R Mariotti, F Mauri - Linee <strong>guida</strong> dell’infarto miocardico acutoso, la digitale, i betabloccanti o i farmaci della classe IC:ovviamente il contesto clinico indirizzerà la scelta;3. se anche la terapia farmacologica risulta inefficace sideve ricorrere alla cardioversione elettrica. Prima di taleproc<strong>ed</strong>ura è comunque opportuno ripetere le manovr<strong>ed</strong>i stimolazione vagale, che hanno più elevata probabilitàdi successo dopo somministrazione di farmaciche ritardano la conduzione a livello del nodo atrioventricolare;B. nelle tachicardie sopraventricolari focali vanno identificatii fattori responsabili o comunque fortemente favorenti(ipopotassiemia, coesistente severa broncopneumopatiacronica, severo scompenso cardiocircolatorio,presenza eventuale, anche se improbabile, di intossicazion<strong>ed</strong>igitalica) <strong>ed</strong> intervenire di conseguenza.INQUADRAMENTO PROGNOSTICO PREDIMISSIONEDEL PAZIENTE INFARTUATOIntroduzioneL’attuale tendenza a dimettere i pazienti precocement<strong>ed</strong>opo l’infarto, giustificata dalla necessità di contenimento<strong>delle</strong> spese e dai disagi causati al pazient<strong>ed</strong>all’osp<strong>ed</strong>alizzazione, impone la necessità di un’accuratastratificazione prognostica a breve termine primadella dimissione. Infatti, il rischio di eventi coronaricigravi raggiunge il livello più alto imm<strong>ed</strong>iatamente dopol’episodio infartuale e diminuisce progressivamentenei successivi 6 mesi quando tende a stabilizzarsi.Pertanto, è estremamente importante identificare ipazienti ad alto rischio prima della dimissione, così dapoter mettere in atto tempestivamente le necessarie misureterapeutiche.ObiettiviL’obiettivo è l’identificazione, prima della dimissione,di quei pazienti che pur avendo avuto un infartonon complicato, sono tuttavia ad alto rischio di morte oreinfarto a breve-m<strong>ed</strong>io termine. Infatti questi pazientipossono trarre vantaggio da una rivascolarizzazionemiocardica urgente. I rimanenti pazienti possono esser<strong>ed</strong>imessi e ristratificati dopo 3-4 settimane.Determinanti della prognosiEtà. L’età è un importante determinante prognosticoimmodificabile, indipendente dagli altri pr<strong>ed</strong>ittori(evidenza di tipo A). Può costituire inoltre un limite,anche se non vincolante per l’avvio di proc<strong>ed</strong>ure invasive,il cui rischio aumenta con l’aumentare dell’età: l<strong>ed</strong>ecisioni in merito devono essere intraprese in base altipo di proc<strong>ed</strong>ura che si vuole intraprendere. Studi recentimostrano infatti come le proc<strong>ed</strong>ure invasive e l’interventochirurgico determinino un miglioramento dellaprognosi anche nei pazienti più anziani.La mortalità per infarto è in m<strong>ed</strong>ia piuttosto bassanei pazienti di età < 65 anni <strong>ed</strong> aumenta poco con il progr<strong>ed</strong>ir<strong>ed</strong>ell’età entro questo ambito. In seguito, aumentain maniera simil-esponenziale, sia nella faseacuta che dopo la dimissione. L’aumento di mortalitànei pazienti anziani, prevalentemente concentrato nellafase acuta, è soprattutto dovuto ad un maggior rischiodi rottura di cuore; le cause di questa maggiore suscettibilitàalla rottura di cuore non sono ancora chiare. A 6mesi, nello studio GISSI-2, la mortalità in pazienti dietà < 40 anni era dello 0.8% e risultava dell’11.6% inpazienti con età > 80 anni. Da notare che in ogni fasciadi età la mortalità è lievemente maggiore nelle donneche negli uomini 119 .Funzione ventricolare sinistra. Il grado di compromission<strong>ed</strong>ella funzione ventricolare sinistra è un altroimportante pr<strong>ed</strong>ittore indipendente della prognosi(evidenza di tipo A).La mortalità a 6 mesi aumenta di poco con il ridursidella frazione di eiezione fino al 45%; aumenta invececon rapida progressione per valori di frazione di eiezione< 45% 120 .Per valori di frazione di eiezione < 45% la mortalitàè anche influenzata dal volume telesistolico (a parità difrazione di eiezione è maggiore in pazienti con volumetelesistolico maggiore) 121 e dalla presenza di segni clinicidi scompenso cardiaco (a parità di frazione di eiezioneè maggiore in pazienti con