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Il motore idraulico - Centro CISA

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ichiesta avrebbe goduto del diritto di precedenza sulle pratiche cronologicamentesuccessive. Tuttavia i problemi che questa impostazione determinava, si manifestaronomolto presto: la semplice precedenza temporale infatti, non garantiva in alcunmodo il miglior sfruttamento delle acque o la migliore proposta progettuale.Questo problema venne risolto definitivamente dal decreto Bonomi, del 20 novembre1916, n. 1644. La nuova normativa stabiliva, fra l’altro, che si potevanodichiarare concorrenti domande posteriori, che presentassero uno speciale motivo diinteresse pubblico, preferendo fra più domande quella che presentasse la migliore epiù vasta utilizzazione idraulica. Questo decreto segnò la fine del periodo pionieristicoaprendo, soprattutto nei corsi d’acqua con maggiore portata, alle grandiutilizzazioni.La prima domanda di derivazione di cui abbiamo rinvenuto traccia per la prefetturadi Bologna, risale al 25 ottobre 1902 28 , quando Vivarelli Foresto chiese di derivareacqua dal fiume Reno allo scopo di animare una fabbrica di ghiaccio artificiale, situatain località Frassignoni, nei pressi di Pracchia. <strong>Il</strong> motivo per cui tale domanda fupresentata alla prefettura Bolognese è che, mentre l’opera di presa si trovava in territoriotoscano al di là del Reno, i macchinari per la produzione si trovavano interritorio bolognese; il fiume in quel tratto funge infatti da confine regionale. <strong>Il</strong> luogoin cui tale opificio doveva sorgere era un tratto di massicciata contiguo alla ferrovia,che in quel momento era stata spostata di alcuni metri e si trovava a 2 chilometri dallastazione ferroviaria di Pracchia. L’unico dato tecnico che abbiamo a riguardo del <strong>motore</strong>è la potenza, stimata in 30 HP e, a riguardo dell’opificio, la produzione dighiaccio giornaliera, stimata in 100 quintali. Anche in questo caso si trattò di una iniziativavotata all’auto-produzione di energia. Sebbene il progetto non presentassealcun problema di tipo costruttivo, la domanda venne fin da subito ostacolata dalleFerrovie dello Stato, che si opposero per due ordini di ragioni: in primo luogo non volevanoche fosse utilizzata come base per l’opificio l’antica sede della ferrovia,sebbene a quella data fosse stata abbandonata, per riservarsene future utilizzazioni:in secondo luogo non ritenevano sicure le opere di derivazione nei confronti delleopera della nuova tratta di ferrovia. Questa contesa si trascinò per tutto il 1903, fino ache non venne inviato un primo ingegnere del genio civile per effettuare un sopralluogo.Questi, giunto sul posto, non rilevò nessun pericolo per la ferrovia poiché nonsi vede come la quantità d’acqua derivata, tanto limitata possa offendere i possedimenti a valle,né si capisce come l’opera di derivazione possa traboccare essendosi prese le opportune garanzieattraverso sfioratori 29 . Nonostante questo parere positivo il prefetto non accordòsubito al Vivarelli il permesso di derivare acqua e, poiché riceveva continue lamenteledalle Ferrovie, spedì una seconda squadra di ispezione capitanata dall’ingegner Becchierucci,il quale, dopo aver effettuato tutte le rilevazioni del caso, diede il permessoal Vivarelli di esercitare la sua attività: erano passati tre anni.28ASB, Genio civile, n. 736, fasc. 7/12.29ASB, Ibidem.84

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