24zare la fermata del lavoro nella fabbrica e l'uscita degli operai; si vide subito<strong>in</strong>fatti l'opportunità di tenere <strong>in</strong> Reggio Em<strong>il</strong>ia manifestazioni per la cessazioneimmediata della gueroo.Le «Reggiane », la più antica e più grande fabbrica di Reggio, sonosempre state per <strong>il</strong> nostro movimento operaio un centro determ<strong>in</strong>ante di formazione,di orientamento e di irradiazione <strong>in</strong> tutta la prov<strong>in</strong>cia dell'<strong>in</strong>fluenzasocialista e comunista. Dalle «Reggiane» era sorta la prima resistenza allateppaglia fascista, da quella fabbrica era uscito <strong>il</strong> primo gruppo dirigente comunista.Le «Reggiane» avevano oltre 10.000 dipendenti, producevano prevalentementeper la guerra (<strong>in</strong>tenso vi era perciò <strong>il</strong> controllo poliziesco e m<strong>il</strong>itare)ed erano un importante centro di confluenza di lavoratori provenientida molti comuni della prov<strong>in</strong>cia. Era naturale perciò che esse rappresentasseroanche <strong>il</strong> maggior centro della nostra presenza. Di lì partivano molti collegamenticon la prov<strong>in</strong>cia e, tramite alcuni operai parmensi, anche con Parma.Dalla fabbrica partivano anche la nostra stampa clandest<strong>in</strong>a e la nostra propagandaantifascista.Questa <strong>in</strong>tensa '.lttività cospirativa dava i suoi frutti, tanto più cospicuiquanto più le condizioni dei lavoratori durante la guerra erano peggiori e maggioreera <strong>il</strong> loro sfruttamento, più acuti i disagi delle famiglie <strong>in</strong> considerazionedei bombardamenti aerei e del razionamento alimentare. Erano frequentissime,nel 1943, le <strong>in</strong>cursioni della polizia nella fabbrica ave venivano r<strong>in</strong>venutisempre più spe~so manifest<strong>in</strong>i o scritte di carattere comunista.Già <strong>in</strong> ooca!sione del grande sciopero di marzo, organizzato nel triangolo<strong>in</strong>dustriale le maestranze avevano effettuato una prima fermata di pochim<strong>in</strong>uti, ma nella misura di circa <strong>il</strong> 70 per cento. Poi <strong>il</strong> malcontento era andatocrescendo. Particolarmente i giovani mordevano <strong>il</strong> freno e a volte si scoprivano.Si erano avute altre piccole fermate, <strong>in</strong> qualche reparto, per ottenere più pane.Conseguentemente numerosi erano gli arresti. Le retate della polizia si ripetevanospesso e dec<strong>in</strong>e di comunisti venivano <strong>in</strong>carcerati.Per tornare alla narrazione, non avevo potuto entrare <strong>in</strong> contatto, lasera del 25 luglio, coi miei compagni di Reggio, ma la matt<strong>in</strong>a del 26, primache gli operai <strong>in</strong>iziassero <strong>il</strong> lavoro, ero davanti !llle «Reggiane» per <strong>in</strong>contrarecompagni e simpatizzanti, coi quali concol)dare <strong>il</strong> da farsi per <strong>in</strong>vitare le maestranzea manifestare nelle vie della città. Con un gruppo di operai mi recaiaI Calzificio Bloch sempre allo stesso scopo, poi mi portai <strong>in</strong> centro. Qui lemasse popolari già si riversavano spontaneamente sulle piazze e salutavano conentusiasmo la cacciata di Mussol<strong>in</strong>i, che er-a immediatamente <strong>in</strong>terpretata comela caduta del fascismo. Intanto giungevano dalla periferia colonne di operaiprovenienti dai v-ari stab<strong>il</strong>imenti. Ovunque, alla testa di queste colonne, sitrovavano comunisti già noti, come Attol<strong>in</strong>i Armando, Pedroni Arturo, NizzoliArrigo, Fontanesi Scanio, Ferrari Ferd<strong>in</strong>ando, Ruozzi G<strong>in</strong>o ecc.In via Roma, mi unii alla colonna delle «Reggiane» e nel corso dellamanifestazione <strong>in</strong>contrai <strong>il</strong> compagno Giann<strong>in</strong>o Degani.La presenza dei comunisti fra i dimostranti valse a dare un orientamentoed un obiettivo concreto alla manifestazione: f<strong>in</strong>e della guerra e liberazioneimmediata dei detenuti politici.
