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J.R.R. Tolkien Un'epica per il nuovo millennio - Antarès, Prospettive ...

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nella esistenza di queste specifi che “radici” di tale genere letterario.<br />

Nessun’altra spiegazione riesce ad essere convincente come<br />

questa <strong>per</strong> capire veramente un fenomeno che travalica le “mode”<br />

del momento e <strong>il</strong> succedersi delle varie generazioni di lettori in<br />

tutto <strong>il</strong> mondo. Certo, vi sono alti e bassi, i momenti di “stanca”<br />

ed i picchi d’interesse, <strong>il</strong> <strong>per</strong>icolo della ripetitività, ma né più né<br />

meno di altri tipi di narrativa popolare, ma nel nostro caso con un<br />

quid aggiuntivo: appunto le sue origini <strong>per</strong> così dire nob<strong>il</strong>i. Esse,<br />

come ho avuto occasione di dire più volte, sono comuni anche<br />

agli altri aspetti dell’Immaginario, quali possono essere la fantascienza<br />

e l’orrore, ma nel fantastico<br />

si rifanno più direttamente, quasi<br />

senza mediazione, alle origini mitiche.<br />

Questo particolare spiega anche<br />

<strong>per</strong>ché <strong>per</strong> capire ed apprezza-<br />

re come si conviene la fantasy non<br />

si può assolutamente dimenticare<br />

<strong>il</strong> metodo d’interpretazione simbolica<br />

(che è stata defi nita anche<br />

neo-simbolica o simbolico-tradizionale),<br />

oltre a quella puramente<br />

letteraria che si basa sui criteri noti<br />

della critica corrente: st<strong>il</strong>e, tematiche,<br />

caratteristiche linguistiche,<br />

psicologia dei <strong>per</strong>sonaggi, novità<br />

della trama e così via.<br />

La compressione secolare<br />

dell’immaginazione nell’Occidente<br />

non ha retto all’arrivo sulla<br />

scena di J. R. R. <strong>Tolkien</strong>: la pubblicazione<br />

del suo Signore degli anelli,<br />

prima nel 1954-5 in edizione<br />

inglese r<strong>il</strong>egata e poi nel 1965 in<br />

edizione americana tascab<strong>il</strong>e diffusa<br />

a livello popolare in centinaia<br />

di migliaia di copie, ha sollevato <strong>il</strong><br />

co<strong>per</strong>chio di una pentola a pressione:<br />

attraverso le sue pagine, lettori<br />

e <strong>il</strong>lustratori, narratori e musicisti<br />

hanno risco<strong>per</strong>to la bellezza delle<br />

fi gure primordiali, degli scenari mitici, da troppo tempo assenti,<br />

o latenti, o sommersi, nella cultura occidentale. Avevano bisogno<br />

di un <strong>nuovo</strong> sfogo, e alla fi ne lo trovarono. In sostanza, <strong>per</strong> usare<br />

un termine entrato nel linguaggio comune, l’o<strong>per</strong>a di <strong>Tolkien</strong> ha<br />

“sdoganato”, ma anche “nob<strong>il</strong>itato”, la fantasy, divenendo addirittura<br />

un fenomeno di costume a livello mondiale.<br />

Si capisce allora <strong>il</strong> motivo della ost<strong>il</strong>ità, prima contenuta poi<br />

espressa, dell’intellettualità dominante soprattutto in Italia:<br />

l’o<strong>per</strong>a tolkieniana in particolare, e quindi la letteratura fantasy<br />

ed heroic fantasy in generale, rappresentava un qualcosa di sconosciuto<br />

alla loro mentalità e quindi – in quanto tale – un nemico<br />

da combattere quasi istintivamente: un sentimento al quale<br />

subito dopo hanno cercato di dare una spiegazione razionale ricorrendo<br />

all’unico parametro che gli intellettuali moderni sanno<br />

usare, vale a dire quello ideologico e addirittura politico. Per demonizzare<br />

e quindi mettere all’indice un intero genere letterario<br />

ed i suoi autori più rappresentativi (<strong>per</strong> non parlare dei poveri<br />

