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acta ordinis fratrum minorum - OFM

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310 AN. CXXIII – SEPTEMBRIS-DECEMBRIS 2004 – FASC. III<br />

temporis spatio a die V mensis Septembris<br />

a. D. MMIV usque ad hunc diem; contrariis<br />

quibuslibet minime obstantibus.<br />

Datum Romæ, ex ædibus eiusdem Congregationis,<br />

die XIV mensis Decembris, a.<br />

D. MMIV.<br />

ZENON CARD. GROCHOLEWSKI<br />

Praefectus<br />

+ J. MICHAEL MILLER<br />

a Secretis<br />

2. Eucaristia per l’inaugurazione dell’anno<br />

accademico 2004-2005 del PAA<br />

PAA, Roma, 11.10.2004<br />

DONACI, SIGNORE,<br />

LA SAPIENZA DEL CUORE<br />

Gal 4, 22-24. 26-27. 31; 5.1; Lc 11, 29-32<br />

Carissimi Docenti, Studenti e Officiali,<br />

il Signore vi dia pace.<br />

Come sempre, nel giorno di inaugurazione<br />

dell’anno accademico, invochiamo la<br />

presenza dello Spirito, perché ci conceda il<br />

dono della sapienza, della «vera sapienza»<br />

(cf colletta della Messa votiva dello Spirito<br />

Santo), Regina di tutte le virtù (cf SalV 1),<br />

affinché possiamo comprendere ciò che<br />

piace a Dio, ciò che a Lui è veramente gradito<br />

e perfetto (cf Rm 12, 2).<br />

Ma che cosa chiediamo quando invochiamo<br />

il dono della sapienza? Per rispondere<br />

vorrei che ci lasciassimo guidare dal<br />

“maestro” Francesco. Il Poverello, infatti,<br />

personifica la sapienza e la identifica col Figlio<br />

di Dio, «vera sapienza del Padre» (1Lf<br />

8; 2Lf 67). Per Francesco la sapienza non si<br />

confonde con una dottrina o con un sottile<br />

ragionamento; se così fosse, i dotti sarebbero<br />

i soli a possederla e i semplici non potrebbero<br />

mai acquisirla. Poiché, invece, la<br />

sapienza è il Figlio di Dio, possedere la sapienza<br />

vuol dire vivere un rapporto personale<br />

con il Figlio di Dio, avere lo stesso Figlio<br />

di Dio in se stessi e questo porta ad<br />

operare il bene più che ad una particolare<br />

conoscenza.<br />

Chi conosce molte cose, ma non mette in<br />

pratica quello che sa, ha la “sapienza della<br />

carne”, la “sapienza di questo mondo”, contro<br />

la quale Francesco ci mette in guardia:<br />

«Difendiamoci dalla sapienza di questo<br />

mondo e della prudenza della carne. Lo spirito<br />

della carne, infatti, vuole e si preoccupa<br />

molto di possedere parole, ma poco di attuarle,<br />

e cerca non la religiosità e la santità<br />

interiore dello spirito, ma vuole e desidera<br />

una religiosità e una santità che appaia al di<br />

fuori agli uomini. È di questi che il Signore<br />

dice: In verità vi dico hanno ricevuto la loro<br />

ricompensa. Lo spirito del Signore invece<br />

… ricerca l’umiltà e la pazienza, la pura<br />

semplicità e la vera pace dello spirito, e<br />

sempre desidera sopra ogni cosa il divino timore<br />

e la divina sapienza e il divino amore<br />

del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo»<br />

(Rnb 17,10-16).<br />

Il testo di Francesco è fortemente dialettico:<br />

vi è opposizione tra lo spirito della carne<br />

e quello del Signore; tra la sapienza di<br />

questo mondo e quella divina; tra lo studere<br />

proprio dello spirito della carne e quello<br />

dello spirito del Signore. Per Francesco, infatti,<br />

lo studium francescano, e non solo<br />

quello, è costituito da uno studere che non è<br />

rivolto esclusivamente alla dottrina e alla<br />

speculazione, ma è ricerca, sollecitudine,<br />

cura, attenzione costante e decisa. Studere<br />

significa favorire e agevolare il cammino di<br />

tutto l’uomo alla sequela di Gesù Cristo. In<br />

questo senso lo studere di Francesco ha a<br />

che fare con l’umiltà, la pazienza, la pura e<br />

semplice pace dello spirito (cf Rnb 17); e la<br />

sapienza, la «vera sapienza», è inseparabile<br />

da queste virtù. Per Francesco, allora, chi<br />

studia, nel suo modo di vivere e di parlare,<br />

deve rimandare a Cristo e di lui farsi trasparenza.<br />

Deve esistere per Cristo e farsi sua<br />

immagine e similitudine. In tale prospettiva<br />

di senso, ci rendiamo conto come il Corpo<br />

di Cristo (da Betlemme al Calvario) fosse il<br />

libro dello studere di Francesco e capiamo<br />

anche quanto scrive ad Antonio: «Mi piace<br />

che insegni sacra teologia … purché in questo<br />

studio, non venga estinto lo spirito della<br />

santa orazione e devozione» (LAn).<br />

Carissimi, all’inizio di questo anno accademico<br />

il Vangelo, appena ascoltato, ci in-

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