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Revisione ed aggiornamento delle linee guida sulla ... - Anmco

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R Mariotti, F Mauri - Linee <strong>guida</strong> dell’infarto miocardico acuto- angioplastica primaria, in alternativa al trattamento fibrinolitico;- angioplastica sistematica dopo fibrinolisi;- angioplastica di soccorso, dopo fallimento della fibrinolisi;- angioplastica in caso di shock cardiogeno da IMA.La PTCA primaria consegue una percentuale disuccessi, in termini di ricanalizzazioni e di migliorflusso coronarico (TIMI 3), superiore alla fibrinolisi ein tempi probabilmente più brevi di circa 30 min: sulpiano clinico questi fatti hanno comportato, in una seri<strong>ed</strong>i piccoli studi analizzati secondo la tecnica dellametanalisi, una riduzione significativa della mortalità abreve termine (osp<strong>ed</strong>aliera) e <strong>delle</strong> recidive di episodiischemici, oltre che un accorciamento dei tempi di ricovero;la riduzione della mortalità sembra attenuarsia m<strong>ed</strong>io termine (6-12 mesi). Il vantaggio sembra concernerefondamentalmente i soggetti con territorio minacciatopiù esteso. La PTCA primaria è inoltre sostanzialmentel’unico metodo di ricanalizzazione neipazienti con controindicazioni alla fibrinolisi e noncomporta aumento del rischio emorragico, se si eccettuanosanguinamenti locali in s<strong>ed</strong>e di puntura arteriosa.I risultati del confronto randomizzato fra PTCAprimaria e trombolisi (con rt-PA accelerato), eseguitonel substudio ad hoc del GUSTO IIb, non sembranoconfermare una forte superiorità della PTCA in contestioperativi di qualità “m<strong>ed</strong>ia” 40,41 . Vengono ritenutipertanto requisiti indispensabili per l’esecuzione diPTCA primaria nell’IMA: un volume di interventi> 200 proc<strong>ed</strong>ure/anno; un’esperienza personale di almeno75 proc<strong>ed</strong>ure/anno.La PTCA sistematica dopo fibrinolisi, più o menoprecoce o differita, sperimentata estensivamente in studicontrollati di maggiori dimensioni, non sembra offriresignificativi vantaggi sotto il profilo della riduzion<strong>ed</strong>ella mortalità osp<strong>ed</strong>aliera, mentre si accompagna alleconsuete complicanze della fibrinolisi, con accentuazion<strong>ed</strong>ei fenomeni emorragici in s<strong>ed</strong>e di puntura arteriosa.L’applicazione di tale tipo di strategia appare pertantosconsigliabile e, di fatto, è stata abbandonata.La PTCA di soccorso, cioè effettuata nei casi in cuinon si sono avuti i segni clinici e strumentali di riperfusionecoronarica o vi è stata ripresa precoce della sintomatologiaclinica è stata sperimentata in studi controllatidi piccole dimensioni. I risultati osservati sembranooffrire una riduzione della mortalità e dei segni di insufficienzaventricolare sinistra soprattutto negli infartipiù estesi e una riduzione <strong>delle</strong> recidive di ischemia.La PTCA nei soggetti colpiti da shock cardiogeno èstata studiata e promossa nel passato <strong>sulla</strong> base di studiosservazionali, che sembravano documentare una mortalitàosp<strong>ed</strong>aliera decisamente più bassa rispetto alle rilevazioniprec<strong>ed</strong>entemente pubblicate in letteratura econcernenti casistiche trattate al meglio con terapia m<strong>ed</strong>ica.Recentemente invece lo studio SHOCK ha documentatoche la rivascolarizzazione coronarica in faseacuta di infarto miocardico non garantisce un miglioramentodella prognosi a 30 giorni, mentre a 6 mesi lamortalità è significativamente inferiore per i soggettitrattati con rivascolarizzazione 42 .Gli studi sinora pubblicati sembrano portare alle seguenticonclusioni:• la PTCA offre vantaggi soprattutto negli infarti piùestesi o complicati;• il contesto organizzativo entro cui può essere realizzataè decisamente impegnativo per la necessità di mezzie personale addestrato;• non è dimostrato se possa essere applicata con vantaggiai soggetti ricoverati presso centri periferici e trasferibilia centri dotati di idonea strumentazione diagnostica<strong>ed</strong> organizzazione.Lo stent intracoronarico impiantato in corso di IMAè stato <strong>ed</strong> è oggetto di numerosi studi in corso di attuazione.La sua efficacia è stata confrontata con la terapiam<strong>ed</strong>ica convenzionale o con la PTCA semplice 43,44 . Irisultati di questi studi di troppo limitate dimensioni peresprimere valutazioni consistenti <strong>sulla</strong> mortalità permettonodi constatare però una minor incidenza di recidiv<strong>ed</strong>i episodi ischemici (angina o reinfarto) e ovviament<strong>ed</strong>i riocclusioni coronariche. Tuttavia si sottolineaancora una volta come siano stati prodotti da centri adelevati volumi di applicazione <strong>delle</strong> metodiche invasivee fortemente motivati.Intervento chirurgico di rivascolarizzazione. L’interventochirurgico di rivascolarizzazione coronaricadeve essere praticato in presenza di complicanzecliniche minacciose per la vita del paziente (shockcardiogeno, severa disfunzione della valvola mitrale,rottura di setto interventricolare, persistenza orecidiva di angina, nonostante appropriata terapiam<strong>ed</strong>ica).L’estensione della terapia di rivascolarizzazione coronaricachirurgica ad altre categorie di pazienti non èper il momento proponibile sia per l’esiguità e il tipo dicasistiche sinora studiate, che per il numero limitato dicentri di cardiochirurgia attivi in Italia. L’impegno dipersone e mezzi richiesto è elevato e non dovrebbe esseresottratto all’effettuazione di indicazioni più consolidate(evidenza di tipo C).Secondo studi di tipo osservazionale o con distribuzion<strong>ed</strong>ella casistica ai differenti trattamenti (m<strong>ed</strong>ico ochirurgico) secondo criteri non rispondenti a quelli dirandomizzazione comunemente usati, eseguiti in alcunicentri, vi sarebbe una riduzione significativa dellamortalità dopo intervento chirurgico di rivascolarizzazione.I vantaggi dovrebbero derivare da una migliorprotezione del miocardio durante il periodo di ischemiaconseguibile con la somministrazione della cardioplegiae da una rivascolarizzazione più completa. A front<strong>ed</strong>i tali vantaggi teorici stanno però una serie di problemiorganizzativi inclusi i tempi non brevi necessari perportare il paziente sul tavolo operatorio in tempo utileper salvare miocardio, soprattutto se proveniente da altrocentro.517

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