lettori), si sono cercate così spiegazioni grottesche e paradossali,<br />

sovente abnormi, che si rifacevano all’unica griglia interpretativa<br />

nota, quella che da un lato si rifà ai parametri reale/razionale e<br />

“<br />

Il vantaggio del<br />

fantasy rispetto<br />

ad altri generi<br />

letterari è di<br />

attingere direttamente<br />

alle<br />

radici del mito<br />

”<br />

8<br />

n. 03/2012<br />

dall’altro ai criteri extraletterari ideologico-politici. Un’o<strong>per</strong>azione<br />

che, <strong>per</strong> fortuna, non riuscì nel suo scopo di boicottare e<br />

chiudere in un ghetto infamante lettori ed autori, e che oggi si<br />

ritorce sui suoi stessi promotori: se ne videro gli eff etti in occasione<br />

delle celebrazioni del centenario della nascita di <strong>Tolkien</strong>, a<br />

metà degli Anni Novanta, e in occasione della proiezione dei fi lm<br />

di Jackson, allorché gli antichi “nemici” del professore di Oxford<br />

si profusero in elogi e riconoscimenti della sua o<strong>per</strong>a, anche se si<br />

guardarono bene dal fare pubblica ammenda delle accuse con cui,<br />

all’inizio degli Anni Settanta, ingiustamente lo investirono. Ma si<br />

sa: agli intellettuali di professione<br />

non piace – fi dandosi della memoria<br />

corta generale – ammettere<br />

in pubblico di aver sbagliato, <strong>per</strong><br />

di più in modo così clamoroso e<br />

vergognoso...<br />

La conclusione è allora che, se<br />

anche oggi certe crociate, assurde<br />

e ridicole, non vengono più promosse,<br />

esistono <strong>per</strong>ò ancora dei<br />

censori in sedicesimo che non<br />

demordono, ma questa volta sono<br />

loro, sì, in un angolino, ma <strong>per</strong><br />

esservisi autoconfi nati. L’atteggiamento<br />

originario della critica<br />

cosiddetta “m<strong>il</strong>itante” ha comunque<br />

portato ad una conseguenza<br />

concreta: al suo non aver mosso<br />

nemmeno un passo nella direzione<br />

di una vera analisi e comprensione<br />

profonda del signifi cato e<br />

delle funzioni della letteratura<br />

fantastica e, quindi, non aver prodotto<br />

in Italia nulla di veramente<br />

signifi cativo e innovativo sul piano<br />

della critica nel corso di oltre<br />

quarant’anni. All’epoca – i lettori<br />

più giovani non lo possono certo<br />

sa<strong>per</strong>e – si era giunti al punto tale<br />

che <strong>il</strong> semplice citare alcuni nomi<br />

di autori non “politicamente corretti” (come si usa di re oggi)<br />

portava inevitab<strong>il</strong>mente all’anatema e all’ostracismo: quasi non<br />

si discutevano le teorie espresse, ma ci si basava solo sul nome, non<br />

si andava alla sostanza ma ci si limitava all’apparenza: hai citato<br />

Tizio, hai messo in nota Caio, ebbene allora sei fuori della convivenza<br />

civ<strong>il</strong>e. Altri tempi, si dirà. Certo, ma è bene sa<strong>per</strong>e che sono<br />

esistiti, che ne sopravvive la documentazione e ancora in certuni<br />

la memoria, e che non bisogna dimenticarli in modo che non si<br />

possano più ripresentare. Ma non vorrei che questa mia fosse una<br />

pia <strong>il</strong>lusione. Il fatto è che i vecchi cattivi maestri hanno allevato<br />

dei pessimi giovani discepoli che, avendo imparato a leggere<br />

e scrivere, adesso tentano di imporre, con gli stessi metodi, una<br />

nuova egemonia <strong>il</strong> cui unico scopo è la caccia alle streghe: delegittimare<br />

con ogni mezzo coloro che non la pensano come loro.<br />

(1) La metamorfosi del mito è ormai accettata anche dalla più seria cultura<br />

italiana: si veda la collana di Mars<strong>il</strong>io, i testi monografi ci del classicista<br />

Maurizio Bettini e di recente <strong>il</strong> volume di Fumagalli Beonio Brocchieri e<br />

Guidorizzi, Corpi gloriosi (Laterza, 2012), dove si descrive la trasformazione<br />

degli eroi greco-latini in santi cristiani.

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