
benefici dopo il punto di break even, che assume il significato di Tfinale.<br />
Abbiamo finora introdotto il concetto di saggio di sconto ed esaminato le diverse<br />
procedure di valutazione costi benefici nelle quali lo sconto dei flussi futuri è<br />
utilizzato. La differenza tra un’analisi costi benefici standard ed una sociale è<br />
definibile su diversi livelli. Avendo già affrontato in altra sede il problema della<br />
rilevazione e monetizzazione dei pezzi ombra da integrare nella ACB sociale, il<br />
problema relativo al discounting è, in sintesi, la definizione del saggio di sconto<br />
sociale e la sua dinamica nel (lungo) periodo considerato, da T0 (oggi) ad un<br />
tempo Tfinale.<br />
xxxix Ad esempio, il rendimento storico di lungo periodo dei corsi azionari e/o obbligazionari.<br />
87
I punti maggiormente critici dal punto di vista teorico e metodologico, che<br />
discuteremo criticamente nel prosieguo, sono infatti i seguenti:<br />
- La scelta di un tasso di sconto (sociale) xl , basato o su considerazioni dal<br />
lato del consumo (domanda) o dal lato della produzione (offerta). Il<br />
saggio di sconto rappresenta il costo opportunità (intertemporale) col<br />
quale il progetto di investimento deve confrontarsi. In questa sede non<br />
affrontiamo il dibattito, più filosofico, sulla possibilità di applicare, in<br />
situazioni caratterizzate da beni pubblici ambientali, un saggio pari a<br />
zero, che rende ogni beneficio futuro, anche distante nel tempo,<br />
esattamente uguale, nel suo “peso”, al valore del tempo T0. Vedremo<br />
che la scienza economica porta ad individuare sempre tassi di sconto<br />
che, pur potendo assumere valori bassi (minori a quelli di mercati),<br />
sono sempre positivi.<br />
- La dinamica del saggio di sconto, o costante tra periodi, in base ad<br />
ipotesi su un tasso medio di sconto per il lasso di tempo analizzato, o<br />
variabile. La letteratura recente, partendo da Weitzman (1998), ha<br />
introdotto un nuovo elemento di ragionamento etico-economico nella<br />
analisi costi benefici ambientali: la consistenza teorica e fattibilità<br />
empirica di tassi di sconto iperbolici, o decrescenti nel tempo. Queste<br />
dinamiche, unitamente alla monetizzazione dei prezzi ombra e alla<br />
eventuale definizione di un saggio di sconto sociale minore del costo<br />
opportunità di mercato, porterebbero usualmente a valutazioni più<br />
favorevoli ad investimenti con benefici concentrati nel lungo periodo<br />
(in analisi tra investimenti “ambientali”/ sociali), ed in genere a<br />
valutazioni più favorevoli per investimenti di natura pubblico-collettiva<br />
su opzioni di sviluppo alternative, che si confortano con i loro effettivi<br />
costi opportunità. Quindi è evidente come considerazioni economiche<br />
ed etiche, nel significato, in ogni modo economico, relativo alla<br />
gestione di risorse che appartengono a più generazioni, siano cruciali<br />
nel determinare, per ogni decisione di investimento e relativo processo<br />
di valutazione, il tasso di sconto idoneo: corretto dal punto di vista<br />
teorico e metodologico ed anche, aggiungiamo, condiviso tra più<br />
discipline. Un uso non corretto (o un non uso) del tasso di sconto può<br />
condurre a scelte inefficienti e/o arbitrarie. Il suo impatto sul calcolo del<br />
valore presente, soprattutto in scenari di lungo periodo, è infatti<br />
tendenzialmente maggiore di quello legato alla inclusione dei valori<br />
extra mercato di uso e non uso. In parte, per un fattore meramente<br />
xlxl Per tasso di sconto sociale (social discount rate) si intende un saggio di sconto che integri:<br />
- considerazioni di carattere economico-etico, quali il carattere inter generazionale, di<br />
lungo periodo (anche su lassi temporali di 50 e più anni), dei costi e benefici ambientali,<br />
maggiore rispetto ad investimenti di mercato (tipicamente con ritorni entro i 20-25<br />
anni);<br />
- il carattere “sociale” degli interventi di investimento, che possono legarsi a costi<br />
opportunità inferiori a quelli di mercato. Su questo aspetto esiste un dibattito che ha<br />
radici profonde nella teoria economica (Layard, 1972).<br />
88
matematico, l’effetto cumulato e moltiplicativo dei prezzi<br />
intertemporali, che porta, anche per tassi di sconto inferiori a quelli di<br />
mercato, a ridurre di molto il valore presente di grandezze future.<br />
Analizziamo ora in modo più specifico, e facendo riferimento alla letteratura, i<br />
due punti sopra delineati.<br />
3.4.1. Il tasso di sconto sociale: teoria economica e prassi empirica<br />
Abbiamo finora usato i termini tasso di sconto e costo opportunità quasi come<br />
sinonimi, volendo indicare che le opzioni di investimento esaminate devono<br />
confrontarsi con il loro effettivo costo opportunità. Nella discussione che segue,<br />
prendendo spunto da un’impostazione teorica ed applicata consolidata (Nuti,<br />
2001; Treasury, 2003), suddivideremo il ragionamento sul tasso di sconto tra un<br />
livello legato al lato della domanda ed uno legato all’offerta.<br />
Dal lato della domanda, il concetto di costo opportunità intertemporale va<br />
ridefinito. La letteratura definisce come concetto cardine il social time preference<br />
rate (STPR), che è il valore che la società (l’individuo) associa al consumo<br />
presente raffrontato alle possibilità di consumo future xli . STPR ha due componenti:<br />
un fattore di pura preferenza temporale (impazienza) degli individui e un effetto<br />
ricchezza, legato alla considerazione per la quale, dato che il consumo pro capite è<br />
ipotizzato crescere nel tempo, le future generazioni avranno maggiori possibilità<br />
di esperire consumi ed utilità economiche maggiori xlii . Questo effetto è amplificato<br />
se il consumatore è avverso al rischio e desidera smussare il ciclo di consumo nel<br />
tempo (Groom et al., 2005). Per questo, è corretto scontare il futuro anche per un<br />
secondo elemento, dato dal prodotto dell’elasticità marginale dell’utilità al<br />
reddito xliii e la crescita media annua del consumo pro capite stimata nel futuro xliv .<br />
Il saggio di preferenza pura per il presente è invece scevro da considerazioni<br />
sulla crescita del consumo futuro, come se si ipotizzasse una crescita nulla. È un<br />
parametro relativamente più psicologico che economico, pur configurandosi come<br />
un effettivo elemento di preferenza intertemporale. L’evidenza empirica stima<br />
xli Per un’analisi dettagliata e tecnica associata al modello di Ramsey si veda Groom et al<br />
(2005). Per un classico contributo sul tema si rimanda a Feldstein (1964) e ad altri lavori raccolti<br />
in Layard (1974).<br />
xlii E di conseguenza saranno associati ad una utilità marginale del consumo inferiore.<br />
xliii “The marginal elasticity of utility to income measures the curvature of the utility function.<br />
The higher the value the less we care for a dollar more of consumption the richer we become”<br />
(Sterner e Persson, 2007, p.8). Le implicazioni pratiche sono radicali, data l’implicita natura<br />
logaritmica della funzione di utilità: l’utilità di 1.000.000 è solo 20% più elevata di un’utilità di<br />
100.000. Per questo, come altri (Pearce, 2003, il quale nota come un valore unitario implica un<br />
rapporto delle utilità marginali pari a dieci, posto dieci il rapporto tra i redditi di paesi “ricchi e<br />
poveri”) suggeriscono più plausibili valori inferiori a uno. Nel loro caso, il valore unitario<br />
compensava pragmaticamente la componente molto bassa di pura preferenza temporale, tendente a<br />
zero.<br />
xliv “The wealth effect describes how the agent will place less value upon additional units of<br />
consumption in the future if their belief is that incomes at that time will be higher as a result of<br />
economic growth” (Groom et al., 2005, p.452).<br />
89
questo parametro in un range tra 0.5 e 1.5%, nei paesi industrializzati ad elevato<br />
reddito e speranza di vita elevata. 1.5% è il ritorno storico di lungo periodo di<br />
attività risk free per i risparmiatori nel Regno Unito. Si noti che, anche se in gran<br />
parte la letteratura si affida al solo tasso di impazienza pura, altri autori (Evans e<br />
Sezer, 2004, 2005; Pearce e Ulph, 1999) presentano una struttura del fattore di<br />
preferenza inter temporale pura (non dipendente dai consumi) basato su due<br />
elementi: pure time preference e life changes. Il second ha il vantaggio di essere<br />
calcolabile direttamente dalle tavole di mortalità, ed è eterogeneo tra paesi. Alcuni<br />
autori (Evans, 2004) assumono nullo il primo elemento; questo però può portare,<br />
data l’inclusione del termine “speranza di vita”, a tassi leggermente più elevati<br />
rispetto alla prassi solitamente utilizzata (0.1-0.5%). Infatti, Evans e Sezer (2004)<br />
indicano come appropriati valori di 1% per i paesi EU15, ma valori di 1.5% ed<br />
oltre potrebbero essere appropriati per i paesi non EU xlv .<br />
L’altra componente si può calcolare stimando valori per l’elasticità dell’utilità<br />
marginale del reddito xlvi e per la crescita del consumo pro capite. La prima stima è<br />
ovviamente più problematica; la letteratura identifica valori plausibili attorno<br />
all’unità, con associata, però un’elevata varianza (Pearce e Ulph, 1999, presentano<br />
un range tra 0.7 e 1.5). Pearce (2003, p.373) presenta in seguito una critica<br />
esaustiva, sottolineando come valori pari a due siano non plausibili (implicano che<br />
l’utilità marginale dei “poveri” sia dieci volte quella dei più ricchi. Valori unitari<br />
sono plausibili, e un range 0.5-1.2 è ragionevole, con una preferenza per valori<br />
minori o uguali ad uno. Stime della suddetta elasticità per 20 paesi OCSE sono<br />
presentate da Evans (2005). Si veda anche Evans e Sezer (1999).<br />
La stima della crescita del consumo pro capite è più immediata, anche se<br />
contiene elementi ovvi di incertezza: una stima plausibile proposta intorno al 1.5-<br />
2% (Treasury, 2003), anche se altri autori propongono scenari di crescita pari<br />
all’1% per i paesi industrializzati nel futuro, ritenendo il 2% un fatto stilizzato<br />
appartenente al periodo 1950-2000.<br />
Analisi di sensitività sono quindi necessarie anche nel calcolo dei tassi di<br />
sconto sociale, oltre che nella fase di analisi costi benefici per se, per fornire range<br />
di tassi di sconto plausibili e variabili secondo diverse ipotesi e diverse stime<br />
empiriche. Il range di tassi identificati come plausibili fornirà poi la base per<br />
effettuare le necessarie analisi di sensitività rispetto al fattore di sconto.<br />
Come conseguenza delle ipotesi e stime presentate sopra, ad esempio, nel<br />
Green book del 2003 del Treasury britannico si determina un STPR pari a 3.5%.<br />
per sottolineare come sia cruciale effettuare la scelta del tasso di sconto in mood<br />
corretto e consistente con la teoria ed il contesto di riferimento, anche un saggio<br />
dell’1.5% potrebbe essere plausibile come “pavimento” del STPR (0.5% +1%).<br />
Ad esempio, il famoso Stern Report utilizza un STPR di 1.4%, derivante da un<br />
saggio puro dell’ 0,1% e una crescita del consumo di 1,3 (con elasticità marginale<br />
del reddito pari a 1). Tale saggio è imputata come causa principale degli elevati<br />
danni ambientali futuri stimati dal rapporto. Sterner e Persson (2007) giudicano<br />
invece elevato un saggio di preferenza pura dello 0.1%, che associa ad un rischio<br />
xlv Come esempio, anche il rischio di terremoti o altre catastrofi, più probabili in certi paesi,<br />
innalza il tasso di mortalità “attesa” per gli autori.<br />
xlvi La curvatura della funzione di utilità.<br />
90
di estinzione della razza umana del 10% per secolo o 65% per millennio. Ritiene<br />
elevato il valore pure utilizzato di 1 per l’elasticità marginale dell’utilità, che<br />
potrebbe anche essere ipotizzata molto minore, riducendo quindi ancora di più lo<br />
STPR. La crescita dei consumi è ipotizzata proiettando il valore di 7600$ odierno<br />
pro capite al valore stimato 94000$ nel 2200.<br />
Recenti lavori che stimano i saggi di sconto sociali per paesi OCSE, con un<br />
focus specifico di alcuni contributi su Francia e Regno Unito, sono Evans (2005,<br />
2004) ed Evans e Sezer (2002, 2004, 2005). I loro calcoli si basano su una<br />
definizione di due fattori nella parte di preferenza pura (impazienza inter<br />
temporale e speranza di vita, life chances), e di un calcolo della elasticità<br />
dell’utilità basato su analisi economiche di dati salariali di imposte a diversi livelli<br />
del reddito xlvii . Essi concludono che il range per i paesi EU è tra 2.3 e 6.8% xlviii , con<br />
la crescita del consumo come fonte principale di variabilità xlix . Il range definito per<br />
il fattore elasticità è tra 1.3-1.6, la crescita dei consumi (storica) varia da 1%<br />
(Danimarca) a 2.7% (Austria), un tasso di preferenza pura tra 0.8 e 1%, calcolato<br />
assumendo zero il valore di impazienza (è 0.1 nello Stern Report, di solito è<br />
assunto 0.5%), ma inserendo una certa variabilità data dalla diversa speranza di<br />
vita/mortalità nei paesi l .<br />
Nello specifico di due grandi paesi europei, Francia e Gran Bretagna, si<br />
arrivano a definire, nel primo caso, un tasso appropriato del 3.8%, più di due volte<br />
inferiore a quello ufficiale. Un tasso puro pari a 1.2, una crescita del 2% e<br />
un’elasticità del 1.3 conducono al risultato. Nel secondo caso, valori<br />
rispettivamente pari ad un range tra 3.71 (senza pure time discount rate) e 4.84%,<br />
derivanti dalle seguenti ipotesi sui valori rilevanti: crescita dei consumi 2.3%,<br />
elasticità 1.6, tasso di mortalità 0.98. in un lavoro associato, gli stessi autori<br />
calcolano STPR per paesi OCSE, presentando i seguenti risultati: un polo di valori<br />
alti per US, Giappone e Australia (tra 4.6 e 5) e valori tra 3.5 e 4.2 per UK, Francia<br />
e Germania. Discrasia spiegata da diverse crescite del consumo e dalla speranza di<br />
vita, e non dalla elasticità dell’utilità al reddito.<br />
Dal lato dell’offerta (produzione, capitale investito), il tasso di sconto assume<br />
le caratteristiche usuali di costo opportunità dell’investimento (valore dell’opzione<br />
alternativa, o foregone benefits), ed è tecnicamente il saggio che identifica la<br />
produttività marginale del capitale investito. In questo caso il ragionamento è più<br />
xlvii Il valore dell’elasticità dipende da fattori di imposizione media e marginale (Evans, 2004).<br />
xlviii Con poli Danimarca e Irlanda. Una variabilità interna all’Europa, ed anche interna alle aree<br />
EU15 ed EU10, che riteniamo eccessiva, anche se plausibile, date le ipotesi sui parametri<br />
(consumi). Si rivela problematica, come riconoscono gli autori, per un’applicazione coerente<br />
dell’ACB interna all’area EU. Sarà importante definire un range più ristretto, basato sul calcolo di<br />
fattori uguali tra paesi e condivisi sul piano teorico, ed una serie di linee guida comuni (Evans,<br />
2004, p.807).<br />
xlix Una nostra osservazione riguarda l’influenza del fattore crescita dei consumi. Più che<br />
osservare la crescita passata, come molti studi, è opportuno rilevare per le ACB di lungo periodo la<br />
crescita futura, che può essere ipotizzata minore, se l'ipotesi di convergenza condizionale può<br />
essere adottata come plausibile (Barro e Sala-y-Martin, 1995). La differente crescita economica<br />
può portare a rilevanti discrepanze, però, tra paesi dell’ovest e dell’est Europa, associati a<br />
differenti crescite dei consumi, generalmente superiori per i secondi. È anche, come notato sopra,<br />
una possibile causa di STPR decrescenti.<br />
l Inserendo la mortalità, quindi, più che si compensa il tasso 0,5% usualmente utilizzato.<br />
91
empirico e pragmatico. Il range di rendimenti del capitale possono variare dal<br />
pavimento di un rendimento risk free e di breve (2-3% attualmente) al rendimento<br />
di un investimento di medio rischio e medio-lungo periodo (un bond a 10-30<br />
anni), fino ai rendimenti, più volatili e dipendenti dal settore e zona geografica,<br />
del capitale investito in produzione di beni e servizi.<br />
Si nota come l’esigenza di usare un STPR e la relativa teoria economica di base,<br />
rispetto a tassi di mercato possa scaturire anche dalla impossibilità di osservare<br />
costi opportunità del capitale investito (es. rendimenti obbligazionari) su lassi di<br />
tempo che vadano oltre i 50 anni. Solo recentemente infatti, sono emersi strumenti<br />
finanziari (bond) con scadenza a 50 anni, che mostrano quali siano le aspettative<br />
di crescita economica e le condizioni dei mercati nel lunghissimo periodo. Oltre i<br />
50 anni non esistono strumenti finanziari sui quali fare affidamento. Se s è di<br />
fronte quindi ad un problema di policy o ad un investimento che vada oltre i 50<br />
anni, non rimane che affidarsi a considerazioni relative al STPR sociale (Groom et<br />
al., 2005) li .<br />
Si nota come, ad esempio, il tasso di riferimento di Germania e Francia (ma<br />
molto diverso: 3 ed 8%), sia associato ai costi opportunità del capitale sui mercati<br />
finanziari, e che anche le prime linee guida del tesoro britannico (Treasury, 1997)<br />
indicassero un range dal 3 al 6%, con il tetto rappresentato da un benchmark di<br />
costi opportunità finanziari. Dal 2003 il Tesoro britannico ha optato per un<br />
riferimento in base solo al tasso STPR.<br />
Si può concludere affermando che le distorsioni provocate da inefficienze del<br />
mercato (finanziario) e imposte sui beni e servizi provocano una discrasia tra tasso<br />
di sconto sociale basato sulle preferenze (STPR) e tasso di sconto “di mercato”<br />
basato sul concetto di costo opportunità del capitale. In un equilibrio walrasiano,<br />
senza costi di transazione, inefficienze di mercato, esternalità ed imposte, i due<br />
tassi, la produttività del capitale e il tasso di preferenza sociale, si eguaglierebbero<br />
(Groom et al. 2005) lii . In altri termini, i benefici marginali del consumo e del<br />
risparmio dovrebbero essere uguali in equilibrio. La discrasia è legata ad un cuneo<br />
che si genera tra i due fattori, che conduce ad un range di possibili tassi di sconto<br />
dai quali estrarre quello idoneo per ogni progetto liii .<br />
Le linee guida applicative possono essere:<br />
i. scegliere un tasso di sconto intermedio, in ogni modo inferiore a quello<br />
di mercato, modulando la scelta in base alle caratteristiche<br />
dell’investimento in esame;<br />
li<br />
Questi strumenti finanziari sono stati creati soprattutto per esigenze di lungo periodo, infatti,<br />
quali gli investimenti dei fondi pensione. La domanda di mercato sta aumentando gradualmente ed<br />
è possibile prevedere un collocamento di bond a 100 anni nel futuro. I rendimenti sono in questo<br />
periodo intorno al 6%, associati, però ad una maggiore volatilità, che potrebbe causare problemi<br />
nel selezionare il tasso di interesse idoneo in uno specifico momento.<br />
lii<br />
In un mondo di second best, quindi, un euro di investimenti privati ha un valore maggiore di<br />
un euro consumato.<br />
liii<br />
Ad esempio, un range plausibile per oggi è tra 1% e 15%, un saggio di profitto medio. Un<br />
saggio di mercato più contenuto è ad esempio il rendimento di un bond a 30 o 50 anni, intorno al<br />
6%.<br />
92
ii. scegliere il STPR. Un tale saggio di sconto è ad esempio quello<br />
“consigliato” dal Treasury britannico, pubblicato ed aggiornato nel<br />
Green book (si veda ad esempio il Green book del 2003, Annex 6), ed<br />
ha il vantaggio di associarsi ad una volatilità molto minore, pur essendo<br />
più “arbitrario”;<br />
iii. scegliere un tasso di sconto “pesato”, in base alla componente di<br />
beneficio del progetto legata a consumi e alla parte di investimenti.<br />
I benefici di consumo si confronterebbero con un saggio di preferenza temporale,<br />
quelli di investendo con il costo opportunità. Su questo punto è utile notare come,<br />
pur essendo la procedura di weighting sulla base dei discount factor è ampiamente<br />
utilizzata liv , da un lato alcuni autori classici (Feldstein, 1973) la criticano. Infatti,<br />
egli afferma che, se in un mondo di second best il consumo vale meno<br />
dell’investimento privato, basta operare una trasformazione su questi “prezzi<br />
relativi”, in “unità equivalenti di consumo”, all’interno delle componenti di costo<br />
e beneficio, utilizzando poi un unico STPR (Groom et al., 2005; Bradford, 1999).<br />
Su questo si veda anche la survey efficace di Groom et al., (2005, p.452).<br />
Dall’altro, emerge il conseguente problema di decidere quale costo opportunità è<br />
rilevante per un progetto di investimento pubblico: il tasso di mercato (profitti o<br />
rendimenti obbligazionari) o un costo opportunità, tendenzialmente minore,<br />
associato al rendimento di un investimento pubblico alternativo? Una prospettiva<br />
ortodossa potrebbe anche indicare come il costo opportunità non debba variare tra<br />
investimenti privati e pubblici: tutti gli investimenti devono confrontarsi con lo<br />
stesso costo opportunità di mercato. Ciò che è rilevante è la monetizzazione di<br />
tutti i prezzi ombra non rilevati dal funzionamento dei mercati dei beni e servizi.<br />
Sempre Feldstein (1973) però sottolinea come questo sia vero se si ragiona in<br />
astratto su un costo opportunità ideale (what could be done with the resources) e<br />
non con un predictive opportunità cost (what would be done). Nel secondo caso,<br />
la definizione di costo opportunità è ristretta alle scelte effettivamente plausibili<br />
come alternative.<br />
3.4.2. La dinamica del tasso di sconto: dal breve al lungo periodo<br />
Come detto sopra, la definizione di quale saggio di sconto utilizzare non è<br />
sufficiente, soprattutto se il lasso di tempo considerato è di lungo periodo. La<br />
dinamica dei saggi di sconto indice fortemente sul risultato della analisi costi<br />
benefici.<br />
La via utilizzata nel passato era quella di utilizzare un saggio di sconto<br />
costante, qualsivoglia fosse il livello accertato come idoneo. Il “problema” è che,<br />
liv Il dibattito sul weighting è presente anche a proposito del problema di rendere<br />
commensurabili disponibilità a pagare (valori economici) di individui residenti in paesi a diversi<br />
reddito pro capite. Concettualmente è l’equivalente infra generazionale del problema dell’elasticità<br />
marginale dell’utilità al reddito che entra nel calcolo del STPR. Oggi è una procedura meno<br />
utilizzata; si vedano Pearce (2003) e Guo e al (2006).<br />
93
anche alla presenza di saggi di sconto sociali non molto elevati (es. 3%), il valore<br />
presente a 30-50 anni si azzera o riduce fortemente lv . Adottando un tasso di sconto<br />
costante, il quale conduce ad un fattore di sconto che si riduce in modo<br />
esponenziale, molte politiche orientate a favorire la sostenibilità economicoambientale<br />
potrebbero risultare minate, data la peculiare caratteristica della<br />
distribuzione dei costi (danni) e benefici ambientali, spesso concentrati dopo<br />
numerosi anni dal tempo T0 del progetto di investimento o dalla politica pubblica.<br />
D’altra parte non si può nemmeno definire (ex post) in modo arbitrario un tasso<br />
di riferimento, discostandosi da quello che il contesto di riferimento del progetto<br />
caratterizza come plausibile.<br />
Alcuni autori hanno quindi iniziato ad interrogarsi sulla consistenza teorica non<br />
di tassi di sconto nulli (a-economici), ma di profili decrescenti del tasso di sconto<br />
intertemporale, in relazione ad investimenti pubblici o specificamente<br />
investimenti che riardano costi e benefici ambientali. Il dibattito emerge in modo<br />
crescente dopo la pubblicazione del lavoro di Weitzman (1998), il quale propone<br />
un modello di hyperbolic discounting (increasing impatience as time horizons get<br />
shorter), che sfavorisce il breve periodo ed è premiante il lungo periodo. Questo<br />
significa che il fattore di sconto si evolve in base ad una funzione non<br />
esponenziale, ma iperbolica rispetto al tempo. La Weitzman step decline schedule<br />
associata all’hyperbolic discounting definisce un tasso del 4% nei primi 5 anni,<br />
3% fino a 25, 2% fino a 75, 1% fino a 300. È più accomodante nel lunghissimo<br />
periodo della scala del Treasury britannico (si veda sotto), dato che annulla lo<br />
sconto del futuro dopo i 300 anni. Il Gamma discounting (derivante da una survey<br />
effettuata da Weitzman su 2000 economisti, la cui distribuzione è conforme ad<br />
una Gamma distribution) invece propone una scala che parte da 4% e approssima<br />
nel lunghissimo periodo un tasso di 0,5% lvi . Tutti questi modelli, in parte empirici<br />
nella struttura della scala, definiscono l’ambiente del discounting iperbolico. Si<br />
veda anche Cropper e Laibson (1999).<br />
Queste scale decrescenti sono supportate da parte della letteratura di economia<br />
e psicologia sperimentale, che trova spesso confermata l’ipotesi per cui gli<br />
individui usano tassi decrescente nel compiere scelte inter temporali. Il trade off<br />
tra presente e futuro è maggiore per il breve rispetto al lungo periodo. Come<br />
notano Groom et al (205, p.472), alcuni autori rilevano tuttavia che lo sconto del<br />
futuro decrescente sia in realtà spiegato da una evidenza di sub additive<br />
discounting: il tasso di sconto è superiore quando il periodo considerato è più<br />
ampio, rispetto a più ristretti sotto-periodi nei quali può essere diviso. Questo<br />
implica che il fattore di sconto non è funzione del tempo per se, ma dell’entità del<br />
time delay.<br />
lv<br />
Si veda Treasury (2003, annex 6) per uno schema dei vari discount factors e discount rates da<br />
0 a 30 e da 0 a 500 anni.<br />
lvi<br />
Edwards (2003) nota come, oltre alla inconsistenza temporale, può emergere un altro<br />
problema. L’”optimal timing” di un progetto dipende non solo dal livello (atteso) del tasso di<br />
sconto m anche dalla sua “curvatura” o dinamica nel tempo. Confrontando un tasso costante con<br />
uno declinante à la Weitzman si osserva come il secondo tenda a procrastinare il tempo ottimale<br />
di inizio di un progetto.<br />
94
Groom et al (2005) raccolgono le recenti evoluzioni della letteratura,<br />
presentando una survey delle principali motivazioni “economiche” alla base di<br />
tassi decrescenti. La prima e più semplice è la già citata possibilità di crescita<br />
negativa, in certi periodi, o via via minore del consumo pro capite nel tempo, che<br />
riduce il STPR assumendo costanti il tasso puro di preferenza e l’elasticità, che<br />
potrebbero compensare, in parte, se crescenti nel tempo. Il fattore di impazienza<br />
pura può essere più o meno elevato o variare in base alle condizioni economiche<br />
ed istituzionali, l’elasticità può variare al variare della distribuzione del reddito. In<br />
entrambi i casi, per paesi industrializzati, la probabilità maggiore si associa ad un<br />
effetto complessivo che vede come più probabile una riduzione del STPR, con tutte<br />
le determinanti che operano nelle medesima direzione. Quindi, tassi di sconto<br />
negativi lvii o decrescenti potrebbero emergere da condizioni reali dell’economia.<br />
Una crescita economica decrescente è consistente con l’ipotesi di convergenza<br />
condizionale (Barro e Sala-y-Martin, 1995).<br />
La seconda ragione è associata alle esternalità e alla dinamica della<br />
disponibilità a pagare per i servizi e la qualità ambientale. Da un lato, troviamo il<br />
contributo di Weitzman (1994), che propone un modello nel quale la presenza di<br />
esternalità ed una disponibilità a pagare positiva per i beni e servizi ambientali<br />
genera un cuneo tra tasso di sconto sociale e privato lviii . Pur essendo strettamente<br />
legati alla teoria sviluppata dalla welfare economics già nel primo dopoguerra, che<br />
mostrava come i tassi sociali potessero divergere da quelli di mercato causa<br />
inefficienze, distorsioni ed imposte, i lavori di Weitzman contengono questa<br />
interssante implicazione: un tasso decrescente è economicamente ottimale se la<br />
proporzione di reddito spesa in beni ambientali aumenta, e questo è garantito con<br />
crescita economica e se ipotizziamo che i beni ambientali siano beni di lusso. In<br />
aggiunta, i lavori di Krutilla e Fisher (1975) possono anche essi implicare un tasso<br />
decrescente. Il loro modello prevede una DAP per i servizi ambientali che aumenta<br />
nel tempo ad un tasso predeterminato. Nel modello base si definisce un “tasso<br />
netto ambientale”, la differenza tra l’evoluzione della DAP e il tasso di sconto, che<br />
è però costante, o decrescente, nel tempo, in base alle ipotesi sull’andamento della<br />
DAP. Se questa, data la crescente scarsità di risorse e l’ipotesi ambiente come bene<br />
di lusso, aumenta, allora il tasso netto potrebbe decrescere nel tempo (se il tasso di<br />
sconto “lordo” è invariante, non muta).<br />
Riassumendo, alla presenza di crescita economica e di una spesa ambientale<br />
crescente, il tasso ambientale è minore di quello di mercato e potrebbe, in certi<br />
casi (sotto certe ipotesi sull’andamento della DAP, quindi delle preferenze) ridursi<br />
nel tempo. Queste analisi conducono ad una struttura nota in letteratura come dual<br />
discounting, che prevede tassi differenziati per investimenti ambientali (in genere<br />
beni pubblici assimilabili alle caratteristiche di questi) ed altri tipi di investimenti.<br />
lvii Non inconsistenti comunque, data l’osservazione empirica di tassi reali di interesse negativi<br />
in periodi di alta inflazione, o di bassi tassi di interesse in situazioni di trappola della liquidità.<br />
lviii Il risultato dipende da una precisa ipotesi: il livello di danno ambientale deve essere<br />
mantenuto costante nel tempo. Questo implica un incremento marginale degli investimenti<br />
ambientali, fattore che riduce il tasso di rendimento degli investimenti pubblici rispetto a quelli<br />
privati (ipotizzati “immuni” dall’obiettivo ambientale).<br />
95
Questo tasso, inferiore, si applicherebbe sia alla parte di benefici di consumo,<br />
sia quella di investimento, essendo poi possibile una ulteriore differenziazione<br />
interna al tasso ambientale sulla base dei ragionamenti effettuati in precedenza.<br />
Per un’ulteriore analisi critica del dual discounting, abbastanza dibattuto nella<br />
letteratura economico-ambientale, si veda Tol (2003). Un’alternativa più semplice<br />
e pragmatica è applicare un time invariant STPR a benefici e costi valutati in<br />
equivalenti di consumo, che riflettono l’evoluzione della DAP lix .<br />
Questi finora riassunte, il tasso di impazienze e la crescita economica, unita alla<br />
DAP per i servizi ambientali, sono le ragioni a supporto della scelta di un tasso di<br />
sconto in un mondo deterministico. Vediamo ora come tassi decrescenti possano<br />
scaturire da condizioni di incertezza.<br />
Un elemento concettuale, ed intuitivo, che supporta tassi di sconto non costanti è<br />
l’incertezza sulle future condizioni economiche lx . Sempre Weitzman (1998, 2001)<br />
presenta uno scenario nel quale, data l’incertezza sul tasso futuro di sconto, si può<br />
determinare un “certainty equivalent discount factor” (CEDF) e un CEDR (certainty<br />
equivalent discount rate). Un esempio può esser di aiuto: si presentano tre tassi<br />
plausibili, 1, 3 e 5%, ognuno associato ad una probabilità del 33%. È facile<br />
calcolare come il CEDR sia decrescente nel tempo, e approssima il minore dei tre<br />
tassi, 1%, verso i 500 anni. Ma anche a 200 anni il tasso CEDR è già minore del<br />
2% La spiegazione dipende dal fatto che il processo esponenziale di diminuzione<br />
del fattore di sconto pesa maggiormente su tassi di sconto più elevati 3 e 5%, che<br />
conseguentemente vedono calare il loro peso relativo. Asintoticamente, il limite è<br />
quindi 1%, e il CEDR ha degli andamenti tipicamente decrescenti lxi . Si veda anche<br />
Pearce (2003) sul tema lxii .<br />
Newell e Pizer (2000) mostrano invece come quando lo scenario futuro dei tassi<br />
d’interesse è incerto, ma molto correlato nel tempo, il futuro dovrebbe essere<br />
scontato a tassi minori di quelli osservati nel T0.<br />
Groom et al (2005) e Guo et al (2006) evidenziano anche eventuali criticità<br />
dell’applicazione di tassi decrescenti, soprattutto legate al problema di time<br />
inconsistency. Questo è il problema principale sollevato in letteratura, che<br />
lix “This disentangles issues of evolving values for thee environment from issues of discounting<br />
and does not change the discount rate to apply to the consumption stream” (Groom et al., 2005,<br />
p.459).<br />
lx Aggiungiamo che anche una crescita negativa del consumo può portare a STPR negativi, o<br />
declinanti, almeno nei periodi di decrescita economica. In ogni caso, uno scenario di crescita<br />
economica via via minore porterebbe, ceteris paribus, a tassi di sconto declinanti nel tempo.<br />
Aggiungiamo inoltre una nota tecnica: nelle analisi costi benefici le variabili monetarie e i<br />
saggi di sconto devono essere inclusi o tutti in termini reali o tutti in termini nominali. Questo è<br />
forse un banale passaggio tecnico, ma può causare errori importanti nel lungo periodo anche con<br />
tassi di inflazione contenuti come quegli attuali.<br />
lxi “Both the average and the marginal CEDR are declining monotonically through time while<br />
approaching the lowest possible realisation in the long run” (Groom et al., 2005, p.462).<br />
lxii Si evidenzia come mentre il valore atteso del tasso di sconto è uguale tra periodi, il valore<br />
implicito del tasso (CEDR) ed il fattore di sconto variano. Il CEDR diminuisce, mentre il valore<br />
atteso dei tassi rimane invariante.<br />
96
compensa il vantaggio di un andamento decrescente, primariamente la<br />
mitigazione della “dittatura della generazione presente” lxiii .<br />
Nelle parole degli autori: “time inconsistency implies that plans made today<br />
will not be carried out tomorrow unless a mechanism to commit the later self (or<br />
government, aggiungiamo noi) can be implemented” (Groom et al., 2005, p.473),<br />
o, con riferimento all’esperimento di survey di Weitzman “If every person<br />
sampled were asked again, some years later, the rate of discount to be used, the<br />
answers to be consistent, can be expected to be the same. This would result in the<br />
same mean and the same variable. Hence, the inconsistency (si Veda Edwards,<br />
2003, p.658 lxiv ). Recenti applicazioni del concetto sono state effettuate ai fini della<br />
spiegazione di fenomeni quali drug addiction, under saving, organisational failure.<br />
Si veda anche Pearce, Atkinson e Mourato (2005). Osserviamo tuttavia come<br />
anche in una struttura non a tassi declinanti il processo di sconto del futuro su<br />
piani di lungo periodo contenga intrinsecamente un processo di adapative<br />
learning, in quanto periodo dopo periodo il tasso di sconto pre determinato<br />
potrebbe mutare in ragione di nuove condizioni socio-economiche e nuove analisi.<br />
Sumaila e Walters (2005) presentano invece un modello alternativo, dove il<br />
tasso non è decrescente per se per definizione o essendo la variabile endogena di<br />
un modello, ma è modificata la formula del fattore di sconto in modo tale da<br />
accogliere il concetto di tasso di sconto inter generazionale (futuri generation<br />
discount rate), rapportata, in una sorta di prezzo relativo al tasso standard<br />
(Samuelson discounting). La formula collassa a quella usuale se il tasso inter<br />
generazionale assume valore nullo. Con il future generation discount rate incluso,<br />
il fattore di sconto (1/1+r nel caso usuale), diminuisce con il crescere del numero<br />
di generazioni considerate. Il fattore di sconto è quindi decrescente. Simulazioni<br />
con tasso del 5% evidenziano come, su un lasso di 100 anni e con un generation<br />
time di 20, la formula modificata produce un valore presente superiore, nel caso il<br />
future generation discount rate sia maggiore minore o uguale a 5% lxv .<br />
È interessante notare come anche le linee guida del Treasury britannico, che<br />
identificano un STPR pari al 3.5%, associano quest’ultimo tasso al lasso 0-30<br />
anni, quello tipico di un investimento “normale” lxvi . Il tasso consigliato scende di<br />
lxiii Anche se è utile citare la conclusione del lavoro di Groom et al. (2005, p.484): “The case<br />
for declining discount rates is still not proven beyond doubt, despite the extremely persuasive<br />
contributions reviewed in this paper. Indeed, the use of DDRs may put us in danger of placing<br />
more weight upon potentially richer individuals in the far future than we place on potentially<br />
poorer present individuals. What is more widely agreed is the limited extent to which discount<br />
rates can be manipulated to simultaneously reflect the numerous underlying issues that have<br />
motivated their investigation, namely inter generational equity, sustainability and efficiency.<br />
However, admitting a time varying discount rate at least provides another degree of freedom”.<br />
lxiv Che nota come il problema possa essere l’aggregazione di preferenze individuali<br />
consistenti, come accade per le scelte collettive: preferenze transitive a livello individuale possono<br />
generare in-transitività a seguito di aggregazione.<br />
lxv Sumaila e Walters (2005, p.139).<br />
lxvi Notiamo come il tasso base del 3.5% sia contingente al paese. Nel caso italiano, assumendo<br />
una crescita del 2%, ed una componente di impazienza del 0.5% (come suggerita da Pearce et al.,<br />
2006), il tasso base sarebbe del 2.5%. vediamo quindi anche come, a parte i discorsi sulla<br />
97
mezzo punto percentuale (3% fino a 70 anni, 2.5% fino a 125, etc..) fino ad<br />
arrivare all’1% per i periodi oltre i 300 anni. Senza tali aggiustamenti ogni valore<br />
emergente oltre i 70-100 anni sarebbe azzerato. Con gli aggiustamenti, il processo<br />
di attualizzazione viene mitigato, ma rimane in atto lxvii . Una simulazione empirica<br />
relativa all’applicazione di tassi di sconto decrescenti, in conformità a quelli<br />
proposti dal Treasury britannico, unica fonte istituzionale a adeguare i tassi di<br />
sconto periodicamente e a presentare tassi decrescenti nel tempo, è invece<br />
presentata da Guo et al (2006) i quali osservano come, nel loro esempio, il costo<br />
sociale delle emissioni di CO2 aumenti, rispetto al caso di un tasso costante, dal 10<br />
al 40%. Gli autori concludono che gli incrementi di valore futuro associati ad un<br />
tasso decrescente sono minori rispetto ad altri studi recenti che ipotizzano<br />
incrementi del 100%, anche se si nota come il “guadagno” vari da un 10% al 405<br />
riguardo al modello utilizzato lxviii .<br />
3.4.3. Cenni conclusivi<br />
Si è già ricordata la natura contingente dei tassi di sconto rispetto al paese. Anche<br />
all’interno dell’area OCSE e perfino nella UE possono riscontarsi differenze. Ad<br />
esempio, il tasso di 3.5 per un STPR proposto per l Regno Unito può apparire<br />
eccessivo per l’Italia. Assumendo un valore di 0.5 per il tasso di impazienza<br />
pura lxix , una elasticità marginale dell’utilità al reddito di 0,7 e una crescita dei<br />
consumi di 1.5 conduce ad un STPR di 1.55. Si può osservare come sia sensibile<br />
questo valore al cambiare delle ipotesi: utilizzando il tasso di preferenza<br />
intertemporale puro dello Stern report (0.1), il STPR scenderebbe a 1.15. Una<br />
elasticità unitaria invece porterebbe il tasso composto al valore di 2 lxx . Infine,<br />
inconsistenza temporale di tassi decrescenti, la dinamica del tasso di sconto è intrinsecamente<br />
mutevole e adattiva rispetto a mutate condizioni economiche e sociali.<br />
lxvii Comunque anche un tasso dell’1% dopo i 300 anni riduce di molto il valore, essendo pari<br />
ad un fattore di sconto (1/1+r) di 0.04 (il 4% in valore presente).<br />
lxviii Tra gli altri sono utilizzati lo schema suggerito dal Treasury britannico, e due modelli di<br />
declining rates proposti da Weitzman.<br />
lxix Evans e Sezer (2005) assumono un tasso d’impazienza nullo ma un tasso di mortalità di 1%<br />
per l’Italia.<br />
lxx Il contributo più rilevante in termini di calcolo delle suddette elasticità, basato sulla struttura<br />
delle imposte personali sul reddito, è probabilmente Evans (2005). La rassegna dei vari metodi<br />
utilizzabili per la rilevazione delle elasticità (survey methods, evidenza indiretta da comportamenti<br />
osservati (consumer demand models), e revealed social values (spesa pubblica, politiche fiscali<br />
adottate), conduce ad un range di valori plausibili tra 1 ed 1,82. Per ogni paese si calcola un valore<br />
elevato dell’elasticità (a bassi livelli di reddito) ed uno minore (ad alti livelli di reddito). Per<br />
L’Italia il range è 1.33-1.40. è però da notare come, basandosi su modelli macro economici di<br />
consumo storico il Tesoro britannico indichi un valore unitario come consigliabile, più in linea con<br />
i suggerimenti di Pearce (2003). Lo stesso Evans (comunicazione personale) afferma che le stime<br />
medie intorno al valore di 1.35-1.4 (1.25 (UK)-1.45 (Japan)) per l’area OCSE sono al momento<br />
non in linea con le linee guida che proporrà la Commissione Europea, allineate sul valore unitario<br />
(Florio, 2007). Valore unitario consigliato attualmente dal tesoro britannico, che ha ridotto la stima<br />
rispetto al precedente set di linee guida del 1997 (1,5).<br />
98
assumere una maggiore crescita dei consumi (2%) lo porterebbe a 1,9 lxxi . Un range<br />
per il caso italiano, costruito su ipotesi polarizzate, è definibile da 0,60 lxxii a<br />
2,50 lxxiii .<br />
Tutti questi tassi sono ampiamente minori del costo opportunità di<br />
investimenti, anche risk free, di lungo periodo lxxiv , e leggermente minori di<br />
investimenti risk free di breve. Sono comparabili al rendimento reale di<br />
investimenti risk free di breve (parte bassa del range) e medio-lungo periodo<br />
(parte alta). Evans (2005) e Evans e Sezer (2005, 2004), per l’Italia calcolano un<br />
STPR pari a 4.5-4.7%, che appare un calcolo legato ad assunzioni “massime” sui<br />
parametri, date le ipotesi (1% tasso puro + elasticità 1,50-52*crescita 2.5%).<br />
Queste differenze, anche minori, possono rivelarsi decisive in sede di analisi costi<br />
benefici delle politiche ambientali.<br />
Si rimarca, a breve conclusione di questa sezione, come nella discussione dei<br />
processi di attualizzazione dei valori futuri sia necessario possibile rendere<br />
consistente la prassi applicativa con la teoria economica, includendo le<br />
considerazioni di natura etico-economica. Data la relativa flessibilità (non<br />
arbitrarietà) del concetto di tasso di sconto, legata ai vari fattori e alle diverse<br />
ipotesi teoriche su cui è costruito, anche il dibattito inter disciplinare viene aiutato<br />
e supportato, e con questo, si spera, l’integrazione dei ragionamenti economici<br />
nelle politiche ambientali volte alla sostenibilità. Si nota la criticità insita nell’uso<br />
di tassi di sconto declinanti, che portano generalmente a favorire maggiormente<br />
test di analisi costi benefici su politiche ambientali d lungo periodo (Guo et al.,<br />
2006). Pur essendo vero che un tasso usuale di sconto porterebbe ad una scarsa se<br />
non nulla considerazione di fattori di benessere legati a periodi oltre 30 anni, è<br />
anche vero che occorre fare molta attenzione ad utilizzare tassi di sconto<br />
“ambientali” o declinanti. Anche le politiche e gli investimenti ambientali, come<br />
quelle opposte di “sviluppo”, possono associarsi a fenomeni quali sunk cost ed<br />
irreversibilità delle scelte (tecnologiche) lxxv . Quindi si rimarca che ogni scelta del<br />
saggio di sconto, data la sua rilevanza e la sensibilità delle figure di costo e<br />
beneficio rispetto a variazioni dello stesso, deve essere presa con grande cautela e<br />
dopo attenta analisi della teoria economica e delle applicazioni recenti.<br />
La sezione ha voluto presentare una guida applicata e pragmatica alla scelta del<br />
tasso di sconto in situazioni associate ad investimenti pubblici in beni e servizi<br />
ambientali con benefici di medio e lungo periodo, fondata su una discussione dei<br />
fondamenti teorici della scienza economica nell’ambito dell'analisi costi benefici e<br />
lxxi<br />
Evans e Sezer (2005) assumono per l’Italia ed altri paesi un tasso di crescita del 2,5%<br />
storico, che appare ora elevato (si veda la nota sopra).<br />
lxxii<br />
Sommatoria di 0,1 + (0,5*1).<br />
lxxiii<br />
Sommatoria di 0,5 + (1*2).<br />
lxxiv<br />
Es. un bond cinquantennale dello Stato francese o di altro stato europeo con rating da A+ a<br />
AAA.<br />
lxxv<br />
Pyndick (2000).<br />
99
delle evoluzioni recenti più interessanti lxxvi . La discussione teorica ha evidenziato<br />
come, in aggiunta alla definizione di un pragmatico range di tassi di sconto che<br />
può oscillare da valori dell’1% a valori “di mercato”, sia possibile ragionare<br />
criticamente ed in ambito multi disciplinare su quale sia il tasso più idoneo ad<br />
ogni situazione. Riteniamo soprattutto interessanti per gli studi e le applicazioni<br />
empiriche, le varie ipotesi di tassi di sconto declinanti nel tempo e le analisi di<br />
sensitività dei risultati rispetto ai parametri contenuti nel saggio sociale di<br />
preferenza.<br />
lxxvi<br />
Per una sintetica visione delle linee guida e “consigli per l’uso” si veda anche Pearce,<br />
Atkinson e Mourato (2006).<br />
100
Capitolo 4*<br />
Risultati delle valutazioni empiriche su ‘valore economico<br />
totale’, funzioni ricreative, prodotti non legnosi,‘amenity<br />
values’, valori di ‘non uso’<br />
4.1. Stime del valore economico totale (VET)<br />
e funzioni multiple combinate<br />
Per la stima del valore economico totale i lavori in letteratura si suddividono in<br />
due gruppi a seconda che si raggiunga una stima mediante applicazione di un<br />
metodo di valutazione (ad esempio quello di valutazione contingente) in grado di<br />
rilevare informazioni che si possono tradurre in VET senza scorporarne le diverse<br />
componenti oppure a seconda che il valore economico totale venga ottenuto<br />
addizionando i valori delle singole componenti.<br />
Rientra nel primo gruppo il lavoro di Tempesta e Marangon (2004) che utilizzano<br />
il metodo della valutazione contingente per la stima del valore economico totale<br />
dei paesaggi forestali italiani. Il lavoro pone particolare attenzione al fenomeno di<br />
distorsione dell’embedding 77 ben noto nella letteratura sulla valutazione<br />
contingente. Per testare la presenza del fenomeno dell’embedding si è sottoposto a<br />
stima tramite l’uso di tre distinti campioni, il patrimonio forestale nazionale,<br />
quello del Veneto e quello del territorio del Parco Regionale dei Colli Euganei. I<br />
risultati ottenuti sembrano suggerire che seppure con cautele la valutazione<br />
*Nel testo di appendice sono riportate le stime, disponibili in letteratura, dei valori per tutte le<br />
funzioni descritte nel presente capitolo<br />
77 Si riferisce alla possibilità che gli intervistati indichino la propria disponibilità a pagare<br />
(WTP) o ad accettare (WTA) per una categoria globale di beni piuttosto che per una parte degli<br />
stessi. Le possibili distorsioni dovute a embedding effects costituiscono una sorta di problema di<br />
scala. Il bene o servizio da valutare potrebbe essere “incluso” in una scala di possibili livelli di<br />
offerta. Alcuni autori (Kahneman e Knetsch, 1992) hanno concluso che gli individui sarebbero in<br />
certi casi insensibili alla scala di fornitura, dimostrando di esprimere così non una WTP effettiva<br />
per lo scenario descritto, ma un generico contributo ad una buona causa (effetto warm glow). Altri<br />
autori sostengono invece che problemi di insensibilità sono prima di tutto dovuti ad una carente<br />
strutturazione dello studio e del questionario, e che inoltre appositi test statistici possono<br />
comunque essere effettuati come dimostra anche lo stesso lavoro di Tempesta e Marangon (2004).<br />
D’altro lato nel noto lavoro di Arrow et al. (1993) è stato espressamente indicato che le stime<br />
effettuate tramite la valutazione contingente devono testare se e in che misura il fenomeno<br />
dell’embedding abbia influenzato le stime ottenute (Arrow et al., 1993).
