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Istruzioni per mandare opere dattiloscritte a Giulio Mozzi, affinché ...

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Tu sei un esordiente e non puoi continuare a ripetere la stessa frase <strong>per</strong> tutto il libro, Tabucchi è famoso e può ripetersi<br />

quanto e come preferisce.<br />

Le forme retoriche, così come gli artifici che rendono particolare la scrittura di un certo autore, insomma qualunque<br />

particolarità di un testo sono sempre sostanzialmente degli “errori”.<br />

<strong>Mozzi</strong> dice anche, puoi fare degli errori, puoi scegliere di fare una cosa notoriamente “sbagliata”, ma solo a patto che<br />

sia una tua scelta stilistica e non dovuta al fatto che non sai scrivere.<br />

Quando riceve un manoscritto dove ogni frase si conclude con un “a capo” lo addita <strong>per</strong>ò al pubblico ludibrio, ma la<br />

scelta appare decisamente voluta dall’autore, quindi non dovrebbe essere oggetto di critica <strong>per</strong> se stessa, al limite la<br />

critica dovrebbe riguardare il risultato ottenuto.<br />

Perché se la condizione che <strong>per</strong>mette di derogare dalle regole <strong>per</strong> <strong>Mozzi</strong> fosse solo la notorietà dell’autore sarebbe<br />

totalmente preclusa la possibilità di scovare “nuovi” autori, se non meri scribacchini che scrivono “bene”, cioè in modo<br />

anonimo.<br />

Io non condivido nemmeno il presupposto che un “errore” è segno dell’autore solo se voluto.<br />

Ho appena sentito in una intervista la Agnello Hornby spiegare come il suo uso di parole in dialetto siciliano, che<br />

interviene spesso nei suoi libri, sia dovuta alla sua scarsa conoscenza della nostra lingua, dovuta al fatto che non vive in<br />

Italia da oltre 40 anni e quindi confonde termini dialettali con termini in lingua italiana.<br />

Quindi quelle parole che troviamo nei suoi testi non sono una scelta stilistica, bensì degli errori e nemmeno voluti<br />

dall’autrice, eppure sono un segno che distingue la sua scrittura, riconosciuti come un “pregio” dai suoi lettori.<br />

Imparare a scrivere “bene” è un presupposto indispensabile <strong>per</strong> scrivere?<br />

A mio parere ovviamente no, può essere utile, può rendere la proprio scrittura e le proprie scelte stilistiche più<br />

consapevoli, ma non è indispensabile e non è ciò che distingue un autore di successo da uno sconosciuto.<br />

Mi sorge quindi spontanea una domanda, nella sua carriera di talent scout, quanti degli autori sconosciuti che <strong>Mozzi</strong> ha<br />

sco<strong>per</strong>to li ha portati ad essere degli autori di best seller?<br />

Quante delle <strong>per</strong>sone che hanno seguito i suoi corsi sono diventati autori di best seller?<br />

Può un autore “insegnare” a qualcun altro come fare <strong>per</strong> avere successo?<br />

Insegnare a scrivere “bene” aiuta a diventare un autore di successo?<br />

<strong>Mozzi</strong>, come si evince molto bene da tutte le risposte in questo spazio, è una <strong>per</strong>sona in gamba, ma, come spesso<br />

capita alle <strong>per</strong>sone in gamba, pecca, a volte, di supponenza e si diletta più nel fare sfoggio delle proprie capacità<br />

retoriche che nel cercare di comprendere il merito delle questioni che gli vengono poste.<br />

Una <strong>per</strong>sona con maggiori capacità retoriche avrà sempre la meglio con uno sprovveduto, questo non implica che<br />

abbia sempre ragione.<br />

A volte mi pare di leggere dell’astio sopito, ma non messo completamente a tacere, tra le righe di <strong>Mozzi</strong>, come se<br />

provasse un peso nel constatare che il 99% di quelli che vendono più libri di lui siano ben lontani dallo scrivere bene<br />

come lui sa scrivere e insegnare.<br />

Se sa<strong>per</strong> scrivere bene fosse una condizione necessaria e/o sufficiente <strong>per</strong> essere autori di successo la foresta<br />

amazzonica non esisterebbe più da secoli.<br />

203. gian marco griffi Dice:<br />

26 febbraio 2012 alle 11:29 modifica<br />

Ser <strong>Mozzi</strong>, non si lasci travolgere dallo sconforto.<br />

Catty scrive: “Parliamo dell’opinabile assoluto, cioè di un libro”.<br />

Ma siamo così sicuri che un libro sia ‘assolutamente opinabile’? Secondo me non lo è. Un libro è opinabile soltanto a<br />

un livello molto elevato di sciatteria da parte del lettore.<br />

<strong>Mozzi</strong>: “Catty, tu sei a conoscenza di qualche “capolavoro sommerso”?”<br />

Sarebbe difficile, altrimenti non sarebbe sommerso.<br />

Detto questo, Ser <strong>Mozzi</strong>, la storia della letteratura presenta un buon numero di capolavori che hanno rischiato<br />

seriamente di rimanere “sommersi” – mi viene in mente un gran libro, forse non precisamente un capolavoro, ma un<br />

ottimo libro sì, A confederacy of dunces di John Kennedy Toole, la cui vicenda editoriale conoscerà sicuramente, e<br />

poi un altro, Dissipatio H. G. di Morselli (che non è quello del maurizio costanzo show), e un ultimo, <strong>per</strong> cambiare

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