Le colonne dei dimostranti vennero convogliate davanti alla prefetturaed alle carceri di S. Tommaso. Qui erano stati disposti cordoni di soldati a protezione.Essi furono fac<strong>il</strong>mente superati dalla grande pressione delle masse.Davanti al palazzo di governo, porte e f<strong>in</strong>estre erano ermeticamente chiuse.I manifestanti chiedevano a gran voce libertà per i detenuti politici. Alcuni. operai, arrampicandosi su per le <strong>in</strong>ferriate delle f<strong>in</strong>estre, raggiungevano <strong>il</strong> balconeed abbattevano l'emblema del regime. Nel frattempo Padre Placido, <strong>il</strong>quale si era unito a noi durante <strong>il</strong> corteo e col quale da tempo, tramite <strong>il</strong> compagnoDegani, avevamo contatti, si offerse subito di recarsi dal Prefetto. Dauna entrata secondaria riuscì ad entrare <strong>in</strong> Prefettura e a parlamentare col rappresentantedel Governo.Uscito Padre Pladdo ci reoammo al carcere giudiziario ove i manifestanti,guidati da Armando Attol<strong>in</strong>i, cont<strong>in</strong>uavano la loro pressione. Quando lamanifestazione stava già diventando tumultuosa, f<strong>in</strong>almente apparve nella portic<strong>in</strong>adel carcere Padre Placido. Con lui erano Paolo Davoli e gli altri detenuti.Tra l'esultanza dei presenti avvenne <strong>il</strong> primo abbraccio tra Attol<strong>in</strong>i e Davoli.Poi i manifestanti si <strong>in</strong>camm<strong>in</strong>arono verso la sede della Federazione fascista,<strong>in</strong> via Cairoli. Là un forte schieramento di bersaglieri e carab<strong>in</strong>ieri, <strong>in</strong> assettodi guerra e con una mitragliatrice, sbarrava l'accesso da tutti i lati. Inun primo momento alcuni fascisti apparvero al balcone. Forse non avevanoancora coscienza di ciò che stava accadendo, ma poi, alle urla ed ai fischi dellafolla, si ritirarono ed abbandonaro di nascosto la sede. Nessuno, di tutticoloro che avevano giurato di essere pronti a morire per <strong>il</strong> «duce », pensò allabenché m<strong>in</strong>ima resistenza.Nel corso della manifestazione davanti alle carceri, io e Giann<strong>in</strong>o Degani,seduti presso un tavol<strong>in</strong>o di un bar-privativa della piazzetta della postavecchia, stendemmo <strong>il</strong> testo di un manifesto da lanciare alla popolazione.Lo schema del manifesto si ispirava alla l<strong>in</strong>ea politica del Partito che<strong>in</strong>dicava la necessità della formazione di uno schieramento unitario antifascista.Si giudicava la caduta di Mussol<strong>in</strong>i come la f<strong>in</strong>e del fascismo ed unritorno alla libertà, si <strong>in</strong>vocava la f<strong>in</strong>e della guerra e si chiamavano all'unitàtutti gli antifascisti, per <strong>il</strong> ritorno alla democrazia. Si unì a noi l'avv. VittorioPellizzi, col quale feci allora la prima conoscenza. Saputo del manifesto, aderìalla l<strong>in</strong>ea generale del medesimo e ci accordammo per la stampa. Dopo unprimo <strong>in</strong>ut<strong>il</strong>e tentativo fatto presso una tipografia situata nei pressi di PiazzaFiume, ci recammo da un secondo tipografo, che accettò di stamparlo.Il comunicato di Badoglio, conosciuto da noi solo a mezzogiorno, avevaprovocato subito un grande turbamento <strong>in</strong> mezzo alla popolazione, che nelleprime ore di esultanza aveva chiaramente espresso i suoi sentimenti antifascisti,e la sua volontà di pace.Da quel momento ci rendemmo conto che la pubblicazione legale delmanifesto appariva molto diffic<strong>il</strong>e, anche se <strong>il</strong> tono fosse stato attenuato. Siauspicava la f<strong>in</strong>e della guerra e Badoglio decretava perentoriamente la cont<strong>in</strong>uazionedella guerra.Il 25 luglio aveva messo <strong>in</strong> movimento delle grandi forze, suscitatodelle grandi speranze.25
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