contingente può consentire di giungere a stime attendibili dei paesaggi forestali;<br />
nella stima dei beni di interesse locale (es. Colli Euganei) risulta però assai facile<br />
incorrere in fenomeni quali il perfect embedding, specie quando sono sottoposti a<br />
valutazione beni che hanno un significato evocativo e simbolico (per i residenti<br />
locali). Per la stima del VET di queste categorie di beni appare più corretto<br />
secondo Tempesta e Marangon, operare su grande scala e successivamente<br />
ripartire il valore ottenuto per l’intera categoria tra le parti che la costituiscono. Lo<br />
studio giunge ad una stima conclusiva, mediante valutazione contingente, di 1,4<br />
milioni di Lire per ettaro/anno (665,8 € per ha/anno) che rappresenterebbe i<br />
benefici totali risultanti dalla conservazione del patrimonio boschivo. Secondo gli<br />
stessi autori, al fine di ottenere il VET, a questo valore dovrebbero essere aggiunti i<br />
benefici estrattivi diretti (legno e prodotti del sottobosco) 78 il che comporterebbe<br />
un valore pari a 722,6 €/ha 79 . Il valore stimato da Marangon e Tempesta (2004) è<br />
decisamente superiore a quelli ottenuti secondo metodi di stima derivati<br />
dall’estimo privato e quindi ottenuti addizionando i valori stimati per le diverse<br />
funzioni (Gios e Goio (2003) hanno stimato per il Trentino Alto Adige un VET di<br />
0,323 milioni di lire per ettaro/anno (166 €) mentre Marangon e Gottardo (2001)<br />
hanno stimato un valore pari a 0,724 milioni di Lire per ettaro/anno (373,7 €) per<br />
le foreste del Friuli Venezia Giulia).<br />
Anche lo studio di Asciuto et al. (2005) utilizza il metodo della valutazione<br />
contingente per la stima del VET attribuito dalla collettività alla riduzione del<br />
rischio di incendio nella Riserva “Bosco di San Pietro”, area protetta localizzata<br />
nella Sicilia centro-orientale e caratterizzata prevalentemente da formazioni<br />
forestali di sughera e di macchia mediterranea; il lavoro punta molta attenzione<br />
alla verifica dell’ipotesi che la scelta del formato di domanda (open-ended o<br />
close-ended 80 ) possa influire sull’entità della disponibilità a pagare degli<br />
78 Rispettivamente stimati utilizzando: i dati ISTAT relativi al 2000 in cui il valore aggiunto<br />
del legname italiano è stato di 326.2 milioni di euro a cui corrisponde un valore di 46.5 €/ha; i<br />
valori ottenuti per i prodotti del sottobosco da Gios e Goio, (2003) per il Trentino Alto Adige e da<br />
Marangon e Gottardo (2001) per il Friuli Venezia Giulia compresi fra 17.2 €/ha e 14.4 €/ha.<br />
79 Il mezzo è una indagine CV (DC) effettuata su 543 rispondenti della provincia di Padova con<br />
intersviste dirette. Gli autori stimano però la DAC (via minori tasse) per eliminare dalla normativa<br />
una legge di prevenzione degli incendi nei boschi. Si nota come sia dubbio a nostro avviso come<br />
questo porti effettivamente alla stima di un VET, e non invece ad un più specifico elemento di<br />
valore associato al rischio di incendio, che si correla ai valori forestali in modo più o meno diretto,<br />
e comune andrebbe definito nello scenario di indagine.<br />
In ogni caso, la WTP per l’intero patrimonio forestale Italiano, per individuo, è di 219€ vs 235-<br />
250 € per anno rilevata per le sole foreste venete. si riscontra un problema di Embedding, ed anche<br />
di “localismo” 79 e nessun effetto sulle stime di diverse offerte di informazione sull’oggetto di<br />
indagine. il valore per ettaro annuo è 666 €, stimata nel complesso del paese partendo da<br />
rispondenti veneti.<br />
80 Il formato aperto utilizzato nella domanda per l’elicitazione della disponibilità a pagare degli<br />
intervistati (open ended) si differenzia da quello di tipo chiuso (close ended) poiché gli individui<br />
forniscono la loro WTP senza alcuna forma di assistenza, e senza limiti inferiori o superiori. Il<br />
rischio di non ottenere affatto risposte o di ricevere degli “zero” di protesta è elevato, a meno che<br />
gli individui non possiedano sufficiente familiarità con il bene da valutare. Un tale formato<br />
assicura una estrema libertà nelle risposte, tuttavia non corrisponde a una situazione realistica (= i<br />
consumatori si trovano normalmente nella condizione, rappresentata dal formato close ended a<br />
102
intervistati. I risultati ottenuti per la stima della WTP media annua familiare - per<br />
finanziare la gestione di un Piano Ausiliario Antincendio finalizzato a ridurre<br />
annualmente del 50% le superfici boscate della Riserva Santo Pietro (estesa oltre<br />
6000 ettari) percorse dal fuoco – in base al formato di domanda open ended e di<br />
quello close ended evidenziano livelli di contribuzione sostanzialmente diversi: la<br />
prima è risultata pari a 13,90 € mentre la seconda è pari a 21,34 €. Gli stessi autori<br />
in un lavoro precedentemente pubblicato (2004) pervengono, sulla base della<br />
stessa indagine, ad un VET compreso nel range 712 €-934 € per ha. Un<br />
interessante lavoro dal punto di vista metodologico è quello di Fanariotu e Skuras<br />
(2004) 81 in cui si stimano le misure di benessere mediante valutazione contingente<br />
relative ad un incremento della protezione dal rischio di incendio di alcune foreste<br />
greche situate nel Peloponneso. Si mostra come l’utilizzo di alcuni indicatori di<br />
bellezza scenica (scenic beauty) 82 , che comunque si riferiscono a benefici relativi<br />
all’estetica e alla loro vista, migliorino la qualità dei modelli di valutazione<br />
economica e delle corrispondenti stime delle misure di benessere 83 .<br />
scelta dicotomica, di dovere accettare o rifiutare un prezzo proposto senza alternative). Inoltre, i<br />
metodi a formato aperto possono nascondere un incentivo verso comportamenti strategici, in<br />
quanto, in una situazione come quella da essi prospettata, è razionale attenersi a valutazioni basse<br />
(nel timore di dovere contribuire direttamente a pagare le somme determinate dal survey).<br />
Al contrario nei formati di domanda che permettono una scelta in forma discreta o di tipo<br />
dicotomica i rispondenti non sono liberi di determinare la loro WTP (WTA) in modo totalmente<br />
autonomo. Di regola, questo formato comporta domande del tipo “Prendere o lasciare”. La<br />
risposta può essere soltanto positiva o negativa, come avviene spesso nelle scelte reali del<br />
consumatore sul mercato o nei referendum. Tale metodo presenta in apparenza pochi incentivi a<br />
comportamenti strategici, ma richiede molte osservazioni, perché ciò che si ottiene è non già la<br />
massima WTP, ma soltanto un indicatore discreto della massima WTP. Soprattutto, tuttavia, il<br />
metodo in questione implica ipotesi sul modo di specificare la funzione di valutazione o la<br />
funzione di utilità indiretta per ottenere la WTP media. Inoltre, come sottolineano alcuni autori,<br />
dovrebbe essere contemplata anche la possibilità di non votare. Nei referendum le astensioni sono<br />
normalmente trattate come voti negativi. Una reale astensione, invece, richiederebbe una risposta<br />
del tipo “lascio decidere gli altri”. Poiché il rischio di comportamenti strategici e, soprattutto, di<br />
voti di protesta non è necessariamente assente nemmeno in questo formato, possono essere di aiuto<br />
alcune domande di controllo, attraverso le quali l’intervistato è invitato a esplicitare le ragioni<br />
della sua risposta. Secondo alcuni autori, le domande poste in forma dicotomica dovrebbero<br />
risultare più familiari agli intervistati, perché tutti, o quasi, hanno esperienza di referendum.<br />
I valori proposti nel corso di un’indagine di scelta dicotomica sono tuttavia confinati all’interno<br />
di limiti predefiniti. Tali limiti, a loro volta, sono determinati attraverso un pre-test condotto<br />
secondo il metodo open-ended, e ciò può indubbiamente apparire contraddittorio.<br />
81 Il lavoro ha mostrato come gli aesthetic indicators of landscapes, expressed as individual<br />
scenic beauty estimates, may be used as proxies of individuals' specific aesthetic values, and<br />
improve the properties of welfare estimates produced by contingent valuation models. The<br />
omission of scenic beauty indicators from the economic valuation of environmental resources<br />
produces biased and overestimated welfare measures. Combining economic and environmental<br />
indicators significantly improves the explanatory power of economic valuation models and of the<br />
produced welfare measures.<br />
82 Sono state utilizzate fotografie in cui si mostrava una vista su foresta con o senza parti più o<br />
meno recentemente coinvolte da incendi.<br />
83 Secondo gli autori le indagini in cui si stima il valore economico totale delle foreste per il<br />
pubblico e specialmente per quelle foreste che hanno un puro valore ecologico ed estetico e non un<br />
valore produttivo, dovrebbero essere condotte in team interdisciplinari che tentino di combinare e<br />
integrare gli indicatori ambientali, sociali ed economici.<br />
103
In campo internazionale, lo studio di Zinkhan et al. (1997) costituisce uno dei<br />
pochi esempi in cui è stata applicata la conjoint analysis, tecnica che permette di<br />
valutare l’importanza relativa degli attributi dimensionali di una foresta.<br />
Rientra nel secondo gruppo, in cui si perviene al VET mediante la somma dei<br />
valori delle diverse componenti, il lavoro di Gios e Goio (2005) i quali<br />
rielaborano i dati sul comune di Oulx in Piemonte (rilevati nel lavoro di Paletto,<br />
2002) e sul Friuli Venezia Giulia (rilevati in Marangon e Gottardo, 2001) al fine<br />
di fornire stime del valore economico annuo per ha per le diverse funzioni<br />
forestali utilizzabili per stimare il valore economico totale delle foreste alpine<br />
italiane. Il lavoro fornisce un’ottima rassegna critica sulle terminologie utilizzate<br />
per qualificare ciascuna componente del valore economico totale nella letteratura<br />
internazionale e nazionale. Per il legname i valori (per anno/ha in euro)<br />
rispettivamente stimati sulla base dei dati relativi al comune di Oulx e alle foreste<br />
Friulane sono 40,01 e 137,4; per i prodotti del sottobosco 33,48 e 27,9; per il<br />
pascolo 2,7 (manca il valore nel caso friulano); per la fauna selvatica 1,45 (manca<br />
il valore nel caso friulano); per la componente paesaggistico-ricreativa 55,16 e<br />
158,9; per la protezione idrogeologica 183,28 e 1864,5; per la stabilizzazione<br />
climatica 7,36 e 24,9.<br />
Nel lavoro di Croitoru e Gatto (2001) è stato fatto un tentativo di stima del valore<br />
economico totale del bosco in aree mediterranee stimando con valori di mercato i<br />
prodotti forestali incluso il legname, con valore di trasformazione altri prodotti<br />
forestali come il pascolo con produzione di unità foraggere e il nettare trasformato<br />
in miele, con prezzi stimati per i prodotti commercializzati attraverso la vendita di<br />
permessi (come ad esempio la caccia e i funghi). L’aspetto ricreativo è stato<br />
stimato mediante surplus del consumatore (non si capisce bene come e con che<br />
metodo; il numero di giornate/visita nelle zone montane collinari è di fonte ISTAT<br />
mentre il valore di una giornata/visita in termini di surplus del consumatore è stato<br />
stimato in 2,5 €). La stima del valore totale d’uso diretto delle foreste italiane<br />
viene quindi stimato in percentuale di 62,4% per i prodotti con valore reale di<br />
mercato, del 9,3% per i prodotti con valore di trasformazione, del 14,8% per i<br />
prodotti valutati sulla base del prezzo dei permessi e del 13,5% per i prodotti<br />
valutati sulla base del surplus del consumatore. Per i valori d’uso indiretto del<br />
bosco in cui rientrano le cosiddette funzioni ecologiche (protezione idrogeologica,<br />
fissazione del carbonio, paesaggio, regolazione del microclima, effetto sulla<br />
qualità dell’acqua) sono stati utilizzati valori presenti in letteratura (per il carbonio<br />
fissato Cesaro e Pettenella 1994) o valori che rappresentano il costo di<br />
surrogazione di una certa funzione (ad esempio la spesa di Stato e Regioni per<br />
contrastare o ridurre i rischi di erosione nel caso della protezione idrogeologica).<br />
E’ stata infine effettuata una stima del valore delle esternalità negative che<br />
diminuiscono il valore economico totale del bosco (erosione del suolo per<br />
disboscamenti o cattiva gestione forestale, alluvioni, frane e valanghe per<br />
disboscamenti, abbandono o cattiva gestione forestale, danno da incendio, pollini<br />
e altri fattori allergenici, perdita di valore naturale e di biodiversità della foresta<br />
per illeciti, perdita di valore paesaggistico per azioni illegali).<br />
104
Una stima del VET pari a 254 €/ha/anno viene invece ottenuta nel recente lavoro<br />
di Merlo e Croitoru (2005). Essa sarebbe composta dei seguenti valori d’uso<br />
diretto: prodotti legnosi 81 €/ha, pascolo 7 €/ha, prodotti non legnosi 23 €/ha,<br />
ricreazione 20 €/ha, caccia 8 €/ha. Ad essi si sommerebbero i valori indiretti<br />
(protezione dei versanti 104 €/ha; sequestro di carbonio 8 €/ha) e i valori di<br />
opzione, lascito, esistenza pari a 3 €/ha.<br />
Nel lavoro di Strange et al. (1999) si presenta un approccio a quattro stadi per<br />
la stima del valore complessivo di una foresta multiple-use al fine di supportare le<br />
decisioni al riguardo provvedimenti di controllo degli insetti in un’area di studio<br />
nella Polonia Centrale. La struttura a quattro stadi prevede di incorporare<br />
successivamente:<br />
i. il valore finanziario della sola produzione legnosa;<br />
ii. il valore degli output non di mercato;<br />
iii. il valore sociale del carbon storage;<br />
iv. il valore sociale dei benefici ricreativi.<br />
Il paper presenta valori relativi ai quattro step e corrispondenti a dieci tipologie<br />
forestali 84 ; di queste consideriamo i valori in $ per ha relativi a foresta<br />
paesaggistica e ricreativa: legname 2.988 e 3.143, costi di produzione degli output<br />
non di mercato 389 e 425, valore degli output non di mercato 648 e 648<br />
(includono il valore precedente), valore attuale netto del carbon storage (tasso di<br />
sconto annuale 2%) 21.885 e 22.630. Un lavoro interessante che utilizza un<br />
metodo per l’individuazione dell’ordine di importanza delle diverse funzioni<br />
forestali è quello di Schaberg et al. (1999) in cui si presentano i diversi ranking<br />
per le distinte funzioni forestali attribuiti da parte di campioni relativi a 3 gruppi<br />
di interesse (ambientale, caccia e pesca e per il legname) e di un campione casuale<br />
di controllo. L’ordinamento sulla base di giudizi riportati su una scala Likert a 9<br />
punti (0-8) risulta nel gruppo di controllo: servizi ecologici 6,68, stati o processi<br />
ecologici 6,14, beni non di consumo 5,31, prodotti non legnosi 4,83, prodotti<br />
legnosi 3,64, beni di consumo non di mercato 3,02. Per il dettaglio sui 25<br />
beni/servizi considerati e per i ranking dei 3 gruppi di interesse considerati si<br />
rimanda al paper.<br />
Matero (2006) esamina il valore dei servizi delle foreste, in una ottica di VET per<br />
la Finlandia, sul periodo 1995-2002. i valori sono espressi in € 2000, annui: il<br />
valore del Turismo forestale è pari 2700 milioni € (4,5 € per visita la stima<br />
derivante); “Nutrient retention” 200 milioni di €; tutti i non timber services (97<br />
prodotti della foresta) 825 milioni €. La stima per tutti i servizi forestali, al netto<br />
di effetti anche negativi dal punto di vista economico, è pari a 2,609 miliardi di €<br />
annui, dal quale si può, in caso, stimare una misura per ettaro, comunque specifica<br />
al patrimonio finlandese.<br />
84 Commercial, landscape, recreation, health and climate, water protection, high-green zone,<br />
industrial, forest preserves, soil protection, soil model plots.<br />
105
Notaro Paletto Raffaelli (2005) analizzano invece il danno provocato da “wind<br />
and snow, defoliation, fire and tillage” sulle quattro funzioni primarie descritte in<br />
altri studi degli autori (production, protection, tourism-recreation and carbon<br />
fixing). La stima di riduzione del VET è nel complesso dell’1.68% per tutte e 4 le<br />
funzioni.<br />
Alcuni studi hanno il fine di compiere delle survey estese della letteratura.<br />
Croitoru (2006) presenta invece una survey molto interessante sulle forest europee<br />
ed africane, mediterranee, suddivise in quattro categorie geografiche. Per la<br />
categoria che include l'Italia, notiamo i seguenti valori: un VET pari a 173 €/ettaro<br />
e 70 € pro capite, in Italia e paesi del nord mediterraneo. Un valore per il fattore di<br />
Recreation che è in Italia pari a 20-50 € per ettaro anno, o l’8% del VET, inferiore<br />
alla stima di Krieger in percentuale, ma non di molto, e simile in valori assoluti.<br />
Un valore di Biodiversity molto incerto, tra 1-60€ per ettaro, che infatti molti<br />
studi di valutazione no stimano a priori per difficoltà di implementazione della<br />
rilevazione 85 . Infine, l’autrice nota come il valore di “Watershed” sia il 50% del<br />
TEV in media, pari a 45-150€ per ettaro.<br />
Su linee simili, ma con una accezione più estesa, Krieger (2001) presenta una<br />
delle survey della letteratura sui valori forestali più complete, riguardante sia<br />
foreste tropicali sia temperate. Rimandando alla tabella si sintesi, si nota un valore<br />
complessivo per acro in dollari 1994 pari a 122.2, raffrontato ad un valore di<br />
812.2 per quelle tropicali. Le differenze più marcate a favore delle foreste<br />
temperate sono poche (food production), a sfavore operano gran parte degli<br />
elementi di uso e non uso. Tra i valori, le temperate presentano quattro fattori di<br />
valore principali, in ordine decrescente: regolazione del clima, waste treatment,<br />
produzione di prodotti non legnosi, recreation. Questi assommano a 105$ sui 122.<br />
Come ultimo esempio di robusta survey, ma forse datata e da attualizzare nei<br />
valori presentati, si elencano i dati offerti da Pearce e Pearce (2001, tab.17) per le<br />
foreste non tropicali: i valori primari sono stoccaggio del carbonio (90-400$ per<br />
ettaro anno) e uso del legname a finalità produttive (700 $ per ettaro il valore<br />
attuale scontato al 10%, 1994 $). Valori importanti sono anche la funzione idrogeologica<br />
(0-50 $) e la funzione ricreativa turistica (80 $) ed i valori di non<br />
uso/opzione (12-70 $), sempre espressi in per ettaro/anno. Infine, valori molto<br />
limitati per i servizi/attributi valoriali “non timber products” e “amenity” e quasi<br />
nulli per biodiversità.<br />
Per finire, presentiamo, come analisi complementari a quelle quantitative, alcuni<br />
studi volti a definire l’importanza relativa degli attributi forestali, ai fini del forest<br />
planning & management. Reed and Brown (2003) applicano un metodo<br />
85 Slone et al (1997) presentano una rara disamina di alcuni possibili valori, ma non offrendo<br />
stime, per farfalle ed insetti presenti nelle foreste tropicali. Da Notaro, Paletto e Raffaelli (2005):<br />
“Biodiversity was not considered because even in physical terms “at present it is impossible to<br />
evaluate everything” (Efremov and Sheshukov, 2000, p. 59)”. Si veda sotto nella sezione 1.6 il<br />
commento ad alcuni studi di valutazione sulla biodiversità.<br />
106
qualitativo di valutazione (values suitability approach), per indagare i servizi<br />
dell’ecosistema nelle attività di forest planning. Il risultato è la seguente<br />
scomposizione percentuale del valore: Aesthetic 10.0; Biodiversity 13.3; Cultural<br />
3.9; Economic 11.5 Future 9.1 Historic 4.5 Life support 13.8 Learning 8.8<br />
Recreation 12.1 Spiritual 5. Therapeutic 5.4 Subsistence 1.9, i quali possono<br />
essere rapportati ai valori stimati dai metodi quantitativi, ed il ranking implicito<br />
confrontato con quello dei vari studi presentati nella rassegna 86 .<br />
Anche Ananda e Herath (2003) presentano uno studio sul Canada, applicando una<br />
tecnica di analisi qualitativa (Value function approach), che permette di<br />
identificare un ranking ordinale dei fattori di interesse. Nel caso in esame,<br />
abbiamo, in modo meno analitico rispetto a prima: 1. conservazione, 2. uso<br />
estrattivo, 3. uso ricreativo.<br />
4.2. Funzione turistico-ricreativa<br />
Per la stima del valore della funzione turistico-ricreativa i metodi maggiormente<br />
utilizzati sono quello dei costi di viaggio zonale o individuale e quello della<br />
valutazione contingente 87 .<br />
Hanley e Ruffell (1993) applicano il metodo dei costi di viaggio e quello di<br />
valutazione contingente alle foreste Britanniche al fine di attribuire valori<br />
economici alle caratteristiche fisiche delle foreste pubbliche. In sostanza vengono<br />
realizzati tre esercizi di valutazione. Il primo ha utilizzato il metodo dei costi di<br />
viaggio edonico 88 sull’influenza di sei caratteristiche delle foreste (altezza media<br />
86 Bengston et al. (1999) analizzano mediante strumenti statistici 30000 online news dal 1992<br />
al 1996 sulle foreste US, col fine di ricostruire la rilevanza relativa per la società, in un sentiero<br />
dinamico, dei vari valori: moral/aesthetic, ecological, commodity, ricreative. La frequenza relativa<br />
vede, nei 4 anni, un incremento del peso del valore ricreativo, in primis, e di quello morale (di non<br />
uso o esistenza, potremmo tradurre) una riduzione del “commodity”, una costanza del valore<br />
ecologico.<br />
87 Per un approfondimento sui metodi del costi di viaggio e della valutazione contingente si<br />
vedano rispettivamente i paragrafi 2.2.1 e 2.2.3.<br />
88 Per indicazioni generali sul metodo dei costi di viaggio si rimanda al paragrafo 2.2.3; qui<br />
anticipiamo che l’analisi dei costi di viaggio edonica valuta il valore di particolari caratteristiche di<br />
un sito, concludendo con una stima del valore marginale dell’accresciuta qualità ambientale,<br />
studiando per esempio le spese extra rispetto a quelle di viaggio che le persone sono disponibili ad<br />
assorbire / accettare (are willing to absorb) per trovare certe caratteristiche. In teoria, questo è un<br />
mezzo utile per valutare decisioni legate al management del sito oggetto di indagine. Un esempio<br />
di questo tipo di lavoro si trova in Englin e Mendelsohn (anno?), che hanno applicato il metodo dei<br />
costi di viaggio edonici per analizzare la domanda per certe caratteristiche del sito (come il tipo di<br />
foresta, le facilities disponibili, la presenza di vedute / punti panoramici, ecc.) sui sentieri nell’area<br />
USFS wilderness areas dello stato di Washington. Il metodo è stato tuttavia fortemente criticato,<br />
sostanzialmente perché si ritiene che il metodo abbia la tendenza a produrre ‘segni scorretti’ ossia,<br />
107
di tutti gli alberi, diversità nell’altezza, % dell’area totale a latifoglie, diversità<br />
delle specie conifere, presenza di caratteristiche legate all’acqua e % di foresta<br />
come open space) sul surplus del consumatore ma gli autori sostengono che i<br />
risultati presentano deboli basi per derivare i prezzi impliciti (comunque il surplus<br />
per visita per famiglia è risultato pari a 5 £ 1990; quello per visita per adulto pari a<br />
2,19 £ 1990). Successivamente sono state utilizzate due applicazioni di<br />
valutazione contingente: la prima ha utilizzato coppie di fotografie al fine di<br />
mostrare alcuni estremi di alcune caratteristiche delle foreste, come la<br />
presenza/assenza di caratteristiche d’acqua, foreste miste verso foreste di sole<br />
conifere e foreste con altezze uniformi oppure diverse. La WTP incrementale per la<br />
foresta che i rispondenti ritenevano più attrattiva è risultata statisticamente<br />
differente da zero in ciascun caso.<br />
La seconda applicazione di valutazione contingente prevedeva la richiesta della<br />
disponibilità a pagare per preservare l’opportunità di visitare la foresta (in cui i<br />
rispondenti erano stati campionati) ed ha fornito un risultato di 0,93 £ 1990 per<br />
visita per famiglia. Lo studio di Bennett (1995) riguardante 2 parchi nazionali<br />
australiani (Gibraltar Range e Dorrigo) ha utilizzato il metodo dei costi di viaggio<br />
ponendo particolare enfasi e attenzione a quattro aspetti centrali nell’utilizzo del<br />
metodo stesso (l’uso di un modello di costi di viaggio individuale o zonale; il<br />
valore del tempo; la considerazione della congestione e la considerazione dei<br />
viaggi/spostamenti con finalità multiple). I risultati mostrano un valore per visita<br />
di 34 A$ 1995 per anno (valore attuale di visite future) nel caso del parco<br />
Nazionale di Dorrigo e un valore per visita di 19 A$ 1995 per anno (valore attuale<br />
per visite future) nel caso del parco Nazionale di Gibraltar Range. Everitt (1983)<br />
calcola il valore economico di una visita ricreativa alla Kauaeranga Valley (NZ)<br />
mediante il metodo dei costi di viaggio zonale. Il valore attuale annuo per una<br />
visita di gruppo (per veicolo, poiché sono stati rilevati dati mediante un contatore<br />
di traffico) è risultato pari a 4,33 NZ$ (valore conservativo minimo). Sono stati<br />
utilizzati i costi di viaggio imputati e quindi non rilevati quelli effettivi<br />
(solitamente molto maggiori di quelli imputati).<br />
Un’altra applicazione del metodo dei costi di viaggio zonale si trova nello studio<br />
di Gillispie (1997) finalizzato a stimare il valore ricreativo di un parco nazionale<br />
australiano (Minnamurra Rainforest Centre, Budderoo National Park). Lo studio<br />
ha in parte utilizzato i dati rilevati in Bennett (1995). Il valore economico (valore<br />
attuale) per visita per persona stimato risulta di 28 AUS$1995 e 44 AUS$1995 (è<br />
stato utilizzato un tassi di sconto del 7% e sono stati supposti benefici di<br />
ricreazione annui perpetui). I risultati derivano dalla stima di due modelli, uno<br />
basato soltanto sui costi di viaggio per veicolo e l’altro sui costi di viaggio per<br />
veicolo e sul costo opportunità del tempo (a questo secondo modello si riferisce il<br />
valore più elevato pari a 44 AUS$1995).<br />
valori negativi per caratteristiche che si riteneva desiderabili. Ciò implica che i risultati individuali<br />
di tali indagini non possono essere ritenuti veritieri.<br />
108
Willis e Garrod in uno studio pubblicato nel 1991, stimano - applicando il metodo<br />
dei costi di viaggio individuale e zonale 89 - il surplus del consumatore per persona<br />
per visita a sei distretti forestali (Brecon, Bechan, Cheshire, Lorne, New Forest<br />
and Ruthin) nel Regno Unito. Le stime ottenute mediante il metodo dei costi di<br />
viaggio zonale e individuale rientrano rispettivamente nei range di 1,43-2,60 £ e<br />
di 0,06-0,96 £ 90 . Lo studio mostra quindi che le stime basate sul metodo dei costi<br />
di viaggio zonale tendono ad essere più elevate rispetto a quelle basate sul metodo<br />
dei costi di viaggio individuale. Per comprendere quale delle stime fosse la più<br />
vicina all’effettivo surplus del consumatore, i risultati sono stati confrontati con<br />
quelli ottenuti dalle risposte ad un quesito di valutazione contingente incluso nel<br />
questionario utilizzato nell’indagine; le stime di valutazione contingente sono<br />
risultate sempre più basse di quelle ottenute con il metodo dei costi di viaggi<br />
zonale e sono risultate in alcuni casi più alte delle stime ottenute con il metodo dei<br />
costi di viaggio individuali. In ogni caso le stime dei costi di viaggio individuali<br />
sono sempre più vicine a quelle di valutazione contingente rispetto a quelle<br />
derivate dai costi di viaggio zonali.<br />
Scarpa et al. (2000a) presentano valori per attributi ricreativi forestali, stimati<br />
mediante CV su 8000 individui in Irlanda pari a 1-1.50 £ per visita in media, con<br />
una osservata elevata eterogeneità tra foreste in base agli attributi definiti.<br />
In uno studio sugli stessi siti (Scarpa et al., 2000b) si rilevano altri risultati<br />
sempre mediante CV: mezzo milione di £ annui è il valore ricreativo delle foreste,<br />
senza non use values (utilizzando i marginal benefit medi stimati); 19 milioni di £<br />
il valore attuale di tali benefici, scontati al 3% 91 .<br />
Bostedt e Mattsson (1995), hanno valutato due aree turistiche in cui è apparso che<br />
una parte considerevole del valore per i turisti è attribuibile alla connotazione<br />
forestale e che questo può essere accresciuto modificandone le pratiche di<br />
management. E’ stato impiegato il metodo della valutazione contingente.<br />
Rimanendo nel Regno Unito, Bennett et al (1995) applicano una CV alla Crown<br />
estate (1052 ettari), Windsor forest, UK. Si intervistano 200 “path users” (1993-<br />
1994), con una WTP stimata per benefici ricreativi pari a £1.11 per persona<br />
(entrance fee) ed invece di £ 14.24 (additional council tax, per anno) e 26.42 (one<br />
off donation to a trust). I valori sono utilizzati per un confronto con un costo di<br />
27£ per ettaro per rendere accessibile al pubblico la foresta con finalità ricreative.<br />
Un altro lavoro basato su CE è presentato da Boxall e Adamowicz (2004), i<br />
quali quantificano il Valore ricreativo di un wilderness park in Canada 92 . Il<br />
89 Per entrambi i metodi, i costi di viaggio sono stati stimati come la somma dei costi<br />
complessivi legati all’uso dell’automobile (costi del carburante più assicurazione, deprezzamento,<br />
pedaggio stradale e costi di servizio) e dei costi/valore del tempo.<br />
90 Surplus del consumatore per persona per visita in base al metodo dei costi di viaggio zonale:<br />
Brecon, 2,60; Buchan 2,26; Cheshire, 1,91; Lorne, 1,44 ; New Forest, 1,43; Ruthin, 2,52. Surplus<br />
del consumatore per persona per visita in base al metodo dei costi di viaggio zonale: Brecon, 0,60;<br />
Buchan 0,20; Cheshire, 0,06; Lorne, 0,96 ; New Forest, 0,12; Ruthin, 0,88.<br />
91 Da nostri calcoli l’area di interesse dovrebbe essere di circa 6-7000 ettari.<br />
92 Attributi: congestion, development of site, type of wilderness area, fee.<br />
109
modello di Latent class approach rileva un range di 3-21 $ per visita, ma, notiamo,<br />
come perdita di benessere da scenari di “wilderness decrease”.<br />
Rekol & Pouta (2005) elicitano mediante CV (comparando DC e open ended, la<br />
quale però “fallisce”, confermando la difficoltà di rilevare preferenze monetarie su<br />
temi complessi e multi- valoriali) la WTP su 300 “utenti locali”, in un sito<br />
finlandese. Il fine è rilevare la WTP “for risk preferences /Risk aversion measure<br />
for ricreative value” (nello specifico, l’oggetto di analisi sono scenari alternativi di<br />
“certain and uncertain effects of a policy regulating cutting in private managed<br />
forests”), un obiettivo non usuale nelle analisi di stated preference, ma che si<br />
presta ad indagini sperimentali. Si usano 2 campioni: si riscontra una WTP più alta<br />
per lo scenario incerto: 9,25 € vs 13,29 €, che sono non overlapping, ma non<br />
dissimili secondo i test. Si conferma quindi l’importanza di andare oltre l’analisi<br />
delle medie / mediane e verificare la rilevanza delle deviazioni dalla media. Si<br />
registra inoltre soprattutto l’importanza di valori quali: hiking, raccolta di funghi,<br />
crescita della foresta.<br />
Loomis (2004) presenta stime specifiche per il valore ricreativo delle attività di<br />
hiking. Con uno studio di CV su Colorado e Montana si stima un range di WTP per<br />
visita di 12-55 $.<br />
Anche la letteratura italiana ha numerosi studi riguardanti la valutazione della<br />
funzione turistico-ricreativa dei boschi. Il lavoro di Tempesta e Thiene (2000)<br />
utilizza gli approcci del costo di viaggio zonale e individuale e della valutazione<br />
contingente. Le stime ottenute tramite il metodo dei costi di viaggi zonale<br />
mostrano un surplus per gita pari a 1.919 lire per i visitatori del fondovalle e a<br />
2.116 lire per gli escursionisti; mediante il metodo dei costi di viaggio individuale<br />
l’analogo surplus stimato è rispettivamente pari a 3.050 lire e a 4.431 lire. Le<br />
stime basate sulla valutazione contingente sono risultate pari a 4.212 lire per i<br />
visitatori del fondovalle e 5.021 lire per gli escursionisti 93 .<br />
Tempesta e Thiene esaminano il valore ricreativo di una zona forestale dell’area<br />
ampezzana, mediante tecnica dei travel costs e di CV (DC più open ended). La<br />
stima dei costi di viaggio è pari a 1-15 €, mentre la stima da CV (scenario e mezzo<br />
di pagamento: “entrance fee aimed to reduce visitors”. La media è pari a 13135<br />
lire per visita, la mediana 12586, lo schema Open ended rileva invece un valore di<br />
8300. Sommando i valori stimati mediante le due tecniche gli autori ottengono<br />
350 € per ettaro come totale valore ricreativo. Si nota il basso valore del metodo<br />
dei costi di viaggio, imputabile forse ad una presenza di turisti locali, e soprattutto<br />
lo scenario specificato, che stima in realtà il valore di minore congestione (ma non<br />
definita). Il VET ottenuto ricreativo è quindi opinabile come obiettivo dello studio,<br />
esaminando il modo in cui lo stimano gli autori in questo studio.<br />
93<br />
Se si escludono gli atteggiamenti di protesta le stime risultano rispettivamente pari a 5.872<br />
lire e 6.025 lire.<br />
110
Lo studio di Tempesta et al. (2002) propone una rassegna dei benefici ricreativi<br />
per gita e per ha ottenuti grazie alle indagini svolte nel Veneto e nel Friuli<br />
Venezia Giulia nella seconda metà degli anni Novanta. Escludendo le località di<br />
interesse ecoturistico diverse da quelle prevalentemente forestali (come le Cascate<br />
di Molina, la Foce dell’Isonzo, il Lago di Cornino, le Grotte di Villanova), i<br />
benefici ricreativi per gita oscillano fra 3,6 € e 5,4 € cui corrispondono benefici<br />
per ha compresi fra 48,3 €/ha e 357,2 €/ha.<br />
Lo studio di Severino et al. (2002) utilizza il metodo della valutazione contingente<br />
e perviene a stime piuttosto elevate: 345 milioni di Lire in media ad ettaro pari a<br />
circa 23.000 lire ad ettaro di bosco per fruitore.<br />
Valori commensurabili sono stimai da Notaro, Paletti, Raffaelli (2005), che<br />
applicano il metodo di valutazione CV e il metodo del substitution value alla<br />
foresta di Lavazè in Trentino (Val di Fiemme e Val d’Ega), un’area totale di 99.1<br />
ettari. La valutazione riguarda quattro funzioni forestali principali: productive,<br />
protective, recreational e carbon fixing. La WTP media dello studio di CV su 724<br />
visitatori è: 2.64 € per individuo (322-500 € per ettaro in base a stime delle visite).<br />
Un caso di studio relativo alla Spagna è presentato da Caparros et al. (2003) si<br />
focalizzano su uno schema di valutazione per usi multipli: “Timber, cattle<br />
grazing, hunting, recreation, carbon fixation and conservation values”. Adottano<br />
una CV (DC) effettuata su 971 utenti di un boschi di pini, in Spagna, di 1966 ettari.<br />
La WTP media e mediana per visita è pari a 14 € , mentre quella per la<br />
conservazione è 14 la mediana e 24 la media, per anno/individuo. I valori sono poi<br />
utilizzati per fornire un quadro del valore totale della foresta in termini hicksiani<br />
(Capital and total income). Il valore incluso nella contabilità è la mediana<br />
moltiplicata per il 50% dei visitatori, dato che solo la metà accetta di pagare la<br />
WTP mediana. I risultati indicano che “timber” e “recreation”, tra loro<br />
potenzialmente in conflitto, sono di gran lunga gli elementi valoriali più rilevanti<br />
nella foresta.<br />
I valori per ettaro presentati sono di 150 € e 30 € per funzione ricreativa e<br />
conservazione (tab. 3, p.192), ed inoltre 165 estrazione legno, 6 carbon fixing, 3<br />
attività venatoria.<br />
I valori ricreativi possono esser stimati anche ricorrendo a osservazione dei costi<br />
opportunità, quindi utilizzando informazioni si prezzo e valore tipicamente di<br />
mercato. Si nota che valori basati sui CO non sono commensurabili con quelli<br />
derivanti da analisi di TC e CV/CE, che utilizzano una accezione teorica di valore<br />
specificamente utilitarista/hicksiana. Tendenzialmente il CO dovrebbe essere un<br />
benchmark conservativo di valore di un sito. Comunque, è una voce di costo che<br />
può essere riportata ad un valore potenziale di beneficio “minimo”, ma che<br />
dovrebbe essere utilizzata come elemento di costo all’interno di una analisi CB<br />
(come alcuni studi qui presentati mostrano), con i relativi benefici quantificati<br />
mediante le diverse tecniche a disposizione per valori di mercato ed extra<br />
111
mercato. I costi opportunità sono le rendite (nette) da confrontare con le rendite<br />
(nette) di opzioni alternative. Un errore frequente è confrontare rendite lorde di<br />
beneficio, e non al netto dei costi di implementazione dei progetti.<br />
Holgen et al. (2000) presentano uno studio sulla Svezia, con il fine di stimare un<br />
valore ricreativo in base a stand type e landscape. La stima è effettuata utilizzando<br />
valori di mercato (costi opportunità, in termini specifici gli “Adpatation cost<br />
towards green scenario”, calcolati in una perdita di 10% dei profitti). Il valore, per<br />
una area non definita in dettaglio, è di 1000-6000 sek (valore totale annuo),con<br />
una popolazione di interesse di 180000 residenti. Un esame di una gestione più<br />
sostenibile basato sui CO è presentato anche da Holgen e Lind (1995).<br />
Dopo aver esaminato lavori che si basano su tecniche di TC e CV, presentiamo ora<br />
una breve survey dei contributi di choice modelling con rilevanza per<br />
caratteristiche forestali.<br />
Christie, Hanley, Hyde (2006) presentano un interessante analisi di CE (1568<br />
interviste a utenti nel sito) basata su una disaggregazione della foresta (UK) in<br />
diversi attributi, ma col fine primario di esaminare l’eterogeneità delle preferenze<br />
per differanti utenti (a cavallo, bici, nature watchers). Il valore incrementale per i<br />
miglioramenti negli attributi primari varia da 8-23 £, ed è molto eterogeneo. La<br />
WTP media è infatti 10 £. Gli autori notano come questi valori siano più elevati di<br />
altri riscontrati in letteratura, di studi CVM e TC. Questo è in parte controintuitivo<br />
in quanto sia teoricamente sia nella evidenza empirica anche qui presentata le<br />
stime degli esperimenti CE dovrebbero essere maggiormente conservative, sia per<br />
effetti intrinseci dell’indagine multi attributo e per la minore enfasi posta sulla<br />
WTP.<br />
I lavori citati nell’articolo indicano un range, comunque ampio, di 0.046-1.55 £<br />
per visita, con valori più elevati riportati da Scarpa et al (2003): 1.6-2.78 £. stime<br />
derivanti da TC sono invece in un range da 0.07-3.91 £ (presumibilmente per<br />
utenti residenti nel luogo).<br />
4.3. Prodotti non legnosi del sottobosco, altri prodotti/servizi (pascolo,<br />
caccia, fauna selvatica) e servizi eco-sistemici<br />
Pochi lavori in letteratura hanno tentato di stimare esclusivamente il valore<br />
complessivo dei prodotti ‘non-timber’ (funghi, tartufi, mirtilli e altre bacche del<br />
sottobosco).<br />
Starbuck et al (2004) è uno dei rari contributi che si focalizzano sul valore dei non<br />
timber products. Utilizzano la metodologia travel cost, ricavano una misura di<br />
112
surplus media di 36 $ per visita (2003 $) per il complesso dei prodotti del bosco<br />
(Funghi elemento di valore principale 94 ).<br />
Raunikar (2006) presenta un interessante valore di 150 $ per anno/per ettaro, per i<br />
non timber products. La stima è effettuata in base alla osservazione del<br />
comportamento degli agenti economici non industriali, i quali incorrono costi<br />
opportunità per mantenere aree dedicata a tali prodotti invece che dedicarla a<br />
estrazione di legname. La stima è quindi una sorta di “valore privato” del nontimber<br />
value. Citando: “The type of silviculture, or lack thereof, adopted by forest<br />
owners reveals how much they value forest amenities. We estimated this nontimber<br />
value by the income that owners are willing to forego to maintain natural<br />
stands, instead of converting them to more profitable plantations”.<br />
Il lavoro di Gios e Goio (2003), basando la valutazione sul Trentino Alto Adige e<br />
sul Friuli Venezia Giulia, presenta una stima compresa fra 17,2 € e 14,4 € per ha<br />
per anno. Gli stessi autori, nello studio del 2005, propongono i valori relativi al<br />
comune di Oulx e per le foreste friulane pari rispettivamente a 33,48 €/ha/anno e<br />
27,9 €/ha/anno. Oltre a questi, nello studio di Paletto (2002), da cui vengono<br />
derivati i valori nel caso di studio di Oulx, vi è un tentativo di stima del valore<br />
della fauna selvatica e del pascolo (rispettivamente pari a 1,45 €/ha e 2,70 €/ha). Il<br />
lavoro di Merlo e Croitoru (2005) stima per i prodotti non legnosi un valore pari a<br />
23 €/ha, per il pascolo 7 €/ha e per la caccia 8 €/ha.<br />
Per gli altri servizi, prevalentemente venatori (legati strettamente, notiamo, al<br />
valore ricreativo), Boxall & Adamowicz (1996) stimano, per un sito canadese, la<br />
WTP associata a recreational hunting forestale, sia con CV sia con CE (“hunting<br />
features”, sia di uso (fauna: improvement of the population) sia di non uso, più<br />
legate ai valori dello stock di foresta). La WTP risulta 69 $ per visita dalla CV e, si<br />
noti, di “soli” 3.46 $ per visita dall’esperimento CE, mostrando un potenziale<br />
effetto di sovrastima della CV in quanto tale, indipendentemente dal metodo di<br />
elicitazione, rispetto a meccanismi di elicitazione CE/CM. Si noti che il valore delle<br />
licenze venatorie sarebbe possibile rilevarlo anche tramite i prezzi delle licenze<br />
(aste), o con il metodo dei costi di viaggio. Lo schema CE permette però di<br />
contestualizzare questo elemento, come altri, nello spettro multivaloriale della<br />
foresta.<br />
Nunez (2006) invece presenta, con un caso di studio sul Cile, uno dei rari studi in<br />
letteratura sul valore della funzione di "Water supply by temperate forest” (che la<br />
survey di Krieger, 2001, non copre, mettendo non disponibile per foreste<br />
temperate, 2 $ per acro per le tropicali e 0.8 $ per “all forests”). Il valore è stimato<br />
mediante Productivity function approach.<br />
94 Te Velde et al. (2006) rimarcano l’importanza di porre la value chain come obiettivo delle<br />
politiche di forest management. Il fine è quello di incrementare il valore aggiunto inerente la<br />
raccolta e commercializzazione dei non timber forest products. Valutazione dei benefici extra<br />
mercato, cattura del valore e creazione di mercati, anche riducendo le distanze tra offerta e<br />
domanda, sono elementi interconessi della “catena del valore” per tali prodotti.<br />
113
I valori sono stimati per m3: 0,025-0.066 $; Per famiglia: 5.8-15.4 $; Per ettaro<br />
162-61 $, si osservano valori più elevati, come da attese, in estate.<br />
Notaro, Paletti, Raffaelli (2005) applicano il metodo di valutazione CV e il<br />
metodo del substitution value alla foresta di Lavazè in Trentino (Val di Fiemme e<br />
Val d’Ega), un’area totale di 99.1 ettari. La valutazione riguarda quattro funzioni<br />
forestali principali: productive, protective, recreational e carbon fixing. La<br />
quantificazione fa emergere il ruolo preminente delle funzioni extra mercato,<br />
informazione centrale per le politiche di integrated forest management. La CV è<br />
utilizzata per landscape-recreation; il valore di sostituzione/compensazione (OC) 95<br />
per la funzione protettiva.<br />
La WTP media dello studio di CV su 724 visitatori è: 2.64 € per individuo (322-500<br />
€ per ettaro in base a stime delle visite), mentre il valore della funzione di<br />
protezione idro-geologica del suolo forestale è pari a 73-199 € per ettaro (in<br />
relazione a diversi tassi di sconto usati).<br />
Notaro e Paletto (2004) sottolineano che la funzione di protezione idro-geologica<br />
offerta dal suolo forestale è preminente nel valore delle foreste 96 , in linea con<br />
Croitoru (2006), che offre un valore medio, derivante da survey della letteratura,<br />
di “Watershed protection” pari a 45-150 € per ettaro. La survey degli autori su<br />
foreste solamente italiane è invece più eterogenea, con valori, emergenti da analisi<br />
di CO e CV, da 81 a 3377 € per anno per ettaro (2003 €). Il loro studio, sulle foreste<br />
del trentino (345000 ettari di woodland, ma solo 150000 di foreste con funzioni<br />
protettive del ciclo 97 ) presenta poi un valore che si situa nel lower bound di questo<br />
ultimo range, ma superiore a quello di Croitoru per le foreste mediterranee: 184 €<br />
per ettaro.<br />
95<br />
Citando gli autori: “The economic value of the main functions of Lavazè forest was<br />
estimated using the methodology of added functionality. The first stage was to identify the<br />
functions to be evaluated, on the basis of data available: timber production, landscape-recreation,<br />
carbon fixing, hydro-geological protection. The second stage was to determine the best<br />
methodology for valuating each of these functions”.<br />
96<br />
Citando dal contributo: “The protective function of forests has a number of aspects, on the<br />
one hand relating to the protection of human beings and communities against natural hazards such<br />
as avalanches, falling rocks, flooding and surface landfalls (direct protection), and on the other<br />
protecting the land against erosion, stabilising the soil and regulating the flow of rivers, and<br />
bringing about climatic effects and an impact on the quality of the air we breathe (indirect<br />
