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L'idea di Dio nel Cristianesimo delle origini - Dott. Faustino Nazzi

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Gerusalemme, dopo la rivolta <strong>di</strong> Bar Khokeba. Si tratta della <strong>di</strong>sputa fra un ebreo ed un<br />

cristiano sulle profezie veterotestamentarie ed il loro adempimento in Cristo. Girolamo<br />

ricorda d'aver letto in essa l'espressione «loidoria theu o kremamenos-il crocefisso costituisce<br />

un'ingiuria <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>», accusa del giudeo rivolta al cristiano. Inoltre Gn 1,1 «in principio»<br />

significava, sulla base del corrispondente ebraico, "in filio". Il confronto si conclude con la<br />

capitolazione del giudeo e la sua richiesta del battesimo. L'ambiente sembra Alessandria per<br />

l'interpretazione allegorica dello scritto (Dp 349).<br />

Il concetto <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> e <strong>di</strong> Cristo rientra <strong>nel</strong>la concezione ebraica <strong>di</strong> un nome proprio non<br />

pronunciabile e dunque ineffabile.<br />

Pastor Hermae (a. 145) ♣ Un testo <strong>di</strong> anonimo composto da tre parti: Visioni, Precetti e<br />

Parabole. Attinge da fonti ebraiche. Vi è annunziato un Giorno <strong>di</strong> perdono per i cristiani che<br />

hanno peccato dopo il battesimo a con<strong>di</strong>zione che si pentano, perché l'adventum Domini è<br />

prossimo, ritmato dal tempo della costruzione della Torre-Chiesa entro il quale lasso è<br />

necessario aver concluso la penitenza. Nella V Visione appare il Pastore che detta 12 precetti,<br />

fra cui fede in <strong>Dio</strong> creatore, con i limiti metafisici che abbiamo ricordato. Questo libro ha<br />

esercitato una grande influenza ed era ritenuto canonico fino al IV secolo, in particolare per<br />

l'affermazione della penitenza dopo il battesimo «per una sola volta» (Dp 1198).<br />

Anche se per i "locali" si tratta <strong>di</strong> un'opera d'ambiente aquileiese (Biasutti, Pressacco, Caccitti),<br />

in effetti sembra opera della chiesa romana (JOLY 1968, p. 15). Erma lotta contro il rigorismo;<br />

solo <strong>Dio</strong> può perdonare, mentre non in<strong>di</strong>ca il ruolo della gerarchia ecclesiastica. Non cita<br />

alcun rito né cerimonia al riguardo. La riammissione entro la chiesa è con<strong>di</strong>zione necessaria al<br />

perdono. Non sono in<strong>di</strong>cati i peccati specifici (Ivi, p. 29).<br />

Per Erma il Figlio <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> è lo Spirito Santo (78,1): è lui che si è incarnato ed ha creato tutte<br />

le cose. Erma non <strong>di</strong>ce parola del Verbo a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> Giustino martire, presente a Roma al<br />

suo tempo. «La confusione più o meno completa tra il Figlio e lo Spirito Santo è assai <strong>di</strong>ffusa<br />

in quest'epoca. La dottrina <strong>di</strong> Giustino e <strong>di</strong> Taziano per esempio sono caratteristiche da<br />

questo punto <strong>di</strong> vista e la cristologia degli Atti <strong>di</strong> Paolo è esattamente quella del Pastore» (Ivi,<br />

p. 32). «Lo Spirito Santo ha abitato una carne; questa carne ha servito lo Spirito senza<br />

biasimo; <strong>Dio</strong> ha voluto, per ricompensarlo, offrirgli un luogo <strong>di</strong> riposo e, in questa<br />

occasione, ha preso consiglio <strong>di</strong> suo Figlio e degli Angeli... Ogni carne ritrovata pura<br />

riceverà il suo salario» (59,5). La cristologia <strong>di</strong> Erma è pneumatica e adozionista, è piuttosto<br />

binitaria che trinitaria (Ivi, p. 32). Vi è un Angelo molto venerabile, santo, glorioso che non può<br />

che essere il Figlio <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>, lo Spirito Santo stesso. Questo Arcangelo supremo è Michele<br />

(69,3). Se <strong>nel</strong>la Scrittura gli Arcangeli sono 7, <strong>nel</strong> Pastore sono solo 6: il settimo, il primo, è il<br />

Figlio <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> (Ivi, p. 32 n. 3). Sorprende che le concezioni cristologiche <strong>di</strong> Erma non abbiano<br />

sollevata alcuna protesta nei secoli seguenti, nessun padre mai ne ha fatto allusione: è il<br />

moralista e non il teologo che ha attirato l'attenzione.<br />

La chiesa è come una torre in costruzione che sarà completa <strong>nel</strong>l'ultimo giorno con<br />

l'avvento della parusia che d'altronde è imminente; è la società dei santi, una realtà<br />

escatologica (95,3-4). Prende posizione sulle prime manifestazioni gnostiche in Roma. Alcuni<br />

suppongono la carne peribile e non può risuscitare e che i peccati della carne non abbiano<br />

importanza. Li considera dei folli, perché <strong>di</strong>ssuadevano dalla penitenza in quanto non<br />

necessaria perché i peccati della carne lasciano intatto lo spirito (72,5, /p. 38). Fino al 136<br />

Cerdone e Marcione presenti a Roma sono ancora considerati all'interno della chiesa, anche se<br />

non si conosce la data della rottura (Ivi, p. 39). Si accenna ai presbiteroi, mentre non vi è<br />

allusione all'episcopato monarchico; il clero locale non è ancora gerarchizzato (Ivi, p. 41). Per<br />

Erma è la perfezione morale che dona la conoscenza (40,4), che permette <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguere il falso<br />

profeta dal vero (43); è la virtù che fa la conoscenza; lo pneuma apparenta il cristiano a Cristo<br />

e comporta la sua imitazione. La beatitu<strong>di</strong>ne consiste <strong>nel</strong> <strong>di</strong>venire Angelo in rapporto<br />

all'Angelo Supremo Cristo (Ivi, p. 43). Vi appare un certo dualismo <strong>nel</strong> fatto che si riconosce<br />

<strong>nel</strong>l'uomo due angeli: l'uno <strong>di</strong> giustizia e l'altro del male. La rettitu<strong>di</strong>ne ha la sua ricompensa<br />

<strong>nel</strong>l'al<strong>di</strong>là, ma anche sulla terra; idem il peccato (Ivi, p. 45).

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