13.06.2013 Views

ITC “Tosi” Una scommessa che dura da 50 anni - Noi del Tosi

ITC “Tosi” Una scommessa che dura da 50 anni - Noi del Tosi

ITC “Tosi” Una scommessa che dura da 50 anni - Noi del Tosi

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

qual<strong>che</strong> testa rotta in meno), soprattutto in TV, sull'opportunità, anzi sulla legittimità <strong>del</strong>l'intervento<br />

militare statunitense in Afghanistan.<br />

Avevo poco più di vent'<strong>anni</strong> e mi proposero una bella supplenza di sei mesi; una vera fortuna: preparavo<br />

insieme i miei esami universitari e le lezioni per i miei poco più giovani studenti. Li guar<strong>da</strong>vo,<br />

per conoscerli meglio, col distacco <strong>che</strong> i pochi mesi in più ed an<strong>che</strong> la professione imponevano,<br />

ma mi sentivo terribilmente come loro non appena, senza <strong>da</strong>rlo a vedere, prestavo attenzione<br />

ai loro discorsi: la mamma <strong>che</strong> non ne voleva sapere <strong>del</strong>la macchina <strong>che</strong> faceva i 140 all'ora, la crisi<br />

<strong>del</strong>l'Inter, la compagna secchiona <strong>che</strong> non aveva passato il bigliettino, il professore <strong>che</strong> ce l'aveva<br />

su con la classe, la ragazza conosciuta al mare <strong>che</strong> ormai non scriveva <strong>da</strong> troppe settimane.<br />

Ho più di cinquant'<strong>anni</strong> ed an<strong>che</strong> quest'anno, fi<strong>da</strong>ndosi non poco, questo istituto mi ha proposto di<br />

insegnare per almeno duecento giorni e rotti; preparo le lezioni per i miei troppo più giovani studenti<br />

e faccio parte di qual<strong>che</strong> commissione, <strong>che</strong> si aggiunge a tante altre, sempre nuove e sempre<br />

di più (ci consola il pensiero <strong>che</strong> così, almeno, al centro c'è lo studente), ma ancora li guardo col<br />

distacco <strong>che</strong> la professione e gli <strong>anni</strong> impongono e non ho perso il vizio di ascoltare distrattamente<br />

i loro discorsi: la versione sportiva ha i cerchi in lega, l'Inter è ancora in crisi, la compagna secchiona<br />

giura <strong>che</strong> non ha passato il bigliettino solo per paura, il professore ce l'ha su, chissà perché,<br />

con la classe, e gli amici (begli amici) consigliano allo sventurato di scrivere alla ragazza <strong>del</strong> mare<br />

perché, forse, poveretta, ha perso l'indirizzo.<br />

Agli scrutini arrivavo dopo aver steso per ogni studente un lungo, dettagliato giudizio <strong>che</strong> doveva<br />

giustificare i 4, i 6, i rarissimi 8: così voleva la legge o forse, il <strong>che</strong> era lo stesso, il buon preside<br />

Gallazzi. Ogni giudizio era l'esito di una furiosa battaglia di aggettivi <strong>che</strong> si sopraffacevano l'un l'altro<br />

a suon di correzioni: mi illudevo di avere, alla fine, un profilo <strong>che</strong> quello studente lo capisse per<br />

intero; non mi ci volle molto per scoprire <strong>che</strong> non sarebbe mai stato possibile, eppure c'era un gusto<br />

particolare nel riprovarci ogni volta: significava <strong>che</strong> ognuno di loro mi era stato unico, come deve<br />

essere, e <strong>che</strong> quelle povere parole, quegli aggettivi fin troppo presuntuosi, <strong>che</strong> quasi <strong>da</strong> sé erano arrivati<br />

in punta di penna ed erano sopravvissuti a mille cancellature, erano le tracce di un DNA<br />

inconfondibile.<br />

E quel giudizio, coi voti, certo, ma forse più dei voti, poteva costare bocciature, far gua<strong>da</strong>gnare<br />

insperati esami a settembre, sanzionare promozioni di cui i genitori si sarebbero vantati in tutti i<br />

negozi <strong>del</strong> quartiere e <strong>che</strong> avrebbero confermato nei padri la bontà <strong>del</strong>la trasmissione ereditaria <strong>del</strong>l'intelligenza.<br />

E' stendendo con passione e cura quei giudizi <strong>che</strong> i docenti <strong>che</strong> oggi hanno cinquant'<strong>anni</strong> hanno<br />

imparato quanto potevano valere un "nonostante l'impegno", un "non manca di capacità, ma …", e<br />

quanto importante fosse il comportamento tenuto <strong>da</strong>llo studente <strong>dura</strong>nte l'ora di religione o di educazione<br />

fisica (nei casi dubbi gli insegnanti di queste materie erano i più ascoltati <strong>da</strong>l preside<br />

Gallazzi), ma soprattutto hanno imparato ad amare in sé l'umano <strong>che</strong> vedevano così bello nei loro<br />

studenti.<br />

171<br />

10.2

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!