protection)” (…) “Protection functions of forests is recognised, especially for mountain forests,<br />
and its value represents the most part of the Total Economic Value, only few studies attempt to<br />
estimate the economic value of the protection function for Alpine forests”.<br />
97<br />
“Substitution Value of forests that protect against landslides and avalanches and safeguard<br />
water resources”<br />
114
4.4. Effetti delle foreste sul valore degli immobili<br />
(“amenity value” delle foreste urbane)<br />
Vi sono diversi metodi disponibili in letteratura in grado di stimare l’effetto<br />
indiretto esercitato dalla presenza del bosco sul paesaggio che si traduce ad<br />
esempio in un aumento di valore degli immobili in prossimità delle aree forestali.<br />
Fra questi quello edonimetrico/edonico è il più frequentemente utilizzato. Tali<br />
metodi sono stati finora prevalentemente applicati nei casi di aree verdi/alberate<br />
urbane e per le foreste urbane 98 mentre sono stati meno utilizzati per le aree<br />
forestali estese lontane dai centri abitati. Numerose applicazioni si riferiscono a<br />
paesi del Nord-Europa (Finlandia, Svezia, Danimarca) o al contesto statunitense.<br />
Diversi studi sono stati realizzati da Tyrvainen (1997), Tyrvainen e Vaananen<br />
(1998), Tyrvainen and Miettinen (2000). Nello studio del 1997 è stato applicato il<br />
metodo del prezzo edonico considerando le informazioni relative a 1.006 vendite<br />
di appartamenti a Joensuu, una cittadina finlandese di 48.000 abitanti; i risultati<br />
mostrano che un aumento della distanza rispetto all’area ricreativa afforestata<br />
diminuisce il prezzo dell’appartamento di 42 FIM (FIM = 0.17 Ecu) al metro<br />
quadrato (un aumento della distanza di 100 metri da un corso d’acqua, in area<br />
afforestata, diminuisce invece il prezzo dell’appartamento di 154 FIM per metro<br />
quadrato). In Tyrvainen e Vaananen (1998) è stato applicato il metodo della<br />
valutazione contingente (con carta di pagamento) per misurare i valori d’uso delle<br />
aree ricreative afforestate (risultati in 108-141 FIM per stagione) e per stimare la<br />
disponibilità a pagare per parchi afforestati ipotizzando nello scenario una<br />
conversione di aree urbane afforestate in aree edificabili. Questa parte del lavoro<br />
ha stimato una WTP media per prevenire la conversione di aree afforestate in aree<br />
edificabili in un range da 11.240 FIM/ha/anno a 37.360 FIM/ha/anno. Il terzo lavoro<br />
(Tyrvainen and Miettinen, 2000), su Salo in Finlandia, ha mostrato che le<br />
abitazioni con vista sulla foresta urbana costano il 44,9% in più delle abitazioni<br />
equivalenti senza vista mentre il valore delle proprietà decresce del 5,9%<br />
allontanandosi di un km dalla foresta. Sempre in ambito finlandese si segnala lo<br />
studio di Tahvanainen et al. (2001) in cui sono state analizzati gli effetti di<br />
differenti misure di management forestale e del paesaggio sulla bellezza scenica e<br />
sul valore ricreativo medianti due strumenti di valutazione verbale e visuale<br />
finalizzati a comparare le percezioni visuali con i preconcetti. I risultati indicano<br />
che in generale i preconcetti riguardanti differenti misure silvicolturali non<br />
98 Le foreste urbane, come definite dallo (Svedish) National Board of Forestry, costituiscono<br />
terreni afforestati primariamente utilizzati per attività ricreative situate in relativa prossimità di<br />
aree urbane o di altre facilities di tipo ricreativo (Urban forests are defined […] as forest land<br />
primarily used for recreation in the relative proximity of urban areas or other recreational<br />
facilities). Uno studio svedese (Hornsten e Fredman, 2000) basato su interviste a 1000 persone<br />
estratte casualmente ha mostrato come più del 40% della popolazione svedese preferirebbe una<br />
distanza inferiore della foresta dal luogo di residenza (rispetto a quella attuale) e sostiene che le<br />
aree residenziali dovrebbero essere pianificate in modo tale che la maggior parte degli individui<br />
abbia la foresta ricreativa più vicina raggiungibile a piedi (< 1 km)<br />
115
corrispondono alle percezioni visuali; ciò suggerisce che le persone, senza alcuna<br />
illustrazione, possono avere differenti immagini mentali sulle azioni di<br />
management proposte. Tale risultato supporterebbe quindi l’uso di metodi di<br />
presentazione visuale non solo in studi futuri di analisi delle preferenze, ma anche<br />
in fase di panificazione in cui l’obiettivo è quello di contribuire alla definizione<br />
del management forestale e del paesaggio.<br />
Lo studio di Powe et al. (1997) mostra come una piantagione di 1 ha (caso New<br />
Forest, England) entro 100 metri dalla foresta aumenta il valore dell’abitazione di<br />
£ UK 540.<br />
Lo studio di Praestholm et al. (2002) analizza l’attrattività e i valori delle aree<br />
afforestate in due studi danesi indipendenti. Nel primo sono state condotte<br />
indagini qualitative e quantitative in due comuni che hanno mostrato che le foreste<br />
migliorano la qualità della vita dei rispondenti e che la vicinanza al luogo di<br />
residenza fa sì che vi sia una maggior frequenza di visita. La vicinanza alle foreste<br />
viene indicata come la prima ragione di scelta della casa abitata dal 17% dei<br />
rispondenti. Il secondo studio utilizza il metodo del prezzo edonico per elicitare le<br />
preferenze/valutazione per le aree residenziali afforestate (o prossime alle foreste)<br />
in Danimarca (sono stati utilizzati i dati sulle abitazioni – i quali hanno nel paese<br />
considerato una disponibilità eccellente – per il villaggio di Frejlev vicino ad una<br />
foresta recentemente piantata, Drastrup, a sud ovest di Aalborg nello Jutland<br />
settentrionale e per quattro aree già esistenti localizzate sia nello Jutland sia nello<br />
Zealand). I risultati ottenuti per le 395 abitazioni vicine alla foresta Drastrup<br />
mostrano benefici pari a 17.500 € per ha di terreno afforestato (i costi risultano<br />
invece pari a 8.900 € per ha); è stato incluso anche il reddito perduto da eventuale<br />
uso alternativo agricolo.<br />
Windle and Cramb (1993) hanno applicato il metodo della valutazione<br />
contingente per stimare il valore dell’urban amenity (per la preservazione, il<br />
miglioramento e il mantenimento) dovuto alle aree verdi nella White Hill/Pine<br />
Mountain reserve (Camp Hill, Brisbane, Australia). La media della WTP delle<br />
famiglie residenti locali massima è risultata pari a 31,83 A$1991 (pagamento<br />
annuale per i successivi 10 anni). In modo efficace il lavoro mostra una forte<br />
evidenza di starting point bias: la WTP media risulta infatti 20,02 A$1991 se lo<br />
starting point è A$10 e 43,93 A$1991 se lo starting point è A$40. Secondo gli<br />
autori tali risultati suggeriscono che i rispondenti non riescono a determinare una<br />
loro vera valutazione e utilizzano i valori proposti come se li considerassero di per<br />
sé un’offerta corretta o accettabile.<br />
Un lavoro molto interessante è quello di Thorsnes (2002) per due giurisdizioni in<br />
via di sviluppo/costruzione in un area metropolitana del Michigan, USA. Esso<br />
stima il valore che il mercato delle abitazioni residenziali attribuisce alla<br />
prossimità ad aree afforestate e permanentemente preservate utilizzando il metodo<br />
del prezzo edonico e le informazioni sulla vendita dei terreni edificabili (anziché<br />
116
delle abitazioni). I risultati indicano che i terreni 99 edificabili contigui alle aree<br />
preservate vengono venduti con un plus che oscilla fra 5.800 $ e 8.400 $ (pari al<br />
19% e 35% del prezzo del terreno). Le stime ottenute dalle osservazioni sulle<br />
successive vendite di abitazioni (anziché dei terreni ad uso edificabile) mostrano<br />
stime decisamente superiori e meno precise il che suggerirebbe che le<br />
caratteristiche omesse delle abitazioni potrebbero avere un effetto distorsivo sulle<br />
stime dell’amenity value.<br />
I lavori di McPherson et al. (1999) e McPherson e Simpson (2002), presentano un<br />
confronto fra il valore degli alberi (in viali e in parchi) in due città californiane,<br />
Modesto e Santa Monica. I rapporti benefici-costi sono risultati rispettivamente<br />
pari a 1.85:1 e 1.52:1 per Modesto e Santa Monica. Per ogni dollaro investito in<br />
management, quindi, i residenti ricevono 1,85 e 1,52 dollari in benefici annuali 100 .<br />
L’estetica e gli altri benefici contano dal 50% all’80% dei benefici annuali<br />
totali 101 , mentre le spese per le potature contano per circa il 50% dei costi annuali<br />
totali. Sebbene questi risultati siano piuttosto simili, i benefici e i costi risultano<br />
distribuiti abbastanza differentemente in ciascuna città confermando quindi<br />
l’importanza del contesto e le caratteristiche del bene oggetto di valutazione. Le<br />
differenze nelle dimensioni degli alberi e nei tassi di crescita, le caratteristiche del<br />
fogliame, i prezzi, i valori delle proprietà residenziali e gli aspetti climatici sono i<br />
fattori che per lo più caratterizzano le differenze nei benefici e nei costi calcolati<br />
per albero 102 . In un lavoro più recente McPherson et al. (2005) stimano i benefici<br />
per altre 5 città statunitensi (Fort Collins, Colorado; Cheyenne, Wyoming;<br />
Bismarck, North Dakota; Berkeley, California; and Glendale, Arizona)<br />
evidenziando che a fronte di una spesa annua di 13-65 $ per albero, i benefici<br />
risultano fra 31 $ e 89 $ per albero. Per ogni dollaro investito nel management, i<br />
benefici annui rientrano in un range di 1,37-3,09 $.<br />
Kim e Johnson (2002) analizzano i benefici associati alla vista di una foresta<br />
(McDonald-Dunn Forest in Oregon, USA) dalle proprietà residenziali e quelli<br />
associati alle possibilità ricreative per chi vive nelle vicinanze fornendo utili<br />
99 Lots range in size from about one third to five-thirds acre, and sale prices range from 14,000<br />
$ to almost 50,000 $;houses range in size from 1,200 square feet to almost 3,000 square feet, and<br />
sale prices range from 83,000 $ to 333,000 $. One acre is equal to 43.56 thousand square feet.<br />
100 I benefici sono stati considerati come la somma di price of annual net energy savings<br />
(cooling and heating), price of annual air-quality improvement (pollution uptake and avoided<br />
power plant emissions, price of annual carbon dioxide reductions, price of annual stormwater<br />
runoff reductions, price of aesthetics and other benefits).<br />
101 E’ stato considerato un aumento dei valori delle proprietà dovuto agli alberi di un ampio<br />
viale alberato o di un parco, pari a 1,93 $ e 1,02 $ per m 2 di fogliame aggiunto.<br />
102 I benefici totali sono stati considerati in questo lavoro come pari a E+AQ+CO2+H+O in cui<br />
E rappresenta il valore i risparmi netti annuali di energia (cooling and heating), AQ il valore del<br />
miglioramento nella qualità dell’aria annuale (pollution uptake, avoided power plant emissions,<br />
BVOC emissions in Santa Monica), CO2 il valore della riduzione annuale di anidride carbonica, H<br />
il valore della riduzione annuale di stormwater runoff, O il valore del beneficio estetico e di altri<br />
benefici. Nel lavoro c’è un dettaglio per albero di tutti questi valori; il beneficio estetico/altro<br />
risulta pari a 26,11 $/albero e 64,82 $/albero rispettivamente a Modesto e Santa Monica ma non<br />
viene precisata la metodologia utilizzata per giungere a questi valori<br />
117
informazioni per comprendere quanto la foresta e il cambiamento nelle pratiche di<br />
management della foresta influenzino i valori delle proprietà. La stima di un<br />
modello edonico mostra come le proprietà in cui sarebbe a vista un esteso taglio<br />
della foresta (ne era già stato fatto uno nel 1995) perderebbero un valore pari a<br />
16.381 $ 1995 pari a circa 724 $ per anno ad un tasso di interesse annuale del 4%<br />
su 60 anni. Questo mostra che gli abitanti avrebbero un forte incentivo monetario<br />
a compensare i manager forestali al fine di non effettuare tagli. In uno studio<br />
precedente (Johnson et al., 1994) poco meno della metà degli abitanti proprietari<br />
adiacenti alla medesima foresta indicarono di essere disposti a pagare 380 $ 1995<br />
per anno per evitare i tagli. L’impatto negativo percepito dagli abitanti risulta<br />
quindi maggiore della disponibilità a pagare espresse dai proprietari.<br />
Nel lavoro di Kim e Wells (2005) si esaminano i valori delle case a Flagstaff in<br />
Arizona in cui le costruzioni residenziali nel widland-urban interface crescono<br />
continuamente poiché i valori dei terreni sono maggiori degli usi tradizionali<br />
(agricoltura, forestazione, fattorie) e vi è un segmento in crescita di proprietari che<br />
vengono attratti dai benefici intangibili legati alla bellezza, serenità e libertà<br />
offerta dalla natura circostante. L’attrazione è inoltre dovuta al fatto che il rischio<br />
percepito di un incendio sia più basso del rischio della criminalità delle aree<br />
urbane. Si ritiene che la riduzione della densità forestale possa non solo ridurre il<br />
rischio di incendi ma anche accrescere il valore di amenità e conseguentemente i<br />
valori delle proprietà residenziali (190 $ per 1000m 2 per abitazione).<br />
Mansfield et al. (2005) adottano un modello di prezzi edonici, cross section (dati<br />
1997), per valutare l'impatto sul valore delle abitazioni di diverse tipologie di<br />
verde urbano. Punto originale dello studio è la valutazione di variabili interattive<br />
tra distanza dal verde e tipologia di verde urbano, classificato in base ad indicatori<br />
di intensità di verde. Citando gli autori, i risultati mostrano che: “while increasing<br />
forest cover on the parcel by 10% adds less than $ 800, among the greenness<br />
variables, adjacency to a private forest block has the most substantial impact on<br />
housing price, increasing price by more than $ 8.000 (Prezzo medio immobili<br />
137.630 $) 103 .<br />
Vediamo ora la rilevanza del rischio di incendio boschivo, per la quantificazione<br />
del valore. Questo elemento, per varie ragioni, sottrae valore al VET di un bosco<br />
calcolato su tutte le altre funzioni e servizi/prodotti.<br />
Loomis (2004) esamina mediante un modello edonico la riduzione di valore<br />
immobiliare seguente ad un incendio boschivo. Il modello è basato su dati cross<br />
sezionali e temporali, che permettono di analizzare il break strutturale delle serie<br />
dei prezzi prima e dopo l’evento. Il decremento di prezzo post-incendio è, in<br />
103 Hunt et al. (2005) si focalizzano sui siti forestali remoti in Ontario, calcolando effetti delle<br />
caratteristiche “negative e positive” sul prezzo pagato per il sito, mediante un approccio di hedonic<br />
modelling. Le finalità sono di demand management. La stima è effettuata con una regressione<br />
delle caratteristiche dei siti sul prezzo di entrata nel sito (dati osservati per fishing licences di una<br />
settimana).<br />
118
media, pari al 5% del valore. Si nota come la vicinanza ad una foresta presenta<br />
elementi che impattano positivamente sul valore immobiliare, ed elementi che<br />
impattano in modo negativo. Il rischio di incendi è tra questi, ma non è il solo.<br />
Loomis et al. (2005) stimano la WTP media per programmi di riduzione del rischio<br />
di incendio, su 3 stati degli USA. L’esperimento di CV, effettuato su 300-400<br />
individui in ogni stato, con un metodo di elicitazione a “scala di offerte”, è<br />
associato ad un test sul trasferimento del beneficio tra stati. La WTP stimata risulta<br />
essere di 208-417 $/per anno/per famiglia 104 . Il test di trasferimento presenta<br />
risultati ambigui: seppure le stime siano statisticamente non dissimili tra i 3 stati,<br />
lo specifico test di benefit transfer (si veda la parte dedicata al metodo) non è a<br />
supporto di una commensurabilità tra le WTP stimate.<br />
4.5. Valori di non uso: conservazione, biodiversità ed opzione<br />
La stima dei valori di non uso (passive values) è spesso oggetto delle analisi<br />
orientata alla stima del VET, le quali sono state precedentemente esaminate. In<br />
questa sezione presentiamo lavori che specificamente esaminato o (i) valori di non<br />
uso, quali la conservazione del patrimonio forestale, o (ii) elementi di trade off<br />
valoriale tra elementi di uso e non uso. Si presentano alcuni studi che hanno come<br />
oggetto di analisi la (complessa) elicitazione/quantificazione del valore della<br />
biodiversità, che, notiamo, presenta sia una componente di non uso, legata alla<br />
conservazione, sia un uso diretto legato potenzialmente a prezzi “di mercato” 105 . In<br />
effetti è possibile affermare che la biodiversità forestale, come peraltro altri<br />
elementi dello spettro di valore, è un bene pubblico impuro, con fattori di<br />
beneficio privato (con rendite catturabili ed appropriabili) e di benefico puramente<br />
pubblico.<br />
104 Si nota come alcuni studi di CV elicitino la WTP individuale, altri per famiglia, in relazione<br />
al contesto, al mezzo di pagamento e alla policy di riferimento.<br />
105 Failing e Gregory (2003) identificano una serie di errori metodologici inerenti la<br />
costruzione di indicatori di biodiversità ai fini di scelte di management. Le deficienze primarie di<br />
tali indicatori riguardano la non integrazione delle basi valoriali, che limita “the interface between<br />
science, public values and decision making”.<br />
Chopra e Kumar (2004) si focalizzano su biodiversità ed estrazione di legname, e sulla<br />
interazione, in generale, tra fattori di mercato ed extra mercato. Esaminano la rilevanza della<br />
biodiversità attraverso un modello empirico (adattato dalla funzione Gordon-Schaefer), stimato<br />
con dati indiani sull’estrazione 1975-2000, nel quale l’estrazione del legame dipende dallo stock,<br />
dai costi unitari di produzione, da un indice di biodiversità e da una variabile che descrive le<br />
caratteristiche ecologiche della foresta. L’esame empirci mostra come il potere esplicito del<br />
modello dipenda dalla inclusione delle variabili ecologiche e di biodiversità.<br />
119
Di conseguenza la tema della biodiversità, si farà riferimento anche a (pochi) studi<br />
che si focalizzano sul tema della elicitazione dei valori di opzione e quasiopzione.<br />
Per una survey su valori di opzione ed esistenza in foreste tropicali e temperate si<br />
veda la tab.14 in Pearce e Pearce (2001). I pochi studi su foreste non tropicali,<br />
essenzialmente negli Stati Uniti, conducano ad un range di WTP da 38 $ a 240 $<br />
per famiglia/anno (valori da attualizzare, essendo si studi di fine anni ottanta e<br />
primi novanta).<br />
Analizzando nel dettaglio la recente letteratura, invece, il recente studio di Veisten<br />
e Navrud (2006) presenta elementi di valore aggiunto sia metodologici sia di<br />
stima del valore di scenari di conservazione. Essi utilizzano un caso di studio<br />
norvegese, nello specifico uno scenario ipotetico di politica di conservazione<br />
finanziata dal WWF trust, che “blocca” per 100 anni l'attività di sviluppo ed<br />
estrazione su un territorio forestale (25 aree forestali specificate, area di<br />
Oslomarka), per elicitare la WTP e confrontare la WTP di due gruppi sottoposti a<br />
“trattamento” diverso. Il fine è verificare quanto la WTP ipotetica, rilevata sia con<br />
formato open ended sia DC, si differenzi dal pagamento effettivo, rilevato con una<br />
effettiva donazione richiesta in un caso ad una settimana di distanza<br />
dall’intervista, nell’altro contestualmente. L’ipotesi è che nel secondo caso<br />
l’effetto incentivo sia maggiore. In sintesi, lo studio verifica l’esistenza del noto<br />
bias da scenario ipotetico. I risultati mostrano come il meccanismo truth-telling<br />
sia efficace per quanto riguarda il formato di DC, ma non quello di open ended,<br />
che evidenzia il bias per entrambi i gruppi esaminati. Quantitativamente, le WTP<br />
per la conservazione delle aree forestali sono, per il formato OE, da 24-27 €<br />
(media, con mediana, notiamo, 0: questo è un elemento frequente da tenere in<br />
considerazione per le valutazioni sia di policy sia di management della domanda e<br />
del bene pubblico locale). Per confronto, le stime di pagamento effettivo sono di<br />
2-2.2 €. Riguardo alla CV con DC, invece, la WTP stimata mediana è 9-22 € mentre<br />
il pagamento effettivo 2.9-3.8 €. Si riduce, in questo caso (DC), come detto,<br />
l’effetto di yea saying tipico del formato dicotomico, solo se contestualmente si<br />
associa un effettivo pagamento monetario.<br />
Su linee simili ma con accezione diversa (ricordiamo che ogni studio di<br />
valutazione, pur all’interno di una certa commensurabilità, presenta stime di<br />
valore per gli specifici elementi sui quali l’indagine è definita), Pouta (2005), in<br />
un caso di studio di CV sulla Finlandia esamina il valore di una politica di<br />
estrazione del legname “sostenibile” (policy finanziata e supportata dal governo).<br />
Si analizza anche la sensibilità delle stime allo scope (scope sensitivity, diversa<br />
dalla scale sensitivity esaminata per testare embedding effects), mediante la<br />
presentazione di diversi scenari di policy, definite su attributi differenti. Le WTP<br />
sono pari a 241-388 FIM (0,17 €), per il totale del campione (sensitive to scope) e<br />
1700 FIM in quella troncata (senza zero bids, non sensitive). La insensibilità alla<br />
varietà degli attributi dipende per gli autori dall’attributo di minore impatto<br />
occupazionale comunque associato alle diverse politiche di gestione sostenibile.<br />
120
Knooke e Moog (2005) si focalizzano sul valore di conservazione, stimandolo non<br />
con analisi delle preferenze ma mediante utilizzo dei costi opportunità (utilizzo<br />
del sito per produzione di legname), col fine di calcolare una “compensazione”<br />
sufficiente per evitare l’ipotesi di sviluppo (il valore economico che la foresta<br />
nell’uso conservativo deve possedere perché l’analisi CB conduca ad una<br />
preferenza per la conservazione 106 ). Nelle loro parole: “The first 42-ha forest<br />
reserve was priced at 11,494 Euro/ha or, 483 Euro/ha/year expressed in infinite<br />
yearly compensation. The yearly compensation price for the last forest reserve had<br />
an increase up to 607 Euro/ha/year”.<br />
Sulla stessa linea di stima del valore, Leppanen et al. (2005) valutano la<br />
compensazione minima necessaria per un programma di conservazione del 3% del<br />
territorio forestale finlandese in esame (270.000 ettari), in 1 miliardo di euro<br />
annui. Ovvero, 3703 € per ettaro.<br />
106 Pochissimi studi analizzano il valore di quasi opzione per la scelta tra sviluppo e<br />
conservazione nel caso delle foreste. Tra i pochi si segnala Bulte et al (2002), sulle foreste del<br />
Costarica. Il lavoro conclude che il QOV è limitato rispetto al valore complessivo, circa 1-2%<br />
(anche se a nostro avviso l’additività del QOV nel VET è opinabile, o necessita di ragionamenti<br />
caso per caso, in base agli obiettivi dello studio). Il contributo mette però in luce un aspetto<br />
interessante: se si esamina il ruolo del trend dinamico e dell’incertezza, per i valori non di uso, il<br />
primo emerge più rilevante relativamente, e driver primario della motivazione di Stock maggiori di<br />
foresta in una analisi dinamica dei CB. Per questo emerge di conseguenza il ruolo giocato dallo<br />
sconto dei benefici e costi futuri, mediante diverse possibili tipologie di tassi di sconto ( di<br />
mercato/“sociali”, di consumo/produzione, costanti/nulli/decrescenti, etc..). La potenziale<br />
irreversibilità, unita alla possibile ed intrinseca incertezza associata ai benefici netti dei progetti di<br />
investimento alternativi e delle opzioni di conservazione dei siti, fa emergere un interessante<br />
valore economico, che completa il quadro dei valori (esterni) rivelanti per le analisi costi benefici<br />
in questo ambito. Il valore esterno 106 , di natura inter temporale, è quello noto in letteratura come<br />
valore di quasi opzione (Arrow e Fisher, 1974; Conrad, 1980) che può emergere, sotto certe<br />
condizioni e determinati valori dei relativi benefici netti delle opzioni di conservazione e sviluppo,<br />
solo se si presentano congiuntamente gli elementi di irreversibilità ed incertezza. Tali elementi<br />
caratterizzano quindi in modo più o meno rilevante gli interventi infrastrutturali nei comparti<br />
trasportistici. In questi casi la scelta ottimale riguarda non solo il tipo e il livello dell’investimento,<br />
selezionato tra le opzioni disponibili (compresa l’opzione di non investimento) dipendente da<br />
considerazioni di analisi costi benefici allargata alla sfera dei valori extra mercato, ma anche il<br />
timing dell’investimento. Il timing è anche esso dipendente dai valori relativi delle diverse<br />
opzioni, ma anche dalla natura e quantificazione dell’incertezza, e dall’irreversibilità<br />
dell’investimento di sviluppo, alternativo alla conservazione, o a un investimento di sviluppo non<br />
irreversibile per ciò che riguarda i danni socio ambientali (Bosetti, 2001; Zeituni e Freeman,<br />
1998).<br />
Si ricorda che il valore di quasi opzione si differenzia dal valore di opzione, derivante ed associato<br />
alle preferenze e al grado di avversione al rischio di un individuo: non è quindi un valore fondato<br />
sul concetto di disponibilità a pagare individuale (Nuti, 2001; Freeman, 1993; Casoni e Polidori,<br />
2002), ma un valore legato all’investimento esaminato. Per qualsiasi investimento, il valore di<br />
quasi opzione (VQO) si traduce nel valore della flessibilità della scelta, della futura informazione,<br />
dell’attesa di investire rispetto all’investimento immediato. Nel caso di risorse e di capitale<br />
naturale, il valore è pubblico e si associa ad effetti esterni, se non contabilizzato, mentre nel caso<br />
di investimenti prettamente insistenti su asset privati è un elemento intrinseco della decisione<br />
economico-finanziaria, che emerge nel dinamico se si prendono in considerazione e sussistono le<br />
caratteristiche suddette.<br />
121
Kooten et al. (2001) presentano un caso di studio svedese, al fine di testare un<br />
modello empirico di “Fuzzy CVM” (errori non stocastici, inserimento nel modello<br />
stimato di un “vague preference element”). I dati, del 1992, riguardano 389 utenti<br />
di un sito forestale, ai quali si domanda se rivisiteranno il sito in futuro e qual è la<br />
WTP per visitarlo nelle stesse condizioni di preservazione della foresta. Si misura<br />
quindi una sorta di valore di opzione 107 , associato ad usi ricreativi, al quale si<br />
associa mediante un legame di complementarità hicksiana il valore di<br />
conservazione della foresta (non uso). È interessante notare il legame tra valore di<br />
uso ricreativo e non uso preservazione del sito, complementi e non in trade off. È<br />
infatti possibile rilevare i valori di non uso “complementare” alla fruizione, se è<br />
possibile ipotizzare un legame di weak complementarity tra componente ricreativa<br />
e componente valoriale di non uso (Freeman, 1993). La stima di WTP individuale<br />
annua è pari 3000-3500 sek.<br />
Tyrvainen (2001) stima la “residents’ willingness-to-pay for larger wooded<br />
recreation areas and for small forested parks”, su un caso di studio finlandese,<br />
mediante CV, con circa 300 interviste, suddivise tra aree specifiche. Il mezzo di<br />
pagamento ed il fine di indagine è duplice: si utilizza una fee come mezzo per<br />
stimare la WTP per un mese / una stagione l’area (uso ricreativo) e una tassa<br />
annuale con il fine di comprare e mantenere una area urbana (evitando sviluppo<br />
immobiliare come alternativa). Le WTP sono 42-53 FIM per uso di un mese e 9-17<br />
FIM per una visita di 2 ore. Invece, la WTP è 74-206 per mantenere l’area: in<br />
aggregato 0,28-1,79 milioni di FIM annui. Su questa base, una analisi CBA è<br />
effettuata WTP aggregata (benefici) – costi (CO del terreno non utilizzato), al fine<br />
di decidere se l’opzione preservativa è socialmente efficiente.<br />
Kniivila (2002), effettua un interessante paragone tra valori locali e regionali della<br />
preservazione forestale in Finlandia, intervistando con metodo CV (DC) 800<br />
individui di diverse aree. Il metodo e scenario è una “extra tax to avoid tourism<br />
logging and housing”. La WTP della popolazione locale risulta l’80% di quella<br />
della totale:113 € mediana per anno individuo, 289 € la media (233 € quella<br />
“locale”) i valori sono utilizzati per una analisi CB (costi opportunità vs WTP): il<br />
Valore attuale, calcolato con un tasso dis conto del 3-5%, è maggiore di zero sul<br />
piano nazionale e regionale, ma non locale, a causa di benefici estesi ma costi<br />
concentrati.<br />
Hanley et al. (1998) offrono stime basate su une sperimento di valutazione CE, su<br />
un caso di studio di foreste britanniche. Effettuano anche una analisi di CV, che<br />
porta in questo caso a valori simili, e confrontano le stime derivanti da “users and<br />
non users”. Gli attributi della foresta nell’esperimento di CE sono: felling, shape,<br />
species. Le 280 interviste conducono ai seguenti risultati: per gli users abbiamo<br />
WTP marginali per i tre attributi, nell’ordine precedente, di 13, 17, 12£, per i non<br />
users di 11, 9, 9£. Gli autori osservano come: “The implied WTP for an “ideal<br />
107 In molti casi, si vede come il valore di opzione sia in realtà meglio definibile come un<br />
valore d’uso differito, o potenziale, e differisce sostanzialmente dal nucleo dei valori di non uso.<br />
122
forest” with contoured edges, a diverse species and selective felling, over and<br />
above a forest with straight edges, evergreen monoculture and patch felling is<br />
therefore £ 38.15/household/year, if we assume a linear, additively-separable<br />
indirect utility function”.<br />
Mill et al. (2006) analizzano il patrimonio forestale in Irlanda in uno schema di<br />
multiple use value 108 , calcolando la WTP marginale, mediante CV; per tre tipologie<br />
di foreste: Mixed, natural, pine. I valori sono pari a 38, 46, 27 €. Elemento<br />
interessante dello studio People WTP similar to managers ranking<br />
Lehtonen (2003) è uno dei rari studi a focalizzarsi sulla biodiversità come non<br />
market benefit della conservazione, su un caso di studio finlandese. Il fine è<br />
imputare i valori di beneficio derivanti dalle analisi CV e CE (1500 rispondenti) in<br />
una analisi CBA di un biodiversity conservation programme. Tali valori di WTP<br />
sono pari a 60-233 € per famiglia per anno.<br />
Garrod e Willis (1997) analizzano, mediante un raro studio di contingent ranking,<br />
diversi scenari forestali associati a biodiversità e conservazione nel regno Unito.<br />
La WTP marginale stimata per un 1% di incremento dell’area forestale è 0.11-0.44<br />
£ per individuo/anno (valore di non uso).<br />
Come commento generale al valore della biodiversità nelle foreste non tropicali,<br />
comunque, si faccia riferimento a Pearce e Pearce (2001), il quale afferma, sulla<br />
base di una estesa survey, che i valori possono andare da migliaia di dollari per<br />
ettaro in alcuni hot spot tropicali, con una media in genere attestata su centinaia di<br />
dollari per ettaro, ma con valori tendenti a zero per le foreste non tropicali.<br />
108 Sulla seguente lista di caratteristiche forestali: birds (‘Bird’); mammals (‘Mammal’);<br />
broadleaf trees in addition to conifers (‘Broad’); well-marked walkways (‘Walk’); public car<br />
parking (‘Park’); old and tall trees (‘Old’); attractive to look at (‘Attract’); has widely spaced trees<br />
admitting light (‘Light’); helps reduce global warming (‘Warm’); information for visitors (‘Info’);<br />
dead wood and dying trees (‘Dead’); some clearings without trees (‘Clear’); picnic tables<br />
(‘Picnic’); fungi (‘Fungi’); reptiles and amphibians (‘Reptile’); insects (‘Insect’); flowers and other<br />
plants (‘Flower’); mixture of conifer species (‘Conifer’); helps reduce flooding (‘Flood’).<br />
123
Capitolo 5<br />
Benefici economici derivanti dalla funzione di assorbimento<br />
della CO2<br />
5.1. Inquadramento teorico<br />
Con l’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto, nel febbraio 2005, gli ecosistemi<br />
forestali sono diventati degli strumenti importanti nell’ambito delle strategie da<br />
mettere in atto per la mitigazione dei cambiamenti climatici e, nello specifico, per<br />
la fissazione della CO2.<br />
Per quanto riguarda il settore forestale, il riferimento obbligato è agli articoli 3.3 e<br />
3.4 del Protocollo (Box 1):<br />
• Art. 3.3 – Riguarda le attività di afforestazione, riforestazione e deforestazione<br />
(Afforestation, Reforestation, Deforestation - ARD). Stabilisce che tutte le<br />
quantità di C immagazzinate nel suolo e nel soprassuolo a seguito di tali<br />
attività, qualora siano state realizzate tra l’1 gennaio 1990 ed il 31 dicembre<br />
2012, dovranno essere contabilizzate e considerate ai fini del raggiungimento<br />
degli impegni di riduzione delle emissioni. Queste attività vanno intese come<br />
cambiamenti permanenti nell’uso del suolo (da non forestale a forestale e<br />
viceversa).<br />
• Art. 3.4 – Riguarda le altre attività di gestione delle superfici forestali.<br />
Stabilisce che, per poter essere conteggiate, queste attività di gestione diverse<br />
da afforestazione, riforestazione e deforestazione debbano essere humaninduced<br />
109 (es. rivegetazione, gestione forestale), e sempre realizzate a partire<br />
dal 1990.<br />
109 Ovvero connesse ad espliciti e diretti interventi gestionali realizzati dall’uomo
Box 1. Definizioni utili per l’interpretazione degli articoli 3.3 e 3.4 del Protocollo di<br />
Kyoto<br />
Foresta: area con dimensioni minime pari a 0,5-1,0 ettari, con tasso di copertura arborea<br />
almeno del 10-30% con piante in grado di raggiungere a maturità un’altezza minima di<br />
2,5 metri. A ciascun Paese è lasciata la possibilità di scegliere entro un dato range, il<br />
limite minimo per tasso di copertura e per dimensioni minime.<br />
Afforestazione: conversione in foresta, a seguito di azione antropica, di un’area che non<br />
sia stata foresta almeno negli ultimi 50 anni. Può essere realizzata tramite piantagione,<br />
semina e/o interventi antropici di sostegno a modalità naturali di propagazione che si<br />
stiano affermando.<br />
Riforestazione: conversione in foresta, a seguito di azione antropica, di un’area già<br />
precedentemente forestale ma che in passato sia stata convertita ad altri usi. Può essere<br />
realizzata tramite piantagione, semina e/o interventi antropici di sostegno a modalità<br />
naturali di propagazione che si stiano affermando.<br />
Deforestazione: conversione, a seguito di azione antropica, di un’area forestale in una<br />
non forestale.<br />
Rivegetazione: azione antropica finalizzata all’aumento degli stock di carbonio in un dato<br />
luogo, tramite la realizzazione di una copertura vegetale su un’area minima di 0,5 ha, che<br />
non rientra nella definizioni di afforestazione e riforestazione.<br />
Gestione forestale: complesso di pratiche da attuare per la conduzione e l’uso<br />
sostenibile di una foresta al fine di conseguire rilevanti funzioni ecologiche, economiche e<br />
sociali.<br />
Gli impianti realizzati nell’ambito del progetto “10.000 ha di sistemi verdi per la<br />
Lombardia” potrebbero quindi essere contabilizzati tra le misure per la riduzione<br />
delle emissioni di CO2 messe in atto a livello italiano per l’adempimento degli<br />
impegni presi dall’Italia nell’ambito del Protocollo di Kyoto.<br />
5.2. Il mercato delle quote<br />
Anche a seguito delle incertezze iniziali sulla ratifica del Protocollo di Kyoto e<br />
sulla sua effettiva entrata in vigore, la Comunità Europea ha autonomamente<br />
sviluppato degli strumenti operativi volti a promuovere l’impegno nella lotta ai<br />
cambiamenti climatici. Il principale tra tali strumenti è lo Schema di Mercato<br />
delle Quote (European Union’s Emission Trading Scheme – EU-ETS) che, per<br />
alcuni settore industriali più energy intensive, fissa dei tetti di emissione e<br />
organizza un sistema per la compravendita di quote di emissioni finalizzato al<br />
raggiungimento degli obiettivi prefissati.<br />
Con l’entrata in vigore di questo sistema di scambio dei crediti di carbonio in<br />
futuro potrebbero forse aprirsi per le foreste delle nuove prospettive di reddito.<br />
Infatti esse rientrano appieno tra i “pozzi” (sinks) di carbonio, grazie alla<br />
capacità delle piante di assorbire l’anidride carbonica, e le quantità di carbonio<br />
fissate potrebbero in linea teorica essere vendute nell’ambito del EU-ETS, al pari di<br />
come avviene in altri mercati dei titoli di emissione avviati negli USA. In questo<br />
modo sarebbe possibile assegnare un valore preciso a un servizio ambientale<br />
126
(quello della fissazione della CO2, appunto) fino ad ora difficilmente<br />
internalizzabile. Al momento attuale questa è ancora un’ipotesi solamente teorica,<br />
infatti la CE nel 2003, rispondendo ad una richiesta formulata nell’ Advisory<br />
Group on Forestry and Cork, si è espressa contro l’inclusione delle attività agroforestali<br />
nello schema: “They (i progetti agro-forestali nell’ambito del mercato<br />
delle quote – NdA) do not bring technology transfer, they are inherently<br />
temporary and reversibile, and uncertainty remains about the effects of emission<br />
removal by carbon sink”.<br />
5.2.1. I prezzi delle quote<br />
Nella valutazione dei ricavi che si pensa di ottenere dal servizio di fissazione della<br />
CO2 a seguito di attività di afforestazione o riforestazione, bisogna innanzitutto<br />
stabilire quale, tra le seguenti, è l’opzione scelta:<br />
- piantagioni con finalità produttive (biomassa legnosa): oltre al ricavo finale<br />
derivante dal legname, vi sarà un reddito aggiuntivo derivante dalla vendita<br />
dei crediti mano a mano che si formano. Al momento del taglio della<br />
piantagione a fine turno, in caso di reversibilità nell’uso dei terreni alle<br />
precedenti forme di utilizzo non forestale, i crediti ottenuti dovranno essere<br />
restituiti per compensare il fatto che il carbonio precedentemente fissato<br />
verrà ora rimesso in atmosfera;<br />
- piantagioni con finalità diverse da quella di produzione legnosa (es.<br />
miglioramento paesaggistico, salvaguardia della biodiversità, protezione<br />
idrogeologica, ecc.) e per le quali non si prevede un taglio finale e la<br />
reversibilità dell’impianto alle precedenti forme d’uso del suolo: i crediti<br />
formati e venduti daranno delle entrate senza obblighi di restituzione.<br />
Un altro aspetto molto importante che non va trascurato in nessuno di questi casi è<br />
il fatto che eventuali non previsti ritorni in atmosfera del carbonio fissato (ad<br />
esempio a causa di incendi, schianti, danni causati da attacchi di insetti, ecc.)<br />
implicheranno la restituzione dei corrispettivi crediti incassati in precedenza.<br />
Fatte queste premesse, l’elemento fondamentale da conoscere per poter stimare il<br />
valore economico della funzione di assorbimento della CO2 è il prezzo di mercato<br />
dei crediti di carbonio. Si tratta di un aspetto problematico, perché i prezzi<br />
assegnati alle tonnellate equivalenti di CO2 variano molto nel tempo e anche a<br />
seconda dello schema di mercato considerato. Per dare un’idea di questa<br />
variabilità, nell’EU-ETS, lo spot price medio di una tonnellata di CO2 era pari a<br />
28,53 € nel luglio 2005, fino alla fine del 2005 si è attestato in una fascia<br />
compresa tra 20 e 25 € (prevalentemente verso i 20 €), per risalire poi fino a 23,92<br />
€ nel gennaio 2006. In febbraio e marzo il prezzo è risalito (attorno ai 26 €) e ha<br />
raggiunto il picco, in aprile, di 29,75 € fino a ridiscendere poi a 10,90 € nel<br />
maggio 2006 (Capoor e Ambrosi, 2006). Inoltre, il prezzo di una tonnellata di<br />
127
CO2 equivalente nel 2006 è pari a circa 16 €/t nell’EU – ETS mentre è di circa 4 $/t<br />
nel Chicago Climate Exchange (CCE) 110<br />
Per quanto riguarda la stima del valore della CO2 fissata da una foresta, il mercato<br />
ETS è comunque un mercato non reale, bensì surrogato. In quanto – come già<br />
osservato - i prezzi di riferimento per tonnellata di CO2 nell’ETS non sono riferiti<br />
alla fissazione derivante dalle pratiche di forestazione, afforestazione, ecc., ma<br />
possono essere considerati dei buoni sostituti. Se i prezzi del mercato ETS<br />
inglobassero anche i carbon sink si verificherebbero due fenomeni di segno<br />
opposto:<br />
- da una parte l’inclusione delle foreste aumenterebbe il campo di<br />
opzione per gli interventi di lotta al global warming e si ridurrebbe il<br />
costo marginale delle quote;<br />
- dall’altra, date le caratteristiche dei carbon sink e i relativi problemi di<br />
valutazione e monitoraggio (effetti indotti leakage da controllare,<br />
verifica dell’effettiva addizionalità degli interventi, temporaneità degli<br />
effetti) i costi di transazioni verrebbero ad aumentare in maniera<br />
piuttosto consistente, quantomeno durante le prime fasi di avvio del<br />
mercato.<br />
In alternativa al riferimento ad un mercato surrogato quale quello dell’ETS, alle<br />
quote di CO2 assorbita potrebbe essere assegnato un valore di mercato<br />
equiparabile a quello dei crediti da progetti Joint Implementation (JI) oppure<br />
Clean Development Mechanism (CDM). Nel 2005 si è registrata una media dei<br />
prezzi delle Certified Emission Reductions (CER) relative ai CDM di 6,7 €/t e una<br />
media dei prezzi CER (JI) = 5,1 €/t.<br />
L’aleatorietà del mercato per i crediti di carbonio è confermata dal fatto che già da<br />
molti mesi si sta parlando, in Italia, della creazione di un registro specifico per i<br />
crediti di carbonio derivanti da attività forestali, ma il raggiungimento di una<br />
decisione al riguardo è cosa ancora assai incerta. Inoltre, rimarrebbe poi da<br />
verificare se tale ipotetico registro attiverebbe uno scambio di quote nell’ambito<br />
di fondi italiani per il Protocollo di Kyoto, anziché all’interno dell’ETS (ovvero<br />
una situazione in cui lo Stato investe nel settore forestale per compensare i gestori<br />
che realizzano degli interventi di riforestazione/afforestazione).<br />
Qualora si verificasse un’eventualità del genere, vista la necessità di monitorare e<br />
controllare in modo oggettivo l’attività di fissazione del carbonio di una<br />
determinata foresta, un ruolo di rilievo potrebbe essere assunto da standard<br />
forestali specifici appositamente predisposti per questo tipo di attività e,<br />
conseguentemente, si potrebbero aprire anche nuove opportunità offerte dai<br />
meccanismi di certificazione 111 .<br />
110 Vedi: http://ecosystemmarketplace.com/pages/static/marketwatch.php.<br />
111 A questo proposito si veda, come esempio: Climate, Community and Biodiversity Project<br />
Design Standards (First edition), CCBA, 2005 on-line: www.climate-standards.org<br />
128
Nel caso non si giunga a un’implementazione del mercato dei crediti, rimane<br />
l’alternativa legata alle iniziative individuali, realizzate su base volontaria, di<br />
acquisto di quote di carbonio. È questo il caso di aziende private o pubbliche che,<br />
volendo operare in una condizione di pareggio ossia di bilancio zero rispetto alle<br />
emissioni di CO2, decidono di investire in interventi di compensazione che<br />
utilizzano investimenti forestali 112 come misure compensative. Questo degli<br />
interventi compensativi su base volontaria è comunque un mercato reale di<br />
riferimento utilizzabile per stimare il valore delle quote di CO2 a partire dai prezzi<br />
di equilibrio fissati nelle libere transazioni tra i diversi operatori economici (Tabb.<br />
5.1 e 5.2).<br />
Tabella 5.1 - Prezzi di mercato della tonnellata di CO2 distinti per fornitore del servizio di<br />
compensazione delle emissioni di carbonio e tipo di progetto<br />
Organizzazione<br />
responsabile<br />
dell’offerta di<br />
investimenti<br />
compensativi<br />
Autobonfund.org<br />
US<br />
e-BlueHorizons<br />
US<br />
Greenfleet<br />
Aus<br />
DrivingGreen<br />
Ireland<br />
Terrapass<br />
US<br />
Solar Electric<br />
Light Fund<br />
US<br />
Prezzo<br />
medio<br />
(US$/<br />
ton<br />
CO2)<br />
$ 4,30<br />
-5,50<br />
Nonprofit<br />
Tipo di progetto Possibilit<br />
à scelta<br />
del<br />
progetto<br />
Sì Rinnovabili, ,<br />
Riforestazione/aff<br />
orestazione<br />
$ 5,00 No Rinnovabili,<br />
Riforestazione/aff<br />
orestazione<br />
$ 7,00<br />
-7,50<br />
Sì Riforestazione/aff<br />
orestazione<br />
129<br />
Attività<br />
compensabili<br />
Sì Gestione<br />
domestica,<br />
Auto, Aereo,<br />
Eventi, Attività<br />
economiche<br />
No Gestione<br />
domestica,<br />
Auto, Aereo<br />
No Gestione<br />
domestica,<br />
Auto, Aereo<br />
Sistema di<br />
garanzia<br />
Green-e,<br />
Chicago<br />
Climate<br />
Exchange,<br />
Environmenta<br />
l Resources<br />
Trust<br />
$ 8,00 No Rinnovabili No Auto n.d.<br />
$ 8,80<br />
-11,00<br />
$<br />
10,00<br />
No Rinnovabili, No Auto, Aereo,<br />
Eventi, Attività<br />
economiche<br />
Sì Rinnovabili No Calco9li<br />
esterni<br />
Chicago<br />
Climate<br />
Exchange,<br />
Environmenta<br />
l Resources<br />
Trust<br />
n.d.<br />
Green-e,<br />
Chicago<br />
Climate<br />
Exchange<br />
n.d.<br />
Segue<br />
112<br />
A tale proposito si vedano, ad esempio, le attività di AzzeroCO2 (www.azzeroco2.it) e di<br />
Carbon Neutral (www.carbonneutral.com).
