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LE RAGIONI DELLA FILOSOFIA Volume II LA RIVOLUZIONE ...

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Infrangendo una tradizione millenaria e attraverso un faticosissimo<br />

cammino che si protrarrà per diversi anni (durante i quali Keplero<br />

approfondisce anche altri argomenti, come l’ottica, per la rilevanza di<br />

questa disciplina ai fini delle osservazioni astronomiche) e di cui fornisce<br />

un dettagliato resoconto nella sua opera, egli arriva dunque a stabilire che<br />

l’orbita di un pianeta ha la forma di un’ellisse di cui il Sole occupa uno dei<br />

fuochi. Questa conclusione è nota come prima legge di Keplero.<br />

Nel lungo percorso che lo porta alla scoperta della forma ellittica<br />

delle orbite planetarie, Keplero arriva anche a formulare, già nel 1602,<br />

quella che (nonostante sia la prima) è invece nota come seconda legge di<br />

Keplero: la linea che congiunge un pianeta con il Sole, o raggio vettore,<br />

descrive aree uguali in tempi uguali. Con questa legge Keplero riusciva a<br />

rendere conto di quanto risultava dai dati dell’osservazione, cioè della<br />

natura non uniforme del moto dei pianeti, e del modo in cui la loro velocità<br />

variava a seconda della distanza a cui si trovavano dal Sole lungo la propria<br />

traiettoria orbitale. Ma Keplero non si ferma a questa descrizione<br />

“geometrica”, cerca anche di chiarire la causa fisica della variazione di<br />

velocità dei moti orbitali e a tale scopo ricorre a “facoltà magnetiche”,<br />

ispirandosi al De Magnete pubblicato nel 1600 dall’inglese William Gilbert.<br />

Più precisamente Keplero attribuisce al Sole -- che teorizza che ruoti su sé<br />

stesso portandosi dietro nel suo moto i pianeti come se li sferzasse --<br />

un’emanazione magnetica, che attrae i pianeti (immaginati come piccoli<br />

magneti) quando i poli opposti sono più vicini, e li respinge leggermente per<br />

il resto dell’orbita:<br />

Dalla geometria appresi che una tale traiettoria viene descritta<br />

se si assegna al motore proprio dei pianeti la funzione di far oscillare il<br />

corpo lungo la linea retta che termina nel Sole. […] La mia costruzione<br />

fu infine terminata con l’aggiunta del tetto quando dimostrai che questa<br />

oscillazione [librazione] deve essere prodotta da una facoltà magnetica<br />

corporea. I motori che sono propri dei pianeti appaiono in tal modo<br />

essere, con ogni probabilità, affezioni degli stessi corpi planetari, simili<br />

a quell’affezione che è nel magnete che tende verso il polo e attrae il<br />

ferro. In tal modo tutto il sistema dei movimenti celesti è governato da<br />

facoltà meramente corporee, ossia magnetiche. Fa eccezione solo la<br />

rotazione locale del corpo Sole, per spiegare la quale sembra sia<br />

necessaria la forza proveniente da un’anima (J. Kepler, Astronomia<br />

nova, in P. Rossi, a cura di, La rivoluzione scientifica: da Copernico a<br />

Newton, cit., pp. 165-6).<br />

Con la sostituzione delle orbite circolari di Tolomeo, Copernico e<br />

Brahe con le orbite ellittiche, e del moto uniforme dei pianeti attorno a un<br />

punto (posto al centro o vicino al centro) con la legge di uniformità della<br />

velocità areale (la <strong>II</strong> legge di Keplero), veniva dunque eliminata ogni<br />

necessità di ricorrere a espedienti come erano stati gli eccentrici, gli epicicli<br />

o gli equanti dell’astronomia precedente. Come osserva Kuhn,<br />

Per la prima volta una singola curva geometrica, non combinata<br />

con altre curve, e una singola legge di moto bastano a prevedere la<br />

posizione dei pianeti, e per la prima volta queste previsioni sono in<br />

perfetto accordo con le osservazioni disponibili. La semplicità e l’unità<br />

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