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Frammentazione del territorio da infrastrutture lineari. Indirizzi e - Ispra

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Questi interventi, come altri di portata minore quali sottopassi stra<strong>da</strong>li o attraversamenti di tipo<br />

diverso, hanno anche elevata efficacia funzionale, ma presentano costi molto elevati e spesso non<br />

sostenibili sia per ragioni di indisponibilità finanziaria reale, sia, soprattutto in alcune aree<br />

geografiche, per motivi di non disponibilità sociale e politica a sostenere spese molto alte per obiettivi<br />

esclusivamente naturalistici.<br />

Ben diversamente si presenta la questione, quando gli interventi di riduzione <strong>del</strong>la frammentazione<br />

sugli ecosistemi causata <strong>da</strong> una stra<strong>da</strong> (SI PUO’ GENERALIZZARE AD ALTRE<br />

INFRASTRUTTURE?) vengono previsti nel progetto ed inseriti nell’opera nel corso <strong>del</strong>la<br />

realizzazione. In questo caso c’è un enorme abbattimento dei costi, soprattutto per alcuni tipi di<br />

interventi: ad esempio l’inserimento di un tubo in calcestruzzo <strong>del</strong> diametro di 40 cm (con funzione di<br />

mini tunnel per la fauna di piccola taglia) in un rilevato stra<strong>da</strong>le può presentare difficoltà tecniche e<br />

costi molto elevati se deve essere collocato post operam, ma tali difficoltà e costi sono praticamente<br />

nulli se l’intervento viene effettuato durante la fase di costruzione <strong>del</strong> rilevato stesso. Così come un<br />

forte risparmio economico è conseguibile anche nel caso di realizzazione di recinzioni laterali o di<br />

muri di sostegno, introducendo durante la costruzione tutti gli accorgimenti necessari a ridurre il<br />

rischio che questi elementi si rivelino barriere insormontabili (occlusioni ecosistemiche) nei confronti<br />

<strong>del</strong>la fauna.<br />

Strumenti tecnici di recente elaborazione, come il PDO - Profilo di Occlusione Ecosistemica <strong>del</strong>le<br />

<strong>infrastrutture</strong> (Romano et alii, 2009), sono utilizzabili anche su strade già esistenti, ma sono diretti<br />

espressamente ai progetti stra<strong>da</strong>li come elaborato di corredo essenziale a supporto <strong>del</strong>le Valutazioni di<br />

Impatto Ambientale e <strong>del</strong>le Valutazioni di Incidenza Ambientale. Il PDO consente infatti di simulare il<br />

livello di frammentazione ecosistemica dovuto al progetto e di introdurre in esso tutte le variazioni<br />

tecniche ritenute di volta in volta necessarie per limitare al massimo l’effetto-barriera che la stra<strong>da</strong><br />

produce sul quadro ambientale di incidenza.<br />

Come già anticipato, l’argomento degli effetti di cesura che le <strong>infrastrutture</strong> <strong>lineari</strong> causano verso gli<br />

assetti ecosistemici è inserito nel filone scientifico <strong>del</strong>l’ecologia stra<strong>da</strong>le (Forman, 2002) che analizza<br />

l’interazione tra organismi, ambiente, strade e veicoli: la road ecology esplora e indirizza le relazioni<br />

tra l’ambiente naturale e il sistema infrastrutturale cercando soluzioni applicabili appunto in fase di<br />

progettazione di strade, autostrade e ferrovie o finalizzate alla mitigazione degli effetti di opere già<br />

realizzate. I principali effetti negativi sugli ecosistemi indotti <strong>da</strong>lla presenza di strade possono essere<br />

sintetizzati in: inquinamento chimico, inquinamento acustico, invasione di specie alloctone, presenza<br />

di micro discariche, perdita di habitat e riduzione <strong>del</strong>la loro qualità, mortalità faunistica,<br />

frammentazione ambientale e perdita di connettività.<br />

Mentre le prime quattro ripercussioni negative si hanno indipendentemente <strong>da</strong>lla collocazione<br />

geografica <strong>del</strong>l’infrastruttura, l’incidenza di fenomeni come la mortalità faunistica, la perdita e la<br />

frammentazione di habitat aumenta notevolmente laddove sono rilevabili <strong>del</strong>le sovrapposizioni o dei<br />

punti di tangenza tra la rete infrastrutturale e le linee di connettività ecologica mono o multispecifica.<br />

In tutti quei siti in cui i tracciati viari attraversano o costeggiano zone potenzialmente identificabili<br />

secondo una diffusa nomenclatura sulle reti ecologiche come core areas, buffer zone, wildlife<br />

corridor, stepping stones o semplici restoration areas, è infatti particolarmente accentuato il disturbo<br />

arrecato ai popolamenti faunistici i cui spostamenti lungo le direttrici naturali sono intralciati <strong>da</strong>lla<br />

presenza di ostacoli <strong>lineari</strong> di origine antropica. Per questo, una volta individuate le zone che<br />

presumibilmente manifestano una maggiore criticità, è opportuno approfondire le in<strong>da</strong>gini attraverso<br />

metodi stan<strong>da</strong>rdizzati e riproducibili che consentono di comparare i risultati ottenuti in contesti diversi<br />

ed elaborare strategie d’intervento comuni.<br />

Se la frammentazione causata <strong>da</strong>lle <strong>infrastrutture</strong> <strong>lineari</strong> è gestibile essenzialmente a livello<br />

progettuale, alcuni effetti correlati hanno necessità di essere affrontati alla scala <strong>del</strong> piano. E’ il caso<br />

degli addensamenti urbani con geometria lineare che vengono in genere indotti <strong>da</strong>lla collocazione di<br />

nuove direttrici viarie e la cui azione di frammentazione ambientale è ben più corposa e irreversibile di<br />

quanto non sia quella causata <strong>da</strong>lla viabilità o <strong>da</strong> altre opere a rete.<br />

In questo caso il ruolo <strong>del</strong>la pianificazione, sia strutturale che operativa, è irrinunciabile,<br />

principalmente con l’uso di tecniche di perequazione e compensazione ambientale che consentano di<br />

ottenere, in primo luogo, esiti di contenimento spaziale <strong>del</strong>le parti insediate e di salvaguardia dei<br />

varchi residuali tra ecosistemi di valore effettivo e potenziale. Si tratta di obiettivi che il piano deve<br />

“imparare” a gestire in forza di esigenze in parte estranee e non consoli<strong>da</strong>te nella cultura tradizionale<br />

di gestione <strong>del</strong>le trasformazioni territoriali, ma non più derogabili in un contesto che richiede la tutela<br />

<strong>del</strong>la biodiversità in forma complessa e problematica.<br />

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