Numero 5 Agosto / Settembre 2011 - La Rassegna d'Ischia
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<strong>La</strong> via si fa con l’andare (una piccola antologia)<br />
di Bruno J. R. Nicolaus<br />
Libro pubblicato dall’autore e stampato in Roma, <strong>2011</strong><br />
«… Racconti e storielle, fatti ed esperienze vissute in prima persona; cose,<br />
luoghi e personaggi incontrati in varie contrade vicine e lontane…»: così<br />
l’autore, Bruno Nicolaus, introduce e caratterizza la sua antologia (“una piccola<br />
antologia”) dal titolo <strong>La</strong> via si fa con l’andare, come dice un verso del<br />
poeta Antonio Machado nella poesia Viandante. E riaffiorano i ricordi quasi<br />
come in un caleidoscopio sempre vivo e palpitante, sempre ricco di spunti e<br />
di momenti colti qua e là nel corso degli anni, nel continuo moto attraverso<br />
terre nuove o rivisitate. Ora è un personaggio che richiama l’attenzione, ora<br />
è un luogo che viene visto in un divenire storico, ora sono esperienze dirette<br />
che si presentano in tutta la loro vivacità. Non manca una presenza significativa<br />
dell’isola d’Ischia, l’isola vista sia nella realtà attuale di incanto paesaggistico,<br />
sia nelle sue vicende legate al mito e ai suoi primi frequentatori<br />
di provenienza greca. «Una selezione… come un prato in primavera o la tavolozza<br />
di un pittore», in cui chiunque può trovare un messaggio particolare<br />
che lo soddisfi e ne gratifichi alla fine la lettura.<br />
Dal libro di Nicolaus riportiamo il seguente passo: Ischia isola verde, paese<br />
d’incanto.<br />
Tre millenni sono trascorsi all’incirca,<br />
da quando gli Eubei attraccarono a Pithecusa,<br />
sfidando le ire di Tifeo.<br />
I Greci erano fermamente convinti<br />
che le frequenti eruzioni e i terremoti<br />
fossero da incolpare ai fremiti del Titano<br />
Tifeo, incatenato, per punizione, da<br />
Giove sul fondo marino sotto il vulcano<br />
Epomeo, che riversò nel mare circa<br />
sette secoli fa gli ultimi torrenti di fuoco,<br />
formando, tra giganteschi spruzzi<br />
di spuma friggente, scogli di lava nera<br />
come la pece e dalle forme spettrali. Nel<br />
corso dei secoli, i vecchi crateri e le colate<br />
rafferme di lava si ricoprirono di un<br />
verde tappeto sempre più folto, dal colore<br />
cangiante, secondo gli umori della<br />
brezza marina. Attraverso il verde del<br />
manto spuntano fiori e bacche dai mille<br />
colori, creando un arcobaleno di vivide<br />
luci. <strong>La</strong> brezza fruscia tra le foglie,<br />
le pietre ed i rami seguendo i ritmi del<br />
mare e formando una sinfonia di suoni<br />
magicamente accordati. A questi suoni<br />
risponde la macchia, agitando le foglie e<br />
cambiando colore sotto la dolce pressione<br />
del vento. Si rincorrono, s’incalzano<br />
suoni e colori, in una melodia che non<br />
ha fine: è la sinfonia del mare e del bosco.<br />
Molti degli erti pendii, che s’inerpicavano<br />
verso la cima del monte, ricoperti<br />
d’alberi e arbusti, sono irriconoscibili.<br />
Sono quasi scomparsi, sono stati quasi<br />
tutti disboscati, livellati, dissodati. Grazie<br />
al lavoro di migliaia di mani ruvide e<br />
callose, prestato durante generazioni da<br />
anime generose, i pendii sono divenuti<br />
poco alla volta ampie terrazze coltivate.<br />
Queste cominciano, larghe e piene di<br />
boria, già ai piedi del monte, per restringersi<br />
man mano che il pendio diventa<br />
più erto, fino a diventare piccole e strette<br />
vicino alla cima.<br />
Da lontano, sembrano piccole zattere<br />
sospese nel cielo, tutte in riga, allineate<br />
come soldati. Sputano ordine e disciplina;<br />
da una parte sono austere, perché<br />
trasudano sangue e sudore; dall’altra<br />
sono ridenti, perché offrono in dono i<br />
preziosi regali della natura e del lavoro<br />
dell’uomo.<br />
Da lontano, le terrazze non sembrano<br />
vere, bensì balocchi creati dall’uomo<br />
per gioco. Spiazzi cintati di terra, dal colore<br />
marrone profondo; terriccio prezioso<br />
tenuto assieme e protetto dai muretti,<br />
come in un abbraccio amoroso, come<br />
una madre terrebbe in braccio un bambino.<br />
Dai muretti spuntano ciuffi selvaggi<br />
d’erba e fiori campestri; si affacciano<br />
da ogni fessura con prepotenza: è la vita<br />
che si ribella al muro di cinta e prorompe.<br />
I muretti sembrano altari addobbati a<br />
festa; sono protesi verso il cielo quasi ad<br />
offrire in sacrificio le messi.<br />
<strong>La</strong> festa della vita sul vulcano domato<br />
addolcisce lo scuro colore della pietra<br />
con cascate di fiori di tutti i colori; col<br />
verde di erbe dai profumi inebrianti.<br />
Quando la pioggia cade abbondante,<br />
sospinta da libeccio e scirocco, l’acqua<br />
ristora la terra assetata; la penetra, filtra<br />
il suolo e le pietre porose. L’eccesso<br />
d’acqua precipita a valle furiosamente,<br />
tracimando i canali di scolo, allineati<br />
sulle terrazze ed ai lati. A questo punto,<br />
ogni ordine è calpestato e rivoli, sporchi<br />
di fango, trascinano a mare humus prezioso.<br />
I muretti sono fatti a secco, un pezzo<br />
sull’altro, con pietre a volte squadrate a<br />
volte incastrate, sfruttando ogni rima,<br />
ogni crepa della natura. Gran parte delle<br />
pietre sono di colore scuro, nere o<br />
grigie, talune con lunghe striature, che<br />
raccontano tutta una vita: una volta erano<br />
lapilli o facevano parte del fiume di<br />
fuoco, che furiosamente sgorgava. Si<br />
trovano anche pietre di tufo verde, vomitato<br />
dal vulcano negli abissi del mare<br />
e quindi riemerso per caso, portandosi<br />
dietro il colore dei flutti.<br />
Al calare del sole, se ti siedi in silenzio<br />
su uno di questi muretti, sentirai il<br />
dolce tepore della pietra, accumulato<br />
durante il giorno assolato, ma non è solo<br />
calore, porta con sé l’energia pura del<br />
cosmo. Poco alla volta, le membra si rilassano<br />
al calore ed una pace completa<br />
s’impossessa di noi, come in un sonno<br />
profondo<br />
Nel fruscio della brezza marina, che<br />
passa furtiva tra rami ed arbusti, tu potrai<br />
cogliere l’eco del canto delle sirene,<br />
l’armeggiare degli eubei e di tante<br />
<strong>La</strong> <strong>Rassegna</strong> d’Ischia n. 5/<strong>2011</strong> 29