Continua Tabella 5.1<br />
Autobon Clear<br />
UK<br />
Autobon<br />
Neutral<br />
Company<br />
UK<br />
Native Energy<br />
US<br />
Climate<br />
Friendly<br />
Aus<br />
Sustainable<br />
travel<br />
International<br />
US,<br />
Switzerland<br />
Trees for Life<br />
UK<br />
Grow a Forest<br />
UK<br />
Bonneville<br />
Environmental<br />
Foundation<br />
US<br />
Myclimate<br />
Switzerland<br />
$<br />
17,00<br />
$<br />
13,00-<br />
27,00<br />
$<br />
13,20<br />
$<br />
16,00-<br />
19,00<br />
$<br />
18,00<br />
$<br />
20,00<br />
appr.<br />
$<br />
22,00<br />
& Up<br />
$<br />
29,00<br />
$<br />
30,00<br />
No Riforestazione/afforestazione No Gestione<br />
domestica,<br />
Auto, Aereo,<br />
No Rinnovabili, ,<br />
Riforetazione/afforestazione<br />
Babies<br />
Sì Gestione<br />
domestica,<br />
Auto, Aereo,<br />
Eventi,<br />
Attività<br />
economiche<br />
No Rinnovabili Sì Gestione<br />
domestica,<br />
Auto, Aereo,<br />
Eventi,<br />
Attività<br />
economiche<br />
No Rinnovabili No Gestione<br />
domestica,<br />
Auto, Aereo,<br />
Attività<br />
economiche<br />
Sì Rinnovabili No Aereo, Auto,<br />
Gestione<br />
domestica,<br />
Hotel<br />
Sì Riforestazione/afforestazione No Auto, Aereo,<br />
Trasporti<br />
pubblici<br />
No Riforestazione/afforestazione No Aereo, Auto,<br />
Gestione<br />
domestica,<br />
Attività<br />
economiche<br />
Sì Rinnovabili No Gestione<br />
domestica,<br />
Aereo,<br />
Attività<br />
economiche,<br />
Eventi<br />
Sì Rinnovabili No Aereo,<br />
Eventi,<br />
Attività<br />
economiche<br />
n.d.<br />
n.d.<br />
Green-e<br />
Office of the<br />
Renewable<br />
Energy<br />
Regulator,<br />
NSW<br />
Government,<br />
Ernst &<br />
Young.<br />
See<br />
Myclimate<br />
n.d.<br />
n.d.<br />
Green-e<br />
DeSìgnated<br />
Operational<br />
Entity<br />
1. Tipi di compensazione: ci sono centinaia di potenziali tipi di compensazione. La rassegna<br />
2. proposta è limitata alle più comuni.<br />
3. Sistema di garanzia: "n/a" significa che non si è potuto determinare un sistema di garanzia<br />
di parte terza. Il progetto può, comunque, essere sottoposto a verifica.<br />
4. Scelta: si riferisce a se i clienti possono scegliere tra tipi di progetto e/o progetti specifici<br />
5. Prezzo medio: i prezzi cambiano e i tassi di scambio fluttuano. I prezzi segnati sono prezzi<br />
al dettaglio ripresi dal sito web (21 luglio 2006)<br />
6. Altre organizzazioni che offrono servizi compensativi possono esistere. Questa rassegna<br />
fornisce uno spaccato trasversale dell’industria, progetti possono essere aggiunti o<br />
eliminati nel corso del tempo.<br />
7. Alcune informazioni possono essere incomplete o essere cambiate nel tempo.<br />
8. Da: http://www.ecobusinesslinks.com/carbon_offset_wind_credits_carbon_reduction.htm<br />
(rielaborato)
Tabella 5.2. - Offerte disponibili relativamente al carbon offset<br />
Carbon Offset (offerte combinate di investimento)<br />
Carbonfund.org<br />
USA<br />
NativeEnergy<br />
USA<br />
Carbon Clear<br />
UK<br />
Carbonfund.org makes it easy and affordable for you to reduce<br />
your climate footprint. Carbonfund.org reduces the threat of<br />
climate change by supporting renewables, efficiency and<br />
reforestation projects that reduce carbon emissions. Best value:<br />
$5.50 per ton of CO2.<br />
NativeEnergy is a small Vermont company launched to fight<br />
climate change and global warming by helping build more than 150<br />
large, commercial-scale wind turbines, and keeping five million<br />
tons of carbon dioxide out of the air over the next five years.<br />
Carbon Clear offers a range of gifts and packages to allow<br />
individuals to manage their carbon footprints. Products for drivers<br />
and frequent flyers from only £5.<br />
Piantagioni di alberi con emissioni di certificati<br />
Trees for Life To offset the effects of travel and transport, Trees for Life will plant<br />
UK<br />
The CarbonNeutral<br />
trees to absorb the CO2 produced.<br />
On this site you can 'neutralize' the contribution you or your<br />
Company<br />
business makes to global warming. Buy products and gifts which<br />
UK<br />
soak up or compensate for unavoidable emissions - like tree<br />
planting and 'green' energy in developing countries.<br />
Carbon Calculator Flight Emissions Calculator<br />
Grow A Forest Here you can neutralize your travel and living emissions or make<br />
UK<br />
gifts to other people.<br />
Greenfleet<br />
Greenfleet Australia is a not for profit organization, that plants<br />
Australia<br />
native trees to offset carbon dioxide emissions and promotes the<br />
development of fuel-efficient technologies to reduce emissions in<br />
the future. Great multiple flight calculator<br />
Sustainable Travel Sustainable Travel International supports and promotes<br />
International responsible travel, eco-tourism, eco-tours, green travel and<br />
USA<br />
sustainable tourism through education and outreach. They also<br />
sell green credits to offset your travel pollution.<br />
Altri progetti di Carbon Offset<br />
Climate Care<br />
UK<br />
Offering a variety of programs supporting projects worldwide.<br />
Climate Friendly Calculate and neutralise your carbon emissions (travel, home, car,<br />
Australia<br />
packages available)<br />
Biodiesel India Your contributions will be invested in oil baring seed plants to<br />
India<br />
produce biodiesel. At the same time you will give employment to<br />
farmers in India!<br />
Stichting Face The Face Foundation was set up to help abate the enhanced<br />
Netherlands greenhouse effect by planting and protecting forest.<br />
GreenSeat<br />
GreenSeat is een duurzaam initiatief en biedt luchtreizigers de<br />
Netherlands mogelijkheid om schadelijke uitstoot van gevlogen kilometers te<br />
compenseren door de aanplant van bomen.<br />
Servizi BtoB di Carbon Offset<br />
EnviroTrade - Plan Plan Vivo is a system for planning, managing and monitoring the<br />
Vivo<br />
supply of carbon offsets from small farmers<br />
UK<br />
in ways that enhance rural livelihoods. The problem or challenge<br />
that the Plan Vivo System addresses is the provision of credible,<br />
quantifiable carbon sequestration services by small farmers in<br />
ways that enhance rural livelihoods.<br />
131<br />
Segue
Continua Tabella 5.2<br />
Juniper Consultancy<br />
Services<br />
UK<br />
The Edinburgh<br />
Centre for Carbon<br />
Management<br />
UK<br />
CATapult - Carbon<br />
Asset Trading<br />
UK<br />
Juniper provides various services to public and private sector<br />
clients interested in the implications of the evolving carbon trading<br />
markets.<br />
ECCM is widely recognized for its expertise managing carbon<br />
stock for sustainable development. We combine carbon offset<br />
delivery with commercial, social, biodiversity and hydrological<br />
considerations.<br />
The purpose of CATapult is to develop tools that will help Small<br />
and Medium sized Enterprises and communities to develop new<br />
sources of income through carbon assets.<br />
5.3. Quantificazione del carbonio sequestrato<br />
Alla base di qualunque valutazione del valore economico della funzione di<br />
assorbimento della CO2 c’è, in ogni caso, una opportuna quantificazione delle<br />
variazioni degli stock di carbonio nelle foreste.<br />
Il metodo correntemente utilizzato per calcolare il valore economico<br />
dell’assorbimento della CO2 prevede infatti il calcolo dell’ammontare dello stock<br />
di C accumulato annualmente nella foresta e la sua moltiplicazione per il prezzo<br />
della tonnellata di C.<br />
5.3.1. Linee guida<br />
Per permettere l’organizzazione dei calcoli relativi alle emissioni/fissazioni di gas<br />
serra, sono state sviluppate, nell’ambito dell’United Nations Framework<br />
Convention on Climate Change (UNFCCC), le linee guida dell’International Panel<br />
on Climate Change (IPCC) che sono attualmente usate da tutte le nazioni per<br />
effettuare la contabilità dei gas serra (Green house Gases - GHGs) e per stilare i<br />
rapporti sulle emissioni.<br />
Queste linee guida sono state successivamente integrate con linee guida<br />
specifiche per le attività di “uso del suolo, cambio d’uso del suolo e forestali”<br />
(Land Use, Land Use Change and Forestry Activities – LULUCF) ovvero le Good<br />
Practice Guidance for LULUCF.<br />
Esse forniscono l’impostazione metodologica da seguire per realizzare gli<br />
inventari e i successivi rapporti su emissioni e fissazioni. Vogliono dare<br />
indicazioni su come realizzare stime, misurazioni, monitoraggi e relazioni a<br />
livello nazionale ma, con gli opportuni accorgimenti, possono essere applicate<br />
anche a livello di singolo impianto.<br />
Le Good Practice Guidance riguardano foreste che vengono definite “gestite”<br />
sulla base del seguente ragionamento: “la gestione forestale è il processo di<br />
132
pianificazione e di implementazione di pratiche per l’amministrazione e l’uso<br />
delle foreste con lo scopo di rispettare appieno le rilevanti funzioni ecologiche,<br />
economiche e sociali della foresta. Una foresta gestita è una foresta soggetta a<br />
gestione forestale”.<br />
Tale definizione assume che le foreste gestite sono soggette a continui o periodici<br />
interventi umani, e che essi includono tutte le pratiche di gestione, da quelle per la<br />
produzione di legname da opera a quelle senza fini commerciali.<br />
5.3.1.1. Metodologia di stima proposta nelle linee guida<br />
Il capitolo 3 delle Good Practice Guidance for LULUCF propone i metodi da usare<br />
per stimare il bilancio dei GHG connessi alle attività LULUCF.<br />
La sezione 3.2 è dedicata ai terreni boscati (forest land) e, più precisamente, la<br />
sezione 3.2.1 riguarda i “terreni boscati che rimangono terreni boscati” (Forest<br />
Land Remaining Forest Land) mentre la sezione 3.2.2 riguarda i “terreni<br />
convertiti in foreste” (Land Converted to Forest Land). Dal punto di vista<br />
operativo, del conteggio del carbonio, poche sono le differenze metodologiche tra<br />
questi due casi. Ad ogni modo, visto che le attività di riforestazione o<br />
afforestazione che avranno luogo nell’ambito del progetto “10,000 ha di sistemi<br />
verdi” riguarderanno terreni che saranno convertiti in foresta, l’attenzione verrà<br />
concentrata su questo caso.<br />
Due sono le possibili metodologie per la stima della quantità di carbonio fissata:<br />
1) quella basata sulla somma algebrica di incrementi e diminuzioni degli stock di<br />
carbonio nei periodi in esame (flux method);<br />
2) quella basata sul confronto di due dati inventariali degli stock di carbonio<br />
relativi a due periodi diversi (stock change method).<br />
Salvo rari casi, la metodologia 1) viene comunemente ritenuta più praticabile,<br />
pertanto essa è quella che verrà qui illustrata.<br />
La formula di base che si deve risolvere per ottenere una stima del bilancio del<br />
carbonio per i terreni convertiti in foreste è:<br />
dove:<br />
ΔCLF = (ΔCLF (LB) + ΔCLF (DOM) + ΔCLF (Soil)) (1)<br />
ΔCLF = variazione annuale negli stock di C nelle Land converted to forest land<br />
ΔCLF (LB) = variazione annuale negli stock di C nella biomassa viva (epigea e<br />
ipogea)<br />
ΔCLF (DOM) = variazione annuale negli stock di C nella sostanza organica morta<br />
ΔCLF (Soil) = variazione annuale negli stock di C nel suolo<br />
133
Preliminarmente al calcolo di qualsiasi stima del carbonio fissato da una foresta,<br />
va stabilito di quali, tra i possibili carbon pool, si intende tener conto. Infatti per<br />
motivi di praticità, di mancanza di disponibilità dei dati o se si è ragionevolmente<br />
sicuri che la quantità di carbonio in essa contenuta con varierà, si può decidere di<br />
escluderne alcuni dalla stima, fatto che dovrà essere naturalmente debitamente<br />
segnalato. I possibili carbon pool in ambito forestale sono quelli riportati nel Box<br />
2.<br />
Box 2 - Carbon pool caratteristici dei sistemi forestali<br />
a) Biomassa viva, suddivisa in:<br />
a1) biomassa viva epigea: comprende fusti, ceppaie, rami, corteccia, semi e fogliame;<br />
a2) biomassa viva ipogea: comprende le radici (in genere quelle con diametro<br />
inferiore a 2 mm vengono escluse, per la difficoltà di distinguerle dalla sostanza<br />
organica o dalla lettiera);<br />
b) Sostanza organica morta, suddivisa in:<br />
b1) legno morto: comprende tutta la biomassa legnosa morta presente nella lettiera<br />
(legno giacente sulla superficie del terreno, radici morte, ceppaie con diametro<br />
maggiore o uguale a 10 cm o altro stabilito dalla specifica nazione);<br />
b2) lettiera: comprende tutta la biomassa morta con un diametro minimo (stabilito<br />
dalla specifica nazione), in vari stati di decomposizione;<br />
c) Sostanza organica del suolo: comprende il carbonio nei suoli minerali e organici<br />
(incluse le torbiere) fino a una profondità data (scelta dalla specifica nazione).<br />
Una volta selezionati e definiti i Carbon pool d’interesse, per ciascuno di essi<br />
dev’essere calcolata la variazione della quantità di carbonio immagazzinata. La<br />
procedura indicata nelle Good Practice Guidance prevede la risoluzione delle<br />
formule qui sinteticamente riportate in una forma adattata al caso specifico.<br />
dove:<br />
Variazione annuale negli stock di C nella biomassa viva<br />
ΔCLF (LB) = ΔCLF (growth) - ΔCLF (loss) (2)<br />
ΔCLF (LB) = variazione annuale negli stock di C nella biomassa viva (epigea e<br />
ipogea)<br />
ΔCLF (growth) = aumento annuale dello stock di C nella biomassa viva dovuto<br />
all’accrescimento<br />
ΔCLF (loss) = diminuzione annuale dello stock di C nella biomassa viva dovuto a<br />
perdite per utilizzazioni, disturbi, ecc.<br />
Aumento annuale nello stock di C nella biomassa viva<br />
ΔCLF (growth) = (A * G) * CF (3)<br />
134
dove:<br />
A = area di terreno convertita in foresta<br />
G = tasso di crescita annuale della foresta nell’area considerata<br />
CF = frazione di C presente nella sostanza secca, per default si considera CF = 0,5<br />
dove:<br />
Diminuzione annuale nello stock di C nella biomassa viva<br />
ΔCLF (loss) = Lfellings + Lfuelwood + Lother losses (4)<br />
Lfellings = perdita di biomassa dovuta alle utilizzazioni per ricavare legname da<br />
opera<br />
Lfuelwood = perdita di biomassa dovuta alle utilizzazioni per ricavare legna da<br />
ardere<br />
Lother losses = perdita di biomassa dovuta a incendi o altri disturbi<br />
dove:<br />
Variazione annuale negli stock di C nella sostanza organica morta<br />
ΔCLF (DOM) = ΔCLF (DW) + ΔCLF (LT) (5)<br />
ΔCLF (DW) = variazione annuale negli stock di C nel legno morto<br />
ΔCLF (LT) = variazione annuale negli stock di C nella lettiera<br />
dove:<br />
Variazione annuale negli stock di C nel legno morto<br />
ΔCLF (DW) = (A * B) * CF (6)<br />
A = area di terreno convertita in foresta<br />
B = variazione annuale della quantità di legno morto nell’area considerata<br />
CF = frazione di C presente nella sostanza secca, per default si considera CF = 0,5<br />
dove:<br />
Variazione annuale negli stock di C nella lettiera<br />
ΔCLF (LT) = A * ΔC (7)<br />
A = area di terreno convertita in foresta<br />
ΔC = variazione media annuale di C nella lettiera<br />
dove:<br />
Variazione annuale negli stock di C nella sostanza organica del suolo<br />
ΔCLF (Soil) = ΔCLF (Mineral) + ΔCLF (Organic) (8)<br />
ΔCLF (Mineral) = variazione media annuale negli stock di C nei suoli minerali<br />
135
ΔCLF (Organic) = variazione media annuale negli stock di C nei suoli organici<br />
I dati necessari per l’applicazione di queste formule non sono sempre facilmente<br />
reperibili, per questo nelle Good Practice Guidance for LULUCF sono forniti<br />
(nell’Annex 3.1) dei valori di default eventualmente utilizzabili per stimare le<br />
variazioni degli stock di carbonio in diverse tipologie di gestione del suolo. Si<br />
tratta di valori generali ed espressi a livello nazionale, quindi la loro applicazione<br />
sarà possibile soprattutto per stime a grande scala. Solo come ripiego nel caso in<br />
cui non sia possibile ottenere in altro modo valori più precisi per la zona in<br />
questione questi valori di default potranno essere usati, tenendo comunque conto<br />
del fatto che produrranno stime poco precise.<br />
Un altro metodo di calcolo, più speditivo, descritto nelle Good Practice Guidance<br />
for LULUCF e la cui applicazione viene proposta in Italia per la valutazione della<br />
funzione di fissazione del carbonio nell’ambito della stima del danno ambientale a<br />
seguito di incendio (Ciancio et al., in stampa) è quello basato sull’utilizzo dei<br />
coefficienti Biomass Expansion Factor – BEF, per la trasformazione del volume<br />
di biomassa legnosa in volume di biomassa epigea. In questo caso la quantità di<br />
carbonio immagazzinata nella biomassa epigea sarà data dalla:<br />
nella quale:<br />
CLB = Volb * BEF * 0,5 (9)<br />
CLB = quantità di carbonio fissata nella biomassa viva<br />
Volb = volume (cormometrico/dendrometrico) della biomassa presente per unità<br />
di superficie<br />
BEF = Biomass Expansion Factor<br />
0,5 = valore di default della frazione di carbonio presente nella sostanza secca<br />
Dei valori orientativi del BEF per l’Italia sono stati recentemente calcolati (Tab.<br />
5.3), differenziandoli per le rispettive classi di vegetazione forestale (Tab. 5.4).<br />
Tabella 5.3 - Valori orientativi del BEF per classi di vegetazione forestale<br />
(da: Ciancio et al., in stampa)<br />
Codice classe BEF (t/m 3 )<br />
A 0,80<br />
B 0,95<br />
C 0,60<br />
D 0,70<br />
E 0,80<br />
F 0,90<br />
G 1,00<br />
H 0,90<br />
I 0,60<br />
136
Tabella 5.4 - Classi di vegetazione forestale (da: Ciancio et al., in stampa)<br />
Codice Categorie fisionomiche<br />
A Acero-frassinieti e formazioni assimilabili<br />
Formazioni igrofile di ripa<br />
Querceti planiziali<br />
Faggete pure o miste di latifoglie<br />
Betuleti<br />
B Querceti di rovere, roverella e cerro<br />
Leccete pure e miste con altre latifoglie<br />
C Lariceti e larici-cembreti<br />
Peccete pure e miste di conifere<br />
Abetine pure e miste di latifoglie<br />
Boschi misti di abete bianco e abete rosso<br />
Pinete di pino silvestre<br />
Pinete di pino nero<br />
D Pinete di pino nero, pino laricio e pino loricato<br />
Pinete a pini mediterranei<br />
Altri boschi di conifere puri o misti<br />
Pinete di pino silvestre<br />
E Cedui di faggio<br />
Cedui di castagno<br />
Cedui di carpino bianco<br />
F Cedui di rovere e roverella<br />
Cedui di cerro, farnetto, fragno, vallonea<br />
Cedui di carpino nero<br />
Cedui di leccio<br />
G Macchia mediterranea<br />
H Soprassuoli a prevalenza di latifoglie con altezza media inferiore a 3,5 m<br />
I Soprassuoli a prevalenza di conifere con altezza media inferiore a 3,5 m<br />
137
Alternativamente a questi dati proposti, nel caso in cui non si possa procedere a<br />
misurazioni specifiche, ci si può basare su dati disponibili in letteratura e che<br />
siano stati rilevati in zone il più possibile simili a quella in questione.<br />
Preferibilmente però, per giungere a delle stime attendibili della quantità di<br />
carbonio fissata complessivamente nella foresta, si dovrebbero calcolare<br />
appositamente i valori necessari nelle formule LULUCF applicando le metodologie<br />
ritenute più adatte, compatibilmente con le capacità economiche e le tecnologie a<br />
disposizione.<br />
La misurazione degli stock di carbonio è tendenzialmente costosa e richiede<br />
parecchio tempo, per questo è importante scegliere correttamente il metodo da<br />
usare. La scelta del metodo dipende da:<br />
- motivi della misurazione;<br />
- grado di precisione richiesto;<br />
- pool di carbonio da quantificare;<br />
- tipo, età e struttura della foresta;<br />
- disponibilità di altre informazioni di supporto;<br />
- tempo e risorse disponibili;<br />
In generale, i pool per i quali è più difficile realizzare delle stime in campo sono:<br />
lettiera, legno morto e suolo.<br />
Per quanto riguarda la biomassa viva, invece, le stime possono essere effettuate<br />
seguendo due strade alternative (fig. 5.1):<br />
- basandosi su misurazioni dirette di grandezze quali area basimetrica e<br />
altezza (nel qual caso si tratterà di valori delle singole piante presenti nel<br />
popolamento che andranno poi sommati);<br />
- impiegando curve empiriche di accrescimento (e agendo quindi<br />
direttamente a un livello di popolamento considerato nel suo complesso).<br />
Queste due vie consentono di conoscere la quantità di biomassa epigea. Quella<br />
ipogea (la cui misurazione diretta è piuttosto complessa) viene generalmente<br />
ricavata sulla base di valori di proporzionalità (fattori root shoot ratio) reperibili<br />
in letteratura.<br />
Una volta calcolata la biomassa viva complessiva, la conversione in termini di<br />
quantità di carbonio, sarà sempre realizzata applicando il fattore di conversione<br />
standard pari a 0,5.<br />
138
Figura 5.1 - Procedure alternative per la stima della biomassa viva<br />
Calcolo della quantità di biomassa a<br />
livello di singolo albero<br />
Diametro a 1,30 m<br />
Altezza<br />
Volume del singolo albero<br />
Estensione dei volumi calcolati per gli<br />
alberi campione a livello di intero<br />
popolamento<br />
Calcolo della biomassa viva totale,<br />
fattore root/shoot ratio<br />
5.3.2. Software per la stima del carbonio assorbito<br />
Un ulteriore sistema per giungere a delle stime della quantità di carbonio fissata<br />
nei diversi sink passa attraverso l’applicazione di software.<br />
Con il tempo ne sono stati sviluppati parecchi, quindi l’offerta oggigiorno è vasta<br />
e la scelta dovrà essere operata sulla base degli obiettivi del calcolo nonché delle<br />
caratteristiche della foresta oggetto d’indagine. Infatti ciascun software opera<br />
generalmente utilizzando, per i calcoli relativi ai diversi pool, dei valori preimpostati<br />
che quindi potrebbero condurre a stime erronee qualora si applichi il<br />
software a una formazione forestale le cui caratteristiche (es. densità d’impianto,<br />
139<br />
Calcolo della quantità di biomassa a<br />
livello di popolamento<br />
Volume della biomassa del<br />
popolamento ricavato utilizzando<br />
curve empiriche di accrescimento, per<br />
classi di età<br />
Calcolo della biomassa viva totale,<br />
fattore root/shoot ratio<br />
Quantità di biomassa viva totale presente a livello di popolamento<br />
Conversione della quantità di biomassa in quantità di carbonio
specie presenti, ecc.) differiscano di molto da quelle delle formazioni per la quale<br />
il software è stato appositamente sviluppato.<br />
Nel caso si disponga del software adatto, comunque, la sua applicazione<br />
permetterà di semplificare notevolmente le operazioni di calcolo della fissazione<br />
del carbonio nella foresta. Tra i vari software a disposizione si segnalano: CO2FIX,<br />
GORCAM e FullCAM.<br />
CO2FIX vers. 3.1 (http://www.efi.fi/projects/casfor/)<br />
È un software per la quantificazione degli stock di carbonio basato su un modello<br />
articolato in 6 moduli:<br />
1) modulo per la biomassa;<br />
2) modulo per il suolo;<br />
3) modulo per i prodotti;<br />
4) modulo per la bioenergia;<br />
5) modulo finanziario;<br />
6) modulo per il carbon accounting.<br />
Simula gli stock e i flussi del carbonio in alberi, suolo e, nel caso di foreste<br />
gestite, nei prodotti legnosi, così come i costi e ricavi finanziari e i crediti di<br />
carbonio che possono essere totalizzati applicando diversi sistemi di contabilità.<br />
Stock, flussi, costi, ricavi e cediti di carbonio sono simulati per ettaro di superficie<br />
e con intervalli temporali di un anno.<br />
Il modulo biomassa converte, con l’aiuto di parametri addizionali, i dati di<br />
incremento volumetrico annuale in stock di carbonio nel pool biomassa. I<br />
parametri relativi a turnover e utilizzazioni indirizzano i flussi verso i pool del<br />
suolo e dei prodotti legnosi. Nel modulo sul suolo la decomposizione della lettiera<br />
e dei residui delle utilizzazioni è simulata usando informazioni relative al clima e<br />
alla qualità della lettiera. Nel modulo sui prodotti legnosi si determina il destino<br />
del carbonio contenuto nel legname utilizzato. Per questo vengono usati parametri<br />
quali l’efficienza nella lavorazione, la longevità del prodotto, il suo riciclo. Il<br />
modulo sulla bioenergia considera che i prodotti di scarto o i sottoprodotti del<br />
modulo “prodotti legnosi” siano destinati alla produzione di energia, usando varie<br />
tecnologie. Il modulo finanziario usa costi e ricavi relativi agli interventi di<br />
gestione per determinare la redditività finanziara per i diversi scenari. Il modulo<br />
sul carbon accounting tiene traccia di tutti i flussi da e verso l’atmosfera e<br />
determina gli effetti dei vari scenari scelti utilizzando diversi approcci di carbon<br />
accounting.<br />
Originariamente questo software è stato sviluppato per foreste coetanee e<br />
monospecifiche dei Paesi Bassi, successivamente è stato sperimentato in foreste<br />
(per lo più coetanee) di tutto il mondo.<br />
140
Il modello è in grado di calcolare lo stock di carbonio presente nella biomassa a<br />
partire da dati di incremento corrente annuo, densità basale, crescita relativa delle<br />
diverse parti componenti la pianta e il contenuto di carbonio di ciascuna.<br />
Permette la simulazione di solo due operazioni colturali (diradamento e taglio).<br />
Quindi se si volessero quantificare gli effetti di altri interventi (per esempio una<br />
fertilizzazione) si dovrebbe agire modificando opportunamente i valori di<br />
incremento annuo della biomassa.<br />
GORCAM (Graz / Oak Ridge Carbon Accounting Model)<br />
(http://www.joanneum.ac.at/gorcam.htm)<br />
Consiste di più fogli di lavoro, in formato Excel 5.0 ®, sviluppati per calcolare i<br />
flussi netti di carbonio dei diversi pool da e per l’atmosfera.<br />
Il modello teorico di base prende in considerazione i seguenti aspetti:<br />
- cambiamenti relativi al carbonio immagazzinato in vegetazione, lettiera e<br />
suolo;<br />
- riduzione delle emissioni di carbonio conseguenti alla sostituzione dei<br />
combustibili fossili con biocombustibili;<br />
- accumulo di carbonio nei prodotti legnosi;<br />
- riduzione delle emissioni di carbonio conseguenti alla sostituzione di<br />
materiali quali acciaio e cemento con prodotti legnosi;<br />
- riciclaggio o combustione di legname di scarto;<br />
- carburanti fossili ausiliari utilizzati per la produzione di biocombustibili e<br />
prodotti legnosi.<br />
Gli input del modello riguardano le caratteristiche gestionali (ciclo di<br />
utilizzazione, tasso di accrescimento, ecc), l’uso del suolo precedente, il modo in<br />
cui la biomassa è usata ai fini della compensazione delle emissioni di carbonio.<br />
Come output fornisce dei diagrammi che mostrano le curve di sequestro<br />
cumulativo del carbonio nel corso del tempo.<br />
Il modello comprende una parte definita come “biosfera” la quale è composta da<br />
sette pool: 1 pool relativo alla vegetazione, 5 relativi alla lettiera e 1 relativo al<br />
suolo.<br />
Il primo pool riguarda il flusso di carbonio dall’atmosfera alla vegetazione e<br />
corrisponde alla produzione primaria netta. Successivamente si ha il trasferimento<br />
dal pool “vegetazione” ai 5 pool “lettiera”. La decomposizione della sostanza<br />
organica nei pool “lettiera” produce CO2. Una parte di questa è emessa<br />
direttamente in atmosfera, mentre parte va ad aggiungersi al pool “suolo” (che a<br />
sua volta, nel tempo, rilascia CO2 in atmosfera).<br />
141
Parte della biomassa del pool “vegetazione” è sottoposta a utilizzazione e alcuni<br />
residui di taglio rimangono sul posto.<br />
Un’altra parte del modello riguarda appunto l’utilizzazione della biomassa.<br />
La biomassa utilizzata può essere usata per produrre bioenergia o per realizzare<br />
prodotti con ciclo di vita lungo, breve e molto breve. Quando la biomassa o il<br />
legno di scarto sono bruciati per produrre energia, la CO2 immagazzinata viene<br />
rilasciata in atmosfera. Prodotti con ciclo di vita lungo e breve possono<br />
immagazzinare quantitativi significativi di carbonio, mentre il contributo dei<br />
prodotti con vita molto breve è trascurabile.<br />
FullCAM vers. 3.0 (http://www.greenhouse.gov.au/ncas/reports/fullcamusermanual.html)<br />
La funzione principale di FullCAM è modellare gli stock e i flussi di carbonio e<br />
azoto in foreste e sistemi agricoli. In particolare permette di considerare i<br />
cambiamenti che si manifestano nelle emissioni di carbonio e azoto quando si<br />
passa da un’attività agricola a una forestale o a un sistema agroforestale (e<br />
viceversa). FullCAM modella tutti i pool di carbonio e azoto e l’andamento dei<br />
flussi tra piante, residui, lettiera, suolo, minerali, prodotti legnosi e atmosfera.<br />
Gli output che si ottengono impiegando questo software dipendono dalle<br />
specificazioni iniziali fatte dall’utente. FullCAM può modellare le trasformazioni<br />
relative a diverse specie di alberi e diverse coltivazioni. Può anche valutare i<br />
cambiamenti nei flussi di carbonio e azoto dovuti a interventi gestionali quali<br />
impianti, diradamenti, utilizzazioni, incendi, pascolo, arature, sovesci.<br />
FullCAM è composto da 5 modelli, ciascuno dei quali riguarda aspetti specifici<br />
dei cicli di carbonio e azoto e delle missioni di GHGs:<br />
1) CAMFor – Carbon Accounting Model for FORestry<br />
Modella i cicli di carbonio e azoto in una foresta considerando: alberi,<br />
residui, suolo, minerali e prodotti legnosi. L’accrescimento forestale può<br />
essere inserito in forma di curve di produzione, formule empiriche di<br />
crescita, ecc.<br />
2) CAMAg – Carbon Accounting Model for Agriculture (cropping and grazing<br />
systems);<br />
Modella i cicli di carbonio e azoto in un sistema agricolo considerando:<br />
colture, residui, suolo, minerali e prodotti agricoli.<br />
3) 3PG – Physiological Principles Predicting Growth 113<br />
Modella l’accrescimento degli alberi e il loro turnover. Una variante di<br />
questo modello è usata per calcolare un indice di produttività forestale<br />
113 Questo modello è un prodotto CSIRO ed è disponibile solo nelle edizioni FullCAM per<br />
ricercatori. Non è stato reso disponibile nella versione “Toolbox” di FullCAM poiché non è<br />
applicato nel National Carbon Accounting System australiano<br />
142
(potenzialmente variabile sia nello spazio che nel tempo) per supportare la<br />
formula empirica di crescita;<br />
4) GENDEC – GENeral microbial mulch DECay model;<br />
Modella i cicli di carbonio e azoto nella lettiera;<br />
5) RothC – ROTHamsted Institute active soil Carbon mode;l<br />
Modella i cicli di carbonio e azoto nel suolo;<br />
CAMFor e CAMAg modellano i flussi e gli stock complessivi di una foresta e di<br />
un sistema agricolo, rispettivamente. Essi forniscono i quadri di riferimento in cui<br />
gli altri modelli possono essere inseriti, infatti gli altri tre modelli simulano<br />
solamente un singolo livello del sistema forestale o agricolo (anche se in modo<br />
più dettagliato).<br />
Questo Software è stato concepito per conteggiare le emissioni dei GHG in<br />
Australia ed è stato sviluppato per fustaie, quindi non è possibile applicarlo a<br />
boschi cedui.<br />
CBM-CFS3 (Carbon Budget Model of the Canadian Forest Sector)<br />
(http://carbon.cfs.nrcan.gc.ca/cbm/cbm-cfs3_overview_e.html)<br />
Si tratta di un software sviluppato dal servizio forestale canadese per valutare<br />
l’ammontare degli stock di carbonio nelle foreste.<br />
È composto da quattro gruppi di strumenti: strumenti per l’importazione dei<br />
dati (import tools), strumenti per l’elaborazione dei dati (data editing tools),<br />
strumenti per l’analisi di ipotesi (assumption composer tools) e strumenti per<br />
l’analisi dei risultati (result explorer tools).<br />
Il primo gruppo di strumenti permette all’utente di importare le informazioni<br />
forestali di cui dispone (inventari, curve di accrescimento e di produzione,<br />
programmi di utilizzazione, informazioni sui disturbi e sul cambio d’uso del<br />
suolo).<br />
Il secondo gruppo di strumenti permette di elaborare i dati importati in CBM-<br />
CFS3 collegandoli per modellare poi ipotesi per le quali effettuare simulazioni.<br />
Questi strumenti sono stati creati per tenere in considerazione: dati climatici,<br />
eventi di disturbo e attività gestionali, matrici di disturbi, curve di accrescimento,<br />
inventari forestali e regole per la conversione forestale.<br />
Gli assumption composer tools permettono all’utente di elaborare modelli relativi<br />
alle diverse ipotesi stabilite nella fase di immissione dei dati e anche di crearne di<br />
nuove. Possono essere elaborati o creati, per esempio, parametri relativi al<br />
turnover della biomassa o della sostanza organica morta, eventi di disturbo e<br />
attività gestionali, parametri di accrescimento, produzione e rapporto<br />
volume/biomassa, ecc.<br />
I result explorer tools, infine, consentono di visualizzare i risultati per una singola<br />
simulazione, per simulazioni multiple riferite a uno stesso progetto o anche riferite<br />
143
a progetti multipli. I risultati possono essere visualizzati in forma di grafici o<br />
tabelle relative a: diversi stock di carbonio, cambiamenti negli stock di carbonio,<br />
indicatori di produttività dell’ecosistema ed emissioni di gas.<br />
Gli stock di carbonio includono, in accordo con le categorie definite nelle Good<br />
Practice Guidance for LULUCF, biomassa epigea e ipogea, sostanza organica<br />
morta (lettiera e legno morto) e carbonio organico nel suolo.<br />
Questo software è stato sviluppato per il Canada, qualora lo si voglia applicare<br />
al contesto italiano bisognerà dunque tener conto della necessità di adottare gli<br />
accorgimenti del caso per tenere conto delle differenze.<br />
La caratteristica particolarmente interessante di questo software è il fatto che<br />
possa essere utilizzato per monitorare l’andamento degli stock di carbonio ma<br />
anche di effettuare delle proiezioni e delle simulazioni di scenari futuri e<br />
alternativi, che possono risultare assai utili per valutare, in termini di capacità di<br />
fissazione della CO2, le diverse opzioni gestionali.<br />
5.4. Andamento generale dell’assorbimento di carbonio nei diversi<br />
sink e pool<br />
Per permettere di valutare se i risultati delle stime delle quantità di carbonio<br />
assorbito nei diversi sink sono in linea con quanto ci si dovrebbe aspettare da un<br />
punto di vista della teoria, si propone qui un breve commento su quali sono gli<br />
andamenti caratteristici di ciascuno di tali sink.<br />
Nella fig. 5.2 si può osservare l’andamento dell’assorbimento previsto per i<br />
diversi sink di un impianto forestale destinato alla produzione di legna da ardere e<br />
sottoposto a utilizzazioni periodiche.<br />
Cumulative C sequestr. [tC ha -1 ]<br />
600<br />
500<br />
400<br />
300<br />
200<br />
100<br />
0<br />
Figura 5.2 - Assorbimento di C nei diversi sink<br />
Fossil fuel input is<br />
generally a negative<br />
value and brings the top<br />
line of the pattern down<br />
to the ultimate total<br />
(thick black line)<br />
0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100<br />
Time [years]<br />
144<br />
Credit for energy substitution<br />
Litter<br />
Trees<br />
Soil
Come si può notare il contributo più consistente è quello della biomassa viva. In<br />
essa viene fissata la maggior quantità di carbonio, inoltre l’accrescimento è<br />
sostenuto e crescente dal momento d’impianto a quello di utilizzazione.<br />
In lettiera e suolo, invece, la fissazione di C è più contenuta e col passare degli<br />
anni tende ad assestarsi su un livello stabile che rimane poi pressoché costante.<br />
Concentrando l’attenzione sull’ecosistema foresta, la fig. 5.3 mostra più nel<br />
dettaglio come si distribuisce l’ipotetico assorbimento di C tra i diversi pool di<br />
una foresta soggetta a utilizzazioni periodiche.<br />
Figura 5.3 - Carbon pool di una foresta (da: Lippke, Perez Garcia et al., 2003)<br />
Come si può vedere, l’assorbimento più consistente riguarda chioma e fusti,<br />
ovvero la biomassa epigea. Inoltre, risulta evidente come questo pool sia<br />
caratterizzato da un ripido andamento dell’assorbimento. Le ceppaie, le radici<br />
(considerando complessivamente quelle vive e quelle morte) e la lettiera (come<br />
già visto in precedenza), hanno un accrescimento che, dopo l’incremento iniziale,<br />
tende a mantenersi costante. Inoltre, nella lettiera le quantità di carbonio fissate<br />
sono più consistenti rispetto a ceppaie e radici. In questi pool, infine, le variazioni<br />
nel contenuto di carbonio che si verificano a seguito delle utilizzazioni sono<br />
presenti ma assai meno marcate rispetto a quelle che si verificano nella biomassa<br />
viva epigea.<br />
Queste differenze nel contributo che i diversi pool forniscono al raggiungimento<br />
della quantità totale di carbonio assorbito dimostrano quanto sia importante<br />
ponderare adeguatamente l’importanza assegnata a ciascuno di loro al momento di<br />
computare l’effettivo assorbimento di CO2 stimato (e previsto per il futuro) al fine<br />
di determinare le quote di carbonio teoricamente corrispondenti alla foresta<br />
analizzata.<br />
145
Oltre alle differenze, riconducibili a cause naturali, che si sono viste sussistere<br />
nella capacità di assorbimento dei vari pool, devono poi essere considerate anche<br />
quelle indotte dalle modalità gestionali cui la foresta viene assoggettata per<br />
decisione umana (Fig. 5.4 e 5.5).<br />
Figura 5.4 - Andamento dell’assorbimento di carbonio in foreste naturaliformi<br />
Fonte: www.greenhousegas.nsw.gov.au/acp/forestry.asp<br />
Figura 5.5 - Andamento dell’assorbimento di carbonio in presenza di utilizzazioni<br />
Fonte: www.greenhousegas.nsw.gov.au/acp/forestry.asp<br />
Per foreste che si trovano in condizioni sviluppo naturale (o quantomeno di<br />
gestione naturaliforme) l’andamento degli stock di carbonio accumulati a livello<br />
complessivo (Fig. 5.4) ha una forma sinusoidale, secondo la quale nei primi 20-30<br />
146
di vita della foresta si verifica il maggior accumulo di carbonio, che giunge quindi<br />
al culmine e si assesta poi su livelli tendenzialmente costanti.<br />
Nel caso invece di foreste gestite a fini produttivi, nei momenti successivi alle<br />
utilizzazioni si ha ovviamente la perdita di tutto il carbonio fissato nella biomassa<br />
epigea. In questo caso, per garantire una continuità di lungo termine nella capacità<br />
di assorbimento di questo pool l’alternativa è quella di prevedere impianti<br />
successivi, o che le utilizzazioni siano ripartite tra parcelle in modo tale da<br />
assicurare il mantenimento di uno stock di carbonio minimo garantito nel corso<br />
del tempo (Fig. 5.5).<br />
5.5. Analisi della letteratura<br />
Nel caso in cui non si possa applicare nessuno dei metodi precedentemente<br />
descritti per ottenere delle stime dirette della quantità di carbonio fissata<br />
nell’ecosistema forestale, si può fare riferimento ai dati reperibili in letteratura. In<br />
questo caso si deve procedere con una notevole cautela: le stime possono, vista la<br />
variabilità dei fenomeni analizzati, essere inficiate da notevoli margini di errore e<br />
i risultati sono da interpretare come indicazioni relative all’ordine di grandezza<br />
del ruolo di sink della foresta oggetto d’indagine. Non saranno certo dati<br />
applicabili per il computo dei crediti di carbonio nell’ambito di un mercato delle<br />
quote.<br />
In questa sezione dell’elaborato sono riportati i valori che si sono potuti reperire<br />
in seguito a un’analisi di parte della letteratura esistente in materia 114 .<br />
Ad ogni modo, si segnala che la trasferibilità dei valori qui riportati nell’ambito<br />
specifico degli impianti da realizzarsi in Lombardia è sicuramente limitata. Ciò è<br />
dovuto in modo particolare al fatto che le caratteristiche delle foreste nelle quali<br />
sono stati rilevati i dati non sono, di norma, descritte nei lavori con l’accuratezza<br />
necessaria per vagliare la loro somiglianza con quelle che si ipotizza di<br />
impiantare.<br />
5.5.1. Italia<br />
Da: Magnani, Grassi et al., 2005<br />
Valutazione dello stock di carbonio effettuata per un rimboschimento misto con<br />
finalità naturalistiche realizzato nel 1992 nel comune di Nonantola (MO), su<br />
terreni ex-agricoli molto profondi e con elevato tenore in argilla.<br />
114 Visto lo scopo del presente lavoro, l’attenzione è stata concentrata sulla letteratura relativa a<br />
indagini effettuate in ambito europeo e statunitense.<br />
147
Nel 1999 la densità (considerabile come definitiva) dell’impianto era di 829<br />
piante/ha, con composizione: Quercus robur 31%, Fraxinus spp. 24%, Acer<br />
campestre 14%, Prunus mahaleb 10%, Salix spp. 8%, Populus spp. 7%, Alnus<br />
spp. 4%, Carpinus betulus 2%.<br />
L’incremento medio di massa dendrometrica è stato misurato in 7 m 3 /ha anno,<br />
valore ritenuto basso ma in aumento, con aumento esponenziale della<br />
provvigione.<br />
Il contributo maggiore nello stoccaggio del carbonio proviene da frassini e<br />
querce, ed è dovuto alla maggior densità del loro legno.<br />
Per la biomassa legnosa epigea si è valutato uno stock di circa 12 tC/ha, con<br />
media di accumulo annuo pari a circa 1,8 tC/ha anno.<br />
Il picco nell’incremento dell’immagazzinamento del carbonio è previsto tra i 9<br />
e gli 11 anni di vita del popolamento, per i quali si prevede un accumulo annuo di<br />
circa 3,9 tC/ha anno. Negli anni successivi si ipotizza invece un decremento di<br />
approssimativamente il 20% nel tasso di accumulo.<br />
Da: Bagnaresi, Minotta et al., 2002<br />
In Emilia Romagna per un noceto puro con densità d’impianto pari a circa 278<br />
piante/ha a 30 dall’impianto e distinguendo tra diverse classi di fertilità del suolo,<br />
si sono trovati i seguenti valori (relativi alla quantità di carbonio fissata nei soli<br />
fusti da lavoro):<br />
Classe di<br />
fertilità<br />
Diametro<br />
a 1,30 m<br />
Volume fusto da<br />
lavoro<br />
(m 3 /ha)<br />
Biomassa fusto da<br />
lavoro<br />
148<br />
(t/ha)<br />
CO2 fissata nel fusto da<br />
lavoro in un anno<br />
(t /ha anno)<br />
Elevata 45 175,4 87,7 5,36<br />
Media 40 137,9 68,9 4,21<br />
Bassa 24 42,2 21,1 1,29<br />
Invece per un pioppeto situato nell’area golenale del Po in provincia di Parma,<br />
con densità d’impianto pari a circa 320 piante/ha e dopo 10 dall’impianto, si sono<br />
stimati i seguenti valori (relativi a fusti svettati a 10 cm):<br />
Clone Biomassa fusto svettato a 10 cm<br />
CO2 fissata nel fusto svettato<br />
(t s.s./ha)<br />
(t/ha anno)<br />
I 214 39 7,15<br />
Boccalari 41,6 7,63<br />
Da: Borin e Scanzi, 2006<br />
Per alcune tipologie di impianto vengono riportati i valori relativi a dei<br />
coefficienti stimati utilizzabili per ottenere direttamente il valore della quantità di<br />
carbonio immagazzinata nel terreno (in tCO2/ha) noti gli anni trascorsi dal<br />
momento dell’impianto.
Per siepi e filari i valori del coefficiente sono:<br />
Anni trascorsi dal momento d’impianto 1 2 3 4 5 6 7<br />
Coefficiente 1,275 5,625 17,25 43,95 70 90 90<br />
Per fasce tampone:<br />
Anni trascorsi dal momento d’impianto 1 2 3 4<br />
Coefficiente 1,275 5,625 17,25 43,925<br />
Per impianti di arboricoltura da legno:<br />
Anni trascorsi dal momento d’impianto 1 2 3 4<br />
Coefficiente 1,275 5,625 17,25 43,925<br />
Per impianti da biomassa a ciclo breve:<br />
Anni trascorsi dal momento d’impianto 1 2 3 4 5<br />
Coefficiente 8,4 21,6 37,0 54,5 73,4<br />
Per pioppeti: è stato individuato un coefficiente medio pari a 10,5 tCO2/ha anno.<br />
Da notare che tali coefficienti sono stati calcolati rielaborando e riadattando dati<br />
proveniente da fonti bibliografiche diverse, non sono frutto di analisi realmente<br />
effettuate in loco e pertanto la loro effettiva validità dev’essere considerata con la<br />
necessaria cautela.<br />
5.5.2. Francia<br />
Da: Colin, 2004<br />
In Aquitania i dati disponibili provenienti da inventari riportano, per gli stock di<br />
carbonio nella biomassa legnosa epigea, le seguenti consistenze:<br />
Anno d’inventario Stock di carbonio (tC/ha)<br />
1984 59,4<br />
1990 60,8<br />
1996 71<br />
Da tali valori si può ricavare un ammontare della capacità di fissazione di<br />
carbonio pari a circa tC/ha anno.<br />
Per quanto riguarda il contenuto in carbonio del suolo forestale (sempre in<br />
Aquitania), sono stati stimati valori pari a: circa 49 tC/ha per una profondità di<br />
suolo compresa tra 0 e 20 cm ed escludendo dal calcolo il contributo della lettiera,<br />
e circa 60 tC/ha per una profondità tra 0 e 30 cm, lettiera sempre esclusa.<br />
Invece, per quanto riguarda i suoli forestali Francesi a livello generale, si<br />
riportano i seguenti valori: circa 71 tC/ha per una profondità compresa tra 0 e 30<br />
149
cm, lettiera esclusa, e circa 79 tC/ha per la stessa profondità però inclusa la<br />
lettiera.<br />
5.5.3. Germania<br />
Da: Dieter e Elasser, 2002<br />
Per aree forestali recentemente sottoposte a utilizzazione e successivamente<br />
riforestate, per calcolare gli stock di carbonio si sono adottati tassi di incrementi<br />
annuali di carbonio sequestrato pari a 1,5 tC/ha anno per quanto riguarda la<br />
biomassa viva epigea (ovvero fusti, rami e fogliame)<br />
5.5.4. Inghilterra<br />
Da: Partenaude, Briggs et al., 2003<br />
Nel sud-est dell’Inghilterra delle stime relative agli stock di carbonio effettuate<br />
per cinque aree di studio nella foresta di latifoglie “Monks Wood” danno valori di<br />
compresi tra 346 e 616 tC/ha.<br />
Mediamente, inoltre, si ritiene che la ripartizione dello stock nei diversi pool<br />
sia approssimativamente la seguente:<br />
Tipo di pool Stock di carbonio<br />
(tC/ha)<br />
biomassa morta 2<br />
fogliame e lettiera 3<br />
sottobosco e cespugli 18<br />
biomassa radicale 28<br />
biomassa arborea 78<br />
suolo 335<br />
Totale 464<br />
Da: Cannell e Milne, 1995, in Bateman e Lovett, 2000<br />
Per quanto riguarda stock di carbonio nella biomassa viva si riportano i seguenti<br />
valori:<br />
- foresta di querce di 55 anni: circa 63,6 tC/ha<br />
- foresta di faggio di 55 anni circa 70,6 tC/ha<br />
Da: Bateman e Lovett, 2000<br />
A seguito di studi realizzati in Galles, per quanto riguarda la variazione dello<br />
stock di carbonio nel suolo in seguito ad attività di afforestazione, si è constatato<br />
che generalmente afforestazione è sinonimo di incremento a lungo termine del C<br />
immagazzinato nel suolo. Considerando il pascolo erbaceo come uso del suolo<br />
150
precedentemente all’afforestazione si ritiene che i cambiamenti nell’equilibrio del<br />
carbonio del suolo (in tC/ha) siano quelli riportati nella tabella 5.9<br />
Tabella 5.9 Cambiamenti post-afforestation nei livelli dell’immagazzinazione del carbonio<br />
nel suolo<br />
Soil type Upland sites Lowland sites<br />
Under Under Change Under Under Change<br />
grass trees<br />
grass trees<br />
Peat 1200 450 (750) n/a n/a n/a<br />
Humic gley 180-400 250-450 50-70 180-350 180-450 0-100<br />
Podzol 200-400 250-450 50 100-200 100-450 0-250<br />
Brown earths n/a n/a n/a 100-120 100-250 0-130<br />
Humic stagno podzol 180-400 250-450 50-70 120-350 120-450 0-100<br />
Stagnogley 170-400 170-450 0-50 100-120 100-450 0-330<br />
n/a = not applicable (poiché il tipo di suolo non è comune a quell’altitudine)<br />
Tra parentesi valori negativi<br />
Fonte: I.J. Bateman, A.A. Lovett, 2000<br />
5.5.5. Irlanda del Nord<br />
Da: Cruickshank, Tomlinson et al., 1998<br />
Relativamente alla quantità di carbonio presente in un ettaro di foresta<br />
(differenziata per specie e per classe d’età) sono stati stimati i valori riportati nelle<br />
tabelle 5.10 e 5.11 (da Cruickshank, Tomlinson et al., modificato)<br />
Tab 5.10 - tC/ha foreste di conifere<br />
Età (anni) 1-13 14-23 24-33 34-43 44-53 54-63 64-73 > 73<br />
Specie<br />
Pini 8,7 17,4 26,1 34,3 47,9 63,9 69,6 83,6<br />
Larici 10,9 19,1 40 54,2 55,8 59,7 73,4 57,7<br />
Abete di Douglas 23,4 40,9 70,1 79,9 137,8 146 195,4 -<br />
Abete di Norvegia 8,1 14,1 43 62,2 73,4 81,1 107,8 76,7<br />
Abete di Sitka 7,6 13,3 43,3 61,9 84,6 91,6 97,2 49,6<br />
Altre conifere 12 21 53,8 67,6 92,8 102,9 111,6 52,4<br />
Tutte le conifere 8,1 14,2 42,6 56,7 75,7 83,2 106,6 62,4<br />
Tab 5.11 - tC/ha foreste di latifoglie<br />
Età (anni) 1-10 11-20 21-30 31-40 41-50 > 50<br />
Tutte le specie 1,6 12,5 28,5 39,2 46,5 113,2<br />
5.5.6. Stati Uniti<br />
Da: Nowak e Crane, 2002<br />
Per quanto riguarda le foreste urbane, si stima che, a causa della loro<br />
relativamente bassa copertura arborea, immagazzinano minori quantità ci<br />
151
carbonio per ettaro nella biomassa epigea rispetto alle foreste. I valori stimati sono<br />
pari a circa 25,1 tC/ha contro 53,5 tC/ha per le foreste non urbane.<br />
Per gli alberi urbani i tassi stimati di sequestro di carbonio sono ancora più<br />
bassi, si parla di circa 0,8 tC/ha anno contro le 2,6 tC/ha anno misurate per<br />
piantagioni di Pinus taeda geneticamente migliorato, oppure contro all’incirca 1,0<br />
tC/ha anno per un piceo-abieteto di 25 anni a rinnovazione naturale.<br />
Le foreste hanno tipicamente circa la metà di densità media di C per unità di<br />
copertura arborea rispetto alle foreste urbane, le stime infatti parlano di circa 5,3<br />
kgC/ha di copertura (foresta) contro 9,25 kgC/ha di copertura (foresta urbana).<br />
Questa differenza è dovuta alla diversa distribuzione dei diametri degli alberi<br />
nelle foreste rispetto alle foreste urbane e al fatto che alberi di grandi dimensioni<br />
possono immagazzinare quantità maggiori di C rispetto ad alberi piccoli.<br />
5.6. Considerazioni finali<br />
La capacità di assorbire e fissare carbonio degli ecosistemi forestali dipende in<br />
modo particolare dalla quantità di biomassa presente per unità di superficie.<br />
Pertanto, è fondamentale distinguere tra i vari tipi di trattamento e governo cui<br />
sono sottoposte le formazioni forestali, la loro densità e l’intensità e periodicità<br />
dei prelievi. Infatti le utilizzazioni forestali sottraggono all’ecosistema biomassa<br />
legnosa e il carbonio in essa fissato viene restituito all’atmosfera. Più lungo sarà il<br />
tempo in cui gli alberi permangono in situ e più lunga sarà la durata del sequestro<br />
del carbonio. Naturalmente la velocità di ritorno in atmosfera di questo carbonio<br />
dipende anche dalla destinazione d’uso del prodotto realizzato, ma questo genere<br />
di valutazione esula dal compito di questa ricerca.<br />
Il ruolo di sink delle foreste ha quindi carattere temporaneo, più o meno lungo a<br />
seconda del tipo di formazione considerata. Gli ordini di grandezza della durata<br />
dei cicli sono riportati nella tabella 5.12.<br />
Tabella 5.12 - Durata del ciclo di vita dei principali tipi di formazioni forestali<br />
Formazione forestale Durata del ciclo<br />
(anni)<br />
Fustaia Oltre 100<br />
Ceduo<br />
Arboricoltura da legno:<br />
10-25<br />
- ciclo breve (es. pioppeto)<br />
8-10<br />
- ciclo medio-lungo (es. noceto)<br />
30-60<br />
Short Rotation Coppices (o Short Rotation Forestry) 1-4<br />
Nota: le Short Rotation Coppices, visto il brevissimo ciclo di produzione e la reversibilità di molti<br />
impianti, non vengono in genere considerate nell’ambito delle stime del C sink, mentre possono<br />
avere un certo impatto indiretto sul ciclo del C se le biomasse prodotte hanno finalità energetica e<br />
vengono impiegate a fini di sostituzione di C fossile.<br />
152
La definizione del metodo ottimale per il calcolo degli stock di carbonio nella<br />
biomassa degli alberi varia principalmente in funzione di: 1) scala geografica<br />
presa in considerazione e dati disponibili a tale scala, 2) grado di precisione<br />
richiesto.<br />
Per tutti questi motivi, la procedura pratica per la stima delle quantità di CO2<br />
fissate nei diversi pool e/o nel complesso di un ecosistema forestale non è<br />
univoca. Essa dovrà invece essere definita e specificata appositamente per ogni<br />
valutazione che si intenda realizzare, al fine di tener conto delle peculiarità e di<br />
assegnare il giusto peso ai diversi fattori coinvolti.<br />
153
Capitolo 6<br />
Benefici economici derivanti da opportunità occupazionali<br />
6.1. Introduzione: caratteristiche del servizio e metodologie<br />
di stima<br />
La realizzazione del progetto “10.000 ettari di nuovi sistemi verdi” comporterà<br />
senza dubbio un consistente impatto occupazionale.<br />
Si tratta di un effetto probabilmente non prioritario rispetto agli obiettivi che<br />
sono alla base del progetto, ma che riveste un interesse specifico per i policy<br />
makers nel rafforzare le motivazioni all’investimento. L’interesse è accresciuto<br />
dal fatto che i settori occupazionali interessati (quello agricolo-forestale e<br />
ambientale) rivestono un ruolo strategico per la qualificazione delle politiche di<br />
sviluppo economico della regione e, in particolare, per la diversificazione e<br />
stabilizzazione dei redditi nelle aree rurali.<br />
Scopo di questo capitolo è pertanto fornire delle indicazioni utili per tentare di<br />
realizzare una quantificazione preliminare e indicativa delle potenzialità del<br />
progetto in termini di creazione di occupazione e di benefici economici<br />
conseguenti.<br />
Le principali attività del progetto “10.000 ettari di nuovi sistemi verdi” che<br />
daranno luogo alla creazione di occupazione possono essere raggruppate nelle<br />
seguenti tre macrocategorie (Fig. 6.1):<br />
- realizzazione degli impianti,<br />
- manutenzione degli impianti,<br />
- attività complementari agli impianti realizzati.<br />
Un’altra categoria che potrebbe essere individuata è quella della progettazione<br />
degli impianti. Si ritiene però che non sia il caso di prendere esplicitamente in<br />
considerazione tale area di attività dal momento che interesserà un numero di<br />
persone relativamente limitato e interesserà personale occupato in forma<br />
temporanea, per periodi limitati e in forme occasionali.