segni di scompenso).Presenza di ischemia inducibile. Nei pazienti chenon lamentano angina postinfartuale, una prova dasforzo positiva pr<strong>ed</strong>ice una mortalità maggiore diquella osservata nei pazienti con prova da sforzo negativa,anche se il suo potere pr<strong>ed</strong>ittivo è ridotto perla bassa incidenza di eventi fatali osservata nei piùrecenti studi. Infatti, nello studio GISSI-2 il rischio dimortalità in pazienti trombolisati con prova da sforzopositiva era 1.6-2.6 volte (a seconda dei criteri di positivitàconsiderati) maggiore che nei pazienti con provada sforzo negativa 120 (evidenza di tipo A).Le cause responsabili della riduzione del potere pr<strong>ed</strong>ittivopositivo della prova da sforzo nei pazienti trombolisatisono più di una: il marcato miglioramento dellaprognosi del paziente infartuato riduce, in base alteorema di Bayes, il potere pr<strong>ed</strong>ittivo di un test positivo;la ricanalizzazione precoce ottenuta con la trombolisie la conseguente riduzione dell’area di necrosi, aumentala probabilità che una prova da sforzo positivasia causata dalla presenza di miocardio ischemico perinfartualepiuttosto che da ischemia a distanza dovutaa malattia multivasale e, quindi, con prognosi peggiore.Inoltre, era forse maggiore, in passato, la tendenza adeseguire prova da sforzo sottomassimale, piuttosto chemassimale: è ovvio che il significato prognostico di unaprova da sforzo sottomassimale positiva è peggiore di539
Ital Heart J Suppl Vol 2 Maggio 2001quella di una prova massimale positiva. Ancora, daqualche tempo la positività del test da sforzo postinfartocomporta quasi sempre la successiva esecuzione diuna coronarografia con sistematica rivascolarizzazionemiocardica (angioplastica o bypass, in base all’anatomia):ciò riduce proprio il rischio connesso con l’ischemiaresidua. Infine, è importante notare che la prova dasforzo, come anche tutti gli altri test utilizzati per valutarela gravità dell’aterosclerosi coronarica, fornisceun’informazione abbastanza accurata sull’estension<strong>ed</strong>el territorio ischemico a rischio, ma non fornisceinformazioni affidabili sull’evolutività dell’aterosclerosicoronarica.Aritmie ventricolari ipercinetiche. La prevalenza diaritmie ventricolari ipercinetiche alla valutazione pr<strong>ed</strong>imission<strong>ed</strong>opo infarto è estremamente variabile, anchese, in m<strong>ed</strong>ia, è maggiore in pazienti con funzioneventricolare sinistra ridotta.La frequenza di extrasistoli ventricolari è unpr<strong>ed</strong>ittore indipendente 122 di mortalità (soprattuttodi morte improvvisa), ma il valore pr<strong>ed</strong>ittivo aggiuntivorispetto a quello fornito dalla valutazion<strong>ed</strong>ella funzione ventricolare è molto limitato (evidenzadi tipo B).Nello studio GISSI-2 il rischio di mortalità in pazienticon più di 10 extrasistoli per ora era di solo 1.6volte maggiore rispetto a pazienti che non presentavanoextrasistolia ventricolare 120 .La presenza di episodi di TV sostenuta (> 30 s) dopoi primi 3 giorni dall’episodio infartuale, è associataad un’alta mortalità a breve-m<strong>ed</strong>io termine; tuttavia,queste aritmie sono tipicamente presenti in pazienti congrave compromissione della funzione ventricolare e,quindi, già noti per essere ad alto rischio (evidenza ditipo B).Poiché il rischio di aritmie ventricolari gravi e dimorte improvvisa è maggiore in presenza di un aumentorelativo dell’attività simpatica, test volti a caratterizzarel’equilibrio simpatico-parasimpatico (variabilitàdella frequenza cardiaca, ecc.) potrebbero avere un poterepr<strong>ed</strong>ittivo indipendente maggiore di quello ottenibilecon le metodiche utilizzate attualmente.Selezione dei test non invasiviValutazione della funzione ventricolare sinistra. Lafunzione ventricolare sinistra è abitualmente valutatam<strong>ed</strong>iante ecocardiografia bidimensionale o m<strong>ed</strong>ianteventricolografia radioisotopica. L’ecocardiografiaè più economica, la ventricolografia radioisotopicaè considerata più accurata da alcuni. Comunqueentrambi gli approcci sono validi e la sceltadipende fondamentalmente dalle abitudini e convenienzelocali (evidenza di tipo B).In presenza di un’alterazione regionale