Fonte: C. Bardini, P. Hertner, Decollo elettrico e decollo industriale, Storia dell’industria elettrica in Italia. Leorigini. 1882-1914, a cura di G. Mori, Bari, Laterza, 1992.È bene precisare che entrambi i grafici non distinguono fra energia idroelettrica,ovvero prodotta attraverso lo sfruttamento dell’acqua, ed energia termoelettrica,prodotta attraverso processi combustivi. Tuttavia, sappiamo da altri dati statisticiche la produzione idroelettrica era nettamente prevalente 25 .Nell’Appennino Tosco-Emiliano, negli anni compresi fra il 1903 e il 1919 si scatenòuna vera e propria corsa per accaparrarsi i diritti di derivazione sui numerosicorsi d’acqua che solcano la regione. Questo fenomeno interessò non solo il territorioqui preso in considerazione, ma, con fasi e tempi differenti, tutta l’Italia. La premessaa uno sviluppo così diffuso sul territorio, stava nel calo dei prezzi subito dai piccolimotori elettrici, che, unito a sistemi di leasing, permetteva l’acquisto delle nuove tecnologieanche a chi non disponeva di grossi capitali 26 .Ho ritenuto utile ai fini della ricerca ripartire le domande di derivazione che hopotuto consultare in due gruppi: le domande complete, ovvero quelle che possedevanoi pro forma necessari per essere ammesse all’istruttoria, e quelle incomplete ospurie le quali, per una serie di motivi, non possedevano queste caratteristiche. Naturalmente,la completezza formale di una domanda non implicava la suaautomatica accettazione. Dopo i requisiti formali si doveva verificare che non ci fosseroaltre richieste concorrenti ed a questo punto, a seconda dell’assetto legislativodifferente in vari momenti storici, si poteva assegnare la priorità. Per il periodo che anoi interessa la legislazione conobbe due linee di tendenza. In un primo periodo, cheva dal 1893 al 1916, la priorità alla domande di derivazione su un corso d’acqua venivadata per semplice antecedenza temporale 27 : colui che avesse fatto per primo la25Ministero di agricoltura, industria e commercio, Notizie statistiche sugli impianti elettrici esistenti inItalia alla fine del 1898, e cenni sulle industrie elettriche in Italia, a tutto il 1900.26Bardini, Hertner, Decollo elettrico e decollo industriale, p. 216.27Sul rapporto fra legislazione e industria elettrica per il periodo “pionieristico”si veda in generaleD. Manetti, La legislazione sulle acque pubbliche e sull’industria elettrica.83
ichiesta avrebbe goduto del diritto di precedenza sulle pratiche cronologicamentesuccessive. Tuttavia i problemi che questa impostazione determinava, si manifestaronomolto presto: la semplice precedenza temporale infatti, non garantiva in alcunmodo il miglior sfruttamento delle acque o la migliore proposta progettuale.Questo problema venne risolto definitivamente dal decreto Bonomi, del 20 novembre1916, n. 1644. La nuova normativa stabiliva, fra l’altro, che si potevanodichiarare concorrenti domande posteriori, che presentassero uno speciale motivo diinteresse pubblico, preferendo fra più domande quella che presentasse la migliore epiù vasta utilizzazione idraulica. Questo decreto segnò la fine del periodo pionieristicoaprendo, soprattutto nei corsi d’acqua con maggiore portata, alle grandiutilizzazioni.La prima domanda di derivazione di cui abbiamo rinvenuto traccia per la prefetturadi Bologna, risale al 25 ottobre 1902 28 , quando Vivarelli Foresto chiese di derivareacqua dal fiume Reno allo scopo di animare una fabbrica di ghiaccio artificiale, situatain località Frassignoni, nei pressi di Pracchia. <strong>Il</strong> motivo per cui tale domanda fupresentata alla prefettura Bolognese è che, mentre l’opera di presa si trovava in territoriotoscano al di là del Reno, i macchinari per la produzione si trovavano interritorio bolognese; il fiume in quel tratto funge infatti da confine regionale. <strong>Il</strong> luogoin cui tale opificio doveva sorgere era un tratto di massicciata contiguo alla ferrovia,che in quel momento era stata spostata di alcuni metri e si trovava a 2 chilometri dallastazione ferroviaria di Pracchia. L’unico dato tecnico che abbiamo a riguardo del <strong>motore</strong>è la potenza, stimata in 30 HP e, a riguardo dell’opificio, la produzione dighiaccio giornaliera, stimata in 100 quintali. Anche in questo caso si trattò di una iniziativavotata all’auto-produzione di energia. Sebbene il progetto non presentassealcun problema di tipo costruttivo, la domanda venne fin da subito ostacolata dalleFerrovie dello Stato, che si opposero per due ordini di ragioni: in primo luogo non volevanoche fosse utilizzata come base per l’opificio l’antica sede della ferrovia,sebbene a quella data fosse stata abbandonata, per riservarsene future utilizzazioni:in secondo luogo non ritenevano sicure le opere di derivazione nei confronti delleopera della nuova tratta di ferrovia. Questa contesa si trascinò per tutto il 1903, fino ache non venne inviato un primo ingegnere del genio civile per effettuare un sopralluogo.Questi, giunto sul posto, non rilevò nessun pericolo per la ferrovia poiché nonsi vede come la quantità d’acqua derivata, tanto limitata possa offendere i possedimenti a valle,né si capisce come l’opera di derivazione possa traboccare essendosi prese le opportune garanzieattraverso sfioratori 29 . Nonostante questo parere positivo il prefetto non accordòsubito al Vivarelli il permesso di derivare acqua e, poiché riceveva continue lamenteledalle Ferrovie, spedì una seconda squadra di ispezione capitanata dall’ingegner Becchierucci,il quale, dopo aver effettuato tutte le rilevazioni del caso, diede il permessoal Vivarelli di esercitare la sua attività: erano passati tre anni.28ASB, Genio civile, n. 736, fasc. 7/12.29ASB, Ibidem.84
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