L'idea di Dio nel Cristianesimo delle origini - Dott. Faustino Nazzi
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L'hypostasi greca è tradotta da Rufino con substantia in<strong>di</strong>viduale, ma la sostanza latina può<br />
significare anche un senso generico da cui le polemiche ariane. La sostanza corrisponde anche<br />
ad ουσία con significato anche generico oltre che in<strong>di</strong>viduale. Altre volte traduce hypostasi<br />
con subsistentia che ha significato più chiaramente in<strong>di</strong>viduale (Ivi, p. 34). La generazione del<br />
Figlio dal Padre è detta continuativa, sempre attuale, eterna. Il mondo <strong>delle</strong> idee sia generali<br />
(generi e specie) che in<strong>di</strong>viduali, è contenuto <strong>nel</strong> Figlio, mondo intelligibile-Saggezza (Ivi, p.<br />
36). Origene non fa uscire il Figlio dal Padre, ma come ipostasi <strong>di</strong>stinta vi resta anche da<br />
incarnato. La generazione continua del Figlio dal Padre corrisponde alla sua contemplazione<br />
incessante del mistero paterno: contemplazione creatrice a modo platonico (Ivi, p. 40). Il Figlio<br />
è immagine del Padre perché fa tutta la sua volontà e lo è grazie alla sua azione; il volere che<br />
procede dal Padre costituisce essenzialmente il Figlio, ne è la volontà ipostatizzata (Ivi, p. 41).<br />
Il Figlio poi è immagine del Padre in rapporto a noi, immagine interme<strong>di</strong>aria grazie alla<br />
quale noi conosciamo il Padre; ma in rapporto al Padre egli è la verità come principio<br />
esemplare al quale partecipa tutto l'essere in quanto è vero; è verità assoluta e principio <strong>di</strong><br />
ogni verità partecipata. Verità in sé è la denominazione del Figlio, il prototipo della verità. Il<br />
Figlio da una parte è la verità dall'altra immagine interme<strong>di</strong>aria. <strong>Dio</strong> come forza mantiene il<br />
mondo e la forza <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> è il Figlio. In questo senso Cristo è inteso il Pantocrator (il paliotto<br />
dell'altare <strong>di</strong> Ratchis).<br />
Il mondo creato dall'eternità è quello intelligibile <strong>delle</strong> idee (platoniche) e <strong>delle</strong> ragioni<br />
(storiche), create da tutta l'eternità da <strong>Dio</strong> <strong>nel</strong>la generazione <strong>di</strong> suo Figlio che le contiene come<br />
Saggezza (Ivi, p. 49). Rimane il problema <strong>di</strong> conciliare una creazione sopravvenuta al<br />
cominciamento dei tempi con l'unità <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>. Padre, Figlio e Spirito Santo possiedono tutto in<br />
modo sostanziale, le creature in modo accidentale. L'eterno è la non successione del tempo e<br />
non solo un tempo senza inizio né fine. Il Figlio è generato da tutta l'eternità, ma come se si<br />
producesse ad ogni istante: è generato continuamente dal Padre (Ivi, p. 52).<br />
Origene non sembra essere giunto ad una nozione <strong>di</strong> eternità che sopprima chiaramente la<br />
successività. Ma, suggeriamo noi, forse basta la nozione <strong>di</strong> «istante» che, per la successione<br />
temporale, corrisponde al punto inesteso per lo spazio, all'atomo per la quantità, all'Uno per la<br />
numerazione ecc. -Dammi un punto e ti solleverò il mondo- è semplicemente l'aspirazione<br />
inane, riconoscendo la quale si <strong>di</strong>ssolve l'inghippo dell'infinitesimale, limite del pensiero<br />
umano immerso e con<strong>di</strong>zionato <strong>nel</strong> e all'essere definito. Le analogie sono una metafora più<br />
adatta alla poesia che alla <strong>di</strong>alettica.<br />
La creazione del mondo per Origene è opera comune del Padre e del Figlio, sia del mondo<br />
psichico che <strong>di</strong> quello sensibile e ciò contro i valentiniani che attribuivano il Pleroma a <strong>Dio</strong><br />
per emanazione e quello materiale, attraverso il Demiurgo, al Salvatore-Figlio. Solo il Padre è<br />
il Bene in sé <strong>nel</strong>la sua essenza, il Figlio è buono come immagine della bontà paterna: qui<br />
ritorna il cosiddetto subor<strong>di</strong>nazionismo d'origine, per nulla eretico; auto-αυτός è applicato<br />
solo al Padre e al Figlio; tutto il resto senza auto.<br />
Origene invece non sa come esprimere l'origine dello Spirito Santo: vede in lui il più<br />
elevato degli esseri che hanno avuto origine per mezzo del Figlio, attribuendogli tutti gli<br />
attributi <strong>di</strong>vini. La Scrittura non <strong>di</strong>ce come lo Spirito proceda; i greci non ebbero idea alcuna.<br />
Non ne fa però l'anima del mondo, per la quale funzione vede piuttosto l'anima umana del<br />
Cristo, lo sposo della chiesa, dell'insieme <strong>delle</strong> intelligenze che costituiscono il suo corpo. Il<br />
termine τριας-triade appare tre volte, tradotta in latino con Trinità. In Clemente non appare ad<br />
es. la formula battesimale <strong>di</strong> Mt 28,9. Origene afferma che lo Spirito è prodotto-creatoγενητον<br />
dal Padre attraverso il Figlio (Gv 1,3). Riconosce che presso i filosofi greci non vi è<br />
nulla del genere. Giustiniano, proiettando la terminologia teologica dei suoi tempi, accusa:<br />
«E <strong>di</strong>cendo che lo Spirito Santo, come il Figlio, è una creatura (κτισμα) lo ha conteggiato fra<br />
le creature» (Mansi IX, 5,28, /p. 60). Origene aveva scritto γενητός-generato e αγενητόςingenerato<br />
non <strong>di</strong>stinguendoli da γεννητός-creato e αγεννητός-non creato, termini questi ultimi<br />
introdotti per rispondere agli ariani, e che Girolamo usa secondo il significato dei termini al<br />
suo tempo, accusando Origene <strong>di</strong> eresia. Generato non creato! Cristo è αγενητός-non creato in<br />
quanto appartiene alla Triade della deità e la vita increata è la sostanza del suo essere. D'altra