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Numero 5 Agosto / Settembre 2011 - La Rassegna d'Ischia

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Villa Gradenigo<br />

di Giuseppe Bevilacqua<br />

Giulio Einaudi editore, <strong>2011</strong>. In copertina:<br />

Giuseppe De Nittis, Colazione in giardino,<br />

olio su tela, 1884, particolare<br />

Una lettura attenta del libro Villa Gradenigo<br />

evidenzia la solida cultura classica<br />

e la buona conoscenza delle lingue<br />

moderne dell’autore che traspaiono<br />

chiaramente dalle frasi pronunciate qua<br />

e là dai vari personaggi.<br />

Giuseppe Bevilacqua, noto studioso di<br />

letteratura tedesca, curatore delle Poesie<br />

di Paul Celan, il poeta rumeno internato<br />

in un campo di concentramento che,<br />

dopo il rilascio, morì suicida nel 1970<br />

a 50 anni: la sua poesia rappresenta una<br />

delle più alte espressioni della tragedia<br />

dell’Olocausto.<br />

<strong>La</strong> vicenda si svolge nel gruppo dolomitico<br />

del Veneto, compreso tra le valli<br />

d’Ampezzo e dell’Ansiei; nel contempo<br />

viene attuata dall’autore un’accurata indagine<br />

psicologica dei vari personaggi<br />

al fine di metterne in evidenza luci ed<br />

ombre dei caratteri tipici delle zone descritte.<br />

Il protagonista è Maurizio, un adolescente<br />

che vive appartato nell’ambito<br />

del suo paesello, dove pervengono le<br />

notizie della guerra di Spagna contro il<br />

dittatore Franco e dove egli è iper-protetto<br />

dalla sua famiglia, dove un parroco,<br />

Don Giacinto, professore di lettere classiche,<br />

con la sua profonda predilezione<br />

per gli autori greci e latini e soprattutto<br />

per Lucrezio, fece amare a Maurizio il<br />

De rerum natura porgendogli nel contempo<br />

un buon marron glacé come ricompensa<br />

per il suo interesse e la sua<br />

buona disposizione verso gli studi. Don<br />

Giacinto aveva soprattutto il talento di<br />

far rivivere la grande poesia di Omero e<br />

dei lirici: «Si stabiliva spontaneamente<br />

un silenzio assoluto in classe, quando<br />

don Giacinto iniziava “Gonou%maié se,<br />

a!nassa“ (1) e la figura di Odisseo naufrago<br />

nudo davanti a Nausicaa si librava<br />

nella fantasia degli alunni; ancora più<br />

che la spiegazione del testo, era questo<br />

il suo modo per far capire la poesia degli<br />

antichi».<br />

Nel testo, sin dalla prima pagina, risalta<br />

anche una profonda competenza della<br />

flora e fauna locale, con termini ignoti ai<br />

1) Ti abbraccio le ginocchia supplicando,<br />

signora.<br />

“non addetti ai lavori” (paulownia, non<br />

ti scordar di me, sgardole, tinche, rosa<br />

tea, ecc.) che rendono la lettura ancora<br />

più avvincente ed entusiasmante.<br />

Maurizio, nella temperie storica e culturale<br />

del fascismo, avverte un profondo<br />

disagio e una avversione decisa contro<br />

quel regime totalitario ed è amaramente<br />

consapevole che dopo “l’inutile strage”<br />

(come disse il papa Benedetto XV) della<br />

prima guerra mondiale, nuovi scenari di<br />

Lu campo di girasoli<br />

di Andrej Longo<br />

Adelphi editore 201, pp. 186<br />

(Risvolto) Il primo sorriso Caterina e Lorenzo<br />

se l’erano scambiato al party del sindaco.<br />

Purtroppo sulla «vuaglioncella» aveva<br />

già messo gli occhi Rancio Fellone, il figlio<br />

dell’uomo più ricco del paese, e Lorenzo era<br />

solo il nipote dello scarparo. «Pirciò aviva<br />

deciso ca Caterina se l’aviva levare da la<br />

capa». Quella sera, però, lei gli aveva sorriso,<br />

e non aveva smesso di guardarlo mentre<br />

lui suonava la tammorra come mai prima.<br />

Da allora si erano visti di nascosto. E un<br />

giorno si erano perfino scambiati un bacio.<br />

Ma Rancio Fellone aveva deciso di togliersi<br />

a tutti i costi quello «sfiziamiento» e, con<br />

l’aiuto dei suoi degni compari Cicciariello e<br />

Capa di Ciuccio, era riuscito a scoprire che<br />

proprio il giorno della festa di Santu Vito<br />

Liberatore, Caterina aveva appuntamento<br />

con Lorenzo nel campo di girasoli. «Ne lu<br />

frattiempo», due operai disoccupati, Dummenico<br />

e lu Professore (uno di quelli che<br />

ancora credevano al sogno della rivoluzione<br />

proletaria), si preparavano a dare una svolta<br />

alla loro vita... Per raccontarci questa insolita<br />

«fiaba nera» (una storia di amore e di<br />

distruzione, di morti, di sofferenze inaudite<br />

stanno per dischiudersi sull’intera<br />

Europa, in nome di una Weltanschauung<br />

distorta e criminosa che porterà il<br />

vecchio continente sull’orlo di un’imminente<br />

catastrofe, favorita dal clima<br />

avvelenato della propaganda fascista e<br />

nazista.<br />

Maurizio è un giovane intelligente<br />

e studioso che termina il liceo con un<br />

anno di anticipo e attira l’attenzione<br />

di un giovane scrittore romano che ha<br />

aperto una libreria nel paese e gli regala<br />

un’edizione de I sepolcri del Foscolo e<br />

lo sprona a scrivere dei versi che il giovane<br />

riesce a stendere in poco tempo<br />

rivelando anche una attitudine non trascurabile<br />

per la poesia.<br />

Naturalmente Maurizio prova anche<br />

i suoi primi turbamenti sessuali che gli<br />

causano un senso di smarrimento, di<br />

inquietudine e, in certe circostanze, di<br />

imbarazzo. Ma anche questo sostrato<br />

nebuloso di sensazioni così contrastanti<br />

è necessario al processo di maturazione<br />

e di equilibrio dell’adolescente che<br />

si avvia a diventare uomo pienamente<br />

consapevole e disponibile ad affrontare<br />

le dure prove che la vita gli riserva.<br />

Nicola Luongo.<br />

violenza, di amicizia e di coraggio, che ha<br />

come sfondo un Sud affocato e sanguigno)<br />

Andrej Longo si è inventato una lingua che<br />

non si identifica con nessuno dei dialetti del<br />

Meridione, ma ne contamina più di uno: una<br />

lingua che l’autore stesso dice di non aver<br />

costruito a tavolino, ma di avere «sognato».<br />

*<br />

<strong>La</strong> <strong>Rassegna</strong> d’Ischia n. 5/<strong>2011</strong> 31

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