Alla domanda era anche allegata una pratica del Comune di Savigno, al qualeoriginariamente il “progetto” era stato inviato. Sia la forma progettuale, assolutamenteinconsistente, sia l’ufficio a cui i documenti erano stati in origine spediti,ovvero il Comune in cui l’impianto avrebbe dovuto essere installato, confermano ilcarattere involontario nel deficit conoscitivo. Naturalmente la pratica venne giratadal Comune all’ufficio di Prefettura, che non la prese nemmeno in considerazione.In altri casi è il soggetto stesso che spiega, nella domanda di derivazione, il motivodella sua manchevolezza. Si tratta, in questo caso, di un deficit volontario: poichéin un primo tempo l’unico criterio che permetteva di ottenere una derivazione d’acquaera basato solamente sulla priorità della presentazione delle domande 49 , iderivatori cercavano, utilizzando una strategia molto diffusa, di presentare domandeincomplete per assicurarsi la priorità temporale, facendosi naturalmente obbligodi spedire il progetto completo al più presto. La domanda veniva congelata in attesadella documentazione mancante, ma continuava ad avere la precedenza su quelle adessa susseguenti, facendo fede la data di presentazione.L’ultima difficoltà che una domanda frequentemente incontrava nel suo percorsoverso la concessione, era quella di ledere gli interessi di altri gruppi cheoperavano sullo stesso corso d’acqua. È la sorte che toccò alla richiesta di derivazionedell’ingegner Francesco Bassi, inviata alla Prefettura di Bologna nel maggio del1912. <strong>Il</strong> progetto consisteva nella realizzazione di uno sbarramento sul fiume Renoper produrre energia elettrica, nell’interesse della proprietà Falchieri, presso il podere diCantagallo 50 . Alla richiesta si oppose il Consorzio della chiusa del canale di Reno, ilquale, più che fornire validi elementi tecnici per motivare la sua opposizione, si richiamavaalla propria plurisecolare storia di ente pubblico, e al numero ingente dei suoiutenti e le funzioni sue proprie di giurisdizione sul fiume. <strong>Il</strong> Consorzio per dimostrarel’anteriorità dei propri interessi rispetto a quelli dell’ingegner Bassi ricordava la vetustae monumentale presa d’acqua che sorge presso Casalecchio, solenne segno del nostrodominio sul fiume 51 . Dopo questa enfatica introduzione al problema, l’unica riserva dicarattere tecnico che il Consorzio avanzò riguardava la dipendenza della diga consortile,posta a valle, rispetto a quella del Bassi, che era posta a monte. Per condireulteriormente il discorso di retorica, nella lettera del Consorzio si ricordano le tragediedel 1893, causate da una piena del fiume Reno. Nonostante il Bassi avesseprevisto nel progetto di lasciar passare, dal suo sbarramento, una quantità d’acquatale da non causare alcun danno al Consorzio, la sua domanda fu respinta perchénon garantisce l’incolumità dei possedimenti a valle 52 .49Sul rapporto fra legislazione e industria elettrica per il periodo “pionieristico”si veda D. Manetti,La legislazione sulle acque pubbliche e sull’industria elettrica, in Storia dell’industria elettrica in Italia. Le origini,pp. 111-154.50ASB, Genio civile, n. 736.51Ibidem.52Ibidem.97
Concludendo, si può osservare che in territorio Appenninico si conosce, già daglianni Novanta del XIX secolo, uno sviluppo dell’energia elettrica, inizialmentecircoscritto ai centri più rilevanti. Questa prima diffusione degli impianti non avvennegrazie all’estensione delle linee di distribuzione di grandi imprese, ma per ilsorgere di una piccola e diffusa impresa elettro-commerciale. Lo sviluppo estremamenteprecoce di Porretta Terme, elettrificata già nel 1891, è da mettersi in relazioneal ruolo d’eccellenza di questo centro abitato come stazione climatica e termale. Daun carteggio che intercorse nel 1899 fra il sindaco di Castiglione dei Pepoli AngeloMattei ed Enrico Bruzzi di Prato, che proponeva di sostituire l’impianto di illuminazionea petrolio con un nuovo a luce elettrica, apprendiamo infatti che avere tale tipodi illuminazione era una vera e propria attrattiva turistica e quasi ludica 53 . Anche l’iniziativadel sindaco di Porretta Negretti abbiamo visto come si fosse orientata, oltreche ad un razionale sfruttamento idroelettrico, anche alla costruzione di un laghettoche avrebbe reso ancor più caratteristica Porretta Terme. Lo stesso si può dire di Castiglionedei Pepoli, dove la precocità dell’arrivo dell’energia elettrica era dovutaalla sua posizione privilegiata come luogo di vacanza. Le caratteristiche di questiprimi impianti, contraddistinti da una potenza limitata e da linee di trasmissione inferioriai 5 chilometri, iniziano a variare durante gli anni Venti. Ancora una voltaPorretta si presenta come la prima a godere di un potenziamento della produzione,assieme anche Castiglione dei Pepoli.Dopo i primi casi di produzione di energia idroelettrica, è dagli anni Dieci che siverifica un’accelerazione nello sfruttamento delle risorse idriche, e si diffonde, anchenei paesi più periferici, un’illuminazione che derivava l’elettricità dalla forza dell’acqua.È il caso di Castelluccio, Monteacuto, Pianaccio , Gaggio Montano e Lizzano inBelvedere. Per tutte queste situazioni si parla di piccole stazioni climatiche, il cuiruolo propulsivo legato al turismo è indubbio. È ancora il sindaco di Gaggio Montanoche nell’estate del 1913, lamentandosi presso il prefetto, auspica che l’erogazionedel servizio sia più costante, per evitare guai durante la villeggiatura. L’utilizzo dell’energiaelettrica vedeva i mesi di massimo assorbimento proprio durante l’estate,periodo che era caratterizzato da una sottoproduzione idroelettrica per la diminuzionedi portata di fiumi e torrenti. Le strategie elaborate per garantire un serviziopiù continuo vedevano l’impiego di motori a gas povero oppure di generatrici termiche.La diffusione degli impianti ausiliari è tale che già durante gli anni Venti tuttele piccole imprese elettro-commerciali ne erano provviste. Questi strumenti, perònon garantivano lo stesso regime di costi, portando a frequenti sovrapprezzi sul costodell’elettricità.Queste piccole reti, che si andavano sviluppando in modo autonomo, non eranoinizialmente connesse fra loro. Ciò significava, almeno fino alla metà degli anni Venti,che ad un guasto corrispondeva quasi sempre l’interruzione del servizio. <strong>Il</strong>53Righetti, La nascita dell’industria idroelettrica, p. 75-78.98
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