Impatto Magazine: Dubbi su Spotify // N. #8 // 25 novembre 2014
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Letteratura<br />
N.8 | <strong>25</strong> Novembre <strong>2014</strong><br />
Cesare Pavese: Il<br />
diavolo <strong>su</strong>lle colline<br />
Qualcosa in grado di trafiggere l’ora, sempre la stessa, della<br />
noia adolescenziale. Fare mattino è una questione morale.<br />
Amara è la<br />
giovinezza<br />
<strong>su</strong>i ciglioni<br />
neri di<br />
Torino. Lo<br />
sanno bene Pieretto e<br />
Oreste, e lo sa bene il<br />
Poli, nel <strong>su</strong>o squallido<br />
valzer di cocaina e<br />
frustrazione. La notte<br />
non è mai un avanzo del<br />
giorno per loro, ma un<br />
regno insaziabile di noia<br />
e speranza: un incedere<br />
fra le vie e le piazze,<br />
<strong>su</strong>lle colline, <strong>su</strong>lle<br />
strade deserte, che è un<br />
inseguire la sensazione<br />
di andare, di viaggiare<br />
ancora, di trovarsi nel<br />
mezzo di qualcosa; e<br />
sperare che prima o<br />
poi, per qualche as<strong>su</strong>rda<br />
ragione, al di là del<br />
viaggio, della strada e<br />
del tedioso abbraccio che<br />
avvolge la bella Torino, ci<br />
sia finalmente qualcosa<br />
di diverso. Qualcosa in<br />
grado di trafiggere l’ora,<br />
sempre la stessa, della<br />
noia adolescenziale.<br />
Così, fare mattino è<br />
una questione morale:<br />
resistere al crepuscolo<br />
più di quanto non sappia<br />
fare il tedio, girovagare<br />
<strong>su</strong>i colli come disperati,<br />
nell’incedere della notte,<br />
in attesa, sempre in<br />
attesa. Ma tutto ciò che<br />
si avverte è l’incedere<br />
di un sapore: quello del<br />
sangue e della terra<br />
di cui è colma la poesia della<br />
vita nelle notti di Torino. Ed è<br />
pur bella la città, dai ciglioni<br />
neri: l’unico sguardo che<br />
rompe, forse per un attimo,<br />
l’immagine della noia. Ma<br />
non è <strong>su</strong>fficiente a chi viaggia<br />
per viaggiare, a chi sente per<br />
sentire. Nulla si spende più<br />
volentieri della bellezza, e nulla<br />
dura meno, se non il piacere<br />
della stessa. Così l’insistere dei<br />
colli, delle strade e dei discorsi<br />
alle quattro del mattino è un<br />
treno inarrestabile, carico di<br />
tragedia.<br />
Giangiacomo<br />
Morozzo<br />
D’altronde erano già neri di<br />
tigli di Gozzano, nei Colloqui;<br />
come se Torino fosse marchiata<br />
da un destino troppo intenso,<br />
che trasforma l’adolescenza<br />
in un rito di passaggio tra<br />
la vita e la morte. L’intero<br />
intrico di vie, piazze e strade,<br />
è l’intrico esistenziale da cui<br />
nasce Lavorare stanca. Pavese<br />
regala il ritaglio di una città<br />
perduta per sempre nella <strong>su</strong>a<br />
irresistibile e triste bellezza,<br />
una perla sempre grigia e viva,<br />
un inesauribile stato di cose<br />
che avvolge Torino.<br />
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