della cinesiventricolare sufficientemente estesa da causareuna riduzione importante della frazione di eiezioneventricolare, è necessario stabilire se in quella regioneè presente miocardio vitale in quantità rilevante.Infatti, la rivascolarizzazione miocardicasembra migliorare la prognosi, rispetto alla terapiam<strong>ed</strong>ica, solo nei pazienti con evidenza di miocardiovitale (evidenza di tipo B).Attualmente esistono diverse tecniche non invasiv<strong>ed</strong>i imaging per il riconoscimento del miocardio vitalequali la scintigrafia al tallio, la tomografia ad emission<strong>ed</strong>i positroni e l’eco-dobutamina. L’impiego di unatecnica piuttosto che di un’altra è in relazione all’esperienzaacquisita in un dato centro.La maggiore sensibilità della tomografia ad emission<strong>ed</strong>i positroni nell’identificazione del miocardio vitaleè controbilanciata dalla scarsa applicabilità su largascala.Di fatto, nella pratica clinica l’identificazione delmiocardio vitale è semplice in casi estremi. Infatti, sel’ecocardiografia mostra che la regione miocardica disfunzionanteè anche estremamente assottigliata, ciòrappresenta un indizio certo di necrosi. All’altro estremol’evidenza di ischemia spontanea o inducibile nellaregione miocardica disfunzionante è un indizio certo dipresenza di miocardio vitale. Negli altri casi può esserenecessario eseguire esami ad hoc più complessi perdiscriminare fra necrosi o ibernazione. Queste indaginipossono essere eseguite utilizzando tecniche ecocardiograficheo scintigrafiche. La valutazione della vitalitàmiocardica (miocardio ibernato) e la pianificazion<strong>ed</strong>egli interventi di rivascolarizzazione m<strong>ed</strong>iante testeco-dobutamina è oramai riconosciuta. Il test viene effettuatoinfondendo dosi scalari di 5 g/kg/min di dobutaminadurante monitoraggio ecocardiografico dellacinetica regionale del ventricolo sinistro. La dobutaminaevoca su un miocardio ibernato, ma non necrotico,una riserva contrattile che al salire della dose può rivelareischemia della stessa s<strong>ed</strong>e, ad ulteriore confermadella presenza di tessuto ischemico ma ancora vitale.In alternativa, la presenza di miocardio vitale puòessere valutata m<strong>ed</strong>iante somministrazione di tallio-201 123 . Poiché il tallio inizialmente si distribuisce proporzionalmenteal flusso la scintigrafia precoce mostraipocaptazione sia in regioni miocardiche ibernate chenecrotiche, in quanto in amb<strong>ed</strong>ue i casi il flusso regionaleè ridotto; tuttavia, nelle ore successive alla suasomministrazione il tallio si r<strong>ed</strong>istribuisce nel tessutomiocardico metabolicamente attivo, come quello ibernato,ma non in quello necrotico. Pertanto una regioneinizialmente ipocaptante, che diventa normocaptantenella scintigrafia tardiva è probabilmente ibernata e nonnecrotica. La pr<strong>ed</strong>ittività <strong>delle</strong> due tecniche è sovrapponibile:anche in questo caso la scelta dipende fondamentalment<strong>ed</strong>alle abitudini e convenienze locali.Valutazione del miocardio a rischio di ischemia.Lascelta del test iniziale dovrebbe essere basata suun’attenta valutazione dell’ECG a riposo, <strong>sulla</strong> ca-540
- Page 3 and 4: Ital Heart J Suppl Vol 2 Maggio 200
- Page 5 and 6: Ital Heart J Suppl Vol 2 Maggio 200
- Page 7 and 8: Ital Heart J Suppl Vol 2 Maggio 200
- Page 9 and 10: Ital Heart J Suppl Vol 2 Maggio 200
- Page 12 and 13: R Mariotti, F Mauri - Linee guida d
- Page 14 and 15: R Mariotti, F Mauri - Linee guida d
- Page 16 and 17: R Mariotti, F Mauri - Linee guida d
- Page 18 and 19: R Mariotti, F Mauri - Linee guida d
- Page 20 and 21: R Mariotti, F Mauri - Linee guida d
- Page 22 and 23: R Mariotti, F Mauri - Linee guida d
- Page 24 and 25: R Mariotti, F Mauri - Linee guida d
- Page 26 and 27: R Mariotti, F Mauri - Linee guida d
- Page 28 and 29: R Mariotti, F Mauri - Linee guida d
- Page 32 and 33: R Mariotti, F Mauri - Linee guida d
- Page 34 and 35: R Mariotti, F Mauri - Linee guida d
- Page 36 and 37: R Mariotti, F Mauri - Linee guida d
- Page 38 and 39: R Mariotti, F Mauri - Linee guida d
- Page 40 and 41: R Mariotti, F Mauri - Linee guida d
- Page 42 and 43: R Mariotti, F Mauri - Linee guida d