Focus - Agricoltura - Regione Lazio

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Lazio / informazione ocus 8 F DALLA CONVENZIONE DI RIO AD OGGI DALLA CONVENZIONE DI RIO DE JANEIRO DEL 1992, AL PIANO NAZIONALE SULLA BIODIVERSITÀ DI INTERESSE AGRARIO (PNBA) DEL 1994, FINO ALL’ATTUAZIONE DEI PIANI DI SVILUPPO RURALE: IL LUNGO PERCORSO PER LA TUTELA DELLE DIVERSITÀ BIOLOGICHE, TRA OPPORTUNITÀ DI CRESCITA E GRANDI OSTACOLI. Alessandra Bianchi D.R. Agricoltura, Area servizi tecnici e scientifici, servizio fitosanitario regionale La Convenzione internazionale sulla biodiversità di Rio De Janeiro (1992), ratificata anche dallo Stato italiano (Legge n. 124 del 14.02.1994), richiede ai Paesi firmatari di sviluppare strategie, piani e programmi per la conservazione della biodiversità e per l’uso sostenibile delle risorse, a vantaggio delle generazioni presenti e future. In attuazione della Convenzione di Rio De Janeiro, nel 2008 il Ministero per le Politiche Agricole Alimentari e Forestali (Mipaaf), con l’approvazione della Conferenza Stato- Regioni, ha varato il “Piano Nazionale sulla Biodiversità di interesse Agrario” (PNBA). Con l’ambizioso obiettivo di coordinare tutte le iniziative messe in campo dai vari soggetti istituzionali che si occupano di biodiversità in
ocus F agricoltura, il Piano rappresenta una grande occasione di confronto delle esperienze maturate, soprattutto a livello regionale, e di raccordo delle azioni da mettere in atto per salvare le molte varietà e razze tradizionali di cui l’Italia è ricca, a vantaggio dello sviluppo rurale e dell’agricoltura sostenibile. Il confronto e il coordinamento delle azioni rappresentano, dunque, l’approccio distintivo del PNBA italiano. Un approccio strategico ritenuto imprescindibile poiché basato sulla consapevolezza che la tutela della biodiversità sia ancora oggi una materia poco conosciuta, e che le esperienze in letteratura siano molto spesso reperibili da altri continenti e da situazioni socio-economiche molto diverse. E’ da considerare, infatti, che la maggiore ricchezza di biodiversità agraria sia concentrata nelle regioni mediterranee, e in particolare in Italia. Questo ha determinato da parte di molti Paesi europei, una scarsa sensibilità alle problematiche di tutela, dimostrata dal numero esiguo di iniziative fin qui messe in atto e dalla diffusa disponibilità degli Stati membri ad autorizzare l’impiego in agricoltura di organismi geneticamente modificati, un fattore di grave appiattimento della diversità genetica e di inquinamento delle varietà locali. Un altro aspetto che contribuisce alle difficoltà fin qui riscontrate a favore di una politica condivisa in difesa della biodiversità è il carattere strettamente locale su cui si concentrano gli interessi in gioco. Le varietà locali a rischio oggi sopravvivono in piccoli orti famigliari, vengono coltivate, così come in passato, su superfici relativamente piccole, poiché adattate a determinati tipi di ambienti agricoli, a differenza di alcune cultivar moderne diffuse in intere regioni o addirittura in continenti. Dunque l’interesse a difendere le peculiarità di queste coltivazioni è di carattere strettamente locale, nonostante sia chiara e diffusa la consapevolezza della grande importanza che riveste la biodiversità per la sopravvivenza della vita dell’uomo. La necessità di un coordinamento delle molteplici azioni attuate negli ultimi dieci anni dalle Regioni italiane e da altri enti locali per salvaguardare la biodiversità agraria, si è fatta sentire in particolar modo a partire dal 2004 con l’avvio del primo Piano di Sviluppo Rurale. Con l’attuazione della nuova programmazione agricola, infatti, le iniziative di salvaguardia della biodiversità dirette alle aziende agricole attraverso il sostegno all’allevamento e alla coltivazione di risorse genetiche autoctone, sono state sottoposte alla lente di ingrandimento dell’Unione Europea. Un’azione benefica quella dell’Unione Europea che però finora ha dato ben pochi risultati in termini di inversione dei processi di erosione genetica, a causa dei numerosi vincoli posti sui regimi di aiuti. Per quanto riguarda l’attuazione del PNBA, in una prima fase si è proceduto alla costituzione di un Comitato permanente, con rappresentanti dei ministeri delle Politiche agricole e dell’Ambiente, delle istituzioni scientifiche e delle Regioni, tra cui il Lazio, avente i compiti di concentrare le proposte progettuali di intervento in materia, di Lazio / informazione 9
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