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LE RAGIONI DELLA FILOSOFIA Volume II LA RIVOLUZIONE ...

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percezione e realtà, tra ciò che ci appare e ciò che esiste veramente. La<br />

conoscenza scientifica deve essere indipendente dalle particolarità del<br />

“corpo sensitivo”, deve rivolgersi solo a ciò che realmente caratterizza il<br />

mondo esterno. Solo in questo modo, cioè riferendosi alle qualità oggettive,<br />

la conoscenza può progredire verso la verità. Galileo esprime chiaramente,<br />

in questo punto, la tesi del carattere “oggettivo” della scienza modernamente<br />

intesa (quella che, abbiamo visto, nasce con la “rivoluzione scientifica”):<br />

nella descrizione della natura dovevano essere eliminati tutti gli elementi<br />

soggettivi e qualitativi che non facevano parte dell’architettura oggettiva<br />

dell’universo, quegli elementi su cui invece si erano basate, per esempio, la<br />

magia e l’astrologia (fondate proprio sulla possibile influenza dell’uomo<br />

sulla natura e della natura sull’uomo).<br />

Come utilizza dunque Galileo la sua teoria della conoscenza contro<br />

la tesi del Grassi sulle comete? L’argomento di Galileo è il seguente: le<br />

comete fanno parte del mondo delle apparenze, delle qualità soggettive, e<br />

quindi non sono oggetto di scienza. Non sono corpi reali ma illusioni<br />

ottiche: tolta la vista, esse svaniscono. Oggi sappiamo che Galileo era in<br />

errore nel considerare le comete come pure apparenze, ma la sua<br />

argomentazione deve essere giudicata inserendola nel contesto in cui egli<br />

opera. All’epoca, dal punto di vista scientifico non c’erano infatti argomenti<br />

validi per sostenere il carattere reale delle comete. L’atteggiamento di<br />

Galileo era quindi quello di un vero scienzato: i dati a disposizione non<br />

permettevano al Grassi di difendere la tesi ticonica delle comete. Il Grassi<br />

aveva così scelto in modo infondato il problema delle comete per difendere<br />

il sistema ticonico. Per questo Galileo gli rimprovera di essersi basato,<br />

nell’agire in tale maniera, più sull’autorità di Tycho Brahe che non su<br />

argomenti veri e controllabili. L’errore del Grassi, secondo Galileo, sta<br />

proprio nel modo di concepire la filosofia naturale, stimando che “la<br />

filosofia sia un libro e una fantasia d’un uomo come l’Iliade e l’Orlando<br />

Furioso, libri ne’ quali la meno importante cosa è che quello che vi è scritto<br />

sia vero”. La filosofia naturale è invece, secondo Galileo, qualcosa di molto<br />

diverso:<br />

La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che<br />

continuamente ci sta aperto innanzi agli occhi (io dico l’universo) ma<br />

non si può intendere se prima non s’impara a intender la lingua, e<br />

conoscere i caratteri, ne’ quali è scritto. Egli è scritto in lingua<br />

matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi ed altre figure<br />

geometriche, senza i quali mezi è impossibile a intenderne umanamente<br />

parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro labirinto<br />

(G. Galilei, Il Saggiatore, in Opere, cit., p. 232).<br />

In questo passo diventato famosissimo e che ha fatto parlare di<br />

“platonismo” di Galileo, viene dunque ribadita la ferma convinzione<br />

galileiana della necessità di usare gli strumenti adeguati nell’esplorazione<br />

della natura: innanzitutto quelli matematici, solo attraverso i quali si può<br />

raggiungere la verità sulla struttura fisica “oggettiva”, e quindi quantitativa,<br />

del mondo. E le teorie sulla natura devono essere valutate in base alla verità<br />

o meno di quello che dicono, non in base a criteri di autorità. La scienza non<br />

si limita a formulare ipotesi per salvare i fenomeni (come sostenevano molti<br />

a proposito della teoria copernicana), ma ha lo scopo di svelare, attraverso<br />

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