Figura 6.1 - Presumibile andamento degli impatti occupazionali per le tre macrocategorie di<br />
impiego nel progetto “10.000 ettari di nuovi sistemi verdi”<br />
Impatto<br />
occupazionale<br />
Per quanto riguarda le tre macrocategorie occupazionali sopraelencate va<br />
innanzitutto ricordato che, in linea teorica, le attività lavorative cui daranno luogo<br />
(e le conseguenti possibilità occupazionali) si realizzeranno in tempi successivi: la<br />
realizzazione degli impianti sarà seguita dalla fase della loro manutenzione fino al<br />
momento della messa a regime delle infrastrutture, cui si assoceranno attività<br />
complementari (dalle attività didattiche a quelle di ristoro, per esempio) che<br />
andranno aumentando col passare del tempo e l’accrescimento del soprassuolo.<br />
Dal momento che le aree interessate sono di notevole estensione è presumibile<br />
che si operi per lotti successivi, con un effetto di deriva per ognuna delle tre<br />
sottocategorie occupazionali. Presumibilmente, durante la concreta realizzazione<br />
degli interventi si verificheranno quindi alcune sovrapposizioni nelle fasi sopra<br />
ricordate. Ad esempio: le operazioni di manutenzione degli impianti arborei (la<br />
maggior parte delle quali si concentreranno effettivamente nei primi anni<br />
dall’impianto) saranno necessarie, per quanto con minor frequenza, anche negli<br />
anni successivi quando le attività nettamente prevalenti saranno invece oramai<br />
quelle turistico-ricreative, didattico-ambientali e produttive (riguardanti prodotti<br />
legnosi e non). Anche ulteriori operazioni di impianto (normalmente previste<br />
unicamente nella fase iniziale) potrebbero rendersi nuovamente necessarie in un<br />
secondo momento, nel caso in cui l’impianto iniziale risultasse danneggiato o con<br />
fallanze in alcune aree e fosse necessario provvedere al ripristino o all’espansione<br />
delle piantagioni.<br />
La realizzazione per fasi successive degli impianti è, peraltro, molto opportuna<br />
in relazione alla necessità di avere una certa, almeno minima, disetaneizzazione<br />
degli stessi.<br />
156<br />
realizzazione degli impianti<br />
manutenzione degli impianti<br />
attività complementari<br />
tempo
Si ritiene comunque che le caratteristiche relative all’impatto occupazionale di<br />
queste tre macrocategorie non siano, nel complesso, strettamente dipendenti dalle<br />
eventuali variazioni nella programmazione del momento e dell’ordine di<br />
esecuzione delle operazioni. Certamente, invece, dovrà essere tenuto in<br />
considerazione il naturale concentrarsi di alcune operazioni prevalentemente in<br />
certi periodi 115 , il che tenderà a dare origine a lavori (e quindi a possibilità<br />
d’impiego) stagionali e non continuativi.<br />
Prima di procedere con l’analisi puntuale di ciascuna metodologia, è però<br />
indispensabile sottolineare anche un altro aspetto fondamentale riguardante le<br />
opportunità occupazionali, ossia il fatto che esse si differenziano notevolmente in<br />
conseguenza delle diverse tipologie di sistema verde che verranno realizzate. È<br />
indubbio, ad esempio, che sistemi a ceduo non richiedono lo stesso genere di<br />
manutenzione né danno lo stesso tipo di prodotto di sistemi a siepi, né consentono<br />
lo stesso genere di fruizione.<br />
6.2. Metodologie di stima<br />
Le metodologie che possono essere impiegate per giungere a una stima dei<br />
benefici economici derivanti dalle opportunità occupazionali originate dalla<br />
realizzazione e dalla presenza di un complesso di sistemi verdi sono diverse.<br />
Quelle che sono state identificate come più appropriate e che verranno descritte<br />
nelle pagine che seguono sono fondamentalmente due, anche se un accenno verrà<br />
fatto anche a una terza metodologia di possibile applicazione.<br />
La prima metodologia proposta è utile soprattutto per la valutazione in termini<br />
occupazionali delle attività di realizzazione e manutenzione dei sistemi verdi.<br />
Essa si basa sull’identificazione delle singole lavorazioni e delle operazioni<br />
necessarie per creare e mantenere vitale un sistema verde, sulla quantificazione<br />
del tempo di lavoro complessivo richiesto da ciascuna di esse e, infine, sulla stima<br />
del possibile ammontare complessivo del reddito da lavoro che ne potrebbe<br />
conseguire.<br />
La seconda metodologia si basa sulla raccolta e sull’analisi delle informazioni<br />
reperibili in letteratura relativamente alle possibilità occupazionali. Il<br />
procedimento da mettere in atto in questo caso prevede dunque essenzialmente<br />
l’applicazione di tecniche di benefit transfer tramite le quali giungere a delle<br />
valutazioni per il caso specifico oggetto d’interesse di questo elaborato.<br />
115 Periodi all’interno di uno stesso anno ma anche periodi nell’ambito del complesso di anni<br />
del turno o della durata prevista del sistema verde.<br />
157
L’ultima metodologia cui si accennerà infine è quella illustrata in Goede et al.<br />
(2001) che si basa sulla definizione e la successiva applicazione di criteri e<br />
indicatori relativi all’occupazione.<br />
6.2.1. Metodologia basata sul calcolo dei Full Time Equivalent<br />
Innanzitutto va detto che tale metodologia di stima è utile principalmente per le<br />
valutazioni relative alle attività di impianto e manutenzione dei sistemi verdi,<br />
mentre è poco efficace per quanto riguarda le attività economiche connesse alla<br />
loro presenza, quali quelle turistico-ricreative, didattiche, ecc. Nel corso del<br />
presente paragrafo si è quindi deciso di tralasciare tale componente, fatto questo<br />
che comunque non pregiudica affatto l’utilità della metodologia dal momento che<br />
potrà essere applicata senza problemi per valutazioni parziali relative alla sola<br />
gestione del sistema verde in senso stretto. Esse saranno a tutti gli effetti delle utili<br />
valutazioni parziali che sarà sufficiente integrare con valutazioni relative alle altre<br />
attività generanti possibilità occupazionali.<br />
Come già anticipato, questa metodologia di stima prevede innanzitutto la<br />
determinazione delle diverse lavorazioni necessarie per la realizzazione degli<br />
impianti e delle operazioni colturali di manutenzione. Una volta determinate, si<br />
stima per ciascuna di esse il numero di ore di lavoro necessario per portarle a<br />
termine 116 . Tale valore orario viene quindi convertito in numero di Full Time<br />
Equivalent (FTE) 117 per ettaro. Essendo normalmente la mole di lavoro e il numero<br />
di persone coinvolte proporzionali all’estensione superficiale del sistema verde<br />
considerato, l’impatto occupazionale complessivo può essere infine facilmente<br />
calcolato moltiplicando il totale dei FTE per l’estensione superficiale complessiva.<br />
Infine, moltiplicando il totale dei FTE per il reddito orario di un operaio forestale o<br />
di un giardiniere o delle altre figure professionale ritenute più adatte per una<br />
determinata operazione, si giunge alla stima di quello che può essere considerato<br />
il beneficio economico derivante dalle opportunità occupazionali create dai<br />
sistemi verdi.<br />
In linea di massima, il tipo e il numero di interventi necessari per realizzare e<br />
mantenere nel tempo i diversi impianti sono reperibili in letteratura o basandosi<br />
sulle conoscenze e le esperienze pratiche di persone operanti nel settore.<br />
Nel prosieguo si definiranno dapprima le lavorazioni necessarie per la<br />
realizzazione degli impianti e successivamente le operazioni per la manutenzione.<br />
116 Data la necessità, nel presente lavoro, di mantenere i risultati al livello più generale<br />
possibile per permetterne l’applicazione nel più ampio numero di casi specifici, tutte le valutazioni<br />
verranno effettuate per unità di superficie, ossia per ettaro di sistema verde (tranne nel caso delle<br />
siepi quando come unità si useranno i 100 metri lineari).<br />
117 Full Time Equivalent (FTE): unità di misura che corrisponde a una persona che lavora otto<br />
ore al giorno. Lavoratori part-time o comunque impegnati meno di otto ore al giorno vengono<br />
ricalcolati sulla base di tale proporzione.<br />
158
Per ciascuna di esse verrà prima indicato il numero di ore necessario per<br />
l’esecuzione e successivamente il numero dei corrispondenti FTE.<br />
Le principali tipologie di sistemi verdi che si ritiene opportuno analizzare (in<br />
quanto quelle che verranno con maggior probabilità realizzate nell’ambito del<br />
progetto “10.000 ettari di sistemi verdi”) sono: sistema a bosco, sistema a siepe,<br />
sistema a Short Rotation Forestry (SRF), sistema a prato. Tali tipologie vanno<br />
comunque intese in senso lato dal momento che ciascuna di esse può nella realtà<br />
avere caratteristiche anche molto diverse, soprattutto in base alla funzione cui è<br />
destinata (produttiva, turistico-ricreativa, paesaggistica, ecc.). Nello specifico del<br />
presente elaborato, con la dicitura “sistema a bosco” si indicano boschi sia per<br />
produzione di legname che per fruizione o altro; con quella “sistema a siepe” si<br />
intendono sia siepi sia filari e con “sistema a prato” si indicano sia prati che<br />
tappeti erbosi. Si assume, per semplicità, che le eventuali differenze in termini di<br />
FTE esistenti tra i vari tipi riuniti in una stessa tipologia siano minime e quindi<br />
trascurabili sulla base del considerevole grado di approssimazione già implicito<br />
nella determinazione del numero di ore per ettaro indicate come necessarie per lo<br />
svolgimento di qualsivoglia operazione.<br />
a. Realizzazione degli impianti<br />
Vi possono essere delle differenze più o meno lievi a seconda dei casi particolari,<br />
soprattutto in conseguenza del tipo di terreno e del periodo dell’anno in cui si<br />
opera. Pertanto, a livello generale, in tabella 6.1 verranno elencate tutte le<br />
operazioni che possono essere effettuate al fine di impiantare una superficie e per<br />
ciascuna di esse si segnaleranno le corrispondenti ore di lavoro normalmente<br />
impiegate per la loro realizzazione. Dopodiché si segnaleranno, caso per caso per i<br />
principali sistemi verdi considerati, le operazioni comunemente compiute e si<br />
calcolerà il totale indicativo complessivo del numero di FTE per ettaro<br />
159
Tabella 6.1 - Elenco complessivo delle lavorazioni comunemente eseguite per la preparazione<br />
del terreno e l’impianto<br />
Tipo di lavorazione N° ore/ ettaro<br />
Preparazione appezzamento – sistemi arborei o arbustivi<br />
Ripuntatura profonda 3<br />
Concimazione di fondo 1,25 (1 SRF)<br />
Fertilizzazione 4<br />
Aratura a 30 cm di profondità 2<br />
Aratura a 50 cm di profondità 3<br />
Amminutamento del terreno tramite fresatura 2<br />
Erpicatura 3<br />
Preparazione appezzamento – sistemi erbacei<br />
Preparazione del suolo tramite spianamento 4<br />
Preparazione del letto di semina tramite aratura, erpicatura e/o fresatura 3<br />
Fertilizzazione del terreno 4<br />
Impianto – sistemi arborei o arbustivi<br />
Tracciamento filari 8<br />
Stesura film pacciamante (4 m di distanza tra i filari) 1,5 ore per 100<br />
metri lineari<br />
Apertura buche per piante con pane di terra (densità 1200 pte/ha) 60<br />
Apertura buche per piantine a radice nuda o in contenitore 0,03 ore per pianta<br />
Preparazione e messa a dimora di piante con pane di terra (densità 1200 pte/ha) 72<br />
Preparazione e messa a dimora di piante a radice nuda e con pane di terra 0,06 ore per pianta<br />
Messa a dimora di talee 12<br />
Messa in opera degli shelter (o altre protezioni) 0,02 x protezione<br />
Messa in opera dei pali tutori 0,12 x palo<br />
Semina – sistemi erbacei<br />
Distribuzione del miscuglio di semi 3<br />
Interramento del seme tramite rullatura 2<br />
Come anticipato in precedenza, nelle tabelle a seguire (Tab. da 6.2 a 6.5) vengono<br />
indicate, per ciascuna tipologia di sistema verde, le operazioni normalmente svolte<br />
per il suo impianto (o semina nel caso del prato) e il corrispondente ammontare in<br />
termini di FTE.<br />
In Tab. 6.2 sono riportate le lavorazioni comunemente effettuate per l’impianto di<br />
un sistema arboreo. Come si può notare è stato preso in considerazione un sesto<br />
d’impianto pari a 1200 piante per ettaro. Nel caso assai probabile che si debbano<br />
fare stime relative ad impianti con altre densità, si dovranno effettuare tutte le<br />
modifiche del caso.<br />
Tabella 6.2 - Impianto sistema a bosco<br />
Tipo di lavorazione FTE/ha<br />
Ripuntatura profonda 0,4<br />
Concimazione di fondo 0,2<br />
Fertilizzazione 0,5<br />
Aratura a 50 cm di profondità 0,4<br />
Amminutamento del terreno tramite fresatura 0,3<br />
Tracciamento filari 1<br />
Stesura film pacciamante (4 m di distanza tra i filari, 24 filari) 4,5<br />
Apertura buche per piante con pane di terra (densità 1200 pte/ha) 7,5<br />
Preparazione e messa a dimora di piante con pane di terra (densità 1200<br />
9<br />
pte/ha)<br />
Messa in opera degli shelter (o altre protezioni) (densità 1200 pte/ha) 3<br />
Messa in opera dei pali tutori (densità 1200 pte/ha) Alternativo agli<br />
shelte<br />
Totale FTE/ha 26,8<br />
160
Nel caso della tipologia “sistema a siepe” (Tab. 6.3) i FTE sono calcolati per 100<br />
metri lineari anziché per ettaro, ipotizzando che vengano realizzati dei monofilari.<br />
Inoltre il numero di piante presenti nei 100 metri lineari è stato approssimato<br />
ipotizzando di mettere una pianta per metro lineare, ossia mediando le distanze<br />
generalmente utilizzate tra arbusti e alberi.<br />
Tabella 6.3 - Impianto sistema a siepe<br />
Tipo di lavorazione FTE/100 metri lineari<br />
Ripuntatura profonda 0,02<br />
Concimazione di fondo 0,01<br />
Fertilizzazione 0,03<br />
Aratura a 50 cm di profondità 0,02<br />
Amminutamento del terreno tramite fresatura 0,01<br />
Tracciamento filare 0,05<br />
Stesura film pacciamante 0,2<br />
Apertura buche per piante con pane di terra (1 pianta/m, ca 100<br />
0,4<br />
piante/100 metri)<br />
Preparazione e messa a dimora di piante con pane di terra (1<br />
pianta/m, ca 100 piante/100 metri)<br />
Messa in opera degli shelter (o altre protezioni) 0,25<br />
Messa in opera dei pali tutori Alternativo agli shelter<br />
Totale FTE/100 metri lineari 1,74<br />
In Tab. 6.4 e 6.5 sono infine segnalate, rispettivamente, le lavorazioni per<br />
l’impianto di un sistema a Short Rotation Forestry (SRF) e quelle per la semina di<br />
un sistema a prato e/o a tappeto erboso.<br />
Tabella 6.4 - Impianto sistema a SRF<br />
Tipo di lavorazione FTE/ha<br />
Aratura a 30 cm di profondità 0,25<br />
Erpicatura 0,38<br />
Concimazione di fondo 0,1<br />
Tracciamento filari 1<br />
Messa a dimora talee 1,5<br />
Totale FTE/ha 3,23<br />
Tabella 6.5 - Semina di sistema a prato e/o a tappeto erboso<br />
Tipo di lavorazione FTE/ha<br />
Preparazione del suolo tramite spianamento 0,5<br />
Preparazione del letto di semina tramite aratura, erpicatura e/o fresatura 0,4<br />
Fertilizzazione del terreno 0,5<br />
Distribuzione del miscuglio di semi 0,4<br />
Interramento del seme tramite rullatura 0,3<br />
Totale FTE/ha 2,1<br />
b. Manutenzione degli impianti<br />
In questo paragrafo vengono riportate, per ciascun sistema considerato, le<br />
operazioni di manutenzione comunemente effettuate. In questo caso il grado di<br />
semplificazione e di approssimazione è superiore rispetto alla parte precedente<br />
161<br />
0,75
elativa alle lavorazioni per l’impianto. Si ritiene non sia comunque il caso di<br />
cercare di raggiungere un grado di precisione superiore in quanto l’obiettivo del<br />
presente studio è fornire delle indicazioni orientative, sulla base delle quali<br />
costruire poi le valutazioni di dettaglio relative ai casi concreti che saranno<br />
oggetto di studi specifici, qualora necessario.<br />
In Tab. 6.6 vengono innanzitutto elencate tutte le possibili lavorazioni più<br />
comunemente effettuate.<br />
Tabella 6.6 - Elenco complessivo delle lavorazioni comunemente eseguite per la<br />
manutenzione dell’impianto realizzato<br />
Tipo di lavorazione<br />
Cure colturali – sistemi arborei o arbustivi<br />
N° ore/ ettaro<br />
Lavorazioni superficiali (fresatura o erpicatura) 2 volte all’anno per i primi 5<br />
anni<br />
3<br />
Concimazione di copertura 1<br />
Trattamento chimico pre-emergenza 1<br />
Diserbo meccanico interfila con trinciaerba azionato da trattrice (e rilascio in<br />
loco del materiale triturato)<br />
4<br />
Diserbo chimico (distribuzione di prodotto erbicida) 2<br />
Diserbo post-emergenza 1<br />
Trattamento insetticida 2<br />
Irrigazione di soccorso 4<br />
Intervento irriguo per aspersione sopra chioma 3<br />
Risarcimenti (per un risarcimento max. pari al 20% impianto iniziale) 12<br />
Controllo fitosanitario 2<br />
Sostituzione piante morte o deperite 0,1 h/pianta<br />
Ripulitura di siepe infestata da rovo, eliminazione e accatastamento dei polloni<br />
in eccesso<br />
178<br />
Spalcatura rami secchi, diradamento, eliminazione piante morte e/o deperienti,<br />
accatastamento materiale legnoso<br />
270<br />
Diradamento, depezzatura e stoccaggio del materiale di risulta 50<br />
Potatura - Dal 2° anno (e finché il tronco avrà lunghezza compresa tra 2,5 e 4 (0,08 x pianta)<br />
m) potature di formazione per le piante delle specie principali<br />
Monitoraggio - Misurazioni di piante rappresentative delle caratteristiche medie<br />
dell’impianto e verifica annuale della regolarità di accrescimento diametrico e<br />
longitudinale<br />
9-12<br />
Diradamenti - Da uno a quattro, ad intervalli dipendenti dal ritmo di<br />
Variabile<br />
accrescimento delle piante<br />
secondo le<br />
situazioni<br />
Taglio astoni di un anno 27<br />
Dicioccatura<br />
Cure colturali – sistemi erbacei<br />
5<br />
Tosatura 5<br />
Irrigazione 4<br />
Concimazione in copertura 1<br />
Erpicatura e rullatura 5<br />
Sfalcio 4<br />
In Tab. 6.7 viene proposta una stima dei FTE relativi alle cure colturali di un<br />
sistema a bosco. Essa ha valore puramente indicativo dal momento che i diversi<br />
tipi di bosco sottendono diverse esigenze colturali. Nello specifico, il caso<br />
considerato si avvicina particolarmente a quello di un bosco di altofusto.<br />
Si segnala inoltre che non vengono tenuti in considerazione eventuali<br />
risarcimenti, diradamenti né l’eliminazione finale delle ceppaie, interventi questi<br />
162
che per alcuni tipi di formazione possono assumere importanza prevalente (si<br />
pensi per esempio al caso di un bosco ceduo).<br />
Infine si ritiene opportuno sottolineare anche che, a seconda degli anni<br />
complessivi di permanenza del soprassuolo boscato, alcuni interventi potrebbero<br />
dover essere ripetuti un numero di volte superiore rispetto a quello preso in<br />
considerazione.<br />
Tabella 6.7 - Manutenzione sistema a bosco<br />
Tipo di operazione FTE/ha<br />
Diserbo meccanico interfila con trinciaerba azionato da trattrice (e rilascio in loco del<br />
materiale triturato) (1 intervento l’anno per i primi 5 anni)<br />
0,5*5= 2,5<br />
Diserbo chimico (1 intervento l’anno per i primi 3 anni) 0,25*3=0,75<br />
Trattamento insetticida (1 volta l’anno per i primi 4 anni) 0,25*4=1<br />
Irrigazione di soccorso (1 volta l’anno per i primi 2 anni) 0,5*2= 1<br />
Potatura (una volta l’anno dal secondo al quinto anno) 1,4*5= 7<br />
Diradamento, depezzatura e stoccaggio del materiale di risulta 6,25<br />
Totale FTE/ha 18,5<br />
Nella Tab. 6.8 si riporta invece una stima dei FTE necessari per la manutenzione di<br />
un sistema a siepe. Anche in questo caso la stima può essere solo indicativa dal<br />
momento che esistono numerosi tipi di siepe, ciascuno destinato ad assolvere a<br />
funzioni distinte (fitodepurativa, paesaggistica, produttiva, ecc.), i quali<br />
necessitano conseguentemente di operazioni di manutenzione diversificate a<br />
seconda degli obiettivi. Un esempio evidente è quello delle siepi per la produzione<br />
di legna da ardere: in questo caso le operazioni di utilizzazione assumeranno un<br />
peso decisamente più rilevante che non nel caso di altri tipi di siepe (ad es. a uso<br />
paesaggistico-ornamentale).<br />
Tabella 6.8 - Manutenzione sistema a siepe<br />
Tipo di operazione FTE/100 metri<br />
lineari<br />
Irrigazione di soccorso (1 volta l’anno per i primi 2 anni) 0,025*2= 0,05<br />
Ripulitura di siepe infestata da rovo, eliminazione e accatastamento dei<br />
1,11<br />
polloni in eccesso (1 volta)<br />
Diradamento, depezzatura e stoccaggio del materiale di risulta (1 volta) 0,31<br />
Diocioccatura 0,03<br />
Totale FTE/100 metri lineari 1,5<br />
Nel caso dei sistemi di Short Rotation Forestry (Tab. 6.9) il computo delle<br />
operazioni di manutenzione dev’essere fatto in modo leggermente distinto, ovvero<br />
è importante tener conto del fatto che generalmente, in questi sistemi, si ha un<br />
ciclo che si ripete 4 volte (ciascuna corrispondente a un blocco di due anni) nel<br />
corso delle quali si ripetono le stesse operazioni colturali. Al termine dell’ultimo<br />
anno dell’ultimo blocco, alle operazioni colturali di routine va aggiunta anche<br />
quella di dicioccatura avente lo scopo di rimuovere le ceppaie e preparare il<br />
terreno per un nuovo ciclo completo di impianti.<br />
163
Tabella 6.9 - Manutenzione sistema a SRF – FTE relativi a un blocco (due anni)<br />
Tipo di operazione FTE/ha<br />
1° anno<br />
Diserbo pre-emergenza 0,1<br />
Concimazione di copertura 0,1<br />
Diserbo post-emergenza 0,1<br />
Diserbo meccanico interfila (4 interventi l’anno) 0,5 *4= 2<br />
Intervento irriguo per aspersione sopra chioma (2 interventi l’anno) 0,4 *2= 0,8<br />
Trattamento insetticida (2 interventi l’anno) 0,3 *2= 0,6<br />
2° anno<br />
Concimazione di copertura 0,1<br />
Diserbo post-emergenza 0,1<br />
Diserbo meccanico interfila (4 interventi l’anno) 0,5 *4= 2<br />
Intervento irriguo per aspersione sopra chioma (2 interventi l’anno) 0,4 *2= 0,8<br />
Trattamento insetticida (2 interventi l’anno) 0,3 *2= 0,6<br />
Taglio astoni di un anno 0,6<br />
Totale FTE/ha 7,3<br />
Per quanto riguarda la manutenzione complessiva di un impianto a SRF facendo<br />
riferimento a un ciclo di 4 blocchi, ossia sommando i FTE relativi a quattro<br />
ripetizioni di gruppi di due anni, i risultati sono riportati nella tabella 6.10. In<br />
questo caso è stato aggiunto anche l’ammontare di FTE derivante dall’operazione<br />
di dicioccatura.<br />
Tabella 6.10 - Manutenzione sistema a SRF – FTE complessivi<br />
Operazioni complessive FTE/ha<br />
Blocco 1 7,3<br />
Blocco 2 7,3<br />
Blocco 3 7,3<br />
Blocco 4 7,3<br />
Dicioccatura 0,6<br />
Totale FTE/ha 29,8<br />
Anche per i sistemi erbacei (siano essi prati o tappeti erbosi) vanno previste le<br />
adeguate operazioni di manutenzione (Tab. 6.11). In questo caso la ripetizione di<br />
una stessa operazione nel corso dell’anno è cosa consueta, tuttavia il numero di<br />
volte in cui tale operazione viene compiuta è molto variabile a seconda delle<br />
caratteristiche del sistema erbaceo, delle condizioni climatiche dell’anno in<br />
questione, del tipo di uso cui è sottoposto, e così via. Vista la vastità delle<br />
possibili combinazioni si è deciso di calcolare i FTE complessivi dati dalla<br />
realizzazione di una operazione una sola volta nel corso dell’anno. Ciò darà una<br />
stima da intendersi come assolutamente di minimo, la quale però potrà essere<br />
facilmente modificata e adattata a situazioni specifiche.<br />
164
Tabella 6.11 - Manutenzione sistema a prato e/o a tappeto erboso<br />
Tipo di operazione FTE/ha<br />
Tosatura 0,6<br />
Irrigazione 0,5<br />
Concimazione in copertura 0,1<br />
Erpicatura e rullatura 0,6<br />
Sfalcio 0,5<br />
Totale FTE/ha 2,3<br />
6.2.1.1. Risultati ottenuti dalle stime effettuate applicando il metodo dei Full Time<br />
Equivalent<br />
Una volta effettuate le singole stime riguardanti le fasi di impianto e<br />
manutenzione per i diversi sistemi verdi presi in considerazione, si sono<br />
predisposte le tabelle da 6.12 a 6.15 nelle quali sono riportati i valori indicativi<br />
complessivi di Full Time Equivalent.<br />
Tabella 6.12 - FTE complessivo del sistema a bosco<br />
Sistema a bosco FTE/ha<br />
Impianto 26,8<br />
Manutenzione 18,5<br />
Totale 45,3<br />
Tabella 6.13 - FTE complessivo del sistema a siepe<br />
Sistema a siepe FTE/100 m lineari<br />
Impianto 1,74<br />
Manutenzione 1,5<br />
Totale 3,24<br />
Tabella 6.14 - FTE complessivo del sistema a SRF<br />
Sistema a SRF FTE/ha<br />
Impianto 3,23<br />
Manutenzione 29,8<br />
Totale 33,03<br />
Tabella 6.15 - FTE complessivo del sistema a prato e/o tappeto erboso<br />
Sistema a prato e/o tappeto erboso FTE/ha<br />
Impianto 2,1<br />
Manutenzione 2,3<br />
Totale 4,4<br />
Tali valori permettono di effettuare delle valutazioni approssimative delle<br />
potenzialità occupazionali una volta stabiliti quanti ettari (o quanti filari nel caso<br />
delle siepi) di ciascun sistema verde si intende realizzare.<br />
165
6.2.1.2. Stima dei benefici economici tramite i FTE<br />
Moltiplicando i FTE necessari stimati per l’impianto e la manutenzione dei diversi<br />
sistemi verdi per il reddito orario medio del lavoratore impiegato si ottiene infine<br />
una valutazione in termini economici dei benefici connessi alle possibilità<br />
occupazionali associate alla realizzazione e alla manutenzione di sistemi verdi in<br />
senso lato.<br />
Ad esempio, si considerino i costi orari per un operaio forestale riportati nelle<br />
tabelle da 6.16 a 6.18.<br />
Tabella 6.16 - Retribuzioni lorde operai, tempo indeterminato<br />
Livello €/h<br />
1° comune 13,95<br />
2° qualificato 15,13<br />
3° qualificato super 15,49<br />
4° specializzato 16,19<br />
5° spec. Super 17,21<br />
5° spec. super. S.C. 18,35<br />
Fonte: tabella Paghe relativa agli addetti ai lavori di sistemazione idraulico-forestale e idraulicoagraria<br />
della Regione Piemonte)<br />
Tabella 6.17 - Retribuzioni lorde operai, tempo determinato<br />
Livello €/h<br />
1° comune 16,36<br />
2° qualificato 17,75<br />
3° qualificato super 18,20<br />
4° specializzato 19,03<br />
5° spec. super. 20,27<br />
Fonte: tabella Paghe relativa agli addetti ai lavori di sistemazione idraulico-forestale e idraulicoagraria,<br />
Regione Piemonte (2001)<br />
Tabella 6.18 - Retribuzioni lorde operai, territori di pianura<br />
Livello €/h<br />
Operaio comune 13,52<br />
Operaio qualificato 14,65<br />
Operaio specializzato 15,68<br />
Fonte: elenco prezzi per opere forestali di iniziativa pubblica, Regione Emilia-Romagna, (1999)<br />
Ai fini delle stime, si può considerare come valore di retribuzione lorda oraria per<br />
un operaio forestale quello ricavato dalla media dei valori nelle tabelle 16-18.<br />
Esso è pari a 16,6 €/h.<br />
Per quanto riguarda le operazioni di manutenzione e gestione dei sistemi verdi<br />
considerati, si ritiene corretto assumere che esse verranno condotte da operai<br />
forestali. Ciò potrebbe essere non vero nel caso dei sistemi a prato e/o tappeto<br />
erboso, per i quali potrebbero essere impiegati dei giardinieri. Si considera<br />
comunque che la differenza di retribuzione oraria non sia particolarmente<br />
significativa ai fini delle stime.<br />
166
Applicando pertanto una retribuzione pari a 16,6 €/h, a partire dai valori di FTE<br />
stimati precedentemente si ottengono i risultati riportati in tabella 6.19. Tali valori<br />
possono essere considerati stime dei benefici economici (per unità di superficie)<br />
associati alle possibilità occupazionali generate dal progetto 10,000 ha di sistemi<br />
verdi per quanto riguarda le attività di impianto e manutenzione dei sistemi.<br />
Tabella 6.19 - Beneficio economico unitario per tipo di sistema verde<br />
Tipo di sistema €/ha*<br />
Sistema a bosco 751,6<br />
Sistema a siepe 53,8<br />
Sistema a SRF 548,3<br />
Sistema a prato e/o tappeto erboso 71,72<br />
* €/100 m.l. nel caso del Sistema a siepe<br />
A questo punto, per ottenere una stima dei benefici economici dell’occupazione<br />
che sia riferita al complesso dei sistemi verdi realizzati col progetto, basterà<br />
moltiplicare i valori calcolati in Tab. 6.19 per le rispettive estensioni superficiali<br />
di ciascun sistema verde e sommare i risultati.<br />
Si ricorda ancora una volta che i benefici economici stimati sinora non sono<br />
comprensivi di quelli generati dalle attività della terza macrocategoria identificata<br />
all’inizio del presente elaborato (ossia le “attività complementari agli impianti<br />
realizzati”). Tali attività infatti possono essere dei tipi più disparati e le decisioni<br />
relative alla loro organizzazione o meno, al tipo di offerta nel corso dell’anno<br />
(stagionale, continua, ecc.) nonché al numero di persone impiegate da ciascuna,<br />
dipenderanno completamente dal tipo e dall’estensione dei sistemi verdi creati,<br />
dall’ammontare e dal tipo di fruitori, ecc.<br />
Si ritiene pertanto inutile cercare di fornire in questa sede una stima<br />
preliminare dei benefici economici derivanti da queste attività, essendo le variabili<br />
in gioco troppe e tutte determinabili solo in modo estremamente aleatorio e con<br />
gradi di approssimazione eccessivamente elevati (per avere un’idea della<br />
molteplicità di attività si veda al paragrafo successivo).<br />
A titolo indicativo, si segnala che una stima dei FTE delle attività<br />
complementari può essere ottenuta tramite i passaggi qui elencati:<br />
1. definizione delle attività complementari complessive previste,<br />
2. determinazione, per ciascuna di esse, del numero di ore di lavoro richiesto<br />
per ciascuna delle professionalità impiegate nel corso di un anno,<br />
3. calcolo dei FTE corrispondenti a ciascuna professionalità,<br />
4. stima della retribuzione media oraria di ciascuna professionalità,<br />
5. calcolo del beneficio economico occupazionale complessivo<br />
(moltiplicando i risultati ottenuti al punto 3 per quelli del punto 4).<br />
Sommando il beneficio economico occupazionale così ottenuto a quello<br />
precedentemente calcolato a proposito delle attività di impianto e manutenzione<br />
dei sistemi verdi, si avrà infine una stima del valore dei benefici economici<br />
associati all’occupazione creata nell’ambito del progetto.<br />
167
6.2.1.3. Benefici occupazionali derivanti dalle attività economiche associate ai<br />
sistemi verdi<br />
Come già anticipato, per fornire una stima completa dei benefici occupazionali<br />
associati alla realizzazione e presenza di sistemi verdi, la valutazione dei benefici<br />
economici tramite i FTE dovrà essere integrata con stime specifiche relative alle<br />
attività complementari di utilizzo dei sistemi verdi. Data la molteplicità di attività<br />
dei generi più diversi che può trovare attuazione in una stessa area, le diverse<br />
forme di gestione e organizzazione, la grande variabilità nel numero e nel tipo<br />
delle figure professionali coinvolte, la stagionalità, ecc. queste valutazioni<br />
andranno fatte ad hoc.<br />
Ad ogni modo, si è ritenuto utile fornire in questo paragrafo un’idea della<br />
complessità dell’argomento. A seguire si riportano quindi delle tabelle riassuntive<br />
esemplificative delle possibili produzioni e delle altre attività economiche<br />
collaterali associate ai sistemi verdi che possono avere conseguenze in termini<br />
occupazionali talvolta anche rilevanti, se non addirittura prevalenti rispetto alle<br />
attività di impianto e manutenzione.<br />
Nella tabella 6.20 si propone un elenco dei possibili prodotti derivanti dai sistemi<br />
verdi a realizzarsi. La divisione principale riguarda prodotti legnosi e prodotti non<br />
legnosi.<br />
Tabella 6.20 - Prodotti legnosi e non derivanti dalla presenza di sistemi verdi<br />
Prodotti legnosi Prodotti non legnosi<br />
Legname:<br />
- per segati<br />
- per tranciati e sfogliati<br />
- per pannelli<br />
- per paleria<br />
- per fini energetici<br />
Frutti da piante arboree (es. nocciole, castagne, pinoli)<br />
Piccoli frutti del sottobosco (es. fragole, lamponi, more, mirtilli)<br />
Erbe aromatiche e piante medicinali<br />
Funghi e tartufi<br />
Alimenti per la fauna (es. foraggi, frutti)<br />
Altro (es. fiori, piante, foglie decorative)<br />
Naturalmente nel valutare in termini occupazionali l’aspetto produttivo associato<br />
a un sistema verde bisogna prima di tutto stabilire quale sia la sua funzione<br />
principale. Se infatti il prelievo di prodotti è solamente un’attività secondaria il<br />
numero di persone impiegate e il grado di specializzazione richiesto loro sarà<br />
limitato.<br />
Se invece la produzione è l’obiettivo principale della realizzazione e dell’esistenza<br />
di un sistema verde è possibile, a seconda del tipo di prodotto che si vuole<br />
ottenere, che la componente di occupazione generata da ciò sia nettamente<br />
prevalente sulle altre, coinvolgendo consistenti numeri di persone o lavoratori<br />
dall’elevato grado di specializzazione e di preparazione tecnica. Si pensi per<br />
esempio alle differenze tra le possibilità occupazionali derivanti dalla raccolta<br />
occasionale di piccoli frutti in un bosco avente come finalità prevalente la<br />
protezione idrogeologica rispetto a quelle associate a un bosco composto di specie<br />
168
a rapido accrescimento e attivamente gestito per la produzione di legname. In<br />
questo secondo caso l’effetto occupazionale derivante dal numero e dalla<br />
specializzazione degli operai forestali coinvolti nelle operazioni di utilizzazione e<br />
di quelli impiegati nella prima trasformazione del prodotto sarà decisamente<br />
rilevante.<br />
Oltre ai prodotti forestali, anche i servizi generati dalla presenza dei sistemi verdi<br />
a realizzarsi possono assumere notevole importanza in termini occupazionali.<br />
Nella tabella 6.21 si riporta un breve elenco di possibili servizi ambientali e<br />
turistico-ricreativi.<br />
La produzione, raccolta e utilizzazione di prodotti e l’organizzazione e l’offerta<br />
di servizi originati dalla presenza dei diversi sistemi verdi portano allo sviluppo di<br />
diverse forme di occupazione (Tab. 6.22).<br />
Tabella 6.21 - Servizi derivanti dalla presenza di sistemi verdi<br />
Servizi ambientali Servizi turistico-ricreativi<br />
Miglioramento delle condizioni ambientali:<br />
- aumento della biodiversità<br />
- diversificazione del paesaggio<br />
- assorbimento di inquinanti<br />
- fissazione di CO2<br />
Protezione idrogeologica<br />
Luogo di relax<br />
Passeggiate a piedi, in bicicletta, a cavallo<br />
Sport (calcio, corsa, ecc.)<br />
Birdwatching<br />
Escursioni culturali guidate per gruppi e scuole<br />
Laboratori didattici<br />
Tabella 6.22 - Forme di occupazione originate da sistemi verdi<br />
Settore Tipologie di occupazione<br />
Occupazione diretta Occupazione indotta<br />
Pubblico Addetti della pubblica amministrazione<br />
per attività di programmazione, gestione<br />
e controllo<br />
Operai (stagionali) impiegati per impianti,<br />
manutenzione, miglioramenti boschivi, …<br />
Privato Liberi professionisti per progettazione e<br />
consulenze tecniche<br />
Ditte di lavorazioni boschive<br />
Ditte di giardinaggio<br />
Addetti alla raccolta di prodotti forestali<br />
non legnosi<br />
Addetti ad attività ricreative “strutturate” e<br />
informali<br />
Addetti agli interventi di manutenzione e<br />
sorveglianza ambientale<br />
169<br />
Addetti all’industria dei mezzi tecnici per la<br />
selvicoltura e le utilizzazioni boschive<br />
Addetti all’industria del legno e della carta<br />
Addetti alla lavorazione, trasformazione e<br />
commercializzazione dei PFNL<br />
Addetti alle attività turistiche<br />
complementari (ristorazione, alloggio<br />
servizi di trasporto, …)<br />
Addetti alle attività formativo-divulgative<br />
Nello stimare i benefici occupazionali derivanti dalle attività economiche<br />
associate ai sistemi verdi, un fattore estremamente importante che dev’essere<br />
accuratamente definito è quello dell’estensione spaziale dell’area in cui si intende<br />
considerare gli effetti occupazionali. Infatti mano a mano che ci si allontana dal<br />
luogo nel quale sono stati realizzati e sono quindi presenti i sistemi verdi oggetto<br />
d’interesse, i benefici occupazionali tendono a diminuire in modo più o meno<br />
rapido. Il raggio spaziale in cui si manifestano i benefici sarà probabilmente<br />
diverso a seconda del tipo di occupazione considerato, ma in linea generale ma nel
complesso si può ipotizzare che la maggior parte di tali benefici occupazionali si<br />
concentrerà in una fascia piuttosto ristretta. A titolo di esempio, in Crowley et al.<br />
(2001) si trovano dati indicanti che il 75% del lavoro diretto stimato nel caso di<br />
studio è concentrato in un’area con raggio pari a 20 miglia.<br />
6.2.2. Metodologia basata sulle informazioni reperibili in letteratura<br />
Questo approccio metodologico risulta nella pratica di difficile utilizzo data la<br />
limitata quantità di fonti informative sull’argomento. Si possono comunque<br />
segnalare due tipi principali di fonti cui fare riferimento per ottenere dati relativi<br />
all’impatto occupazionale dei sistemi verdi.<br />
Un tipo è costituito dai “bilanci sociali” dei parchi (o “annual report” o<br />
“management plan”) e l’altro da articoli e testi di carattere metodologico o che<br />
riportano studi e stime effettuati per qualche realtà specifica.<br />
Dai bilanci sociali si può ricavare il numero di persone che hanno lavorato in un<br />
parco in un certo anno, la mansione svolta e il numero di ore lavorative. A partire<br />
da queste informazioni si può agevolmente stimare il corrispondente reddito<br />
percepito nel corso dell’anno e quindi avere un’idea dell’impatto economico<br />
generato dai posti di lavoro associati alla presenza di un parco. Conoscendo le<br />
caratteristiche dei sistemi verdi che compongono il parco cui si riferisce il bilancio<br />
e il genere di attività svolto al suo interno, diviene sufficientemente semplice<br />
effettuare una proporzione tra il numero e le caratteristiche del personale<br />
coinvolto in esso e quello che si ipotizza essere necessario per il sistema verde che<br />
si progetta di realizzare ottenendone così una buona stima.<br />
Nel caso (peraltro piuttosto frequente soprattutto per quanto riguarda le attività<br />
turistico ricreative e/o didattiche) in cui alcune attività siano date in gestione a<br />
ditte o cooperative diverse dall’ente di gestione del parco cui si riferisce il<br />
bilancio sociale, bisogna naturalmente fare riferimento anche ai bilanci di tali<br />
gruppi esterni per quantificare correttamente i posti di lavoro derivanti dalla<br />
presenza dei sistemi verdi componenti il parco.<br />
A scopo di esempio, a seguire si riportano i dati occupazionali che si sono potuti<br />
reperire relativamente ad alcuni parchi.<br />
a. Parco Nord Milano, Italia<br />
Il parco si estende per una superficie totale di circa 600 ettari dei quali circa 350<br />
corrispondono ad aree verdi che includono: zone boschive (circa 60 ha sono di<br />
boschi maturi), radure, filari, macchie arbustive, siepi e piccoli specchi d’acqua.<br />
Dalla lettura del Bilancio sociale Esercizio 2004 emerge che le persone impiegate<br />
per le attività di gestione sono quelle riportate in Tab. 6.23.<br />
170
Tabella 6.23 - Personale in ruolo<br />
Personale in ruolo del servizio di gestione<br />
1 responsabile di unità operativa<br />
1 agronomo<br />
1 forestale (part-time)<br />
1 assistente lavori<br />
1 impiegato tecnico<br />
1 capo officina<br />
2 capisquadra<br />
17 operai<br />
Considerando anche altre componenti (amministrazione, ecc.) si arriva a un totale<br />
di 45 persone che lavorano quotidianamente e continuativamente alle dipendenze<br />
del parco. La Tab. 6.24, invece, riporta l’elenco delle persone non in ruolo che<br />
lavorano nel parco.<br />
Tabella 6.24 - Personale non in ruolo<br />
Personale non in ruolo: consulenti e collaboratori<br />
1 consulente forestale<br />
1 consulente naturalista<br />
1 medico del lavoro<br />
30 persone addette a manutenzione e pulizia delle<br />
aree*<br />
* personale dipendente da ditte appaltatrici<br />
b. Epping Forest, Inghilterra<br />
Stando all’Annual Report of the Superintendent for 2002/2003, il parco si estende<br />
per circa 2400 ha. Si tratta del più grande spazio aperto pubblico nell’area di<br />
Londra. È un’area importante dal punto di vista delle attività ricreative ma anche<br />
per la conservazione (due terzi della sua superficie sono designati come Site of<br />
special scientific interest e Special area of conservation).<br />
I FTE impiegati per le diverse attività di gestione sono riportati in tabella 6.25.<br />
171
Tabella 6.25 - Personale della Epping Forest distinto per mansione<br />
Mansione FTE<br />
Superintendent 1<br />
Land Agency Section<br />
Land agent and project manager 1<br />
Clerk of works 1<br />
Assistant to land agency section 1<br />
Building/vehicle maintenance/yard staff 5<br />
Litter clearance staff 8,5<br />
Forest Operations Sections<br />
Forest operations manager 1<br />
Forest operations team leader North 1<br />
Forest operations team leader South 1<br />
Forest operations team leader forest-wide 1<br />
Forest operators 20<br />
Golf course/ground staff 4<br />
Wanstead flats playing fields staff 3<br />
Administrative Section<br />
Office manager 1<br />
Superintendent’s secretary 1<br />
Secretarial/administrative assistants 2,5<br />
Support services officer 1<br />
Public Affairs Section<br />
Public affairs manager 1<br />
Information services manager 1<br />
Head forest keeper North 1<br />
Head forest keeper South 1<br />
Forest keepers 16<br />
Heritage education officer 1<br />
Interpretation officer 1<br />
Information assistants 7 part time<br />
Forest Conservation Section<br />
Forest conservation Officer 1<br />
Forest ecologist 1<br />
Inoltre, la Epping Forest prevede anche un livello dirigenziale di cui fanno parte<br />
14 persone (Tab. 6.26).<br />
Tabella 6.26 - Componenti a livello dirigenziale della Epping Forest<br />
Ruolo Numero di persone<br />
Presidente 1<br />
Vicepresidente 1<br />
Consiglieri comunali 3<br />
Vice consiglieri comunali 9<br />
c. West Ham Park, Inghilterra<br />
In base a quanto riportato nel Management Plan (2006-2011), il West Ham Park è<br />
il più grande parco presente nel distretto londinese di Newham.<br />
La sua superficie si estende all’incirca per 31 ettari. Di questi circa 25<br />
consistono di boschi e prati e 3 di un giardino con alberi. Vi sono inoltre un vivaio<br />
di circa 1,2 ha e anche campi da golf e da cricket.<br />
In questo parco è impiegato correntemente personale per un totale di FTE pari a<br />
20 (Tab. 6.27).<br />
172
Tabella 6.27 - FTE del West Ham Park<br />
Mansione FTE<br />
Manager 1<br />
Team leader 3<br />
Giardinieri e custodi 12<br />
Office manager 1<br />
Support and project staff 3<br />
d. Area Ballyvourney nella contea di Cork, Irlanda<br />
L’area di studio cui si riferiscono i dati riportati qui comprende quattro foreste che<br />
si trovano a cavallo tra le contee di Kerry e Cork nel sud dell’Irlanda (Crowley et<br />
al., 2001). Nel 1996 la superficie forestale dell’area era pari a 17.728 ha (a causa<br />
delle utilizzazioni precedenti solo in 179 ha di quest’area le piante hanno età<br />
superiore a 45 anni). La foresta è stata realizzata tramite impianti successivi<br />
avvenuti negli anni 1950, 1960, 1970 e 1980.<br />
Uno degli scopi dello studio di Crowley et al. (2001) è determinare l’impiego<br />
diretto generato attraverso la gestione, l’utilizzazione e la lavorazione del legname<br />
prodotto nell’area di studio. Il numero di persone impiegate è stato ricavato per<br />
via indiretta, a partire dai valori relativi all’attività economica usando stime di<br />
unità operanti e costi d’impiego. Il costo annuale per unità operativa che è stato<br />
usato nello studio è pari a 15.000 IR £.<br />
In Tab. 6.28 si riportano i risultati ottenuti nello studio a questo proposito.<br />
Tabella 6.28 - FTE per tipologia di attività e per fascia di distanza dal centro<br />
Attività Attività<br />
economica<br />
diretta<br />
(IR£) 1<br />
Manodopera<br />
assunta a tempo<br />
indeterminato<br />
Macchinari con<br />
operatori (di<br />
proprietà)<br />
Manodopera<br />
assunta a<br />
contratto<br />
Fascia<br />
FTE<br />
2<br />
Fascia Fascia Fascia Fascia Fascia Totale<br />
A B C D E F<br />
≤20 >20≤40 >40≤60 >60≤80 >80≤100 >100<br />
miglia miglia miglia miglia miglia miglia<br />
126.689 8,58 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 8,58<br />
12.790 0,13 0,10 0,00 0,00 0,00 0,00 0,23<br />
98.334 7,41 0,31 0,29 0,00 0,00 0,00 8,19<br />
Macchinari con<br />
operatori (a<br />
contratto)<br />
180.810 2,48 0,38 0,00 0,00 0,00 0,00 2,97<br />
Management 380.479 4,43 4,83 0,00 0,00 0,00 0,00 9,26<br />
Utilizzazioni 1.055.819 22,81 0,92 3,25 0,25 0,00 0,00 27,43<br />
Trasporto<br />
legname<br />
529.752 0,96 0,10 0,19 0,73 0,63 0,02 6,62<br />
Lavorazione 2.683.973 38,47 4,91 7,51 5,29 0,00 56,18<br />
Totale 5.068.646 89,25 6,64 8,63 8,49 5,92 0,53 119,46<br />
Percentuale 75% 6% 7% 7% 5% 0% 100%<br />
1 Spese generali e di materiali escluse<br />
2 Fasce concentriche che si irradiano dal centro dell’area di studio<br />
Fonte: nostre elaborazioni su dati di Crowley et al. (2001)<br />
173
Come si può vedere l’impiego diretto nelle attività di gestione, utilizzazione e<br />
lavorazione è stato stimato essere pari a circa 119 FTE nel 1996. Inoltre, risulta<br />
evidente che il 75% di tali FTE, ovvero del lavoro diretto, è concentrato in un’area<br />
di 20 miglia di raggio dal centro dell’area di studio.<br />
Se si effettua un paragone tra i dati reperiti in letteratura, si può vedere che la<br />
Epping Forest e il Parco Nord Milano hanno in media valori simili di FTE per<br />
ettaro, essendo 0,03 nel primo caso e 0,04 nel secondo. Nel West Ham Park il<br />
valore è consistentemente diverso, essendo pari a 0,65 FTE/ha. Questa differenza<br />
può essere spiegata considerando che in questo parco è presente un giardino<br />
ornamentale di circa tre ettari che richiede sicuramente più FTE per essere<br />
mantenuto. Un risultato altrettanto diverso, invece, si ottiene nel caso della foresta<br />
Ballyvourney, per la quale si ha un valore di 0,003 FTE/ha (considerando un’area<br />
di raggio peri a 20 miglia, ossia circa 325.300 ha). Questo valore molto più basso<br />
deriva sicuramente dal fatto che si tratta di una foresta vera e propria, e non di<br />
un’area forestata in un parco.<br />
e. Il lavoro nella selvicoltura, Italia<br />
Nel corso di studi specifici riguardanti il settore forestale sono stati calcolati i<br />
tempi di lavoro per l’apertura di buche (Tab. 6.29), per le cure colturali quali<br />
sarchiatura, ripulitura dalla vegetazione infestante, rincalzatura delle piantine, ecc.<br />
(Tab. 6.30) e per la realizzazione del rimboschimento (Tab. 6.31).<br />
Pendenza<br />
e<br />
accidentalità<br />
20-30%<br />
non acc.<br />
10 %<br />
non acc.<br />
30 %<br />
non acc.<br />
20-30 %<br />
non acc.<br />
20-30 %<br />
non acc.<br />
15 %<br />
non acc.<br />
10 %<br />
non acc.<br />
Tabella 6.29 - Numero di ore necessario per l’apertura meccanizzata di buche<br />
Tipo di terreno Mezzo<br />
meccanico<br />
Ex pascolo<br />
Media consistenza<br />
e profondità<br />
Incolto produttivo<br />
Media consistenza<br />
e profondità<br />
Incolto produttivo<br />
Media consistenza<br />
e profondità<br />
Incolto produttivo<br />
Media consistenza<br />
e profondità<br />
Ex seminativo<br />
Media consistenza<br />
e profondità<br />
Incolto produttivo<br />
Superficiale e ricco<br />
di scheletro<br />
Incolto produttivo<br />
Profondo e rel.<br />
Compatto<br />
174<br />
Buche aperte<br />
per ettaro<br />
Tipo e<br />
rapporto delle<br />
maestranze<br />
Mototrivella 2500 Comune<br />
Stagionale<br />
Trattore con<br />
trivella<br />
2500 Specializzato<br />
Stagionale<br />
Mototrivella 1495 Comune<br />
Stagionale<br />
Mototrivella 2000 Comune<br />
Stagionale<br />
Mototrivella 2000 Comune<br />
Stagionale<br />
Trattore con<br />
trivella<br />
Trattore con<br />
trivella<br />
Fonte: Benassi (1985) modificato<br />
2500 Specializzato<br />
Stagionale<br />
2000 Specializzato<br />
Stagionale<br />
Tempo<br />
effettivo di<br />
lavoro<br />
(h/ha)<br />
100<br />
39-40<br />
39-40<br />
63<br />
45-46<br />
78-79<br />
13-14
Tabella 6.30 - Numero di ore necessario per le cure colturali<br />
Condizioni del rimboschimento Ore/ha*<br />
Età del rimboschimento Diffusione vegetazione infestante<br />
2-3 anni Contenuta 44<br />
Notevole 80<br />
10 anni Contenuta 147<br />
Notevole 216<br />
* operazioni realizzate con mezzi manuali<br />
Fonte: Benassi (1985) modificato.<br />
Tabella 6.31 - Numero di ore necessario a rimboschire un ettaro di superficie<br />
Terreni In posizione facilmente accessibile e<br />
semipiano<br />
ambiente alpino appenninico<br />
Ex-coltivi di media<br />
consistenza e<br />
profondità, privi di<br />
asperità naturali, a<br />
tessitura omogenea<br />
e mediamente<br />
invasi dalla<br />
vegetazione<br />
infestante, con<br />
sviluppo contenuto<br />
Incolti produttivi<br />
superficiali da<br />
mediamente<br />
consistenti a forti,<br />
con vegetazione<br />
scarsamente diffusa<br />
e di sviluppo<br />
contenuto<br />
ore 104 per 1700 semenzali o<br />
trapianti/ha;<br />
ore 151 per 2000 semenzali o<br />
trapianti/ha<br />
ore 278 per<br />
2000<br />
semenzali/ha;<br />
ore 343 per<br />
2000 trapianti/ha<br />
ore 305 per<br />
2000<br />
semenzali/ha;<br />
ore 417 per<br />
2000 trapianti/ha<br />
Fonte: Benassi (1985) modificato<br />
175<br />
In posizione di media accessibilità e<br />
pendenza<br />
In ambiente:<br />
alpino appenninico<br />
ore 177 per<br />
2000 semenzali<br />
o trapianti/ha;<br />
ore 203 per 2000<br />
semenzali/ha;<br />
ore 251 per 2000<br />
trapianti/ha;<br />
ore 326 per 2000<br />
fitocelle/ha<br />
ore 321 per 2000 semenzali/ha;<br />
ore 433 per 2000 trapianti/ha;<br />
ore 512 per 2000 fitocelle/ha<br />
6.2.3. Metodologia basata su criteri e indicatori relativi all’occupazione<br />
Un altro sistema che può essere utilizzato per effettuare delle valutazioni relative<br />
alle opportunità occupazionali può essere quello che si basa sulla definizione di<br />
criteri e indicatori e sulla loro applicazione. Gli spazi verdi urbani possono essere<br />
concepiti come operanti in diverse dimensioni, tra le quali una è senza dubbio<br />
quella “socio-economica”. All’interno di tale dimensione si trova quella che può<br />
essere definita come “funzione lavoro” o “impiego” e che si vuole cercare di<br />
valutare.<br />
La valutazione può essere condotta tramite la definizione di opportuni criteri e<br />
indicatori 118 . Generalmente gli indicatori hanno tre obiettivi (Delft, 1997;<br />
Rotmans, 1997 in Goede et al., 2001):<br />
118 Per indicatore si intende una grandezza, empiricamente rilevabile e univocamente<br />
misurabile, attraverso la quale si può valutare un determinato fenomeno osservato.
