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LE RAGIONI DELLA FILOSOFIA Volume II LA RIVOLUZIONE ...

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nell’ambiente degli artigiani e dei meccanici, solitamente disprezzati dalla<br />

scienza ufficiale, ma non esita ad agire egli stesso da artigiano, ricostruendo<br />

quello strumento per poi usarlo con metodo e spirito scientifico ai fini della<br />

conoscenza della natura, è l’emblema del “nuovo uomo di scienza”. Come<br />

ricorda Rossi,<br />

nella cultura tradizionale era presente, nei confronti delle arti<br />

meccaniche e del lavoro manuale, tutta una serie di pregiudizi. Tali<br />

pregiudizi trovavano precisa espressione anche nella diffidenza per<br />

l’uso di strumenti concepiti come aiuti per i sensi. L’atteggiamento<br />

assunto da Galilei nei confronti del cannocchiale segna da questo punto<br />

di vista una svolta di importanza decisiva. […] Il cannocchiale non è per<br />

Galilei né uno strumento curioso costruito per il diletto degli uomini di<br />

corte, né un oggetto la cui utilità si esaurisca nell’uso immediato che<br />

possono farne i navigatori o i generali nelle battaglie. Egli impiega il<br />

cannocchiale come strumento scientifico, lo volge verso il cielo con<br />

spirito metodico […] (P. Rossi, in La rivoluzione scientifica da Copernico<br />

a Newton, cit., p. 66).<br />

Che cosa “vede” dunque Galileo con questo strumento che usa per<br />

osservare con sistematicità il cielo, per fare “centinaia e migliaia di<br />

esperienze in mille e mille oggetti, e vicini e lontani, e grandi e piccoli, e<br />

lucidi e oscuri”? Il vedere attraverso il cannocchiale è un nuovo modo di<br />

vedere, che permette innanzitutto di scoprire aspetti diversi di cose già viste.<br />

Come nel caso della Luna, la cui superficie vista da più vicino appare non<br />

più “liscia, uniforme e di sfericità esattissima, come di essa Luna e degli<br />

altri corpi celesti una numerosa schiera di filosofi ha ritenuto”, ma simile a<br />

quella terrestre, con irregolarità dello stesso genere (contro la distinzione<br />

della tradizione aristotelica tra mondo celeste e mondo sublunare); e come<br />

nel caso della Via Lattea e delle nebulose, che Galileo scopre essere, invece<br />

che semplici “nubi biancheggianti” di cui non si conosceva l’essenza, degli<br />

ammassi di miriadi di stelle:<br />

Bellissima cosa e oltremodo a vedersi attraente è il poter<br />

rimirare il corpo lunare, da noi remoto quasi sessanta semidiametri<br />

terrestri, così da vicino, come se distasse di due soltanto di dette misure;<br />

[…] e quindi con la certezza che è data dell’esperienza sensibile, si possa<br />

apprendere non essere affatto la Luna rivestita di superficie liscia e<br />

levigata, ma scabra e ineguale, e allo stesso modo della faccia della<br />

Terra, presentarsi ricoperta in ogni parte di grandi prominenze, di<br />

profonde valli e di anfratti.<br />

Di più, l’aver rimosse le controversie riguardo alla Galassia o<br />

Via Lattea, con l’aver manifestato al senso, oltre che all’intelletto,<br />

l’essenza sua, non è da ritenersi, mi pare, cosa di poco conto; come<br />

anche il mostrare direttamente essere la sostanza di quelle Stelle, che fin<br />

qui gli Astronomi hanno chiamato Nebulose, di gran lunga diversa da<br />

quel che fu creduto finora, sarà cosa molto bella e interessante (G.<br />

Galilei, Sidereus Nuncius, in P. Rossi, La rivoluzione scientifica, cit., p.<br />

73).<br />

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