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LE RAGIONI DELLA FILOSOFIA Volume II LA RIVOLUZIONE ...

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Introduzione in Id. a cura di, La rivoluzione scientifica da Copernico a<br />

Newton, Loescher, Torino, 1973, p. X<strong>II</strong>I).<br />

Corrispondentemente, la figura dell’“uomo di scienza” diventa del<br />

tutto diversa da quella dell’antico “sapiente”. Colui che si occupa di scienza<br />

non è più solo il “dotto” detentore di un sapere indiscutibile, basato<br />

sull’autorità degli antichi e per pochi eletti, ma è invece il portatore di un<br />

sapere da sottoporre continuamente al giudizio dell’esperienza, da<br />

comunicare il più possibile e quindi formulare in un linguaggio<br />

comprensibile. La nuova scienza si costituisce come un’impresa comune,<br />

come un “sapere universale”, dove più studiosi sono portati a collaborare e a<br />

interagire nello sforzo intersoggettivo di comprensione della natura. Il<br />

nuovo “uomo di scienza” può appartenere alle categorie più diverse e il<br />

nuovo processo culturale si svolge, in gran parte, al di fuori delle università<br />

e dei luoghi tradizionali del sapere. Come rileva ancora Rossi,<br />

Non si sottolineerà mai abbastanza il carattere fortemente<br />

composito dei gruppi intellettuali che contribuirono allo sviluppo del<br />

sapere scientifico nella seconda metà del Cinquecento e nel corso del<br />

secolo XV<strong>II</strong>: professori di matematica, astronomia e medicina nelle<br />

università; insegnanti di queste stesse discipline, in specie la<br />

matematica, fuori dalle università; medici, agrimensori, navigatori,<br />

ingegneri, costruttori di strumenti, farmacisti, ottici, chirurghi,<br />

viaggiatori. […] Per diventare “scienziati” non erano necessari, in<br />

quell’età, né il latino, né la matematica, né un’ampia conoscenza di<br />

libri, né una cattedra universitaria. La pubblicazione sugli atti delle<br />

accademie e l’appartenenza alle società scientifiche erano aperte a tutti,<br />

professori, sperimentatori, artigiani, curiosi, dilettanti (P. Rossi, La<br />

rivoluzione scientifica, cit., p. X<strong>II</strong>).<br />

Oltre che a una nuova immagine della scienza e dell’uomo di<br />

scienza, le scoperte effettuate, le nuove teorie elaborate, i nuovi strumenti e<br />

metodi proposti in questo periodo “rivoluzionario” concorrono tutti<br />

all’affermarsi anche di una nuova immagine sia del mondo naturale sia della<br />

posizione dell’uomo in questo mondo.<br />

L’immagine tradizionale della natura era derivata dalla tradizione<br />

filosofica aristotelica, riletta nel medioevo in chiave cristiana. La natura era<br />

concepita come ordinata da Dio in senso teleologico: ogni cosa era supposta<br />

avere un proprio fine a cui tendere, una propria “causa finale”, che ne<br />

indicava la propria natura essenziale. Con i risultati della nuova scienza<br />

questa immagine viene progressivamente messa in discussione: l’ordine<br />

della natura diventa da teleologico a causale. Non è più tanto la “causa<br />

finale’” lo strumento che consente di cogliere il funzionamento della natura<br />

quanto la “causa efficiente”: la struttura della natura è retta da relazioni di<br />

causa ed effetto, dove “causa” è l’evento il cui accadere comporta l’accadere<br />

dell’effetto. Come scrive Galileo, “quella […] si debba propriamente stimar<br />

causa, la qual, posta, segue sempre l’effetto, e rimossa si rimuove”.<br />

Anche se non necessariamente indirizzata verso un fine, la natura,<br />

grazie a questo insieme di relazioni causali, conserva un proprio ordine. In<br />

essa possono essere rintracciate relazioni costanti che regolano il<br />

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