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LE RAGIONI DELLA FILOSOFIA Volume II LA RIVOLUZIONE ...

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gli strumenti adatti, come il mondo è veramente fatto.<br />

Scienza, filosofia e fede (2): il “Dialogo”, la condanna e l’abiura<br />

Quando Galileo scrive Il Saggiatore la situazione politica era decisamente<br />

migliorata. Nel 1621 era morto il cardinale Bellarmino, e nel 1623 era stato<br />

eletto come nuovo Papa, con il nome di Urbano V<strong>II</strong>I, il cardinale Maffeo<br />

Barberini, che aveva in più occasioni manifestato la sua stima per Galileo.<br />

Nel nuovo clima di maggiore tolleranza che si era instaurato, Galileo si<br />

sentì incoraggiato a proseguire la sua opera in difesa del copernicanesimo e<br />

in particolare a sviluppare il progetto della stesura di un Dialogo sopra il<br />

flusso e il riflusso delle maree, con il quale aveva l’intenzione di mettere<br />

definitivamente a tacere gli oppositori della dottrina del moto della Terra.<br />

Era infatti sua ferma convinzione che la spiegazione del fenomeno delle<br />

maree sulla base del moto della Terra costituisse l’argomento fisico decisivo<br />

a favore dell’ipotesi copernicana. Sotto tale rispetto egli era in errore, ma si<br />

può comprendere come, fedele al suo metodo scientifico, il “nuovo uomo di<br />

scienza” Galileo non potesse accettare la spiegazione che si basava su non<br />

ben determinati “influssi” da parte della Luna, che all’epoca apparivano<br />

alquanto misteriosi e a Galileo sembravano dello stesso genere delle qualità<br />

occulte del sapere magico.<br />

Il testo sarà pronto agli inizi del 1630, ma Galileo dovrà aspettare il<br />

1632 per ottenere l’autorizzazione alla stampa, e dovrà accettare di cambiare<br />

il titolo in Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, tolemaico e<br />

copernicano. L’opera è scritta in volgare, in quanto non è diretta ai ristretti<br />

ambienti accademici ma al pubblico ben più vasto della borghesia, del clero<br />

e delle corti. Da qui anche il tono colloquiale che è favorito dalla struttura<br />

del testo, che riproduce, sotto forma di dialogo, il dibattito tra tre<br />

protagonisti: Sagredo (ispirato al patrizio veneziano Giovan Francesco<br />

Sagredo, nel cui palazzo si immagina svolgersi la discussione), che raffigura<br />

l’intellettuale libero e senza pregiudizi; Salviati (ispirato al fiorentino<br />

Filippo Salviati) che impersona lo scienzato che argomenta in modo calmo e<br />

misurato a favore della dottrina copernicana; e Simplicio, l’unico<br />

personaggio fittizio, che rappresenta il difensore della tradizione aristotelica,<br />

e che pur non essendo uno sprovveduto teme ogni novità che vada contro il<br />

sapere costituito. Per esempio, a Salviati che argomenta contro la distinzione<br />

aristotelica tra il mondo celeste immutabile e incorruttibile e il mondo<br />

terreno soggetto al mutamento e alla corruzione, Simplicio risponde:<br />

Questo modo di filosofare tende alla sovversion di tutta la<br />

filosofia naturale, ed al disordinare e mettere in con quasso il cielo e la<br />

Terra e tutto l’universo. Ma io credo che i fondamenti de i Peripatetici<br />

sien tali, che non ci sia da temere che con la rovina loro si possano<br />

costruire nuove scienze (G. Galilei, Dialogo sopra i due massimi sistemi,<br />

in Opere, cit. , V<strong>II</strong>, p. 62).<br />

Simplicio rappresenta tipicamente la mentalità che predilige il valore<br />

dell’autorità alla lezione del ragionamento e dell’esperienza. Se si lascia<br />

l’autorità di Aristotele, chiede a un certo punto Simplicio, su quale altra<br />

autorità basarsi, “chi ne ha da essere scorta nella filosofia”? La risposta che<br />

Galileo dà per mezzo di Salviati è diventata il manifesto della sua filosofia:<br />

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