Edizione nÃ‚Â° 25 del 29-06-2008 (pdf - Webdiocesi

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14 29 giugno '08 Celebrato il 50° anniversario di sacerdozio di don Francesco Cavazzuti, monsignor Rino Bottecchi e don Gino Barbieri “D Nicola Catellani io ci ha detto di parlare, e noi abbiamo parlato”. Così, semplicemente, don Francesco Cavazzuti domenica 22 giugno ha commentato i cinquant’anni della propria vita sacerdotale e di quella di monsignor Rino Bottecchi e don Gino Barbieri. I tre sacerdoti, che ricevettero insieme l’ordinazione sacerdotale nel 1958 da monsignor Artemio Prati, hanno voluto celebrare insieme in Cattedrale la solenne ricorrenza del 50° anniversario, alla presenza del Vescovo e di numerosi parenti, amici e parrocchiani. I tre sacerdoti avevano festeggiato insieme in precedenza anche altri anniversari, tra cui il 30° in Brasile presso la missione di don Cavazzuti. Partendo dal brano del Vangelo della domenica, in cui Gesù invita gli apostoli ad “annunciare dalle terrazze” quello che ora “ascoltate nell’orecchio”, don Francesco Cavazzuti ha commentato come, in fondo, quello che i tre sacerdoti hanno fatto in questi cinquant’anni è stato proprio “parlare”, annunciare a tutti il messaggio di Gesù Cristo. Il messaggio è stato annunciato a tutti, sia nei momenti felici che in quelli di difficoltà, talvolta cadendo nel terreno buono e talvolta in VITA DELLA CHIESA VITA DELLA CHIESA Noi abbiamo parlato Centinaia di parrocchiani e amici sono intervenuti alla festa organizzata dalla parrocchia della Cattedrale all’oratorio Eden, sabato 21 giugno, a chiusura delle attività e per festeggiare il 50º di sacerdozio del parroco don Rino Bottecchi, di don Francesco Cavazzuti e di don Gino Barbieri. Dopo la consegna di una targa ricordo il tradizionale taglio della torta. quello meno buono, ma in tutti questi anni nessuno di loro si è mai pentito della scelta fatta, quella di diventare sacerdote. “Dio ci ha detto di parlare, e noi abbiamo parlato”. La Messa, solennizzata dai canti della Schola Cantorum della Cattedrale, è stata conclusa dagli auguri del Vescovo, che ha ringraziato i tre sacerdoti per il lavoro svolto e per quello che ancora svolgeranno, auspicando che la loro strada possa essere seguita anche da altri giovani, di cui la Chiesa ha grande bisogno. La scelta di spendere la propria vita nel trasmettere la parola di Dio agli uomini è stata una buona scelta e, come ha auspicato don Gino Barbieri al termine della celebrazione, “speriamo di ritrovarci tutti fra altri cinquant’anni a festeggiare ancora, assieme a Cristo”. Speciale onorificenza conferita dal Papa al vicario generale della diocesi Monsignor Douglas protonotario apostolico C on breve di Benedetto XVI, datata 5 maggio 2008, monsignor Douglas Regattieri, vicario generale della nostra diocesi, è stato elevato alla dignità di protonotario apostolico “Supra Numerum”. Si tratta di una speciale onorificenza conferita dal Sommo Pontefice a sacerdoti meritevoli di stima e considerazione per il particolare lavoro e impegno pastorale svolto con dedizione e carità. Monsignor Elio Tinti ha richiesto personalmente questa nomina per ringraziare monsignor Douglas della filiale dedizione che in questi anni ha manifestato al suo Vescovo e alla diocesi di Carpi promuovendo iniziative, sostenendo attività e curando particolarmente il buon funzionamento della Curia diocesana, sempre con particolare attenzione e sensibilità, doti che gli sono particolarmente proprie. Il Vescovo è grato a monsignor Douglas per la vicinanza dimostrata e per la stretta collaborazione che quotidianamente gli offre in ogni settore pastorale e del servizio che presta con disinteresse e impiegando ogni sforzo per il bene del Vescovo e della chiesa locale. In diocesi tale onorificenza è stata conferita a monsignor Silvio Sabbadini, monsignor Duilio Franciosi, monsignor Giuseppe Tassi, monsignor Luigi Benetti, tutti sacerdoti diocesani che hanno ricoperto il delicato ufficio di vicario generale e moderatore della Curia diocesana. La normativa attuale circa i protonotari apostolici è stabilita da papa Paolo VI attraverso il Motu Proprio Pontificalia Insignia (21 giugno 1968) e il Motu Proprio Pontificalis Dominum (28 marzo 1968) nel quale vengono distinte solamente due categorie: protonotari apostolici di numero e protonotari apostolici soprannumerari (in precedenza si avevano i protonotari apostolici partecipanti, e non partecipanti o soprannumerari ad vitam, durante munere, ad instar, distinti in due classi, titolari o onorari). Sono protonotari apostolici di numero, o partecipanti, i sette prelati, nominati direttamente dal papa, che esercitano con fede pubblica la funzione di notaio della