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La governance nei servizi pubblici locali - Confservizi Cispel Toscana

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Non c’è dubbio che il comma 729 dell’art. 1 della Finanziaria 2007, facendo testualmente<br />

riferimento al numero massimo dei componenti dell’organo di amministrazione non possa in alcun<br />

modo applicarsi ai componenti del Consiglio di sorveglianza, che costituisce l’organo di controllo di<br />

tale sistema. Con il corollario, che ben può aversi ancor oggi una società a partecipazione pubblica<br />

con nove componenti del consiglio di sorveglianza e tre (o cinque) componenti del consiglio di<br />

gestione. Tale modificazione del modello di amministrazione e controllo è già stato stigmatizzato<br />

come un comodo escamotage per conservare il medesimo numero di “poltrone” preesistente (nella<br />

nostra ipotesi, si immagini la s.p.a. che aveva in origine sette componenti del Consiglio di<br />

Amministrazione, tre dei quali con funzioni delegate, oltre ai tre membri del collegio sindacale). E in<br />

effetti, la variazione del modello può risultate non commendevole rispetto all’obiettivo<br />

evidentemente sotteso alla norma – anche se certamente non tecnicamente elusiva – qualora la<br />

finalità sia quella puramente opportunistica di conservare le poltrone nel numero originario.<br />

Anche in questo caso si impone un approccio poliedrico, sfaccettato e orientato a valutare<br />

pragmaticamente la sostanza delle cose. Il punto cruciale dal punto di vista dell’erario, è che, prima<br />

ancora che le cariche, entia non sunt multiplicanda. Si immagini l’ipotesi – tratta da una fattispecie che<br />

ho avuto occasione di esaminare – di una società frutto della fusione per incorporazione in una<br />

società a partecipazione regionale di quattro società a partecipazione comunale ed una a<br />

partecipazione totalitaria di una provincia. In occasione di tale aggregazione, si era definito un<br />

assetto proprietario che prevedeva, in base al patto parasociale sottoscritto dai soci <strong>pubblici</strong>, che i<br />

comuni e la provincia potessero potesse esprimere complessivamente quattro consiglieri di<br />

amministrazione, mentre la Regione ne avrebbe nominati due, tra i quali il presidente; al socio<br />

privato spettava infine la nomina di tre consiglieri, tra i quali sarebbe stato scelto l’amministratore<br />

delegato.<br />

In tale ipotesi, l’adozione del sistema dualistico ha permesso di evitare l’alternativa – per<br />

alcuni versi drammatica e in definitiva ben più costosa per gli enti <strong>pubblici</strong> complessivamente intesi<br />

– di una scissione. Si è proceduto alla nomina di un consiglio di sorveglianza con nove componenti<br />

(i tre originari componenti del collegio sindacale oltre a due membri nominati, rispettivamente, da<br />

socio privato, Regione e comuni e provincia) e di un consiglio di gestione composto da tre<br />

componenti (di nomina, anche in questo caso paritaria, delle tre componenti, Regione, comuni e<br />

provincia e del socio privato, quest’ultimo destinato a divenire amministratore delegato).<br />

Questo tipo di evoluzione può essere positiva e commendevole ove si consideri che<br />

nell’ambito del consiglio di sorveglianza è possibile, eventualmente, prevedere anche una<br />

partecipazione diretta di enti, non solo di persone fisiche, ed possibile attribuire funzioni di alta<br />

ATTI DEL CICLO DEI CONVEGNI<br />

22<br />

<strong>La</strong> Governance <strong>nei</strong> <strong>servizi</strong> <strong>pubblici</strong> dicembre 2009

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