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Focus - Agricoltura - Regione Lazio

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CAVALLO ROMANO<br />

DELLA MAREMMA LAZIALE<br />

Discendente da antiche popolazioni equine locali già attestate in epoca<br />

etrusca, il Cavallo Romano trae origine dal difficile ambiente paludoso e<br />

malarico delle Maremme.<br />

Sopravvissuto ai grandi<br />

interventi di bonifica effettuati<br />

tra il XVI ed il XX sec. nell’Agro<br />

Pontino e nella Campagna<br />

Romana e all’abbandono<br />

dovuto alla sostituzione della<br />

trazione animale con quella<br />

meccanica, il Cavallo Romano<br />

rappresenta il simbolo dei grandi spazi e dell’allevamento brado.<br />

È un cavallo da lavoro straordinariamente resistente alle fatiche, alle malattie<br />

ed alle avversità di un ambiente difficile come l’antica palude che si<br />

estendeva per centinaia di chilometri lungo il litorale laziale.<br />

Le sue doti di robustezza, velocità ed agilità sono state da sempre sfruttate<br />

dagli abilissimi butteri, che sono i mandriani addetti al governo dei bovini<br />

Maremmani, che ancora oggi vengono allevati allo stato brado nelle<br />

Maremme. A testimonianza di quale padronanza avessero i butteri nella<br />

monta del Cavallo Romano, nel 1890 un gruppo di mandriani di Cisterna,<br />

capeggiato da Augustarello, sfidò e vinse in abilità il celebre Buffalo Bill di<br />

passaggio a Roma con il suo circo “Wild West”.<br />

Il Cavallo Romano della Maremma Laziale presenta mantello baio in tutte le<br />

sue gradazioni, morello, sauro e grigio; statura compresa tra m 1,55 e m 1,65<br />

per i maschi, tra m 1,50 e m 1,62 per le femmine. Ha testa ben attaccata,<br />

leggermente pesante e allungata, con profilo tipicamente montonino; collo<br />

muscoloso, grosso, arcuato, criniera lunga e folta; andatura<br />

energica. Di temperamento docile e coraggioso, il Cavallo<br />

Romano è utilizzato per il lavoro, nella gestione del<br />

bestiame brado, ma è anche adatto per il turismo<br />

equestre, il tiro leggero, i lavori agricoli.<br />

CAVALLO TOLFETANO<br />

Il Cavallo Tolfetano deriva il suo nome dalla zona a Nord di Roma dei<br />

Monti della Tolfa che fu caratterizzata dalla civiltà etrusca e<br />

successivamente da quella romana.<br />

La presenza degli equini nella Tolfa è antichissima ed è testimoniata da<br />

reperti archeologici di epoca preromana.<br />

La storia del Cavallo Tolfetano si sviluppa parallelamente a quella del<br />

Cavallo Romano della Maremma Laziale.<br />

Il Tolfetano, infatti, ha mantenuto la sua diversità e le sue peculiarità in<br />

quanto strettamente legato agli agro-silvo-ecosistemi collinari<br />

dell’entroterra tirrenico,<br />

costituiti da macchie<br />

boschive o pascoli marginali<br />

rifiutati dai bovini. In tali<br />

difficili habitat gli<br />

imponenti Cavalli Romani<br />

non riuscivano a esprimere<br />

il massimo della loro<br />

attitudine, mentre i<br />

Tolfetani, meno esigenti, si sono meglio adattati. Per la popolazione<br />

umana che viveva in questo territorio il cavallo rappresentava un<br />

elemento fondamentale per un’agricoltura di sussistenza.<br />

La particolare gestione in forma collettiva del territorio ha permesso<br />

una conservazione e utilizzazione del Tolfetano a bassi costi di<br />

mantenimento e di acquisto, determinando così un fenotipo molto<br />

rustico rimasto immutato negli ultimi secoli.<br />

Il Cavallo Tolfetano presenta mantello morello o baio, variabile da chiaro<br />

a scuro; altezza al garrese di m 1,48 per i maschi e di<br />

m 1,45 per le femmine; la testa è proporzionata,<br />

anche con profilo montonino; la sua andatura è<br />

energica, elastica e agile. Originariamente<br />

impiegato per la soma e per il governo del<br />

bestiame, attualmente il Tolfetano viene utilizzato<br />

per la sella e la produzione di carne.<br />

CAVALLO APPENNINICO DEL CICOLANO<br />

Il Cavallo Appenninico del<br />

Cicolano ha antiche origini<br />

protostoriche, e in epoca<br />

romana, secondo Varrone, le<br />

giumente delle montagne del<br />

reatino e gli asini di Rieti erano<br />

ritenuti ottimi riproduttori per<br />

ottenere muli molto ricercati.<br />

Questo tipo genetico autoctono<br />

equino storicamente è sempre stato allevato allo stato brado, quindi<br />

sottoposto per secoli ad una severa selezione naturale operata dall’ambiente,<br />

unitamente alla selezione artificiale attuata dall’uomo a fini produttivi (soma,<br />

traino, carne e produzione mulina) esercitata su tutti i riproduttori di ambo i<br />

sessi. Questa duplice combinazione selettiva ha permesso di mantenere<br />

fenotipicamente stabile le principali caratteristiche di questa popolazione,<br />

sebbene siano avvenuti ripetuti tentativi di incrocio, fino dagli anni ’80 del<br />

secolo passato, con stalloni di varie razze da tiro. Malgrado queste<br />

introgressioni di genoma brachimorfo, le forti pressioni selettive di tipo<br />

ambientale e antropico, insite nell’allevamento completamente brado, hanno<br />

favorito il permanere delle peculiari caratteristiche somatiche e adattative<br />

ancestrali.<br />

Le principali caratteristiche morfologiche di questo cavallo sono<br />

rappresentate da un’altezza al garrese variabile nei soggetti adulti da m 1,50<br />

a m 1,60; dal mantello intero baio, sauro, grigio e morello; da una testa<br />

leggermente voluminosa, con profilo tendenzialmente montonino o diritto; dal<br />

collo muscoloso, di media lunghezza e ben proporzionato; dal garrese<br />

mediamente rilevato e rivestito da masse muscolari; dalla spalla<br />

tendenzialmente diritta; dal tronco sviluppato e proporzionato alla statura,<br />

con torace profondo; dal dorso leggermente depresso, con<br />

groppa inclinata; dagli arti proporzionati con appiombi<br />

corretti e dotati di zoccoli larghi e durissimi.<br />

Questi aspetti somatici, uniti ad estrema docilità e<br />

reattività nei movimenti durante il lavoro, confermano le<br />

attitudini produttive di questo cavallo di montagna.

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