Santa Sede e del Sommo Pontefice (notarii in Urbe) e che, costituiti in Collegio, sono capeggiati dal “decano”. Sono protonotari apostolici soprannumerari ad vitam i canonici prelati delle tre basiliche patriarcali di Roma e i nominati ad personam dal regnante pontefice. Protonotari apostolici soprannumerari durante munere risultano invece i canonici prelati delle chiese cattedrali di Concordia, Firenze, Gorizia, Padova, Palermo (metropolitana e cappella palatina), Treviso, Udine, Venezia, Reggio Calabria, collegiata di Santa Maria ad Martyres in Roma, delle chiese metropolitane di Bologna, Cagliari, Esztergom, Malta, Modena, del Capitolo vescovile della Cattedrale di Bergamo, e l’arciprete pro tempore della collegiata di Brisighella di Faenza, l’arciprete pro tempore del Capitolo della Collegiata di Lodi, l’arciprete pro tempore della parrocchia dei santi Stefano e Martino in Riolo Terme (Imola) e l’arcidiacono pro tempore del Cadore. L.L. S.A.M.U. A.M.U. A UTOMAZIONI UTOMAZIONI S.R.L. S.R.L. QUADRI ELETTRICI DI COMANDO E AUTOMAZIONI INDUSTRIALI 41012 FOSSOLI DI CARPI (MO) - via O.Pacifico, 9/1 Tel. (059)660847 - Fax. (059)660845
L’ Ivonne Veratti intuizione della Festa più pazza del mondo fu lanciata una sera da Enzo Piccinini che passeggiando nella bella piazza di Carpi gremita di gente si chiese, insieme ad alcuni amici, come fare in modo che quelle persone conoscessero Gesù. Da quella provocazione sono trascorsi 25 anni e lo scopo della festa è rimasto lo stesso: vivere il messaggio di Cristo, per essere testimoni del suo amore e della positività della vita. Ho conosciuto Enzo Piccinini, per poco, purtroppo, il mio ricordo è legato al fatto che dovunque fosse, non era mai solo ed io invidiavo coloro che potevano parlare con lui. Sapendo chi era, avrei voluto essere consigliata e sostenuta come è successo agli amici, Pierluigi Strippoli e Giuseppe Ranalli, che ci hanno parlato di lui durante La Festa più pazza del mondo. Chi era Enzo Piccinini? Un medico oncologo, uno di quei dottori che non dicono mai “Non c’è più nulla da fare”. Per lui c’era sempre una possibilità e una ragionevole speranza. Nell’ambito della Festa è nato il Torneo di Calcetto saponato che all’inizio, durava tre giorni, quest’anno è durato una settimana e la fase finale si è svolta durante i quattro giorni della Festa stessa. Noi studenti ci siamo resi disponibili per la realizzazione di questo torneo e siamo rimasti colpiti dal grande numero di ragazzi che hanno partecipato e da quelli che avrebbero voluto partecipare, anche se per motivi organizzativi, non è stato possibile. Oltre a sostenere l’iniziativa, noi Giessini, per primi, ci siamo sentiti provocati nel metterci in gioco continuamente e nel dire il nostro sì, sia come giocatori che come “raccattapalle”. Attraverso questa, che potrebbe sembrare un’iniziativa come tante altre, e che, a volte, è molto faticosa, ci stupiamo della vera bellezza che Gesù ci fa incontrare dandoci la possibilità di es- Alla Festa più pazza del mondo il ricordo di Enzo Piccinini Amico e maestro di vita Pierluigi Strippoli, oggi docente di Biologia e Genetica presso l’Università di Bologna, lo ricorda bene perchè da Enzo fu sollecitato a dare una svolta decisiva alla sua vita chiedendogli di fare ricerca insieme a lui. Col loro impegno e i loro studi hanno scoperto un metodo diagnostico molto importante per la scoperta del tumore al colon. Con tutti i suoi collaboratori era in grande sintonia, perché, prima di tutto, erano amici con cui condividere la vita, il lavoro e gli ideali di fede. Sapeva capire e accogliere l’altro, stimolandolo a guardare al reale come un dono personale, a cui rispondere con la propria vita. Poiché Enzo non si arrendeva mai di fronte alle difficoltà, era riuscito anche a trovare fondi per continuare e migliorare il lavoro di ricerca. Alla sua morte gli amici si sono sentiti smarriti e con- sere testimoni anche per coloro che incontriamo. La cosa più sorprendente è comunque ciò che è accaduto tra di noi che ci conosciamo già da tempo; abbiamo scoperto, in questi giorni, come sia importante essere “compagnia”, cioè presenti e disponibili in questa proposta che ci è stata fatta. Il nostro rapporto si è rafforzato dandoci la con- fusi, ma è rimasto loro il messaggio positivo e l’esempio di un amico che ha vissuto fino in fondo il suo rapporto con il Mistero. Inoltre, il lavoro di Enzo, la sua vita e i fondi trovati sono stati una base fondamentale da cui ricominciare. Giuseppe Ranalli, oggi amministratore delegato di Tecnomatic, azienda leader nella progettazione e costruzione di macchine automatiche, invece ha parlato dei suoi scontri con Enzo, delle risse universitarie, delle difficoltà economiche, ma