1) semplificare: semplificano e rendono più immediatamente comprensibile<br />
l’informazione relativa a un fenomeno complesso;<br />
2) (quasi)-quantificare: quantificano l’informazione affinché il suo significato<br />
sia più prontamente evidente;<br />
3) comunicare: migliorano le modalità di comunicazione delle informazioni<br />
agli utenti.<br />
Come si è visto finora, la “funzione lavoro” riguarda sia le operazioni di impianto<br />
del sistema verde sia, e soprattutto, quelle di mantenimento, produzione, servizi<br />
complementari collegati (servizi di ristorazione, didattica, ecc.).<br />
Come suggerito in Goede et al. (2001), un criterio che può essere usato per<br />
quantificare l’impiego è il “livello di impiego nelle aree verdi urbane”, che fa<br />
riferimento al numero di lavori collegati alle aree verdi. Tale criterio assegna un<br />
valore positivo agli spazi verdi urbani se l’ammontare dei lavori è alto, se invece è<br />
basso è possibile che non sia disponibile una sufficiente estensione di spazio verde<br />
urbano oppure che vi sia poca attenzione nei suoi riguardi. In tabella 32 si trovano<br />
gli indicatori suggeriti.<br />
Tabella 6.32 - Indicatori di impiego e loro rilevanza in base alla scala<br />
(+ = rilevante; - = non rilevante)<br />
Indicatore Città Sito<br />
a) numero di “lavori verdi”<br />
interno esterno<br />
119 per km 2 di spazio verde urbano + + +<br />
b) numero di “lavori verdi” per fruitore dello spazio verde urbano + + +<br />
c) contributo dei costi totali relativi ai salari dei “lavori verdi” al reddito<br />
urbano complessivo<br />
Fonte: Goede et al. (2001)<br />
+ - -<br />
Come si può dedurre dall’analisi della tabella, gli input di cui è necessario<br />
disporre per calcolare tali indicatori sono, rispettivamente:<br />
- numero di “lavoratori verdi” impiegati a tempo pieno (FTE);<br />
- area totale (km 2 ) di spazio verde;<br />
- numero di “lavoratori verdi” impiegati a tempo pieno (FTE);<br />
- numero di fruitori dello spazio verde;<br />
- costi dei salari dei “lavoratori verdi” (€/anno);<br />
- reddito urbano totale (€/anno).<br />
Tali dati possono essere reperiti tramite misurazioni, raccolte dati relative al<br />
personale, stime, ecc.<br />
119 Con “lavori verdi” si intendono i lavori svolti nell’ambito delle aree verdi urbane e afferenti<br />
agli ambiti: sviluppo, manutenzione, controllo, servizi e didattica.<br />
176
6.3. Considerazioni finali<br />
Considerando il caso di sistemi verdi già a regime, gli impatti occupazionali<br />
associati alla presenza dell’area vegetata e/o boscata possono essere classificati in:<br />
diretti, indiretti e indotti. In particolare:<br />
1) impatti diretti: consistono nelle attività economiche generate direttamente<br />
dalla gestione delle foreste e dalle utilizzazioni del legname e degli altri<br />
prodotti;<br />
2) impatti indiretti: quelli originati da altre imprese che forniscono beni e<br />
servizi alla foresta e dalle imprese di lavorazione del legname e degli altri<br />
prodotti forestali;<br />
3) impatti indotti: consistono nella diversa capacità di spesa e di investimento<br />
generata dalla creazione di nuovi posti di lavoro e/o derivanti dall’aumento<br />
dei salari a seguito degli impatti 1) e 2).<br />
Naturalmente, come già segnalato, un aspetto che deve essere tenuto in debita<br />
considerazione è la dimensione spaziale ovvero va definita con buona precisione<br />
la zona all’interno della quale si misurano tali impatti. Infatti, allontanandosi dalla<br />
zona in cui si trova l’area vegetata o boscata, gli effetti in termini occupazionali<br />
ed economici andranno affievolendosi fino a divenire irrilevanti.<br />
Oltre a questo, un altro nodo fondamentale per la valutazione dei benefici<br />
occupazionali è il confronto con le opportunità lavorative che erano presenti<br />
nell’area prima della realizzazione dell’impianto (utilizzo del “With/without<br />
approach” – un tradizionale approccio nella valutazione economica dei progetti in<br />
cui si tiene conto dei mancati costi e ricavi dovuti alla realizzazione degli<br />
interventi). Ciò è fondamentale perché, per giudicare il progetto come positivo dal<br />
punto di vista occupazionale, è necessario che il numero di posti di lavoro e il giro<br />
d’affari collegato siano in grado di compensare gli eventuali posti persi legati ad<br />
attività precedentemente avviate nella zona e che non possono continuare<br />
ad esistere a seguito del cambiamento d’uso dell’area.<br />
177
Capitolo 7<br />
Nuove opportunità di reddito per gli agricoltori<br />
7.1. Introduzione<br />
Per quanto riguarda gli impatti sul settore primario, la realizzazione di 10.000 ha<br />
di sistemi verdi potrà comportare degli effetti significativi sui livelli di reddito<br />
delle imprese. Per cercare di stimare questi possibili effetti bisogna innanzitutto<br />
distinguere i due tipologie di operatori (vedi fig. 7.1):<br />
A) agricoltori che gestiscono terreni su cui realizzare i sistemi verdi previsti<br />
dal progetto;<br />
B) agricoltori che gestiscono terreni limitrofi a quelli su cui saranno realizzati<br />
i sistemi verdi.<br />
Figura 7.1 - Le due condizioni operative esaminate<br />
All’interno di queste due tipologie, gli agricoltori saranno ulteriormente soggetti a<br />
variazioni del reddito diverse tra loro, a seconda delle modalità con cui
parteciperanno o meno al progetto di impianto. Comunque, in linea del tutto<br />
generale, si ipotizza che gli impatti economici principali sul settore primario<br />
riguarderanno:<br />
A) i redditi diretti:<br />
- da attività agricole;<br />
- da attività forestali;<br />
- da interventi di manutenzione del territorio;<br />
B) i redditi indiretti:<br />
- da interventi di manutenzione del territorio;<br />
- da attività di agriturismo, ospitalità rurale, didattica ambientale.<br />
Oltre a questi impatti che riguarderanno in modo diretto i singoli agricoltori, va<br />
segnalato che vi saranno anche impatti a livello macro, ossia a scala regionale o di<br />
sistema. La possibilità di effettuare stime di variazioni a questo livello esula dalle<br />
possibilità della presente indagine, ma si ritiene opportuno perlomeno citare i<br />
principali ambiti coinvolti: le filiere (gli sbocchi di mercato dei prodotti/servizi), il<br />
regime idrico (disponibilità e qualità delle acque e quindi costo e accessibilità<br />
delle stesse 120 ), la viabilità/accessibilità (riguardante sia le aree ove saranno<br />
realizzati i sistemi verdi, sia quelle limitrofe).<br />
Il progetto di forestazione si inserisce del resto in un contesto nel quale la<br />
domanda di spazi verdi a scopi ricreativi (ma anche di riqualificazione<br />
ambientale) è in genere molto elevata visto l’elevato tasso di urbanizzazione delle<br />
aree interessate, e nel quale spesso – nello scenario business as usual - la<br />
convenienza dell’agricoltura convenzionale è a rischio e in diminuzione. Pertanto<br />
la possibilità di effettuare un’azione di conversione dei tradizionali indirizzi<br />
colturali agricoli in coerenza con le nuove iniziative di tipo turistico-ricreativo<br />
collegate ai sistemi verdi può avere effetti positivi sui margini di reddito degli<br />
operatori del settore.<br />
Nel seguito, nella prima parte dell’elaborato, si affronterà il caso A, ossia quello<br />
relativo alle variazioni del reddito degli agricoltori che gestiscono terreni su cui<br />
saranno realizzati i sistemi verdi. Nella seconda invece si valuterà il caso B,<br />
riguardante gli agricoltori che gestiscono terreni limitrofi (ossia confinanti o<br />
comunque connessi) a quelli su cui saranno realizzati i sistemi verdi.<br />
Per ciascuno di questi casi si cercherà dunque di fornire dei valori di<br />
riferimento per cercare di quantificare gli effetti sul reddito dell’agricoltura.<br />
Per semplicità si farà riferimento solamente al caso di aziende direttamente<br />
condotte dal proprietario del fondo.<br />
120<br />
Alcuni riferimenti a queste problematiche verranno effettivamente fatti nel capitolo relativo<br />
alla fitodepurazione.<br />
180
7.2. Variazione del reddito dell’agricoltura a seguito della<br />
realizzazione dei ‘sistemi verdi’<br />
Gli impatti sull’agricoltura vengono nelle pagine che seguono esaminati in<br />
relazione alle due condizioni operative precedentemente descritte.<br />
7.2.1. Variazioni del reddito degli agricoltori nei terreni su cui saranno realizzati<br />
i sistemi verdi<br />
L’effetto sul reddito sarà diverso a seconda della modalità con cui avverrà<br />
l’acquisizione e la gestione dei terreni da parte dell’organizzazione che si<br />
occuperà della realizzazione e del coordinamento del progetto 10.000 ettari di<br />
sistemi verdi.<br />
Possibili scenari<br />
Per poter formulare delle valutazioni relativamente alle possibili variazioni<br />
reddituali che la realizzazione del progetto offrirà agli agricoltori, a seguire si<br />
proporranno una breve descrizione generale della tematica e quindi le modalità e i<br />
risultati delle stime relative agli aspetti economici per ciascuno dei più probabili<br />
scenari di riferimento.<br />
In uno studio riguardante il Belgio, Moons e Rousseau (2007), definiscono cinque<br />
possibili meccanismi tramite i quali l’amministrazione può realizzare il proprio<br />
progetto di creazione di una determinata superficie di foresta:<br />
1) acquisto dei terreni agricoli a prezzo di mercato (con successiva<br />
forestazione);<br />
2) forestazione da parte dei tradizionali gestori dei terreni realizzata<br />
tramite accordi contrattuali e sussidi;<br />
3) combinazione di acquisto e sussidi per la forestazione;<br />
4) utilizzo di un sistema combinato di sussidi e disincentivi;<br />
5) forestazione dei terreni da parte di agricoltori o altri operatori di<br />
servizi selezionati tramite aste relative al livello di contributo pubblico<br />
per l’impianto e manutenzione.<br />
Nello studio viene solo citata, ma non affrontata, la possibilità offerta dalle<br />
procedure di esproprio in quanto ritenute eccessivamente onerose per<br />
l’amministrazione.<br />
Questi meccanismi sono indubbiamente quelli di più probabile applicazione anche<br />
nel territorio della Lombardia e pertanto sono qui descritti, con gli opportuni<br />
adattamenti del caso. Ciascuno di essi implica, naturalmente, effetti diversi sui<br />
livelli di reddito degli agricoltori.<br />
181
Caso 1. Acquisto dei terreni agricoli a prezzo di mercato<br />
In questo caso l’agricoltore vende il proprio terreno in base ad un accordo bonario<br />
con l’amministrazione, in genere superiore a quello che otterrebbe tramite<br />
esproprio. Egli quindi rinuncerà al reddito futuro derivante dall’attività agricola,<br />
che cesserà di svolgere, salvo nell’ipotesi in cui possa effettuare delle attività di<br />
contoterzismo sui terreni destinati a sistema verde.<br />
Caso 2. Forestazione del terreno agricolo a carico dell’agricoltore (che rimane<br />
proprietario del terreno) dietro pagamento di sussidi da parte<br />
del’amministrazione<br />
In questo caso l’agricoltore (proprietario) vedrà cessare il proprio reddito agricolo<br />
(ossia quello derivante dalla produzione convenzionale di prodotti agricoli o di<br />
allevamento) e i redditi collegati, ma riceverà, sulla base di un accordo<br />
contrattuale con l’amministrazione pubblica, dei sussidi per la conversione del<br />
proprio terreno in un bosco o altro sistema verde stabilito. Inoltre potrà percepire<br />
dei nuovi redditi derivanti dalla produzione forestale (variabili a seconda del tipo<br />
di impianto) e presumibilmente anche le esternalità positive connesse alla<br />
realizzazione dei sistemi verdi. Tra questi: tutela della biodiversità, fissazione del<br />
carbonio e altri valore di non uso, attualmente non internalizzati ma che nel futuro<br />
(vd. creazione di un mercato dei crediti di carbonio) potrebbero creare fonti di<br />
ricavi monetari.<br />
Caso 3. Acquisto dei terreni agricoli a prezzo di mercato e forestazione da parte<br />
dell’agricoltore dietro pagamento di sussidio<br />
Si tratta di una combinazione dei Casi 1) e 2). L’amministrazione pubblica può<br />
scegliere di applicare un sistema o l’altro a seconda della propensione o meno<br />
degli agricoltori ad accettare i sussidi o a vendere i terreni. Dal punto di vista del<br />
reddito degli agricoltori, a seconda della modalità scelta, le modifiche che<br />
subiranno saranno quelle descritte nei Casi 1) e 2).<br />
Caso 4. Sistema basato sulla forestazione dei terreni da parte dell’agricoltore<br />
dietro pagamento di sussidio oppure sull’imposizione di limitazioni e vincoli da<br />
parte dell’amministrazione in caso di rifiuto dell’agricoltore<br />
Applicando questo metodo l’amministrazione pubblica pagherà dei sussidi agli<br />
agricoltori che accettano di realizzare sistemi verdi nei loro terreni agricoli mentre<br />
imporrà vincoli e standard di gestione agli agricoltori non disponibili alla<br />
definizione di accordi contrattuali.<br />
In questo caso, quindi, gli agricoltori che decideranno di afforestare si<br />
troveranno nella situazione descritta nel Caso 2); quelli che continueranno<br />
182
l’attività agricola su terreni che l’amministrazione aveva stabilito dovessero essere<br />
destinati a sistema verde subiranno invece una diminuzione del reddito pari agli<br />
effetti dei vincoli e degli standard di gestione imposti.<br />
Caso 5. Sistema basato sulla forestazione da parte di agricoltori o altri operatori<br />
di servizi selezionati tramite tramite aste<br />
Gli agricoltori e altri operatori di servizi che gestiscono terreni agricoli<br />
(direttamente o per mandato) partecipano a un’asta al ribasso organizzata<br />
dall’amministrazione relativa al pagamento per gli interventi di forestazione e<br />
fanno la loro offerta relativa sia alle aree interessate che al contributo richiesto per<br />
imboschire determinati terreni agricoli. Sulla base delle offerte ricevute verrà<br />
definito il cluster ottimale di terreni da imboschire e l’amministrazione erogherà i<br />
sussidi proposti dai proprietari dei terreni che rientrano in questo cluster.<br />
In questo caso ogni operatore sarà libero di fare la propria offerta e, dal<br />
momento che il cluster dei terreni non è noto in anticipo ma viene determinato<br />
sulla base delle offerte ricevute, si assume inizialmente che le offerte di tutti gli<br />
operatori abbiano la stessa probabilità di essere scelte.<br />
Pertanto, gli agricoltori si troveranno in una situazione di variazione del<br />
proprio reddito sostanzialmente uguale a quella descritta per il Caso 2), con la<br />
differenza che il valore del sussidio ricevuto sarà quello che hanno proposto<br />
tramite offerta.<br />
Caso 6. Sistema basato sull’acquisizione tramite esproprio<br />
Come già anticipato, si tratta di un caso piuttosto irrealistico, dal momento che la<br />
convenienza per l’amministrazione a procedere per questa via è minima. Ad ogni<br />
modo, dal punto di vista del reddito degli agricoltori, la situazione è uguale a<br />
quella descritta nel Caso 1), tranne che per quanto riguarda il prezzo di acquisto<br />
del terreno. In questo caso infatti esso non corrisponderà al prezzo frutto di una<br />
libera contrattazione bensì all’indennità di esproprio.<br />
Prospettive economiche relative a ciascuno scenario 121<br />
Per quanto riguarda la stima economica degli effetti del progetto di forestazione<br />
sui redditi degli agricoltori, tra gli aspetti da non sottovalutare vi sono: la<br />
localizzazione e l’estensione delle aree sottoposte a imboschimento e la gestione<br />
dello smaltimento dei liquami.<br />
121 I valori economici indicati nelle stime derivano dall’analisi della letteratura disponibile.<br />
183
Essendo due questioni che riguardano tutti i possibili scenari presi in<br />
considerazione, vi si accenna brevemente a livello generale prima di affrontare<br />
l’analisi delle prospettive economiche specifiche per ciascuno dei due aspetti.<br />
Localizzazione ed estensione delle aree da imboschire. Si tratta di un aspetto<br />
importante in quanto diverso sarà il valore attribuibile a un’area a seconda che sia<br />
più o meno vicina a una foresta pre-esistente, a un’altra area di rimboschimento, a<br />
una zona urbana, ad un biotopo, o se sia un elemento fondamentale di un corridoio<br />
biologico. Inoltre naturalmente anche l’estensione della superficie utilizzabile<br />
avrà il suo peso dal momento che influisce sulle possibilità di rimboschimento:<br />
passando da un sistema a siepi, al pioppeto, alla foresta disetanea naturaliforme e<br />
multifunzionale, le possibilità di reddito, soprattutto per quanto riguarda le attività<br />
collaterali, sono estremamente diverse. E anche a parità di tipo di sistema verde,<br />
l’estensione della superficie può dare luogo a notevoli differenze (ad esempio nel<br />
caso delle foreste disetanee multifunzionali il valore ecologico è ritenuto crescere<br />
in modo assai consistente una volta che sia superato il valore-soglia di 20 ha).<br />
Gestione dello smaltimento dei liquami. Questo aspetto può avere<br />
occasionalmente un peso importante nella pianificazione del sistema verde e,<br />
quindi, nei redditi degli allevatori. In linea di massima, si assume che le aziende<br />
zootecniche con bovini siano in grado di smaltire le deiezioni animali<br />
distribuendole su terreni agricoli (quindi che costi di smaltimento limitati) e che il<br />
problema sorga invece per le aziende con allevamento di suini. Si può considerare<br />
che, approssimativamente, il costo di spargimento dei liquami nei campi<br />
equivalga al suo costo di trasporto. In Moons e Rousseau (2007) si ipotizza che il<br />
costo di un viaggio di un trattore trasportante 10 tonnellate di liquame sia pari a<br />
12 o 14 € 122 . Nel caso di riforestazione del terreno dell’azienda agricola su cui<br />
prima si smaltivano i liquami verrà a mancare questa possibilità di smaltimento<br />
per gli allevatori che si troveranno probabilmente nella situazione di dover<br />
sostenere i costi di smaltimento dei liquami, quantificabili in 12 €/tonnellata,<br />
tramite processo industriale (Moons e Rousseau, 2007). In alcuni casi questo<br />
comporta una decurtazione significativa del reddito netto per gli agricoltori.<br />
Caso 1. Acquisto dei terreni agricoli a prezzo di mercato<br />
Il proprietario agricolo che venderà il proprio terreno avrà un ricavo pari al prezzo<br />
di vendita. I valori fondiari medi di un ettaro di terreno agricolo in Italia stimati<br />
dall’INEA sono riportati nella Tab. 7.1.<br />
122 Valore ricavato considerando un consumo di 0,5 l/km, un prezzo del diesel pari a 0,3 €/l,<br />
che la somma degli altri costi sia pari a 1,05 €/km e che la lunghezza del viaggio medio sia di 10<br />
km (Moons e Rousseau, 2007). Questi valori sono stati calcolati nel 2000, volendo effettuare una<br />
minima attualizzazione al 2007 va considerata quanto meno una variazione nel prezzo del gasolio<br />
agricolo che al luglio 2007 si aggirava attorno agli 0,7 €/l. In questo caso il costo di un viaggio<br />
(mantenendo inalterati gli altri valori) sarebbe pari a 14 €.<br />
184
Tabella 7.1 - Valori fondiari medi, minimi e massimi dei terreni agricoli in Lombardia<br />
a) Valori fondiari dei seminativi in Lombardia nel 2005 (in migliaia di €<br />
per ettaro)<br />
media min. max. Ettari<br />
Varese 32,3 15,8 87,0 8.590<br />
Como 27,5 13,7 84,0 10.936<br />
Sondrio 26,2 15,5 42,5 1.854<br />
Milano 36,4 22,8 87,4 122.299<br />
Bergamo 54,3 21,2 95,5 42.970<br />
Brescia 53,6 11,5 88,1 121.608<br />
Pavia 25,5 6,3 40,0 173.358<br />
Cremona 34,1 14,8 52,9 122.105<br />
Mantova 44,1 26,2 72,9 157.343<br />
Totale Regione 38,7 6,3 95,5 761.063<br />
b) Valori fondiari dei prati e pascoli in Lombardia nel 2005 (in migliaia di €<br />
per ettaro)<br />
media min. max. Ettari<br />
Varese 18,9 7,0 30,4 10.184<br />
Como 11,5 2,0 21,9 27.950<br />
Sondrio 6,2 1,0 30,6 90.936<br />
Milano 34,0 11,9 45,4 21.297<br />
Bergamo 17,7 8,9 51,1 60.552<br />
Brescia 14,5 4,4 59,0 67.015<br />
Pavia 15,1 4,6 22,8 4.830<br />
Cremona 26,5 11,4 28,4 15.246<br />
Mantova 42,8 16,2 50,0 10.185<br />
Totale Regione 15,5 1,0 59,0 308.195<br />
c) Valori fondiari dei frutteti in Lombardia nel 2005 (in migliaia di € per ettaro)<br />
media min. max. ettari<br />
Varese 12,6 10,8 13,6 64<br />
Como 34,3 21,4 40,6 80<br />
Sondrio 58,8 41,0 60,0 1.490<br />
Milano 35,9 32,5 41,3 194<br />
Bergamo 46,0 39,6 51,5 214<br />
Brescia 58,0 28,9 68,6 378<br />
Pavia 23,7 20,1 30,6 1.284<br />
Cremona 33,9 31,1 42,6 282<br />
Mantova 49,6 45,5 52,8 1.544<br />
Totale Regione 44,6 10,8 68,6 5.530<br />
Fonte: banca dati INEA sul mercato fondiario ( http://www.inea.it/progetti/bdfond.cfm )<br />
A seguito della realizzazione dei sistemi verdi l’agricoltore potrebbe subire i<br />
seguenti costi:<br />
185
• mancati ricavi (al netto delle spese) derivanti dalla produzione e vendita<br />
dei prodotti agricolo-zootecnici. Per dare un valore indicativo si ricorda la<br />
stima relativa al risultato lordo di gestione di una azienda agricola nel<br />
1999 pari a 7.099 € (vedi Tab. 7.2). Per il 2004, il risultato lordo di<br />
gestione (RLG) delle aziende agricole del nord Italia si è attestato<br />
mediamente tra i 15.000 € e i 30.000 € (vedi Tab. 3); dati più di dettaglio e<br />
aggiornati sui diversi indicatori di reddito per diversi ordinamenti<br />
aziendali possono essere ricavati dalla Rete RICA dell’INEA<br />
( http://www.inea.it/rica/index.html )<br />
Tabella 7.2 - Risultati economici delle aziende agricole<br />
Valore medio aziendale riferito al 1999 (€)<br />
Produzione 14.345<br />
Costi intermedi 6.025<br />
Valore aggiunto 8.320<br />
Costo del lavoro 1.143<br />
Margine operativo lordo 7.177<br />
Altri proventi netti 526<br />
Contributi sociali 604<br />
Risultato lordo di gestione 7.099<br />
Fonte: FIPE, 2003<br />
• eventuali mancati ricavi derivanti da attività economiche collegate alla<br />
vendita prodotti e servizi connessi ad attività turistico-ricreative-educativesportive.<br />
Una di queste è per esempio l’ agriturismo, attività per la quale la<br />
quantificazione del reddito derivante è assai difficile da standardizzare,<br />
poiché molto connessa alle specifiche condizioni operative delle aziende<br />
(l’offerta può andare infatti dalla sola ristorazione fino a pacchetti vacanza<br />
completi, passando per tutti i possibili livelli intermedi). Nel Box 1 si<br />
riportano alcuni dati indicativi relativi a tale attività;<br />
Tabella 7.3 - Aziende agricole e risultati economici per ripartizione geografica,<br />
anno 2004 (in euro)<br />
Nord-ovest Nord-est<br />
Produzione a 60.171 34.962<br />
- di cui fatturato 52.044 31.668<br />
Costi intermedi 26.495 16.222<br />
Valore aggiunto a 33.676 18.740<br />
Costo del lavoro 2.388 2.301<br />
Margine Operativo Lordo (MOL) 31.288 16.439<br />
Altri proventi netti 1.328 269<br />
Contributi sociali a carico di conduttore e familiari 1.934 1.305<br />
Risultato Lordo di Gestione (RLG) 30.681 15.403<br />
a Valori ai prezzi base<br />
Fonte: ISTAT, 2007 (rielaborata)<br />
186
Box 1. Agriturismo<br />
L’agriturismo, pur rimanendo un’attività di nicchia, è in crescita sia da un punto<br />
di vista complessivo (+ 9,3% rispetto al 2004) sia per quanto riguarda le<br />
singole tipologie: alloggi (+ 8,8%), ristorazione (+ 5,4 %), altre attività, quali<br />
equitazione, escursionismo, osservazioni naturalistiche, mountain bike, corsi e<br />
sport (+ 6,3%) (Inea, 2007).<br />
Con riferimento ai valori dichiarati dalle associazioni agricole, si stima che<br />
nel caso dell’attività agrituristica il ricavo medio per azienda ammonti a 87.000<br />
€ (FIPE, 2003).<br />
Si stima inoltre che il fatturato medio per azienda agrituristica sia cresciuto<br />
del 3,7% (Inea, 2007).<br />
Ristorante agrituristico, stima del possibile reddito ricavabile:<br />
Apertura annua (n. giorni) 150<br />
Coperti/giorno 50<br />
Coperti/anno 7.500<br />
Prezzo medio/coperto (€) 20<br />
Fatturato annuo (€) 150.000<br />
Fonte: Fipf 2003<br />
• mancati ricavi derivanti da esternalità positive connesse alla coltivazione<br />
agricola; dati di riferimento per queste esternalità vengono riportati in altre<br />
parti della presente indagine;<br />
• perdita di eventuali altri ricavi derivanti dal possesso del terreno.<br />
Caso 2. Forestazione del terreno agricolo a carico dell’agricoltore (che,<br />
proprietario del terreno, rimane tale) dietro pagamento di sussidi da parte della<br />
amministrazione<br />
L’agricoltore proprietario del terreno agricolo che decida di realizzare i sistemi<br />
verdi sul proprio terreno non avrà possibilità di disporre delle seguenti fonti di<br />
reddito:<br />
• il ricavo netto derivante dalla produzione agricolo-zootecnica<br />
(vedi Caso 1);<br />
• il ricavo derivante da eventuali sussidi all’attività agricola;<br />
• il ricavo derivante dalle esternalità positive connesse alla coltivazione<br />
agricola (vedi Caso1).<br />
L’agricoltore dovrà invece conteggiare:<br />
• delle spese per l’impianto e la gestione del soprassuolo forestato. Nel caso<br />
di un pioppeto Garcia Quijano et al. (2005) in Moons e Rousseau (2007)<br />
stimano che in media esse saranno pari a 99 €/ha per anno; nel caso di una<br />
foresta multifunzionale stimano si aggireranno attorno a 24 €/ha per anno.<br />
187
• Un ricavo pari al valore del sussidio erogatogli allo scopo<br />
dall’amministrazione. L’indennizzo proposto nel prossimo PSR 2007-2013<br />
della Lombardia (attualmente in fase di verifica per l’approvazione) è pari<br />
a 500 €/ha per il mantenimento di strutture vegetali lineari e fasce tampone<br />
boscate; a riferimento si possono prendere inoltre i premi proposti per la<br />
misura 221 “Imboschimento delle superfici agricole” (vedi Tab. 4).<br />
A questi sussidi si sommano, nel caso si realizzino impianti di Short<br />
Rotation Forestry (SRF) per la produzione di biomassa a fini energetici,<br />
anche i premi per le colture energetiche definiti pari a 45 €/ha.<br />
• Un ricavo netto derivante dalla produzione forestale. Garcia Quijano et al.<br />
(2005) stimano che in media un pioppeto (realizzato con i migliori cloni a<br />
disposizione e applicandovi i migliori schemi di gestione) può dare ricavi<br />
da vendita di legname pari a 202 €/ha per anno. Inoltre, per una foresta<br />
multifunzionale, si stimano in media un ricavo da legname pari a 5 €/ha<br />
per anno 123 .<br />
Un pioppeto per SRF si stima possa dare un ricavo compreso tra 135 e 832<br />
€/ha/anno (vedi Tab. 5) (Bergante e Facciotto, 2006).<br />
• Un ricavo derivante dalle esternalità positive connesse alla presenza del<br />
soprassuolo forestale. Alcune stime segnalano che in termini economici i<br />
benefici prodotti da un pioppeto possano consistere all’incirca in: caccia 8<br />
€/ha per anno (Moons et al., 2000, in Moons e Rousseau, 2007);<br />
ricreazione, non uso e valore ecologico 320 €/ha per anno (Drake et al.,<br />
1992, in Moons e Rousseau, 2007); fissazione di carbonio 292 €/ha per<br />
anno (Moons e Rousseau, 2007). Per una foresta multifunzionale, invece, i<br />
valori stimati si aggirano attorno a: caccia 15 €/ha per anno (Moons et al.,<br />
2000, in Moons e Rousseau, 2007); fissazione di carbonio 69 €/ha per<br />
anno (Garcia Quijano et al., 2005, e CIEMAT, 1999, in Moons e Rousseau,<br />
2007); altri benefici ecologici 52 €/ha per anno (Garrod e Willis, 1997, in<br />
Moons e Rousseau, 2007); valori di non uso 3.860 €/ha per anno (Moons<br />
et al., 2000, in Moons e Rousseau, 2007). Per le aree di studio analizzate,<br />
Moons e Rousseau (2007) hanno trovato valori ricreativi medi compresi<br />
tra 314 e 2.268 €/ha per anno.<br />
Dal momento che le nuove foreste verranno realizzate su terreni agricoli,<br />
le esternalità positive nette di queste foreste vanno paragonate al valore del<br />
corrente uso agricolo della terra (Moons e Rousseau, 2007).<br />
123 Questi valori risultano molto più bassi di quelli dei pioppeti dal momento che le<br />
utilizzazioni hanno luogo molto più tardi nel tempo (pioppeti: turni di 25 anni; foresta<br />
multifunzionale: turno di 150 anni prime utilizzazioni a 40 anni e successive ogni 10 anni) (Moons<br />
e Rousseau, 2007)<br />
188
Tabella 7.4 - Premi proposti nel PSR 2007-2013 Lombardia per la misura 221<br />
““Imboschimento delle superfici agricole”<br />
Tipologia Premio per<br />
Premio per<br />
manutenzione mancato reddito<br />
A – Boschi permanenti a scopo ambientale, 500 €/ha 700 €/ha in pianura<br />
paesaggistico o protettivo<br />
550 €/ha in collina<br />
290 €/ha in<br />
montagna<br />
B – Arboricoltura da legno a ciclo medio-lungo per 650 €/ha 550 €/ha in pianura<br />
la produzione di legno pregiato<br />
325 €/ha in collina<br />
150 €/ha in<br />
montagna<br />
Fonte: Gay, 2007<br />
Tabella 7.5 - Possibili produzioni e ricavi per impianti di SRF a fini energetici<br />
Modello SRF<br />
(ceduazione)<br />
Produttività<br />
(t/ha/anno)<br />
189<br />
Ricavo<br />
(€/ha)<br />
Prezzo di vendita<br />
In piedi Cippato<br />
15 €/t 20 €/t 30 €/t 45 €/t<br />
Biennale a<br />
9 (bassa) 135 180 270 405<br />
11 (media) 165 220 330 495<br />
18,5 (alta) 277,5 370 555 832,5<br />
Quinquennale b<br />
11 165 220 330 495<br />
a<br />
Turno di 12 anni di durata complessiva con ceduazioni ogni due anni (6 ceduazioni complessive)<br />
per 8.000 piante/ha (pioppo).<br />
b<br />
Turno di 15 anni di durata complessiva con ceduazioni ogni 5 anni (3 ceduazioni complessive)<br />
per 1.500 piante/ha (pioppo).<br />
Fonte: Bergante e Facciotto, 2006<br />
Caso 3. Acquisto dei terreni agricoli a prezzo di mercato e forestazione da parte<br />
dell’agricoltore dietro pagamento di sussidio da parte dell’amministrazione<br />
Per i benefici economici agli agricoltori che venderanno i propri terreni agricoli si<br />
veda quanto segnalato per il Caso 1.<br />
Per i benefici economici agli agricoltori che accetteranno di impiantare foreste<br />
sui loro terreni agricoli a cambio di sussidi si veda quanto detto a proposito del<br />
Caso 2.<br />
Caso 4. Sistema basato sulla forestazione dei terreni da parte dell’agricoltore<br />
dietro pagamento di sussidio oppure sull’imposizione di tasse da parte<br />
dell’amministrazione in caso di rifiuto dell’agricoltore<br />
In questo caso gli agricoltori che accetteranno il sussidio avranno dei benefici<br />
economici del tipo di quelli descritti per il Caso 2.<br />
Gli agricoltori che possiedono terreni che si ipotizza convertire in foresta ma<br />
che decidono invece di proseguire le coltivazioni agricole continueranno a<br />
mantenere tutti i ricavi netti da terreno agricolo (coltivazioni, attività economiche<br />
collegate e esternalità positive) ma saranno soggetti al pagamento di una tassa
proporzionale al numero di ettari di terreno che continuano a coltivare anziché<br />
forestare.<br />
Dalle valutazioni effettuate per lo specifico caso di studio nelle Fiandre, Moons<br />
e Rousseau (2007) ipotizzano un sussidio di 658 €/ha per l’impianto di foresta al<br />
posto dei terreni agricoli e una tassa di 225 €/ha per i terreni che continueranno ad<br />
essere mantenuti ad uso agricolo nonostante siano stati identificati<br />
dall’amministrazione come terreni da riforestare.<br />
Caso 5. Sistema basato sulla forestazione da parte dell’agricoltore o imprese di<br />
servizio dietro pagamento di un sussidio il cui ammontare è stato definito tramite<br />
asta<br />
Vale sostanzialmente quanto detto per il Caso 2. L’unica differenza sarà<br />
l’ammontare del sussidio percepito dall’agricoltore e del quale non è possibile<br />
stimare l’ammontare nemmeno a livello puramente teorico vista l’alta variabilità<br />
dei fattori condizionanti il calcolo del valore del sussidio.<br />
Caso 6. Sistema basato sull’acquisizione tramite esproprio<br />
Dal punto di vista dei benefici economici per l’agricoltore proprietario del terreno<br />
vale quanto detto nel Caso 1), con l’ovvia differenza che il prezzo che verrà<br />
pagato per il terreno agricolo sarà calcolato applicando (a seconda delle diverse<br />
situazioni) quanto stabilito dalla vigente normativa. Anche in questo caso<br />
ipotizzare delle stime è pressoché impossibile, data la grande variabilità delle<br />
condizioni operative. Ad ogni modo, a titolo puramente indicativo, il valore di<br />
riferimento è il Valore Agricolo Medio (VAM). Per il 2007 in Lombardia tale<br />
valore, nella maggioranza delle province, è compreso tra un minimo di 3.000 €/ha<br />
per incolto produttivo e un massimo di 136.500 €/ha per orto irriguo.<br />
7.2.2. Efetti indotti sul reddito degli agricoltori nei terreni limitrofi<br />
I coltivatori dei terreni che non saranno destinati alla conversione in foreste o altri<br />
sistemi verdi ma che si troveranno nella posizione di confinanti o a una limitata<br />
distanza da essi, avranno degli effetti indiretti sul proprio reddito dalla creazione<br />
delle nuove aree verdi. Tali impatti potranno essere significativi se l’attività<br />
dell’azienda si basa già, o verrà orientata, ad attività environmentally friendly<br />
collegate, o complementari, a quelle delle coltivazioni e allevamenti<br />
convenzionali. Si tratta di attività quali: agriturismo (ristorazione, ospitalità, ecc.),<br />
offerta di servizi ricreativi e culturali (escursionismo, educazione ambientale,<br />
visite a fattorie didattiche, ecc.), attività sportive (equitazione, tiro con l’arco,<br />
ecc.), vendita diretta di prodotti agricoli. Anche la conversione al biologico o il<br />
mantenimento di coltivazioni biologiche potrà avvantaggiarsi della vicinanza di<br />
190
sistemi verdi. Sarà, inoltre, più facile coinvolgere l’azienda di percorsi enogastronomico,<br />
escursionistici e culturali.<br />
Le aree interessate alla realizzazione di sistemi verdi sono in prevalenza periurbanie<br />
dove, in generale, la richiesta di spazi verdi per scopi ricreativi e così pure<br />
la disponibilità a pagare per tale ricreazione sono elevate.. In queste aree<br />
l’agriturismo, inteso nell’accezione più ampia del termine, è un’attività economica<br />
che riscuote notevole successo (si veda quanto già segnalato nel Box 1).<br />
Effettuando una rapida analisi delle proposte agrituristiche presenti on-line, è<br />
stato possibile individuare quali sono quelle maggiormente diffuse in Lombardia e<br />
quelle più innovative ancora da esplorare. A partire dalla più tradizionali le<br />
proposte principali sono:<br />
- ristorazione;<br />
- alloggio;<br />
- vendita diretta di prodotti dell’azienda agricola;<br />
- visite guidate:<br />
- a piedi;<br />
- in bicicletta;<br />
- a cavallo;<br />
- attività didattiche ( “fattoria didattica” 124 );<br />
- attrezzatura per congressi;<br />
- attività sociali (“fattoria sociale” 125 ).<br />
Come già anticipato in precedenza, si tratta di attività non standardizzabili, per le<br />
quali non esistono sistemi periodici valutazione dei ricavi né studi sistematici e<br />
dettagliati al riguardo.<br />
Per avere quantomeno un’idea indicativa dell’ordine di grandezza dei possibili<br />
ricavi, si è cercato comunque di reperire dei dati medi di quali siano i prezzi a cui<br />
tali servizi vengono venduti al pubblico (Tab. 7.6).<br />
124 Fattoria didattica: è una vera e propria azienda agricola che accoglie gruppi scolastici,<br />
famiglie e pubblico in genere. L’agricoltore stesso illustra ai visitatori il funzionamento delle<br />
attività aziendali, i meccanismi della produzione, la vita degli animali, ecc. Le attività delle fattorie<br />
didattiche consistono tipicamente in visite o altre iniziative di accoglienza e intrattenimento svolte<br />
nell’ambito dell’impresa agricola e condotte in appositi spazi e percorsi ricreativo-turistici.<br />
La fattoria didattica nasce dalla necessità di fornire un reddito supplementare per gli agricoltori<br />
e anche per creare un’occasione di contatto e comunicazione diretta tra agricoltori e cittadini.<br />
125 Fattoria sociale: è un’azienda agricola nella quale spazi e/o coltivazioni sono<br />
appositamente predisposti per la visita e il soggiorno di gruppi composti da operatori e persone<br />
svantaggiate. Costoro vi si recano per riflettere, comunicare e prendersi cura delle piante e degli<br />
animali. Il loro obiettivo principale è il miglioramento della condizione soprattutto psicologica<br />
delle persone. Esso viene strettamente legato alla riuscita dell’attività di “coltivazione” e rende<br />
pertanto fondamentale il ruolo dell’agricoltore.<br />
191
Tabella 7.6 - Prezzi medi delle principali attività agrituristiche<br />
Attività Prezzo<br />
Ristorazione da 15 a 30 €/persona<br />
Alloggio<br />
- stanza da 30 a 60 €/persona/notte<br />
- appartamento da 15 a 30 €/persona/notte<br />
Fattoria didattica da 4 a 8 €/bambino per mezza giornata<br />
da 8 a 15 €/bambino per una giornata intera a<br />
a il prezzo più alto riportato in genere include anche una lezione svolta in classe, oltre alla giornata<br />
in azienda.<br />
Per quanto riguarda le fattorie didattiche, è possibile dare qualche indicazione<br />
riguardante il grado di fruizione del servizio.<br />
Nell’anno 2003-2004 le 19 fattorie didattiche situate tra Forlì e Cesena hanno<br />
ospitato per i loro percorsi di educazione alimentare e ambientale 11.200 ragazzi e<br />
930 adulti. L’aumento rispetto all’anno precedente è stato del 33%. Le figure da<br />
7.2 a 7.4 illustrano il tipo di partecipanti, i periodi di visita più richiesti e il tipo di<br />
visita scelti dalla maggior parte dei visitatori.<br />
Figura 7.2 - Tipo di partecipanti<br />
Tipo di partecipanti<br />
8%<br />
39%<br />
15%<br />
7% scuola elementare<br />
scuola materna<br />
scuola media<br />
12%<br />
31%<br />
Fonte: elaborazione degli autori<br />
Figura 7.3 - Periodo di visita<br />
7%<br />
Periodo di visita<br />
81%<br />
Fonte: elaborazione degli autori<br />
192<br />
scuola superiore<br />
gruppi di adulti<br />
aprile-maggio<br />
ottobre-novembre<br />
febbraio-marzo
42%<br />
Figura 7.4 - Tipo di visita<br />
3%<br />
Tipo di visita<br />
193<br />
55%<br />
Fonte: elaborazione degli autori<br />
mezza giornata<br />
una giornata<br />
soggiorno di più giorni<br />
Per quanto riguarda la provincia di Ravenna, in tab. 7.7 si può vedere qual è stato<br />
negli ultimi anni l’andamento nel numero delle fattorie didattiche e degli allievi<br />
partecipanti alle visite.<br />
Tabella 7.7 - Fattorie didattiche della provincia di Ravenna<br />
Anno scolastico N° fattorie didattiche N° allievi<br />
2000-01 29 980<br />
2001-02 31 3.460<br />
2002-03 33 5.189<br />
2003-04 35 6.077<br />
2004-05 36 12.855<br />
Fonte: Santerini, 2007 (rielaborata)<br />
L’indicazione interessante che si può dedurre da questa tabella è il consistente<br />
incremento della domanda del servizio tra il 2000 e il 2005.<br />
Per il 2006, si calcola che in Italia fossero presenti 15.800 imprese agrituristiche<br />
che hanno realizzato un fatturato pari a 880 milioni di euro (Turismo e Finanza,<br />
2007). In termini molto generali, ciò comporta che mediamente ciascuna impresa<br />
ha un fatturato di circa 55.600 €.<br />
Dai dati riportati finora, si può dedurre che gli agricoltori che dovessero decidere<br />
di offrire servizi turistici, ricreativi, educativi, culturali e sportivi, o avessero già<br />
avviate tali attività e volessero potenziarle, avranno condizioni esterne collegate<br />
alla realizzazione dei 10.000 ha di sistemi verdi in grado sicuramente di<br />
consentire un aumento del reddito aziendale. L’aumento sarà, tuttavia, diversa da<br />
caso a caso.<br />
Oltre alle attività generatrici di reddito connesse all’offerta dei servizi turistici,<br />
ricreativi, educativi, culturali e sportivi, una ulteriore opportunità sia per gli<br />
agricoltori proprietari e coltivatori dei terreni limitrofi alle aree interessate ai<br />
diversi tipi di sistemi verdi sia per coloro che sono proprietari dei terreni<br />
rimboschiti (o eventualmente anche per coloro che lo erano ma hanno ceduto i<br />
terreni), vi è anche la possibilità dei ricavi da contoterzismo.
