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Il motore idraulico - Centro CISA

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Una seconda contesa, ma di carattere diverso, si verificò per lo sfruttamento delleacque del torrente Dardagna. La durata di questa pratica fece sì che essa, natanell’ambito della legislazione del 1893, finisse con sottostare al decreto Bonomi del1916. <strong>Il</strong> primo interessato a derivare acqua dal torrente fu, nel febbraio del 1903, ilmarchese Giacinzio Gherardini 30 . Di costui non abbiamo però che gli atti risalenti al1916, mentre il progetto originario è perduto. A seguito della richiesta del marchesealtre sei domande furono presentate, che naturalmente furono tutte respinte in baseal regolamento del 1893, il quale assicurava la precedenza soltanto attraverso il criteriocronologico. Questa competizione, volta ad accaparrarsi le risorse idriche di unostesso fiume, fa pensare che ci fossero numerosi studi di fattibilità sui corsi d’acquaappenninici. Le procedure che precedevano la costruzione di un invaso si componevanogeneralmente di due fasi: in un una prima si studiavano le portate del fiume,poi si valutavano gli aspetti geo-morfologici del suolo su cui installare il bacino; particolarmenteimportante era, in questo frangente, lo studio stratigrafico, volto averificare il grado di impermeabilità del suolo. <strong>Il</strong> Dardagna, per la sua conformazione,doveva presentare un buon rapporto fra la costanza del flusso delle acque e lapossibilità di sfruttare salti elevati.I secondi ad avanzare richiesta per lo sfruttamento delle acque del Dardagna furono,in data 24 aprile 1907, l’ingegner Giuseppe Villoresi e l’avvocato Luigi Roffeni iquali volevano utilizzare assieme a queste anche le acque del rio Grande. <strong>Il</strong> 25 aprile1907 l’ingegner Coduri, residente a Milano in via Santa Redagonda (la prima via elettrificatad’Italia) si inseriva nella contesa, proponendo la costruzione di una centrale aPoggiolforato per migliorare le possibilità del salto d’acqua. L’ultima richiesta presentatanel 1907 arrivava dai responsabili della Cava dei Tirreni, Alfonso Biagi ePolinice Ghiaini, che progettavano di collocare l’opera di presa due chilometri sotto illago Scaffaiolo, e restituire le acque a 700 metri a valle presso la borgata Pianacci.Dopo questa prima ondata di richieste, una seconda iniziò nel marzo del 1915quando Arturo Rossi, cercando di aggirare il problema, chiese la possibilità di sfruttareil Dardagna a valle della restituzione del Gherardini. La sua richiesta fu peròrifiutata a causa del regolamento 1893 il quale prevedeva che sullo stesso corso d’acquanon possa esservi più d’una concessione, con precedenza per quella temporalmenteanteriore 31 . Altre due richieste, sempre da parte di ingegneri milanesi, si inserirononel 1916, finendo anch’esse rifiutate. A questo punto però, con l’entrata in vigore deldecreto Bonomi, tutte le domande diventarono potenzialmente concorrenti. Per questofu proposto a tutti i richiedenti di presentare di nuovo le domande di progetto diciascun impianto; queste furono vagliate da un’apposita commissione del Ministerodei Lavori Pubblici, che assegnò la concessione al marchese Giacinzio Gherardini.Questi, nel frattempo, aveva ceduto i suoi diritti alla Società Idroelettrica Dell’Appennino(SIDA), che prevedeva di installare nell’impianto due motori della potenza30ASB, Genio civile, n. 719.31Ibidem.85

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