anche della fiducia e del sostegno che gli dava, stimolandolo sempre a cercare il positivo in se stesso e in ciò che voleva fare. Da Enzo è stato aiutato a ragionare sul suo desiderio di lavorare per una impresa che stava fallendo, lo ha invitato a chiedersi il perché di questo desiderio e ad avere fiducia nelle proprie possibilità. Gioventù studentesca e il torneo di calcetto saponato Si sperimenta l’essere “compagnia” sapevolezza che non siamo e non saremo mai soli. Inoltre vorremmo davvero ringraziare Alessandro e gli altri adulti che ci seguono e ci educano con tanta attenzione. Siamo certi che queste opportunità di crescita ce le dona Gesù ma si attuano anche attraverso il loro sì. I ragazzi di Gioventù Studentesca della Bassa Era importante che capisse ciò che gli era stato dato e il perché di questo dono, per poi, decidere nella libertà più totale, cosa farne.. Ora Ranalli dirige un’azienda all’avanguardia, ha ottenuto grossi risultati a livello industriale in Italia e all’estero. Ha investito tanto sullo sviluppo dell’azienda e sulla ricerca, senza dimenticare l’umano che oggi tende ad essere triturato, rispetto agli utili. E’attraverso il suo lavoro e la sua azienda che ha la possibilità di partecipare alla realtà di salvezza e stare di fronte al Mistero. Enzo gli ha insegnato che il gusto del vivere manca a chi non mette il cuore in quello che fa e riconosce che tutto ciò che ha ricevuto è un dono, un dono da condividere e da trasmettere come una preziosa eredità, lasciatagli da un amico, testimone di una grande fede. “Adesso tocca a me” esordisce don Ivo Silingardi dopo che una lunga e appassionante introduzione al suo intervento ha fatto rivivere al pubblico i fatti di Limidi e Soliera, il rastrellamento e le minacce nazifasciste di strage dell’autunno-inverno 1944, la liberazione dei seicento rastrellati per intervento dell’allora vescovo di Carpi monsignor Dalla Zuanna, definito dal nostro ospite “un superuomo, in senso buono”. Un’introduzione che voleva non solo essere l’avvincente racconto di vite vissute sul filo del rasoio, ma anche esemplificare una Resistenza di cui si è sempre parlato poco, preferendo raccontare quella armata, e, all’interno di questa, soprattutto quella partitica o rivoluzionaria. Chi, infatti, la metteva in pratica - vescovi e i sacerdoti del Modenese, don Ivo compreso - si sentiva, al pari di altri, combattente per 29 giugno '08 15 Nel dicembre 2002, dopo la morte di Enzo Piccinini gli amici hanno costituito una Fondazione per dare continuità a quegli ideali educativi, scientifici e religiosi che hanno caratterizzato tutta la sua vita. L’attività della Fondazione è incentrata principalmente su tre settori: far conoscere la vita e le opere di Enzo; lavorare sull’educazione e la formazione dei giovani; sostenere e sviluppare attività di ricerca medico- scientifica. Info: www.fondazionepiccinini.org Don Ivo Silingardi, testimone della Resistenza Il desiderio della libertà la libertà. La loro Resistenza era di stampo evangelico e più che nell’offendere il nemico consisteva nell’opporsi alla sua violenza omicida col sottrargli le vittime, dando rifugio ai coscritti e mandandoli in montagna, ospitando ebrei, tedeschi disertori, inglesi fuggiti dalla prigionia. Questa Resistenza si affiancò all’altra, quella armata, che non fu solo comunista e rivoluzionaria ma ebbe tante anime e in verità tanti stili di comportamento quante le anime che la generavano. Ma don Ivo non entra in questi distinguo. Il giudizio da lui espresso sulla lotta di Liberazione è complessivo, chiaro, non semplicistico. La Resistenza - raccontata in tanti modi, soprattutto con una visuale partitica - è stata anche l’opera pacificatrice, di donare una compagnia caldamente umana a tutti i bisognosi, compiuta dalla Chiesa nei suoi vescovi e sacerdoti di allora. “Essa - dice il sacerdote carpigiano - è stata un fatto popolare, nell’insieme buona e positiva, anche se come tutte le cose umane è stata segnata da eventi negativi. Adesso si esagera nel ricordare il negativo”. Don Ivo, invece, racconta di aver avuto esempi di sacrificio importantissimi da tanti che non avevano le sue idee. Ricorda in particolare quelli che furono poi sindaci a Carpi e a Modena nel dopoguerra, i quali sotto il Fascismo erano rimasti al confino per anni, sebbene per tornare a casa subito sarebbe bastata la semplice domanda di grazia. “La Resistenza – conclude - era animata dal desiderio della libertà, non però nel senso del fare quello che pare e piace, ma nel senso che noi siamo liberi di fare ciò che è bene e che la coscienza e, per me, la fede suggeriscono come vero e buono”. Davide Cattini
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