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Catalogone Topipittori 2012

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LA MARGHERITA EDIZIONICI VUOLE IL TEMPOIl tempo si sviluppa in molte direzioni. In un supermercato può accadere che unadulto ritrovi la sua infanzia e che un bambino trovi un amico. In mezzo ad unafolla che forse può sperare di ritrovare un’identità.1Il tempo si sviluppa lungo una linea che in realtà può prenderemolte direzioni. Una è quella della sincronia, la contemporaneità,intesa come l’oggi e la forma del tempo presente,o come il tempo degli eventi che accadono nello stessomomento. Nello stesso istante un supermercato può essere illuogo della massificazione e lo scenario di un incontro; nellostesso momento c’è chi guarda lontano e chi non vede oltreil proprio naso, chi si affanna e chi si concede tempo per essereattento, chi si incrocia senza guardarsi e chi si conosce.Tante esistenze da cui si intrecciano fili che vanno indietronel passato o che guardano in avanti.Il gioco del tempo giocato da Alfredo Stoppa e Chiara Carrerè ritmato da due storie contemporanee e apparentementelontane. C’è un aeroplano di carta che colpisce «uno» sulnaso, uno strano personaggio con gli occhi bassi e le gambelunghe. A lanciarlo è stato un bambino, che sta provandoil suo bolide con qualche problema di rotta. «”Chi sei?”“Uno.” “Uno chi?” “Sono un bambino!” “Davvero tu sei unbambino?” “Si, un bambino di una volta.”» L’illustrazione diChiara Carrer ci mostra due figure vicine: una piccola congli occhi rivolti in alto, dov’è un’altra grande. Quest’ultimaè un bambino cresciuto, sproporzionato, con la pancia unpo’ prominente, le braccia troppo lunghe e penzoloni. Nellapagina successiva si scopre che un signore si è fatto spedire alsupermercato «come un pacco posta» e ha fatto scivolare lesue gambe lunghe su una panca di cemento 1 . Il bambino diuna volta, appunto. Il duo si salda in un dialogo semplice checambia la faccia di una giornata grigia; due persone inizianoun viaggio (o un gioco) nel tempo. Intanto si danno tempo:casualmente, all’inizio, si fanno delle domande, che poi diventanouna conversazione che poi diventa una conoscenza.Indagano l’uno l’alterità dell’altro. Uno, il piccolo, scopreun modo «sconosciuto» di essere bambini: nell’infanzia diquando si è alti, si sa essere gentili, dire grazie, si mangia ilgelato solo di domenica. L’adulto invece ritrova in un cuccioloun tempo fuggito ma che sa tenacemente rivivere inuna infanzia nuova. Nel testo il grande stupisce il piccoloe viceversa. Il primo racconta al secondo che si può giocare«fino a quando siamo sfiniti», che quando piove ci sono«soldatini e libri, figurine e biglie» o che ama un altro gioco«gioco a non fare niente».Parlavamo di due storie; c’è anche il racconto di una folla digente: acquista, mangia, legge il giornale, chiacchiera, aspetta,guarda, parcheggia, spinge carrelli, fuma, riempie sacchetti2 . Tutta vive, formicolante, in un ipermercato. Le ragionidell’ambientazione possono essere varie. Sicuramente metterein evidenza il potere che certi luoghi , anzi certi non-luoghi,hanno, di azzerare e annullare le identità in un confuso muoversisenza senso 3 . Questo ci vien detto già dai risguardi conle colorate scritte di molte marche alla cui presenza ci si puòsolo inchinare, comprandole. Ma non basta a giustificare lascelta. Il supermercato, il luogo del presente per eccellenzanel gioco del tempo, stride fortemente con il fluire frapresente, passato e futuro che i due bambini compiono nelloro pomeriggio assieme. Viene il sospetto che certi incontrimarcanti che avevano luogo sul limitare del bosco o su unastrada, nelle piazze o nei cortili non possano più avvenirvi.Questi luoghi dell’iniziazione non esistono più nell’indaffarataorganizzazione della giornata dei bambini. Ma ne esistetuttavia la necessità, resta la curiosità che attrae l’infanziaverso una dimensione di scoperta. Così c’è l’ipermercato.Lì ci si va, costantemente, lì le cose possono ancora accadere.Nel dialogo con il testo le illustrazioni di Chiara Carrer ciportano ad interrogarci sulla folla: l’umanità è massificata,entra come un fiume vomitata dai pullman dentro i centridelle meraviglie, ma ha pur sempre dei nomi e dei cognomi,un volto che porta con sé un vissuto, una voce, pezzetti divita, ognuno la sua. È su questo dato che la Carrer sembravolerci far riflettere. Ad un testo che stigmatizza il fare dellagente e l’accumulo di gesti e azioni inutili (stipare, stiparsicome un cammello berbero, dice Stoppa) la Carrer contrapponeun senso di pietas che traspare dai suoi ritratti, tantissimiin questo libro. Due vecchiette in giallo conversano suIl gioco del tempo36 3723

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