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Istruzioni per mandare opere dattiloscritte a Giulio Mozzi, affinché ...

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37. Andrea D'Onofrio Dice:<br />

8 marzo 2011 alle 10:12 modifica<br />

@ Paolo Zardi. Leggendo i tuoi due commenti ho pensato:<br />

” Troppo (rin)chiuso in se stesso, non potrà mai essere un bravo scrittore”<br />

Sono un semplice lettore – dai al mio giudizio il peso che merita – <strong>per</strong>ò riflettici un po su.<br />

@<strong>Giulio</strong> <strong>Mozzi</strong>. “Il guaio è che c’è una quantità sterminata di o<strong>per</strong>e letterarie che non …” io questa cosa qui la<br />

metterei in epigrafe a vibrisse. Credo sia la più bella spiegazione che abbia mai letto di cosa NON è letteratura.<br />

38. <strong>Giulio</strong> <strong>Mozzi</strong> Dice:<br />

8 marzo 2011 alle 10:37 modifica<br />

Paolo, dal tuo discorso può venir fuori qualche indicazione pratica <strong>per</strong> me?<br />

Andrea: è letteratura ciò che è “qualcosa di scritto”. Si tratta poi di accordarsi se quel particolare “qualcosa di scritto”<br />

sia bello o brutto.<br />

Come ho spiegato una quantità di volte, la pretesa di stabilire se un determinato oggetto appartiene o non appartiene a<br />

un determinato insieme (es. “l’insieme delle o<strong>per</strong>e letterarie”) sulla base di un giudizio di valore è a fondamento di ogni<br />

pensiero razzista (il razzista non nega che tutti gli uomini sono uguali: nega, sulla base di un giudizio di valore, che certi<br />

mammiferi bipedi parlanti, materialmente identici agli esseri umani, apppartengano all’insieme degli “esseri umani”). Per<br />

questa ragione non intendo distinguere tra ciò che è e ciò che non è letteratura sulla base di un giudizio di valore.<br />

39. Paolo Zardi Dice:<br />

8 marzo 2011 alle 11:02 modifica<br />

@Andrea D’Onofrio: ogni giudizio è un buon motivo di riflessione, <strong>per</strong> cui lo accolgo volentieri. Vivo il mio rapporto<br />

con la scrittura in modo un po’ schizofrenico: scrivo con piacere, e amore, ma cerco di gestire con un certo distacco<br />

l’inevitabile delusione dei rifiuti. In altre parole, a differenza di molti aspiranti scrittori, non ho mai accettato di soffrire<br />

come Anna Magnani – e soprattutto, non ho mai pensato che il libro del quale non ho saputo più nulla fosse troppo<br />

bello <strong>per</strong> essere apprezzato da uno come <strong>Mozzi</strong>.<br />

Ho pubblicato un libro di racconti, che sta avendo un buon riscontro, ma devo dire che il mio pensiero principale è<br />

rivolto più a quello che sto scrivendo ora, che a quello che ho scritto, indipendentemente dal fatto che sia stato<br />

pubblicato o rifiutato. E’ <strong>per</strong> questo che pensi che io sia “(rin)chiuso in se stesso”?<br />

So che la pubblicazione di un libro è il fine ultimo di chi scrive qualcosa di diverso da un diario privato – <strong>per</strong>ché<br />

scrivere è comunicare, e se ciò che si è scritto non arriva “fisicamente” ai lettori, è come telefonare con un cellulare<br />

spento… Ma scrivere, fortunatamente, è anche un piacere “in sé”: ho passato pomeriggi interi a guardare mio suocero,<br />

nel giardino di casa sua, mentre scartavetrava un vecchio mobile trovato in una soffitta, e credo che anche lui, in quel<br />

momento, non si curasse troppo della destinazione di quel mobile. C’era solo la soddisfazione di fare qualcosa di bello<br />

– qualcosa che rispondesse al suo senso estetico, alla sua idea di bellezza. Ciò che differenza mio suocero, che si tiene<br />

i suoi mobili in casa, da chi invia manoscritti è, forse, il diverso livello di presunzione – o magari sbaglio io a confrontare<br />

le due attività.<br />

La descrizione dell’abisso emotivo che separa chi scrive <strong>per</strong> piacere da chi legge <strong>per</strong> mestiere è una constatazione, che<br />

potrebbe tornare utile (a chi scrive) proprio <strong>per</strong> su<strong>per</strong>are quella sofferenza quasi “materna” che in certi casi si<br />

accompagna ai rifiuti. La relazione tra chi scrive e chi legge è profondamente asimmetrica, e questo post di <strong>Giulio</strong> aiuta<br />

a capirlo.<br />

@<strong>Giulio</strong>: no, non credo che i miei commenti possano avere un’utilità pratica <strong>per</strong> te: mi sono limitato a mostrarti cosa<br />

può voler dire essere dall’altra parte, e quindi sono andato un po’ fuori dal “topic”. Ritornando al tuo post, come dice<br />

con ironia anche Excerpta, ciò che si aspetta chi invia un manoscritto è di ricevere un sì o un no; il no comunicato<br />

attraverso un silenzio che dura due mesi è umiliante; ma visti i volumi è comprensibile l’impossibilità di fare<br />

diversamente. O magari un modo ci sarebbe: visto che ora riceverai libri via mail, e quindi non dovrai preoccuparti di<br />

scrivere a mano l’indirizzo <strong>per</strong> la risposta, potresti rispondere con un semplice “Letto, non mi interessa, e, siccome non<br />

sono un consulente <strong>per</strong> aspiranti scrittori, non prenderò in considerazione eventuali risposte” (basterebbe impostare

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