Nella sostanza, questi agricoltori potrebbero essere designati, dall’ente di<br />
realizzazione e gestione del progetto, come gli incaricati dell’esecuzione dei<br />
lavori agricoli e forestali necessari per l’impianto e la cura nel tempo dei sistemi<br />
verdi.<br />
Anche in questo caso la stima di questi possibili redditi è anch’essa difficile da<br />
effettuare non sapendo quali sistemi verdi verranno realizzati e quale sarà<br />
l’estensione di ciascuno di essi. Per avere indicazioni operative di riferimento può<br />
essere utile tenere in considerazione i dati medi dei prezziari per alcuni tipo di<br />
intervento agricolo-forestale. Ovviamente il reddito netto delle attività di servizio<br />
dovrà essere ricavato tenendo in considerazione il costo della manodopera, dei<br />
materiali e ( qualora siano incluse) delle attrezzature (ammortamento, i costi di<br />
manutenzione e assicurazione, i costi variabili), oltre alle tasse e imposte.<br />
A titolo di esempio nella Tab. 7.8 si riportano alcune delle voci più<br />
significative tratte dai prezziari reperibili sul sito dell’Associazione Provinciale<br />
Imprese di Meccanizzazione Agricola ( www.apima.it/ta_re.html).<br />
Tabella 7.8 – Dati sui servizi da contoterzisti riportati in diversi prezziari<br />
a). Prezziario del contoterzismo della regione Piemonte, relativo al 2005<br />
Lavorazione Prezzo<br />
Concimazione (prodotto fornito dall’agricoltore) 30,75 €/t<br />
Diserbo 44,00 €/ha<br />
Decespugliatore 39 €/h<br />
Escavatore meccanico con benne da 100 cm. 52,28 €/h<br />
Motolivellatore HP 140/160<br />
(con attrezzatura laser + 20%)<br />
52,28 €/h<br />
Scasso per impianti su terreno di struttura e giacitura media<br />
Profondità 70-80 cm<br />
467,40 €/ha<br />
Scasso per impianti<br />
578,00 €/ha<br />
Profondità 81-100 cm<br />
Trivellazione buche di 25 cm di diametro 0,54 €/cad.<br />
segue<br />
194
Continua tabella 7.8<br />
b) Prezziario del contoterzismo della regione Veneto, relativo al 2001<br />
Lavorazione Prezzo<br />
Aratura per terreni in pianura di medio impasto<br />
Profondità 30 cm<br />
Profondità 40 cm<br />
Profondità 50 cm<br />
195<br />
98,64 €/ha<br />
130,15 €/ha<br />
173,01 €/ha<br />
Aratura per terreni in collina e montagna pianeggianti Maggiorazione dello 05%<br />
Concimazione con spandiconcime a spaglio 22,21-27,89 €/h<br />
Decespugliatore 28,40-30,99 €/h<br />
Diserbo (con liquido fornito dall’agricoltore)<br />
normale<br />
normale con distribuzione volumetrica<br />
Erpicatura normale<br />
Con erpice a denti o a dischi non azionati a cardano:<br />
- con 1 passaggio<br />
- con 2 passaggi<br />
Con erpice rotativo azionato a cardano:<br />
- con 1 passaggio<br />
- con 2 passaggi<br />
Fori per impianto alberi<br />
Profondità massima 80 cm.<br />
Frangizollatura con trattore a ruote<br />
da 60-70 HP<br />
da 80-100 HP<br />
Frangizollatura ed estirpatura per terreni precedentemente arati<br />
da 100-120 HP<br />
da 130-150 HP<br />
22,47-26,60 €/ha<br />
28,40-30,99 €/ha<br />
28,40-32,02 €/ha<br />
39,25-43,90 €/ha<br />
61,97-65,59 €/ha<br />
91,41-96,58 €/ha<br />
0,48-0,55 €/cad.<br />
32,54-38,73 €/ha<br />
39,25-45,71 €/ha<br />
69,20-75,40 €/ha<br />
89,86-95,03 €/ha<br />
Levaceppi a strappo o con retroescavatore per terreni di medio impasto 1,63-1,83 €/cad.<br />
Livellamento terreni con trattrice a ruote e ruspa frontale<br />
da 100-130 HP<br />
da 130-180 HP<br />
Con laser aumento del 20%<br />
Scasso per terreni in pianura di medio impasto<br />
profondità 70-80 cm<br />
profondità 90 cm<br />
profondità 100 cm<br />
Segagione legna da ardere<br />
Senza spaccatura<br />
Con spaccatura<br />
c). Prezziario del contoterzismo della regione Toscana, relativo al 2005<br />
33,83 €/h<br />
44,67 €/h<br />
387,34-423,49 €/ha<br />
526,79 €/ha<br />
697,22 €/ha<br />
19,88-22,98 €/h<br />
31,5-34,09 €/h<br />
Lavorazione Prezzo<br />
Aratura andante a 60-70 cm su terreno boschivo 320,00 €/ha<br />
Apertura buche con mototrivella a mano (due operatori)<br />
Cippatura tronchi (sminuzzatura) su diametri inferiori a 15 cm<br />
40,00 €/h<br />
su prodotto asciutto e pulito<br />
57,50 €/h<br />
Decespugliatore a spalla 26,00 €/h<br />
Tagliatura siepi<br />
altezza fino a 120 cm<br />
altezza superiore a 120 cm<br />
23,50 €/h<br />
26,50 €/h<br />
In mancanza di informazioni di dettaglio sui sistemi verdi e sulle modalità di<br />
svolgimento delle operazioni di impianto e cura gestionale non ha senso effettuare<br />
delle simulazioni in termini monetari, ma il procedimento da applicarsi è<br />
relativamente semplice: una volta stabilite tutte le operazioni che il gestore
agricolo sarà incaricato di svolgere in qualità di contoterzista, per sapere a quanto<br />
ammonterà il reddito che ricaverà da questa attività aggiuntiva (o sostitutiva di<br />
quella agricola) sarà infatti sufficiente quantificare i tempi per lo svolgimento di<br />
tali operazioni oppure la superficie interessata e moltiplicarli per il prezzo unitario<br />
(€/h oppure €/ha) reperibile nel prezziario di riferimento. Una volta sottratte dalla<br />
cifra i costi e le ritenute fiscali, si otterrà il reddito netto per il contoterzista.<br />
Da ultimo è opportuno accennare al fatto che i gestori di terreni confinanti i<br />
sistemi verdi potranno avere presumibilmente un accesso più facilitato e/o un<br />
livello di contribuzione più elevato per le misure agro-ambientali definite nei<br />
Piani di Sviluppo Rurale.<br />
Di contro è anche presumibile che possano esserci, in casi sporadici, condizioni di<br />
maggiori costi diretti e indiretti all’agricoltura delle aree confinanti i sistemi verdi,<br />
quali i costi legali alla mobilità (condizione di congestione), danni alle<br />
coltivazioni da fauna selvatica (in genere oggetto di indennizzo da parte della<br />
Regione) e dal passaggio di visitatori.<br />
7.3. Considerazioni finali<br />
Come si è già segnalato nel corso del presente elaborato, non è possibile ottenere<br />
una stima analitica di quelle che saranno le opportunità di reddito per gli<br />
agricoltori prescindendo dalle diverse condizioni operative. In questa sede è<br />
possibile soltanto fornire indicazioni di massima e linee metodologiche per la<br />
stima degli impatti economici nel settore primario. Questi infatti dipenderanno in<br />
modo preponderante dalle modalità di acquisizione dei terreni e di gestione degli<br />
aspetti relativi alle operazioni di impianto e manutenzione dei sistemi verdi.<br />
Anche per quanto riguarda gli agricoltori delle aree limitrofe, le eventuali<br />
variazioni nel loro reddito, seppur non legate alle modalità di acquisizione dei<br />
terreni, sono comunque di difficile stima dal momento che dipenderanno dalle<br />
modalità specifiche in cui questi potranno essere coinvolti nella creazione e<br />
gestione dei sistemi verdi o dalle singole scelte imprenditoriali connesse all’avvio<br />
di attività environmentally friendly legate all’offerta di servizi turistici, ricreativi,<br />
educativi, culturali e sportivi. Tali attività risultano di difficile standardizzazione;<br />
in questo campo ogni generalizzazione è difficile dal momento che il successo di<br />
tali servizi dipende spesso proprio dalla capacità di trovare soluzioni originali e<br />
specifiche di collegamento dell’azienda con il proprio territorio.<br />
Il presente elaborato permette comunque di fare chiarezza su quali saranno nei<br />
diversi casi gli ambiti dai quali aspettarsi un aumento (o anche una diminuzione)<br />
dei redditi degli agricoltori e fornisce alcuni dati economici e le fonti informative<br />
utili per impostare una valutazione analitica.<br />
196
Capitolo 8<br />
Benefici per l’energia e l’industria<br />
8.1. Introduzione<br />
Indubbiamente i 10.000 ha di sistemi verdi, se opportunamente pianificati e<br />
gestiti, potranno mettere a disposizione una considerevole quantità di biomassa<br />
utilizzabile a fine energetico.<br />
L’effettivo utilizzo di questa, però, sarà soggetto all’acquisizione di un<br />
consenso dal punto di vista economico, ambientale e anche culturale:<br />
- economico: riguarda tutte le problematiche legate ai costi di installazione e<br />
manutenzione degli impianti e all’efficienza energetica delle tecnologie<br />
utilizzate (e utilizzabili), all’incertezza di fattori determinanti quali il<br />
prezzo del combustibile (proveniente da fonte rinnovabile e non),<br />
all’ammontare dei finanziamenti erogati per lo sviluppo delle fonti<br />
energetiche alternative;<br />
- ambientale: gli impianti devono convincere l’opinione pubblica del<br />
limitato impatto delle emissioni che rilasciano in atmosfera. Inoltre, si<br />
deve diffondere la consapevolezza che normalmente impianti di<br />
dimensioni consistenti (a biomassa vergine) sono meno impattanti di<br />
quanto lo siano i piccoli impianti che vengono invece attualmente accettati<br />
senza problemi dall’opinione pubblica;<br />
- culturale: è necessario disporre di risorse umane dotate di un adeguato<br />
livello di preparazione tecnica per l’effettiva realizzazione e gestione nel<br />
tempo delle tecnologie disponibili.<br />
Si ritiene ad ogni modo ragionevole supporre che il mercato energetico svilupperà<br />
quello della biomassa e quindi offrirà al mondo agro-forestale un’opportunità di<br />
diversificazione delle produzioni e dei ricavi.<br />
Nel presente elaborato non si prenderà in considerazione il caso della produzione<br />
di legname da opera. Infatti i sistemi verdi a realizzarsi solo in pochi casi saranno<br />
di tipo adeguato (impianti di arboricoltura con specie di pregio) per la produzione<br />
di tale genere di legname.
La filiera-legno industria verrà quindi presa in considerazione solo brevemente e<br />
in quanto generatrice di biomassa legnosa di scarto destinabile a fini energetici e<br />
non in quanto utilizzatrice di legname<br />
8.1.1. La filiera legno-mobile<br />
Allo stato attuale, si stima che la filiera bosco-legno lombarda consumi<br />
annualmente circa 4,5 milioni di metri cubi di legname e che solamente un terzo<br />
di esso (circa 1,5 milioni di metri cubi) provenga dalla Lombardia. I rimanenti due<br />
terzi arrivano da fuori e particolarmente dall’estero. Inoltre, 2/3 del quantitativo di<br />
legname di provenienza lombarda, provengono da impianti di pioppicoltura<br />
(Regione Lombardia Agricoltura, 2007). In particolare è il legname di pregio che<br />
arriva dall’estero, essendo esso più economico rispetto a quello di provenienza<br />
nazionale.<br />
Anche a livello italiano, il consumo di legname (prevalentemente per<br />
l’industria) è nettamente superiore alla produzione interna e le importazioni<br />
rimangono quindi fondamentali.<br />
I dati riportati nella tabella 1 mostrano la consistenza del comparto legnoarredo<br />
in Lombardia in termini di numero di aziende e addetti nei due principali<br />
settori coinvolti.<br />
Tabella 8.1 - Consistenza del comparto Legno-Arredo in Lombardia<br />
Lavorazione legno (tranne Produzione Totale Totale<br />
mobili)<br />
mobili aziende addetti<br />
Attive Tot. addetti Attive Tot.<br />
addetti<br />
Attive % Attive %<br />
Bergamo 991 3.412 144 835 1.135 14 4.247 14<br />
Brescia 1.022 3.417 145 798 1.167 14 4.215 14<br />
Como 511 1.759 412 2.899 923 11 4.658 15<br />
Cremona 259 1.287 28 84 287 3 1.371 4<br />
Lecco 256 883 39 207 295 4 1.090 4<br />
Lodi 133 456 17 35 150 2 491 2<br />
Mantova 382 2.636 30 183 412 5 2.819 9<br />
Milano 1.969 4.523 740 3.807 2.709 33 8.330 27<br />
Pavia 356 951 33 93 389 5 1.044 3<br />
Sondrio 326 1.048 3 11 329 4 1.059 3<br />
Varese 477 1.368 60 271 537 6 1.639 5<br />
Fonte: Riva et al., 2005<br />
Alla luce di questi dati si capisce come, in Lombardia, vi sia sicuramente un<br />
ampio margine per incrementare la produzione di legname, soprattutto in zone di<br />
pianura. In esse infatti i costi di utilizzazione rimangono generalmente più bassi<br />
che nelle aree montane e permettono al legname prodotto di essere, almeno in<br />
parte, competitivo con quello di provenienza estera.<br />
Nell’ambito delle produzioni industriali della filiera del legno-mobile, sia la<br />
percentuale di scarto rispetto al materiale grezzo sia le caratteristiche del residuo<br />
198
ottenuto sono molto variabili, soprattutto a seconda dell’attività svolta dalle<br />
imprese. Le ditte che producono mobili hanno una composizione degli scarti mista<br />
di legno massello e pannelli truciolati. Si considerano percentuali di scarto del 10-<br />
20% nella lavorazione del pannello truciolare e del 30% sul legno massello.<br />
Invece le aziende che producono sedie o oggetti intagliati producono unicamente<br />
scarti di legno massello non trattato in percentuali oscillanti tra il 30 e il 45%<br />
rispetto alla materia prima in entrata (Regione Lombardia Agricoltura, 2007).<br />
Il recupero a fini energetici degli scarti legnosi prodotti è pratica piuttosto diffusa<br />
nelle aziende di prima e seconda lavorazione del legno in Lombardia.<br />
La tecnologia che sfrutta la fonte rinnovabile biomassa a fronte di maggiori<br />
investimenti iniziali e oneri di gestione degli impianti consente di ottenere un<br />
risparmio in termini di combustibile che si ripete negli anni. In particolare, per le<br />
aziende che lavorano legno, il risparmio sul combustibile deriva dalla possibilità<br />
di:<br />
- risparmiare sul combustibile tradizionale (per lo più metano e gasolio)<br />
- eliminare o ridurre il volume di scarti da cedere a terzi per il recupero<br />
di materia, energia o per lo smaltimento.<br />
La combustione degli scarti comporta però maggiori oneri iniziali per<br />
l’investimento. Come esempio si possono considerare circa 20.000 € in più per<br />
l’opzione legno rispetto alla caldaia a gas per una potenza nominale installata di<br />
100 kW, ma per un impianto da 6 MW il costo sale a oltre 220.000 € (Regione<br />
Lombardia Agricoltura, 2007).<br />
8.1.2. La filiera legno-energia<br />
I sistemi verdi a realizzarsi nell’ambito del progetto “10.000 ha di sistemi verdi<br />
per la Lombardia” dovranno, per la maggior parte, assolvere svariate funzioni, tra<br />
le quali è prevedibile vi sarà soprattutto quella turistico-ricreativa. Questa<br />
funzione è in linea di massima conciliabile con l’utilizzo a fini energetici della<br />
produzione di biomassa legnosa dei diversi tipi di sistemi verdi realizzati.<br />
Per poter avere un’idea quantitativa della consistenza della filiera legno-energia in<br />
Italia, nelle tabelle 8.2, 8.3 e 8.4 sono riportate alcune cifre relative agli impianti a<br />
biomassa per la produzione di energia attualmente attivi.<br />
Tabella 8.2 - Impianti utenze domestiche in Italia<br />
Numero impianti 6.000.000<br />
Potenza installata (kW) 30.000.000<br />
Energia primaria (Mtep) 3,3<br />
Rendimento medio (%) 35<br />
Energia utile finale (Mtep) 1,2<br />
Fonte: Monni, 2006<br />
199
Tabella 8.3 - Impianti utenze industriali in Italia<br />
Numero impianti 1.500<br />
Potenza installata (kW) 3.000.000<br />
Energia primaria (Mtep) 1,1<br />
Rendimento medio (%) 70<br />
Energia utile finale (Mtep) 0,75<br />
Fonte: Monni, 2006<br />
Tabella 8.4 - Impianti teleriscaldamento in Italia<br />
Numero impianti 100<br />
Potenza installata (kW) 378.500<br />
Energia primaria (Mtep) 0,04<br />
Rendimento medio (%) 75<br />
Energia utile finale (Mtep) 0,03<br />
Fonte: Monni, 2006<br />
L’Italia, all’anno 2002, risultava essere il più grande importatore europeo di legna<br />
da ardere e scarti di legno (tab. 8.5).<br />
Tabella 8.5 - Importazioni italiane di biomassa legnosa nel 2002<br />
Formato Quantità importata Spesa<br />
(M$)<br />
Legna da ardere 600.000 m 3 25,5<br />
Carbone da legna 41.000 t 10,4<br />
Chips 1.330.000 m 3 19,8<br />
Scarti 820.000 m 3 21,7<br />
Fonte: FAO 2002<br />
8.2. Biomassa energia<br />
Prima di affrontare gli aspetti di carattere più prettamente economico legati alla<br />
produzione di biomasse legnose a scopo energetico, si ritiene utile fornire della<br />
indicazioni di base relativamente a: i tipi di biomassa, i combustibili ottenibili e le<br />
tecnologie per la produzione di energia, i tipi di filiera. Questi sono infatti tutti<br />
fattori di grande rilevanza per la determinazione di costi e ricavi dalla biomassa.<br />
8.2.1. Tipi di biomassa<br />
Con il termine biomassa si indicano tutti i materiali di origine biologica (esclusi<br />
quelli fossili) quali: residui agricoli, colture energetiche specializzate, residui<br />
forestali, scarti dell’industria agro-alimentare e di quella del legno, reflui degli<br />
allevamenti zootecnici e parti organiche dei rifiuti urbani.<br />
200
Si prenderà qui in esame solo il caso della biomassa di origine vegetale. Essa può<br />
essere classificata in tre macrocategorie principali (biomassa legnosa, erbacea,<br />
frutti e semi), con relative suddivisioni (tabb. 8.6, 8.7 e 8.8).<br />
BIOMASSA LEGNOSA<br />
Biomassa<br />
legnosa da<br />
arboricoltura e<br />
selvicoltura<br />
Sottoprodotti e<br />
residui<br />
dell’industria di<br />
lavorazione del<br />
legno<br />
Tabella 8.6 - Biomassa legnosa<br />
Alberi e arbusti<br />
interi<br />
Latifoglie<br />
Conifere<br />
Ceduo a turno di<br />
rotazione breve<br />
Tronchi Latifoglie<br />
Conifere<br />
Residuo di Fresco/verde (incluse<br />
potatura<br />
foglie e aghi)<br />
Secco<br />
Latifoglie<br />
Ceppaie Conifere<br />
Ceduo a turno di<br />
Corteccia da<br />
scortecciatura<br />
preindustriale<br />
Miscele e<br />
miscugli<br />
Residui di legno<br />
non trattato<br />
Residui di legno<br />
trattato<br />
chimicamente<br />
Miscele e<br />
miscugli<br />
Scarti fibrosi<br />
dell’industria<br />
della carta e della<br />
cellulosa<br />
Legno non trattato<br />
chimicamente<br />
Legno usato Legno trattato<br />
chimicamente<br />
Miscele e<br />
miscugli non<br />
trattati<br />
Miscele e<br />
miscugli trattati<br />
Miscele e<br />
miscugli<br />
rotazione breve<br />
Legno privo di corteccia<br />
Corteccia (da operazioni<br />
industriali)<br />
Legno privo di corteccia<br />
Corteccia (da operazioni<br />
industriali)<br />
Legno privo di corteccia<br />
Corteccia (da operazioni<br />
industriali)<br />
Legno privo di corteccia<br />
Corteccia (da operazioni<br />
industriali)<br />
Fonte: Regione Lombardia Agricoltura, 2002<br />
201<br />
Legno da giardini,<br />
siepi, alberature stradali<br />
Miscele e miscugli<br />
Miscele e miscugli<br />
Miscele e miscugli<br />
Legno da giardini,<br />
siepi, alberature stradali<br />
Miscele e miscugli<br />
Miscele e miscugli<br />
Miscele e miscugli<br />
Miscele e miscugli<br />
Miscele e miscugli
BIOMASSA ERBACEA<br />
FRUTTI E SEMI<br />
Biomassa erbacea da agricoltura<br />
e orticoltura<br />
Residui e sottoprodotti dalla<br />
trasformazione industriale di<br />
biomassa erbacea<br />
Tabella 8.7 - Biomassa erbacea<br />
Cereali Pianta intera<br />
Paglia<br />
Semi o<br />
202<br />
granella<br />
Erbe in genere Pianta intera<br />
Paglie<br />
Semi<br />
Oleaginose Pianta intera<br />
Steli e foglie<br />
Piante da radici Pianta intera<br />
Steli e foglie<br />
Leguminose Pianta intera<br />
Steli e foglie<br />
Floricole Pianta intera<br />
Steli e foglie<br />
Miscele e miscugli<br />
Residui erbacei non Cereali ed erbe<br />
trattati chimicamente<br />
Residui erbacei<br />
trattati chimicamente<br />
Miscele e miscugli<br />
Miscele e miscugli non trattati<br />
Miscele e miscugli trattati<br />
Fonte: Regione Lombardia Agricoltura, 2002<br />
Frutti da frutticoltura e<br />
orticoltura<br />
Residui e sottoprodotti<br />
dell’industria di lavorazione dei<br />
frutti<br />
Tabella 8.8 - Frutti e semi<br />
in genere<br />
Cereali ed erbe<br />
in genere<br />
Oleaginose<br />
Bacche e affini Bacche<br />
intere<br />
Polpa<br />
Drupe e affini Frutti interi<br />
Noci, nocule e acheni<br />
(frutta secca)<br />
Miscele e miscugli<br />
Residui di frutti non<br />
trattati chimicamente<br />
Residui di frutti trattati<br />
chimicamente<br />
Miscele e miscugli<br />
Miscele e miscugli non trattati<br />
Miscele e miscugli trattati<br />
Fonte: Regione Lombardia Agricoltura, 2002<br />
Polpa<br />
Frutto intero<br />
Gusci,<br />
tegumenti<br />
Bacche e<br />
affini<br />
Drupe e<br />
affini<br />
Bacche e<br />
affini<br />
Drupe e<br />
affini<br />
Lolle, gusci e<br />
affini<br />
Miscele e<br />
miscugli<br />
Gusci e affini<br />
Miscele<br />
emiscugli<br />
Semi<br />
Gusci e affini<br />
Tuberi, radici<br />
e affini<br />
Frutti<br />
Baccelli<br />
Semi<br />
Tuberi, radici<br />
e affini<br />
Tuberi, radici<br />
e affini<br />
Oleaginose e<br />
floricole<br />
Semi<br />
Noccioli<br />
Noccioli<br />
Noci, nocule<br />
e acheni<br />
(frutta secca)<br />
Noci, nocule<br />
e acheni<br />
(frutta secca)
La biomassa storicamente più usata per la produzione di energia, nonché quella<br />
che sarà più rilevante nell’ambito dei 10.000 ha di sistemi verdi, è la biomassa<br />
legnosa. Essa può essere reperita in forma di:<br />
- prodotto tal quale: ossia legna da ardere, ottenuta dal taglio di boschi e<br />
vegetazione arborea legnosa;<br />
- residuo di interventi forestali ed eventualmente anche agricoli (potature,<br />
pulizia dei boschi, diradamenti,…);<br />
- residuo derivante da processi di lavorazione del legname da opera;<br />
- rifiuto proveniente da particolari processi di lavorazione industriale (es.<br />
legname impregnato e/o incollato, multistrato, ecc) 126 .<br />
Le possibili provenienze della biomassa legnosa sono molteplici:<br />
- boschi d’alto fusto: dal momento che producono prevalentemente legname<br />
da opera di elevata qualità tecnologica, alla produzione di energia vengono<br />
destinati gli scarti della lavorazione e i residui degli interventi forestali;<br />
- boschi cedui: producono elevate quantità di legna di scarsa qualità<br />
tecnologica che viene prevalentemente utilizzata per la produzione di<br />
paleria o come combustibile;<br />
- arboreti da legno: possono essere di diverso tipo, dai pioppeti agli arboreti<br />
per la produzione di legname di pregio. A seconda dello scopo per il quale<br />
sono stati progettati potranno fornire prevalentemente legna a uso<br />
energetico oppure legname da industria (e in questo caso all’uso<br />
energetico verranno destinati solo i residui);<br />
- impianti di Short Rotation Forestry: realizzati appositamente per la<br />
produzione di biomassa ad uso energetico (oppure per l’industria cartaria,<br />
nel qual caso nullo sarà il prodotto disponibile per la produzione di<br />
energia);<br />
- vegetazione ripariale: comprende la vegetazione arborea e arbustiva che si<br />
sviluppa lungo i corsi d’acqua. Al fine della produzione di energia<br />
vengono in questo caso utilizzati i residui ottenuti dalle operazioni di<br />
manutenzione (potature, ecc.);<br />
- colture legnose agricole: si tratta di quelle coltivazioni di piante arboree<br />
(quali viti, olivi, alberi da frutto) che sono sottoposte regolarmente a<br />
potature. I residui di queste potature possono infatti essere impiegati per la<br />
produzione di energia;<br />
- verde urbano: comprende tutta la vegetazione (arborea e arbustiva)<br />
presente in un’area urbana (es. filari alberati, aiuole, vegetazione di<br />
giardini pubblici e privati). Per la produzione di energia vengono quindi<br />
usati i residui legnosi derivanti dalla manutenzione periodica di queste<br />
aree;<br />
126<br />
In questo caso lo smaltimento deve avvenire seguendo specifiche procedure e nel rispetto<br />
delle specifiche normative.<br />
203
- scarti e residui derivanti dalle lavorazioni del legno: interessanti sono<br />
quelli derivanti dalle prime lavorazioni del legno dal momento che<br />
consistono di materiale non trattato chimicamente e quindi riutilizzabile in<br />
forma di legna a pezzi, segatura, pellet, cippato;<br />
- rifiuti legnosi: si tratta dei residui prodotti dai processi secondari di<br />
trasformazione del legno e dai rifiuti legnosi recuperati tramite raccolta<br />
differenziata (vecchi manufatti quali mobili, paleria trattata, ecc.). La<br />
produzione di energia da tali rifiuti è però consentita solo in particolari<br />
impianti rispettanti la normativa vigente in materia.<br />
Lo schema riportato in figura 8.1 esemplifica chiaramente il percorso della<br />
biomassa legnosa.<br />
Figura 8.1 - Destini della biomassa legnosa<br />
Le linee continue indicano i flussi di prodotti principali, quelle tratteggiate indicano i flussi di<br />
residui e sottoprodotti.<br />
Fonte: Ciccarese et al., 2003<br />
La biomassa legnosa che viene utilizzata per la produzione di energia si presenta<br />
sostanzialmente in tre formati:<br />
a) Legna in pezzi. Consiste di pezzi lunghi 20-40 cm usati per l’alimentazione di<br />
camini, stufe e caldaie a carica manuale. Per le aziende agricole e boschive che<br />
lo producono questo formato sembra essere quello più remunerativo poiché non<br />
richiede grossi investimenti finanziari e garantisce un buon guadagno netto.<br />
Infatti tutte le operazioni necessarie (taglio, esbosco, depezzatura) si effettuano<br />
con macchinari e attrezzature normalmente già presenti in azienda.<br />
204
La legna, prima di poter essere utilizzata, dev’essere essiccata per ridurne il<br />
contenuto di umidità e aumentarne così il potere calorifico. Al momento del<br />
taglio il contenuto di umidità si aggira all’incirca su 60 %, per ottimizzare la<br />
combustione dev’essere ridotto al 25-30%. Attualmente la legna in pezzi ha<br />
sul mercato un prezzo di circa 12 €/q.<br />
b) Cippato di legno. Si tratta di scaglie lunghe circa 2-5 cm che vengono ottenute<br />
dallo sminuzzamento di ramaglie, scarti di potature e utilizzazioni e residui<br />
prodotti dalle industrie del legno. Dal momento che i macchinari richiesti per<br />
la cippatura non sono eccessivamente costosi, questo formato può fornire<br />
buone possibilità di reddito per quelle aziende (agricole e forestali) che hanno<br />
una buona disponibilità di residui legnosi.<br />
Il cippato è un combustibile impiegabile per l’alimentazione di caldaie di<br />
impianti di medie-grandi dimensioni a caricamento automatico.<br />
c) Pellet. È un combustibile che si presenta in forma di cilindretti di 1-2 cm di<br />
lunghezza per circa 0,6 cm di diametro. Questi vengono prodotti tramite un<br />
processo di compressione e pressatura di segature ricavate a partire da residui<br />
di segherie, corteccia, scarti provenienti da lavori agro-forestali (rami, residui<br />
di potatura, ecc.) e prodotti di legno a fine ciclo (mobili, imballaggi, ecc.).<br />
Per produrre questo tipo di combustibile, oltre alla disponibilità della<br />
materia prima è necessario anche poter effettuare investimenti economici<br />
consistenti che saranno comunque successivamente compensati dall’elevato<br />
valore aggiunto che il prodotto finito ha sul mercato.<br />
Il pellet è usato come combustibile per stufe e caldaie sia di piccola che di<br />
grande dimensione e a caricamento automatico.<br />
Attualmente è disponibile sul mercato a un prezzo di 0,30-0,40 €/kg (con un<br />
contenuto di umidità del 7-10%).<br />
8.2.2. Sistemi di produzione di energia da biomassa legnosa<br />
Gli impianti alimentati con biomassa legnosa si distinguono sia per le dimensioni<br />
che per il tipo di energia che producono.<br />
Dal punto di vista dimensionale vi sono tre categorie:<br />
- piccoli impianti: utili per una singola abitazione o per un nucleo<br />
plurifamiliare, la potenza installata arriva generalmente fino a 35 kW;<br />
- medi impianti: sufficienti per il riscaldamento di un nucleo rurale o di un<br />
edificio pubblico tipo biblioteca, scuola, ecc.; la potenza nominale va in<br />
questo caso da 40 kW a 1 MW;<br />
- grandi impianti: destinati normalmente al riscaldamento di edifici uniti tra<br />
loro da una rete di teleriscaldamento; la potenza nominale arriva in questo<br />
caso ad alcuni megawatt.<br />
205
Medi e grandi impianti consentono, rispetto a quelli piccoli, alcuni vantaggi: la<br />
possibilità di completa automazione, una resa calorica migliore, una riduzione<br />
elevata dell’immissione di CO2 in atmosfera, la riduzione dei costi gestionali<br />
(Denti et al., 2006).<br />
L’energia prodotta da un impianto a biomasse può essere energia elettrica o<br />
termica, oppure una combinazione di entrambe (si parla in tal caso di<br />
“cogenerazione”, va detto però che normalmente uno dei due tipi di energia<br />
prodotta prevale quantitativamente sull’altro).<br />
Il caso più diffuso è quello della produzione di energia termica (dal momento che<br />
interessa tutti i piccoli impianti).<br />
Quando le installazioni riguardano impianti di grandi dimensioni per il<br />
riscaldamento di più edifici, si parla allora di “teleriscaldamento”. A tale riguardo<br />
si stima vi siano attualmente una potenza installata complessiva di circa 200 MWt<br />
e un consumo di biomassa (in questo caso quasi esclusivamente cippato di legno)<br />
dell’ordine di 0,3 Mt di materiale al 40% di umidità. La tecnologia più diffusa si<br />
basa sull’impiego di caldaie a griglia mobile. Le perdite di rete sono dell’ordine<br />
del 10-15% (Riva, 2004).<br />
La produzione di energia utilizzando le biomasse prevede l’impiego delle seguenti<br />
tecnologie differenziate sulla base dei combustibili impiegati:<br />
- Caldaie a legna: adatte per riscaldare superfici fino a 500 mq, con potenze<br />
nominali di circa 35-40 kW. Sul mercato ve ne sono molte disponibili con<br />
potenze nominali da 10 a 200 kW. Il miglior rapporto prezzo/potenza si<br />
ottiene con caldaie di 35-50 kW.<br />
- Caldaie a cippato: adatte per gli impianti di medie e grandi dimensioni,<br />
anche per servire numerose utenze tramite una rete di teleriscaldamento.<br />
Le potenze nominali partono da 100 kW, il costo unitario di un impianto a<br />
cippato diminuisce al crescere della potenza della caldaia, fino ad arrivare<br />
al miglior rapporto prezzo/potenza a 750 kW (potenza che garantisce il<br />
riscaldamento di circa 20.000 m 3 , all’incirca 60 appartamenti).<br />
- Caldaie a pellet: offrono notevoli vantaggi sia rispetto alle caldaie a legna<br />
sia rispetto a quelle a cippato. Rispetto alle prime offrono il vantaggio di<br />
essere completamente automatizzate anche riguardo al caricamento del<br />
combustibile, rispetto alle seconde garantiscono un potere calorico<br />
superiore (pellet 4,8 kW/kg, cippato al 30% di umidità 3,4 kW/kg) e una<br />
più alta densità energetica (pellet 3.200 kW/m 3 , cippato circa 800 kW/m 3 ).<br />
Un altro vantaggio è il fatto di poter essere eventualmente convertite a<br />
gasolio semplicemente sostituendo il bruciatore.<br />
206
8.2.3. Tipi di filiera legno-energia per le imprese agro-forestali<br />
Antonini e Francescato (n.d.) affermano che in linea generale le imprese agroforestali<br />
possono ottenere adeguati livelli di remunerazione dalle filiera legnoenergia<br />
qualora essa si sviluppi secondo uno dei seguenti modelli:<br />
1) Filiera dell’autoconsumo: l’impianto termico (utile al riscaldamento<br />
dell’abitazione o dell’azienda) è alimentato con la biomassa legnosa (legna<br />
da ardere o cippato) prodotta dall’impresa stessa. Il vantaggio di questo<br />
modello consiste nel risparmio economico derivante dall’utilizzo della<br />
biomassa anziché dei combustibili tradizionali. Gli investimenti richiesti<br />
sono di piccola portata.<br />
2) Filiera della vendita della legna da ardere e del cippato: essa si basa sulla<br />
presenza nel territorio di impianti di piccola e media taglia (per il<br />
riscaldamento di edifici privati e/o pubblici) alimentati con legna da ardere<br />
o cippato. Le imprese agro-forestali locali possono quindi impegnarsi nella<br />
produzione di biomassa destinata a soddisfare la domanda, ottenendone un<br />
ricavo (variabile a seconda dei costi di produzione e del prezzo di mercato<br />
della biomassa).<br />
3) Filiera della vendita del calore: l’impresa agro-forestale realizza anche<br />
l’impianto di produzione dell’energia. In questo modo la biomassa legnosa<br />
che produce anziché essere venduta direttamente, viene utilizzata per la<br />
produzione di energia e sarà quest’ultima ad essere venduta all’utenza<br />
finale.<br />
8.3. Biomassa: disponibilità, consumo, produzione<br />
Secondo dati ISTAT del 1997 (in Ciccarese et al., 2003), in Italia sono stati usati a<br />
fini energetici all’incirca 5,1 M di metri cubi di legna, a partire da un totale di 8,9<br />
M metri cubi di utilizzazioni complessive di legname. La maggior parte di questa<br />
biomassa proviene da cedui (78,1%) mentre solo l’8,6% deriva da formazioni<br />
“fuori foresta” 127 (tab. da 8.9 a 8.11).<br />
Tabella 8.9 - Utilizzazioni a scopo energetico per forma di governo (valori in m 3 )<br />
Fustaie Cedui Cedui Totale Fuori Totale<br />
semplici composti<br />
foresta<br />
Lombardia 52.314 206.477 176.706 435.497 124.903 560.400<br />
Italia 680.870 3.345.218 671.771 4.697.859 441.977 5.139.836<br />
% 13,25 65,08 13,07 91,40 8,60 100,00<br />
Fonte: ISTAT – Annuario 2007 in Ciccarese et al., 2003<br />
127 Per utilizzazioni “fuori foresta” si intendono quelle provenienti da piante legnose forestali<br />
presenti su superfici < 0,5 ha e/o su superfici con piante aventi area di incidenza < 50% della<br />
superficie stessa e/o in filari con lunghezza inferiore a 10 m (oppure occupanti superfici < 0,5 ha).<br />
207
Tabella 8.10 - Utilizzazioni forestali a scopo energetico per tipo di bosco (valori in m 3 )<br />
Resinose Latifoglie Totale<br />
Lombardia 9.380 426.117 435.497<br />
Italia 301.162 4.396.697 4.697.859<br />
% 6,41 93,59 100,00<br />
Fonte: ISTAT – Annuario 2007 in Ciccarese et al., 2003<br />
Tabella 8.11 - Consumi di biomassa nelle famiglie<br />
Consumi (t/anno)<br />
Lombardia 2.966.934<br />
Italia 21.559.623<br />
Fonte: ISTAT – Annuario 2007 in Ciccarese et al., 2003<br />
La biomassa effettivamente consumata dalle famiglie proviene dalle utilizzazioni<br />
forestali e “fuori foresta”, dal settore agricolo, dagli scarti delle lavorazioni<br />
dell’industria del legno e dall’uso a fini energetici di prodotti legnosi a fine ciclo.<br />
Dai dati ufficiali disponibili non si possono però ricavare informazioni<br />
quantitative per quanto riguarda il settore agricolo e gli scarti della lavorazione<br />
industriale del legname. A proposito, invece, degli scarti dell’industria del legno si<br />
veda la tab. 8.12.<br />
Ripartizione<br />
territoriale<br />
Tabella 8.12 - Produzione di scarti legnosi nel settore dell’industria del legno<br />
Imprese<br />
(n)<br />
Addetti<br />
imprese<br />
(n)<br />
208<br />
Scarti legnosi (t/anno) per<br />
addetto<br />
Da 13,2 a 20,6 t/anno<br />
Italia nord-occidentale 11.887 46.462 613.298 957.117<br />
Italia nord-orientale 11.903 11.903 752.928 1.175.024<br />
Totale 48.776 170.227 2.246.996 3.506.676<br />
Fonte: Ciccarese et al., 2003<br />
La produzione annua di scarti legnosi da parte del settore dell’industria del legno<br />
è comunque stimata variare tra 2.246.996 e 3.506.676 t. La stima della<br />
componente effettivamente utilizzata per la produzione di energia varia tra<br />
382.000 t per anno e 2.279.00 t per anno. Tali scarti vengono normalmente<br />
reimpiegati nella stessa azienda per il riscaldamento dei locali e nel processo<br />
produttivo.<br />
A livello nazionale Ciccarese et al. (2003) hanno elaborato una sintesi<br />
relativamente a prelievi, consumi e disponibilità di biomasse legnose (tab. 8.13)
Tabella 8.13 - Sintesi delle stime sui prelievi, i consumi e la disponibilità di biomasse legnose<br />
Prelievi<br />
- prelievi di legna ad uso<br />
energetico<br />
- prelievi di legna ad uso<br />
energetico con il “fuori foresta”<br />
- prelievi di legna ad uso<br />
energetico con il “fuori foresta”<br />
Anno di<br />
riferimento<br />
Quantità<br />
(M t)<br />
Quantità<br />
(M m 3 )<br />
Equivalenti<br />
(M Tep)*<br />
Fonte<br />
1997 n.d. 4,70 1,07 ISTAT<br />
1997 n.d. 5,14 1,17 ISTAT<br />
2000 n.d. 6,05 1,37 n.s. stime<br />
su dati<br />
ECE/FAO<br />
Consumi di biomasse legnose a fini<br />
energetici<br />
-consumi domestici 1997 21,56 28,75 6,53 ENEA-<br />
CIRM<br />
-consumi nei forni a legna 2000 0,30 0,34 0,08 n.s. stime<br />
-consumi di scarti industriali 2000 0,38-2,28 0,46-3,50 0,10-0,79 n.s. stime<br />
Biomassa disponibile non utilizzata a<br />
fini energetici<br />
- biomassa di scarto derivante dalle<br />
lavorazioni forestali<br />
- esidui di potature delle coltivazioni<br />
arboree<br />
1997 n.d. 0,97-1,16 0,22-0,26 n.s. stime<br />
su dati<br />
ISTAT<br />
1997 9,60 12,80 2,90 n.s. stime<br />
su dati<br />
ISTAT<br />
-residui dalla pioppicoltura<br />
potature 1997 0,35 0,48 0,11 n.s. stime<br />
su dati<br />
ISTAT<br />
ceppaie 1997 0,21 0,28 0,06<br />
Prelievi potenziali<br />
-residui delle utilizzazioni delle<br />
fustaie<br />
1997 n.d. 5,65 1,28 n.s. stime<br />
su dati<br />
IFNI e<br />
ISTAT<br />
-utilizzazioni dei cedui 1997 n.d. 16,55 3,76 n.s. stime<br />
su dati<br />
IFNI e<br />
ISTAT<br />
-cure colturali 2000 n.d. 1-2 0,23-0,45 n.s. stime<br />
su dati<br />
ISTAT<br />
-utilizzazioni “fuori foresta”: filari 1999 0,35-0,56 0,47-0,75 0,11-0,17 n.s. stime<br />
su dati<br />
-utilizzazioni “fuori foresta”: piccole<br />
superfici boscate<br />
* nella stima si è assunto 1 Tep = 4,4 m 3<br />
Fonte: Ciccarese et al., 2003<br />
ISTAT<br />
1999 n.d. 0,07 0,02 n.s. stime<br />
su dati<br />
ISTAT<br />
Sulla base dei dati riportati in tabella 8.13, nonostante il grande livello di<br />
approssimazione insito nei dati stessi e derivante anche dal fatto che sono<br />
considerati diversi anni di riferimento, si può intuire come i consumi di biomasse<br />
legnose a fini energetici siano nettamente superiori ai prelievi.<br />
Come già detto all’inizio del presente elaborato, la domanda di biomassa<br />
legnosa è, e sarà, pertanto considerevole e offrirà buone possibilità di sviluppo per<br />
sistemi verdi in grado di produrne.<br />
Focalizzando l’attenzione su un’area geografica più ristretta quale quella<br />
lombarda, è stato possibile reperire i seguenti dati specifici per il distretto della
Brianza che è storicamente una delle più dinamiche e innovative aree industriali<br />
italiane (con 120.000 persone impiegate nell’industrie, delle quali il 12,5% lavora<br />
nei settori del legno e del mobile consistenti di quasi 3.000 imprese) (Riva, 2006).<br />
In quest’area delle 40.000 t di biomassa di legno vergine utilizzate ogni anno<br />
circa 10.350 t arrivano al settore dell’energia dall’agricoltura e dai parchi urbani.<br />
Una porzione importante della biomassa residua prodotta dal settore legnomobile<br />
(ammontante circa 68.000 t/anno) viene poi usata come combustibile nelle<br />
unità produttive stesse (Riva, 2006).<br />
Circa 108.000 t/anno di cippato entrano nel mercato e sono per la maggior parte<br />
usate nella realizzazione di pannelli di particelle, ma un surplus di circa 31.000<br />
t/anno alimenta il settore energetico (solitamente impianti localizzati al di fuori<br />
della provincia) (Riva, 2006).<br />
L’analisi sulla quantità di biomassa prodotta nella provincia di Monza e in<br />
Brianza e sulle attuali condizioni del suo mercato mostra che 41.500 t/anno di<br />
materiali legnosi localmente prodotti sarebbero disponibili per il riscaldamento<br />
all’interno del distretto (Riva, 2006). In tabella 14 sono riportate le diverse classi<br />
di biomassa per i diversi usi energetici e le rispettive quantità.<br />
Tabella 8.14 - Biomassa legnosa e relativa energia ricavabile in Brianza<br />
Classe t a.r./anno Umidità (%) GWh/anno<br />
BV a 10.350 40 24,4<br />
BT b 31.150 15 119,6<br />
Totale della biomassa legnosa 41.500 144<br />
a<br />
BV: biomassa legnosa vergine derivante dell’agricoltura, dalle foreste e dalla manutenzione del<br />
verde urbano.<br />
b<br />
BT: biomassa legnosa trattata proveniente dall’industria del legno, imballaggi e legno usato,<br />
qualche volta leggermente contaminata da composti chimici ma rispettante le normative vigenti.<br />
Fonte: Riva, 2006<br />
Per questa biomassa lo studio diretto da Riva (2006) riporta anche il valore in<br />
termini di prezzo (tab. 15).<br />
Tabella 8.15 - Prezzo della biomassa<br />
Biomassa Unità Valore (IVA esclusa)<br />
BV, umidità 40%, LHV 2,338 kWh/kg a.r. €/t 45<br />
€/MWh 19,251<br />
BT, umidità 25%, LHV 3,305 kWh/kg a.r. €/t 40<br />
€/MWh 12,104<br />
I prezzi si riferiscono al cippato consegnato all’impianto.<br />
Fonte: Riva, 2006<br />
8.3.1. Aspetti economici relativi al mercato delle biomasse<br />
I prelievi di legna per combustibile sono significativamente aumentati negli ultimi<br />
anni. Questo trend mette in evidenza come detto mercato sia in espansione se<br />
confrontato, invece, con quello della legna da opera che nell’ultimo decennio si è<br />
mantenuto costante per quanto riguarda le quantità utilizzate (Ciccarese et al.,<br />
2003)<br />
210
A causa dei fattori descritti qui a seguire (con rispetto al caso del cippato), dei<br />
veloci cambiamenti in atto nell’impiego delle biomasse legnose in Italia e dei<br />
ritardi nella creazione di osservatori di mercato e di sistemi di monitoraggio dei<br />
prezzi, il mercato delle biomasse legnose è caratterizzato ancora da scarsa<br />
trasparenza (tipica dei nuovi mercati in formazione e in rapida evoluzione).<br />
Inoltre, la mancanza di chiari sistemi di classificazione delle biomasse (e di<br />
assortimenti relativamente omogenei come il cippato), non favorisce il confronto<br />
delle quotazioni, non offre garanzie agli operatori economici e crea alti costi di<br />
transazione (Francescato et al., 2004 in Antonini e Francescato, n.d.).<br />
L’attuale mercato del cippato è caratterizzato da notevoli elementi di complessità<br />
e disomogeneità territoriale. Sostanzialmente (Francescato et al., 2004 in Antonini<br />
e Francescato, n.d.):<br />
- vi sono forti condizioni di competizione tra la destinazione per l’uso<br />
energetico e quella per altri impieghi (pannelli truciolari e produzione<br />
di paste a uso cartario);<br />
- il cippato è caratterizzato da costi di produzione molto disomogenei.<br />
Agli estremi ci sono il cippato proveniente da boschi impervi (quindi<br />
costi di produzione molto elevati) e la centrale elettrica che effettua un<br />
servizio di smaltimento del legno contaminato ricevendone in cambio<br />
un compenso;<br />
- notevole è la diversificazione degli utilizzatori finali, aventi anche<br />
diverse propensioni di spesa. La “disponibilità a pagare” per l’acquisto<br />
del cippato è, infatti, ben diversa tra i diversi settori energetici. Nel<br />
corso del 2003 sono stati rilevati prezzi di mercato nel range di 0-20<br />
€/msr 128 (tabella 16);<br />
- mancanza di forme contrattuali standardizzate che definiscano la<br />
qualità del combustibile e il suo prezzo in base al contenuto<br />
energetico 129 . Ad oggi il cippato è venduto a volume e spesso il minor<br />
prezzo non corrisponde necessariamente a un minor costo dell’energia<br />
ricavabile e quindi a un concreto risparmio complessivo per<br />
l’utilizzatore.<br />
128 Metro stero alla rinfusa (msr)<br />
129 Il contenuto energetico è valutabile in base al peso e al contenuto idrico (w%)<br />
211
Tabella 8.16 - Prezzi indicativi del cippato rilevati in alcune piazze italiane nel 2003<br />
Settore energetico Prezzo a<br />
Piccoli e medi impianti termici (< 1 MWt)<br />
- cippato da bosco<br />
- cippato da industrie del legno<br />
212<br />
(€/msr)<br />
Prezzo a<br />
(€/t c )<br />
15-20 60-80<br />
10-13 40-52<br />
Grandi centrali di teleriscaldamento (1-10 MWt) b<br />
7-10 28-40<br />
Cogeneratori e centrali elettriche (> 10 MWt) 0-5 0-20<br />
a<br />
escluso il trasporto che mediamente ha un costo pari a € 1/km con un camion da 90 msr<br />
b<br />
Impiego di legno non contaminato e proveniente per lo più dall’industria del legno<br />
c<br />
Ipotizzando che 1 msr equivalga mediamente a 0,25 t.<br />
Fonte: Francescato et al., 2004 in Antonini e Francescato, n.d.<br />
Il costo di produzione della biomassa di origine forestale (ossia il costo che<br />
dev’essere sostenuto dalle imprese agro-forestali che se ne occupano) è<br />
determinato per la maggior parte dai seguenti fattori:<br />
- costo di approvvigionamento in bosco del materiale legnoso (taglio,<br />
allestimento, esbosco, …);<br />
- trasporto;<br />
- stoccaggio.<br />
Per quanto riguarda i costi di trasporto e stoccaggio la variabilità è<br />
particolarmente alta, dipendendo essi da molteplici variabili (distanza di trasporto,<br />
automezzo impiegato, costo orario operai, ecc.). Per gli altri costi è invece<br />
possibile riportare dei valori medi indicativi relativi (tab. 8.17).<br />
Tabella 8.17 - Costi indicativi delle operazioni dei cantieri forestali<br />
Filiera produttiva Abbattimento e allestimento Esbosco Totale<br />
€/t €/t €/t<br />
Ceduo – taglio raso 14-20 11-15 25-35<br />
Interventi in fustaia 30-42 17-19 47-61<br />
Diradamento di fustaia 17-23 17-19 34-42<br />
Filari agricoli 12-14 16-18 28-32<br />
Fonte: Gelleti et al., 2006<br />
Sempre in letteratura è stato possibile ritrovare anche alcune indicazioni<br />
riguardanti i quantitativi di biomassa producibili, i prezzi e i costi di produzione.<br />
La tab. 8.18 mostra alcuni valori medi dei quantitativi di biomassa legnosa che<br />
possono essere ricavati da diversi tipi di sistemi verdi e i relativi costi.<br />
Tabella 8.18 - Principali modalità di produzione di biomasse legnose e costi dei<br />
combustibili ricavati<br />
Boschi Operazioni Filari SRF Sottoprodotti Raccolta<br />
cedui colturali<br />
industriali differenziata<br />
Produttività 2-3 t/ha/a n.d. 8-11 6-15 t/ha/a (1,5-1,8 coeff.<br />
n.d.<br />
t/100<br />
ml<br />
s.s. conversione)<br />
Prezzi (€/t) 40-60 n.d. 20-<br />
35<br />
n.d. 15-20 2,5<br />
Turni (anni) 12-25 Ogni 5-15 4-… 3-5 n.d. n.d.<br />
Fonte: Ciccarese et al., 2003, riadattato
Come già accennato precedentemente, la produzione di pellet a partire dalla<br />
biomassa richiede investimenti economici consistenti (a causa dei macchinari<br />
indispensabili per la realizzazione del prodotto) e pertanto non suole essere una<br />
attività di produzione scelta dalla aziende agro-forestali (particolarmente se di<br />
piccole dimensioni). Si ritiene comunque utile segnalare (tab. 8.19) quali siano<br />
indicativamente i costi di produzione del pellet.<br />
Tabella 8.19 - Costo di produzione del pellet in funzione della tipologia di materia prima<br />
Dimensione<br />
pellettificio<br />
Tipologia di<br />
biomassa<br />
Operazioni<br />
preliminari<br />
necessaria<br />
Costo della biomassa<br />
(€/t)<br />
Consumo energetico<br />
(kWh/t)<br />
Costo dell’energia<br />
impiegata (€/t)<br />
Valore impianto a<br />
nuovo (€)<br />
Valore impianto finale<br />
(€)<br />
Residui legnosi autoprodotti<br />
(segatura secca e trucioli)<br />
Impianto 1 Impianto 2 Impianto 3<br />
Piccola Media Grande<br />
213<br />
Acquisto differenti<br />
tipologie di biomassa<br />
Frantumazione Frantumazione,<br />
Essicazione<br />
Acquisto<br />
segatura<br />
asciutta<br />
-<br />
0 20 60<br />
110 200 110<br />
17,49 31,80 15,90<br />
146.000 1.320.000 2.000.000<br />
9.730 88.000 100.000<br />
Costo di<br />
ammortamento<br />
(€/anno)<br />
13.627 123.200 190.000<br />
Produzione annua (t) 400 6.000 25.000<br />
Costo di<br />
ammortamento (€/t)<br />
34,07 20,23 7,60<br />
Costo del personale<br />
4 15 12,10<br />
(€/t)<br />
Costo totale di<br />
produzione (€/t)<br />
55,53 87,03 95,60<br />
Fonte: Paniz e Pettenella, 2004, in Gelleti et al., 2006<br />
Il Comitato Termotecnica Italiano (CTI) indica poi un costo di produzione del<br />
pellet compreso tra 50 e 160 €/t contro un prezzo all’ingrosso compreso tra 110 e<br />
210 €/t e un prezzo al dettaglio tra 210 e 300 €/t (CTI, 2004, in Gelleti et al.,<br />
2006)<br />
Infine, per avere un’idea dei prezzi di mercato dei combustibili derivanti da<br />
biomasse (e del loro confronto rispetto ai combustibili di origine fossile) si<br />
rimanda alla tabella 8.20.
