R Mariotti, F Mauri - Linee <strong>guida</strong> dell’infarto miocardico acutopossano permettere nella stragrande maggioranza deicasi una corretta diagnosi differenziale, non infrequentementeviene fatta confusione tra le due situazioni cliniche:questa confusione è stata responsabile di valutazionidiverse della loro incidenza.Angina postinfartuale precoce. Si definisce generalmenteangina postinfartuale precoce l’angina tipica, ariposo o da minimo sforzo, che si manifesta dopo 24ore dall’esordio dell’infarto.L’incidenza riportata in letteratura varia da menodel 10% a quasi il 50%, in relazione alle caratteristich<strong>ed</strong>ifferenti dei pazienti arruolati nei diversi studi.A differenza di quanto si poteva prev<strong>ed</strong>ere, nei pazientisottoposti a trattamento trombolitico non emerg<strong>ed</strong>ai grandi trial clinici una maggiore incidenza di anginapostinfartuale: è per lo più < 20%. Al contrario instudi più selettivi tale differenza viene segnalata comesignificativa, soprattutto se valutata cumulativamentecon la recidiva di infarto.A parziale giustificazione <strong>delle</strong> valutazioni menoprecise deve essere detto che, tanto negli studi condottiin epoca pretrombolisi che negli studi più recenti, soloin una metà circa dei pazienti con angina postinfartualeprecoce la sintomatologia stenocardica si accompagnaa transitori segni ECG di ischemia.Nella stragrande maggioranza dei casi, specie neipazienti sottoposti a trombolisi, l’ischemia recidivanteè perinfartuale. In questi casi il fattore principale favorentela recidiva ischemica è la persistente instabilitàdel vaso responsabile dell’infarto che spesso nei pazienticon angina postinfartuale presenta stenosi critichecomplesse o trombi intracoronarici.L’angina postinfartuale è più frequente nei pazienticon prec<strong>ed</strong>enti ischemici, soprattutto angina. Inoltre inmolti studi tale complicanza sembra associata in misurastatisticamente significativa all’età avanzata, al sessofemminile e all’IMA non Q. Anche se i dati della letteraturariguardo all’estensione della malattia coronaricanei pazienti con angina postinfartuale sono discordanti,da uno studio condotto in era pretrombolitica 97 , nelquale questo tema è stato bene analizzato, è risultatoche i pazienti con angina postinfartuale si differenzianodai pazienti senza angina per una maggiore estensionee severità della malattia coronarica e per un circolo collateralemeno sviluppato, e che, nell’ambito dei pazienticon angina, le alterazioni angiografiche sono moltopiù rilevanti nei pazienti con segni ECG di ischemia rispettoa quelle dei pazienti in cui l’angina non si accompagnaad alterazioni del tratto ST-T.I pazienti con angina postinfartuale precoce vannoincontro ad una maggiore incidenza di eventi ischemicimaggiori (reinfarto e, secondo la maggior parte deglistudi, anche morte) nel periodo intraosp<strong>ed</strong>aliero. Laprognosi però risulterebbe particolarmente sfavorevolenei pazienti in cui l’angina si accompagna a segni ECGdi ischemia o a compromissione emodinamica, mentrenei pazienti con angina senza alterazioni transitorie deltratto ST-T e senza segni di deterioramento emodinamicol’incidenza di eventi ischemici è pressoché sovrapponibilea quella che si riscontra nei pazienti senzaangina.Va rilevato che oltre il 50% dei pazienti con angina<strong>ed</strong> alterazioni transitorie del tratto ST-T va incontro astabilizzazione clinica dopo il primo episodio anginoso:ciò prova che questo gruppo di pazienti è molto eterogeneodal punto di vista prognostico. Purtroppo però,secondo quanto finora emerso dagli studi portati a termine,non sono riconoscibili variabili anamnestiche,cliniche o strumentali che consentano di identificare,nell’ambito dei pazienti con angina e alterazioni transitori<strong>ed</strong>ell’ECG, quelli che andranno