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Istruzioni per mandare opere dattiloscritte a Giulio Mozzi, affinché ...

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come minimo è un opinionista.<br />

Mi stupisce quindi che chi si sente dire che il suo “prodotto” è brutto ci resti male. Cioè mi stupisce leggere che ci<br />

restano male TUTTI quelli rifiutati. Perché vuol dire che siamo tutti megalomani.<br />

(Oddio, si potrebbe evitare di dire che un’o<strong>per</strong>a è brutta. Si potrebbe contestualizzare e fare capire che mancano<br />

troppe cose (che so, stile farraginoso ecc.) o che il livello generale non eccelle… ma questa è una digressione).<br />

Tornando al punto. Credo che molti scrittori dovrebbero pensare che quello che scrivono è pari a quello di molti altri,<br />

come valore, e quindi non rimanerci male se viene definito mediocre. Quasi tutti siamo mediocri, come scrittori. Fino a<br />

un secolo fa, le <strong>per</strong>sone che potevano <strong>per</strong>mettersi di studiare, avere una cultura, e quindi potersi <strong>per</strong>mettere di scrivere<br />

<strong>per</strong> pubblicare erano una poche. Ora il livello medio di istruzione si è molto alzato, e in più l’accesso alle informazioni e<br />

ai contatti con le <strong>per</strong>sone è estremamente facilitato. Quindi tutti siamo scrittori. E si pubblicano molte più o<strong>per</strong>e.<br />

Mediocri, <strong>per</strong> lo più. E di certo se ne scartano ancora di più: molte ancora più mediocri ma alcune, in numero non<br />

irrilevante, molto meglio delle mediocri ma poco commerciali. L’editoria è una industria. L’arte c’entra ben poco. Ogni<br />

tanto mi chiedo come si farà, in futuro, a compilare i libri di storia della letteratura, o anche le semplici antologie<br />

scolastiche. Se vai a vedere l’Ottocento italiano, non ci sono dubbi sulla presenza di Foscolo, Leopardi, Manzoni ecc.<br />

Se vai a vedere l’inizio Novecento, anche qui pochi dubbi. Ma già tra le due guerre, a parte la Coscienza di Zeno,<br />

trovi molti autori con o<strong>per</strong>e discutibili. Dal secondo dopoguerra in poi, due pagine <strong>per</strong> ogni autore, e molti autori citati<br />

solo <strong>per</strong> qualche o<strong>per</strong>a. Come faranno i critici del 2000 a selezionare chi sta facendo la storia della letteratura oggi? Di<br />

quali autori parlare? Quali scartare? Quali i grandi autori e quali i capolavori (ce ne sono ancora?)?<br />

43. cletus Dice:<br />

8 marzo 2011 alle 12:11 modifica<br />

la chiosa dell’ultimo tuo intervento, <strong>Giulio</strong>, è da manuale.<br />

Sto ancora ridendo.<br />

44. cletus Dice:<br />

8 marzo 2011 alle 12:14 modifica<br />

poi questo “come tutti i suoi compari” a tradire un profondo disprezzo <strong>per</strong> altri ai quali ti accomuna. Non che abbia<br />

proprio tutti i torti, magari delle <strong>per</strong>sone cosi definibili ci sono davvero, ma qui ha il sapore (correggetemi) di un<br />

j’accuse ad alzo zero, che tradisce chissà quanti altri rifiuti (più o meno garbati, più o meno argomentati).<br />

Singolare, infine, la lapidarietà del giudizio.<br />

Il trionfo della vanità. (o era il Falò ?…bah…)<br />

45. Paolo Zardi Dice:<br />

8 marzo 2011 alle 12:54 modifica<br />

<strong>Giulio</strong>, ok, l’esempio del diario privato era riduttivo; intendevo distinguere tra chi due diversi tipi di scrittori: quelli che<br />

scrivono a <strong>per</strong>sone che conoscono direttamente, e quelli che vogliono “parlare” ad un pubblico che non conoscono.<br />

La scrittura in rete rappresenta un ibrido che, in effetti, sfugge a questa classificazione….<br />

Per quanto riguarda il piacere della scrittura, intendevo contrapporre il “piacere” della scrittura al “dovere” che<br />

accompagna altre attività. Ma magari sto sbagliando, <strong>per</strong> cui ti chiedo: qualcuno ti ha obbligato a scrivere i racconti che<br />

ti hanno fatto stare male? O li hai scritti <strong>per</strong> soddisfare un tuo bisogno indipendente da qualsiasi possibile futura<br />

pubblicazione? Anche lottare con i propri demoni può essere un piacere – non nel senso edonistico del termine.<br />

Per l’utilità dei commenti, se prendiamo in considerazione solo l’utilità <strong>per</strong> chi scrive un post, allora molti commenti non<br />

andrebbero neppure scritti. Credo, <strong>per</strong>ò, che un post funzioni proprio quando riesce ad allargarsi, e diventare spunto<br />

<strong>per</strong> altre considerazioni – comunque attinenti. Non è così?<br />

Sull’asimetria, non sono d’accordo. Esiste un “potere contrattuale” che sta nelle mani di una sola delle due parti, cioè<br />

di chi legge <strong>per</strong> scegliere cosa pubblicare. Questa asimmetria crea situazioni che, in certi casi, sfiorano il patologico – in<br />

un senso e nell’altro: piccoli deliri di onnipotenza (conosco di <strong>per</strong>sona casi di questo tipo), oppure sindrome da<br />

complotto (“non mi pubblicano <strong>per</strong>ché devono difendere i loro scrittori”: anche questo caso reale), oppure episodi in

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