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Totalità e Infinito - Scienze della Formazione

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«il cui esistere consiste nell’identificarsi, nel ritrovare la propria identità attraverso<br />

tutto quello che gli succede. È l’identità per eccellenza, l’opera originaria<br />

dell’identificazione». 5<br />

Lévinas aggiunge che l’io, così inteso, più che essere gettato nel mondo – secondo una celebre tesi<br />

di Heidegger – soggiorna in esso, esiste stando nel mondo come a casa propria. L’abitare, il<br />

soggiornare, rappresenta per Lévinas la consistenza stessa dell’Io, la sua “stoffa”, la sua “polpa”,<br />

ma anche la condizione del suo potere:<br />

«La “propria casa” non è un contenente, ma un luogo nel quale io posso […]. Basta<br />

camminare, fare per appropriarsi di ogni cosa, per prendere. Tutto, in un certo<br />

senso, è nel luogo, tutto è a mia disposizione». 6<br />

Abbiamo, qui, una costellazione di concetti che ci permettono di avvicinarci al Medesimo:<br />

• Essere identico<br />

• Abitare<br />

• Possedere<br />

• Potere.<br />

Potere e possesso si definiscono l’uno a partire dall’altro, in quanto il possesso è un modo di ridurre<br />

l’alterità, quella delle cose, che inizialmente si distinguono da noi e ci fanno resistenza. Il possesso,<br />

afferma Lévinas, «sospende l’alterità di ciò che è altro solo a prima vista e altro rispetto a me». 7<br />

Di contro al Medesimo, l’Altro rappresenta il polo non identitario: l’Altro è altro in se stesso. Non è<br />

un altro rispetto a me: «l’alterità dell’Altro […] non dipende dalla sua identità, ma la costituisce». 8<br />

L’Altro non indica, però, un’alterità generica e indifferenziata, ma si riferisce all’altro uomo.<br />

L’Altro è l’altro uomo, ma questi non è alter-ego: non è mio simile, è portatore di una trascendenza,<br />

è tutt’altro, altri (alla terza persona). Lévinas ci presenta l’Altro sostenendo che è Volto. Ma il volto<br />

non si riduce a un insieme di tratti somatici o fisionomici. Non si tratta di una faccia, ossia di una<br />

parte del corpo umano. Quando Lévinas dice “volto” non pensa né a una bocca, né ad un naso, né al<br />

gioco delle sopracciglia, delle labbra o dei muscoli facciali. Lévinas sostiene, anzi, che il volto non<br />

è visibile, e, per escludere ogni componente percettiva si serve, a volte, del termine dévisage,<br />

facendo leva sulla polisemia del verbo francese dévisager che significa tanto “guardare qualcuno”,<br />

quanto “togliere il volto”.<br />

5 TI, p. 34.<br />

6 TI, p. 35.<br />

7 TI, p. 36.<br />

8 TI, p. 257.<br />

6

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