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La governance nei servizi pubblici locali - Confservizi Cispel Toscana

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Si possono poi immaginare partecipazioni in società con clausole di voto massimo. Ad<br />

esempio un altro statuto molto interessante di una società a prevalente partecipazione pubblica, in<br />

cui il socio pubblico deteneva il 60% e il socio privato il 40%, prevedeva una clausola di voto<br />

massimo pari al 40%, determinando dunque una sterilizzazione del voto della partecipazione<br />

eccedente (pari al 20%) del socio pubblico. Ma ad identico risultato si potrebbe pervenire anche<br />

mediante l’introduzione di un quorum deliberativo del 65% (che tuttavia nelle s.p.a. non potrebbe<br />

riguardare, ai sensi dell’art. 2369 c.c., le delibere di approvazione del bilancio e di nomina e revoca<br />

delle cariche sociali).<br />

O ancora, si sono riscontrate clausole non vi erano limitazioni di voto, ma si prevedeva che<br />

nel caso di cessione da parte del socio pubblico a soggetti privati, una parte delle azioni (pari al 50%<br />

delle stesse) si sarebbero automaticamente convertite in azioni a voto limitato nella sola assemblea<br />

straordinaria (in altri casi si sono più drasticamente configurate come azioni a voto risolutivamente<br />

condizionato in ipotesi di alienazione). Questo vuol dire che quando intendesse alienare la<br />

partecipazione, il socio pubblico non potrebbe valorizzare il premio di controllo incorporato nel suo<br />

60%, in quanto venderebbe una partecipazione che non dà al potenziale acquirente il controllo. Ciò<br />

significa che, in buona sostanza, il socio pubblico finirà per vendere la sua partecipazione soltanto<br />

all’altro attuale socio privato.<br />

Si tratta di previsioni i cui profili critici sono evidenti e tali da indurre ad un attento esame del<br />

potenziale danno erariale conseguente alla loro introduzione all’interno dell’atto costitutivo.<br />

8. Vengo infine al tema delle operazioni straordinarie, ed ai possibili corollari che esse<br />

possono implicare in termini di danno erariale. Al riguardo, l’operazione più importante, ricorrente e<br />

già evocata da altri relatori è quella della riduzione del capitale per perdite e successiva ricostituzione<br />

dello stesso.<br />

Il tema implica aspetti di carattere contabile che, nonostante abbia avuto l’onore presiedere<br />

una Facoltà di economia, trascendono le competenze di chi vi parla e che altri assai meglio<br />

tratteranno.<br />

Devo però segnalare che, anche alla luce dell’esperienza maturata sul versante professionale,<br />

l’operazione di vero depauperamento delle risorse pubbliche si riscontra non solo e non tanto<br />

nell’ipotesi di ripianamento delle perdite, ma anche e soprattutto quando il socio pubblico non<br />

proceda (o proceda solo) in parte alla ricapitalizzazione. E’ in questo ambito che emergono i<br />

maggiori rischi di indebiti favori per i soci privati e che si assiste alla dispersione dei valori<br />

patrimoniali (e amministrativi) incorporati nella partecipazione sociale per acquisire la quale erano<br />

ATTI DEL CICLO DEI CONVEGNI<br />

24<br />

<strong>La</strong> Governance <strong>nei</strong> <strong>servizi</strong> <strong>pubblici</strong> dicembre 2009

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