incontro rapidamentea stabilizzazione clinica per i quali si può adottareuna strategia conservativa e quelli a più alto rischiodi eventi intraosp<strong>ed</strong>alieri per i quali si rende necessariae con urgenza una strategia più aggressiva.Nel recente studio GISSI-3 APPI 98 condotto su2364 pazienti è emerso, inoltre, che nonostante i pazienticon angina postinfartuale precoce <strong>ed</strong> alterazionitransitorie dell’ECG vengano sottoposti molto più frequentementea proc<strong>ed</strong>ure di rivascolarizzazione miocardica,permane anche nel follow-up a 6 mesi un’associazionestatisticamente significativa tra angina precoce<strong>ed</strong> eventi ischemici maggiori. L’associazione traangina postinfartuale precoce e maggiore incidenza direinfarto non fatale a distanza (follow-up 12 mesi) erastata dimostrata anche in un prec<strong>ed</strong>ente studio 99 .Strategia terapeutica. Nei pazienti con angina postinfartualeprecoce va prontamente intensificato/ottimizzatoil trattamento farmacologico antischemico<strong>ed</strong> antitrombotico (v<strong>ed</strong>i <strong>linee</strong> <strong>guida</strong> sull’anginainstabile: trattamento intensivo) (evidenza di tipo B).Si sottolinea come in queste particolari situazionicliniche sia opportuno ricorrere all’eparina a bassopeso molecolare in alternativa all’eparina non frazionatae agli inibitori della GP IIb/IIIa in attesadi espletare la valutazione coronarografica, se necessaria.Nei pazienti con IMA non Q e funzione ventricolaresinistra non compromessa, invece dei betabloccantipossono essere impiegati calcioantagonisti nondiidropiridinici (evidenza di tipo B).Nei pazienti con angina postinfartuale precoce,con associate modificazioni transitorie del trattoST-T e/o complicata da insufficienza ventricolare sinistrao da aritmie “minacciose”, a prescindere dallarisposta alla terapia m<strong>ed</strong>ica, è in linea di massimaindicato eseguire in tempi brevi una coronarografia,per valutare l’opportunità di un intervento di rivascolarizzazionemiocardica.Nei restanti pazienti con angina postinfartualeprecoce, la condotta terapeutica sarà dettata dallarisposta al trattamento m<strong>ed</strong>ico ottimale: quelli conangina ricorrente, in corso di trattamento m<strong>ed</strong>icoottimale, verranno avviati con urgenza ad indagine531
Ital Heart J Suppl Vol 2 Maggio 2001coronarografica nella prospettiva di un interventodi rivascolarizzazione miocardica (evidenza di tipoB). In quelli con buona risposta al trattamento m<strong>ed</strong>icoverrà adottato lo stesso protocollo diagnosticovalutativodei pazienti con IMA non complicato(evidenza di tipo C) 100 .Recidiva di infarto precoce. È riportata un’incidenzavariabile a seconda dei criteri impiegati per la diagnosie <strong>delle</strong> caratteristiche <strong>delle</strong> popolazioni esaminate. Pr<strong>ed</strong>ispongonoal reinfarto quelle circostanze (IMA non Q,riperfusione precoce), in cui una consistente area miocardica,nel territorio del primo infarto, è stata “salvata”ma rimane a rischio di eventi ischemici ricorrenti: infattiil reinfarto precoce interessa quasi sempre il territoriotributario del vaso responsabile del primo infarto.Il reinfarto che, come detto prima, si verifica piùfrequentemente nei pazienti con angina postinfartualeprecoce, si associa ad un notevole aumento della mortalità.Strategia terapeutica. La recidiva di angina che siprotrae oltre 30 min, resistente alla somministrazion<strong>ed</strong>i nitrati, deve essere considerata con alta probabilitàrecidiva di IMA. Va trattata come il primo infarto.In particolare si deve riutilizzare il fibrinolitico.Ovviamente va utilizzato rt-PA se in occasion<strong>ed</strong>el prec<strong>ed</strong>ente infarto è stata somministrata la streptochinasi.Nei centri in cui è disponibile, la PTCAurgente deve essere il trattamento preferito per le recidiveprecoci di infarto. La terapia antitrombotica,se interrotta, va continuata, altrimenti deve essere ripresa.Così pure deve essere ripresa la terapia di protezion<strong>ed</strong>el miocardio e di prevenzione del rimodellamentodel ventricolo sinistro.PericarditeL’incidenza di pericardite clinicamente riconoscibilevaria nelle diverse casistiche dal 6 al 25%. Essa poneproblemi diagnostici potendo essere confusa conuna ripresa di stenocardia.