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Etica della responsabilità - Grande Oriente d'Italia

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• 58 •falo” ex art. 2, n.1 <strong>della</strong> stessa legge. Se lamorte è encefalica, per coerenza logica,anche la vita deve essereencefalica e, dunque,conseguentemente lavita dovrebbe esseredefinita come esistenzadi attività encefalica.La questionedefinitoria sembrerebbein questi terminidi facilesoluzione, ma giànella previsione normativadell’art.1 ex L.n.578 del 1993 comparel’aggettivo irreversibile,attribuitoalla cessazione di attivitàencefalica, che pone grossi problemiepistemologici prima ancora che pratici.Infatti, le scienze empiriche procedonoesclusivamente per affermazioni statistico/probabilistiche,dunque, nessuna affermazionescientifica può sostenere concertezza assoluta, pari al cento per centodelle probabilità statistiche, l’irreversibilitàdi qualsiasi processo dell’esistente, compresala caduta dei gravi. Ma, pur tralasciandotale pregiudiziale questione,emerge subito la convenzionalità arbitraria<strong>della</strong> definizione. Infatti, si sarebbe potutodefinire la morte come cessazione diattività cardiaca, come altri ordinamentigiuridici propongono, oppure come cessazionedell’attività di tutte le cellule checompongono il corpo umano, oppure ancoracome fuoriuscita dell’anima dal corpo,l’elencazione è meramente esemplificativa.Ciascuna delle soluzioni sopra esemplificatepossiede un proprio retroterra culturaledi convinzioniscientifiche, filosofiche,ideologiche e religiose,che sostiene egiustifica la sceltacompiuta con le relativeconseguenze (positivee negative)comportamentali a livellosociale. Una domanda,dunque, batteprepotentemente allaporta: se tutte lescelte definitorie sipresentano opinabili,frutto di soggettività,di convinzioni personali,quale potere politico/sociale/religiosopuò avere un’autorità sufficiente da imporre,in una materia tanto delicata dacoinvolgere l’esistenza vitale stessa del singoloessere umano, una qualsiasi obbligatorietà,un qualsiasi vincolo alla personadirettamente protagonista con il propriocorpo dell’evento?Ed, infatti, l’ordinamento giuridico italianooscilla paurosamente tra soluzioni diverse,tutte ancorate non alla definizionepura di vita e di morte, ma ad esigenze politico/sociali/religiosedi consenso più omeno maggioritario.La definizione di morte <strong>della</strong> L. n. 578del 1993, ad esempio, si presenta funzionalerispetto al prelievo ed al trapianto diorgani e tessuti, regolamentati dalla L. 1°aprile 1999, n. 91, che, in assenza di una definizionedi morte encefalica, non potreb-2/2010HIRAM

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