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La retrospettiva di Malek Pansera ad Arezzo per il Calcit di Fabrizio Borghini Dal 24 gennaio al 28 febbraio di quest'anno nello storico Palazzo Chianini Vincenzi di via Cesalpino ad Arezzo si è tenuta la mostra “Forma Materia” promossa dal Calcit di Arezzo (Comitato Autonomo Lotta Contro I Tumori). Sono state esposte 40 opere di Malek Pansera, uno dei più importanti artisti italiani del dopoguerra. Nato a Selva di Valgardena nel 1940, il maestro è prematuramente scomparso nel 2008 a Padova, la città che lo aveva adottato dal 1980. Dopo aver frequentato l'Accademia di Belle Arti a Berlino Est nei primi anni Sessanta era poi stato allievo di Ugo Attardi e di Giulio Turcato a Roma dove nel 1970 risulta fra i fondatori del gruppo “Spazio Zero”. Dal 1967 al 2007 ha esposto in maniera continuativa in Italia (Milano, Bari, Bologna, Sanremo, Padova, Genova) e all'estero (Lugano, Montreal, Madrid). La retrospettiva aretina è stata curata da Fabio Migliorati, direttore delle attività espositive del Comune di Arezzo, che l'ha presentata al pubblico in occasione dell'inaugurazione insieme al presidente del Calcit Giancarlo Sassoli, al consigliere Mauro Catalani e all'addetto alle PR Arnaldo Berbeglia che hanno raccontato al pubblico la genesi dell'esposizione. Un giorno si presentò, presso la sede, il signor Ennio Margaritelli, facoltoso imprenditore di Monterchi ma di origine reatina, che preannunciò un lascito di opere d'arte a favore del Calcit, qualora fosse venuto a mancare, per premiare l'associazione per l'attività svolta dal 1978, anno della fondazione, a favore delle persone colpite da tumore: due centri oncologici, il servizio Scudo (cure domiciliari oncologiche), l'istituzione di nuovi servizi quali l'ecografia, la tac, la chirurgia endoscopica urologica, la chirurgia microscopica oculistica e per otorino, l'angio- grafia, l'isteroscopia, l'ecoendoscopia e tanto altro. Due anni fa, all'apertura del testamento, la volontà di aiutare il Calcit si materializzò in un'eredità di 212 opere dei maggiori artisti contemporanei. Di questo corpus facevano parte le 40 opere di Pansera, in parte inedite per il grande pubblico, che hanno consentito di allestire la mostra “Forma Materia”. Non tutte sono state vendute durante l'esposizione nonostante che la vedova Margaritelli avesse consentito l'alienazione al 50% del valore di mercato. Per questo, i volontari del Calcit ora mettono Superfici acute giallo, 1989, stecchini su multistrato, acrilici, cm. 90x90 a disposizione dei collezionisti e di chi vorrà impreziosire l'arredamento della propria casa con un'opera d'arte, i quadri invenduti che saranno visibili presso la sede di piazza San Jacopo, 278 ad Arezzo. Per appuntamenti o altri contatti consigliano di telefonare allo 0575 22200 oppure inviare una mail a info@calcitarezzo.it o visitare il sito www.calcitarezzo.it Sia i quadri di Pansera che gli altri pervenuti dall'eredità Margaritelli saranno venduti ad offerta e il ricavato sarà devoluto all'ospedale San Donato di Arezzo e destinato alla lotta contro i tumori. Messaggi, 2004, scontrini, veline stampate a secco, acrilici su multistrato, cm. 42x22 Muppets show, 1989, tecnica mista su tavola, cm. 100x100 14 Malek Pansera
Gaetano Terrana Luci naturali e oggetti recuperati ad arte nelle opere esposte al Golden View Open Bar dall'artista siciliano di Daniela Pronestì Dal 10 al 20 <strong>aprile</strong> il Golden View Open Bar (Via de Bardi 58/r) di Firenze ospita la mostra fotografica Mimesi di Gaetano Terrana. Il progetto si compone di sei fotografie in light box che l’artista siciliano ha scattato in Serbia nel 2013. Protagoniste due giovani donne la cui bellezza fragile ed eterea sembra porsi in continuità con l’ambiente circostante: uno spazio abbandonato, colmo di materiali ed oggetti che Terrana ha recuperato e trasformato in elementi significanti. Incontro l’artista per fargli alcune domande sui lavori esposti nella mostra fiorentina e sulle ragioni che guidano la sua ricerca. Con quale criterio scegli le ambientazioni dei tuoi progetti fotografici? Mi emoziona andare alla scoperta dei “non luoghi”, cioè spazi carichi di un vissuto che smuove la mia curiosità e mi fa rivivere il senso di meraviglia che mi riporta all’infanzia. In questi luoghi che altri hanno abbandonato, vado alla ricerca di oggetti che raccontano memorie perdute e che faccio rivivere con le mie creazioni fotografiche. Il