È più frequente negli IMA transmurali. Nella maggiorparte dei casi non vi è apprezzabile versamento.Sono stati descritti rari casi di tamponamento cardiacoda versamento pericardico emorragico in pazienticon pericardite trattati con dicumarolici. Invece sial’eparina che i trombolitici non sembrano promuoverelo sviluppo di emopericardio, per cui un loro eventualeimpiego in presenza di evidenza clinica di pericarditenon è controindicato.Strategia terapeutica. Va sottolineato che alte dosi dialtri antinfiammatori non steroidei e/o di cortisonici sonoda evitare, in quanto possono ostacolare il processodi cicatrizzazione, come evidenziato in studi sperimentali.Aritmie ipocineticheI meccanismi responsabili dei disturbi nella formazionee/o nella conduzione dell’impulso elettrico riscontrabiliin corso di IMA sono:• il danno, reversibile o irreversibile, che si produce inconseguenza dell’ischemia a vari livelli del sistema dieccitoconduzione;• l’ipertono vagale m<strong>ed</strong>iato dalla stimolazione <strong>delle</strong> terminazionivagali della porzione postero-inferiore del settointeratriale – tra l’ostio coronarico <strong>ed</strong> il margine postero-inferior<strong>ed</strong>el nodo atrioventricolare – e della paretepostero-inferiore del ventricolo sinistro: è pertanto piùfrequente in corso di infarto miocardico postero-inferiore.La stimolazione <strong>delle</strong> terminazioni vagali può essereprovocata sia dall’ischemia che dalla riperfusione, e la rispostavagale può essere esaltata dal dolore o da farmacisomministrati in questa fase, per esempio la morfina.Le aritmie ipocinetiche comprendono le disfunzionidel nodo del seno e i disturbi della conduzione atrioventricolare,che talora si manifestano contemporaneamente.Disfunzioni del nodo del seno. Le aritmie ipocinetich<strong>ed</strong>a disfunzione sinusale si possono manifestare come:bradicardia sinusale; blocco seno-atriale; arresto sinusale.Bradicardia sinusale. Un intervento terapeutico sirende necessario solo nei casi di bradicardia sinusalemarcata (< 40 b/min) o che, associata ad ipotensione,comporti ipoperfusione periferica, o che favoriscaaritmie ipercinetiche ventricolari.La terapia di prima scelta è l’atropina e.v. (evidenzadi tipo B). L’atropina va somministrata in bolivenosi di 0.5-0.6 mg, ripetibili, se il quadro emodinamiconon viene corretto, ogni 5-10 min, fino aduna dose totale non ecc<strong>ed</strong>ente i 2 mg (evidenza di tipoB).Va sottolineato che dosi singole > 0.6 mg dannopiuttosto frequentemente tachicardia sinusale non desideratain questa fase clinica, così come dosi < 0.5 mgpossono comportare un effetto paradosso di accentuazion<strong>ed</strong>ella bradicardia, pare per stimolazione dei nucleivagali midollari o per effetto diretto sul nodo delseno.Nei rari casi in cui l’atropina risulta inefficace, sidovrà ricorrere alla stimolazione elettrica temporanea.Nei pazienti con evidente depressione della funzioneventricolare, che potrebbero risentire dellamancanza del carico atriale, è indicata la stimolazioneatriale o – in presenza di associati disturbi dellaconduzione atrioventricolare – la stimolazione sequenzialeatrioventricolare.Blocco seno-atriale, pause sinusali, arresto sinusale.In molti casi i blocchi seno-atriali e le pause sinusa-532
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