Tabella 8.20 - Prezzo unitario dei diversi combustibili disponibili sul mercato rapportati al<br />
potere calorico espresso in KWh<br />
Combustibile Prezzo unitario Potere calorico Prezzo KWh Prezzo 100 kWh<br />
Gasolio 0,96 €/l 10 KWh/l 0,096 €/KWh 9,6 €<br />
Gas liquido 1,59 €/kg 11,9 KWh/kg 0,133 €/KWh 13,3 €<br />
Gas metano 0,666 €/m 3 9,79 KWh/m 3 0,068 €/KWh 6,8 €<br />
Pellets 0,28 €/kg 4,8 KWh/kg 0,059 €/KWh 5,9 €<br />
Legna a pezzi (mista) 0,12 €/kg 4,32 KWh/kg 0,028 €/KWh 2,8 €<br />
Cippato (umidità 30%) 0,054 €/kg 3,40 KWh/kg 0,0158 €/KWh 1,58 €<br />
Fonte: Denti et al., 2006<br />
Oltre ai ricavi netti derivanti dalla differenza tra costo di produzione e prezzo di<br />
vendita sul mercato, si segnala che ulteriori possibilità di ricavo sono offerte della<br />
recente politica volta a stimolare la produzione di energia elettrica a partire da<br />
fonti rinnovabili. Ovviamente tali ricavi aggiuntivi riguardano solo il caso della<br />
produzione dell’energia dalle biomasse, e non la semplice produzione delle<br />
biomasse e la loro trasformazione in combustibile.<br />
Si stanno infatti iniziando a diffondere forme di incentivo basate su<br />
meccanismi di mercato (Certificati Verdi, CV, e Titoli di Efficienza Energetica,<br />
TEE, detti anche Certificati Bianchi) e credito fiscale. Si tratta di un settore nuovo<br />
e in cui i valori sono ancora in fase di definizione, tuttavia si riportano alcuni<br />
valori reperiti in letteratura (Riva, 2006):<br />
- Certificati Verdi (CV), valore di mercato (al 2005) di 108,92 €/MWh.<br />
La durata di base è pari a 8 ani, con un’estensione aggiuntiva di 4 anni<br />
a valore ridotto del 60%. I CV vengono anche dati per la produzione<br />
tramite cogenerazione usando combustibili tradizionali e ciò crea una<br />
forma di competizione non equilibrata.<br />
- Titoli di Efficienza Energetica (TEE), sono applicabili per il risparmio<br />
nell’uso finale del calore. La fonte energetica rinnovabile è considerata<br />
come un contributi libero, attualmente remunerato con 8,6 €/MWk con<br />
una durata di 5 anni.<br />
- Credito fiscale all’utente finale: consiste in un’importante (25,8<br />
€/MWh) ma aleatoria tariffa di sconto assegnata all’utente finale.<br />
All’incirca 10,3 €/MWh sono stabiliti per legge ma i rimanenti 15,5<br />
€/MWh sono confermati anno per anno.<br />
8.4. Casi di studio dalla letteratura<br />
Si è scelto di concentrarsi su casi studio relativi alla produzione di biomassa da<br />
sistemi verdi in aziende agricole poiché è probabile che questo sarà il sistema più<br />
comunemente messo in pratica nell’ambito del progetto “10.000 ha”. Anche<br />
qualora le operazioni di produzione non fossero affidate a aziende agricoloforestali<br />
private, le modalità organizzative saranno probabilmente molto simili e<br />
214
così anche costi e ricavi. È infatti altamente improbabile che parte dei 10.000 ha<br />
di sistemi verdi siano creati appositamente per la produzione esclusiva di<br />
biomassa a fini energetici (fatto che implicherebbe il raggiungimento di livelli<br />
produttivi ben diversi e l’uso di tecnologie specifiche per le utilizzazioni e,<br />
conseguentemente, anche differenti costi e ricavi).<br />
8.4.1. Caso di studio relativo a un’azienda della Pianura Padana (Guidi, 2006)<br />
L’analisi riguarda un’azienda agricola situata nella Lomellina (Lombardia) e<br />
comprendente 150 ha coltivati a cereali e foraggere e un allevamento di bovini da<br />
latte. È stato effettuato uno studio di fattibilità per convertire i terreni in<br />
coltivazioni di biomassa legnosa a rapido accrescimento.<br />
Il progetto ha previsto l’impianto di 140 ha con pioppo bianco (sesto d’impianto 3<br />
x 2 e cicli di campo di 5 anni). I dati relativi all’utilizzazione di circa 45 ha<br />
riportano i seguenti valori (tab. da 8.21 a 8.23):<br />
Tabella 8.21 - Costo di raccolta del pioppo<br />
Operazioni Costi<br />
(€/t)<br />
Cantiere di tipologia forestale, taglio e cippatura 10,00<br />
Trasporti aziendali 2,48<br />
Carico con pala 0,76<br />
Trasporto 6,00<br />
Totale 19,24<br />
Tabella 8.22 - Produzione di cippato a<br />
Quantità 92,00 t/ha<br />
Prezzo cippato reso 40,00 €/t + IVA 20%<br />
a Cippato con contenuto d’acqua medio pari al 50%<br />
Tabella 8.23 - Bilancio di coltivazione su ciclo di 5 anni<br />
(e per un impegno complessivo ventennale)<br />
€/ha per ciclo €/ha per anno<br />
Operazioni di impianto - 812,90 - 162,58<br />
Cure colturali - 1.214,00 - 242,80<br />
Costi di gestione aziendale - 1.286,00 - 257,20<br />
Costi di raccolta - 1.770,00 - 354,00<br />
Totale costi - 5.082,90 - 1.016,58<br />
Ricavi produzione di cippato (92 t/ha) + 3.680,00 + 736,00<br />
- 1.402,90 - 280,58<br />
Contributi PSR (misura H) + 5.400,00 + 1.080,00<br />
Ricavo finale + 3.997,10 + 799,42<br />
215
8.4.2. Caso di studio relativo alla produzione di biomassa legnosa a fini<br />
energetici in aziende agricole della provincia di Padova (Francescato et al.,<br />
2004)<br />
In questo studio sono state considerate 30 aziende agricole della provincia di<br />
Padova, così ripartite in tre zone territoriali: 10 aziende nei comuni dell’alta<br />
pianura padovana, 9 in quelli della zona centrale e 11 nei comuni della bassa<br />
padovana. In tab. 8.24 e 8.25 sono riportate la distribuzione per classi di superficie<br />
e gli indirizzi produttivi.<br />
Tabella 8.24 - Distribuzione del numero di aziende campione per classi di superficie<br />
Classe di superficie N° aziende agricole<br />
Sup. > 100 ha 2<br />
50 ha < sup. ≤ 100 ha 2<br />
25 ha < sup. ≤ 50 ha 9<br />
10 ha < sup. ≤ 25 ha 6<br />
5 ha < sup. ≤ 10 ha 9<br />
Sup. ≤ 5 ha 2<br />
Tabella 8.25 - Principali indirizzi produttivi delle aziende agricole campione<br />
Indirizzi produttivi N° aziende agricole<br />
Seminativi 26<br />
Allevamento zootecnico 14<br />
Viticoltura 14<br />
Colture foraggere (prati stabili) 8<br />
Agro-ambiente e forestazione 4<br />
Agriturismo 4<br />
Frutticoltura 3<br />
Colture orticole 2<br />
Maneggio 1<br />
In tutte le aziende tranne una vi sono apparecchi termici alimentati con legna da<br />
ardere che sono per lo più a rendimento termico medio-basso. Solo in quattro casi<br />
c’è una caldaia.<br />
Nella maggior parte dei casi l’uso della legna per il riscaldamento è integrato<br />
con quello di combustibili fossili (il 54% usa gasolio e il resto metano) mentre sei<br />
aziende usano esclusivamente legna.<br />
Il consumo di legna da ardere è riportato in tab. 8.26.<br />
Tabella 8.26 - Consumo di legna da ardere nelle aziende campione<br />
Zona territoriale Consumo medio<br />
(t/anno)<br />
Alta padovana 18,5<br />
Zona centrale 7,9<br />
Bassa padovana 10,4<br />
Media provinciale 12,5<br />
216
Nel 67% dei casi la legna derivante dalle siepi presenti in azienda è destinata<br />
esclusivamente all’autoconsumo e nel 70% dei casi la legna utilizzata negli<br />
apparecchi termici in azienda proviene esclusivamente dai sistemi arborei<br />
aziendali.<br />
I tipi di sistemi verdi presenti all’interno del campione di aziende sono riportati in<br />
tab. 8.27.<br />
Tabella 8.27 - Sistemi verdi presenti nel campione<br />
Tipo di sistema verde Estensione complessiva<br />
(ha)<br />
Bosco collinare 10,6<br />
Sistemi arborei a pieno campo (boschetti e arboreti da legno) 81,2<br />
Sistemi arborei lineari (siepi campestri e bande boscate) 76,8 km<br />
I sistemi verdi sono stati classificati secondo due criteri:<br />
1) possibilità di effettuare utilizzazioni razionali (mediante sistemi di<br />
meccanizzazione moderni ed efficienti) o irrazionali;<br />
2) capacità di produrre biomassa legnosa a uso energetico, tre le sottoclassi<br />
individuate:<br />
- prevalenza di specie arboree a massa volumica elevata (mve) idonee<br />
alla filiera della legna da ardere (robinia, platano, olmo campestre,<br />
frassino ossifillo);<br />
- prevalenza di specie arboree a massa volumica bassa (mvb) idonee alla<br />
filiera del cippato (salice bianco, pioppo nero, pioppo bianco, ontano<br />
nero);<br />
- prevalenza di specie arboree a massa volumica media (mvm) con<br />
composizione mista.<br />
Il 46% delle siepi (ca 34 km) risulta razionale, e di questo il 60% è del tipo mve,<br />
mentre il resto è mvb. Il restante 54% delle siepi (ca 40 km) risulta invece<br />
irrazionale. L’82% degli arboreti a pieno campo (ca 67 ha) risulta razionale e del<br />
tipo mve; mentre il rimanente 18% risulta irrazionale e necessita di interventi di<br />
miglioramento piuttosto intensi. I turni di taglio ritenuti più idonei sono di 5 anni<br />
per le siepi e di 10-15 anni per arboreti e boschetti. Nei sistemi razionali mve si è<br />
ipotizzato che il 70% della biomassa sia destinabile alla produzione di legna da<br />
ardere e il 30% a quella di cippato. Nei sistemi razionali mvm si è ipotizzato che il<br />
50% della biomassa sia destinabile alla produzione di legna da ardere e il 50% a<br />
quella di cippato. Nei sistemi razionali mvb si è ipotizzato che il 100% della<br />
biomassa sia destinabile alla produzione di cippato. Le produttività medie sono<br />
riportate in tab. 8.28.<br />
217
Tabella 8.28 - Produttività media a maturità dei sistemi arborei razionali<br />
Sistemi arborei Produttività min Produttività max Produttività media<br />
Lineari 4,2 t/100 ml 7 t/100 ml 5,4 t/100 ml<br />
A pieno campo 41,7 t/ha<br />
Boschi collinari 108 t/ha<br />
Potenzialmente, tutte le aziende potrebbero raggiungere l’autonomia nella<br />
produzione di energia termica e inoltre assegnare ogni anno una quota consistente<br />
della propria produzione legnosa alla filiera della legna da ardere e a quella del<br />
cippato.<br />
Estendendo i dati rilevati a scala provinciale e considerando che la superficie<br />
agricola è di circa 150.000 ha 130 , considerando i soli sistemi arborei lineari<br />
razionali, il comparto agricolo padovano potrebbe produrre ogni anno circa<br />
160.000 t di biomassa combustibile (circa 100.000 t di legna da ardere e 60.000 di<br />
cippato).<br />
Due cantieri sperimentali hanno consentito di determinare i costi di produzione<br />
(tab. 8.29), in particolare:<br />
a) Cantiere “Grantortino”: produzione di legna da ardere e cippato con<br />
finalità di autoconsumo e valorizzando le attrezzature presenti in azienda;<br />
siepe razionale di platano (Platanus acerifolia), 350 ml con polloni di 6<br />
anni;<br />
b) Cantiere “Villa Estense”: produzione di cippato con un livello intermedio<br />
di meccanizzazione, in una logica di attività per conto terzi e finalizzata<br />
alla commercializzazione del combustibile; siepe razionale di platano<br />
(Platanus acerifolia), 390 ml con polloni di 6 anni.<br />
Le tabelle da 8.30 a 8.32 riportano invece i dati relativi alle caratteristiche dei<br />
filari dei due cantieri a i rispettivi costi orari di manodopera e macchinari.<br />
130 Prendendo in considerazione i dati medi di densità e produttività, ossia: 100 ml di siepe per<br />
ettaro e 5,4 t ogni 100 ml, con turno di 5 anni.<br />
218
Tabella 8.29 - Costi di produzione dei due cantieri<br />
Cantiere Prodotto Operazione Voci di<br />
costo orario<br />
Grantortino Legna<br />
da<br />
ardere<br />
Villa<br />
Estense<br />
Abbattimento,<br />
allestimento e<br />
concentramento<br />
Manodopera<br />
(2 operai)<br />
Motosega<br />
Trasporto Manodopera<br />
(2 operai)<br />
Trattrice +<br />
carro<br />
Cippato Abbattimento Manodopera<br />
(2 operai)<br />
219<br />
t/h €/h €/t<br />
w =<br />
52%<br />
€/t<br />
w =<br />
35%<br />
0,46 27,04 58,78 70,8<br />
2<br />
2,2 40,61 18,46 22,24<br />
Prezzo<br />
di<br />
mercato<br />
€/t<br />
Totale 67,65 77,24 93,06 120<br />
Motosega<br />
Cippatura Trattrice +<br />
cippatrice (2<br />
operai)<br />
Cippato Abbattimento Gru +<br />
cesoia<br />
Naarva (1<br />
Carico,<br />
trasporto e<br />
scarico<br />
1,38 27,04 19,59 23,61 Cippato<br />
w =<br />
35%<br />
2,05 52,90 25,80 31,09<br />
Totale 79,94 45,40 54,70 65<br />
operaio)<br />
Gru + pinza<br />
+ trattrice (1<br />
operaio)<br />
Cippatura Trattrice +<br />
cippatrice (1<br />
operaio)<br />
3,2 49,56 28,31 34,10 Cippato<br />
w =<br />
35%<br />
4,5 41,02 9,12 10,98<br />
8,0 55,20 6,90 8,31<br />
Totale 145,78 44,32 53,40 65<br />
I costi di produzione (€/t) sono stati riferiti anche al contenuto idrico commerciale (w= 35%) e sono<br />
stati ottenuti dividendo i costi orari (€/h) di ogni singola operazione per la sua produttività oraria (t/h)<br />
Tabella 8.30 - Caratteristiche dei filari di prova dei due cantieri<br />
Grantortino<br />
Villa Estense<br />
(autoconsumo) (commercializzazione)<br />
Età (anni) 6 6<br />
Distanza ceppaie (m) 2,2 2,6<br />
Diametro medio a 1,3 m (cm) 8,2 8,8<br />
N° polloni per ceppaia<br />
Con Ø 1,30 > 5 cm<br />
5,5 6,4<br />
N° polloni per ceppaia<br />
12,3 13,6<br />
Con Ø 1,30 < 5 cm<br />
Contenuto idrico w (%) 53 51<br />
Massa volumica (kg/m 3 ) 1.193 -
Tabella 8.31 - Costo orario della manodopera e delle macchine – Cantiere Grantortino<br />
Costo<br />
(€/h)<br />
Manodopera 12,50<br />
Motosega 2,04<br />
Trattrice 15,13<br />
Cippatrice 12,77<br />
Rimorchio 0,48<br />
Tabella 8.32 - Costo orario della manodopera e delle macchine – Cantiere Villa Estense<br />
Costo<br />
(€/h)<br />
Manodopera 16,00<br />
Gru + cesoia Naarva 17,86<br />
Gru + pinza 8,96<br />
Trattrice 15,70<br />
Cippatrice 23,50<br />
Come si può vedere dai risultati esposti in tab. 8.29 il costo di produzione della<br />
biomassa legnosa ad uso energetico (sia in forma di legna da ardere che di<br />
cippato) nelle aziende agricole offre un buon margine di guadagno rispetto ai<br />
prezzi di mercato e rende quindi conveniente la produzione non solo ai fini<br />
dell’autoconsumo ma anche della vendita a terzi.<br />
8.4.3. Calcolo teorico della superficie forestale necessaria per riscaldare un<br />
edificio (Magnani e Cantoni, 2005)<br />
Si stima che per riscaldare un edificio siano mediamente necessari 30-50 kWh/m 3 .<br />
Prendendo in considerazione un fabbisogno medio di 40 kWh/m 3 per un<br />
edificio di 9.000 m 3 saranno necessari 360.000 kWh/anno. Considerando un<br />
potere calorifico medio del cippato (w = 25%) pari a 3,7 kW/kg ossia 750<br />
kWh/m 3 stero.<br />
Per riscaldare l’edificio saranno quindi necessarie 97,3 t di cippato. Ipotizzando<br />
che 1 m 3 di legna dia 620 kg di cippato (w = 25%), il fabbisogno di biomassa<br />
legnosa dell’impianto sarà di 155,7 m 3 /anno. Nel presente caso di studio si<br />
considera, per i boschi dell’Appennino, un dato di incremento medio di circa 4<br />
m 3 /ha per anno. Su questa base, per soddisfare il fabbisogno energetico servirebbe<br />
una superficie di bosco di circa 39 ha (tagli di utilizzazione). Riassumendo, per<br />
riscaldare a cippato un volume di 9.000 m 3 servirebbe il legname proveniente dai<br />
tagli di utilizzazione di all’incirca 39 ha di bosco.<br />
220
8.5. Conclusioni<br />
Alla luce delle considerazioni e dei dati riportati nei precedenti paragrafi, si può<br />
dunque vedere come effettuare delle valutazioni relativamente alle possibilità di<br />
reddito derivanti dalla produzione di biomasse legnose sia estremamente difficile,<br />
soprattutto a livello generale. Troppe infatti sono le variabili in gioco (dalla<br />
capacità produttiva dei diversi sistemi verdi, ai costi per la raccolta e la<br />
commercializzazione della biomassa, alla domanda di mercato tanto dei<br />
combustibili da fonti rinnovabili quanto di quelli fossili).<br />
Certamente il trend attuale della domanda di biomasse ad uso energetico è in<br />
crescita e quantitativi di biomasse aggiuntivi rispetto a quelli attualmente prodotti<br />
(a livello tanto nazionale come lombardo) saranno sicuramente assorbiti dal<br />
mercato.<br />
Non va tuttavia sottovalutato che i costi per la produzione di tali biomasse non<br />
sempre sono coperti dai ricavi (si veda ad esempio il caso di studio 8.4.1. nel<br />
quale il ricavo netto è positivo solo grazie agli introiti derivanti dai finanziamenti<br />
del PSR) e che valutazioni specifiche devono essere effettuate caso per caso.<br />
221
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Benefits in Southern Forest Management, Southern Journal of Applied<br />
Forestry, Volume 21, Number 4, 1 November pp. 180-186(7)<br />
Unità di misura energetiche usate nel testo<br />
• Kcal (chilocaloria) = quantità di calore necessaria a riscaldare in<br />
chilogrammo di acqua di un grado centigrado<br />
• kWh (chilowattora) = quantità di calore consumata da una piastra da<br />
cucina in un'ora<br />
• MW = Mega Watt<br />
• Tep = Tonnellata equivalente di petrolio<br />
236
Appendice
239<br />
Paper / luogo<br />
Krieger,<br />
2001,<br />
valori<br />
globali per<br />
foreste<br />
temperate<br />
(US<br />
1994$/acr<br />
e 131 )<br />
Pearce e<br />
Pearce<br />
(2001)<br />
VET<br />
131 Conversione 2.471 acri/ettaro<br />
Tabella A1 - Valori economici e paper in letteratura che contengono stime dei valori per diverse fra le tipologie indicate<br />
Legno<br />
Fuelwood/ charcoal<br />
Prodotti<br />
forestali non<br />
legnosi<br />
(funghi/ tartufi)<br />
Valori d’uso diretto Valori d’uso indiretto<br />
Informazione<br />
genetica<br />
Per l’agricoltura<br />
Farmaceutica<br />
Ricreazione/<br />
turismo<br />
Ricerca/educazione<br />
Culturale/ religiosa<br />
Segue<br />
Conservazione del<br />
suolo<br />
Water supply<br />
Watershed functions Cambiamento climatico<br />
globale<br />
10,1 20,2 n.a n.a 14,6 0,8 0,0-4,0 n.a. 0,0 1,6 35,6 n.a.<br />
-4000 to<br />
+700<br />
(NPV) a<br />
- small - 80 -10 to +50 90-400 ?<br />
Water quality<br />
Flood/ strom<br />
protection<br />
Fisheries protection<br />
Sequestro di<br />
carbonio<br />
Fissazione del<br />
carbonio<br />
Biodiver<br />
sità
240<br />
Continua Tebella A1<br />
Croitoru,<br />
2006,<br />
foreste<br />
mediterran<br />
ee (valori<br />
mostrati per<br />
Italia)<br />
Nunez,<br />
2006, Cile<br />
(foresta<br />
temperata)<br />
Starbuck et<br />
al, 2004,<br />
US<br />
132 Travel cost method<br />
173€ per<br />
ettaro, 73€<br />
pro capite<br />
36$ tutti I<br />
prodotti,<br />
Funghi<br />
principale 132<br />
20-50€ per ettaro<br />
anno, 8% TEV<br />
Per m3:<br />
0,025-<br />
0,066<br />
Per<br />
famiglia:<br />
5,8-15,4<br />
Per<br />
ettaro<br />
162-61<br />
$ più<br />
elevato<br />
in estate<br />
45-150€ per<br />
ettaro (50%<br />
TEV)<br />
1-60€ per<br />
ettaro<br />
Segue
241<br />
Continua Tabella A1<br />
Matero<br />
2006,<br />
Finlandia<br />
Raunikar,<br />
2006,<br />
Notaro,<br />
Paletti,<br />
Raffaelli,<br />
2003<br />
Lavazè<br />
forest in<br />
Trentino<br />
99,1 ettari<br />
Notaro<br />
Paletto,<br />
2004,<br />
Trentino<br />
825 milioni €<br />
(tutti i prodotti<br />
(97) delle<br />
foreste<br />
150 $ per<br />
anno per<br />
ettaro<br />
(costi<br />
opportunità)<br />
133 hydro-geological soil protection: valore preminente in foreste<br />
Turismo: 2700<br />
milioni€<br />
All nn timber<br />
services (xmas<br />
trees, piante,<br />
etc,,other<br />
recreational): 825<br />
(97 prodotti della<br />
foresta)<br />
WTP media: 2,64€<br />
(322-500€ per<br />
ettaro in base a<br />
stime delle visite)<br />
200<br />
Milioni<br />
€<br />
(nutrie<br />
nt<br />
retenti<br />
on)<br />
hydro-geological<br />
soil protection 133 :<br />
73-199€ per<br />
ettaro<br />
Da survey: range<br />
da 81 a 3377€<br />
per anno per<br />
ettaro<br />
Studio loro: 184€<br />
per ettaro<br />
Segue
242<br />
ContinuaTabella A1<br />
Gios e<br />
Goio<br />
(2005),<br />
commune<br />
di Oulx e<br />
Foreste<br />
friulane,<br />
Italia (€<br />
ha/anno)<br />
Merlo e<br />
Croitoru<br />
(2005)<br />
Gios e<br />
Goio<br />
(2003),<br />
Trentino<br />
Alto<br />
Adige,<br />
Italia<br />
Strange<br />
et al.<br />
(1999)<br />
254 € ha<br />
/ anno<br />
inclusi 3<br />
€/ha per<br />
valori di<br />
opzione,<br />
lascito e<br />
esistenz<br />
a<br />
0,323<br />
milioni<br />
di lire<br />
per<br />
ettaro/a<br />
nno<br />
40,01 e<br />
137,4<br />
33,48 e 27,9;<br />
pascolo = 2,7<br />
per Oulx;<br />
fauna<br />
selvatica =<br />
1,45 per Oulx<br />
81 €/ha 23 €/ha;<br />
pascolo =<br />
7€/ha<br />
2988 $/ha e<br />
3143 $/ha<br />
rispettivame<br />
nte per<br />
foresta<br />
paesaggisti<br />
ca e foresta<br />
ricreativa<br />
17,2 € e ,4 €<br />
per ha per<br />
anno<br />
rispettivament<br />
e per TAA e<br />
FVG<br />
a landscape, recreational and wildlife values<br />
b nation-wide average<br />
b consumer surplus by contingent valuation and travel cost methods<br />
55,16 e 158,9 183,28 e 1864,5<br />
(protezione<br />
idrogeologica)<br />
20 €/ha; caccia 8<br />
€/ha<br />
104<br />
€/ha<br />
(protez<br />
ione<br />
dei<br />
versan<br />
ti)<br />
7,36 e 24,9<br />
8 €/ha<br />
21885<br />
$/ha e<br />
22630<br />
$/ha<br />
(tasso<br />
di<br />
sconto<br />
annual<br />
e 2%)
243<br />
Tabella A2 - Valori economici e paper in letteratura che contengono stime dei valori per la funzione ricreativa/turistica e/o amenity, biodiversità<br />
oppure valori d’opzione, valori di esistenza o VET (valore economico totale)<br />
Paper/luogo<br />
Metodo<br />
Valori d’uso diretto Valori d’uso indiretto<br />
Ricreazione/ turismo Bio-diversità Amenity (locale)<br />
Valori d’opzione<br />
Krieger, 2001, valori globali<br />
per foreste temperate<br />
(US 1994$/acre 134 )<br />
Pearce e Pearce (2001) small 70?<br />
12-45<br />
Loomis et al (2003)<br />
Stati Uniti (3 stati)<br />
134 Conversione 2.471 acri/ettaro<br />
135 812.2 foreste tropicali.<br />
CVM<br />
Valori di<br />
esistenza<br />
VET (valore<br />
economico totale)<br />
122,2 135 $ per acro<br />
Programma di<br />
Riduzione rischio di<br />
incendio<br />
208-417$ per anno<br />
per famiglia<br />
Segue
244<br />
Continua Tabella A2<br />
Rekol & Pouta, 2005<br />
Finlandia<br />
Kooten et al., 2001<br />
Svezia<br />
(anno 1992)<br />
CVM Disponibilità a<br />
pagare per<br />
scenari<br />
certi/incerti:<br />
misura della<br />
avversione al<br />
rischio<br />
CVM<br />
Valori: hiking,<br />
funghi, crescita<br />
della foresta<br />
WTP più alta per<br />
scenario incerto;<br />
9,25 -13,29€<br />
Disponibilità a<br />
pagare per<br />
mantenere la<br />
foresta come ora<br />
nella visita<br />
effettuata<br />
3000-3500 sek<br />
annui<br />
Segue
245<br />
Continua Tabella A2<br />
Marangon & Tempesta,<br />
2004,<br />
Italia<br />
Gios e Goio (2003), Trentino<br />
Alto Adige, Italia<br />
Marangon e Gottardo<br />
(2001). Friuli Venezia Giulia,<br />
Italia<br />
Asciuto et al. (2004),<br />
Riserva/Bosco di Santo<br />
Pietro, Sicilia, Italia<br />
Tyrvainen, 2001, Finlandia<br />
Caparros et al., 2003<br />
Spagna, bosco di pini, 1966<br />
CVM<br />
CVM<br />
74-206 FIM per<br />
mantenere area:<br />
aggregato 0,28-<br />
1,79 milioni di<br />
FIM annui<br />
14€ mediana<br />
24€ media per<br />
anno/individuo<br />
CVM: 219-250€ per<br />
anno/individuo<br />
665,8€ per ha/anno;<br />
aggiungendo a questo<br />
valore i benefici<br />
estrattivi diretti (legno<br />
e prodotti sottobosco)<br />
si ottiene 722,6€ per<br />
ha/anno<br />
0,323 milioni di lire<br />
per ettaro/anno<br />
0,724 milioni di Lire<br />
per ettaro/anno<br />
712€-934€ per ha<br />
Segue
246<br />
Continua Tabella A2<br />
Kniivila, 2002,<br />
Finlandia 136<br />
Hanley et al., 1998, UK<br />
CE<br />
Knook, Moog, 2005, 483-<br />
607€/ha/anno<br />
(costi<br />
opportunità)<br />
Leppanen et al., 2005<br />
136 Paragone tra valori locali e regionali della preservazione<br />
113 mediana per<br />
anno individuo,<br />
289 la media<br />
(233 la locale)<br />
1.000.000€<br />
compensazione<br />
annua (costi<br />
opportunità per<br />
3% area da<br />
conservare),<br />
270.000 ettari<br />
CE:£38,15/famiglia/an<br />
no (tre attributi<br />
valutati: shape,<br />
species, felling: 13,<br />
17, 12£ media)<br />
Segue
247<br />
Continua Tabella A2<br />
Mill et al., 2006<br />
CVM<br />
Pouta, 2005 CVM<br />
Matero, 2006, Finlandia<br />
Garrod e Willis, 1997, UK<br />
CVM<br />
Tyrvainen, 2001, Finlandia 42-53 FIM 137 per uso<br />
un mese<br />
visita di 2 ore: 9-17<br />
FIM<br />
137 FIM (0,17€)<br />
“politica di<br />
cutting<br />
sostenibile”<br />
241-388 FIM per<br />
individuo<br />
MWTP 1%<br />
aumento<br />
dell’area: 0,11-<br />
0,44£ per<br />
individuo anno<br />
Valore conservazione<br />
su 19 caratteristiche<br />
(CVM), per foreste<br />
Mixed, natural, pine:<br />
38, 46, 27€ per<br />
individuo (WTP<br />
marginale)<br />
TEV (solo uso): 2659<br />
mil. €<br />
Segue
248<br />
Continua Tabella A2<br />
Boxall &<br />
Adamowicz, 1996,<br />
Canada<br />
Caparros et al., 2003<br />
Spagna, bosco di pini,<br />
1966 ettari<br />
CVM<br />
e CE<br />
Caccia ricreativa<br />
CVM 69$ per trip<br />
(“improvement<br />
population);<br />
3,46$ per trip CE<br />
CVM WTP media e<br />
mediana per visita:<br />
14€ 138<br />
Tempesta e Thiene, Italia 350€ per ha valore<br />
totale ricreativo 139<br />
Loomis, 2004 Hiking, 12-55$ per<br />
visita<br />
Scarpa et al., 2000,<br />
Irlanda<br />
(forete irlandesi)<br />
Holgen et al., 2000,<br />
Svezia<br />
1-1,50£ per<br />
visita 140<br />
1000-6000 sek<br />
valore totale<br />
annuo 141<br />
5% del prezzo<br />
immobili dopo<br />
un incendio<br />
138<br />
Results show that timber and recreation are, by far, the most relevant activities in the forest.<br />
139<br />
Sommando valori da TC e CVM.<br />
140<br />
½ milione di £ annuo senza non use values, valore scontato al 3% pari a 19 milioni di £.<br />
141<br />
Valore ricreativo in base a stand type e landscape, foresta boreale, area non specificata, 180000 persone come utenti. Metodo: costi opportunità.<br />
Segue
249<br />
Continua Tabella A2<br />
Christi, Hanley, Hyde, 2006,<br />
UK<br />
CE Valore incremantale<br />
8-23£ molto<br />
eterogeneo 10£<br />
medio 142<br />
Boxall & Adamowicz, 2004 3-21$ per trip 143<br />
Bennett, 1995, UK (Windsor<br />
forest, UK,1000 ettari)<br />
Hanley e Ruffel (1993),<br />
foreste britanniche<br />
Bennett (1995), 2 parchi<br />
nazionali australiani (Dorrigo<br />
e Gibraltar Range)<br />
Everitt (1983), Kauaeranga<br />
Valley, NZ<br />
Gillispie (1997), Budderoo<br />
National Park, Australia<br />
Willis e Garrod (1991)<br />
CVM WTP per visita<br />
(accesso) 1,11£ 144<br />
HTC e<br />
CVM<br />
5 £1990 per visita<br />
per famiglia; 2,19<br />
£1990 per visita per<br />
adulto<br />
TC 34 e 19 A$1995 per<br />
anno (valore attuale<br />
di visite future)<br />
TC 4,33 NZ$ per visita<br />
di gruppo (per<br />
veicolo)<br />
TC 28 e 44 AUS$1995<br />
(il secondo valore<br />
include il costo<br />
opportunità del<br />
tempo)<br />
TC 1,43-2,60 £ e 0,06-<br />
0,96 £ per persona<br />
per visita<br />
rispettivamente con<br />
TC zonale e TC<br />
individuale<br />
142 Presentano anche una survey della letteratura: 0,046-1.55£ per visita, Scarpa 2003: 1.6-2.78£; TC: 0.07-3.91£<br />
143 “loss of value of the trip from wilderness decrease”.<br />
144 tassa-donazione addizionale 14.25-26£<br />
Segue
250<br />
Continua Tabella A2<br />
Tempesta et al. (2002),<br />
Veneto e Friuli Venezia<br />
Giulia<br />
Lehtonen 2003, Finlandia<br />
Mansfield et al. (2005)<br />
Tyrvainen (1997), oensuu,<br />
Finalandia<br />
Tyrvainen e Vaananen<br />
(1998)<br />
48,3 €/ha e 357,2<br />
€/ha benefici<br />
ricreativi per gita<br />
60-233 per<br />
familia pr<br />
anno 145<br />
Impatto sul<br />
valore delle<br />
abitazioni di<br />
diverse tipologie<br />
di verde<br />
urbano 146<br />
HM Un aumento<br />
della distanza di<br />
100 metri da<br />
un’area<br />
ricreativa<br />
afforestata (da<br />
un corso<br />
d’acqua in area<br />
afforestata)<br />
diminuisce il<br />
prezzo di un<br />
appartamento di<br />
42 FIM al m2<br />
(154 FIM al m2)<br />
CVM 108-141 FIM per<br />
stagione<br />
11,240 – 37,360<br />
FIM/ha/anno<br />
145 Programma di conservazione della biodiversità.<br />
146 Valori incrementali. Una maggiore forest cover del 10% aumenta il valore di $ 800. tra le greenness variables, “adjacency to aprivate forest block” ha l’effetto<br />
maggiore, con un aumento del valore di $ 8000, su di un prezzo medio per immobile di 137630 $<br />
Segue
251<br />
Continua Tabella A2<br />
Tyrvainen e Miettinen<br />
(1998), Salo, Finalandia<br />
Powe et al (1997), New<br />
Forest, England<br />
Praestholm et al. (2002),<br />
foresta Drastrup<br />
(recentemente piantata),<br />
Danimarca<br />
McPherson et al. (1999),<br />
alberi in viali e parchi di<br />
Modesto e Santa Monica,<br />
California, USA<br />
McPherson e Simpson<br />
(2002), alberi in viali e parchi<br />
di due città californiane,<br />
Modesto e Santa Monica<br />
le abitazioni con<br />
vista sulla foresta<br />
urbana costano il<br />
44,9% in più delle<br />
abitazioni<br />
equivalenti senza<br />
vista mentre il<br />
valore delle<br />
proprietà decresce<br />
del 5,9%<br />
allontanandosi di un<br />
km dalla foresta<br />
Entro 100 m<br />
dalla foresta il<br />
valore<br />
dell’abitazione<br />
aumenta di UK £<br />
540<br />
HP benefici pari a<br />
17.500 € per ha<br />
di terreno<br />
afforestato (i<br />
costi risultano<br />
invece pari a<br />
8.900€ per<br />
ha) 147<br />
147 E’ stato incluso anche il reddito perduto da eventuale uso alternativo agricolo.<br />
Per ogni dollaro<br />
investito in<br />
management<br />
degli alberi, i<br />
residenti<br />
ricevono 1,85 e<br />
1,52 dollari in<br />
benefici annuali<br />
Segue
252<br />
Continua Tabella A2<br />
McPherson et al. (2005)<br />
alberi in 5 città statunitensi<br />
(Fort Collins, Colorado;<br />
Cheyenne, Wyoming;<br />
Bismarck, North Dakota;<br />
Berkeley, California; and<br />
Glendale, Arizona<br />
Thorsnes (2002), Michigan,<br />
US<br />
HP<br />
a fronte di una<br />
spesa annua di<br />
13-65$ per<br />
albero, i benefici<br />
risultano fra 31$<br />
e 89$ per<br />
albero. Per ogni<br />
dollaro investito<br />
nel<br />
management, i<br />
benefici annui<br />
rientrano in un<br />
range di 1,37-<br />
3,09$<br />
i terreni 148<br />
edificabili<br />
contigui alle<br />
aree preservate<br />
vengono venduti<br />
con un plus che<br />
oscilla fra<br />
5.800$ e 8.400$<br />
(pari al 19% e<br />
35% del prezzo<br />
del terreno)<br />
148 Lots range in size from about one third to five-thirds acre, and sale prices range from 14,000$ to almost 50,000$; houses range in size from 1,200 square feet to almost<br />
3,000 square feet, and sale prices range from 83,000 $ to 333,000 $. One acre is equal to 43.56 thousand square feet.<br />
Segue
253<br />
Continua Tabella A2<br />
Kim e Johnson (2002)<br />
McDonald-Dunn Forest in<br />
Oregon, USA<br />
Johnson et al. (1994)<br />
McDonald-Dunn Forest in<br />
Oregon, USA<br />
Kim e Wells (2005),<br />
Flagstaff, Arizona, USA<br />
Windle and Cramb (1993),<br />
Pine Mountain riserve,<br />
Australia<br />
HP Perdita di valore<br />
delle abitazioni a<br />
vista di un taglio<br />
forestale pari a<br />
724 $1995 per<br />
anno<br />
CVM Disponibilità a<br />
pagare dei<br />
proprietari<br />
residenziali per<br />
evitare un taglio<br />
forestale pari a<br />
380 $1995 per<br />
anno<br />
HP la riduzione della<br />
densità forestale<br />
accresce il<br />
valore di<br />
amenità e i<br />
valori delle<br />
proprietà<br />
residenziali<br />
(190$ per<br />
1000m 2 per<br />
abitazione)<br />
CVM<br />
WTP max per famiglie<br />
residenti 31,83<br />
A$1991 (pagamento<br />
annuale per i<br />
successivi 10 anni)<br />
Segue
254<br />
Continua Tabella A2<br />
Notaro Paletto Raffaelli,<br />
2004 Trentino<br />
Merlo e Croitoru (2005) (si<br />
veda tabella precedente per<br />
gli altri valori)<br />
233<br />
3 €/ha incluso, oltre a valore di<br />
opzione e di esistenza, il valore di<br />
lascito<br />
Riduzione stimata del<br />
1,68% nel TEV relative<br />
alle specificate 4<br />
funzioni 149<br />
254 €/ha/anno<br />
149<br />
damage typology (wind and snow, defoliation, fire and tillage) has been analysed in terms of its incidence on four forest functions (production, protection, tourismrecreation<br />
and carbon fixing)