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Istruzioni per mandare opere dattiloscritte a Giulio Mozzi, affinché ...

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una sofferenza vera.<br />

Lorenzo: se è una cosa bella, che importanza ha la lunghezza? E se è una cosa brutta, che importanza ha la lunghezza?<br />

Più o meno tutti gli autori di cose brutte con i quali ho parlato – sono stati tanti, in tanti anni – sono convinti che ciò<br />

sche hanno scritto sia bello. Io trovo stupefacente questa convinzione. Più o meno tutti gli autori di cose brutte con i<br />

quali ho parlato sono convinti che ciò che hanno scritto non venga pubblicato <strong>per</strong>ché è troppo bello. E sono anche<br />

convinti che più o meno tutto ciò che chiunque altro scrive sia brutto, e che più brutto è ciò che uno fa, più facile è che<br />

glielo pubblichino.<br />

Convinzioni che io trovo bizzarre.<br />

Il guaio è che c’è una quantità sterminata di o<strong>per</strong>e letterarie che non sono né belle né brutte. Sono mediocri. In genere,<br />

delle tre cose che si chiedono in prima battuta a un’o<strong>per</strong>a letteraria (uno stile, una narrazione, una sostanza), ne hanno<br />

solo una o solo due. Alcune hanno una bella scrittura ma poca sostanza, altre hanno molta sostanza e narrazione<br />

disordinata, altre hanno narrazione <strong>per</strong>fetta e scrittura tremenda, e così via. Alcune di queste o<strong>per</strong>e mediocri vengono<br />

pubblicate. La maggior parte no. Ma la verità è che l’industria, in questa zona grigia, sceglie a caso. Non c’è una<br />

ragione precisa <strong>per</strong> cui il tale romanzo scritto benino, narrato benino, e con una certa sostanza ma non più che tanta, la<br />

vinca sul talaltro romanzo scritto magari un po’ meno benino, ma narrato un po’ più benino, e anch’esso con una certa<br />

sostanza ma non più che tanta. Se un autore mediocre si lamenta di veder pubblicati altri autori mediocri, ha ragione<br />

(<strong>per</strong>ché i pubblicati non meritavano più di lui di essere pubblicati) e ha torto (<strong>per</strong>ché lui non merita più degli altri di<br />

essere pubblicato).<br />

Questo articolo aveva uno scopo: far sì che chi mi manda delle cose da leggere, le mandi confezionate in modo tale<br />

che io non debba impazzire nell’archiviarle. (Qualche giorno fa una <strong>per</strong>sona mi chiama al telefono. Numero<br />

sconosciuto. Senza dire il proprio nome mi dice: “Ha letto il mio racconto?”. Chiedo il nome, devo insistere <strong>per</strong> averlo.<br />

Mi dice il nome, non il cognome. Un nome che comincia <strong>per</strong> E. Dopo qualche minuto finalmente intuisco: avevo<br />

ricevute nei giorni precedenti delle email firmate semplicemente “E.”, una delle quali accompagnata da un racconto<br />

senza titolo e senza firma. Ecco: al di là di ogni altra considerazione tutto ciò, capite, è poco pratico).<br />

Questo articolo ha invece avuto l’effetto di un invito. Come se io avessi scritto: “Mandàtemi dei testi”. Ma io non l’ho<br />

detto.<br />

33. Eugenia Dice:<br />

8 marzo 2011 alle 09:08 modifica<br />

Il mio cognome e “niente di cena” sono la stessa cosa!<br />

E’ insignificante, è anonimo, mentre il mio nome è bellissimo.<br />

Non so se è un onore il fatto che lei mi ricordi <strong>per</strong> quell’ allegra telefonata (credo che se m’avesse avuta tra le mani<br />

m’avrebbe STROZZATA!!!!!!!!! O presa a martellate come “Misery”), ma mi fa piacere!!<br />

E poi un’altra cosa: come dice lei, se un racconto è bello non importa la lunghezza. Perché questo non può valere<br />

anche <strong>per</strong> la firma?<br />

Tanto c’è l’indirizzo mail.<br />

Vabbè adesso non sto qui a far polemiche.<br />

Ho imparato molto dalla telefonata: non mi nasconderò più dietro l’iniziale del mio nome, se l’ho fatto è stato <strong>per</strong> la<br />

vergogna.<br />

Vergogna di spedirle il mio racconto (che vorrebbe essere l’inizio di un romanzo) sapendo che non sono l’unica che le<br />

manda degli scritti.<br />

Era come <strong>per</strong> dire: sono consapevole di essere un numero, una goccia nel mare, una semplice mail.<br />

Non ho avuto tutte le accortezze che lei ha richiesto, è vero, ma almeno non le ho scritto un PAPIRO, anzi, poco più<br />

di due pagine.<br />

Vede che comunque ho pensato un pochino a lei? Non sono stata così egoista.<br />

L’ultima cosa poi giuro che sto zitta. E’ vero che lei non ha scritto “mandatemi dei testi”, ma forse l’effetto è stato il<br />

contrario <strong>per</strong>ché lei non poteva controllare le “emozioni” che sono scaturite nei lettori di vibrisse.<br />

Sembra una cosa logica e elementare: ha ragione, è come se prendessi un farmaco di cui non ho bisogno

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