progetto Mimesi è ambientato in Serbia in una soffitta abbandonata. Cosa ti ha comunicato questo luogo? Mi è sembrato carico di un’energia particolare che mi ha convinto a farne il set di Mimesi. Subito dopo, mi sono guardato intorno per valutare la luce e gli oggetti che avrei potuto utilizzare. Tra questi, delle vecchie tende, che ho adattato al corpo delle due protagoniste, e una vasca da bagno di fine Ottocento. Per quanto riguarda l’illuminazione, ho sfruttato la luce naturale senza fare ricorso alla post produzione fotografica. Dici questo perché sei contrario agli strumenti di fotoritocco? Non sono contrario, molto dipende dal soggetto che affronto. Nel caso di Mimesi l’intervento tecnologico avrebbe distrutto la poesia del luogo. In altri casi, invece, la post produzione mi serve per rendere l’immagine emozionante, darle un’anima e quindi avvicinarla a ciò che intendo esprimere. Una delle caratteristiche del tuo lavoro è porre in atto una vera e propria trasformazione del corpo umano, su cui intervieni mettendo insieme pittura, tessuti, materiali tecnologici o recuperati. Per me il corpo umano è una tela bianca su cui applicare oggetti e materiali che fanno parte del nostro quotidiano. Gli oggetti sono la nostra estensione nello spazio, parti di noi che si caricano di un vissuto, del nostro vissuto. Applicandoli sul corpo ricostruisco quest’unità tra l’essere umano e l’oggetto che lui stesso ha creato, usato e infine abbandonato. Nel progetto Mimesi proponi un’ambientazione che guarda al passato. In altri lavori invece immagini l’essere umano del futuro. Una vi- sione sospesa tra ciò che siamo stati e ciò che saremo, come se rifiutassi di esprimere un giudizio sul presente… Non rifiuto il presente, ne faccio parte, anche se lo trovo troppo conformista e anonimo. Guardando al passato, ritrovo la bellezza del vivere, l’eleganza dei modi e dell’essere, il calore dei rapporti umani. Nel futuro, invece, immagino una tecnologia capace di inventare tutto, di soddisfare ogni nostra necessità. L’unica cosa che nessuna tecnologia potrà mai riprodurre è l’anima, che ci rende unici e ci permette di comunicare con gli altri senza il filtro di un’interfaccia telematica. Dico questo senza voler demonizzare la tecnologia di cui io stesso mi servo: in fondo sono costretto ad amare ciò che rinnego, perché ciò che rinnego è ciò che sono, è ciò che siamo… La mostra, a cura di Daniela Pronestì e Roberta Fiorini, è promossa da Simultanea Spazi d’Arte (Via San Zanobi 45 rosso, Firenze) con la presentazione di Andrea Granchi. Resterà aperta fino al 20 <strong>aprile</strong> tutti i giorni dalle 7.30 alle 01.00. Per info: www.gaetanoterrana.com - gemini_21@libero.it Cell. 320 1881277 La formazione artistica di Gaetano Terrana (Agrigento, 1986) inizia con l’iscrizione all’Istituto d’Arte e prosegue all’Accademia di Belle Arti di Firenze, dove si diploma nel 2011 con il massimo dei voti. Dopo la pittura e la scultura, Terrana si cimenta nella performance, nel recupero di materiali usati e nella fotografia che, grazie all’applicazione di acidi e interventi di cucito, confluisce in una dimensione pittorica. Oltre ad un’intensa attività espositiva e performativa (2009, Galleria La Corte, Firenze, Abito da sposa in camera d’aria; 2010, Ex3, Firenze, collettiva; 2011, Teatro delle Arti, Lastra a Signa, Scritture LIBERate; 2012, Teatro Studio, Scandicci, performance; 2013, Firenze, Accademia delle Arti del Disegno, Pienza, Palazzo Piccolomini e Figline Valdarno, Palazzo Pretorio, LIBRopera, a cura di Nilo Australi in collaborazione con Andrea Granchi; 2013, Sant’Orsola, Firenze, proiezione video arte; 2014, Biblioteca Comunale, Pontassieve, mostra fotografica; 2014, Galleria Magma, Firenze, Visual Identity, performance audio - visiva), Terrana ha ideato l’evento Avant-garde (Tenax, Firenze) e le rassegne Faceart (Rivalta Cafè, Firenze) e Underconstruction (Simultanea Spazi d’Arte, Firenze). Nel 2010 si è classificato terzo al premio Felice Casorati e nel 2013 ha collaborato con Massimo Bazagli al Museo Pecci di Prato e con Shalom Newman al Teatro La Pergola di Firenze. Ha lavorato inoltre per Burberry, realizzando un’intera collezione con interventi pittorici, Pitti Uomo, My Vintage Accademy e American Transfer. Al 2014 risale il workshop sulle arti visive tenuto all’Accademia di Firenze nel corso di Installazioni multimediali. Gaetano Terrana 15
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